Come nasce la Costituzione

LUNEDÌ 13 GENNAIO 1947 (seconda sezione)

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

(SECONDA SEZIONE)

17.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI LUNEDÌ 13 GENNAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CONTI

INDICE

Suprema Corte costituzionale (Discussione)

Presidente – Bozzi – Uberti – Cappi – Ambrosini – Di Giovanni – Mannironi – Bulloni – Ravagnan – Farini – Laconi.

La seduta comincia alle 16.

Discussione sulla Suprema Corte costituzionale.

PRESIDENTE mette in discussione il tema della Suprema Corte costituzionale.

Fa rilevare in proposito che, secondo il progetto Calamandrei, a tale organo potrebbe essere deferito il giudizio sulla incostituzionalità di leggi e di decreti, mentre secondo altre proposte gli sarebbe solamente riconosciuta la facoltà di esame di singoli atti e provvedimenti e non il sindacato su leggi e decreti. Altri, infine, vorrebbero attribuirgli anche la risoluzione di conflitti tra Stato e Regioni.

È necessario, quindi, a suo avviso, arrivare innanzi tutto a un’intesa sugli scopi e sulle funzioni di questo nuovo organo.

BOZZI, senza esprimere per ora la sua personale opinione, indica i punti sui quali ritiene che dovrebbe svolgersi la discussione sulla Corte costituzionale:

1°) Decidere innanzi tutto se il nuovo organo debba o no essere costituito. Si sostiene, infatti, da taluno che le sue particolari funzioni di controllo potrebbero essere affidate alla Magistratura; oppure, che le eventuali incostituzionalità di provvedimenti legislativi potrebbero essere segnalate al Parlamento per la revoca.

2°) Stabilire quali debbano esserne le funzioni e quale l’efficacia delle decisioni; se, cioè, queste debbano limitarsi alla disapplicazione della norma al caso concreto o si estendano all’annullamento della norma stessa «erga omnes»; e se si debba delineare un procedimento in via incidentale unitamente a quello in via principale.

3°) Fissarne i rapporti con le Camere. Il Parlamento è l’autore della legge, e sarebbe, quindi, soggetto al controllo della Corte; onde si può domandare se è veramente necessario stabilire la soggezione incondizionata del Parlamento alla Corte o se, prima della pronuncia di annullamento di una legge, il Parlamento debba essere sentito.

4°) Decidere quali debbano essere gli attori nel procedimento davanti alla Corte: se possa essere qualsiasi cittadino (una specie di azione popolare), ovvero se debba essere un organo od ente legittimato ad agire.

5°) Stabilirne infine la composizione: se, cioè, debba essere organo politico od organo esclusivamente tecnico, oppure misto.

UBERTI ritiene che la competenza della Suprema Corte debba essere molto limitata, affinché non ne sia snaturata l’essenza. Se il suo compito sarà, infatti, quello di giudicare della costituzionalità (garanzia per il cittadino che tutti gli organi dello Stato agiscano in armonia con la Carta costituzionale), è necessario limitarne la sfera d’azione. L’efficacia del suo intervento dovrebbe realizzarsi, quindi, più che attraverso la molteplicità delle decisioni, attraverso la remora che deriva dalla possibilità di ricorso al suo intervento, in quanto è evidente che la preoccupazione che una legge possa essere annullata per incostituzionalità, tratterrà i competenti organi dall’emanare disposizioni che non siano in armonia con la Costituzione.

Non ritiene ammissibile che spetti a Parlamento giudicare della incostituzionalità di una legge, in quanto con ciò esso verrebbe a controllare se stesso. Con una Costituzione rigida, come quella che si sta preparando, si dovrà necessariamente creare un organo superiore che decida sui casi di incostituzionalità; ma tale organo dovrà avere carattere giurisdizionale, più che politico. Non gli sembra tuttavia opportuno farne una sezione della Corte di cassazione – cioè un elemento del potere giudiziario ordinario – ma pensa che si debba creare un organo più alto, che abbia tale prestigio per cui tutti gli altri organi, i partiti politici ed i cittadini si sentano subordinati alle sue deliberazioni. La Suprema Corte dovrà, quindi, ispirare la massima fiducia ed essere composta di funzionari di altissimo valore, posti in posizione di assoluta indipendenza e muniti di tutte le necessarie garanzie.

PRESIDENTE pensa che la composizione della Suprema Corte potrebbe essere la seguente: un Presidente e un Vice Presidente nominati dall’Assemblea Nazionale, e due membri effettivi e due supplenti nominati rispettivamente dalla Camera, dal Senato, dalla Corte di cassazione, dal Consiglio di Stato. La Corte dovrebbe durare in carica dieci anni ed avere a sua disposizione le Forze armate dello Stato, per l’eventualità, sia pure deprecabile, che i supremi organi dello Stato venissero meno ai loro doveri.

BOZZI ritiene che la questione della istituzione della Suprema Corte costituzionale sia legata al principio se la Costituzione debba essere rigida o no. È evidente, infatti, che la necessità della sua esistenza si manifesta con un sistema di Costituzione rigida, in quanto ivi l’ordinamento giuridico presenta una gerarchia di norme, al vertice delle quali starebbero le leggi costituzionali. Esamina, quindi, il sindacato che dovrebbe esercitare la Suprema Corte, mettendo in evidenza come il controllo costituzionale abbia due aspetti: uno estrinseco, che è sempre esistito, consistente nel considerare la formazione della legge solo da un punto di vista formale (approvazione da parte delle Camere, sanzione e promulgazione), ed uno intrinseco, che può investire un problema di merito, cioè politico. In altri termini, la Suprema Corte potrebbe esaminare se una legge sia o meno rispondente ai principî generali che nella nuova Carta costituzionale figureranno in misura notevole nella parte generale o nel cosidetto preambolo.

Osserva inoltre che questo problema ha immediata ripercussione sulla composizione dell’organo, in quanto questo, se fosse esclusivamente tecnico-giuridico, difficilmente potrebbe avere la necessaria sensibilità politica.

CAPPI ritiene necessaria l’istituzione della Corte Suprema costituzionale per le considerazioni svolte dall’onorevole Bozzi, ossia per la necessità di una valutazione politica delle leggi che valga a temperare la rigidità della Costituzione. La Suprema Corte, portando il suo esame sull’aderenza delle leggi alle norme generali della Costituzione, assumerà, in un certo senso, la funzione della giurisprudenza, la quale adegua, attraverso l’interpretazione, la norma legislativa all’evoluzione della coscienza sociale del Paese in un determinato momento. Dovrà, quindi, trattarsi di un organo politico, oltre che tecnico.

Conclude, dichiarando che lo schema proposto dall’onorevole Calamandrei gli sembra degno di considerazione.

AMBROSINI rileva che, se si vuole che siano sindacate le leggi emanate dal Parlamento, è necessario che il giudice sia investito di tutti i poteri di controllo, onde il suo giudizio si estenda alla corrispondenza della legge ai principî generali fissati dalla Costituzione. L’essenza della Costituzione rigida sta appunto nel principio fondamentale che il legislatore ordinario non possa dipartirsi dalle norme e dai principî in essa fissati. Ciò corrisponde ad un’esigenza logica, che dà naturalmente all’organo che deve decidere in proposito un grande potere. Negli Stati Uniti, dove vige questo sistema, il potere del supremo organo giudiziario, della Corte Suprema, è tale che diversi scrittori qualificano il regime politico ivi vigente, non tanto come regime presidenziale, quanto come regime del Governo dei giudici. Difatti, in caso di contestazione della costituzionalità delle leggi o degli atti del potere esecutivo, l’ultima parola spetta sempre alla Suprema Corte. Ad essa devono sottomettersi tutti gli organi costituzionali dello Stato, tanto dei singoli Stati quanto della Confederazione.

Riferendosi all’idea espressa dal Presidente che anche le Forze armate vengano messe a disposizione della Suprema Corte, riesamina la natura ed il modo di esercizio dei poteri di una simile Corte, ed osserva che in questo campo non si sono purtroppo avuti confortanti risultati in Europa nel passato dopo-guerra. Ricorda gli esempi della Spagna, della Cecoslovacchia e specie della Germania di Weimar. Tali istituti hanno bisogno, per funzionare, di poggiare ed essere sostenuti dalla vigile e decisa aderenza della coscienza popolare; più che sulle Forze armate, il deliberato della Suprema Corte deve basarsi sulla volontà di tutto il popolo, altrimenti si entra nel giuoco delle forze politiche instabili, e si rischia di instaurare un organo condannato a non funzionare o ad essere in balìa dei partiti, e quindi, a dissolversi. Il problema va riguardato non solo dal punto di vista teorico, ma soprattutto in relazione alla situazione politica esistente ed alla psicologia del paese. L’esempio degli Stati Uniti è il più illustre: la Corte Suprema della Costituzione del 1777 è l’organo che ha funzionato ininterrottamente dalla sua fondazione e che è stato sempre circondato da un indiscusso prestigio. Richiamandone la storia, mette in rilievo come tale istituto venne svolgendosi attraverso la prassi, e specialmente per l’impronta datagli dal suo grande Presidente, Marshall, che fu a capo della Corte Suprema per 30 anni e che riuscì ad affermare il principio del supremo sindacato della Corte di fronte a tutta la vita degli Stati Uniti.

Mostra la difficoltà di creare in Europa, ed anche in Italia, un organo consimile; ma rileva d’altra parte che è necessario ricorrere a tale sistema, se si adotta il principio della Costituzione rigida. Presa questa decisione, bisogna fare in modo che il congegno funzioni nel modo migliore con la creazione di una Corte dotata della massima indipendenza.

Invita, quindi, i colleghi ad esaminare a fondo l’argomento nella sua interezza, prima di arrivare ad una decisione che in realtà è molto grave, perché si tratta dell’instaurazione di un organo che è chiamato, per assolvere la sua funzione, a sindacare il potere legislativo ordinario.

DI GIOVANNI è d’opinione che si debba costituire la Corte costituzionale, naturalmente circondandola di tutte le garanzie e del più assoluto prestigio, anche in considerazione del sorgere dell’ente Regione e della conseguente necessità di risolvere i conflitti che potrebbero nascere tra Regione e Stato e fra le Regioni stesse.

AMBROSINI ricorda che, sugli eventuali conflitti tra Stato e Regione, in sede di seconda Sottocommissione sono stati studiati i mezzi per eliminarne o ridurne al minimo le cause, e si è pensato ad un sistema per il quale tali conflitti dovrebbero essere decisi dal Parlamento. Ritiene, quindi, che prima di affrontare l’argomento si debba decidere se sia il caso di mutare il sistema proposto.

UBERTI ricorda che, tuttavia, per il lato formale, è ammesso il ricorso alla Corte Suprema.

AMBROSINI risponde che la innovazione vera e propria si riferisce alla sostanza della disposizione legislativa, dato che il conflitto formale di pura competenza può essere sempre rilevato dal Magistrato ordinario. Vige oggi, infatti, il principio che qualsiasi Magistrato può decidere della costituzionalità o meno della legge e, ove non si devolvesse tale potere ad un organo speciale, esso potrebbe essere conservato alla Magistratura. La ragione di prevedere una norma specifica sorge nel caso di conflitto sul merito o di contrasti di interesse tra Stato e Regione, e soprattutto nel caso di leggi regionali che, pur rientrando nei limiti della competenza stabiliti dalla Costituzione, interferiscano nel merito sull’interesse di altre Regioni o della Nazione. Su tale questione sarebbe necessario fare una valutazione di merito, la quale, secondo la maggioranza dei componenti la seconda Sottocommissione, dovrebbe essere affidata al Parlamento.

MANNIRONI è convinto non solo della utilità, ma della necessità della istituzione di una Suprema Corte costituzionale, anche in considerazione del fatto che, come non può esservi legge senza sanzione o senza organo che la faccia rispettare, così la Costituzione non potrebbe essere validamente instaurata, se non vi fosse anche l’organo che la difendesse e la tutelasse da possibili insidie e dalle violazioni in cui potrebbe incappare il legislatore ordinario.

Rileva che la seconda Sottocommissione è partita, nel prendere le sue decisioni, dal presupposto che l’Alta Corte costituzionale debba essere istituita, in quanto è stata prevista, non solo la possibilità di conflitti tra Stato e Regione, ma anche la possibilità che una legge regionale violi la Costituzione o che una legge nazionale la violi a danno della Regione. Da ciò si è giunti a riconoscere la necessità di un organo superiore che possa ristabilire l’ordine costituzionale violato.

Ritiene, quindi, che si debba innanzi tutto stabilire se tale organo debba essere tecnico, politico o misto. A suo avviso, esso dovrebbe essere tecnico-politico con funzione altamente giurisdizionale, nel senso che dovrebbe avere il potere di emanare giudizi e sentenze che gli altri organi dello Stato sarebbero obbligati a rispettare. Quando la Costituzione si rivelasse, a un dato momento, inadeguata alle mutate esigenze di tempi nuovi, si potrà ricorrere alla revisione della Costituzione. Ma, finché questa sussiste, e non è modificata nei modi previsti, occorre assicurarne e garantirne il rispetto, per le stesse ragioni per cui la Costituzione è stata voluta ed attuata.

BULLONI è contrario all’istituzione di una Suprema Corte costituzionale, e rileva che se l’orientamento della Commissione tende ad una Costituzione di tipo rigido, non modificabile se non con una procedura straordinaria, il procedimento per la formazione delle leggi è però circondato da tali garanzie, che appare un’aberrazione il pensare che il Parlamento possa violare i principî costituzionali.

Pensa, quindi, che la Corte costituzionale, se anche fosse istituita, non avrebbe mai ragione di esser chiamata a decidere, e che, d’altronde, sarebbe assurdo che un organo a carattere tecnico o tecnico-politico, ma non emanante dal popolo, controllasse leggi formulate dagli organi che sono espressione della volontà popolare. La Corte, al massimo, potrebbe essere creata per giudicare della costituzionalità delle leggi regionali e per dirimere gli eventuali conflitti fra le Regioni e lo Stato.

RAVAGNAN ritiene che, prima di decidere se il progettato organo debba essere o no istituito e quali eventualmente debbano esserne le funzioni e la competenza, sia necessario tener presente la realtà politica del Paese e considerare il contenuto da dare alla democrazia italiana. Se si pensa, infatti, che nella Costituzione dovranno essere contemplate, ad esempio, varie forme di proprietà (privata, statale, ecc.), è da prevedere che la maggioranza dei voti andrà, alle elezioni, a quei partiti che comprenderanno nel loro programma profonde riforme della struttura economica del Paese; e di conseguenza si avrà un Parlamento configurato in modo che le leggi da esso approvate incideranno sulla proprietà privata e forse, in determinati settori, la modificheranno. In tali condizioni, se un qualsiasi cittadino, appartenente alla opposizione, potesse mettere in moto il meccanismo della Corte costituzionale, come viene proposto, tutta quest’attività legislativa riformatrice sarebbe paralizzata, in quanto un organo porrebbe sotto tutela tutti gli altri, pur senza trarre il suo potere dalla volontà della maggioranza. A suo avviso, è, quindi, inaccettabile una Corte Costituzionale del tipo che si propone, ma è necessario piuttosto creare un organismo veramente pratico, in grado di seriamente funzionare, senza correre il rischio di provocare conflitti irresolubili in forma legale nel Paese.

AMBROSINI chiarisce che, a suo avviso, la ragion d’essere di una Corte costituzionale consisterebbe soltanto nella possibilità di dar vita ad un organismo simile a quello esistente negli Stati Uniti, il quale, ai tempi della presidenza Roosevelt, invalidò la politica del «New Deal» e i codici del lavoro adottati dal Congresso, senza con ciò determinare alcuna reazione popolare. Ove non si concedessero tali attribuzioni sovrane alla Corte, essa non avrebbe ragione di esistere, in quanto il suo fine sta nel sindacare le leggi del legislatore ordinario per stabilire se rispondano o meno ai principî costituzionali.

BOZZI ritiene che occorra anzitutto discutere sul principio se la Costituzione debba essere a carattere rigido o flessibile. Fa notare tuttavia che, creando una Costituzione a carattere rigido, si porrebbero dei limiti alla futura legislazione.

UBERTI, riferendosi alla situazione in cui attualmente ci si trova, osserva che, se si fosse trattato di legiferare in via normale e puramente ordinaria, non sarebbe stato necessario creare un’Assemblea costituente. Un normale Parlamento, che avesse tutt’al più sostituito il Senato di nomina regia con una seconda Camera, sarebbe stato sufficiente. Si voleva invece una nuova Costituzione, e nel progetto che si sta elaborando si sono fissati dei principî giuridici fondamentali valevoli nel settore economico-sociale. Taluno aveva proposto di inserirli nel preambolo; ma a ciò altri si opposero, sostenendo che non si dovevano legare le mani al futuro legislatore, il quale avrà invece la possibilità di sviluppare e potenziare quei principî secondo la volontà popolare espressa dai costituenti. Se in un domani, anche lontano, la situazione politica italiana sarà così mutata da rendersi necessario un cambiamento della Carta costituzionale, il popolo sarà nuovamente chiamato, attraverso una nuova Costituente, a modificarla.

All’osservazione dell’onorevole Bulloni sull’impossibilità di istituire un organo superiore alle due Camere, che verrebbe ad essere, quindi, superiore alla volontà popolare, risponde che il carattere della Costituzione è quello di un patto fondamentale che determina i limiti dei poteri del futuro legislatore; quindi, la volontà popolare non è limitata dalla creazione dell’Alta Corte costituzionale, in quanto è stata posta a fondamento della Costituzione e potrà pur sempre modificarla con le forme e nei modi previsti. La Suprema Corte costituzionale non dovrà essere, quindi, una espressione della volontà popolare, ma semplicemente un organo di garanzia del rispetto di quella volontà.

FARINI ritiene che la Corte costituzionale debba essere l’espressione della volontà e degli interessi delle classi popolari e, pertanto, se i suoi componenti fossero nominati dall’alto, essi sarebbero avulsi dall’anima popolare. Non pensa che ci si debba richiamare a Costituzioni straniere, come quella americana, le quali, se hanno rappresentato un passo avanti nello sviluppo della democrazia, sono ancora indietro rispetto al tipo di democrazia che si vuole oggi realizzare, cioè quella popolare. Pensa, quindi, che debba senz’altro essere respinta l’idea di realizzare un organo superiore che controlli la legalità della legge: compito che, se mai, potrebbe essere riservato al Parlamento.

CAPPI chiede che cosa accadrebbe domani, se sorgesse un Parlamento fascista.

FARINI ritiene impossibile l’ipotesi.

LACONI, dopo aver espresso il suo compiacimento per la discussione svoltasi in modo libero, senza che i singoli partiti abbiano presa netta posizione sulla questione, dichiara di essere rimasto colpito dall’osservazione che nella Costituzione che si sta elaborando figurano norme a carattere indicativo, cioè di orientamento per il futuro legislatore. Sorge di qui il problema di stabilire a chi spetti il compito di controllare l’esatta applicazione di questi principî.

A suo avviso, sarebbe assurdo delegare il controllo della costituzionalità delle leggi, che saranno domani elaborate dal legislatore ordinario, ad un consesso privo di investitura popolare, quale si vorrebbe fosse la Corte costituzionale. Pensa, tuttavia, che occorra creare delle garanzie: e dovrebbe essere compito delle Camere di emanare quest’organo di garanzia. Altra cosa è un organismo come la Corte costituzionale esistente negli Stati Uniti, investito di un prestigio che si fonda sul consenso popolare e sulla tradizione americana. Se domani la democrazia italiana fosse rovesciata da moti di piazza, nessun intervento salvatore potrebbe esservi da parte di una Corte costituzionale.

La seduta termina alle 17.15.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Cappi, Conti, Di Giovanni, Farini, Laconi, Mannironi, Ravagnan, Targetti, Uberti.

Erano assenti: Calamandrei, Castiglia, Leone Giovanni, Porzio.