Come nasce la Costituzione

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GIOVEDÌ 19 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

74.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 19 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Coordinamento degli articoli sul potere legislativo (Seguito della discussione)

Presidente – Mortati, Relatore – Lussu – Einaudi – Fabbri – Codacci Pisanelli – Bozzi – Grieco – Cappi – Nobile – Tosato – Lami Starnuti – Conti – Targetti – Fuschini – Rossi Paolo – Leone Giovanni – La Rocca – Piccioni – Di Giovanni – Bulloni.

La seduta comincia alle 17.50.

Discussione sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.

PRESIDENTE comunica che la Sottocommissione deve pronunciarsi sugli articoli relativi al potere legislativo, quali risultano dal lavoro del Comitato di coordinamento, il quale ha proposto anche qualche emendamento.

Apre la discussione sull’articolo 1:

«Il Parlamento si compone della Camera dei Deputati e del Senato».

Osserva che non vi è più ragione di usare la vecchia terminologia di «Senato», perché la seconda Camera che ora si crea non ha nulla a che fare col soppresso Senato, né per il modo di formazione, né per il modo di funzionamento. Inoltre pensa che di fronte alle masse popolari questa denominazione non potrebbe non richiamare alla mente il ricordo di un triste periodo di asservimento politico che non potrà essere cancellato.

MORTATI, Relatore, insiste nella proposta di mantenere alla seconda Camera l’antico nome di Senato, sia per ragioni storiche, sia perché non ritiene che nelle responsabilità spettanti ai vecchi corpi rappresentativi per l’avvento e la perpetuazione del regime fascista quella gravante sul Senato sia maggiore dell’altra spettante alla Camera dei Deputati, alla quale nessuno pensa di mutare il nome. Anche se il Senato diviene oggi elettivo, ha pur sempre le stesse funzioni del vecchio istituto, e per l’ammissione ad esso continua ad essere richiesta un’età maggiore che non per la prima Camera; sicché non trova serie ragioni perché si debba rinunziare ad un nome a cui sono legati tanti ricordi di saggezza e di benemerenza.

LUSSU propone che il nome di «Senato» sia cambiato in via definitiva con quello di «Seconda Camera», ché gli sembra bene appropriato dal punto di vista politico e letterario.

Riprendendo gli argomenti addotti dall’onorevole Mortati, che ha messo a confronto le responsabilità delle due Camere durante il periodo fascista, nota come il Senato si sia dimostrato un organismo politico veramente incapace di rappresentare la dignità e la fierezza di un corpo già così illustre: a poco a poco esso era divenuto una raccolta di vecchi funzionari, di uomini della reazione totalmente asserviti al regime fascista. Per questo il Senato è stato soppresso e crede che non si possa ridare al nuovo istituto che sorge, da quello tanto diverso, un nome che lo ricordi.

EINAUDI ricorda che nella vecchia Costituzione vi era una Camera dei Deputati e una Camera dei Senatori, che voleva dire semplicemente più anziani. Poiché il principio di una età maggiore è consacrato anche nel progetto in esame, non vedrebbe difficoltà a che si usasse il termine di «Camera dei Senatori».

PRESIDENTE esprime la sua opinione personale che i due rami del Parlamento si debbano chiamare «prima e seconda Camera» ed i membri, così dell’una come dell’altra, debbano prendere il nome di deputati. In tal modo essi potranno sedere con lo stesso titolo, quando il Parlamento dovrà adunarsi in Assemblea nazionale. Rileva poi che, mentre vi è un atto formale di soppressione del Senato, che costituisce uno stato di diritto, non vi è nulla di simile per la Camera dei Deputati, la quale ha trovato, si può dire, la sua continuità nell’Assemblea costituente.

FABBRI osserva che non si può parlare di stato di diritto di fronte ad un atto giuridicamente illegale, come quello della soppressione del Senato, perché indubbiamente la materia non era di competenza del Governo. Oggi la Costituente è sovrana e può decidere quello che vuole; ma la sua decisione non può essere pregiudicata da una illegale deliberazione governativa.

CODACCI PISANELLI non ritiene probante l’argomento della mancata soppressione della Camera dei Deputati, di fronte alla soppressione del Senato. Ciò è avvenuto perché di deputati non ve ne erano più, mentre vi erano ancora dei senatori. Se si fa questione di maggiore o minor demerito del Senato in confronto della Camera dei Deputati, afferma che esso ha demeritato meno, per la netta e coraggiosa opposizione di parecchi suoi membri alla tirannia fascista. Ritiene che il provvedimento di soppressione sia stato determinato non da questo motivo, ma dal fatto che, abolita la monarchia, non doveva più sussistere una Camera di nomina regia. Non crede si debba far questione di parole per rinunziare ad un nome storico: in sostanza si costituisce una nuova Assemblea con persone di età maggiore di quelle della prima Camera, si ricostituisce cioè una condizione di cose molto simile a quella precedente. Si dichiara perciò favorevole al mantenimento del nome di Senato, come si sono conservati i nomi di altri vecchi istituti.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta di conservare il nome di «Senato» alla Seconda Camera.

(Con 12 voti favorevoli e 14 contrari, non è approvata).

BOZZI propone che si dica «Camera dei Senatori».

PRESIDENTE pone ai voti questa proposta.

(Non è approvata).

Ricorda che l’onorevole Nobile ha proposto la formula: «Il Parlamento si compone di due Camere dei Deputati, la prima e la seconda».

LUSSU propone che si dica: «Il Parlamento si compone della Camera dei Deputati e della seconda Camera», per marcare la differenza che, malgrado l’eguaglianza del potere, esiste fra le due Camere.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Lussu.

GRIECO voterà favorevolmente a questa proposta, con riserva di scelta per una migliore denominazione.

(Non è approvata).

CAPPI propone che la seconda Camera sia chiamata «Camera delle Regioni».

PRESIDENTE pone ai voti questa proposta dell’onorevole Cappi.

(Con 12 voti favorevoli e 12 contrari, non è approvata.).

NOBILE, raccogliendo un suggerimento implicitamente fatto dall’onorevole Einaudi, ritiene che la seconda Camera si possa chiamare «Camera degli anziani».

PRESIDENTE ritiene opportuno continuare intanto nella discussione degli articoli sul potere legislativo, con riserva di proporre altre denominazioni per la seconda Camera.

(Così rimane stabilito).

Pone in discussione l’articolo 1-bis.

«Le due Camere si riuniscono in Assemblea nazionale nei casi preveduti dalla Costituzione.

«La Presidenza dell’Assemblea nazionale è affidata, per la durata di un anno, alternativamente al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato.

«L’Assemblea nazionale delibera il proprio regolamento. Essa è convocata dal suo Presidente, anche a richiesta del Presidente della Repubblica o di chi lo supplisce».

Pone in votazione il primo comma.

(È approvato).

CODACCI PISANELLI, sul secondo comma, ritiene poco chiaro il significato del termine «alternativamente», che può prestarsi a varie interpretazioni.

LUSSU propone che al secondo comma sia sostituito il seguente:

«La Presidenza dell’Assemblea nazionale è affidata al Presidente della Camera dei Deputati».

PRESIDENTE è personalmente favorevole alla proposta Lussu, che ha anche una portata riequilibratrice dei poteri concessi in misura superiore alla seconda Camera quando si stabilì di rimettere a questa la decisione sull’eventuale lesione di interessi nazionali.

Pone in votazione la proposta dell’onorevole Lussu.

(È approvata).

Riguardo al terzo comma, chiede al Relatore di specificare i casi e i motivi per i quali il Presidente della Repubblica può chiedere la convocazione dell’Assemblea nazionale; cioè in quali di quelle occasioni in cui, secondo la Costituzione, solo l’Assemblea nazionale può decidere, debba e possa affidarsi al Presidente della Repubblica l’iniziativa che spetta alla stessa Assemblea. Lo chiede perché, a suo avviso, il Capo dello Stato non deve essere considerato un puro fantasma e quindi ci si deve preoccupare di mettere dei limiti al suo potere nella materia in esame.

MORTATI, Relatore, risponde che si tratta di tutti i casi in cui funziona l’iniziativa del potere esecutivo: amnistia, entrata in guerra, mobilitazione generale, ecc. Emerge del resto dalla proposta che la convocazione dell’Assemblea nazionale non è fatta se non dal suo Presidente: gli altri organi fanno delle richieste, che sono subordinate al sindacato di chi convoca, ed il Presidente non convoca se non per un caso previsto dalla Costituzione su richiesta motivata.

LUSSU ritiene che l’onorevole Mortati sia disposto a modificare la dizione dell’articolo, nel senso che la richiesta sia «motivata». Ciò a suo parere significa che tale richiesta debba esser presa in considerazione, anche nel merito, dal Presidente dell’Assemblea nazionale, perché se egli la ritenesse non sufficientemente motivata, non accetterebbe il parere del Presidente della Repubblica. Crede quindi opportuno specificare che occorre anche l’intervento del Presidente dell’Assemblea nazionale.

FABBRI non è d’accordo sul significato che ha dato alla disposizione in esame l’onorevole Mortati secondo l’interpretazione dell’onorevole Lussu. Esclude che il Presidente dell’Assemblea nazionale possa non accettare la richiesta di convocazione dell’Assemblea fatta dal Presidente della Repubblica. Crede perciò che l’articolo debba essere votato quale è, a meno che non si voglia ritenere che vi debba essere un Governo di Assemblea invece di un Governo con un Capo dello Stato. Ma su ciò ritiene sia necessario pronunciarsi chiaramente.

MORTATI, Relatore, a chiarimento dei dubbi sorti, osserva che non si tratta di una facoltà discrezionale, perché i casi di convocazione sono tassativi; e quando il Presidente della Repubblica indica uno di questi motivi non suscettibili di apprezzamenti discrezionali il Presidente dell’Assemblea non può fare alcuna valutazione al riguardo: se invece il Presidente della Repubblica convocasse la Camera per una materia che non è affidata alla competenza dell’Assemblea Nazionale, il Presidente dell’Assemblea potrebbe opporsi, appunto perché non ricorrerebbe alcuno dei determinati, tassativi motivi di convocazione.

TOSATO osserva che tutti i casi in cui l’Assemblea Nazionale può essere convocata sono evidentemente di iniziativa governativa. Propone quindi di sopprimere la parola «anche» e dire: «è convocata a richiesta del Presidente della Repubblica».

PRESIDENTE mette intanto ai voti la prima parte del terzo comma:

«L’Assemblea Nazionale delibera il proprio regolamento».

(È approvata).

Mette ai voti la seconda parte:

«Essa è convocata dal suo Presidente».

(È approvata).

Ritiene ora opportuno che si debba aggiungere: «nei casi previsti dalla Costituzione», formula che comprende quei casi che danno motivo alla richiesta del Presidente della Repubblica ed eventualmente anche all’iniziativa di un certo numero di membri delle due Assemblee.

MORTATI, Relatore, accetterebbe tale proposta, a condizione che non si escludesse il seguito del comma.

PRESIDENTE precisa che la sua intenzione era appunto quella di escludere il seguito del comma, mentre vi sarebbe inclusa l’iniziativa delle due Camere.

Pone ai voti la formula: «nei casi previsti dalla Costituzione».

(Non è approvata).

LUSSU nella formulazione proposta dall’onorevole Mortati («anche a richiesta motivata del Presidente della Repubblica o di chi lo supplisce») propone di sopprimere l’inciso «o di chi lo supplisce».

BOZZI propone di sopprimere la parola «motivata».

PRESIDENTE mette intanto ai voti la formulazione: «anche a richiesta del Presidente della Repubblica», salvo a decidere poi sulle altre parole.

(È approvata).

Pone ai voti l’aggettivo «motivata» da aggiungere a «richiesta».

(Non è approvato).

Pone ai voti la soppressione dell’ultimo inciso: «o di chi lo supplisce», proposta dall’onorevole Lussu.

MORTATI, Relatore, accetta la proposta dell’onorevole Lussu.

(È approvata).

PRESIDENTE fa rilevare che la formulazione proposta dall’onorevole Tosato, alla quale il proponente dava carattere esclusivo («essa è convocata dal suo Presidente su richiesta del Presidente della Repubblica») deve intendersi non approvata, in seguito all’esito della votazione.

Avverte che il terzo comma dell’articolo 1-bis resta così formulato: «L’Assemblea Nazionale delibera il proprio regolamento. Essa è convocata dal suo Presidente anche a richiesta del Presidente della Repubblica».

Pone in discussione l’articolo 2:

«La Camera dei Deputati è eletta a suffragio universale eguale, diretto e segreto, in ragione di un deputato per ogni centomila abitanti».

Lo pone ai voti.

(È approvato).

Vi è poi un emendamento aggiuntivo: «o frazioni superiori a 50 mila abitanti». Lo pone ai voti.

(È approvato).

Pone in votazione il primo comma dell’articolo 3:

«La Camera dei Deputati è eletta per cinque anni».

(È approvato).

Pone in discussione il seguente emendamento aggiuntivo che è stato proposto dal Comitato di coordinamento:

«Tuttavia i suoi poteri sono prorogati sino alla riunione della nuova Camera.

«La legislatura può essere prorogata con legge solo nel caso di pericolo di guerra.

«Nell’ipotesi anzidetta o in quella di altri eventi straordinari, ove non si ricorra alla proroga della legislatura, la Camera disciolta può, fino alla riunione della nuova, essere riconvocata, secondo le modalità di cui all’articolo».

MORTATI, Relatore, chiarisce che l’ultimo comma di questo emendamento potrà sostituire il primo, perché fu stabilito a suo tempo che si dovesse adottare questa forma diversa dalla prorogatio: si tratta cioè di scegliere tra la proroga dei poteri pura e semplice e la possibilità di convocazione della Camera disciolta.

PRESIDENTE, dato il chiarimento dell’onorevole Mortati, rinvia la discussione del primo comma dell’emendamento.

NOBILE, sul secondo comma dell’emendamento, trova un po’ vaga l’espressione: «nel caso di pericolo di guerra» e preferirebbe si dicesse: «nel caso di imminente pericolo di guerra».

PRESIDENTE pone ai voti il secondo comma dell’emendamento aggiuntivo, secondo la proposta Nobile, così formulato:

«La legislatura può essere prorogata con legge solo nel caso di imminente pericolo di guerra».

(È approvato).

Delle due formulazioni alternative contenute nel primo e nel terzo comma dell’emendamento aggiuntivo pone in votazione la prima:

«Tuttavia i suoi poteri sono prorogati fino alla riunione della nuova Camera».

(È approvata).

Fa presente che con ciò il terzo comma dell’emendamento aggiuntivo resta soppresso.

Pone in discussione l’ultimo comma dell’articolo 3:

«Le elezioni della nuova Camera debbono aver luogo entro 70 giorni dalla fine della precedente. L’atto che le indice fisserà la prima riunione della Camera non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni».

EINAUDI propone che alla parola «atto», sia sostituita l’altra «provvedimento».

PRESIDENTE pone in votazione la prima parte del comma: «Le elezioni della nuova Camera debbono aver luogo entro 70 giorni dalla fine della precedente».

(È approvata).

Fa notare che per la seconda parte è stato proposto anche un emendamento con la seguente formulazione: «La nuova Camera si riunisce il ventiduesimo giorno successivo a quello delle elezioni».

Pone in votazione la seconda parte con la modifica proposta dall’onorevole Einaudi:

«Il provvedimento che le indice fisserà la prima riunione della Camera non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni».

(È approvata).

Fa presente che con ciò è caduto l’emendamento sostitutivo e che l’articolo 3 risulta così formulato:

«La Camera dei Deputati è eletta per cinque anni.

«Tuttavia i suoi poteri sono prorogati sino alla riunione della nuova Camera.

«La legislatura può essere prorogata con legge solo nel caso di imminente pericolo di guerra.

«Le elezioni della nuova Camera debbono aver luogo entro 70 giorni dalla fine della precedente. Il provvedimento che le indice fisserà la prima riunione della Camera non oltre il ventesimo giorno delle elezioni».

Pone in votazione l’articolo 4:

«Sono eleggibili a deputati i cittadini che abbiano i requisiti per essere elettori e abbiano compiuto 25 anni di età al momento dell’elezione».

(È approvato).

Pone in discussione l’articolo 5 (sezione 2a, riguardante il Senato):

«Il Senato è eletto su base regionale.

«Ciascuna Regione elegge, oltre a un numero fisso di cinque senatori, un senatore per ogni duecentomila abitanti.

«La Val d’Aosta elegge un solo senatore».

Comunica che vi è la seguente proposta di modifica al primo comma: «Il Senato è eletto dalle Regioni».

Pone in votazione il primo comma nella formula: «Il Senato è eletto su base regionale».

(È approvata).

Dichiara con ciò decaduta l’altra formulazione.

EINAUDI sul secondo comma osserva che il sistema ivi stabilito può portare a una situazione di privilegio per le piccole Regioni e rappresentare quasi un premio al frazionamento delle Regioni.

LAMI STARNUTI fa presente che, secondo una proposta dell’onorevole Lussu accettata dalla Sottocommissione, ma che non vede qui riprodotta, nessuna Regione potrà avere un numero di senatori superiore al numero di deputati.

EINAUDI concorda.

PRESIDENTE pone intanto in votazione la prima parte del comma così formulata:

«Ciascuna Regione elegge, oltre a un numero fisso di cinque senatori».

(È approvata).

Pone quindi in votazione la seconda parte del comma e cioè: «un senatore per ogni duecentomila abitanti».

(È approvata).

Su questo comma vi è un emendamento aggiuntivo del seguente tenore: «o frazioni superiori a centomila abitanti».

Lo pone ai voti.

(È approvato).

Pone in discussione il terzo comma: «La Val d’Aosta elegge un solo senatore».

LUSSU ritiene che questa norma specifica per la Val d’Aosta possa rientrare nella sua proposta, testé ricordata dall’onorevole Lami Starnuti.

PRESIDENTE ricorda che si tratta di una maggiore precisazione, la quale a suo tempo fu adottata dalla Sottocommissione su esplicita richiesta dell’onorevole Bordon rappresentante della Valle d’Aosta. Pone ai voti il terzo comma.

(È approvato).

Nota che a questo punto può inserirsi la proposta dell’onorevole Lussu testé ricordata dall’onorevole Lami Starnuti.

MORTATI, Relatore, osserva che tale proposta non è stata inserita, perché dai verbali delle sedute risultano due deliberazioni, una favorevole e l’altra contraria, per cui il Comitato ha ritenuto che si neutralizzassero a vicenda.

PRESIDENTE pone in votazione l’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Lussu così formulato:

«Nessuna Regione può eleggere un numero di deputati alla seconda Camera superiore al numero che essa elegge alla prima Camera».

(È approvato).

Pone in discussione l’articolo 6:

«I senatori sono eletti per un terzo dai membri dell’Assemblea regionale, e per il resto dai consiglieri comunali della Regione».

Fa presente che vi è un emendamento sostitutivo del seguente tenore:

«I senatori sono eletti per due terzi dai consiglieri comunali della Regione e per il resto dai membri dell’Assemblea regionale».

NOBILE chiede un chiarimento su questa formulazione.

PRESIDENTE chiarisce che si tratta di decidere se i residui a cui può dar luogo la divisione per due terzi debbano andare a profitto dei Consigli comunali e dell’Assemblea regionale.

CONTI riafferma la sua contrarietà a tutto il sistema adottato negli articoli 5, 6 e 7.

PRESIDENTE pone in votazione l’articolo 6 nella prima formulazione.

(Non è approvato).

Mette in votazione la formulazione sostitutiva:

«I senatori sono eletti per due terzi dei Consiglieri comunali della Regione, e per il resto dai membri dall’Assemblea regionale».

(È approvata).

Pone in discussione l’articolo 7:

«Sono eleggibili a senatori i cittadini i quali, oltre ad avere i requisiti per essere elettori, abbiano compiuto 35 anni di età, siano nati o domiciliati nella Regione, e siano o siano stati:

1°) capi di formazioni regolari o partigiane partecipanti alla guerra di liberazione con grado non inferiore a Comandante di divisione; decorati al valore nel corso della stessa guerra; Presidente di un Comitato di liberazione nazionale regionale fino al momento della liberazione;

2°) membri elettivi di un Consiglio di gestione o di amministrazione di azienda o cooperativa con almeno 100 dipendenti o soci, nonché dirigenti tecnici o amministrativi di aziende di eguali dimensioni, se abbiano ricoperto la carica per un periodo complessivo non inferiore a 3 anni;

3°) membri elettivi dei Consigli delle Camere di commercio, industria e agricoltura dopo tre anni di funzioni;

4°) membri elettivi dei Consigli superiori presso le Amministrazioni centrali dello Stato, dopo tre anni di funzioni;

5°) membri eletti dei Consigli degli ordini professionali dopo almeno tre anni di funzioni;

6°) Presidenti della Repubblica; Ministri, Sottosegretari di Stato, Deputati alla Camera o all’Assemblea costituente; Senatori appartenenti al disciolto Senato non dichiarati decaduti;

7°) membri delle Assemblee regionali e dei Consigli provinciali dopo tre anni di funzioni;

8°) sindaci, assessori o consiglieri di Comuni con più di diecimila abitanti, dopo almeno quattro anni di funzioni; sindaci, assessori o consiglieri di Comuni con meno di diecimila abitanti dopo almeno 8 anni di funzioni;

9°) presidenti di istituzioni di assistenza e beneficenza dopo 5 anni di funzioni;

10°) membri dell’Accademia nazionale dei Lincei o delle Accademie o Società scientifiche e storiche a quella equiparate;

11°) professori ordinari di Università o Istituti equiparati;

12°) magistrali dell’ordine giudiziario, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, di grado non inferiore a …

13°) funzionari dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni di grado non inferiore a direttore generale o a questo equiparati».

Sull’ultima parte del punto 1°) osserva che gli è stato fatto notare come «fino al momento della liberazione» non vi siano stati presidenti di Comitati regionali di liberazione nazionale, perché in quel periodo i vari membri dei Comitati presiedevano a turno le riunioni.

LUSSU ritiene che si possa togliere la frase: «fino al momento della liberazione», perché i presidenti regionali eletti dopo la liberazione erano stati figure predominanti nel periodo clandestino.

PRESIDENTE ricorda che la frase fu usata per riferirsi a quei Comitati di liberazione che hanno agito nella clandestinità.

CODACCI PISANELLI fa presente che, dicendosi decorati al valore «nel corso della stessa guerra», restano esclusi i decorati della guerra 1915-18.

PRESIDENTE ricorda che questa fu la conclusione a cui si giunse durante la discussione dell’articolo.

EINAUDI osserva al punto 2°), ove si parla di «azienda o cooperativa», che la cooperativa è anche un’azienda e che si potrebbe con maggiore proprietà di linguaggio dire: «membri elettivi di un consiglio di gestione o di amministrazione di imprese, ecc.».

PRESIDENTE fa notare che, siccome nella comune accezione si distinguono le aziende cooperative da quelle non cooperative, per una ragione di comprensibilità popolare e per sottolineare la particolare importanza che si dà alle cooperative, è stata adottata questa formula, la quale del resto potrà essere riveduta dal Comitato definitivo di redazione.

TARGETTI fa notare l’omissione che riguarda le organizzazioni sindacali. Vorrebbe aggiungere nell’elenco anche gli ex Consultori nazionali.

PRESIDENTE ricorda che i Consultori furono esclusi durante la discussione. Quanto alle organizzazioni sindacali, nota che va aggiunto il seguente punto non riportato nel testo dell’articolo di cui ha dato lettura, per semplice omissione:

14°) membri elettivi dei Consigli direttivi nazionali, regionali e provinciali di organizzazioni sindacali, che abbiano ricoperto la carica almeno per tre anni».

NOBILE, al punto 6°), vorrebbe chiarito che si tratta di Ministri e Sottosegretari di Stato del periodo pre-fascista.

FUSCHINI fa notare che ciò deve dirsi anche per i deputati alla Camera.

PRESIDENTE ritiene evidente tutto ciò, come risulta anche dalla discussione avvenuta.

ROSSI PAOLO ricorda che fu deciso di includere un chiarimento di questo genere nelle disposizioni transitorie.

(Così rimane stabilito).

NOBILE, sul punto 13°), domanda se gli ufficiali sono compresi sotto la dizione «funzionari», perché, com’egli disse, non sarebbe logico escluderli, almeno da un certo grado in su.

BOZZI lo assicura formalmente al riguardo.

PRESIDENTE conferma all’onorevole Nobile che l’ufficiale è un funzionario, perché è legato allo Stato da un rapporto di impiego.

LEONE GIOVANNI, al punto 11°), dove si parla di «professori ordinari di Università», vorrebbe si dicesse «professori di ruolo», per comprendervi anche gli straordinari.

PRESIDENTE fa notare che la questione venne già discussa e decisa dalla Sottocommissione.

LEONE GIOVANNI si riserva di riproporla in altra sede.

PRESIDENTE pone in votazione l’articolo 7 nel testo già letto, con l’aggiunta del punto 14°), omesso per errore, e che va inserito come punto 2°), spostando il numero di tutti gli altri.

(È approvato).

Pone in discussione l’articolo 8:

«I senatori sono eletti per 6 anni.

«Il Senato si rinnova per metà ogni tre anni».

TOSATO propone che i senatori siano eletti per cinque anni e che venga soppresso il secondo comma.

PRESIDENTE dichiara che tale proposta verrà messa ai voti solo nel caso che non venga approvato l’articolo nel testo presentato.

Pone in votazione l’articolo 8.

(È approvato).

Avverte che viene proposto un emendamento aggiuntivo a questo articolo, del seguente tenore:

«Le elezioni dei senatori scaduti dalla carica hanno luogo non oltre 70 giorni dalla data di scadenza. Eguale termine si applica per la rielezione del Senato nel caso del suo scioglimento».

NOBILE ritiene eccessivo il termine di 70 giorni e propone di ridurlo a 50.

LA ROCCA si domanda come funzionerà il Senato nel periodo in cui sia ridotto alla metà dei suoi membri.

FABBRI escluderebbe l’ipotesi dello scioglimento che viene prospettata oggi per la prima volta.

MORTATI, Relatore, chiarisce che questa disposizione è integrativa di quella dell’articolo 3, che riguarda la rielezione della Camera: se si volesse ammettere lo scioglimento del Senato, si potrebbe votare il comma incondizionatamente, nel senso che questa norma procedurale va messa in armonia con quanto avviene per la Camera dei Deputati.

Ritiene poi che, per quanto riguarda l’altra ipotesi, si possa accogliere la proposta dell’onorevole Nobile nel senso di indire le elezioni per la rinnovazione della metà dei membri scaduti, 50 giorni prima della scadenza, per evitare la vacanza a cui accennava anche l’onorevole La Rocca.

TOSATO rinnova la sua proposta di soppressione del secondo comma.

PICCIONI dichiara che si potrebbe addirittura tornar sopra alle decisioni prese e proporre la riduzione a cinque anni della durata del Senato ed il suo rinnovo completo dopo tale periodo.

MORTATI, Relatore, concorda.

PRESIDENTE, poiché vi è una proposta formale degli onorevoli Piccioni e Mortati riguardo alla durata del Senato, che si vorrebbe ridotta a cinque anni, e al suo rinnovo totale dopo tale periodo, in maniera che le elezioni della prima e della seconda Camera avvenissero contemporaneamente, chiede alla Commissione se intende riesaminare la questione e procedere a una nuova votazione.

FABBRI afferma che la disposizione di cui all’articolo 8 fu votata in modo imperativo e vincolante, ed è inutile riproporla solo perché oggi si determinano nuove situazioni in seno alla Sottocommissione. La questione è di sostanza e non crede accettabile, su tale argomento, il criterio di una seconda votazione. Fa ogni riserva sul sistema, che si intende adottare, di tornar sopra a decisioni già prese.

PICCIONI crede si debba parlar chiaro o dire che, riesaminata la questione, in connessione con tutte le altre disposizioni riguardanti la seconda Camera, si sono visti gli inconvenienti a cui la norma stabilita può dar luogo praticamente e costituzionalmente e che quindi si vuol porvi rimedio.

NOBILE e LEONE GIOVANNI ritengono che non debba violarsi la regola generale che ha finora vietato di porre nuovamente in discussione ciò che già è stato votato.

ROSSI PAOLO e LUSSU ritengono che, dal momento che sono proprio i presentatori della proposta già approvata a ritirarla, non vi sia nulla in contrario per una nuova votazione.

PRESIDENTE osserva che importa salvare la sostanza più che la forma: se v’è la sicurezza che in seduta plenaria si voterà la formula ora proposta, tanto vale votarla adesso.

PICCIONI, non desidera entrare in questioni procedurali, ma spera sarà consentito alla Sottocommissione, in sede di rilettura, di esprimere un voto.

PRESIDENTE ritiene che, pur approvando l’articolo 8 nel testo presentato, si potrebbe esprimere un voto nel senso accennato dall’onorevole Piccioni.

(Così rimane stabilito).

Mette ai voti la prima parte dell’emendamento aggiuntivo con la modificazione proposta dall’onorevole Nobile:

«Le nuove elezioni hanno luogo 50 giorni prima della data di scadenza».

(È approvata).

Pone ai voti il principio che sia ammesso lo scioglimento della seconda Camera.

(È approvato).

Mette ai voti la seconda parte dell’emendamento aggiuntivo:

«Il termine per la rielezione del Senato nel caso del suo scioglimento è di 70 giorni».

(È approvato).

Pone in questi termini la formulazione del voto di cui si è prima parlato:

«La seconda Sottocommissione, procedendo alla seconda lettura del progetto relativo agli articoli sul potere legislativo, esprime l’avviso che il termine di durata della seconda Camera debba essere ridotto a 5 anni ed il rinnovamento della stessa debba avvenire per intero».

(È approvato).

Avverte che si passa ora agli articoli della sezione 3a riguardanti disposizioni comuni alle due Camere.

Pone ai voti l’articolo 10:

«I membri dell’antica famiglia regnante non solo eleggibili.

«Nessuno può essere contemporaneamente membro delle due Camere».

«La legge potrà stabilire altri casi di ineleggibilità e di incompatibilità».

(È approvato).

Pone in discussione l’articolo 11:

«Prima di essere ammessi all’esercizio delle funzioni, i membri del Parlamento prestano giuramento di fedeltà alla Repubblica democratica e alle sue leggi».

Propone che la formula del giuramento sia eguale a quella stabilita per il Presidente della Repubblica e che perciò l’articolo 11 sia modificato così:

«Prima di essere ammessi all’esercizio delle funzioni, i membri del Parlamento prestano giuramento di fedeltà alla Costituzione e alle leggi della Repubblica».

(È approvato).

Pone in votazione l’articolo 12:

«I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni».

(È approvato).

Pone in votazione il primo comma dell’articolo 13:

«Nessun membro del Parlamento può essere arrestato, fuori del caso di flagrante delitto per il quale sia obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura, o altrimenti privato della sua libertà personale, o sottoposto a procedimento penale, senza l’autorizzazione della Camera della quale fa parte».

(È approvato).

Pone in discussione il secondo comma:

«Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di sentenza, anche se irrevocabile, e altresì per procedere a perquisizione nel suo domicilio, salvo il caso di flagrante delitto».

Fa notare che a questo comma è proposto un emendamento sostitutivo del seguente tenore:

«Il perseguimento o la detenzione di un deputato per sentenza, anche se irrevocabile, emessa anteriormente all’elezione, cessano se la Camera ne faccia richiesta».

LEONE GIOVANNI non ritiene accettabile la formulazione di questo comma e propone di adottare la seguente: «La esecuzione della sentenza è interrotta o sospesa, se la Camera ne faccia richiesta».

PRESIDENTE fa presente che, pur essendo diversa la formulazione dell’articolo da quella dell’emendamento, come diversa è la base giuridica su cui esse poggiano, in pratica si arriva agli Stessi risultati. Cita il caso recente del deputato Gallo, la cui liberazione avvenne prima che fosse deliberata dall’Assemblea costituente, per il diretto intervento del Presidente dell’Assemblea presso il Ministro della giustizia, il quale trasmise questa comunicazione al competente Procuratore della Repubblica.

EINAUDI preferirebbe la formulazione originale a quella dell’emendamento. Fa anche presente che potrebbe trattarsi di un reato estraneo alla politica e per il quale la Camera non volesse chiedere la scarcerazione.

DI GIOVANNI distingue il caso previsto dal capoverso dell’articolo – che è quello della autorizzazione a trarre o mantenere in arresto un membro del Parlamento in esecuzione di sentenza, anche se irrevocabile – dal caso previsto nell’emendamento, che è quello del perseguimento o della detenzione in base alla sentenza emessa anteriormente alla elezione. Ritiene che le due disposizioni non siano identiche.

MORTATI, Relatore, osserva che il principio ispiratore dell’emendamento è quello di richiedere l’intervento della Camera, e che il secondo comma, sia nella dizione originale che nell’emendamento, è relativo alla ipotesi della esecuzione di una sentenza anteriore alla elezione, quando cioè non v’è il sospetto di una eventuale azione del Governo per sottrarre un deputato alle sue funzioni. Dovrebbe essere quindi, a suo parere, giustificata questa valutazione preventiva della Camera circa la opportunità della liberazione. Si tratta, in conclusione, di decidere se questa esecuzione di sentenza anteriore all’elezione debba esser automaticamente sospesa per il fatto della elezione od occorra all’uopo una richiesta del Parlamento.

PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento dell’onorevole Mortati, secondo il quale occorre l’iniziativa della Camera perché si proceda all’atto che determina la carcerazione del deputato già arrestato, oppure la sospensione del procedimento in seguito al quale il deputato potrebbe perdere la propria libertà personale.

(Con 10 voti favorevoli e 12 contrari, non è approvato).

Fa presente che nello stesso secondo comma dell’articolo vi è un’ultima parte relativa alle perquisizioni domiciliari. Rileva che, in caso di flagrante delitto, la perquisizione ha lo scopo di accertare gli elementi riferentisi al delitto, indipendentemente dalla possibilità della cattura: se il reato non comporta il mandato di cattura, evidentemente l’arresto non si ha. Ricorda che la prima Sottocommissione, decidendo in merito alla libertà dei cittadini, ha stabilito che non è lecita la perquisizione domiciliare senza un ordine della autorità giudiziaria, salvo il caso di flagrante delitto. Ritiene che a questa stregua i deputati vadano posti sullo stesso piano degli altri cittadini.

BOZZI fa l’ipotesi di un delitto commesso da persona che cerchi asilo nella casa del deputato.

BULLONI fa notare che la perquisizione domiciliare è una delle violazioni più gravi della libertà del cittadino. Vorrebbe perciò fosse ben chiarito che debba trattarsi della flagranza in un delitto per cui sia obbligatorio il mandato di cattura.

PRESIDENTE pone in votazione la proposta di emendamento dell’onorevole Bulloni, secondo la quale alla fine del comma dovrebbe aggiungersi l’inciso «per cui sia obbligatorio il mandato di cattura».

(È approvato).

Fa notare che l’articolo 13 resta così approvato nel testo già letto, con l’aggiunta all’ultimo comma, dopo le parole: «salvo il caso di flagrante delitto», delle altre: «per cui sia obbligatorio il mandato di cattura».

La seduta termina alle 20.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Cannizzo, Cappi, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Di Giovanni, Einaudi, Fabbri, Farini, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Piccioni, Porzio, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Tosato, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Assenti: Calamandrei, Castiglia, Perassi.