Come nasce la Costituzione

GIOVEDÌ 19 DICEMBRE 1946 (prima sezione)

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSINE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

(PRIMA SEZIONE)

1.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 19 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Patere esecutivo (Discussione)

Presidente – Tosato, Relatore – La Rocca, Relatore – Mortati – Rossi Paoli – Lami Starnuti – Fuschini – Lussu – Nobile – Bordon – Bozzi, Relatore – Vanoni.

La seduta comincia alle 11.05.

Discussione sul potere esecutivo.

PRESIDENTE, iniziandosi l’esame del potere esecutivo, fa presente che originariamente la Sottocommissione nominò tre relatori sulla materia: gli onorevoli Bozzi, La Rocca e Tosato, ed invita quest’ultimo a riferire.

TOSATO Relatore, ricorda che, prima di iniziare la discussione sul potere legislativo, la Sottocommissione sentì il bisogno di affrontare da un punto di vista generale la questione del sistema e della forma di Governo; così, dopo la discussione, fu approvato a maggioranza un ordine del giorno Perassi, del seguente tenore:

«La seconda Sottocommissione, udita la relazione degli onorevoli Mortati e Conti, ritenuto che né il tipo del Governo presidenziale, né quello del Governo direttoriale risponderebbe alle condizioni della società italiana, si pronuncia per l’adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di Governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo».

Successivamente il collegio dei tre Relatori fu integrato da altri deputati e precisamente dagli onorevoli Conti, Lami Starnuti, Mortati, Perassi e Rossi. Tale Comitato si radunò numerose volte discutendo a lungo, prima di completare l’elaborazione del progetto attualmente in esame. Questo frutto del lavoro collettivo è perfettamente aderente alle decisioni della Sottocommissione (cioè, adozione di un sistema parlamentare con i dispositivi ritenuti necessari per assicurare la stabilità del Governo ed evitare le degenerazioni del parlamentarismo) ed ha incontrato nelle sue linee generali ed in gran parte dei particolari la quasi unanimità dei consensi dei membri del Comitato; soltanto su alcuni argomenti, talora di secondaria importanza, hanno fatto riserve gli onorevoli Lami Starnuti, La Rocca e Mortati.

Si astiene dal dare altre indicazioni, riservandosi di fornirle, ove necessario, nel corso della discussione, relativamente ai singoli articoli del progetto.

PRESIDENTE apre la discussione sull’articolo 1 del progetto:

«Elezione. – Il Presidente della Repubblica è eletto, a scrutinio segreto, dall’Assemblea Nazionale con la partecipazione dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali.

«Per l’elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei membri componenti il Collegio.

«Dopo il terzo scrutinio l’elezione ha luogo a maggioranza assoluta».

LA ROCCA, Relatore, ricorda di aver sostenuto, in seno al Comitato, la opportunità che il Presidente della Repubblica fosse eletto soltanto dall’Assemblea Nazionale, ritenendo del tutto superfluo l’intervento dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali, in quanto, essendo stata la seconda Camera concepita come espressione delle Regioni, è perfettamente inutile che le Regioni stesse inviino degli altri rappresentanti a partecipare all’elezione del Presidente.

TOSATO, Relatore, illustra le considerazioni che nel Comitato furono contrapposte a quelle dell’onorevole La Rocca. Dei tre sistemi che si possono seguire per l’elezione del Presidente – elezione diretta da parte del popolo, elezione secondo il sistema classico delle due Camere riunite, elezione da parte di un Collegio speciale – il Comitato è stato unanime nel respingere il primo, ritenendo che un Presidente, che fosse esponente diretto del popolo, sarebbe così forte da mettere in difficoltà il funzionamento del Governo parlamentare, in cui invece il Presidente non ha una posizione di primissimo piano.

Né ha ritenuto di accogliere il secondo sistema, nella considerazione che la elezione del Presidente da parte delle due Camere renderebbe quello eccessivamente prigioniero di queste.

Di qui la necessità di allargare, sia pure di poco, il Collegio elettorale del Presidente. È sembrano pertanto opportuno adottare il sistema di far partecipare all’elezione presidenziale, oltre ai membri dell’Assemblea Nazionale, anche i Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali, sia per il criterio accennato di allargare la base elettorale, sia per legare maggiormente le Regioni allo Stato, nella considerazione che, essendosi lo Stato unitario trasformato in uno Stato a base regionale, fosse giusto far partecipare gli esponenti delle Regioni all’elezione del Presidente della Repubblica.

Conviene con l’onorevole La Rocca che una delle Assemblee legislative è composta da rappresentanti delle Regioni, ma fa rilevare che nel caso in esame i Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali intervengono nel Collegio elettorale come rappresentanti dei corpi territoriali, Regioni, come tali, e quindi precisamente per fissare quel collegamento particolare che si crede indispensabile fra Stato e Regione.

MORTATI dichiara di dissentire dal sistema proposto dal Comitato, per ragioni opposte a quelle fatte presenti dall’onorevole La Rocca.

Ritiene opportuno far precedere le sue dichiarazioni da una premessa relativa alle funzioni del Presidente, perché gli sembra che non ci si possa occupare del modo di elezione, se non si conoscono le funzioni del Presidente, e soltanto in relazione a queste si potrà stabilire il modo di elezione.

A suo avviso, il Presidente deve avere funzioni non di partito, ma neutrali, e quindi debbono adottarsi modalità di elezione che valgano a distaccarlo dai movimenti politici, come tali, ed a renderlo, nei limiti del possibile, imparziale. |

Ritiene invece che con il sistema adottato non si sia attuato sufficientemente questo distacco, in quanto i partiti sono rappresentati nell’Assemblea Nazionale.

Secondo il suo punto di vista, il Presidente dovrebbe essere eletto da un Collegio speciale, in cui non intervenisse l’Assemblea Nazionale nel suo complesso, ma solo alcuni elementi eletti nel suo seno ed altri eletti da altri organi; un Collegio, cioè, formato di elementi che fossero espressione di diverse forze sociali.

Soggiunge che, non essendo stata accolta la sua proposta – sostenuta anche da altri colleghi del suo Gruppo – dell’istituzione di una Camera professionale, la quale avrebbe reso meno sensibile il bisogno dell’intervento di una organizzazione non strettamente politica, sarebbe opportuno far intervenire le varie forze sociali in sede di elezione del Capo dello Stato. Poiché questi ha la funzione tipica di mantenere l’equilibrio fra le varie tendenze, è opportuno far concorrere alla sua elezione tutte le forze che possono essere interessate al mantenimento di tale equilibrio, e non vagheggiano il predominio di un partito sugli altri. E convinto che, ad assicurare queste garanzie di imparzialità, il sistema che ha delineato in modo sommario sia più idoneo di quello proposto dal Comitato, mentre ancora peggiore sarebbe la proposta dell’onorevole La Rocca, che farebbe del Presidente della Repubblica l’esponente della maggioranza parlamentare, laddove è avvertito il bisogno di porre il Presidente in una posizione di indipendenza di fronte ai partiti.

ROSSI PAOLO rileva che il sistema suggerito dal Comitato rappresenta una soluzione conciliativa fra le due tesi estreme: la forma puramente parlamentare, sostenuta dall’onorevole La Rocca, e quella extra-parlamentare, suggerita dall’onorevole Mortati.

LAMI STARNUTI dichiara di aver aderito al testo del progetto, perché, a suo avviso, esso obbedisce anche ad un altro principio, quello di ribadire il carattere unitario della Repubblica Italiana, stabilendo la partecipazione dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali alla nomina del Presidente della Repubblica.

FUSCHINI chiede ai membri del Comitato se è stata considerata un’altra soluzione: sostituire, cioè, la partecipazione dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali con quella di delegati nominati all’uopo dalle Assemblee regionali.

ROSSI PAOLO risponde che al Comitato è sembrato che i Presidenti delle Assemblee e delle Deputazioni regionali dovessero considerarsi i delegati naturali delle stesse alle elezioni del Presidente della Repubblica. D’altra parte, se si volesse – adottando la soluzione accennata dall’onorevole Fuschini – garantire per ciascun organo regionale una rappresentanza proporzionale, sarebbe necessario nominare parecchi delegati per ogni Regione, mentre con la formula del progetto si avrebbe una immissione complessiva di circa 44 persone.

TOSATO, Relatore, osserva che l’esigenza di porre il Presidente in condizioni di svolgere una funzione moderatrice e di equilibrio – a cui ha accennato l’onorevole Mortati – è in parte soddisfatta dal secondo comma dell’articolo in esame, in cui si dice che per l’elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei membri componenti il Collegio. Personalmente è persuaso che le osservazioni dell’onorevole Mortati siano molto fondate; ma la soluzione che questi suggerisce espone a difficoltà pratiche, che nel momento attuale sembrano difficilmente sormontabili. Appunto per questo, il Comitato ha ritenuto opportuno scegliere il sistema di elezione classico, modificandolo leggermente con la partecipazione dei Presidenti delle Assemblee e delle Deputazioni regionali. Riconosce che con tale innovazione i rapporti proporzionali fra le varie forze politiche non saranno rispettati, ma avverte che questo inconveniente è eliminato dal fatto che di massima si esige la maggioranza dei due terzi dei componenti del Collegio per l’elezione del Presidente.

LUSSU aderisce al sistema proposto, principalmente perché, ammettendo la partecipazione dei massimi rappresentanti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali, si dà all’elezione un maggior carattere unitario, legando le Regioni al centro.

PRESIDENTE, rispondendo in primo luogo alle osservazioni dell’onorevole Mortati, rileva che la sua aspirazione di spoliticizzare la figura del Presidente è una mèta che non sarà mai raggiunta, perché è impensabile l’esistenza di un Presidente della Repubblica il quale, quanto meno come orientamento, non rappresenti politicamente una posizione di partito. È contrario quindi al sistema proposto dall’onorevole Mortati, in quanto ritiene che anche con esso il Presidente avrebbe egualmente un orientamento politico; né vede come sia possibile evitarlo, quali che siano gli accorgimenti con i quali si creda di poter sfuggire all’azione dei partiti, in una Nazione nella quale questi hanno realizzato una posizione così decisiva per la vita collettiva.

Non comprende peraltro per quale ragione si debba nutrire la preoccupazione, accennata dall’onorevole Tosato, che il Presidente possa divenire prigioniero delle due Camere. Le Camere eleggono il Presidente, il quale ne sarà tanto prigioniero quanto lo è un deputato nei confronti dei suoi elettori; dovrà rispondere verso chi lo elegge, ma nei limiti nei quali il suo mandato si esercita. Dipenderà da lui il saper svolgere le proprie funzioni in modo corrispondente all’attesa di coloro che lo hanno eletto; e se non lo farà e sorgerà conflitto, vi sarà la Costituzione che stabilirà i mezzi per risolverlo.

Crede inoltre che gli accorgimenti, attraverso i quali il progetto ha cercato di evitare questa prigionia, non rispondano allo scopo; perché, a suo avviso, i 42 o 44 che si aggiungeranno ai circa 700 componenti l’Assemblea Nazionale, eserciteranno scarsa influenza. In quanto poi i Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali non costituiscono un corpo unitario, essi non daranno il minimo fastidio al Presidente, il quale saprà che deve rispondere soltanto di fronte alle Camere.

Osserva poi che, ricorrendo agli organi regionali, si modifica alquanto il classico Collegio elettorale del Presidente, ma così facendo si altera anche il rapporto fra le forze della prima e della seconda Camera, poiché i Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali saranno portati naturalmente ad avvicinarsi a quella delle due Camere che è più affine a loro, e nella quale ritroveranno una quantità di elementi alla cui elezione hanno concorso essi stessi.

Questa è un’altra delle ragioni per cui dissente dal sistema proposto dal Comitato.

Se si immettesse nell’Assemblea Nazionale qualche elemento neutro, potrebbe anche concordare, pur dubitando della necessità di alterare o di modificare l’organo che si presenta come il Collegio naturale per l’elezione del Presidente. Dal momento che gli elementi che si immettono non possono essere neutrali, perché la loro origine è la stessa della seconda Camera, non può ammettere che si alteri l’equilibrio fra le forze delle due Camere, che è stato stabilito nel corso delle discussioni sul potere legislativo.

Ritiene altresì che l’ipotesi, avanzata dall’onorevole Fuschini, che le Regioni siano rappresentate da delegati appositamente eletti, aggraverebbe ancora il difetto a cui ha accennato, perché tali delegati si sentirebbero soltanto rappresentanti delle Assemblee regionali ed andrebbero a schierarsi a fianco dei rappresentanti delle Regioni nella seconda Camera.

Per queste ragioni, e per altre ancora che tralascia, dichiara di considerare artificiosa e di non poter approvare qualsiasi immissione di elementi estranei nel naturale Collegio elettorale del Presidente della Repubblica. Una volta escluso il sistema del suffragio diretto ed accolto quello di secondo grado, è del parere che detto collegio debba essere costituito esclusivamente dall’Assemblea Nazionale.

TOSATO, Relatore, avverte subito che le ragioni che consigliano un Collegio speciale sono proprio quelle che l’onorevole Terracini non ammette. Precisa quindi che, dicendo che il Presidente non deve essere prigioniero delle due Camere, intendeva alludere al fatto che, se il Presidente fosse espressione pura e semplice delle Camere, nell’esercizio del potere di scioglimento del Parlamento si troverebbe fortemente vincolato. Di qui la necessità di trovare un correttivo, allargando, sia pure il meno possibile, il Collegio costituito dall’Assemblea Nazionale.

All’obiezione del Presidente che in tal modo si altera il rapporto fra le due Camere, risponde che esso viene alterato nel modo minore, perché i Presidenti delle Assemblee e delle Deputazioni regionali non intervengono come rappresentanti delle Regioni (in quanto questi si trovano già nella seconda Camera), ma come elementi rappresentativi di Enti autonomi facenti parte dello Stato. Ritiene che questo ampliamento costituisca il minimo indispensabile per assicurare alla figura del Presidente una posizione un po’ autonoma, per quanto con poteri limitatissimi, di fronte alle Assemblee legislative.

NOBILE si rende conto dello spirito che anima tanto le osservazioni dell’onorevole Tosato quanto quelle dell’onorevole Mortati, i quali vorrebbero che il Presidente non fosse prigioniero delle due Camere. Fa presente che vi sarebbe un sistema già scartato dal Comitato, per raggiungere tale scopo e garantire l’indipendenza del Presidente: farlo eleggere direttamente dal popolo. All’obiezione del Relatore che, così facendo, gli si conferirebbe un potere troppo grande in confronto a quello dell’Assemblea Nazionale, replica che a questo inconveniente si ovvierebbe se si accogliesse una proposta che ha già avuto occasione di sostenere, ma che non è stata presa in considerazione dal Comitato: istituire cioè un Consiglio Supremo della Repubblica. Ove si costituisse questo Consiglio, come emanazione diretta dell’Assemblea Nazionale, e si stabilisse che il Presidente non può nulla deliberare senza il suo parere conforme, i poteri del Presidente stesso sarebbero molto attenuati e si potrebbero conciliare le due diverse esigenze: quella di creare un Presidente indipendente quanto più è possibile dalle due Camere, perché non eletto da esse; e l’altra di evitare uno strapotere del Presidente.

BORDON propone il seguente emendamento: nel primo comma dell’articolo 1 sopprimere le parole «e delle Deputazioni regionali».

PRESIDENTE, riassumendo, nota che si è di fronte a quattro diverse proposte, oltre a quella del Comitato: la prima, dell’onorevole Nobile, è la più radicale, in quanto muta il sistema di elezione, che da elezione di secondo grado diviene elezione diretta, subordinata però alla costituzione di un Consiglio Supremo della Repubblica che segga a fianco del Presidente; la seconda è dell’onorevole Mortati, il quale accetta l’elezione di secondo grado, ma scarta nettamente l’idea che il Collegio elettorale sia costituito dai membri delle due Camere, ammettendo tuttavia la partecipazione di elementi da esse delegati allo scopo; la terza è dell’onorevole La Rocca, il quale pensa ad un Collegio costituito esclusivamente dall’Assemblea Nazionale; la quarta dell’onorevole Bordon, il quale propone che il Collegio elettorale sia costituito dall’Assemblea Nazionale unitamente ai Presidenti delle Assemblee regionali.

Pone anzitutto ai voti la proposta dell’onorevole Nobile.

TOSATO, Relatore, dichiara che voterà contro, perché l’elezione diretta infirmerebbe tutto il sistema parlamentare già approvato, e la stessa conseguenza comporterebbe la creazione di un Consiglio Supremo della Repubblica.

(Non è approvata).

PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Mortati.

(Non è approvata).

Pone ai voti la proposta dell’onorevole La Rocca.

(Con 5 voti favorevoli e 5 contrari non è approvata).

Pone ai voti la proposta dell’onorevole Bordon.

LUSSU dichiara di votare in favore.

(Non è approvata).

PRESIDENTE pone ai voti la formula proposta dal Comitato.

(Con 5 voti favorevoli e 5 contrari non è approvata).

Avverte che, trattandosi di una delle questioni che saranno più dibattute nei successivi stadi di elaborazione, verranno comunicati alla Commissione plenaria i risultati di queste votazioni, lasciando per il momento in sospeso la formulazione del primo comma.

Pone ai voti il secondo e terzo comma dell’articolo 1.

(Sono approvati).

Apre la discussione sull’articolo 2:

«Eleggibilità. – Sono eleggibili tutti i cittadini per nascita, che abbiano compiuto cinquanta anni di età e godano dei diritti civili e politici.

«I membri delle famiglie già regnanti non sono eleggibili».

FUSCHINI domanda se possono essere elette alla carica di Presidente della Repubblica anche le donne.

ROSSI PAOLO risponde affermativamente.

PRESIDENTE osserva che l’età di cinquanta anni è forse troppo elevata e, tenuto anche conto dell’età stabilita agli effetti dell’eleggibilità alle Assemblee legislative, propone di ridurla a quarantacinque anni. Crede infatti che un cittadino che sia stato membro della prima Camera per venti anni, abbia i requisiti di maturità per essere nominato Presidente della Repubblica.

FUSCHINI dissente.

PRESIDENTE pone in votazione il primo comma dell’articolo 2 con l’emendamento che riduce l’età minima per l’eleggibilità a 45 anni.

(È approvato).

FUSCHINI, in merito al secondo comma, fa rilevare che nelle disposizioni, già approvate, sul potere legislativo, si usa l’espressione: «I membri dell’antica famiglia regnante non sono eleggibili», mentre nell’articolo in esame si parla di «membri delle famiglie già regnanti». Crede che sarebbe necessario un coordinamento tra le due formule.

MORTATI aggiunge che di famiglie regnanti in Italia ve n’è stata una sola, e quindi non è giustificato il plurale.

TOSATO, Relatore, informa che il Comitato ha tenuto presente la formula usata per il potere legislativo, ma non ha trovato di suo gradimento l’espressione «antica famiglia regnante». Ha pensato altresì di usare per il Presidente della Repubblica una formula ancora più precisa, per escludere ogni famiglia che abbia regnato in Italia o in una parte qualsiasi dell’Italia.

PRESIDENTE, per ragioni di forma, consiglia la dizione:

«I membri di famiglie già regnanti non sono eleggibili».

Pone ai voti il secondo comma dell’articolo 2, così modificato.

(È approvato).

Apre la discussione sull’articolo 3:

«Giuramento. – Il Presidente della Repubblica, prima di assumere l’esercizio del suo ufficio, presta dinanzi l’Assemblea che lo ha eletto giuramento di essere fedele alla Costituzione della Repubblica e di esercitare le sue funzioni col solo scopo del bene della Nazione».

NOBILE propone di sostituire alle parole: «dinanzi l’Assemblea che lo ha eletto», le altre: «dinanzi l’Assemblea Nazionale».

PRESIDENTE, pur essendo contrario all’inclusioni dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali nel Collegio elettorale del Presidente della Repubblica, ritiene che al suo giuramento debbano essere presenti tutti coloro che hanno partecipato all’elezione.

FUSCHINI preferirebbe sostituire, alle parole: «dinanzi l’Assemblea che lo ha eletto», le altre: «dinanzi al Collegio che lo ha eletto».

PRESIDENTE osserva che con questo articolo viene prefissata la formula del giuramento del Presidente della Repubblica, che, una volta inclusa nella Costituzione, non potrà essere modificata.

MORTATI prospetta l’opportunità di riprodurre, in questa disposizione, l’espressione «Repubblica democratica», che già si è usata per la formula del giuramento dei deputati.

PRESIDENTE concorda.

LAMI STARNUTI obietta che qui si parla di Costituzione della Repubblica e l’aggiunta della parola «democratica» sarebbe superflua.

ROSSI PAOLO suggerisce di sopprimere le parole «della Repubblica».

PRESIDENTE propone la formula: «di essere fedele alla Costituzione e alle leggi della Repubblica».

Pone in votazione il testo dell’articolo 3 così emendato.

(È approvato).

Apre la discussione sull’articolo 4:

«Durata. – Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

«Trenta giorni prima della scadenza del termine, il Presidente dell’Assemblea Nazionale convoca il Collegio previsto dall’articolo 1 per la nuova elezione del Presidente della Repubblica.

«Se una o tutte e due le Camere sono sciolte, oppure manca meno di un semestre alla fine della legislatura, l’elezione del Presidente della Repubblica avrà luogo entro 15 giorni dalla costituzione delle nuove Camere, e i poteri del Presidente sono prorogati».

Pone in discussione il primo comma.

TOSATO, Relatore, avverte che questo è un punto che è stato lungamente dibattuto e vi sono al riguardo pareri discordanti: secondo alcuni, la durata della carica dovrebbe essere di sei anni, secondo altri si dovrebbe precisare che il Presidente è eletto per sei anni e non è rieleggibile; altri ancora preferirebbero specificare che è eletto per sei anni e non è rieleggibile che una sola volta; infine, per quanto lo riguarda, egli preferirebbe dire semplicemente che è eletto per sette anni. Ritiene che non sia opportuno escludere la possibilità della rielezione, soprattutto data la situazione politica attuale di penuria di uomini politici, dopo venti anni di carenza di vita politica. D’altra parte, l’affermazione che non è rieleggibile potrebbe anche essere interpretata, per quanto indirettamente, in un senso poco favorevole per l’attuale Capo provvisorio dello Stato.

Né approverebbe una formula limitativi nel senso di specificare che il Presidente può essere rieletto una sola volta, in quanto ciò rappresenterebbe un vincolo morale, seppure tenue, per il Collegio elettorale, che nel procedere alla elezione del Presidente si troverebbe sempre di fronte alla positiva possibilità di rieleggere il Presidente cessante. A suo avviso è dunque preferibile lasciare impregiudicata la questione, rimettendola alla completa discrezionalità del corpo elettorale.

LAMI STARNUTI propone la formula: «è eletto per sette anni e non è rieleggibile», ad impedire che si apra la via ad una politica a carattere personale del Presidente.

BORDON propone di ridurre la durata in carica da sette a cinque anni.

LUSSU concorda con l’onorevole Bordon.

FUSCHINI obietta che il Senato è eletto per sei anni e, se il termine venisse ridotto, lo stesso Senato eleggerebbe due volte il Presidente della Repubblica.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta di ridurre la durata in carica del Presidente della Repubblica a cinque anni.

(Non è approvata).

Pone ai voti la durata della carica in sei anni.

(Non è approvata).

Pone in votazione la formula:

«Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

(È approvata).

Mette ai voti il seguente emendamento aggiuntivo: «e non è rieleggibile».

(È approvata).

ROSSI PAOLO ritiene che dovrebbe prendersi in considerazione la possibilità della rielezione dopo un certo periodo.

PRESIDENTE oppone che, nella formula che è stata approvata, è implicito il criterio che non possa essere mai rieletto.

FUSCHINI propone di far precedere la parola: «rieleggibile», dall’altra: «immediatamente», per prevedere l’ipotesi accennata dall’onorevole Rossi. Domanda se l’attuale Presidente provvisorio rientri in questa disposizione.

PRESIDENTE fa osservare che l’onorevole De Nicola non ha neanche il titolo di Presidente della Repubblica, bensì quello di «Capo provvisorio dello Stato». Comunque, propone che si faccia risultare dal verbale che la Sezione è unanime nel ritenere che il principio approvato non abbia alcun riferimento con il Capo provvisorio dello Stato

(Così rimane stabilito).

Pone ai voti la proposta dell’onorevole Fuschini di far precedere la parola: «rieleggibile» dall’altra: «immediatamente».

(Non è approvata).

Pone ai voti il secondo e terzo comma dell’articolo 4.

(Sono approvati).

Apre la discussione sull’articolo 5:

«Incompatibilità. – L’ufficio del Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica».

NOBILE non è soddisfatto di questa formula, nella quale si ha l’impressione che sia sottinteso il termine «pubblica». Ritiene che l’incompatibilità debba sussistere con qualsiasi carica, anche privata, in quanto non ammette che il Presidente della Repubblica possa essere cointeressato in una società industriale o commerciale. Propone quindi l’aggiunta delle parole «anche private».

TOSATO, Relatore, avverte che si è preferito non specificare «con qualsiasi altra carica pubblica», come fanno molte Costituzioni, appunto per il criterio sottolineato dall’onorevole Nobile. Dicendo semplicemente «con qualsiasi altra carica», si è inteso escludere anche le cariche private.

PRESIDENTE crede che tale interpretazione autentica dell’articolo, risultante dal verbale, possa soddisfare l’onorevole Nobile.

NOBILE insiste nella sua proposta. Crede necessario che il Collegio che elegge il Presidente sappia che non può scegliere tra persone che rivestano una carica privata.

PRESIDENTE rileva che il concetto dell’onorevole Nobile non è esatto. La incompatibilità implica la rinuncia a qualsiasi carica, anche privata, nel momento in cui si viene eletti, ma non si può escludere dalla elezione chiunque rivesta una carica pubblica o privata, perché altrimenti non si troverebbero mai dei candidati alla Presidenza della Repubblica. Sono infatti ben rare le persone in vista che non ricoprano almeno una carica pubblica o privata.

ROSSI PAOLO è contrario all’aggiunta proposta, che sarebbe pleonastica, data l’interpretazione unanime della disposizione, esposta già dall’onorevole Tosato.

NOBILE modifica la sua proposta nel senso di precisare che il Presidente della Repubblica non può essere eletto tra coloro che appartengono a consigli di amministrazione di società industriali o commerciali. Soggiunge, a sostegno della sua proposta, che, anche ammesso che il Presidente della Repubblica non appena eletto si dimetta dalle cariche che ricopre, continuerà sempre a proteggere la società della quale faceva parte.

TOSATO, Relatore, replica che il Presidente della Repubblica non ha poteri politici propri. Inoltre la questione cha fa l’onorevole Nobile non riguarda la incompatibilità, bensì la ineleggibilità e, caso mai, se ne dovrebbe parlare all’articolo 2.

PRESIDENTE pone ai voti il principio sostenuto dall’onorevole Nobile, salvo a tradurlo successivamente in una formula da introdurre nell’articolo 2.

(Non è approvato).

Apre la discussione sull’articolo 6:

«Vacanza. – In caso di morte o di dimissioni o di impossibilità fisica del Presidente, l’esercizio delle funzioni presidenziali è assunto dal Presidente. dell’Assemblea Nazionale.

«Entro trenta giorni, salva l’applicazione del 3° comma dell’articolo 4, ha luogo l’elezione del nuovo Presidente».

NOBILE fa osservare che, se venisse accolta la sua proposta di istituire un Consiglio Supremo della Repubblica, la questione della vacanza provvisoria della Presidenza della Repubblica verrebbe risolta automaticamente, perché il Consiglio Supremo stesso, o il membro più anziano di esso, potrebbero assumere provvisoriamente le funzioni presidenziali. Sarebbe quindi opportuno rinviare la disposizione in esame a quando si sarà deciso in merito alla costituzione del Consiglio Supremo della Repubblica, oppure affrontare subito questo argomento.

TOSATO, Relatore, avverte che la questione viene in considerazione all’articolo 8, in cui si parla della posizione del Capo dello Stato.

PRESIDENTE invita a prendere per ora in esame quelle parti dell’articolo 6 che non sono in contrasto con la proposta dell’onorevole Nobile, salvo ad esaminare il resto quando si sarà deciso in merito alla costituzione o meno del Consiglio Supremo della Repubblica.

Domanda quindi se non sia il caso di dare qualche indicazione sul modo di accertare la impossibilità fisica del Presidente.

TOSATO, Relatore, fa presente che personalmente aveva proposto un articolo il quale suonava presso a poco così: «In caso di morte o di dimissioni o di impedimento permanente accertati, su richiesta del Governo, dalla Corte Costituzionale…»; senonché molte considerazioni sono state svolte contro questa sua formulazione, particolarmente da parte dell’onorevole Rossi, il quale lo ha convinto a ritirare la proposta. Questi faceva osservare giustamente che la questione dell’accertamento dell’impedimento permanente è molto delicata, in quanto apre l’adito a discussioni e ad eventualità piuttosto pericolose per la vita dello Stato.

Si è quindi cercato di precisare nei termini più rigorosi possibili i casi che possono dar luogo a vacanza, cioè, morte e dimissioni, sostituendo al concetto di «impedimento permanente», che è sembrato troppo generico e suscettibile di diverse interpretazioni, quello più preciso di «impossibilità fisica». Non si è ritenuto opportuno parlare di un organo di accertamento e della richiesta di accertamento, lasciando impregiudicate queste questioni.

BORDON propone di aggiungere, alle parole: «impossibilità fisica», l’altra: «permanente».

TOSATO, Relatore, si dichiara contrario per le ragioni già esposte.

LA ROCCA, Relatore, ritiene implicito il carattere della permanenza nella impossibilità fisica per il Presidente di assolvere alle sue funzioni, soprattutto in quanto nell’articolo successivo si disciplina il caso di impedimento temporaneo. Si domanda piuttosto se non sia il caso di affidare ad un medico, ad un collegio o ad un qualsiasi organo l’accertamento di siffatta impossibilità.

ROSSI PAOLO obietta che, affidandosi ad un organo l’accertamento della impossibilità fisica, si porrebbe il Presidente della Repubblica sotto una specie di tutela preventiva; egli sembrerebbe quasi un uomo minorato, ove si ammettesse l’esistenza di un supremo consesso competente a giudicare della sua capacità fisica.

PRESIDENTE pone ai voti il primo comma, fino alle parole «è assunto», lasciando in sospeso l’indicazione dell’organo o della persona che dovrebbe assumere le funzioni del Presidente della Repubblica in caso di vacanza, con la riserva di completare la disposizione quando si sarà presa una decisione sulla proposta dell’onorevole Nobile di istituire un Consiglio Supremo della Repubblica.

(È approvato).

Pone ai voti il secondo comma.

(È approvato).

Apre la discussione sull’articolo 7:

«Delegazione. – In caso di impedimento temporaneo, il Presidente della Repubblica può delegare l’esercizio delle sue funzioni al Presidente dell’Assemblea Nazionale. Non è ammessa la delega per gli atti previsti dagli articoli 13, 14, 16, 19».

MORTATI si dichiara contrario all’attuale formulazione dell’articolo 7, in quanto ritiene che le funzioni del Presidente della Repubblica debbano essere esercitate soltanto da lui e non possano essere delegate. Osserva che, trattandosi di impedimento temporaneo, non si deve ricorrere all’istituto della delega, bensì a quello della supplenza, la quale agisce ope legis ed implica la piena sostituzione del Presidente senza alcuna limitazione di attribuzioni. Tanto più che l’impedimento temporaneo potrebbe protrarsi per un periodo piuttosto lungo. Propone pertanto il seguente emendamento sostitutivo:

«In caso di impedimento temporaneo il Presidente della Repubblica è supplito dal Primo Ministro.

«Ove l’impedimento si prolunghi oltre i quattro mesi e manchi più di un semestre alla fine del periodo di durata in carica, si procederà alla nomina di un supplente con le norme di cui all’articolo 1».

BOZZI, Relatore, informa che della questione si è già discusso in seno al Comitato, ove si è finito con l’approvare il concetto della delega dei poteri, che comporta una determinazione volontaria da parte del Presidente. Dal fatto però che questa manifestazione di volontà del Presidente della Repubblica è limitata dalla norma costituzionale al solo caso di impedimento temporaneo, discende la necessità di controllare se sussista o meno questo impedimento.

Piuttosto, a suo avviso, sarebbe importante stabilire una limitazione nel tempo all’impedimento temporaneo; fissare cioè un termine, superato il quale, si passa dal concetto di impedimento temporaneo a quello dell’impossibilità fisica prevista dall’articolo precedente.

MORTATI replica che, a parte il fatto che l’espressione «può delegare» è in contrasto col concetto di impedimento, il Presidente della Repubblica potrebbe giovarsi abusivamente di questa disposizione.

TOSATO, Relatore, fa presente che il principio della delegazione è stato scelto dal Comitato per ben precisare la responsabilità del Presidente. Se questi, in determinati casi di impedimento fisico, non sarà in grado di esercitare le sue funzioni, potrà delegarle; ma la facoltà di delega implica sempre una sua responsabilità. Viceversa, con l’istituto della supplenza si introduce nell’ordinamento costituzionale, a fianco della figura del Presidente in carica, quella del supplente, il che potrebbe costituire un fomite di attriti.

Il concetto della delega è più aderente al sistema del Governo parlamentare, in cui il Presidente è un organo monocratico, individuale, con responsabilità proprie. Comunque, il Presidente potrà delegare i suoi poteri quando non gli sia possibile esercitarli, ma non potrà delegarne alcuni soltanto.

NOBILE non approva la formula «in caso di impedimento temporaneo», che potrebbe consentire abusi da parte del Presidente, e suggerisce di precisare i casi di impedimento, i quali, a suo avviso, non possono essere che due: una grave malattia che costringa ad una lunga degenza, o un’assenza prolungata dal territorio della Repubblica.

PRESIDENTE, riepilogando, nota che la Sezione dovrebbe pronunciarsi su diversi quesiti: 1o) se si debba parlare di supplenza o di delega; 2°) se debba usarsi l’espressione: «può delegare», ovvero l’altra: «deve delegare»; 3°) se si debba fissare un limite alla temporaneità dell’impedimento; 4°) se indicare specificatamente i casi di impedimento.

Pone anzitutto ai voti la proposta dell’onorevole Mortati di sostituire l’istituto della supplenza a quello della delega.

(Non è approvata).

Circa il secondo quesito, se cioè il Presidente «può» o «deve» delegare, osserva che in fondo esso è connesso alla questione della durata dell’impedimento, in quanto che, in caso di impedimento piuttosto prolungato per quanto temporaneo, potrebbe parlarsi del dovere di procedere alla delegazione; nel caso invece di un impedimento che si prevedesse di breve durata, la decisione potrebbe essere rimessa alla discrezionalità del Presidente.

Comunque, pone ai voti l’espressione: «deve delegare».

(Non è approvata).

Resta pertanto inteso che la delega è nella potestà del Presidente. Pone quindi ai voti la proposta di fissare un termine alla temporaneità dell’impedimento.

(Non è approvata).

Pone in votazione la formula proposta dall’onorevole Nobile:

«In caso di impedimento temporaneo per grave e lunga malattia, il Presidente, ecc.».

(Non è approvata).

Rileva che, non essendosi accolto alcuno degli emendamenti, resta approvata la dizione del Comitato. Quanto alla persona o all’organo al quale possono competere i poteri delegati dal Presidente, avverte che, come già si è fatto per l’articolo precedente, dovrà sospendersi ogni decisione fino a quando la Sezione non si sia pronunciata sulla costituzione di un Consiglio Supremo della Repubblica.

NOBILE propone la soppressione della seconda parte dell’articolo 7, per la quale non è ammessa la delega per gli atti previsti dagli articoli 13, 14, 16, 19. Rileva che, durante l’impedimento temporaneo del Presidente, può sorgere la necessità di compiere uno di quegli atti (nominare il Primo Ministro, presiedere il Consiglio supremo di difesa nazionale, ecc.) ed il Presidente può trovarsi nella impossibilità di compierli.

ROSSI PAOLO fa presente che il Comitato ha avvertito la gravità di questa situazione e ne ha a lungo discusso. Personalmente ritiene che il Presidente dovrebbe o fare uno sforzo per adempiere a quelle funzioni per il quale è prescritto il suo intervento personale, ovvero dichiarare di non poterle adempiere e chiedere l’applicazione dell’articolo 6.

LAMI STARNUTI aggiunge che l’impedimento temporaneo sarà tale da non consentire al Presidente l’esercizio delle sue funzioni continuative, ma certamente non tale da impedirgli l’esecuzione di un atto isolato, come potrebbe essere la scelta del Capo del Governo.

LA ROCCA, Relatore, non consente con l’onorevole Nobile e propone di mantenere l’articolo nella sua dizione attuale.

BOZZI, Relatore, nota che, se si escludono dalla delega gli atti di cui agli articoli 13, 14, 16 e 19, al delegato resterà poco più della firma delle leggi. D’altra parte, anche tale firma potrebbe rinviarsi, dato che l’impedimento è soltanto temporaneo, senza ricorrere alla nomina di un supplente.

Tutto considerato, sarebbe dell’avviso di sopprimere l’articolo 7, posto che il caso di impossibilità fisica è previsto dall’articolo 6.

LUSSU si dichiara favorevole alla conservazione dell’articolo.

MORTATI rileva l’incongruenza dell’articolo 7, citando il caso in cui per una disgraziata ipotesi il Presidente della Repubblica non sia in grado di fare la delega.

ROSSI PAOLO fa presente che, non essendosi nell’articolo 6 usata l’espressione «impossibilità fisica permanente», l’impedimento temporaneo previsto nell’articolo in esame potrebbe ritenersi di brevissima durata.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta di soppressione dell’articolo 7.

(Non è approvata).

Pone in votazione la proposta dell’onorevole Nobile di sopprimere la seconda parte dell’articolo.

(Non è approvata).

MORTATI osserva che, dal momento che non si è approvata la soppressione dell’ultima parte dell’articolo, bisogna esaminare attentamente gli atti per i quali non si vuole ammettere la delega.

TOSATO, Relatore, in seguito ad un più attento esame, esprime l’avviso che sia opportuno riprendere in considerazione il concetto della supplenza.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Tosato di riprendere in esame la prima parte dell’articolo 7, per sostituire all’istituto della delega quello della supplenza.

NOBILE dichiara di votare in favore.

(È approvata).

PRESIDENTE fa rilevare che nella formula proposta dall’onorevole Mortati si prevedono due ipotesi: che l’impedimento temporaneo si prolunghi oltre i quattro mesi e che manchi più di un semestre alla fine del periodo di durata in carica del Presidente che è stato supplito.

FUSCHINI nota che praticamente le ipotesi possono ridursi ad una sola perché, se il Presidente viene colpito da una malattia la cui prevedibile durata superi i quattro mesi, darà senza dubbio le dimissioni.

LUSSU è contrario a qualunque termine. Parlerebbe perciò soltanto di impedimento temporaneo, in senso generale.

MORTATI, nella considerazione che non si può creare un organo di accertamento, dichiara di aderire al criterio dell’onorevole Lussu.

LA ROCCA, Relatore, è nettamente contrario al concetto della supplenza, in quanto ritiene che possa dar luogo a gravi conflitti per l’eventualità che il supplente, una volta nominato, non intenda più rinunziare all’incarico.

PRESIDENTE potrebbe concordare con l’onorevole La Rocca, se il supplente non fosse una persona che ha già un proprio incarico. Senonché il supplente sarà il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Presidente dell’Assemblea Nazionale, il quale evidentemente, per continuare ad esercitare le funzioni di Presidente della Repubblica, dovrebbe abbandonare la carica che ricopriva, per l’incompatibilità prevista nell’articolo 5.

MORTATI, contro l’opinione dell’onorevole La Rocca, fa presente che in tutte le Costituzioni è previsto l’istituto della supplenza.

VANONI aggiunge che, poiché probabilmente il Presidente della Assemblea Nazionale sarà chiamato a supplire il Presidente della Repubblica, sarà difficile che si verifichi la situazione a cui ha accennato l’onorevole La Rocca. Infatti, il Presidente dell’Assemblea Nazionale assumerebbe la supplenza, appunto in quanto tale, e nel caso accennato dall’onorevole La Rocca l’Assemblea potrebbe provocare le dimissioni del suo Presidente, il quale così automaticamente verrebbe a decadere anche dalla carica di Presidente della Repubblica.

PRESIDENTE pone ai voti il principio della supplenza.

(È approvato).

Fa rilevare che, accolto l’istituto della supplenza, che implica la sostituzione del Presidente della Repubblica in tutte le sue attribuzioni, non ha più ragion d’essere l’ultimo periodo dell’articolo 7, in cui si prevedevano alcune eccezioni alla delega.

Pertanto l’articolo stesso resta così concepito:

«In caso di impedimento temporaneo, il Presidente della Repubblica è supplito nell’esercizio delle sue funzioni…» (conformemente a quanto deciso per l’articolo 6, si lascia in sospeso la determinazione dell’organo o della persona che dovrebbe assumere la supplenza).

La seduta termina alle 13.

Erano presenti: Bordon, Codacci Pisanelli, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mortati, Nobile, Rossi Paolo, Terracini, Tosato, Vanoni.

Assenti: Cannizzo, Castiglia, De Michele, Einaudi, Fabbri, Grieco, Perassi, Piccioni, Zuccarini.

Presente autorizzato: Bozzi.