Come nasce la Costituzione

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VENERDÌ 20 DICEMBRE 1946 (prima sezione)

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

(PRIMA SEZIONE)

2.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 20 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Potere esecutivo (Seguito della discussione)

Presidente – Nobile – Tosato, Relatore – La Rocca, Relatore – Grieco – Lussu – Einaudi – Mortati – Rossi Paolo – Bordon – Fabbri – Codacci Pisanelli – Vanoni.

La seduta comincia alle 11.05.

Seguito della discussione sul potere esecutivo.

PRESIDENTE apre la discussione sulla proposta dell’onorevole Nobile concernente la costituzione di un Consiglio Supremo della Repubblica.

NOBILE premette che la sua proposta che ora sottopone ai colleghi sotto forma di questione di principio, approvata la quale si potrà redigere l’esatta formulazione, ha i suoi precedenti soltanto nell’ordinamento inglese ed in quello sovietico, i quali, però, hanno istituti dotati di attribuzioni più larghe di quelle che, secondo la sua idea, dovrebbero essere conferite al Consiglio Supremo della Repubblica. Fa presente che la questione di principio è appunto quella di decidere sull’opportunità o meno che il Capo dello Stato, il quale rappresenta la personalità stessa dello Stato ed è l’anello di congiunzione fra i tre poteri, venga assistito nell’esercizio delle sue funzioni da questo Consiglio. Aggiunge che la decisione in senso affermativo renderebbe possibile, sia il conferimento al Capo dello Stato di poteri più ampi con l’intesa che su determinate questioni la decisione debba essere subordinata al parere concorde del Consiglio, sia il superamento di molte difficoltà, a proposito dell’assunzione dei poteri del Presidente della Repubblica, nel caso di sua impossibilità fisica, di morte, di grave e prolungata infermità, da parte di altra persona; perché si potrebbe stabilire di affidare le funzioni di Presidente al componente del Consiglio più anziano di età o di carica politica.

È del parere che tale Consiglio debba essere composto di cinque o sei membri elettivi, nominati dall’Assemblea Nazionale, contemporaneamente al Capo dello Stato; e che la scelta dei componenti debba essere circoscritta fra coloro che hanno una più lunga esperienza politica: si potrebbe cioè considerare come requisito di eleggibilità il fatto di essere stato Capo dello Stato, o Capo del Governo, o Ministro.

Considera poi le materie sulle quali il Consiglio Supremo della Repubblica dovrebbe essere sentito: convocazione e scioglimento delle due Camere, esercizio del diritto di grazia, attribuzione e revoca del Comando delle Forze armate, dichiarazione dello stato di guerra e proclamazione dello stato d’assedio, ratifica dei trattati internazionali, nomina e revoca dei rappresentanti diplomatici, conferimento di decorazioni e attribuzione di titoli onorifici.

Dà poi lettura del seguente questionario, nel quale sono fissati i punti che potrebbero divenire oggetto di discussione:

1°) si ritiene opportuno che il Capo dello Stato, anello di congiunzione fra i tre poteri, e che quindi rappresenta la personalità stessa dello Stato, sia assistito nell’esercizio delle sue alte funzioni da un Consiglio elettivo, le cui attribuzioni siano fissate in modo da non interferire con l’opera del Ministero?

2°) nel caso affermativo, deve tale Consiglio Supremo della Repubblica essere eletto dalle due Camere riunite insieme all’atto della loro prima convocazione? o piuttosto deve essere eletto solo dalla Camera dei Deputati?

3°) di quanti membri dovrebbe essere costituito? e quali requisiti essi dovrebbero avere?

4°) per quali atti sarebbe obbligatorio per il Capo dello Stato attenersi alle decisioni del Consiglio? e vi sarebbero particolari atti per i quali nella votazione del Consiglio fosse richiesto un quorum?

5°) nel caso di morte o di impedimento temporaneo del Capo dello Stato, per cui occorresse sostituirlo, quale dei membri del Consiglio dovrebbe prenderne le funzioni? il più anziano di età? o quegli che ha ricoperto la carica più elevata?

6°) quali sarebbero le attribuzioni del Consiglio Supremo?

TOSATO, Relatore, osserva anzitutto che l’introduzione nell’organizzazione costituzionale italiana di un tale istituto altererebbe il principio fondamentale su cui si fonda il Governo parlamentare, che è basato sull’esistenza di un Capo dello Stato monocratico, il quale non sopporta come suo vicino un organo consultivo distinto dal Governo. Nella forma di Governo parlamentare consiglieri del Capo dello Stato non possono essere che i Ministri.

Dopo aver rilevato come tale Consiglio Supremo costituisca, a suo avviso, una reminiscenza di carattere monarchico, fa presente che tale istituto non può essere posto a raffronto con il Praesidium della Costituzione sovietica, che non ha affatto la natura di un organo consultivo accanto al Capo dello Stato, ma è esso stesso il Capo dello Stato, in seno al quale il Presidente della Repubblica è il primus inter pares.

Quanto alle attribuzioni, osserva che, sia che si trattasse di un organo puramente consultivo, sia che dovesse dare pareri vincolanti, il Consiglio Supremo finirebbe sempre con l’essere un organo giuridicamente e politicamente vincolante tutta l’opera del Presidente; ed allora, non essendovi più a Capo dello Stato un Presidente, ma un Collegio, ciò significherebbe abbandonare la forma di Governo adottata per orientarsi, se mai, verso la forma di Governo direttoriale svizzera.

Concludendo, dichiara di essere contrario alla proposta dell’onorevole Nobile, la quale, tra l’altro, espone al pericolo della fluidità delle responsabilità, non tenendo conto del concetto – di cui il Comitato si è preoccupato in modo particolare – della determinazione dei doveri e delle responsabilità individuali.

LA ROCCA, Relatore, è favorevole all’istituzione del Consiglio Supremo della Repubblica, al quale dovrebbe essere attribuito il compito di assistere il Capo dello Stato nella decisione delle questioni attribuite alla sua competenza ed alla sua responsabilità.

Riconosce che tale nuovo istituto non ha nulla a che fare col Praesidium sovietico, il quale non è altro che il Capo dello Stato sotto forma collegiale; e d’altra parte differisce anche dai vecchi Consigli della Corona, che erano nominati dall’alto, mentre questo dovrebbe avere base elettiva ed essere costituito da schietti rappresentanti della volontà popolare, quali potrebbero essere i Presidenti delle Camere e gli esponenti dei partiti e delle correnti politiche nominati dall’Assemblea Nazionale.

Non ritiene – come l’onorevole Tosato – che, con l’istituzione di tale organo, venga a deformarsi la linea del sistema parlamentare, il quale, tra l’altro, è basato sul principio della responsabilità dei Ministri. Non si crea, infatti, un Capo dello Stato collegiale, ma ci si limita a porre accanto al Presidente della Repubblica, la cui figura rimane netta ed inconfondibile, uomini che costituiscono nel loro insieme un organo che, assistendo il Presidente nell’esercizio di determinate funzioni ed avendo la sua base nella volontà popolare, dà una maggiore garanzia che il Capo dello Stato eserciterà le sue funzioni nell’interesse del popolo. Aggiunge che tale Consiglio Supremo potrebbe all’occorrenza sostituirsi al Presidente, essendo composto di uomini elevati a tale carica dalla fiducia del popolo.

GRIECO, premesso che un precedente progetto dell’onorevole Conti conteneva già una idea embrionale del Consiglio della Repubblica, che avrebbe dovuto essere formato dai Presidenti delle due Camere e dal Presidente della Corte Costituzionale, dichiara di essere favorevole alla proposta dell’onorevole Nobile, la quale però dovrebbe essere precisata nei suoi particolari.

Dichiara anzitutto che preferirebbe chiamare tale istituto «Consiglio della Presidenza», per chiarire che si tratta di un organo consultivo del Presidente, al quale questo dovrà ricorrere quando dovrà compiere quei determinati atti che saranno indicati nella Costituzione.

Prima di decidere se il parere del Consiglio della Presidenza debba ritenersi o meno vincolante, prospetta l’opportunità di stabilire se tale organo abbia una giustificazione politica; ed egli risponde affermativamente al quesito, perché ritiene che questo Consiglio della Presidenza possa offrire la garanzia, e non soltanto in senso astratto, di assicurare un ordine veramente democratico al Paese. Ricorda in proposito la preoccupazione di molti – ed un’eco se n’è avuta anche durante la discussione sulla formula del giuramento al Capo dello Stato in seno all’Assemblea Costituente – che un Presidente della Repubblica, pur eletto con tutte le garanzie di una Costituzione democratica, possa in futuro gettare il Paese in preda a vicende analoghe a quelle da cui l’Italia è da poco uscita. Dichiara quindi di ritenere opportuna la creazione di tale organo in questo momento e non avrebbe nulla in contrario a che se ne decidesse la soppressione, una volta ritornata la normalità, rivedendo la Costituzione.

Il Consiglio della Presidenza dovrebbe essere, a suo avviso, elettivo. Quanto alla facoltà che l’onorevole Nobile vorrebbe affidargli, di assumere, in caso di vacanza, i poteri del Capo dello Stato, pensa che tale questione dovrebbe essere considerata in rapporto a quella sulla nomina di un Vicepresidente. Personalmente si dichiara favorevole all’assunzione, in caso di vacanza, delle funzioni presidenziali da parte di colui che in quel momento sarà il Presidente dell’Assemblea Nazionale (dal momento che si è parlato di un avvicendamento della carica), il quale sarà egualmente assistito dal Consiglio della Presidenza.

Ritiene poi senza fondamento le preoccupazioni di coloro che temono che, a somiglianza di quanto è stabilito in altre Costituzioni, si finisca con l’affidare in pratica ad un Collegio le funzioni di Capo dello Stato, perché in Italia il Consiglio di Presidenza dovrebbe limitarsi ad assistere il Presidente – la cui figura è ben delineata e posta in evidenza – in determinate occasioni che saranno indicate nella Costituzione.

LUSSU dichiara di condividere, in parte, il punto di vista dell’onorevole Tosato; ed aggiunge che una tale questione avrebbe dovuto essere proposta e discussa – con qualche probabilità di esito positivo – all’inizio dei lavori sul potere esecutivo, e non ora perché, fissati ormai i punti più importanti dell’organizzazione dello Stato e del sistema parlamentare, la sua presa in considerazione non farebbe altro che creare disordine in seno alla Sezione e renderebbe necessaria una revisione del lavoro compiuto.

Osserva poi che lo spunto per fare tale proposta, anziché dalla Costituzione sovietica, come ha fatto l’onorevole Nobile, avrebbe potuto esser preso dal regime fascista, fatte naturalmente le dovute differenze tra il regime autoritario sovietico e quello anarcoide ed irresponsabile che ha retto l’Italia. Fa presente che in Russia il sistema politico il quale si innesta nel sistema generale di una democrazia estremamente autoritaria non si regge su un solo uomo, ma sul reciproco controllo, per cui il Praesidium costituisce un controllo sull’azione di ciascuno ed il Presidente è legato al Praesidium, così come il Praesidittm è a sua volta vincolato. Ricorda poi quello che era in Italia il gran consiglio del fascismo rispetto a Mussolini, un organo mirante a rafforzare l’autorità sovrana del Capo del Governo, sorto per spodestare le due Camere e la Corona e formato da uomini che avrebbero dovuto essere grandemente responsabili, mentre in realtà costituivano una cricca solida e sicura, la quale non poteva che rafforzare la volontà del duce.

Tornando a considerare la proposta fatta dall’onorevole Nobile, dichiara di ritenerla falsamente democratica e di trovare strano – pur spiegandosi le ragioni che l’hanno ispirata – che si pensi ad una concezione del genere. Osserva infatti che in regime democratico parlamentare esiste già – senza che sia stabilito nella Costituzione – un Consiglio della Repubblica, costituito dal Capo del Governo, dai Presidenti delle due Camere e dagli esponenti dei vari partiti politici, persone queste i cui consigli il Capo dello Stato non mancherà di tenere nel debito conto. Conclude quindi affermando l’inutilità di criteri i quali, alterando l’istituto democratico, creerebbero una figura di Presidente della Repubblica stranamente pericolosa, circondata da persone che non sarebbero nemmeno quelle elette dal Paese come suoi rappresentanti.

EINAUDI non vede su quali argomenti il Consiglio della Repubblica possa dare consigli, poiché – ad eccezione di quanto riguarda la nomina del Primo Ministro, la concessione di grazia e lo scioglimento delle Camere – tutte le altre funzioni sono automatiche e non dipendono dalla volontà del Presidente della Repubblica.

Ritiene che il Presidente della Repubblica debba avere un solo consigliere, e cioè il Primo Ministro, al quale l’Assemblea Nazionale ha accordato la sua fiducia. D’altra parte, osserva che non si possono sentire due consigli diversi, perché o essi coincidono ed allora ne basta uno, o non coincidono ed allora il Presidente deve seguire quello dato dal Primo Ministro, che gode la fiducia dell’Assemblea Nazionale.

Fa presente che soltanto nel caso in cui l’Assemblea Nazionale non fosse riuscita a designare chiaramente chi deve ricoprire la carica di Primo Ministro, il Presidente della Repubblica si verrebbe a trovare privo del suo unico e naturale consigliere.

Prospetta l’opportunità di indicare, prima di arrivare ad una decisione, l’origine ed i compiti di questo Consiglio, ed afferma, a questo proposito, che l’unica funzione che ha il Presidente della Repubblica è quella di assumere la responsabilità delle proprie azioni, nei momenti supremi della vita dello Stato, quando l’Assemblea Nazionale non riesce ad esprimere con chiarezza la sua volontà. Conclude dichiarando di avere dei dubbi circa l’opportunità di creare questo Consiglio della Repubblica.

PRESIDENTE dà lettura dell’articolo proposto dall’onorevole Conti e testé ricordato dall’onorevole Grieco:

«Il Presidente della Repubblica è assistito da un Consiglio di Presidenza che il Capo dello Stato è tenuto a consultare sulla nomina o revoca del Capo del Governo e sulla ratifica dei trattati internazionali. Il Consiglio della Presidenza è composto dal Presidente della Camera dei Deputati, dal Presidente del Senato e dal Presidente dell’Alta Corte costituzionale».

MORTATI, premesso che la proposta dell’onorevole Nobile si deve inquadrare in un sistema e non si può quindi apprezzare isolatamente, rileva come sia anzitutto necessario distinguere se si tratti di un Collegio con funzioni consultive o deliberative, pur riconoscendo che politicamente potrebbe esservi analogia fra i due casi. Fa presente che, evidentemente, il peso e la configurazione di quest’organo sarebbero diversi a seconda che i suoi pareri fossero o non fossero vincolanti; nel primo caso si tratterebbe di un organo deliberativo, ed allora tanto varrebbe fare il Capo dello Stato collegiale; per il caso, invece, che il Consiglio di Presidenza fosse soltanto consultivo, ricorda i precedenti avutisi proprio in Italia, specialmente nell’epoca in cui la reazione tendeva ad accentuare i poteri del Re di fronte al Parlamento, quando si parlò di un Consiglio della Corona che avrebbe dovuto assistere il Re ed aumentarne il prestigio e l’influenza di fronte al Parlamento; e rileva che il sistema ha l’inconveniente di frazionare le responsabilità ed impedire di determinare in modo sicuro a chi risalga la responsabilità di un atto, perché può accadere che il Presidente scarichi la responsabilità sul Consiglio o viceversa. Nega perciò che tale istituto permetta il raggiungimento di quei fini che l’onorevole Nobile si propone; né ritiene – come ha esattamente detto l’onorevole Tosato – che possa inquadrarsi bene in un sistema di Governo parlamentare.

Circa la sua composizione, rileva che, se fosse formato di elementi apolitici – che dovrebbero essere in una posizione non troppo legata a quella dei singoli partiti – si ripeterebbero le obiezioni relative alla volatilizzazione delle responsabilità; mentre, se fosse formato di esponenti di partiti, eletti proporzionalmente dalle Camere, si avrebbe un Parlamento in piccolo, che dovrebbe assistere il Presidente.

Si domanda poi, considerando le funzioni che dovrebbero essere attribuite a questo Consiglio, se sia opportuno vincolare, sia pure moralmente, il Presidente al giudizio di un organo formato dalle forze politiche predominanti nel Parlamento, le quali potrebbero anche non rispecchiare più la situazione politica del Paese, perché può farsi l’ipotesi che – trascorso qualche anno dalle ultime elezioni – il sentimento nel popolo non corrisponda più all’orientamento delle Camere. Il Presidente ha una precipua funzione, che è quella di interpellare il popolo nelle occasioni più gravi, circa il mantenimento di un determinato indirizzo, per constatare appunto se fra popolo e Parlamento esista ancora quella corrispondenza che è alla base del regime rappresentativo. Vincolandolo in questa sua funzione equilibratrice, si altererebbe la fisionomia del Capo dello Stato.

È perciò contrario alla proposta dell’onorevole Nobile ed aggiunge che, in tempi normali, l’organo naturale di consultazione del Presidente della Repubblica sarà il Governo, che rispecchia la maggioranza del Parlamento.

TOSATO, Relatore, si rende conto delle preoccupazioni dell’onorevole Grieco che anch’egli condivide; ma – dopo aver ricordato che i due atti più importanti del Presidente sono la nomina dei Ministri e lo scioglimento delle Camere – fa presente che, per quanto riguarda il primo, il Presidente è politicamente vincolato alle consultazioni che gli danno modo di sentire il parere di un numero di persone maggiore di quello che potrebbe essere quello dei componenti il Consiglio, mentre, per ciò che si riferisce al secondo, il progetto prevede che debba sentire il parere dei Presidenti delle due Camere.

ROSSI PAOLO non nasconde la perplessità sua e dei colleghi del suo gruppo di fronte ad una risposta che, per il fatto di essere nuova, non è stata ancora studiata. Aggiunge che, se da un lato la costituzione di tale Consiglio, eletto contemporaneamente al Presidente, può far sorgere il timore che quest’ultimo si senta vincolato nelle sue decisioni dal parere di un organo che cristallizza la situazione di un determinato momento politico, dall’altro il parere dell’organo naturale di consultazione del Capo dello Stato, cioè il Presidente del Consiglio, verrebbe a mancare proprio nel momento più delicato, quando cioè si trattasse di scegliere il nuovo Capo del Governo.

Domanda che l’esame della proposta sia rinviato, al fine di renderne possibile uno studio più approfondito.

PRESIDENTE dichiara di essere, in linea pregiudiziale, favorevole alla proposta di sospensiva fatta dall’onorevole Rossi.

Quanto al merito, ritiene opportuna la costituzione di questo Consiglio, che però non chiamerebbe «di Presidenza», perché pensa che tale denominazione potrebbe, anche nella forma, dare l’impressione di non trovarsi più di fronte ad un sistema parlamentare, bensì ad un sistema direttoriale.

Pensa che – contrariamente a quanto ha detto l’onorevole Tosato – l’autorità del Presidente sia rinvigorita dal fatto di avere un parere (che, a suo avviso, dovrebbe essere non vincolante) da un organo a lui posto a fianco: perché, sia che tale parere concordi col suo punto di vista, sia che possa essere con esso contrastante, risulterà ben chiaro che colui il quale assume la responsabilità dell’atto è sempre il Capo dello Stato; né pensa sia giustificata – per il rispetto verso coloro che ricopriranno tale alta carica – la preoccupazione della trasformazione del parere da consultivo in vincolativo.

Quanto alla composizione del Consiglio, è del parere che alcuni membri debbano farne parte per le cariche che rivestono o che hanno rivestito; cioè, come propone l’onorevole Conti, i Presidenti delle due Camere ed il Presidente della Corte costituzionale; e che altri debbano essere elettivi, così come si propone per il Consiglio supremo della Magistratura. È, in ogni modo, del parere che il fatto che non sia possibile costituire questo Consiglio nella forma apolitica, accennata dall’onorevole Mortati, non deve diminuire il valore, né far dimenticare la necessità di tale istituto.

A differenza di quanto pensa l’onorevole Grieco, è del parere che questo istituto debba avere carattere permanente; altrimenti dubiterebbe dell’opportunità di inserirlo nella Costituzione.

Quanto alle considerazioni fatte dall’onorevole Lussu, dichiara subito di ritenerle tutte errate. Non vede anzitutto perché l’accoglimento della proposta dell’onorevole Nobile dovrebbe necessariamente portare una revisione di tutto quanto è stato finora deciso; osserva anzi che è proprio questa la sede opportuna per affrontare la questione.

Rileva poi come l’onorevole Lussu non abbia afferrato il meccanismo del sistema sovietico ed il valore del Praesidium, quando ha osservato che questo si innesta in un sistema strettamente autoritario che lo giustifica, e che l’autoritarietà del sistema sovietico è tutta congegnata sulla base del sistema di una rete di controlli, che tengono sotto di sé tutta l’Amministrazione. Osserva, anzi, che il fatto che il Capo dello Stato sia subordinato ad un organo collettivo sta a sminuire la dittatura, ammesso che esista; e che il sistema del controllo è la negazione del sistema autoritario, perché dove si trovano organismi di carattere collettivo, là si può affermare che ogni elemento di autoritarietà va scomparendo.

Né ritiene che il Consiglio Supremo della Repubblica possa essere paragonato al gran consiglio del fascismo, perché, mentre quest’ultimo era un organo dell’unico partito ammesso, inserito nella struttura dello Stato per consolidare e difendere il potere e l’autorità di Mussolini, il Consiglio della Repubblica porterà in sé il riflesso della variazione delle posizioni dei vari partiti, né potrà mirare a consolidare la posizione del Presidente che, in forza della Costituzione, dura in carica sette anni e non è rieleggibile.

NOBILE ritiene anzitutto che non si possa affermare, come hanno fatto gli onorevoli Mortati e Tosato, che la creazione di questo nuovo organo verrebbe a diminuire la responsabilità del Presidente, dal momento che l’articolo 16 del progetto esclude la responsabilità del Presidente per gli atti compiuti durante l’esercizio delle sue funzioni.

MORTATI fa presente di aver alluso alla responsabilità politica.

NOBILE, quanto poi all’osservazione che non occorre istituire tale Consiglio perché, in occasione di crisi ministeriali, il Capo dello Stato si potrà consultare con le personalità più in vista, osserva che tali crisi potrebbero avviarsi ad una più rapida soluzione, se questa consultazione avesse luogo non singolarmente, ma in forma collegiale.

Lascia alla Sezione il compito di decidere se debba essere consultivo o vincolante il parere del Consiglio, e ritiene che stabilire l’obbligo da parte del Presidente della Repubblica di sentire il parere di quest’organo in determinati casi e su determinati argomenti possa veramente costituire un elemento salutare per il Paese.

TOSATO, Relatore, osserva che l’accoglimento della proposta sospensiva fatta dall’onorevole Rossi metterebbe praticamente la Sezione nell’impossibilità di continuare i propri lavori.

D’altra parte, rileva che l’istituzione di un Consiglio della Repubblica, anche in forma attenuata, modificherebbe sostanzialmente tutto il sistema del Governo parlamentare, perché porrebbe questo nuovo elemento, sia pure consultivo, come un diaframma tra Presidente della Repubblica e Governo, con continua possibilità di conflitti.

Fa inoltre presente che l’accoglimento di una tale proposta sarebbe contrario alla deliberazione della Sottocommissione, la quale si è pronunciata favorevolmente all’adozione del Governo parlamentare con gli opportuni accorgimenti allo scopo di stabilizzare il Governo.

LA ROCCA, Relatore, osserva che, rinviando la discussione su questo argomento, potrebbe anche prendersi in considerazione un altro problema importante – sul quale il Consiglio della Repubblica dovrebbe dare il proprio parere – che non è stato considerato nel progetto: la proclamazione dello stato d’assedio.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta fatta dall’onorevole Rossi di sospendere ogni decisione circa la proposta Nobile, per dar modo ai Commissari di esaminarla ponderatamente.

(Non è approvata).

Mette ai voti il principio che si debba costituire a fianco del Capo dello Stato un Consiglio della Repubblica, salvo a definirne in seguito il modo di costituzione ed i compiti specifici.

ROSSI PAOLO, anche a nome dei colleghi del suo gruppo, dichiara di astenersi.

LA ROCCA, Relatore, è favorevole, perché ritiene che l’istituzione del Consiglio della Repubblica non alteri né deformi in alcun modo il sistema parlamentare, ma costituisca anzi una garanzia per il buon funzionamento del sistema stesso.

(Non è approvato).

BORDON, ritornando sull’articolo 4, concernente la durata in carica del Presidente, prospetta l’opportunità di fissare tale durata in cinque anni, per uniformarla a quanto è stato deciso nella precedente seduta per i membri delle due Camere, la cui durata in carica è stata ridotta da 6 a 5 anni.

TOSATO, Relatore, non ritiene conforme al sistema del Governo parlamentare stabilire un’eguale durata per tutti gli organi supremi costituzionali, specialmente per quanto riguarda il Presidente della Repubblica, che deve rappresentare un elemento di continuità e di stabilità nella vita dello Stato. Per tale motivo dichiara di essere contrario alla proposta fatta dall’onorevole Bordon e di essere disposto, in linea subordinata, ad accettare l’eventuale riduzione della durata in carica del Presidente della Repubblica da 7 a 6 anni.

PRESIDENTE pone in votazione la questione pregiudiziale, che cioè sia opportuno modificare il periodo di durata in carica del Presidente della Repubblica, già fissato in 7 anni.

(Non è approvata).

Fa presente ora l’opportunità di risolvere la questione, rimasta in sospeso, a proposito degli articoli 6 e 7; cioè se, in caso di vacanza o di temporaneo impedimento, l’esercizio delle funzioni presidenziali debba essere esercitata dal Presidente dell’Assemblea Nazionale o, come propone l’onorevole Mortati, dal primo Ministro.

Pone ai voti la proposta di demandare le funzioni del Presidente della Repubblica al Primo Ministro.

(Non è approvata).

Mette in votazione la proposta di affidare le funzioni del Presidente della Repubblica al Presidente dell’Assemblea Nazionale.

(È approvata).

Fa presente che, di conseguenza, la formulazione dell’articolo 6 rimarrà invariata, mentre quella dell’articolo 7 sarà così modificata:

«In caso di impedimento temporaneo, il Presidente della Repubblica è supplito nell’esercizio delle sue funzioni dal Presidente dell’Assemblea Nazionale».

(Così rimane stabilito).

Apre la discussione sull’articolo 8 del progetto:

«Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e lo rappresenta».

Poiché nessuno chiede di parlare, lo pone ai voti.

(È approvato).

NOBILE fa presente l’opportunità, sotto il profilo logico, di esaminare ora l’articolo 18, concernente l’assegno e la dotazione del Presidente della Repubblica.

PRESIDENTE concorda ed apre la discussione sull’articolo 18 del progetto:

«L’assegno e la dotazione del Presidente della Repubblica sono determinati per legge».

Poiché nessuno chiede di parlare, lo pone ai voti.

(È approvato).

Apre quindi la discussione sull’articolo 9:

«Il Presidente della Repubblica promulga le leggi, emana i decreti legislativi nei limiti della legge di delegazione, e, previo parere del Consiglio di Stato, i regolamenti esecutivi.

«Quando la legge lo consenta, emana anche regolamenti autonomi per la disciplina dei poteri discrezionali della pubblica amministrazione».

TOSATO, Relatore, chiede che venga lasciata in sospeso la questione relativa al parere preventivo del Consiglio di Stato.

MORTATI osserva, dal punto di vista formale, che i due commi potrebbero essere fusi in uno.

PRESIDENTE concorda sulle osservazioni fatte dagli onorevoli Tosato e Mortati. Con tali riserve pone ai voti il testo dell’articolo 9.

(È approvato).

Apre quindi la discussione sull’articolo 10:

«Il Presidente della Repubblica ratifica i trattati internazionali, previa autorizzazione delle Camere.

«I trattati segreti sono nulli».

EINAUDI ricorda quanto si verifica negli Stati Uniti, in cui alcuni trattati internazionali, che non sono presentati al Senato dal Presidente della Repubblica per evitare la difficoltà della ratifica (che, secondo quella Costituzione, deve essere data dal Senato), assumono la forma di convenzioni o di accordi internazionali, per i quali tale ratifica non è richiesta. Domanda se tale eventualità sia stata prevista.

TOSATO, Relatore, fa presente che la formula «trattati internazionali» è così vasta da comprendere qualsiasi atto internazionale; riconosce però che una disposizione di carattere generale potrebbe determinare delle difficoltà, specie quando si trattasse di modificare o integrare le clausole di certi trattati internazionali attinenti ad accordi economici (di pagamento), rispetto ai quali il ritardo della ratifica potrebbe essere pregiudizievole. Appunto per evitare tale inconveniente, l’onorevole Perassi aveva proposto una formula molto ampia, contenente un’elencazione dei trattati internazionali soggetti alla procedura indicata nell’articolo, senza sottoporre indistintamente tutti i trattati ad autorizzazione preventiva.

È del parere che frattanto si possa dare il proprio parere circa l’opportunità o meno di indicare nella Costituzione per quali specie di trattati debba essere richiesta l’autorizzazione preventiva, facendo notare che si parla di «autorizzazione» e non di «approvazione», appunto per escludere la possibilità di ratificare un trattato e di sottoporlo successivamente all’approvazione delle Camere.

PRESIDENTE ritiene che il Presidente della Repubblica dovrebbe ratificare tutti gli atti internazionali, previa autorizzazione della Camera.

TOSATO, Relatore, ripete che ciò creerebbe delle difficoltà, quando si trattasse di approvare trattati di scarsa portata politica, ma dei quali fosse necessaria l’esecuzione immediata. È appunto per evitare tale difficoltà che in America si segue il sistema dianzi accennato dall’onorevole Einaudi.

Quanto alla formula dell’onorevole Perassi, fa presente che essa era costituita da un’elencazione dei trattati da sottoporre, prima della ratifica, all’approvazione delle Camere, così ampia da soddisfare in pieno l’esigenza del controllo delle Camere sull’attività internazionale, tralasciando quei trattati di scarsa portata politica dei quali ha parlato poc’anzi.

EINAUDI fa presente che il commercio internazionale non potrebbe sussistere, se si dovessero sottoporre alle due Camere gli accordi internazionali di pagamenti, sui quali devono essere apportate delle variazioni, qualche volta, da un giorno all’altro.

PRESIDENTE invita l’onorevole Tosato a dar lettura della proposta dell’onorevole Perassi. Osserva però che, anche facendo un’elencazione, non si eviterà l’eventualità che degli atti importanti sfuggano, perché classificati sotto un altro titolo.

TOSATO, Relatore, non è in possesso in questo momento della formula Perassi, della quale si ripromette di dare comunicazione nella prossima seduta.

Quanto al secondo comma, osserva che tale norma ha efficacia puramente interna e non impegna la responsabilità degli organi dello Stato, mentre dal punto di vista internazionale la questione rimane aperta, perché un trattato può essere valido rispetto agli altri Stati e non valido a norma del diritto interno dello Stato.

NOBILE è del parere di sopprimere la formula o di adottare una dizione dalla quale risulti chiaramente che non sono consentiti trattati segreti. Sarà infatti sempre possibile al Capo dello Stato rifiutarsi di firmare un trattato, se si stabilirà nella Costituzione una norma che non gli dia facoltà di firmarlo.

TOSATO, Relatore, rileva che il divieto è già implicito nella dizione del primo comma, dal quale si desume che un trattato, per il quale non esista la preventiva autorizzazione delle Camere, non può considerarsi esistente ai sensi del diritto interno; quindi il secondo comma non fa altro che accentuare tale divieto.

LA ROCCA, Relatore, prospetta l’opportunità che, in sede di organizzazione del potere legislativo, si stabilisca che le due Camere devono autorizzare la ratifica dei trattati internazionali.

PRESIDENTE invita l’onorevole La Rocca a presentare questa proposta in sede opportuna.

LUSSU rileva che il pericolo da evitare è che i trattati – come spesso si verificava in passato – siano resi definitivi, senza che i rappresentanti della Nazione ne vengano informati.

GRIECO si dichiara d’accordo, in linea di principio, con l’onorevole Tosato, ma si domanda se sia opportuno precludere in senso assoluto la possibilità al Governo di stipulare trattati segreti, i quali potrebbero contenere delle condizioni vantaggiose per il nostro Paese.

TOSATO, Relatore, fa presente che ora si tratta di decidere se sia miglior partito quello di seguire la tendenza che riconosce l’utilità dei trattati segreti o l’altra che li ritiene dannosi.

PRESIDENTE osserva che il secondo comma è una conseguenza del primo. Aggiunge che, a suo avviso, anche i trattati segreti, prima di essere ratificati dal Presidente della Repubblica, dovranno essere sottoposti alle Camere per la concessione dell’autorizzazione.

TOSATO, Relatore, ricorda la formula della Costituzione spagnola («I trattati segreti non impegnano lo Stato»), la quale potrebbe rispondere ai desideri dell’onorevole Grieco.

PRESIDENTE, più che dichiarare nulli i trattati internazionali segreti, crede sarebbe opportuno stabilire, come propone l’onorevole Nobile, che questi non debbano stipularsi, se tutti sono d’accordo che i trattati segreti sono da considerare dannosi. In tal modo, non essendo permessa la stipulazione di trattati segreti, mancherebbe la controparte e quindi non entrerebbe nemmeno in funzione quella norma di diritto internazionale per cui un trattato diviene vincolante anche se una delle parti contraenti si rifiuti di rispettarlo.

Aggiunge che, se si entrasse in quest’ordine di idee, la disposizione relativa, concepita in termini generici, potrebbe trovar posto in un altro punto della Costituzione: o dove si parla del Governo, o, meglio, nel preambolo.

LUSSU fa presenti le ragioni che rendono necessario condurre in forma segreta le trattative per la conclusione di un accordo internazionale: ed aggiunge che la garanzia è costituita dall’avere stabilito che la ratifica da parte del Presidente della Repubblica – necessaria per rendere valido il trattato – deve essere autorizzata dal Parlamento. Si dichiara perciò favorevole alla soppressione del secondo comma dell’articolo 10.

MORTATI osserva che è opportuno che la Sezione non addivenga ad una decisione circa la sorte del secondo comma, se prima non si sarà pronunciata sul primo comma, dal quale il secondo discende.

Dopo aver rilevato che il primo comma tende non a dichiarare nulli, ma ad impedire la stipulazione di trattati segreti, osserva che lo stabilire una tale forma unilateralmente porrebbe lo Stato italiano in una condizione di inferiorità rispetto alle altre Nazioni.

GRIECO crede che, tutto considerato, la soluzione migliore sia quella di indicare quali trattati (e l’indicazione dovrebbe essere limitata alle voci più importanti) devono essere sottoposti alla firma del Presidente solo previa autorizzazione delle Camere.

PRESIDENTE si dichiara favorevole all’introduzione nella Carta costituzionale della norma che richiede per la ratifica dei trattati internazionali la preventiva autorizzazione delle Camere, perché è appunto dalle norme introdotte nelle singole legislazioni che trovano la loro origine le norme di diritto internazionale. Aggiunge che una disposizione del genere è impegnativa per gli uomini politici italiani, i quali potranno anche violarla, assumendone la responsabilità, per il bene superiore del Paese.

FABBRI ricorda che tutti i trattati internazionali stipulati dagli Stati aderenti al patto della Società delle Nazioni non avrebbero dovuto aver valore, se non registrati a Ginevra; ma tale principio è stato però pregiudicato dalla fine della Società delle Nazioni.

PRESIDENTE risponde che l’esperimento non diede buoni risultati, perché fu fatto quando non si era creata una consuetudine di registrazione.

Crede che, in attesa della formula dell’onorevole Perassi, che sarà comunicata dall’onorevole Tosato nella prossima seduta, sia opportuno sospendere ogni decisione sul primo comma di questo articolo.

FABBRI dichiara, per il caso che il secondo comma non sia soppresso, di essere favorevole alla proposta dell’onorevole Nobile, la quale, stabilendo che i trattati segreti sono vietati, implica la responsabilità di chi firma.

GRIECO domanda se nella parola «trattati» si debbano comprendere anche le annessioni e gli scambi diretti.

PRESIDENTE propone la dizione più comprensiva: «Ogni impegno internazionale di carattere segreto è proibito».

LUSSU è contrario a questa formulazione.

NOBILE vi è invece favorevole.

CO DACCI PISANELLI vi è contrario, specialmente in considerazione del fatto che i trattati militari internazionali devono per necessità di cose essere segreti.

MORTATI è anch’egli contrario.

PRESIDENTE pone ai voti la seguente formulazione del secondo comma:

«Ogni impegno internazionale di carattere segreto è proibito».

(Non è approvata).

Mette ai voti la soppressione del secondo comma.

TOSATO, Relatore, dichiara di essere favorevole alla soppressione.

(È approvata).

PRESIDENTE apre la discussione sull’articolo 11:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra deliberata dall’Assemblea Nazionale».

MORTATI è del parere che si possa sopprimere la seconda parte dell’articolo, poiché in materia di potere legislativo si è già stabilito di affidare la deliberazione della guerra all’Assemblea Nazionale.

NOBILE propone la soppressione dell’intero articolo, in quanto ora si usa cominciare la guerra prima di dichiararla. Concederebbe al Capo dello Stato le facoltà di fare la mobilitazione generale e di dichiarare lo stato di guerra.

PRESIDENTE, premesso che allora bisognerebbe analogamente sopprimere anche l’articolo che affida all’Assemblea Nazionale la deliberazione della guerra, osserva che, con la richiesta della dichiarazione solenne da parte dell’Assemblea Nazionale, si vuole eliminare l’eventualità di una guerra di aggressione.

TOSATO, Relatore, ricorda che nei primi articoli della Costituzione esiste una disposizione nel senso di vietare qualsiasi guerra di aggressione; è evidente quindi la necessità e l’opportunità di stabilire in quali forme costituzionali una dichiarazione di guerra debba essere fatta.

VANONI osserva all’onorevole Nobile che si può anche ammettere che la guerra possa cominciare prima della dichiarazione ufficiale; ma è necessario che, magari successivamente, si emani un atto che serva a chiarire la situazione.

GRIECO propone la seguente dizione:

«Il Presidente della Repubblica proclama lo stato di guerra, quando lo esiga la difesa dell’indipendenza e dell’integrità territoriale del Paese».

PRESIDENTE trova che la formula proposta dall’onorevole Grieco comprende due ipotesi: quella della dichiarazione di guerra e quella del pericolo di un’aggressione al territorio nazionale. Osserva che, in questo secondo caso, la proclamazione dello stato di guerra come atto interno di allarme non si identifica con la vera e propria dichiarazione di guerra, ma rappresenta una nuova facoltà data al Presidente della Repubblica, sulla cui concessione egli potrebbe anche essere d’accordo.

GRIECO precisa che con la frase «proclama lo stato di guerra» intende comprendere, senza bisogno di ulteriori specificazioni, anche la dichiarazione della guerra.

ROSSI PAOLO adotterebbe la seguente formula:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra deliberata dall’Assemblea Nazionale per la difesa dell’integrità e dell’indipendenza del territorio nazionale».

VANONI, premesso che attualmente si va verso una forma di organizzazione internazionale più vincolante per gli Stati, in relazione alla quale sarà ammissibile fare la guerra non per l’interesse particolare di una Nazione, ma per l’interesse generale della pace, osserva che, se si approvasse l’articolo proposto dall’onorevole Grieco, evidentemente si escluderebbe la possibilità di una guerra determinata da obblighi internazionali, così come avrebbe potuto aver luogo se il patto della Società delle Nazioni avesse avuta efficacia concreta, o come avrà luogo in futuro, se sarà portata a compimento l’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Prospetta quindi l’opportunità – considerando la questione sotto questo profilo – di ritenere sufficiente l’impegno formale contenuto nella prima parte della Costituzione di non ricorrere a guerre di aggressione.

NOBILE osserva all’onorevole Vanoni che, il giorno in cui sarà ammessa nell’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’Italia sarà tenuta a mettere a disposizione del Comando di Stato Maggiore dell’O.N.U. i contingenti che le saranno richiesti; ma la guerra non la farà l’Italia, bensì l’Organizzazione delle Nazioni Unite.

TOSATO, Relatore, replica che l’Organizzazione delle Nazioni Unite non è una persona giuridica che possa dichiarare la guerra a suo piacere, ma è costituita da tutte le Nazioni che ne fanno parte e che non sono da essa assorbite.

ROSSI PAOLO non vede la necessità di considerare in una norma della Costituzione la deliberazione di una guerra, che è un atto che può essere considerato una legge; e come tale può seguire il corso stabilito appunto per i provvedimenti legislativi.

FABBRI è favorevole alla formula del progetto, la quale si limita a prevedere – e appunto questo deve essere indicato nella Costituzione – l’organo competente a dichiarare la guerra, secondo il diritto delle genti.

NOBILE, rispondendo all’onorevole Tosato, dichiara di non essere persuaso che l’Organizzazione delle Nazioni Unite non abbia una personalità giuridica, in quanto trattasi di un’associazione in cui vi è una maggioranza che s’impone alla minoranza del Consiglio di sicurezza, alla cui decisione di portare la guerra contro un determinato Paese tutte le Nazioni aderenti sono vincolate ad obbedire.

PRESIDENTE riconosce che ogni Stato sarà tenuto ad adempiere quanto stabilito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, ma baserà la sua azione sulle forme stabilite dalle sue leggi, convocando, cioè, nelle forme previste dalle leggi interne i propri organi competenti ed adottando rapidamente le decisioni necessarie. Così, ad esempio, l’Italia dovrà fare approvare dal Parlamento una legge con cui il Governo sarà autorizzato alla spesa necessaria per fornire i contingenti richiesti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Domanda all’onorevole Nobile se propone una formula.

NOBILE dichiara di aderire alla formula dell’onorevole Grieco.

TOSATO, Relatore, fa presente che il momento della deliberazione della guerra sta a quello della dichiarazione come l’approvazione della legge sta alla promulgazione.

CODACCI PISANELLI spiega che, mentre dal punto di vista del diritto interno la deliberazione dell’Assemblea Nazionale è quella che decide la guerra, dal punto di vista internazionale la deliberazione delle Assemblee legislative non ha valore, non essendo questi organi di diritto internazionale e non avendo quindi la capacità di rappresentare l’Italia. Di qui la necessità che la guerra sia dichiarata dal solo organo capace di rappresentare la Nazione, cioè dal Presidente della Repubblica.,

BORDON riconosce l’opportunità di esaminare a fondo un problema di tale importanza e propone di modificare la formula del Relatore Tosato, la quale non lo soddisfa, nel titolo seguente:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra nei casi e nei modi previsti dalla Costituzione».

LA ROCCA, Relatore, desidera si affermi il concetto che, mentre finora la dichiarazione di guerra era una prerogativa esclusiva del Capo del potere esecutivo, oggi questo diritto deve trasferirsi negli organi che esprimono la volontà popolare; ma poiché il Parlamento, dal punto di vista giuridico, non può dichiarare la guerra, e si è accettato il concetto che il Presidente della Repubblica rappresenta lo Stato, non può essere altri che questi a dichiarare la guerra, facendosi portavoce della volontà popolare che già si è espressa attraverso il voto dell’Assemblea Nazionale. Sarebbe però necessario che dalla Costituzione risultasse ben chiaro che tale dichiarazione deve aver luogo «dopo che l’Assemblea Nazionale ha deliberato».

VANONI propone la seguente formula che, a suo giudizio, tiene conto dell’esigenza formale che la guerra sia stata già deliberata dall’Assemblea Nazionale, e di quella sostanziale che la guerra possa essere dichiarata soltanto quando ricorrano le ipotesi previste in uno dei primi articoli della Costituzione:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra nei limiti previsti dalla Costituzione».

FABBRI preferirebbe la seguente formula:

«Il Presidente della Repubblica promulga e notifica la guerra dichiarata dall’Assemblea Nazionale».

Avverte che la parola «promulga» si riferisce agli effetti interni, mentre la parola «notifica» si riferisce agli effetti internazionali.

PRESIDENTE direbbe soltanto: «Il Presidente della Repubblica notifica la guerra dichiarata dall’Assemblea Nazionale», o anche: «proclama la guerra, allorché sia stata dichiarata dall’Assemblea Nazionale».

NOBILE insiste nella sua proposta di parlare di «stato di guerra».

PRESIDENTE fa notare che lo stato di guerra è un’ipotesi differente da quella della guerra e che quindi, regolata la prima, dovrà poi risolversi la seconda.

FABBRI modifica la sua formula nei seguenti termini:

«La dichiarazione di. guerra, deliberata dall’Assemblea Nazionale, è fatta dal Presidente della Repubblica».

PRESIDENTE fa notare che, in correlazione con gli articoli precedenti, è opportuno che il Presidente sia il soggetto dell’articolo.

Mette ai voti la proposta formulata dall’onorevole Grieco:

«Il Presidente della Repubblica proclama lo stato di guerra, quando lo esiga la difesa dell’indipendenza e dell’integrità territoriale del Paese».

(Non è approvata).

Fa presente che dovrebbe ora essere messa ai voti la proposta dell’onorevole Nobile, la quale fa egualmente cenno allo stato di guerra.

NOBILE dichiara di non insistervi.

PRESIDENTE dovrebbe allora mettere ai voti la proposta dell’onorevole Bordon.

BORDON ritira il suo emendamento.

PRESIDENTE ritiene allora che la formula definitiva potrebbe essere la seguente:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra, allorché sia stata deliberata dall’Assemblea Nazionale».

VANONI sostituirebbe la parola «allorché» con l’altra «quando».

PRESIDENTE mette ai voti la formula:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra, quando sia stata deliberata dall’Assemblea Nazionale».

(È approvata).

La seduta termina alle 13.30.

Erano presenti: Bordon, Codacci Pisanelli, De Michele, Einaudi, Fabbri, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Grieco, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mortati, Nobile, Rossi Paolo, Terracini, Tosato, Vanoni.

Assenti: Cannizzo, Perassi, Piccioni, Zuccarini.