ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
SECONDA SOTTOCOMMISSIONE
17.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 19 SETTEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Organizzazione costituzionale dello Stato (Seguito della discussione)
Presidente – La Rocca – Mortati, Relatore – Grieco – Ambrosini – Conti, Relatore – Di Giovanni – Lusso – Leone Giovanni – Bozzi – Bulloni – Nobile – Uberti – Codacci Pisanelli – Tosato – Perassi – Fabbri – Mannironi – Ravagnan – Lami Starnuti – Calamandrei.
La seduta comincia alle 8.15.
Seguito della discussione sull’ordinamento costituzionale dello Stato.
PRESIDENTE ricorda che la Sottocommissione nella seduta odierna è chiamata ad esaminare la questione della verifica dei poteri presso la Camera. Il relatore onorevole Mortati ha predisposto il seguente articolo:
«Presso la Camera dei Deputati è istituito un tribunale per la verifica delle elezioni. Esso è composto da cinque membri, che rimangono in carica per la durata della legislatura, designati uno per ciascuno dai cinque Uffici parlamentari che hanno il maggior numero di membri scelti fuori del proprio seno, da cinque consiglieri di Stato scelti a sorte (oppure su votazione del Consiglio in assemblea plenaria) e presieduto dal Presidente della Corte di cassazione.
«Le decisioni sono prese a maggioranza con la procedura che sarà fissata da apposita legge».
Nota che la proposta mira a sovvertire radicalmente una vecchia tradizione in materia, poiché in generale le assemblee rappresentative hanno sempre preferito avocare a se stesse la verifica dei poteri dei propri membri.
L’altro relatore, onorevole Conti, ha invece proposto la seguente formula:
«La Camera verifica la validità dell’elezione dei deputati».
BULLONI è contrario alla proposta dell’onorevole Mortati, sia perché la verifica dei poteri è stata sempre una peculiare prerogativa di ogni Assemblea legislativa, sia perché l’intervento dei consiglieri di Stato e del Presidente della Corte di cassazione in tale campo diminuirebbe il prestigio della Camera, quasi che essa non fosse capace di esprimere dal proprio seno un organo giurisdizionale competente, serio e superiore ad ogni sospetto.
Per tali considerazioni accetta invece la formula proposta dall’onorevole Conti, salva la sostituzione della parola «giudica» alla parola «verifica».
LA ROCCA è decisamente contrario alla proposta dell’onorevole Mortati per le stesse ragioni esposte dal precedente oratore.
MORTATI Relatore, chiarisce che la sua proposta muove soprattutto dalla esigenza della tutela delle minoranze da ogni possibile ingiustizia commessa a loro danno dalla maggioranza. Il sistema da lui proposto di accertamento giudiziario delle contestazioni in materia di elezioni è usato in Inghilterra, paese classico delle immunità parlamentari, ed è in relazione al principio che l’accertamento della regolarità delle elezioni è per sua natura intrinsecamente giurisdizionale.
Nell’altro dopo guerra molte nazioni europee hanno imitato l’esempio inglese che in passato era rimasto isolato o quasi: così oggi si ha una serie numerosa di Costituzioni che hanno fatto ricorso a tale istituto extra-parlamentare o, per dir meglio, para-parlamentare.
GRIECO ritiene che l’esperienza fatta in Italia con la Giunta delle elezioni non sia tale da consigliare di modificarne la forma e le funzioni. Ha avuto occasione di parlare sull’argomento con vecchi parlamentari: tutti hanno affermato che la Giunta delle elezioni ha sempre svolto il suo compito col più scrupoloso e disinteressato zelo. L’argomento della tutela delle minoranze non regge, perché nella Giunta delle elezioni le minoranze hanno avuto sempre una rappresentanza. Non è necessario, quindi, che tale organo sia soppresso: tutt’al più dovrebbe vedere accresciuti i suoi diritti di iniziativa, dei quali di solito esso non si serve, perché le sue decisioni sono prese soltanto dietro reclamo.
AMBROSINI rileva che la questione non va impostata dal punto di vista del principio della sovranità dell’Assemblea, che è fuori discussione. Tale sovranità si esplica nell’attività legislativa e nella funzione di controllo sugli atti del potere esecutivo, che è propria di ogni Assemblea parlamentare. Qui invece si tratta soltanto di accertare se le operazioni elettorali si siano svolte in conformità della legge e se colui che è stato eletto deputato possegga tutti i requisiti richiesti.
È una questione quindi di accertamento giuridico. Ciò considerato, se si vuole valorizzare l’attività giurisdizionale, senza menomare nello stesso tempo l’autorità dell’Assemblea, non c’è ragione di preoccuparsi per una eventuale modificazione dell’ordinamento esistente in materia i di verifica dei poteri.
Non è quindi contrario a che il giudizio in questo campo sia deferito ad un organo costituito da esponenti del potere giurisdizionale, pur con una notevole rappresentanza di membri dell’Assemblea legislativa.
CONTI, Relatore, è contrario alla proposta Mortati perché, tra tante cose non buone del passato regime parlamentare, il funzionamento della Giunta delle elezioni è stato sempre quello che ha dato minor materia di doglianze da parte della pubblica opinione e dei deputati, avendo sempre funzionato con sufficiente serenità e avendovi le minoranze trovato sempre un assoluto rispetto.
DI GIOVANNI non è favorevole alla proposta Mortati e ritiene che le giustificazioni da lui esposte non siano sufficienti a fargli mutare parere circa l’opportunità di conservare intatto l’attuale ordinamento relativo alla verifica dei poteri.
Non crede neppure che sia opportuna la proposta fatta dall’onorevole Bulloni, di sostituire cioè la parola «giudica» alla parola «verifica», perché il caso in esame implica proprio un processo di verifica delle condizioni di eleggibilità e della validità delle votazioni elettorali.
LUSSU si associa alle considerazioni fatte dai precedenti oratori in opposizione alla proposta Mortati, e aggiunge che la nuova forma di controllo auspicata dall’onorevole Mortati servirebbe a rendere più complessa ed estesa la burocrazia giurisdizionale.
LEONE GIOVANNI dichiara di essere favorevole alla proposta dell’onorevole Mortati, richiamandosi a quanto ha giustamente osservato l’onorevole Ambrosini, che, cioè, non si tratta di limitare la sovranità dell’Assemblea legislativa, ma soltanto di risolvere un problema di carattere tecnico.
A suo avviso la Giunta delle elezioni non si può dire un organo esclusivamente giurisdizionale o parlamentare; il suo contenuto, infatti, è giurisdizionale, ma la sua disciplina non è tale. In ogni modo, non si può dubitare che, per verificare la validità delle elezioni, occorre spesso esaminare problemi di natura giuridica. Affinché un controllo di tale natura possa veramente aver luogo, il potere di effettuarlo dovrebbe essere affidato ad un organo giurisdizionale. Tutt’al più si potrebbe discutere della sua composizione, della proporzione, cioè, tra magistrati ed elementi parlamentari chiamati a costituirlo. A coloro che hanno mostrato di preoccuparsi della difesa delle prerogative della Camera, osserva che con la proposta dell’onorevole Mortati esse non sono diminuite; anzi la Camera, autolimitatosi in materia di verifica dei poteri, darebbe al Paese un grande esempio di serenità e di nobiltà di comportamento. Ciò che gioverebbe, non nuocerebbe al suo prestigio.
BOZZI è d’accordo sostanzialmente con l’onorevole Mortati per le ragioni esposte dall’onorevole Leone. Poiché si tratta di un’attività prettamente di carattere giurisdizionale, non vede perché tale attività non debba essere demandata ad un organo tecnicamente composto in modo tale da garantire il compiuto svolgimento delle sue funzioni.
Non contesta l’affermazione che la Giunta delle elezioni abbia finora funzionato bene, ma la vita parlamentare oggi si basa più che altro sulla rappresentanza dei partiti, sicché maggiormente si fa sentire la necessità di sottrarre la funzione squisitamente tecnica, giuridica e sostanzialmente giurisdizionale di verifica dei poteri all’eventuale influenza dei partiti stessi.
D’altra parte, come è stato giustamente rilevato dall’onorevole Ambrosini, il nuovo sistema non verrebbe a limitare la sovranità dell’Assemblea, in quanto ogni attività concernente la verifica dei poteri è anteriore alla regolare costituzione dell’Assemblea, da cui soltanto discende la sovranità di essa.
BULLONI fa rilevare che, con la proposta da lui fatta, l’attuale sistema di verifica dei poteri sarebbe sostanzialmente modificato. La Giunta delle elezioni, in altre parole, diventerebbe un organo giurisdizionale che emetterebbe sentenze e sarebbe chiamata a un senso di maggiore responsabilità, il che costituirebbe una più sicura garanzia per le minoranze.
NOBILE è contrario tanto alla proposta Mortati, quanto a quella Bulloni, visto che la Giunta delle elezioni ha sempre svolto i suoi compiti nel modo migliore.
UBERTI osserva che in realtà la Giunta delle elezioni non solo verifica, ma anche giudica, perché a volte funziona come organo di accertamento e altre volte, in sede di contestazione, come organo giurisdizionale.
GRIECO non trova giusta l’affermazione dell’onorevole Uberti, perché in definitiva la Giunta non fa che delle proposte, in merito alle quali è l’Assemblea che decide.
CONTI, Relatore, accetta la proposta dell’onorevole Bulloni di usare la parola «giudica», che gli sembra più adatta per un testo legislativo.
AMBROSINI è favorevole alla proposta dell’onorevole Bulloni, sul presupposto però che con essa si miri a fare della Giunta delle elezioni un organo giurisdizionale che decida in via definitiva, senza inviare proposte all’Assemblea.
PRESIDENTE esprime il suo pensiero personale.
Circa la valorizzazione, di cui si è parlato, dell’attività giurisdizionale, osserva che non è giustificato il proporsi tale scopo, almeno per ciò che riguarda la questione in esame.
La proposta fatta dall’onorevole Mortati sarebbe contraria all’esigenza che si è manifestata quasi generalmente, anche se non ha dato ancora i risultati auspicati, di limitare quanto più sia possibile l’istituzione di magistrature speciali.
A chi nega che una diminuzione della Camera deriverebbe dalla creazione del nuovo organo, osserva che sempre il togliere delle funzioni a un dato organo implica uno sminuirne l’autorità. Nel caso particolare lasciare alla Camera le attribuzioni in esame vorrebbe dire che nessuna autorità si pone al di sopra della Camera stessa, cioè al disopra della volontà degli elettori; e solo così il prestigio dell’Assemblea rimane intatto.
Riconosce che per i problemi esaminati dalla Giunta delle elezioni occorrono cognizioni di carattere giuridico, ma è appunto a tale scopo che i diversi gruppi parlamentari designano a far parte della Giunta deputati che abbiano la competenza necessaria, avvocati, professori di diritto o dottori in legge. In ogni modo gli interessati possono farsi assistere da legali.
Quanto alla tutela delle minoranze, su cui l’onorevole Mortati ha richiamato insistentemente l’attenzione, osserva che proprio nell’articolo da lui proposto è considerata una norma che sta ad indicare come di tale tutela egli si preoccupi sino ad un certo punto. Infatti, egli propone che i cinque deputati componenti il nuovo organo siano designati dai cinque gruppi che abbiano il maggior numero di membri, e quindi, in definitiva, da quei partiti che abbiano il maggior numero di rappresentanti, lasciando in disparte le minoranze che avrebbero bisogno di essere meglio tutelate.
Osserva infine che nel Parlamento italiano si è affermato un principio che, se non è codificato, ha non di meno un suo grande valore: il Parlamento si considera come una zona extra-territoriale; la Camera ha un’amministrazione sua e persino un suo piccolo governo interno, perché il Presidente emette autonomamente i suoi decreti. Il che sta a provare che la Camera ha una sovranità che non tollera neppure nelle cose di minore importanza una qualsiasi limitazione. Potrà trattarsi di una posizione di carattere simbolico; tuttavia essa significa che ogni intromissione, sia pure della magistratura, è da evitarsi.
Attraverso la Giunta delle elezioni, è ancora la massa dogli elettori che giudica la propria azione; quindi è proprio il principio della sovranità popolare che si afferma nuovamente nella verifica dei poteri.
Mette in votazione l’articolo proposto dall’onorevole Mortati.
(Non è approvato).
Mette in discussione la proposta dell’onorevole Bulloni di sostituzione della parola «giudica» alla parola «verifica», nell’articolo proposto dall’onorevole Conti.
CODACCI PISANELLI ritiene preferibile conservare il termine «verifica», per non pregiudicare la questione se si tratti o meno di svolgimento di un’attività giurisdizionale. Infatti, la Giunta deve accertare se esistono negli eletti determinati requisiti, ma per esplicare tale funzione non è necessario l’intervento dell’autorità giudiziaria. In altri casi essa sarà chiamata a decidere delle controversie; ma anche allora non è detto che si tratti di funzioni giurisdizionali. Vi sono infatti anche altri organi che, nell’esercizio delle loro funzioni, risolvono controversie, senza che si possa parlare per essi di un’attività giurisdizionale vera e propria.
BOZZI preferisce il termine «verifica», perché indica più particolarmente la funzione di accertamento che la Camera nel caso in esame è chiamata a svolgere. In ogni caso, se si volesse sostituire la parola «giudica», dovrebbe essere ben chiaro che è la Camera la quale giudica definitivamente in Assemblea plenaria e non la Giunta delle elezioni.
DI GIOVANNI osserva che, se si vuol porre in rilievo che la Camera è chiamata anche ad esprimere giudizi su eventuali contestazioni, si può adottare la formula: «La Camera verifica la validità delle elezioni dei deputati e giudica sulle eventuali contestazioni».
BULLONI fa osservare che il concetto accennato dall’onorevole Di Giovanni è compreso nella parola «giudica».
TOSATO propone di sostituire alla parola «verifica» la parola «accerta», per precisare che si tratta di un giudizio di accertamento.
AMBROSINI è favorevole al mantenimento della dizione tradizionale, a cui dovrebbero essere aggiunte, secondo la proposta Di Giovanni, le parole esplicative: «e giudica sulle eventuali contestazioni».
BULLONI ritiene pleonastico dire che la Camera giudica nei casi di contestazione: sarebbe meglio usare l’espressione «verifica e giudica la validità delle elezioni».
LEONE GIOVANNI osserva che, dal punto di vista giuridico, il verificare è una delle fasi dell’attività giurisdizionale. Tale fase è anteriore all’altra in cui si emette il giudizio sulle eventuali contestazioni. Secondo il suo avviso, quindi, il verificare ed il giudicare non sono che due momenti di un’unica funzione. In ogni modo, per l’esattezza della espressione, ritiene più opportuna e comprensiva la parola «giudicare».
PERASSI è del parere che sia più opportuno mantenersi aderenti alle disposizioni vigenti che rispondono meglio allo scopo. In esse è stabilito che soltanto le due Camere sono competenti a giudicare della validità dei titoli dei loro componenti. Propone quindi la seguente formulazione: «La Camera è sola competente a giudicare della validità delle elezioni dei propri membri», che dovrebbe poi essere adottata anche per la seconda Camera.
LUSSU, contrario per principio ad includere nella Costituzione anche una sola parola non necessaria, trova pleonastica nella formula dell’onorevole Perassi la parola «sola».
PRESIDENTE mette ai voti la dizione proposta dall’onorevole Perassi, avvertendo che, ove questa sia approvata, tutte le altre proposte dovranno considerarsi assorbite.
(È approvata).
MORTATI, Relatore, fa presente che in sede di verifica dei poteri possono a volte essere accertate irregolarità che, pur essendo gravi, non sono tali però da provocare l’invalidazione di tutta l’elezione, ma pongono in cattiva luce colui che, in particolare, si è reso responsabile di questi fatti. Si domanda pertanto se in questi casi, in cui non si giunge all’estremo dell’invalidazione di tutta l’elezione, non sia opportuno dichiarare invalidata l’elezione del singolo che si è reso responsabile del fatto accertato.
PRESIDENTE osserva che nel caso accennato dall’onorevole Mortati, l’incertezza di quegli elementi, che in materia di regolarità dovrebbero portare all’invalidazione delle elezioni, potrebbe provocare un giudizio arbitrario dell’Assemblea. D’altra parte, di fronte a casi del genere, qualora fossero gravi, si avrebbe indubbiamente nel Paese un movimento dell’opinione pubblica per cui si potrebbe pervenire allo stesso risultato previsto dall’onorevole Mortati. Per queste considerazioni ritiene sia meglio non prendere alcuna decisione al riguardo.
Avverte che l’onorevole Mortati ha fatto un’altra proposta tendente all’inclusione, nella nuova carta statutaria, di un articolo così concepito: «Al momento di assumere l’esercizio delle loro funzioni i deputati presteranno giuramento di fedeltà alla Costituzione repubblicana e di coscienzioso adempimento dei propri doveri».
CONTI, Relatore, dichiara di esservi contrario.
FABBRI domanda se non sia possibile escogitare una formula un po’ più lata, alla quale possano aderire anche i deputati che appartengano ai partiti di opposizione.
LEONE GIOVANNI è contrario alla formula del giuramento proposta, perché vincolerebbe la libertà dei deputati. Il giuramento di osservare la Costituzione potrebbe essere in aperto contrasto con il mandato di coloro che fossero eletti deputati per chiedere appunto la modifica della Costituzione stessa, il che non potrebbe essere impedito. Si può obiettare che la nuova Costituzione stabilirà una procedura speciale per la sua modifica; ma è da osservare che l’espressione: «giuramento di fedeltà alla Costituzione repubblicana» potrebbe essere interpretato nel senso che, finché non fosse approvata una nuova Costituzione, non si potrebbe far valere, attraverso il mandato parlamentare, l’intenzione di modificare quella in vigore.
LUSSU dichiara di appartenere a quel numero di persone, forse ingenue, che attribuiscono al giuramento un valore notevole. Il giuramento, se prestato come deve essere, è cosa estremamente seria, che impegna la moralità e l’azione del cittadino. Ricorda esempi nobilissimi di uomini politici che, nel passato, per non compiere un atto solenne contrario alla loro coscienza, rifiutarono il mandato di deputato. Altri invece, fra i quali egli stesso, preferirono giurare con riserva mentale, ritenendo più opportuno esercitare il mandato per il quale gli elettori li avevano eletti deputati.
PERASSI ricorda che questi fatti si verificarono in passato per la posizione assunta da coloro che in quell’epoca rappresentavano l’idea repubblicana. Per coerenza a tale idea, contraria al vincolo del giuramento per i deputati, dichiara che non è favorevole a che sia introdotto nella nuova Costituzione l’obbligo del giuramento.
FABBRI fa presente che è necessario tener conto della situazione del Paese, anche in ordine ai risultati del referendum istituzionale, e non si può quindi imporre l’obbligo del giuramento, che in molti casi rappresenterebbe una presumibile coercizione morale.
Se, tuttavia, la maggioranza dei presenti ritenesse indispensabile fissare nella Costituzione tale obbligo, esso dovrebbe essere limitato alla sola osservanza delle leggi.
NOBILE è del parere che l’obbligo del giuramento debba essere nettamente stabilito nella Costituzione, e non è d’accordo con quanto ha affermato l’onorevole Perassi a proposito dell’idea repubblicana: in passato la repubblica era soltanto una aspirazione al progresso; oggi che si è finalmente realizzata, concedere che non si giuri ad essa fedeltà sarebbe cosa del tutto assurda. Propone perciò la seguente disposizione: «I deputati giurano fedeltà alla Repubblica italiana e ogni riserva mentale viene considerata disonorevole».
GRIECO è favorevole all’obbligo del giuramento, che, se è un atto simbolico, ha pure un grande valore politico. Se dovranno giurare gli impiegati, i militari, i magistrati, ecc., dovranno farlo anche i deputati.
Perciò la questione va posta in relazione con le decisioni che saranno prese in altri campi.
CONTI, Relatore, precisa che è nettamente contrario al vincolo del giuramento, in quanto ritiene che il deputato debba avere la più ampia libertà di esercitare il mandato che gli è stato affidato dagli elettori. I casi presi in considerazione dall’onorevole Grieco non possono essere accomunati con la posizione del deputato, poiché in quelli c’è un rapporto di dipendenza, mentre lo stesso non si può dire per la carica di deputato. I deputati non sono dei funzionari che servono un dato regime, ma solo uomini che liberamente contribuiscono all’opera svolta dallo Stato con la loro cultura e la loro esperienza.
MORTATI, Relatore, osserva che la questione in esame è in relazione con altri problemi che non ancora sono stati risolti. In primo luogo, quando si parla di fedeltà alla Costituzione repubblicana, sorge il quesito se nella Costituzione debba oppur no introdursi un limite assoluto come quello accolto dalla Costituzione francese, cioè una norma precisa che vieti il cambiamento della forma dello Stato. Indubbiamente è un’assurdità pensare che la forma statale possa essere modificata mediante un decreto del presidente della Repubblica; tuttavia resta da esaminare la questione dell’opportunità di introdurre nella Costituzione una norma di quel tipo. In ogni modo, se essa dovesse essere adottata, si renderebbe necessario un impegno di fedeltà da parte dei deputati alla forma repubblicana.
In secondo luogo la finalità del giuramento sarebbe quella di impegnare il deputato ad esercitare il suo mandato soltanto nelle forme e secondo gli indirizzi voluti dalla Costituzione, mentre lo lascerebbe libero di proporre ogni eventuale modificazione nelle forme consentite dalla Costituzione stessa. In sostanza, si mira ad impegnare all’astensione dall’azione illegale.
TOSATO si associa alle considerazioni fatte dall’onorevole Mortati.
BULLONI è dell’avviso che l’obbligo del giuramento debba essere sancito nella Costituzione e propone pertanto la seguente formula: «I deputati giurano fedeltà alle leggi della Repubblica».
PRESIDENTE pone ai voti la questione di principio: se, cioè, debba introdursi nella Costituzione l’obbligo per i deputati di giurare al momento di assumere l’esercizio delle loro funzioni.
(È approvata).
Invita quindi la Sottocommissione a stabilire la formula del giuramento.
LEONE GIOVANNI propone la seguente formula: «I deputati giurano di esercitare il loro mandato nei limiti della Costituzione».
GRIECO propone la dizione: «I deputati giurano fedeltà alla Repubblica ed alle sue leggi».
NOBILE accetta la formulazione dell’onorevole Grieco, rinunciando alla propria.
FABBRI ricorda che la formula del giuramento richiesta durante il regime fascista per l’esercizio dell’avvocatura non era affatto vincolante della coscienza politica del cittadino. Viceversa, la formula proposta dall’onorevole Grieco mira ad escludere recisamente tutti coloro che non siano favorevoli alla forma repubblicana dello Stato, il che gli sembra non molto democratico.
MORTATI, Relatore, suggerisce di limitarsi per ora ad affermare il principio della obbligatorietà del giuramento, perché ogni questione in merito alla formula da adottarsi potrebbe più facilmente essere risolta dopo che siano definitivamente stabiliti i lineamenti della nuova Costituzione.
LUSSU obietta che la Sottocommissione dovrebbe sempre arrivare a delle decisioni, evitando quanto più è possibile il rinvio delle questioni esaminate.
DI GIOVANNI reputa che il giuramento, una volta che la Sottocommissione a maggioranza ha affermato il principio che esso debba essere richiesto, debba logicamente riguardare la fedeltà alla Repubblica ed alle sue leggi.
PRESIDENTE osserva che le proposte in discussione possono raccogliersi in due gruppi: quelle con le quali si vuole che il giuramento implichi il rispetto delle istituzioni repubblicane come forma dello Stato e quelle con le quali si vorrebbe che fosse limitato alla osservanza delle leggi. Crede che intanto la Sottocommissione potrebbe decidere quali dei due criteri accogliere, salvo ad accettare, per quel che riguarda la formulazione definitiva della norma, il suggerimento dell’onorevole Mortati.
NOBILE chiede che la votazione avvenga per appello nominale.
LEONE GIOVANNI nota che il Presidente ha posto la questione nei suoi giusti termini, scindendo in due gruppi le proposte. Ritiene però che si renda sempre più indispensabile la sospensiva proposta dall’onorevole Mortati. Difatti non si potrebbe non votare una delle formule del primo gruppo – quelle che contengono un impegno di fedeltà verso la Repubblica – nel caso che nella Costituzione fosse introdotto il principio dell’inammissibilità di una modificazione della forma istituzionale. Viceversa, nel caso che tale principio non fosse affermato, introdurre una formula del tenore di quelle del primo gruppo rappresenterebbe un contrasto con la Costituzione stessa.
PRESIDENTE rileva che anche il problema della modifica in via legale della forma dello Stato è materia di esame della Sottocommissione, onde cadrebbe il motivo del rinvio, accennato dall’onorevole Mortati. Naturalmente non si può sapere ancora quale decisione sarà presa sull’argomento, ma ogni Commissario saprà fin da ora quale posizione assumerà di fronte al problema anzidetto, e con il voto odierno non si farà che anticiparne in parte la risoluzione.
È evidente che chi voterà la formula che implichi fedeltà alle istituzioni repubblicane intenderà sostenere la tesi che non si possa perseguire un mutamento della forma dello Stato per via legale.
LUSSU ritiene che non ci sia notevole differenza fra il giuramento di fedeltà alla Repubblica e quello di osservanza alle sue leggi.
PRESIDENTE ripete che nella Costituzione francese è detto esplicitamente che non si può chiedere la modifica della forma istituzionale dello Stato e si sbarra così la via ad ogni mezzo legale, sicché rimane solo quella dell’insurrezione.
L’onorevole Lussu, con le sue considerazioni, dà per risolta una questione che, invece, è ancora da risolvere: quella dell’introduzione di una norma analoga nella nostra Costituzione. Personalmente ritiene che sia consigliabile, allo stato attuale delle cose, accogliere la proposta di rinvio dell’onorevole Mortati.
LUSSU non comprende, una volta che la maggioranza ha votato per l’obbligo del giuramento, come si possa introdurre nella Costituzione una norma qualsiasi che consenta di rovesciare la Repubblica. Per evitare questo controsenso, il giuramento deve necessariamente essere di fedeltà alla Repubblica.
PRESIDENTE torna a chiarire che, per il momento, si è approvato soltanto l’obbligo del giuramento per i deputati; ma resta ancora da stabilirne il contenuto.
Pone ai voti la proposta dell’onorevole Mortati di sospendere ogni decisione in merito alla formula da usarsi per il giuramento fino a quando non sarà stabilito se nella Costituzione debba o non debba essere introdotta una norma relativa alla possibilità di modificare per via legale la forma istituzionale dello Stato.
(Non è approvata).
PRESIDENTE avverte che si deve ora decidere la formula da usarsi per il giuramento: se cioè esso debba riferirsi alla forma istituzionale repubblicana o all’osservanza soltanto delle leggi.
LEONE GIOVANNI ritiene che nella formula da lui proposta: «I deputati giurano di esercitare il mandato nei limiti della Costituzione», si possa trovare la confluenza delle opposte tesi. Per essa il deputato potrà sempre esercitare il suo mandato nella maniera più insindacabile, purché non violi i confini della Costituzione. Se poi nella Costituzione verrà introdotta una norma sulla impossibilità di variare la forma dello Stato, è chiaro che una tale norma varrà anche per il deputato a delimitare la sua azione politica.
DI GIOVANNI ritiene che la formula del giuramento debba essere lineare, precisa. Direbbe pertanto che i deputati debbono prestare giuramento «alla Repubblica e alle sue leggi».
BOZZI propone la seguente dizione: «I deputati prestano giuramento di fedeltà alla Costituzione dello Stato». In tali parole è implicito il concetto di fedeltà alla Repubblica.
PRESIDENTE crede opportuno, per risolvere la questione più rapidamente, ridurre le proposte a due formule che si contraddistinguano per la presenza o meno della parola «Repubblica». Esse potrebbero essere quella dell’onorevole Bozzi: «I deputati prestano giuramento di fedeltà alla Costituzione dello Stato» e quella dell’onorevole Grieco: «I deputati giurano fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi».
LEONE GIOVANNI si associa alla formula proposta dall’onorevole Bozzi e ritira quella da lui presentata.
TOSATO propone che alla parola «Repubblica» sia aggiunta la parola «democratica».
GRIECO accetta l’aggiunta proposta dall’onorevole Tosato.
PRESIDENTE mette in votazione, per appello nominale, le due formule di giuramento proposte rispettivamente dall’onorevole Grieco, con l’aggiunta proposta dall’onorevole Tosato, e dagli onorevoli Bozzi e Leone Giovanni.
UBERTI, per dichiarazione di voto, si professa, e non da oggi, repubblicano; ma, poiché è contrario al giuramento dei deputati, si asterrà dalla votazione.
MANNIRONI dichiara, associandosi all’onorevole Uberti, che si asterrà dal voto.
Votano a favore della proposta dell’onorevole Grieco i deputati: Bocconi, Bulloni, Calamandrei, De Michele, Di Giovanni, Grieco, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mortati, Nobile, Ravagnan, Terracini e Tosato.
Votano a favore della proposta degli onorevoli Bozzi e Leone Giovanni i deputati: Ambrosini, Bozzi, Codacci Pisanelli, Leone Giovanni.
Si astengono dalla votazione i deputati: Fabbri, Mannironi, Perassi, Uberti.
Non partecipano alla votazione i deputati: Cappi, Conti, Piccioni.
PRESIDENTE dichiara che la formula dell’onorevole Grieco, con l’aggiunta proposta dall’onorevole Tosato, è stata approvata con 14 voti favorevoli contro 4 contrari e 4 astenuti.
Domanda all’onorevole Nobile se, ritirando la formula da lui proposta, ha inteso rinunziare anche alle parole «Ogni reticenza mentale viene considerata disonorevole».
NOBILE dichiara di rinunciarvi.
PRESIDENTE apre la discussione sul seguente articolo proposto dall’onorevole Mortati:
«La durata della legislatura è di quattro anni a datare dal giorno della sua prima convocazione». Fa osservare all’onorevole Mortati che è necessario cambiare la durata della legislatura portandola a cinque anni, in relazione alla durata del mandato parlamentare che è stata fissata in un quinquennio.
LUSSU ritiene inutile dire che la legislatura comincia «dal giorno della sua prima convocazione», per quella economia di parole che serve a dare maggiore solennità alla Costituzione.
PRESIDENTE fa presente all’onorevole Lussu che la redazione definitiva della Costituzione non è affidata alla seconda Sottocommissione, ma alla Commissione plenaria.
Mette frattanto in votazione l’articolo proposto dall’onorevole Mortati, con l’emendamento sostitutivo dei «quattro anni» con «cinque anni».
(È approvato).
Apre la discussione sul seguente articolo proposto dall’onorevole Mortati: «I deputati rappresentano la Nazione nel suo insieme».
MORTATI, Relatore, osserva che qui si dovrebbe affrontare la questione del divieto del mandato imperativo. Sottrarre il deputato alla rappresentanza di interessi particolari significa che esso non rappresenta il suo partito o la sua categoria, ma la Nazione nel suo insieme. Si domanda se la disposizione da lui proposta si possa omettere o meno, perché potrebbe anche assumere una particolare importanza, se, ad esempio, si facesse del Senato la rappresentanza della regione o di categorie, e perché non si può dimenticare che oggi i deputati sono espressione dei partiti con i quali hanno un diretto legame. Sta di fatto che il problema esiste ed ha anche avuto un riflesso negli ordinamenti in cui è stabilita la decadenza del deputato quando è sconfessato dal suo partito.
PRESIDENTE ritiene che la disposizione in esame si potrebbe omettere. Essa poteva avere la sua ragion d’essere nei tempi passati e col collegio uninominale, quando il deputato si sentiva anche rappresentante di interessi di classe o vincolato al partito che ne aveva proposta e sostenuta la candidatura e quando la rappresentanza era circoscritta al collegio. Conviene comunque con l’onorevole Mortati che la questione non è di facile risoluzione e che qualsiasi disposizione, inserita nella Costituzione, non varrebbe a rallentare i legami tra l’eletto ed il partito che esso rappresenta, o tra l’eletto e i comitati sorto per sostenere la sua candidatura.
MANNIRONI desidererebbe che nell’articolo proposto dall’onorevole Mortati, o eventualmente in un altro, fosse espressamente stabilito che il deputato possa liberamente esercitare il suo mandato senza vincoli di sorta.
FABBRI osserva che la questione si potrebbe semplificare, discutendo se si debba oppor no introdurre nella Costituzione la vecchia formula dello Statuto Albertino, nella quale espressamente si vietava il mandato imperativo da parte degli elettori. In ogni modo è favorevole all’articolo proposto dall’onorevole Mortati.
DI GIOVANNI ritiene che il concetto espresso nell’articolo in questione venga a caratterizzare la rappresentanza politica. Dire, infatti, che i deputati sono i rappresentanti della Nazione equivale a dire che essi sono rappresentanti politici. C’è anche un’altra rappresentanza, quella organica degli interessi, che può trovar posto in altra sede, ad esempio nella seconda Camera.
LUSSU ritiene indispensabile introdurre in un articolo della Costituzione il concetto di rappresentanza nazionale del deputato. Ricorda che nel passato essa si intendeva come ammessa; tuttavia vi furono lunghe ed aspre discussioni per stabilire se il deputato rappresentasse il suo collegio o la Nazione. Se, come è probabile, si arriverà ad una Costituzione dello Stato su basi regionalistiche o autonomistiche, sarà necessario affermare, nella nuova Carta statutaria, che il deputato rappresenta la Nazione, e ciò per ovvie ragioni di opportunità.
BOZZI si associa a quanto ha detto l’onorevole Lussu: crede indispensabile introdurre nella Costituzione una norma nel senso indicato, in vista della struttura regionale dello Stato. Nel vecchio Statuto c’era e il non volerla includere nel nuovo potrebbe avere un significato lontano dagli intendimenti della Sottocommissione.
PRESIDENTE, per risolvere la questione in esame, mette in votazione la seguente dizione contenuta nel progetto dell’onorevole Conti e assorbente quella proposta dall’onorevole Mortati: «I deputati sono i rappresentanti della Nazione».
(È approvata).
Apre la discussione sulla seguente formula proposta dall’onorevole Conti: «I deputati esercitano liberamente la loro funzione», formula che preclude la possibilità di un mandato imperativo.
LUSSU ritiene implicito che l’esercizio della funzione di deputati sia libero.
MANNIRONI dichiara che l’avverbio «liberamente» non gli sembra pleonastico: proporrebbe anzi che dopo le parole: «esercitano liberamente le loro funzioni» si aggiungessero le altre: «e senza vincoli di mandato».
LUSSU ritiene che l’onorevole Conti, con la parola «liberamente», abbia inteso indicare la libertà assoluta. Ciò rende impossibile che il deputato sia perseguito penalmente per l’attività svolta nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari. Difatti, l’articolo proposto dall’onorevole Conti così prosegue: «I deputati, durante l’esercizio del mandato, non possono essere arrestati».
BOZZI ritiene che l’espressione «liberamente» abbia un contenuto più ampio di quello racchiuso nel concetto di mandato, e debba intendersi nel senso di «libertà assoluta», onde è inutile aggiungere le parole: «senza vincoli di mandato».
GRIECO è contrario a includere la formula «senza vincoli di mandato», perché, a suo avviso, i deputati sono tutti vincolati ad un mandato: si presentano infatti alle elezioni sostenendo un programma, un orientamento politico particolare. Con l’aggiunta proposta dall’onorevole Mannironi si favorirebbe il sorgere del malcostume politico.
MORTATI, Relatore, fa presente che nell’ultimo articolo da lui proposto e non approvato dalla Sottocommissione, si era astenuto dall’introdurre l’avverbio «liberamente», pensando che esso potesse riferirsi tanto alle opinioni espresse dai deputati, quanto ai rapporti tra deputati ed elettori o partiti. Ciò per non pregiudicare una questione che dovrà essere risolta in un secondo momento: quella dei rapporti tra deputati ed elettori. Difatti si dovrà decidere se includere o meno nella Costituzione il criterio della revocabilità del mandato da parte degli elettori.
LUSSU dichiara di essere contrario all’uso della parola «liberamente», poiché crede che con essa possano sorgere dubbi di interpretazione.
PRESIDENTE mette in votazione la formula: «I deputati esercitano liberamente la loro funzione».
(È approvata).
MANNIRONI insiste sulla sua proposta di aggiungere, alla formula approvata, l’espressione: «senza vincoli di mandato».
FABBRI propone, qualora fosse accolta l’aggiunta dell’onorevole Mannironi, di farla seguire da un punto e virgola e dall’espressione: «nessun mandato imperativo può darsi dagli elettori».
MANNIRONI dichiara di non aver nulla in contrario alla proposta fatta dall’onorevole Fabbri.
PRESIDENTE mette ai voti l’aggiunta alle parole: «i deputati esercitano liberamente la loro funzione», delle seguenti, proposte dagli onorevoli Mannironi e Fabbri: «e senza vincoli di mandato; nessun mandato imperativo può loro darsi dagli elettori».
(È approvata).
Avverte che le successive proposte si riferiscono alle immunità parlamentari. Si ha al riguardo una formulazione proposta dall’onorevole Conti e così concepita:
«I deputati, durante l’esercizio del mandato, non possono essere arrestati se non in flagranza di reato. Non possono essere arrestati neppure in esecuzione di sentenza di condanna, né possono essere sottoposti a procedimento penale senza autorizzazione della Camera».
Un’altra formula, suggerita dall’onorevole Mortati, è del seguente tenore:
«I deputati non possono essere sottoposti a procedimento penale, né essere privati della loro libertà personale, neanche in esecuzione di sentenza penale, senza l’autorizzazione della Camera. L’autorità, che abbia proceduto all’arresto di un deputato in caso di flagrante reato, deve darne senza alcun indugio comunicazione alla Presidenza della Camera che promuove l’immediata deliberazione dell’Assemblea».
BULLONI ravvisa l’opportunità di porre un limite alla possibilità di arresto del deputato durante l’esercizio del suo mandato, anche nel caso di flagranza di reato. Ci sono infatti reati di tenuissima importanza per i quali è consentito l’arresto nel caso di flagranza. Del pari gli sembra eccessivo l’arresto del deputato in flagranza di altri reati, per cui attualmente è obbligatoria l’emissione del mandato di cattura, come ad esemplificazione del reato di lesioni gravi.
Per evitare simile inconveniente, si dovrebbe stabilire che l’arresto, in caso di flagranza, debba essere limitato ai soli reati di competenza della Corte d’assise.
LEONE GIOVANNI trova eccessiva la innovazione disposta negli articoli proposti dagli onorevoli Conti e Mortati, relativamente all’immunità anche nel caso di esecuzione di sentenza penale. È d’accordo, per quanto concerne l’arresto preventivo, che occorra l’autorizzazione a procedere, ma, nel caso di arresto per esecuzione di un giudicato penale, non dovrebbero essere posti limiti al diritto dello Stato di immediata esecuzione del giudicato stesso. E ciò anche perché ci si può trovare di fronte al caso limite di un deputato che venga confermato per una serie di legislature, nei cui confronti quindi non si potrebbe mai eseguire, senza l’autorizzazione della Camera, l’ordine di arresto in esecuzione di una condanna.
Gli articoli proposti dagli onorevoli Conti e Mortati mirano naturalmente ad impedire che un atto dell’autorità giudiziaria o di polizia possa essere ispirato da una valutazione o da un orientamento politico e avere lo scopo di rendere impossibile ad un deputato la libera esplicazione del suo mandato parlamentare. Tale criterio però non soccorre nei confronti dell’esecuzione di un giudicato, perché questo presuppone l’esistenza di un processo e l’emanazione di una sentenza passata in giudicato, tutti atti che debbono essere accompagnati da quel senso di indipendenza che è una delle caratteristiche peculiari della magistratura.
Osserva poi, riferendosi alla proposta dell’onorevole Bulloni, che forse non sarebbe male porre un limite alla possibilità di arresto del deputato in caso di flagranza di reato e suggerisce di stabilire che il deputato non possa essere arrestato in flagranza se non per un reato per il quale sia obbligatorio il mandato di cattura.
DI GIOVANNI è favorevole ad un maggiore ampliamento delle immunità parlamentari. In considerazione di ciò aggiungerebbe alle ultime parole degli articoli proposti: «senza l’autorizzazione della Camera», le seguenti: «la quale pronuncerà anche sulla convalida o meno dell’arresto in caso di flagranza». Ritiene infatti che l’intervento della Camera sia necessario non soltanto per concedere l’autorizzazione a procedere e ad emettere un mandato di cattura, ma anche per convalidare l’arresto in flagranza.
PRESIDENTE fa presente che una disposizione del genere è contenuta nell’articolo proposto dall’onorevole Mortati.
MORTATI, Relatore, avverte che nell’articolo da lui proposto ha omesso di proposito l’espressione: «durante la sessione», contenuta nello Statuto Albertino, considerando che il redattore di tale statuto evidentemente stimava che l’attività del deputato consistesse soltanto in quella che di solito egli esplica nel momento in cui i lavori parlamentari sono in corso. La sua opinione personale è, invece, che l’attività del deputato abbia una sfera più ampia e non si esaurisca in quella svolta nell’ambito dell’aula della Camera.
Dichiara poi che non può accogliere la proposta dell’onorevole Leone. Innanzi tutto l’accertamento relativo alla natura del reato dovrebbe esser fatto dall’agente di pubblica sicurezza perché, se ci si rimettesse alla convalida del giudice, questa si avrebbe senza dubbio dopo quella fatta dalla Camera dei Deputati, dato che nell’articolo da lui proposto si prescrive l’immediato avviso alla Camera da parte della autorità e l’immediata deliberazione dell’Assemblea.
LEONE GIOVANNI osserva che l’onorevole Di Giovanni ha sollevato un’altra questione, quella cioè della necessità o meno di stabilire che l’autorizzazione a procedere debba riferirsi non solo alla promozione dell’azione penale, ma anche alla libertà di esecuzione dell’arresto. Così, per esempio, recentemente nel caso dell’onorevole Gallo, il Relatore Rubilli si è posto il problema se l’autorizzazione a procedere doveva intendersi implicitamente anche come autorizzazione alla libera esecuzione del mandato di cattura.
Desidera pertanto di richiamare l’attenzione della Sottocommissione sulla necessità di esaminare la questione se convenga parlare soltanto di autorizzazione a procedere o si debba specificare che l’autorizzazione stessa occorre in ambedue i casi accennati.
Circa la sua proposta e le obiezioni che ad essa sono state fatte dall’onorevole Mortati, ricorda che nella legislazione attuale, l’arresto in flagranza non è consentito per tutti i reati, ma solo in relazione alla possibilità di emettere il mandato di cattura. Esiste dunque già nella nostra legislazione il sistema di demandare, sia pure in maniera imperfetta ed imprecisa, all’autorità di polizia una prima valutazione dei reati al fine di accertare se per essi possa aver luogo l’arresto in flagranza.
LUSSU ritiene che le garanzie delle immunità parlamentari debbano essere concesse non soltanto in periodo di sessione, ma in qualsiasi momento, fino alla scadenza del mandato parlamentare. Accedendo alla proposta di allargare il campo delle immunità, pensa che si potrebbe in parte raggiungere lo scopo, sostituendo alle parole «in flagranza di reato» le altre «in flagranza di delitto», perché sotto la denominazione di reati vengono comprese anche le contravvenzioni. Viceversa non crede si possa dare eccessivo peso alle osservazioni dell’onorevole Bulloni circa alcuni reati particolarmente lievi. L’essenziale è che il deputato non commetta nessun delitto; ma, se ne commette, deve ricadere sotto la legge comune e non godere di una situazione di privilegio.
Quanto all’affermazione che i deputati non debbano essere arrestati, neppure in esecuzione di sentenza di condanna, osserva che non comprende esattamente a quale sentenza di condanna si riferisca tale affermazione. Se si prevede il caso di un deputato condannato per una azione penale ed arrestato prima della sua elezione, bisogna tener presente che in tale caso interviene la Camera in sede di convalida: è essa che deciderà se il deputato dovrà essere immediatamente rimesso in libertà oppure no.
DI GIOVANNI, aderendo a quanto ha detto l’onorevole Leone, propone un emendamento all’articolo formulato dall’onorevole Conti: sostituire alle parole «non possono essere arrestati se non in flagranza di reato» le altre: «non possono essere arrestati se non in flagranza di delitto, per cui sia obbligatorio il mandato di cattura». Completa poi l’altro emendamento già da lui proposto, nel senso di aggiungere alle ultime parole dell’articolo stesso: «senza autorizzazione della Camera», le seguenti: «la quale pronuncerà anche sulla convalida o meno dell’arresto in flagranza e sulla autorizzazione al mandato di cattura».
Ritiene che con questi emendamenti i limiti della immunità parlamentare siano meglio delineati.
BULLONI ritiene che gli emendamenti proposti dall’onorevole Di Giovanni non siano sufficienti a garantire le immunità parlamentari, tenuto presente il fatto che vi sono dei reati per i quali è obbligatoria l’emissione del mandato di cattura, pure essendo reati di una entità non rilevante, sia dal punto di vista giuridico che da quello politico, e tali che per essi non sembra giustificata un’eccezione al principio generale della immunità parlamentare. Per questi casi ritiene che sia meglio escludere in maniera assoluta la possibilità di arresto di un deputato anche nel caso di flagranza. Insiste quindi nella proposta formale già fatta in questo senso.
NOBILE dichiara che non è favorevole a un troppo largo ampliamento delle immunità parlamentari, perché i deputati non debbono essere incoraggiati a perdere il dominio di se stessi ed essere indotti così ad atti inconsulti: ogni deputato deve essere di esempio agli altri cittadini non solo nella sua condotta politica, ma anche negli atti della, sua vita privata. Per tali considerazioni è contrario alla proposta fatta dall’onorevole Bulloni.
PERASSI desidera fare una sola osservazione. Lo scopo dell’arresto in flagranza, infatti, può essere non soltanto quello di impadronirsi del colpevole, ma anche quello di impedire che la giustizia si compia contro di lui in altro modo. L’esclusione dell’arresto in flagranza potrebbe produrre l’effetto di esporre il deputato al pericolo di un linciaggio.
LA ROCCA ritiene che il principio della immunità parlamentare sia ispirato non già al criterio di creare una posizione di privilegio al deputato nei confronti delle supreme esigenze della giustizia, bensì a quello di garantirlo da una eventuale sopraffazione di carattere politico.
Dichiara quindi di essere favorevole alla concessione della immunità più piena: ciò non significa però che, qualora un deputato diventi un criminale, la giustizia nei suoi confronti non debba avere il suo corso. Ciò che a suo avviso occorre evitare è che in un periodo di lotte sociali, quali quelle che si svolgono presentemente, un deputato possa essere vittima di una provocazione. Infatti, se si adottasse il principio che in flagranza di reato il deputato possa essere arrestato, ogni deputato potrebbe diventare preda di un agente provocatore, a meno che non si voglia giungere alla limitazione proposta dall’onorevole Di Giovanni, che cioè un deputato non debba essere arrestato se non per i delitti per i quali sia obbligatorio il mandato di cattura. Ma a ben considerare, neanche l’aggiunta proposta dall’onorevole Di Giovanni è sufficiente allo scopo: difatti può darsi sempre il caso che un deputato sia aggredito e che, per difendersi, compia un atto assai grave di quelli per cui sia appunto obbligatorio il mandato di cattura. Per tali ragioni, a suo avviso, il giudizio dovrebbe essere sempre riservato all’organo competente della Camera, cioè alla Commissione per l’autorizzazione a procedere. In altre parole, l’arresto del deputato non dovrebbe essere possibile se non quando si avesse l’apposita autorizzazione da parte dell’organo competente.
MANNIRONI è d’accordo sul concetto che debba essere assicurata l’immunità parlamentare nella forma più larga. Ritiene quindi che sia da escludersi la possibilità di arresto del deputato anche in flagranza di reato. Con questa immunità non si altera sostanzialmente l’ordine giuridico, perché anche se un deputato abbia commesso un reato per il quale è facoltativo o obbligatorio il mandato di cattura, la possibilità di perseguirlo in giudizio non è mai esclusa; sarà la Camera che, con il suo organo competente, metterà in grado l’autorità giudiziaria di perseguire il colpevole, dopo aver valutato le condizioni di fatto riferite nella denuncia. Il fatto che il deputato sia in libertà fra il momento del reato e il momento in cui si decide della sua sorte da parte della Camera non importa alcun pericolo sociale né altera l’ordine giuridico.
È anche del parere che, di fronte ad un delitto, sia pure grave, commesso da un deputato, l’arresto non possa essere eseguito dall’autorità di pubblica sicurezza, ma debba essere reso possibile alla autorità giudiziaria dall’autorizzazione della Camera.
Non è infine d’accordo con l’idea dell’onorevole Leone di modificare la formula adottata dall’onorevole Conti, per la quale i deputati non possono essere arrestati neppure in esecuzione di sentenza di condanna. Vero che in caso di esecuzione di sentenza di condanna, tutte le fasi del giudizio si dovrebbero presumere esaurite, e che il giudicato dell’autorità giudiziaria deve essere rispettato anche in sede parlamentare: tuttavia gli pare che non sia male riservare alla Camera dei deputati il potere di decidere dell’arresto di un suo membro, anche in caso di esecuzione di sentenza di condanna. La Camera dei deputati non potrà mai intervenire per modificare il giudicato dell’autorità giudiziaria; ma interverrà, se mai, per fare sospendere l’esecuzione della condanna; e i motivi per i quali tale sospensione può essere accordata, come è noto, sono numerosi.
Alla formula proposta dall’onorevole Conti, là dove è detto: «Non possono essere sottoposti a procedimento penale» proporrebbe di aggiungere «né a perquisizione domiciliare», perché se ci si preoccupa della libertà personale del deputato, per la stessa ragione ci si dovrà preoccupare della inviolabilità del suo domicilio. Ricorda che nel passato gravi abusi furono commessi in proposito da parte delle autorità di pubblica sicurezza, e appunto per evitare che possano ancora verificarsi, crede opportuno proporre l’aggiunta anzidetta.
FABBRI dichiara che certamente non gli è ignota la differenza che passa fra contravvenzione e delitto; pur tuttavia non è molto favorevole alla proposta di sopprimere la formula tradizionale della «flagranza di reato». Se dovesse essere accolta l’altra, che i deputati non debbano essere arrestati nemmeno in flagranza di delitto, l’impressione che proverebbe il popolo alla lettura di una simile norma sarebbe pessima. Perciò si atterrebbe alla formula tradizionale, che cioè non possa essere arrestato un deputato se non in flagranza di reato.
In ogni modo, poiché si tratta di un testo che dovrà essere conosciuto dal popolo, non avrebbe difficoltà a dire «in flagranza di grave reato», espressione che certo non ha un valore tecnico, ma che meglio dell’altra può significare per l’uomo comune che il deputato non è sottratto all’arresto almeno per fatti di una grave entità. Non è d’accordo sulla questione sollevata dall’onorevole Leone a proposito della esecuzione della sentenza di condanna, perché assai comune è il caso in cui è consentita, anche su richiesta dello stesso interessato, l’autorizzazione a procedere – ad esempio per un giudizio di diffamazione – e può intervenire una sentenza di lieve condanna. Ora, è inammissibile che in esecuzione di una tale sentenza possa aver luogo l’arresto.
RAVAGNAN ritiene che in un articolo della Costituzione non debbano essere introdotte disposizioni troppo dettagliate. Per la questione in esame basterebbe preoccuparsi soltanto di garantire il deputato dagli arresti arbitrari e dalle sopraffazioni politiche, concetto che potrebbe essere espresso in una norma così concepita: «Durante l’esercizio del mandato i deputati non possono essere sottoposti a procedimento penale senza autorizzazione della Camera».
PRESIDENTE riassume le questioni controverse che sono le seguenti:
1°) se l’immunità debba aver vigore per tutta la durata della legislatura o debba subire un’interruzione nell’intervallo fra le sessioni;
2°) se per l’arresto in esecuzione di sentenza penale si debba richiedere l’autorizzazione della Camera;
3°) delimitazione dei casi in cui la flagranza deve avere efficacia o meno per procedere all’arresto del deputato;
4°) proposta di estendere l’immunità anche al domicilio del deputato.
Relativamente alla prima questione, mette ai voti la proposta che l’immunità duri per tutto il tempo della legislatura e quindi anche nell’intervallo tra le sessioni.
(È approvata).
Osserva, circa la seconda questione, se cioè occorra l’autorizzazione della Camera anche per arresto derivante da esecuzione di sentenza penale, che si fa qui riferimento sia ad una sentenza penale pronunciata in base ad autorizzazione già concessa, che ad una sentenza penale pronunciata prima o dopo l’elezione per procedimento già in corso, per il quale non è stata necessaria l’autorizzazione a procedere.
Ricorda, a questo proposito, la formula proposta dall’onorevole Mortati, secondo la quale i deputati non possono essere privati della libertà personale neanche in esecuzione di sentenza penale senza l’autorizzazione della Camera; ed aggiunge che l’onorevole Di Giovanni ha presentato un emendamento che coincide con tale punto di vista.
Mette in votazione la proposta che i deputati non possano essere privati della loro libertà personale neanche in esecuzione di sentenza penale senza l’autorizzazione della Camera.
(È approvata).
Domanda se, circa la terza questione, relativa alla delimitazione dei casi in cui la flagranza deve avere efficacia o meno per procedere all’arresto del deputato, debba essere o meno conservata la dizione proposta dall’onorevole Conti secondo la quale i deputati non possono essere arrestati se non in flagranza di reato, o se la facoltà dell’arresto debba essere ristretta in relazione alla gravità del reato e cioè se il deputato possa essere arrestato senz’altro o debba essere richiesta l’autorizzazione della Camera.
Ritiene consigliabile cominciare ad esaminare l’ultima ipotesi, come quella più lata.
CODACCI PISANELLI propone la seguente formula: «I deputati, durante l’esercizio del mandato, non possono essere arrestati o sottoposti a perquisizioni personali o domiciliari senza autorizzazione della Camera». Aggiunge che in questa formulazione non ha fatto cenno alla flagranza di reato per le ragioni già esposte dall’onorevole Fabbri.
LAMI STARNUTI propone il seguente articolo: «Durante l’esercizio del mandato i deputati non possono essere sottoposti a procedimento penale, né arrestati o mantenuti in arresto in esecuzione di condanna senza autorizzazione della Camera.»
PRESIDENTE osserva che la proposta formulata dall’onorevole Codacci Pisanelli si potrebbe fondere con quella suggerita dall’onorevole Lami Starnuti, aggiungendo alla prima che i deputati «non possono essere sottoposti a procedimento penale», onde l’articolo in questione potrebbe essere così concepito: «I deputati, durante l’esercizio del mandato, non possono essere sottoposti a procedimento penale, arrestati o sottoposti a perquisizioni personali o domiciliari senza autorizzazione della Camera».
LAMI STARNUTI concorda.
BULLONI osserva che la perquisizione non è possibile se non c’è un procedimento penale.
PRESIDENTE obietta che sono numerosi i casi di perquisizioni effettuate anche senza procedimento penale in corso.
MANNIRONI desidera che sia chiarito se l’espressione «non possono essere sottoposti a procedimento penale» sia da intendere nel senso che si debba anche escludere la prosecuzione di un eventuale procedimento già iniziato.
NOBILE propone che la votazione abbia luogo per divisione, poiché egli è favorevole ad alcune norme e contrario ad altre.
PRESIDENTE mette in votazione la seguente parte dell’articolo in esame. «I deputati, durante l’esercizio del mandato, non possono essere sottoposti a procedimento penale», a cui ha aderito l’onorevole Ravagnan.
(È approvata).
MORTATI, Relatore, domanda se non sia il caso di considerare anche i procedimenti disciplinari quando questi comportino l’arresto.
PRESIDENTE ritiene che si tratti di casi troppo limitati perché sia opportuno parlarne.
MORTATI, Relatore, non insiste.
PRESIDENTE mette in votazione la seguente espressione: «Non possono essere arrestati». Si tratta di una formula generale che implica anche l’esclusione di ogni arresto in caso di flagranza, secondo la proposta fatta dall’onorevole Mannironi.
(Non è approvato).
Ricorda che, a proposito della definizione del caso in cui la flagranza comporta la possibilità di arresto, sono state presentate alcune formulazioni. Una dell’onorevole Bulloni che considera i casi in cui si tratti di delitti di competenza della Corte d’assise; un’altra dell’onorevole Di Giovanni, per cui i deputati non possono essere arrestati se non in flagranza per delitti per i quali sia obbligatorio il mandato di cattura; una terza dell’onorevole Leone di contenuto pari alla precedente.
LAMI STARNUTI osserva che secondo le nostre leggi penali l’offesa per mezzo della stampa alla persona del Re era di competenza della Corte d’assise. Potrebbe ora diventare di competenza delle Assise l’offesa per mezzo della stampa alla persona del Presidente della Repubblica. In questo caso la formula proposta dall’onorevole Bulloni consentirebbe l’arresto per un delitto tipicamente politico. Si domanda se ciò sia opportuno.
MORTATI, Relatore, propone di mettere prima in votazione la formula più ampia, cioè quella concernente l’arresto solo in flagranza di delitto. Evidentemente se tale formula verrà approvata dalla Sottocommissione, tutte le altre proposte cadranno.
PRESIDENTE mette in votazione la proposta dell’onorevole Mortati.
(Non è approvata).
Mette ai voti la formulazione dell’articolo proposto dall’onorevole Di Giovanni ispirato dallo stesso concetto di quello proposto dall’onorevole Leone, secondo cui è ammesso l’arresto solo in caso di flagranza di delitto per il quale sia obbligatorio il mandato di cattura, restando inteso che qualora tale formulazione fosse approvata renderebbe superflua la votazione della proposta dell’onorevole Bulloni.
MANNIRONI e MORTATI, Relatore, dichiarano di astenersi dalla votazione.
(È approvato).
LEONE GIOVANNI richiama l’attenzione della Sottocommissione sull’opportunità di completare la formula approvata facendo precedere le parole «mandato di cattura» dalle altre «ordine o…». Infatti, secondo il nostro ordinamento processuale, si chiama ordine di cattura quello emesso dal pubblico ministero e mandato quello del giudice istruttore, nonostante che i due provvedimenti abbiano la medesima essenza.
PRESIDENTE ritiene, poiché nessuno muove obbiezioni, che la precisazione possa essere accettata, salvo a formulare in un secondo momento l’articolo in maniera definitiva.
(Così rimane stabilito).
Avverte che resta ora da decidere l’ultima questione, se cioè anche per le perquisizioni, secondo la proposta dell’onorevole Mannironi, sia necessaria l’autorizzazione della Camera. A suo parere la garanzia è comprensibile nel caso di perquisizioni domiciliari e non in quello di perquisizioni personali, che potrebbero avvenire in istrada, in occasione di un furto, di un tumulto od altro, senza che possa attendersi l’autorizzazione della Camera. Si aggiunga che generalmente un agente che si accinga a perquisire un deputato rinuncia immediatamente al suo proposito non appena questi presenti i suoi documenti di riconoscimento.
FABBRI considera poco seria una norma che prescriva per le perquisizioni domiciliari l’autorizzazione della Camera, perché il deputato sospetto, venuto a conoscenza della cosa, farà scomparire ciò che potrebbe nuocergli.
BULLONI nota che una disposizione nel senso accennato sarebbe poco seria anche dal punto di vista giuridico, in quanto non si può eseguire una perquisizione domiciliare senza un procedimento penale.
PRESIDENTE obietta che ciò avviene in teoria, ma che in pratica le cose vanno ben diversamente.
MORTATI, Relatore, fa presente che la prima Sottocommissione sta studiando alcune proposte di limitazione della possibilità di perquisizioni domiciliari di cui occorrerà tener conto.
PRESIDENTE assicura che ciò sarà fatto in sede di coordinamento e mette in votazione la proposta Mannironi contenuta nella formula «né a perquisizione domiciliare».
(È approvata).
Fa presente che resta da esaminare la questione delle immunità da procedimento disciplinare. A tal proposito l’onorevole Mortati ha proposto la seguente formula: «I deputati non possono essere chiamati a. rispondere in via giudiziaria o disciplinare dei voti o delle opinioni espressi nell’esercizio delle loro funzioni. Una responsabilità per le dichiarazioni formulate non può essere fatta valere se non dalla stessa Camera».
LEONE GIOVANNI ritiene opportuno porre alcuni limiti al godimento delle immunità in questione. Occorrerebbe ad esempio considerare il caso delle offese personali.
PRESIDENTE chiarisce che nel caso accennato dall’onorevole Leone provvede il regolamento della Camera.
LEONE GIOVANNI obietta che il cittadino offeso dal discorso di un deputato rimarrebbe senza difesa. Un qualche limite all’estensione delle immunità in esame potrebbe, ad esempio, essere costituito dalla aggiunta delle seguenti parole: «concernenti l’attività politica o parlamentare» alle parole «dei voti o delle opinioni espresse».
PRESIDENTE ritiene che con la formula proposta dall’onorevole Mortati la questione accennata dall’onorevole Leone possa considerarsi superata, in quanto in essa si parla di voti e di opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni di deputato. Comunque, una precisazione non sarebbe inopportuna, ma personalmente desidererebbe che l’onorevole Leone trovasse una formula più felice per esprimere il suo pensiero.
PERASSI osserva che forse potrebbe servire allo scopo l’aggiunta delle parole «nella Camera», dopo le altre: «dei voti o delle opinioni espresse».
PRESIDENTE obietta che è pacifico che la funzione del deputato, da un punto di vista legislativo, è quella che si svolge nella Camera.
LUSSU non è favorevole alla proposta dell’onorevole Perassi né è d’accordo col Presidente. Un deputato è sempre nell’esercizio delle sue funzioni. Se, ad esempio, farà un’interrogazione scritta dalla sede del suo collegio, inoltrandola per posta ed eventualmente informandone anche la stampa, ed in tale interrogazione scriverà delle offese per qualche cittadino, quando fosse accettata la proposta dell’onorevole Perassi, quel deputato non potrebbe essere perseguito.
PRESIDENTE mette in votazione la prima parte dell’articolo proposto dall’onorevole Mortati e cioè sino alle parole: «nell’esercizio delle loro funzioni», restando inteso che tale articolo potrà essere completato con una precisazione del concetto accennato dall’onorevole Leone, sempre se per esso si troverà un’espressione adeguata.
(È approvata).
MORTATI, Relatore, chiarisce che la seconda parte dell’articolo da lui proposto si riferisce alla responsabilità disciplinare nei confronti della Camera e si richiama a quanto è disposto dal Regolamento della Camera stessa.
Intesa in questo senso, la disposizione potrebbe ritenersi superflua, a meno che non si pensi che la Camera possa poi venirsi a trovare nella impossibilità di disciplinare la questione in esame nel suo Regolamento per l’assenza di una simile norma nella Costituzione.
CALAMANDREI rileva che, oltre alla responsabilità disciplinare o penale, si può avere anche una responsabilità civile derivante da una osservazione fatta da un deputato alla Camera. La diffamazione per mezzo di un discorso in Assemblea potrebbe, ad esempio, produrre gravissimi danni ad un cittadino. Ora, con la formula proposta, gli sembra che tale responsabilità non possa farsi valere se non dalla stessa Camera.
PRESIDENTE ritiene che con l’espressione «in via giudiziaria» usata nella disposizione proposta dall’onorevole Mortati e testé approvata, si comprenda tanto la responsabilità penale quanto quella civile e la Sottocommissione, approvandola, abbia escluso la possibilità di una azione di risarcimento da parte di un cittadino per la responsabilità civile di un deputato.
MORTATI, Relatore, condivide il parere del Presidente e pertanto rinuncia alla seconda parte del suo articolo.
La seduta termina alle 12.
Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Di Giovanni, Fabbri, Grieco, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Perassi, Piccioni, Ravagnan, Terracini, Tosato, Uberti.
In congedo: Bordon.
Assenti: Amendola, Castiglia, Einaudi, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Maffi, Patricolo, Porzio, Rossi Paolo, Targetti, Vanoni, Zuccarini.