Come nasce la Costituzione

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GIOVEDÌ 7 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

34.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 7 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

INDICE

La famiglia (Seguilo della discussione)

Presidente – La Pira – Corsanego, Relatore – Grassi – Moro – Iotti Leonilde, Relatrice – Mastrojanni – Merlin Umberto – Basso – De Vita – Cevolotto – Togliatti.

La seduta comincia alle 10.45.

Seguito della discussione sulla famiglia.

PRESIDENTE dà lettura del seguente articolo formulato dai Relatori onorevoli Corsanego e Iotti, con la partecipazione dell’onorevole Moro, facendo però notare che l’accordo è intervenuto soltanto sulla prima parte:

«Il matrimonio è basato sul principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ai quali spettano il diritto e il dovere di alimentare, istruire ed educare la prole. Lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra l’adempimento di tale compito.

«La legge regola la condizione giuridica dei coniugi, allo scopo di garantire l’unità della famiglia».

Apre la discussione sulla prima parte del suddetto articolo.

LA PIRA, pur essendo perfettamente d’accordo sul criterio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, desidererebbe che fosse messa maggiormente in luce la posizione preminente del padre di famiglia, come capo dell’organismo familiare. Tale posizione di primus inter pares, a suo avviso, è posta in rilievo dalla seconda parte dell’articolo, secondo la quale la legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di assicurare l’unità della famiglia. Perciò, essendo le due parti solidali tra loro, dichiara di non poter accettare la prima, se non sarà parimenti approvata la seconda.

CORSANEGO, Relatore, concorda con l’onorevole La Pira, il cui concetto, del resto, aveva già espresso nella sua relazione, nella quale rimandava alla legge di determinare i casi in cui l’esercizio della patria potestà doveva essere lasciato al padre, nonché quelli nei quali, in caso di conflitto tra coniugi, dovesse prevalere la volontà del marito, come capo di famiglia. Perciò, dopo l’affermazione generale concordata dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, la sua formulazione continuava affermando che: «la legge regola l’esercizio della patria potestà», appunto per lasciare al padre quel carattere di primus inter pares a cui ha fatto cenno l’onorevole La Pira.

PRESIDENTE desidera dai Relatori qualche chiarimento in ordine alla proposizione in cui si stabilisce che lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra l’adempimento del compito familiare. Tale espressione gli ricorda analogo articolo del Codice civile del tempo fascista, secondo il quale lo Stato si arrogava il diritto di interferire nell’educazione della prole entro l’ambito della famiglia. Apposito decreto legislativo, da lui stesso elaborato quando era Ministro Guardasigilli, ne sancì l’abolizione. Non vorrebbe quindi che la nuova Costituzione rimettesse in onore certi principî.

GRASSI si dichiara d’accordo col Presidente nel ritenere che l’espressione può effettivamente prestarsi a una interpretazione che richiami la situazione precedente creata dal fascismo, in cui lo Stato interferiva nella famiglia. Sarebbe, pertanto, favorevole alla sua soppressione.

MORO, pur condividendo le preoccupazioni manifestate dal Presidente e dall’onorevole Grassi, relativamente alle possibili ingerenze dello Stato nell’ambito della vita familiare, osserva che vi possono essere dei casi-limite in cui è necessario fare riferimento ad un eventuale intervento dello Stato per ragioni economiche e morali, come ad esempio nel caso di famiglie che abbandonino la loro prole in mezzo alla strada. Riconosce il valore delle iniziative caritative private in questo campo, ma non ritiene sufficiente fare affidamento solo su di esse, togliendo allo Stato la facoltà di intervenire per sostituire i genitori, quando questi non possano o non vogliano provvedere adeguatamente all’educazione dei propri figliuoli. Per questo motivo ha dato la sua adesione alla formula proposta.

LA PIRA, di fronte alla preoccupazione del Presidente e dell’onorevole Grassi ed alle argomentazioni dell’onorevole Moro, pensa che sarebbe opportuno trovare una formula la quale, mentre contempli specificamente quei casi-limite cui ha accennato l’onorevole Moro, salvaguardi del pari l’autonomia della famiglia.

IOTTI LEONILDE, Relatrice, dichiara che, nel proporre la formula in discussione, intendeva appunto riferirsi a quei casi-limite su cui ha richiamato l’attenzione l’onorevole Moro. Cita, ad esempio, l’ipotesi di un bambino, divenuto orfano improvvisamente, nei cui riguardi lo Stato intervenga sostituendosi ai genitori per provvedere alla sua alimentazione ed educazione.

PRESIDENTE ritiene che le esigenze d’ordine economico alle quali hanno fatto richiamo l’onorevole Moro e la onorevole Iotti possano essere egualmente soddisfatte con l’articolo approvato nella seduta precedente, secondo il quale lo Stato prende appropriate misure per facilitare il matrimonio e per agevolare l’adempimento degli oneri familiari. Se invece le esigenze che si vogliono soddisfare non sono solamente di ordine economico, alle sue preoccupazioni si deve riconoscere un notevole fondamento.

MORO esprime l’avviso che non si tratta di soddisfare esigenze soltanto di carattere economico, ma anche di carattere morale, come nel caso di genitori che, essendo dediti al vizio o alla vita delittuosa, non sono in condizioni morali tali da poter educare convenientemente la prole. Sarebbe disposto ad accettare la soppressione della proposizione, se con una esplicita dichiarazione si autorizzasse lo Stato a surrogare la famiglia nei suoi compiti, quando questa per ragioni morali o economiche non potesse adempierli.

PRESIDENTE richiama l’attenzione della Commissione sul successivo articolo proposto dai Relatori:

«Lo Stato provvederà ad una adeguata protezione morale e materiale della maternità, dell’infanzia e della gioventù, istituendo gli organismi necessari a tale scopo».

Ritiene che la formulazione di tale articolo potrebbe soddisfare anche le esigenze di indole morale cui alludeva l’onorevole Moro, mentre invece affermando che lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra i compiti che spettano alla famiglia, si adotta una formula che potrebbe vulnerare seriamente l’autonomia e la libertà della famiglia.

MASTROJANNI considera innanzi tutto dannosa l’espressione in discussione, perché non solo non risponde alle finalità che i Relatori si sono proposti di assolvere, ma può pregiudicare la libertà della famiglia. Tale espressione è inoltre pleonastica, perché, essendosi affermato nel periodo precedente il dovere dei coniugi di alimentare, istruire ed educare la prole, si viene contemporaneamente ad ammettere il diritto dello Stato di intervenire in caso di inadempienza; altrimenti la parola: «dovere» non avrebbe alcun significato pratico.

MERLIN UMBERTO riconosce la serietà e la fondatezza delle preoccupazioni del Presidente, ma, in relazione anche a quanto è stato affermato dall’onorevole Moro, ritiene che lo Stato non possa non preoccuparsi di particolari casi, come quello, abbastanza comune per effetto della guerra, della prole lasciata abbandonata a se stessa. Propone, pertanto, la seguente formulazione, che, a suo avviso, non tocca la sostanza della prima parte, su cui tutti sono d’accordo:

«Solo nei casi in cui i genitori vengano meno a questo loro obbligo, lo Stato può ad essi sostituirsi provvedendo all’educazione e all’istruzione dei figli».

BASSO ritiene errata la conclusione a cui è giunto l’onorevole Mastrojanni, in quanto, proprio come conseguenza del dovere dei coniugi, affermato nella prima proposizione, bisogna che nella seconda si dia allo Stato la possibilità di potersi sostituire ai genitori, nel caso in cui quel dovere non sia adempiuto.

Non ritiene d’altra parte che possa farsi riferimento all’articolo successivo il cui contenuto si inserisce nel quadro generale dell’educazione morale dei fanciulli affidati alle famiglie, mentre la proposizione in esame si riferisce ai casi in cui le famiglie, moralmente o economicamente, non siano in condizioni di poter provvedere all’alimentazione e all’educazione della prole.

Dichiara perciò che non avrebbe alcuna difficoltà ad accettare la formula dell’onorevole Merlin, purché venisse mantenuta allo Stato la facoltà di intervenire, altrimenti l’affermazione di principio della prima proposizione non avrebbe alcun valore.

CORSANEGO, Relatore, dichiara di poter accettare il concetto, ma non la formulazione dell’onorevole Merlin, che gli sembra inadatta per una Costituzione. Lo stesso risultato potrebbe ottenersi, a suo avviso, aggiungendo al successivo articolo la seguente espressione: «con particolare riguardo a quei ragazzi per i quali i genitori non sono capaci di esercitare la funzione della patria potestà».

IOTTI LEONILDE, Relatrice, non ritiene che le preoccupazioni del Presidente e di altri Commissari siano giustificate, perché lo spirito a cui si ispira l’articolo in discussione è completamente diverso da quello che animava il soppresso articolo del codice fascista.

Si dichiara anche contraria alla proposta dell’onorevole Corsanego, ritenendo che la sede più adatta per sancire la potestà dello Stato di intervenire in particolari casi ed anche sostituirsi ai genitori, sia l’articolo che tratta del dovere e del diritto dei coniugi di istruire ed educare la prole.

MASTROJANNI richiama l’attenzione sul fatto che le libertà individuali hanno un valore che non può essere trascurato per ragioni né economiche né sociali, ma che deve essere tenuto nella massima considerazione, specialmente nel campo della famiglia. Stabilire che lo Stato possa sostituirsi ai genitori in caso di incapacità economica o morale, vorrebbe dire, a suo avviso, mettere il cittadino, senza alcuna garanzia, sotto l’arbitrio dello Stato stesso, il quale, con i suoi poteri discrezionali, potrebbe sottrarre i figli al loro naturale ambiente, quando ritenesse, in seguito ad un suo esclusivo giudizio, eventualmente ispirato da motivi politici, che la moralità e la potenzialità economica della famiglia non sia sufficiente per una retta e sana educazione.

Esprime, invece, il parere che quando, per incapacità morale od economica dei genitori di educare ed istruire la prole, lo Stato fosse costretto ad intervenire, dovrebbe affidare l’educazione dei figli a consigli di famiglia, nominati dal giudice delle tutele.

PRESIDENTE è convinto che il pensiero di ognuno sia ben lungi dall’idea di voler determinare da parte dello Stato un intervento che possa ledere in qualsiasi modo l’autonomia dei genitori. D’altra parte è stata anche espressa la preoccupazione di prevedere l’ipotesi di un intervento superiore, al fine di integrare una constatata incapacità morale e materiale dei coniugi all’adempimento degli obblighi verso la loro prole. Proporrebbe, perciò, la seguente formula che ritiene potrebbe essere approvata dalle due diverse tendenze: «La legge provvede all’eventuale integrazione di tali compiti per i casi di provata incapacità morale e materiale dei coniugi».

MASTROJANNI dichiara che sarebbe favorevole all’emendamento proposto dal Presidente, purché venisse integrato nel modo seguente: «La legge provvede, per mezzo dei consigli di famiglia e del giudice delle tutele, all’eventuale integrazione di tali compiti per i casi di provata incapacità morale o materiale dei coniugi».

In tale modo, potrebbe ovviarsi, a suo giudizio, al pericolo che lo Stato possa servirsi delle disavventure dei due coniugi per inserirsi nell’ambito della famiglia.

DE VITA si dichiara d’accordo con l’onorevole Mastrojanni sull’opportunità di sopprimere il secondo periodo del primo comma limitando l’articolo in esame alla prima proposizione, senza altra aggiunta.

MORO desidera fare osservare all’onorevole Mastrojanni che i casi per i quali lo Stato dovrà intervenire nell’ambito della famiglia sono solamente quelli limite, nei quali, sia dal punto di vista economico che morale, le famiglie non abbiano più consistenza. Non vede come sarebbe possibile in questi casi fare ricorso ai consigli di famiglia. Invece, facendo riferimento alla legge, nulla vieta che essa possa provvedere, sia a mezzo dei consigli di famiglia, sia intervenendo direttamente.

Crede poi che la preoccupazione dell’onorevole Mastrojanni parta da una preconcetta diffidenza verso lo Stato, mentre la nuova Costituzione deve ispirarsi alla ipotesi di uno Stato nel quale si possa avere fiducia.

DE VITA ricorda di essersi pronunciato, in una precedente riunione, contro lo Stato-scuola e lo Stato-educatore. Si dichiara perciò contrario alla formula proposta, perché gli sembra che si apra la via all’intervento dello Stato nell’educazione della prole, in quanto esso sarebbe l’unico giudice della maggiore o minore educazione familiare.

MERLIN UMBERTO dichiara di aderire alla formula del Presidente, la quale, a suo parere, è più chiara e migliore di quella che egli stesso ha proposta.

Per persuadere l’onorevole Mastrojanni a non insistere nel suo emendamento, cita l’esempio dei cosiddetti «sciuscià», nei riguardi dei quali, se si adottasse l’emendamento da lui proposto, relativo ai consigli di famiglia ed al giudice di tutela, non sarebbe possibile intervenire e provvedere d’urgenza, magari per mezzo della pubblica sicurezza, essendo essi privi di qualsiasi familiare.

MASTROJANNI fa rilevare all’onorevole Merlin che il caso dei ragazzi privi di famiglia e senza fissa dimora è previsto già dalla legge di pubblica sicurezza, che provvede in modo tassativo a prevenire e a regolare d’urgenza quanto turba l’equilibrio sociale.

Poiché non si tratta di provvedere a casi di urgenza, ma di risolvere situazioni definitive, non vede perché non si debba fissare nella Costituzione il sistema per sottrarre alla famiglia i figli in particolari circostanze. Ad ogni modo, per ovviare agli inconvenienti accennati dagli onorevoli Moro e Merlin, integrerebbe la sua formula nel modo seguente:

«La legge provvede con i consigli di famiglia e di patronato, presieduti dal giudice tutelare, all’eventuale integrazione di tali compiti per i casi di provata incapacità morale e materiale dei coniugi».

PRESIDENTE, a richiesta di alcuni Commissari, mette ai voti la chiusura della discussione.

(È approvata).

Mette ai voti la prima proposizione dell’articolo così formulata:

«Il matrimonio è basato sul principio della eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ai quali spettano il diritto e il dovere di alimentare, istruire ed educare la prole».

LA PIRA dichiara di votare a favore della formula, ma ripete che il principio dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, che egli accoglie, va integrato con l’altro principio che fa del pater familias il primus inter pares, responsabile del gruppo familiare.

CORSANEGO, Relatore, si associa alla dichiarazione dell’onorevole La Pira.

IOTTI LEONILDE, Relatrice, si dichiara contraria all’integrazione proposta dall’onorevole La Pira.

(La prima proposizione dell’articolo è approvata all’unanimità).

PRESIDENTE dà lettura della seguente formula concordata tra gli onorevoli Iotti, Corsanego e Moro, sostitutiva della seconda parte del primo comma:

«Nei casi di provata incapacità morale ed economica dei coniugi, lo Stato provvede in modo da assicurare l’adempimento di tali compiti».

In relazione alla sua precedente proposta, invece che allo «Stato» preferirebbe fare riferimento alla «legge», formulando così la proposizione: «Nei casi di provata incapacità morale ed economica dei coniugi, la legge detta le norme per assicurare l’adempimento di tali obblighi».

Domanda all’onorevole Mastrojanni se insiste nella sua proposta.

MASTROJANNI in linea principale sostiene la soppressione della seconda proposizione; in linea subordinata, se dovesse approvarsi una delle nuove formule proposte, insisterebbe per l’approvazione del suo emendamento.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta dell’onorevole Mastrojanni che, è quella che si discosta di più sia dal suo testo che da quello concordato tra i Relatori.

MERLIN UMBERTO dichiara di essere contrario alla formula proposta dall’onorevole Mastrojanni, non perché non apprezzi il pensiero ed i concetti che la informano, ma perché essa pone dei limiti a quelle che potranno essere le più ampie facoltà del legislatore.

MORO dichiara che voterà contro l’emendamento, perché eccessivamente limitativo, in quanto impone una procedura che in alcuni casi potrebbe essere insufficiente allo scopo.

(L’emendamento è respinto con 1 voto favorevole e 10 contrari).

PRESIDENTE domanda alla onorevole Iotti se accetta che alla parola «lo Stato» sia sostituita la parola «la legge».

IOTTI LEONILDE, Relatrice, dichiara di preferire la formula concordata.

LA PIRA osserva che si tratta di due formule sostanzialmente identiche.

GRASSI ritiene che la proposta del Presidente dovrebbe avere la precedenza nella discussione, dovendo considerarsi come un emendamento del testo concordato dai Relatori.

MORO osserva che se può essere d’accordo circa la procedura da seguire nella discussione, non può essere d’accordo circa il concetto, perché con la parola «Stato» si intende insieme «Stato legislatore ed esecutore» e non soltanto «Stato esecutore».

MASTROJANNI si dichiara contrario alla dizione proposta dal Presidente, perché in una materia tanto grave si lascerebbe alla legge di statuire in tema di libertà individuale, senza garantire le modalità di esecuzione.

PRESIDENTE mette ai voti la formula da lui proposta.

(È respinta con 3 voti favorevoli e 8 contrari).

Pone in votazione la proposta concordata dagli onorevoli Iotti, Corsanego e Moro.

(È approvata con 8 voti favorevoli, 1 contrario e 2 astenuti).

Pone in discussione il secondo comma dell’articolo proposto dai Relatori, così formulato:

«La legge regola la condizione giuridica dei coniugi, allo scopo di garantire l’unità della famiglia».

LA PIRA propone la seguente formula sostitutiva, nella quale è sempre compreso il concetto del padre di famiglia primus inter pares: «La legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di garantire l’indissolubilità del matrimonio e l’unità della famiglia».

Indipendentemente dal principio religioso dell’indissolubilità del sacramento, la sua proposta è basata sul fatto che effettivamente gli studi più recenti di cattolici e non cattolici nel campo biologico, fisiologico e sociologico, hanno dimostrato sempre più come il principio dell’indissolubilità sia corrispondente alla struttura e alle finalità che il matrimonio si propone di raggiungere.

A questo motivo di carattere razionale ne aggiunge uno di carattere legislativo, nel senso che sia l’attuale legislazione russa che molte altre Costituzioni moderne, si sono orientate verso l’affermazione del principio della indissolubilità del matrimonio.

Perciò, per ragioni scientifiche, legislative e storiche, ritiene che tale principio debba essere affermato nella Costituzione italiana, se si vuole veramente costruire una società nella quale non valga più il principio individualistico, ma quello della responsabilità sociale. Per quanto sia stato affermato che non si farà cenno al divorzio né nella Costituzione, né nella futura legislazione, è dell’avviso che bisogna dare al legislatore una indicazione che limiti la sua volontà in questo campo.

Come credente, poi, non può tacere il principio religioso, secondo il quale quos Deus conjunxit, homo non separet.

CEVOLOTTO non ritiene che si debba portare in sede costituzionale il problema del divorzio, in quanto più che di un problema sociologico si tratta di un problema politico che non è di attualità in Italia, tanto è vero che, malgrado lo Statuto Albertino non parlasse di indissolubilità del matrimonio, fino ad oggi, salvo una discussione alla Camera dei Deputati che non portò ad alcuna decisione, e un accenno in un discorso della Corona, non è mai stata sollevata in concreto la questione del divorzio. Non intende, quindi, affrontare tale questione, né dal punto di vista giuridico né sociologico, pur facendo rilevare all’onorevole La Pira alcune ipotesi degne di attento esame, come i matrimoni puramente civili, che sono considerati dalla religione dei concubinati, i condannati all’ergastolo, e il caso di coniugi separati che abbiano costituito due distinte famiglie.

MASTROJANNI concorda con l’onorevole Cevolotto. Non discute sui criteri che secondo l’onorevole La Pira giustificano l’indissolubilità del matrimonio, ma ritiene che la formula, così come è concepita, non abbia alcun valore pratico, perché la legge non può regolare l’unità della famiglia, ma, tutt’al più, può intervenire per regolarne i rapporti; il Codice civile, anzi, non solo non garantisce l’unità della famiglia, ma interviene per consentire e regolare i casi di separazione dei coniugi. L’unità della famiglia, d’altra parte, la legge non potrebbe ottenerla se non attraverso una coazione fisica, vale a dire costringendo i coniugi alla convivenza e alla coabitazione anche quando esista una manifesta incompatibilità di carattere. In tal modo, però, si verrebbero a creare quelle situazioni incresciose a cui la legge dovrebbe ovviare. Per queste ragioni riterrebbe prudente ed opportuno sopprimere il secondo comma dell’articolo.

MORO è d’avviso contrario a quello dell’onorevole Mastrojanni, al quale fa rilevare che l’ipotesi della separazione dei coniugi, che la legge consente, è un caso limitato che non incide sulla disciplina normale che la legge si deve proporre allo scopo di garantire l’unità della famiglia. Sarebbe forse preferibile parlare piuttosto di «unità di indirizzo nella vita familiare», perché, come ha chiarito l’onorevole La Pira, tale espressione sta a indicare che la legge nel disciplinare la posizione reciproca dei coniugi deve fare in modo che sia permesso di realizzare un’unità di indirizzo nella vita familiare. Quindi le osservazioni dell’onorevole Mastrojanni non toccano la sostanza della questione, in quanto si può discutere se sia il caso di parlare o meno nella Costituzione di indissolubilità del matrimonio, ma non si può affermare che il comma in discussione non abbia alcun significato.

MASTROJANNI dichiara che le spiegazioni dell’onorevole Moro né lo hanno persuaso, né hanno distrutto le sue argomentazioni. Ribadisce che la legge potrà regolare i rapporti familiari, ma non potrà garantire l’unità della famiglia, se non giungendo all’assurdo di una coercizione sui coniugi che non è ammissibile.

MORO non crede che per i casi di separazione, che rappresentano una percentuale all’incirca dell’1 per cento, si debba sottrarre alla legge il potere di regolare la vita familiare, allo scopo di garantirne l’unità di indirizzo.

MASTROJANNI dissente dall’onorevole Moro, perché l’unità implica un concetto materiale e uno spirituale. Ora, dal punto di vista spirituale, nessuna legge può intervenire per coartare lo spirito; dal punto di vista materiale, considera un assurdo che la legge possa garantire l’unità del matrimonio, perché verrebbe a ledere il sacrosanto principio della libertà dell’individuo.

MORO fa presente che tutte le leggi, in senso generale, tendono a realizzare l’unità delle discipline giuridiche, senza che per questo vi sia alcuna coazione.

LA PIRA, anche dichiarandosi d’accordo con l’onorevole Mastrojanni che la legge regola i rapporti familiari, pone in evidenza che quando nell’interno di un organismo, come la famiglia, si ha una pluralità di rapporti, è necessaria anche l’unità, la quale presuppone dei rapporti organicamente concepiti.

TOGLIATTI desidererebbe che sulla questione in discussione, che è una delle più gravi, non si verificasse una scissione tra i membri della Sottocommissione. Bisognerebbe, quindi, trovare una formula, la quale desse soddisfazione alle diverse tendenze. Come è stato dimostrato dalla discussione generale, ed è lieto che anche l’onorevole Cevolotto abbia dichiarato la stessa tendenza, non è stata posta sul tappeto la questione del divorzio, che personalmente, in relazione alle esigenze della attuale società italiana, considera innaturale e anzi dannoso.

Ritiene che i colleghi democristiani possano limitarsi a sancire il principio della indissolubilità del matrimonio nel Codice civile, dichiarandosi soddisfatti dell’affermazione, che egli fa a nome del suo gruppo, di non ritenere opportuno di sollevare il problema del divorzio. Dichiara perciò di accettare la formulazione che è stata presentata, dove si parla di unità della vita familiare; ed anzi, per venire ancora maggiormente incontro ai desideri dei democristiani, potrebbe anche accedere ad una formula che parlasse di solidità della famiglia, ma prega che non si voglia insistere nell’inserire nella Costituzione il principio della indissolubilità del matrimonio.

BASSO è d’accordo con l’onorevole Togliatti, in quanto anche da parte del suo gruppo non si ritiene che esista un problema del divorzio, né si ha intenzione di porlo in sede di Codice civile. È anch’egli dell’avviso che sarebbe deplorevole arrivare ad una votazione che dividesse i membri della Sottocommissione su una questione che in effetti oggi non ha ragione di esser posta. Si rende conto delle preoccupazioni religiose dell’onorevole La Pira, ma in alcuni casi, già ricordati dall’onorevole Cevolotto, come quello dei matrimoni conchiusi secondo il rito civile, tali preoccupazioni non sarebbero sufficienti a giustificare una richiesta categorica dell’indissolubilità del matrimonio, che potrebbe portare ad una scissione della Sottocommissione.

LA PIRA dichiara che, a suo parere, occorre guardare il problema da due punti di vista. Il primo punto di vista è quello del popolo italiano, che attende su tale argomento una parola precisa che affermi l’indissolubilità del matrimonio. Il secondo punto di vista si basa su due altre ragioni: una riguarda la sua posizione di cristiano, per cui non può fare a meno di insistere nella sua richiesta; l’altra è di natura razionale, perché effettivamente, a prescindere dal fattore religioso, si è persuaso, seguendo gli studi di questi ultimi venti anni, che vi è un’affermazione sempre più decisa nel campo scientifico verso l’indissolubilità del matrimonio considerato come elemento strutturale della famiglia. Invita pertanto la Sottocommissione a superare la questione dei partiti, in modo che la tesi affermata non sia quella della democrazia cristiana, ma di tutto il popolo italiano.

MORO dichiara che, in quanto democristiano, è favorevole alla indissolubilità del matrimonio, ma lo è anche per una ragione giuridica; poiché ritiene che quando due volontà si sono incontrate per creare qualche cosa che vada al di là delle singole persone, vi sia un impegno sociale a che il vincolo rimanga indissolubile.

DE VITA si dichiara contrario al comma proposto ed a qualsiasi altra formula di compromesso, ritenendo non opportuno trattare nella Costituzione tale argomento. Riconosce che il principio dell’unione indissolubile e perpetua dell’uomo e della donna è quello più accetto alla popolazione, ma bisogna, a suo avviso, altresì riconoscere che l’indissolubilità dell’unione può derivare soltanto dall’amore vero, naturale e libero.

PRESIDENTE propone una breve sospensione per dar modo ai Commissari di trovare una formula conciliativa.

(La seduta è sospesa per alcuni minuti).

PRESIDENTE comunica che malgrado gli sforzi, condotti con un notevole e accentuato proposito di tutte le parti di trovare una formula che potesse soddisfare le diverse esigenze, non si è potuto arrivare ad una intesa.

Propone, pertanto, di rinviare la discussione di questa ultima parte dell’articolo alla prossima seduta, che rimane fissata per martedì, e di iniziare subito la discussione del successivo articolo, così formulato:

«Lo Stato provvederà ad una adeguata protezione morale e materiale della maternità, dell’infanzia e della gioventù, istituendo gli organismi necessari a tale scopo».

(Così rimane stabilito).

Apre allora la discussione sul suddetto articolo.

MASTROJANNI propone la soppressione delle parole: «istituendo gli organismi necessari a tale scopo», con le quali si potrebbe dare l’impressione di voler tornare all’antico e vieto sistema delle organizzazioni giovanili del fascismo.

LA PIRA, pur essendo favorevole a che lo Stato provveda alla protezione morale e materiale della maternità e dell’infanzia, per quanto riguarda la gioventù ha anch’egli il dubbio che si possa far rinascere una organizzazione come quella dell’Opera nazionale Balilla. Sopprimerebbe quindi le parole: «e della gioventù».

IOTTI LEONILDE, Relatrice, insiste perché l’articolo venga approvato integralmente nel testo concordato e in ispecie perché non vengano soppresse le parole «e della gioventù». È giusto che si protegga la maternità e l’infanzia, ma ritiene che una eguale protezione dovrebbe anche essere data alla gioventù, che è quella che maggiormente ha sofferto moralmente e materialmente.

CORSANEGO, Relatore, dopo le osservazioni degli onorevoli Mastrojanni e La Pira, condivide le loro preoccupazioni e i loro dubbi. Per impedire l’eventuale risorgere di organizzazioni del tipo fascista, ritiene che si potrebbe emendare l’articolo nel modo seguente: «…istituendo e favorendo gli organismi necessari a tale scopo», in modo che non si costituisca in questo campo il monopolio dello Stato.

La Pira accede all’emendamento proposto dall’onorevole Corsanego.

MASTROJANNI, nonostante l’emendamento proposto dall’onorevole Corsanego, insiste sulla soppressione della seconda parte dell’articolo, a cominciare dalle parole «e della gioventù».

IOTTI LEONILDE, Relatrice, dichiara di non accettare l’emendamento proposto dall’onorevole Corsanego, in quanto ritiene inutile raggiunta delle parole «e favorendo».

PRESIDENTE mette ai voti la proposta dell’onorevole Mastrojanni di sopprimere puramente e semplicemente la seconda parte dell’articolo a partire dalle parole «e della gioventù».

DE VITA dichiara che voterà in favore dell’emendamento proposto dall’onorevole Mastrojanni.

(L’emendamento è respinto con 2 voti favorevoli e 10 contrari).

PRESIDENTE mette ai voti l’emendamento proposto dall’onorevole Corsanego, tendente ad introdurre dopo la parola «istituendo» le altre «e favorendo».

(L’emendamento è approvato con 10 voti favorevoli e 2 contrari).

Mette poscia ai voti l’intiero articolo, il quale, dopo gli emendamenti approvati, risulta così formulato:

«Lo Stato provvederà ad una adeguata protezione morale e materiale della maternità, della infanzia e della gioventù, istituendo e favorendo gli organismi necessari a tale scopo».

MASTROJANNI dichiara che voterà contro l’articolo, perché nella prima parte consente che la protezione dello Stato si esplichi senza le dovute forme e garanzie per le libertà individuali e delle famiglie. La seconda parte, poi, consente allo Stato di intervenire nella educazione e formazione della gioventù, secondo criteri politici che possono urtare contro la libertà delle famiglie alle quali compete per prime la protezione della gioventù.

Per queste ragioni e anche per l’insegnamento recente dato dal fascismo, che ha formato la gioventù secondo orientamenti che hanno provocato l’attuale grave crisi, ha ragione di diffidare circa l’intervento statale e si riserva di riproporre la questione in sede di Commissione plenaria.

DE VITA dichiara di votare contro per le ragioni esposte dall’onorevole Mastrojanni.

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo.

(È approvato con 10 voti favorevoli e 2 contrari).

La seduta termina alle 13.30.

Erano presenti: Basso, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Grassi, Iotti Leonilde, La Pira, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti e Tupini.

Assenti giustificati: Caristia, Dossetti, Mancini, Lucifero e Marchesi.