Come nasce la Costituzione

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MARTEDÌ 29 OTTOBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

30.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 29 OTTOBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

INDICE

I principî dei rapporti sociali (culturali) (Seguito della discussione)

Lucifero – Presidente – Marchesi, Relatore – Moro, Relatore – Togliatti – Basso – Merlin Umberto – Mastrojanni – Dossetti – De Vita – La Pira – Cevolotto.

La seduta comincia alle 17.20.

Seguito della discussione sui principî dei rapporti sociali (culturali).

LUCIFERO dichiara che, essendo costretto ad assentarsi e data l’eventualità che venissero prese deliberazioni contrarie al punto di vista da lui già espresso sulla questione della scuola, si riserva di risollevare la questione alla prima occasione.

PRESIDENTE chiede ai Relatori se hanno concordato qualche articolo da sottoporre all’esame della Sottocommissione.

MARCHESI, Relatore, risponde che non è stato ancora raggiunto l’accordo sull’articolo già esaminato nella seduta precedente, ma ritiene che possa esserlo nel corso della discussione.

Domanda se non sia ormai tempo di riesaminare e votare quella parte del secondo comma dell’articolo secondo, rimasta sospesa: «Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione e vigila sull’andamento degli studi».

MORO, Relatore, crede che si possa venire incontro al desiderio dell’onorevole Marchesi non appena si sarà giunti ad una conclusione circa l’articolo in esame.

MARCHESI, Relatore, dichiara che, senza l’approvazione dell’inciso che attribuisce allo Stato il diritto e il dovere alla vigilanza sull’andamento degli studi, non potrebbe tranquillamente votare l’articolo in discussione.

MORO, Relatore, propone che l’inciso e l’articolo siano discussi contemporaneamente, in modo da fissare nei corso della discussione i principî a cui ci si vuole ispirare nell’uno e nell’altro tema. In un secondo tempo ci si potrà mettere d’accordo sull’ordine della votazione.

MARCHESI, Relatore, dichiara che a suo parere l’inciso costituisce una premessa fondamentale.

PRESIDENTE ritiene che la linea di discussione proposta dall’onorevole Moro sia accettabile.

TOGLIATTI dichiara che la sua preoccupazione era quella di evitare che il tema in discussione potesse dar luogo a un dissenso non superabile, in modo da costringere il suo gruppo ad astenersi dalla votazione di articoli subordinati ad uno già respinto, aprendo così un disaccordo fondamentale. Al fine di evitare tale dissenso, propone un articolo che accoglie alcuni punti sui quali la Commissione si è manifestata d’accordo. Circa il punto di disaccordo, che era quello della parità di trattamento per gli allievi degli istituti privati, propone una soluzione di compromesso, nel senso che si parli di parità di trattamento a parità di condizioni didattiche controllate dallo Stato. Inoltre propone di aggiungere un punto relativo al conferimento delle provvidenze, a favore degli alunni capaci e meritevoli, mediante pubblico concorso. In definitiva, l’articolo che egli propone sarebbe così formulato:

«La scuola privata è libera ed ha pieno diritto alla libertà di insegnamento.

«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi della scuola privata e nel determinare i requisiti per la sua parificazione, le assicura una libertà effettiva e, a parità di condizioni didattiche controllate dallo Stato, garantisce agli alunni degli istituti privati parità di trattamento.

«Tutte le provvidenze statali a favore degli alunni capaci e meritevoli, sono conferite mediante pubblici concorsi».

PRESIDENTE apre la discussione generale sull’articolo proposto dall’onorevole Togliatti.

MORO, Relatore, premette che da parte sua non vi è alcuna difficoltà ad accettare l’inciso pregiudiziale al quale aveva accennato l’onorevole Marchesi e che riguardava il potere dello Stato di dettare norme generali in materia di istruzione e la sua vigilanza sul buon andamento degli studi.

Per quanto riguarda l’articolo proposto dall’onorevole Togliatti, propone alcune modifiche. Dove è scritto: «scuole private», sostituire: «scuole non statali», dizione che ritiene più corretta, in quanto nell’attuale legislazione la scuola privata rappresenta una sottospecie della scuola non statale; dove si dice: «assicura una libertà effettiva», dire invece: «deve assicurare una libertà effettiva»; alla dizione: «controllate dallo Stato», sostituire: «a tenore dell’ordinamento scolastico»; e infine dopo le parole: «Tutte le provvidenze statali a favore degli alunni capaci e meritevoli», aggiungere l’inciso: «a qualsiasi scuola appartengano».

MARCHESI, Relatore, rileva con piacere che si è ormai sulla via di un accordo. Tuttavia, giacché si vuole anticipare nella Carta costituzionale un regolamento scolastico, ritiene che sia bene essere precisi.

I Commissari democristiani hanno richiesto la parità di trattamento e vogliono che questa parità sia indicata nella Carta costituzionale, pur ammettendo il controllo dello Stato. Hanno dato così prova di fine accorgimento nell’attribuire al problema scolastico e alla scuola privata quella grandissima importanza che effettivamente hanno nella vita della Nazione, non soltanto per le sorti della cultura, ma anche per l’educazione della coscienza nazionale e popolare. Essi chiedono sia stabilita una parità effettiva fra scuola non statale e scuola statale. Ora, poiché la scuola statale è continuamente soggetta al controllo dello Stato attraverso i capi di istituto e il corpo ispettivo, allo stesso controllo deve essere sottoposta la scuola privata, altrimenti non vi sarebbe parità di trattamento, ma intollerabile disparità. Occorre, inoltre, vi sia parità nella scelta del personale didattico; e poiché lo Stato assume soltanto personale incluso nella graduatoria dei concorsi e gli insegnanti delle scuole pubbliche, quando non vi sia carenza di insegnanti effettivi, sono i vincitori di concorsi pubblici, anche gli insegnanti delle scuole private devono essere scelti tra i vincitori dei concorsi, come avviene all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Rileva infine un accordo sostanziale nella parte dell’articolo che parla delle sovvenzioni statali. Dichiara perciò che, affinché la parità sia garantita tanto alla scuola privata quanto alla scuola pubblica, è doveroso accettare parola per parola, senza alcuna modificazione, la proposta conciliativa dell’onorevole Togliatti.

Domanda infine all’onorevole Moro per quale ragione egli ha proposto che l’espressione: «controllate dallo Stato», sia sostituita dall’altra: «a tenore dell’ordinamento scolastico», che riporta questo controllo ad un futuro incerto.

MORO, Relatore, dichiara che si tratta di ragioni di indole psicologica, essendo chiaro che le condizioni didattiche non possono essere stabilite se non dallo Stato. Fa presente che da parte sua non vi è alcuna intenzione di cambiare la sostanza della disposizione; ma l’onorevole Marchesi si deve rendere conto che gli ambienti sociali rappresentati dalla Democrazia cristiana hanno desiderio di una larghezza maggiore e di una maggiore libertà. Ora, dicendo: «ordinamento scolastico», espressione che richiama il potere dello Stato nei confronti della scuola statale e non statale, si raggiunge lo stesso risultato, adottando però una dizione che incontrerà senza dubbio una maggiore simpatia.

MARCHESI, Relatore, dichiara che, pur comprendendo le ragioni psicologiche addotte dall’onorevole Moro, resta fermo nel principio che la parità debba essere intesa nel senso che quelle garanzie che si vogliono assicurare alla società rispetto alla scuola statale siano pure assicurate nei confronti della scuola non statale.

MORO, Relatore, osserva che, dal punto di vista sostanziale, non ha nulla da obiettare circa l’espressione: «a parità di condizioni didattiche», in quanto che si stabilisce un criterio di paragone tra le due scuole e si dice che entrambe debbono soddisfare ad esigenze fondamentali in ordine alle condizioni didattiche.

Ritiene che l’onorevole Marchesi possa essere del pari soddisfatto, poiché si garantiscono tutte le esigenze alle quali egli tiene, anche facendo riferimento all’ordinamento scolastico, anziché al controllo dello Stato. Infatti, vi è la parità didattica tra un ordine di scuole e l’altro, e il rinvio, per assicurare la parità di trattamento, all’ordinamento scolastico che è fissato dallo Stato; con la qual cosa si ammette in linea di principio l’intervento dello Stato per accertare, nelle forme che sembreranno di volta in volta opportune, la continua sussistenza di quella parità di condizioni didattiche che è fondamento per la parità di trattamento.

TOGLIATTI dichiara di preferire la formula da lui presentata e di non comprendere perché l’onorevole Moro insista nell’emendamento proposto, dato che in sostanza esso è già compreso, anche se non è detto espressamente, nell’articolo. Lo Stato non controllerà certamente la scuola per mezzo della polizia, ma lo farà attraverso una legge per mezzo di ispettori scolastici. Del resto è stato già detto che l’ordinamento scolastico è fissato dallo Stato.

Per questi motivi si dichiara contrario alla modificazione proposta.

MORO, Relatore, ripete che l’emendamento è ispirato soltanto da una considerazione di carattere psicologico e che non vi sono sottintesi di sorta.

MARCHESI, Relatore, osserva che l’espressione: «controllate dallo Stato», indica un procedimento sicuro, quasi meccanico. Lo Stato controlla attraverso gli organi ispettivi. L’espressione: «a tenore dell’ordinamento scolastico», non ha la stessa certezza e la stessa meccanicità, perché l’ordinamento scolastico potrebbe anche abolire in futuro l’ufficio ispettivo.

MORO, Relatore, replica che se l’ordinamento scolastico abolisse l’ufficio ispettivo, non ci sarebbe nessuna obiezione da fare.

MARCHESI, Relatore, precisa che la corrente politica da lui seguita vuole che questo procedimento di controllo sia indicato in sede costituzionale, ed imposto al legislatore.

BASSO fa presente di essersi astenuto fino a questo momento dall’intervenire nella discussione, ritenendo che fosse più opportuno non parlare del problema della scuola in sede costituzionale.

Dichiara di riservarsi in sede di Commissione plenaria la facoltà di proporre la soppressione di tutti gli articoli riguardanti la scuola.

Comunque, ritenendo inutile un atteggiamento di pura astensione, dichiara che la sua opinione, nella questione in discussione, concorda con quella dell’onorevole Marchesi. Non ritiene che la formula proposta dall’onorevole Moro offra quella garanzia che giustamente l’onorevole Togliatti e l’onorevole Marchesi chiedono. L’ordinamento scolastico potrebbe sopprimere questo controllo. Ora egli è disposto a votare il resto dell’articolo soltanto nel caso che si fissi al legislatore l’obbligo di istituire un controllo, affinché la parità didattica sia assicurata.

MERLIN UMBERTO fa presente che l’onorevole Moro ha dichiarato prima che, contemporaneamente o subito dopo l’articolo da lui emendato, sarà approvato quel capoverso rimasto sospeso, nel quale si dice che: «Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione». Quanto esprime l’onorevole Marchesi è già contenuto in questa formula generica che dovrebbe soddisfare tutte le sue preoccupazioni.

Ritiene che, per questi motivi, i deputati comunisti potrebbero con maggiore tranquillità votare a favore dell’emendamento proposto dall’onorevole Moro. È necessario che essi comprendano lo stato d’animo dei deputati democratici cristiani, i quali hanno votato contro l’articolo proposto dall’onorevole Lombardi, proprio perché da un lato si affermava la libertà della scuola privata e dall’altro le si mettevano le catene.

MASTROJANNI ritiene che in questa discussione la sensibilità soggettiva si sia sostituita al dovere della obiettività. Qui non si tratta di affermare i principî comunisti, né quelli democristiani, né quelli di altri partiti. Si deve fare una Costituzione che sia espressione della vera e sana democrazia, che è basata anche sul controllo. Non avrebbe nulla in contrario a che la scuola privata potesse intervenire nel controllo della scuola statale, ed avesse il diritto di denunciare alla pubblica opinione quanto in essa potesse contrastare con il generale orientamento etico del Paese. Ritiene anzi che sul controllo reciproco non sia il caso di discutere, perché togliendo ai cittadini, agli enti, allo Stato e ai privati il diritto di controllarsi a vicenda, si distruggerebbe l’essenza stessa della democrazia.

Per queste ragioni, prescindendo da altre considerazioni che potrebbero essere fatte, si dichiara favorevole al principio del controllo stabilito in modo esplicito nella Carta costituzionale.

PRESIDENTE invita l’onorevole Mastrojanni a proporre un emendamento conclusivo del suo pensiero, poiché nell’articolo proposto dall’onorevole Togliatti si parla solo di controllo da parte dello Stato sulla scuola privata, e non anche della possibilità del controllo della scuola privata sulla scuola statale.

DOSSETTI fa presente che sulla sostanza dell’articolo tutti sono d’accordo, e che i Commissari di parte democristiana si sono impegnati a votare la proposizione dell’onorevole Marchesi, precedentemente accantonata, in cui è detto che lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione e che l’andamento degli studi è sotto la sua vigilanza. Osserva che, se questa proposizione fosse stata già approvata, probabilmente a nessuno sarebbe venuto in mente di parlare ancora di un controllo da parte dello Stato sulla parità delle condizioni didattiche, perché è evidente che questa parità deve essere assicurata dal potere normativo che lo Stato ha in ordine a tutta la scuola.

Quindi, riconoscendo il principio della vigilanza generale dello Stato secondo la formula proposta dall’onorevole Marchesi (che se si desidera una garanzia pratica potrebbe avere la precedenza nella votazione), il ripetere «controllate dallo Stato» viene ad essere superfluo. I Commissari di parte comunista devono rendersi conto delle ragioni di carattere puramente psicologico che inducono i democristiani ad augurarsi che tali parole siano soppresse nell’articolo in discussione. Se, per maggiore chiarezza, si vuole aggiungere un richiamo all’articolo precedente, in modo che sia evidente a tutti che questa parità di condizioni didattiche è quella stabilita dall’ordinamento generale dello Stato, propone che si dica: «stabilite dall’ordinamento scolastico generale».

Ritiene pertanto che, per far sì che l’articolo sia veramente accolto da tutti con soddisfazione, si debba consentire ad una modifica, che è di forma e non di sostanza.

MARCHESI, Relatore, dichiara che da parte sua non avrebbe difficoltà a che l’espressione «controllate dallo Stato» sia sostituita dall’altra: «stabilite dall’ordinamento scolastico». Vorrebbe, però, che in quella dichiarazione generica del primo comma dell’articolo secondo sia ripresa la formula da lui proposta in un primo tempo e allora accettata dall’onorevole Moro: «Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione e tutta la organizzazione scolastica è sotto la sua vigilanza».

PRESIDENTE fa presente che è stato proposto che si dica: «Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione e vigila sull’andamento degli studi».

MARCHESI, Relatore, dichiara di preferire la sua formula primitiva. Comunque, poiché si è in via di successivi accordi e di concessioni reciproche, propone che si dica «e l’organizzazione degli studi è sotto la sua vigilanza», o anche «e l’organizzazione scolastica è sotto la sua vigilanza».

MORO, Relatore, DOSSETTI e LA PIRA accettano la proposta dell’onorevole Marchesi.

PRESIDENTE domanda all’onorevole Mastrojanni se insiste sull’emendamento da lui proposto.

MASTROJANNI dichiara di non insistere.

DE VITA prega l’onorevole Togliatti di volere chiarire quali sono i limiti dell’azione dello Stato in materia di insegnamento, e particolarmente se intende che lo Stato debba preoccuparsi anche dell’indirizzo dell’insegnamento. Il dubbio gli è sorto in considerazione di alcuni incisi dell’articolo, come quello: «nel determinare i requisiti per la sua parificazione» e l’altro: «a parità di condizioni didattiche».

TOGLIATTI fa presente all’onorevole De Vita, il quale sembra preoccuparsi della libertà di insegnamento e non della libertà della scuola, che è stato approvato precedentemente un articolo nel quale si dice che «L’arte e la scienza sono libere e liberi sono i loro insegnamenti», il che esclude che lo Stato dia un indirizzo speciale all’insegnamento. Per quello che si riferisce alla scuola privata, poi, si dice che essa ha diritto alla libertà di insegnamento.

Con queste affermazioni, a suo parere, è garantita la libertà di indirizzo nell’insegnamento.

Parlando di «condizioni didattiche», non ci si riferisce al contenuto dei programmi, ma solo alla serietà dell’insegnamento e alla scelta di insegnanti adeguati al loro compito.

DE VITA si dichiara soddisfatto delle spiegazioni dell’onorevole Togliatti.

MORO, Relatore, dichiara di associarsi ai chiarimenti dati dall’onorevole Togliatti.

PRESIDENTE prende atto delle dichiarazioni fatte dall’onorevole Togliatti e ricorda di avere scritto a questo riguardo nella sua pubblicazione dal titolo «La nuova Costituzione» le seguenti parole: «Lo Stato deve intervenire per spronare, con la sanzione e l’esempio a seconda dei casi, a che, nelle scuole private come in quelle pubbliche, sia osservata la serietà dell’insegnamento».

CEVOLOTTO osserva che nella formula proposta dall’onorevole Togliatti si afferma nel primo comma: «La scuola privata è libera e ha pieno diritto alla libertà di insegnamento», e nel primo capoverso poi si dice: «le assicura una libertà effettiva». Ritiene che in tal modo si faccia troppo uso della parola libertà, dando l’impressione che accentuando troppo le garanzie di libertà effettiva si sia enunciato un principio meno serio. Ritiene perciò più opportuno, per la prima parte dell’articolo, tornare al progetto precedente che non implicava questa ripetizione. In esso si diceva: «Chiunque, ente o singolo, può aprire scuole o istituti di educazione». Dopo questa affermazione si può anche dire: «La legge le assicura una libertà effettiva».

Comprende le ragioni per le quali l’onorevole Moro ha proposto che si dica «deve assicurare», ma trova che questa accentuazione eccessiva in alcuni punti della Costituzione disturba. Quando si dice «lo Stato assicura» non occorre altro. Lo Stato non deve garantire: esso deve limitarsi a dichiarare quelli che sono i diritti dei cittadini.

Dichiara comunque di avere inteso di fare solo una raccomandazione, riservandosi ogni decisione sul merito in sede di votazione.

MORO, Relatore, chiarisce all’onorevole Cevolotto che l’espressione: «libertà», ricorrente tanto nel primo comma come nel capoverso dell’articolo, assume rispettivamente due significati diversi. Nella prima parte si dice che la scuola privata è libera: si tratta cioè dei poteri giuridici, della potestà della scuola privata. Quando invece si dice nel capoverso: «libertà effettiva», si vuole intendere la modalità dell’esistenza in atto della scuola.

È favorevole al mantenimento della prima parte proposta dall’onorevole Togliatti e domanda agli onorevoli Togliatti e Marchesi la loro opinione in ordine agli altri emendamenti da lui proposti, cioè: la sostituzione delle parole: «non statale», all’altra: «privata»; «deve assicurare» in luogo di: «assicura»; «deve garantire» in luogo di «garantire» e da ultimo l’aggiunta «a qualsiasi scuola appartengano».

TOGLIATTI dichiara di accettare gli emendamenti.

PRESIDENTE mette ai voti la proposizione: «Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione e l’organizzazione scolastica è sotto la sua vigilanza», che era rimasta sospesa.

BASSO propone che invece di dire «vigilanza» si dica «controllo».

PRESIDENTE prega l’onorevole Basso di non insistere in questa sua proposta, poiché essa porterebbe di nuovo in discussione tutta la questione che ha dato luogo a dissensi tra i Commissari.

BASSO dichiara di non insistere, ma solo perché prevede che la sua proposta di emendamento non sarebbe accolta, non perché egli voglia accedere al concetto di «vigilanza» che è sostanzialmente diverso da quello di «controllo».

(La proposizione è approvata all’unanimità).

PRESIDENTE mette ai voti la prima proposizione della formula proposta dall’onorevole Togliatti, accettata dall’onorevole Marchesi e dall’onorevole Moro: «La scuola non statale è libera ed ha pieno diritto alla libertà di insegnamento».

BASSO dichiara di votare contro tutto questo articolo. Ritiene che il problema non sia soltanto quello della libertà dell’insegnamento, ma il problema più complesso della libertà della scuola, a cui la concezione socialista non può rinunciare, e che non trova garanzie sufficienti nel testo proposto, specialmente perché nella formula non è stata adoperata la parola «controllo». Dichiara di essere contrario all’articolo anche per altre ragioni riguardanti l’applicazione pratica che il Ministro della pubblica istruzione sta facendo dei principî sulla scuola pubblica e sulla scuola privata, applicazione la quale non dà alcuna garanzia per il futuro.

CEVOLOTTO dichiara di associarsi alle osservazioni dell’onorevole Basso e di votare contro.

(La proposizione è approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari).

PRESIDENTE mette ai voti la seconda proposizione: «La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi della scuola non statale e nel determinare i requisiti della sua parificazione, deve assicurarle una libertà effettiva, ed a parità di condizioni didattiche, stabilite dall’ordinamento scolastico, deve garantire agli alunni degli istituti non statali parità di trattamento».

MARCHESI, Relatore, domanda all’onorevole Dossetti se consente a sopprimere l’inciso: «stabilite dall’ordinamento scolastico».

DOSSETTI accetta.

PRESIDENTE comunica che la proposizione risulta definitivamente così modificata: «La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi della scuola non statale e nel determinare i requisiti per la sua parificazione, deve assicurarle una libertà effettiva, ed a parità di condizioni didattiche deve garantire agli alunni degli istituti non statali parità di trattamento».

La mette ai voti.

(La proposizione è approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari).

Mette quindi ai voti l’ultima proposizione della formula proposta, che è del seguente tenore: «Tutte le provvidenze statali a favore degli alunni capaci e meritevoli, a qualsiasi scuola appartengano, sono conferite mediante pubblici concorsi».

BASSO dichiara di essere favorevole al concetto contenuto nella proposta in esame, ma ritiene che con questo si entri in un campo estraneo ad una Costituzione e che, pertanto, non dovrebbe essere trattato in questa sede.

CEVOLOTTO dichiara di essere favorevole al concetto, ma dal momento che egli ha dichiarato di votare contro tutto l’articolo, è costretto a votare contro anche questa proposizione a cui darebbe voto favorevole se fosse isolata.

(La proposizione è approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari).

PRESIDENTE rileva che l’articolo risulta approvato nei seguenti termini:

«La scuola non statale è libera ed ha pieno diritto alla libertà di insegnamento.

«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi della scuola non statale e nel determinare i requisiti per la sua parificazione, deve assicurarle una libertà effettiva, ed a parità di condizioni didattiche deve garantire agli alunni degli istituti non statali parità di trattamento.

Tutte le provvidenze statali a favore degli alunni capaci e meritevoli, a qualsiasi scuola appartengano, sono conferite mediante pubblici concorsi».

Lo mette ai voti nel suo complesso.

(È approvato con 11 voti favorevoli e 2 contrari).

Per quanto riguarda il collocamento che si deve dare a questo articolo, fa presente che l’ultimo degli articoli votati in una delle sedute precedenti diceva: «L’istruzione primaria, media, superiore è tra le precipue funzioni dello Stato». Dopo questa proposizione si dovrebbe inserire la proposizione che era rimasta in sospeso e che è stata oggi approvata: «Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione e l’organizzazione scolastica è sotto la sua vigilanza». Subito dopo questa proposizione si dovrebbe inserire l’altra: «Per assicurare un imparziale controllo dello svolgimento degli studi e a garanzia della collettività, la legge dispone che i titoli legali di ammissione agli studi superiori e di abilitazione professionale siano conferiti mediante esame di Stato».

A questo dovrebbero seguire le proposizioni testé approvate che potrebbero formare un nuovo articolo.

(Così resta stabilito).

Domanda ai Relatori onorevoli Moro e Marchesi se sono in grado di poter presentare un nuovo articolo concordato.

MORO, Relatore, dichiara che il successivo articolo proposto è concordato e pertanto potrebbe essere messo in discussione.

PRESIDENTE dà lettura dell’articolo:

«La scuola è aperta al popolo. Ogni cittadino ha diritto a tutti i gradi di istruzione, senza altra condizione che quella dell’attitudine e del profitto.

«La Repubblica detta le norme le quali, mediante borse di studio, sussidi alle famiglie ed altre provvidenze, garantiscono ai più capaci e meritevoli l’esercizio di tale diritto.

«L’insegnamento primario e post-elementare, da impartire in otto anni, è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età».

MASTROJANNI domanda ai Relatori che cosa si intende dire con le parole: «attitudine» e «profitto».

MORO, Relatore, chiarisce che si è voluto dire che ogni cittadino ha diritto all’istruzione, senza altra condizione che quella dell’attitudine e del profitto, cioè prescindendo dall’appartenenza a un determinato ambiente sociale o ad una particolare condizione economica.

MARCHESI, Relatore, chiarisce a sua volta che si è voluto appunto intendere che la capacità non è sufficiente a giustificare il diritto all’istruzione, se non è accompagnata dal profitto, cioè dal lavoro.

PRESIDENTE mette ai voti la prima proposizione:

«La scuola è aperta al popolo. Ogni cittadino ha diritto a tutti i gradi di istruzione, senza altra condizione che quella dell’attitudine e del profitto».

(La proposizione è approvata all’unanimità).

Mette ai voti la seconda proposizione:

«La Repubblica detta le norme le quali, mediante borse di studio, sussidi alle famiglie ed altre provvidenze, garantiscono ai più capaci e meritevoli l’esercizio di tale diritto».

DOSSETTI osserva che, in coerenza con quanto è stato già stabilito a proposito di altri articoli per ciò che riguarda le espressioni: «Repubblica, Stato, ecc.» sarebbe preferibile che nella formula in esame, invece di dire «La Repubblica», si adottasse il termine: «La legge».

BASSO rileva che il termine: «sussidi alle famiglie» contiene sempre un concetto di carità, mentre qui si deve parlare di un diritto che viene garantito. Preferirebbe che si dicesse «assegni alle famiglie» invece di «sussidi alle famiglie».

PRESIDENTE domanda ai Relatori se accettano gli emendamenti di forma proposti rispettivamente dagli onorevoli Dossetti e Basso.

MARCHESI e MORO, Relatori, dichiarano di accettare.

PRESIDENTE mette ai voti la proposizione così come risulta con gli emendamenti proposti dagli onorevoli Dossetti e Basso:

«La legge detta le norme le quali, mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, garantiscono ai più capaci e meritevoli l’esercizio di tale diritto».

(È approvata all’unanimità).

Pone in discussione l’ultima proposizione all’articolo proposto:

«L’insegnamento primario e post-elementare, da impartire in otto anni, è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età».

MARCHESI, Relatore, fa presente che questo articolo fa parte di quelle dichiarazioni costituzionali che dovranno servire al legislatore per iniziare subito i nuovi ordinamenti scolastici, in modo che non si possa dubitare della loro integrale applicazione. Osserva però che non è da pensare che questi ordinamenti scolastici in favore di tutto il popolo possano aver vigore immediatamente, date le necessità del momento attuale e le molte difficoltà che ne rallenteranno l’applicazione totale e immediata. Dobbiamo riconoscere che il popolo italiano, come altri popoli travolti dal ciclone della guerra, ha ora bisogno di cercarsi lavoro attraverso le vie del mondo, e che il titolo di operaio qualificato sarà più ricercato e valevole che non il titolo dottorale.

Si è voluto appunto distinguere nell’articolo in esame la scuola primaria e la scuola post-elementare: la scuola primaria è quella che si svolge in cinque anni come di consueto; la scuola post-elementare è quella che il legislatore potrà costituire soddisfacendo alle esigenze, espresse da più parti, di una scuola media unica formativa da servire quale scuola sperimentale della capacità degli alunni.

Ma, poiché questa scuola media unica non potrà per ora sorgere altro che come esperimento limitato a qualche provincia d’Italia più progredita, si è pensato di lasciare intanto al legislatore la facoltà di riordinare nella scuola post-elementare quelle scuole di lavoro e di arti e mestieri che oggi si dimostrano di tanta utilità, affinché il lavoratore italiano possa conseguire una effettiva qualifica di mestiere.

MORO, Relatore, si associa alle dichiarazioni dell’onorevole Marchesi.

MASTROJANNI riferendosi alle parole: «obbligatorio», osserva che ci sono alunni i quali dimostrano una insufficienza di carattere organico a frequentare le scuole, e non si può pertanto imporre l’obbligo di frequentare una scuola ad individui che non siano suscettibili di ricevere un insegnamento.

MARCHESI, Relatore, obietta che questa incapacità non potrà risultare che attraverso la frequenza di una scuola.

MASTROJANNI domanda se l’esperimento di questa capacità o meno dovrà continuare fino ai 14 anni.

CEVOLOTTO ritiene che vi dovranno essere dei regolamenti scolastici per i quali, se un alunno è bocciato per tre anni di seguito, debba essere escluso dalla scuola.

PRESIDENTE ritiene che questo sia già preveduto nella legislazione scolastica attuale.

MASTROJANNI si dichiara soddisfatto dei chiarimenti ricevuti.

PRESIDENTE mette ai voti l’ultima proposizione dell’articolo.

(È approvata all’unanimità).

Mette ai voti l’intero articolo così formulato:

«La scuola è aperta al popolo. Ogni cittadino ha diritto a tutti i gradi di istruzione, senza altra condizione che quella dell’attitudine e del profitto.

«La legge detta le norme le quali, mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, garantiscono ai più capaci e meritevoli l’esercizio di tale diritto.

«L’insegnamento primario e post-elementare, da impartire in otto anni, è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età».

(L’intero articolo è approvato all’unanimità).

Fa presente che nel testo proposto dai due Relatori viene a questo punto un articolo che è proposto dal solo onorevole Marchesi, ed al quale l’onorevole Moro non ha aderito. L’articolo è così formulato:

«Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilirà e svolgerà, con l’assistenza di enti locali e per mezzo delle autorità centrali e periferiche, un piano di struttura scolastica diretto ad integrare e ad estendere l’istruzione popolare».

MORO, Relatore, chiarisce i motivi che lo hanno indotto a non sottoscrivere l’articolo proposto dall’onorevole Marchesi, osservando che in esso da una parte si ripete il concetto già espresso nell’ultimo comma dell’articolo precedentemente approvato, nel quale si afferma che le borse di studio sono assegnate mediante pubblici concorsi, e dall’altra si fa un accenno all’attività scolastica per permettere che questa attività educativa e di istruzione giunga fino a tutti i ceti popolari.

Dichiara che l’idea che l’istruzione debba essere estesa a tutto il popolo lo trova consenziente, come pure quella che lo Stato debba porre in essere ogni attività allo scopo di dare una cultura, nei limiti del possibile, a tutti i cittadini, ma per quanto riguarda le parole «svolgerà con l’assistenza di enti locali e per mezzo delle autorità centrali e periferiche un piano di struttura scolastica…» ebbe a fare a suo tempo delle riserve che intende mantenere.

Ritiene che si potrebbe dall’articolo proposto enucleare una parte suscettibile di incontrare il consenso di tutti i Commissari, la quale ribadisca il principio di una estensione della cultura e della istruzione tale da permettere a tutti i cittadini, anche a coloro che si avviino al lavoro manuale, di attendere a questo lavoro con una più completa preparazione, in un senso largo, umanistico.

Se si vuole quindi confermare in questa sede che tutti i cittadini, anche se non possono giungere ai più alti gradi di istruzione, devono avere una formazione adeguata nel piano tecnico ed umano, egli non potrà che essere d’accordo, a patto che non vi sia un richiamo ad una pianificazione strutturale della attività scolastica.

MARCHESI, Relatore, dichiara di aver previsto che questa parola «piano» avrebbe suscitato diffidenze. Osserva che si tratta di un termine ormai entrato nell’uso e che bisogna accettare, quando si voglia tendere verso un rinnovamento dei fattori della vita sociale. Non vi è nessuno, tra tutti i deputati dell’Assemblea Costituente, che non sia d’accordo nel riconoscere la necessità di elevare, anche al di là della scuola, l’istruzione popolare. È un riconoscimento che si rinnova e si ripete da secoli, ma l’esperienza – una lunga esperienza – insegna quale differenza ci sia tra quelli che dicono di volere la estensione della cultura popolare e quelli che la vogliono veramente. Gli uomini del suo partito sono certamente tra coloro che la vogliono.

Ciò premesso, bisogna che la Costituzione parli chiaro su questo punto ed indichi ciò che il legislatore dovrà stabilire e il Governo dovrà, o potrà, eseguire. A questo scopo nell’articolo da lui proposto si dice: «Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilirà e svolgerà con l’assistenza di enti locali» – e si potrebbe aggiungere «politici e sindacali», in quanto non c’è ragione che i partiti politici e le organizzazioni sindacali siano tenuti lontani da questa opera di elevazione popolare – «per mezzo delle autorità centrali e periferiche, un piano di struttura scolastica diretto ad integrare e ad estendere l’istruzione popolare».

Fa presente che si tratta di un «piano», non di un progetto condannato a restare inattuato, di un piano che deve essere garantito dallo Stato, per mezzo degli organi statali.

Al risultato desiderato potrà giungersi con la moltiplicazione delle scuole, soprattutto primarie, con l’istituzione di scuole di arte e di lavoro, con la creazione di biblioteche circolanti in tutti i villaggi. Bisogna diffondere il libro sotto qualunque forma, non importa se catechismo o libro di novelle. Bisogna educare il popolo, e l’alfabeto è lo strumento fondamentale non solo agli effetti della elevazione spirituale e politica della gente, ma anche nei riguardi della produzione economica del Paese. Con biblioteche circolanti in tutti i villaggi, con insegnanti volanti nelle campagne, si potrà ottenere l’invocata diffusione della cultura popolare. Ci sono luoghi nelle campagne, tagliati fuori dal resto del mondo, che rimarranno per parecchio tempo esclusi da ogni possibilità di insegnamento.

Tutto questo non si può fare fidando nella iniziativa di alcuni organismi od enti privati o comunali o regionali; ci vuole un diretto intervento del Governo, un piano stabilito e perseguito dal Governo attraverso i suoi organi centrali e periferici.

Fa presente che, proponendo questo articolo, ha inteso indurre la Sottocommissione a considerare l’importanza grande che un’organizzazione governativa, con la collaborazione degli enti locali e regionali, dei partiti politici e delle organizzazioni operaie e sindacali, può avere per l’istruzione del popolo, oltre i confini della scuola.

PRESIDENTE manifesta l’impressione che la proposta dell’onorevole Marchesi riguardi una materia propria di legge speciale, che lo Stato potrà elaborare allorquando si tratterà di avvisare ai mezzi per un migliore incremento dell’istruzione popolare.

Ritiene comunque che il primitivo articolo dell’onorevole Marchesi sia più accettabile di quello presentato oggi, perché non vi si parla di pianificazione.

Dichiara che, qualora si decidesse di porre ai voti l’articolo proposto dall’onorevole Marchesi, egli si riserva di proporre un emendamento così formulato:

«Le iniziative private dirette ad integrare e diffondere l’istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo Stato con premi e sovvenzioni adeguate».

Osserva che è bene che la questione della diffusione dell’istruzione popolare sia stata in questa sede esaminata e prospettata; e quanto è stato detto potrà essere convenientemente inserito nel verbale come pensiero della Sottocommissione per essere poi presentato in sede competente. Ma dichiara che se l’articolo fosse messo in votazione, egli voterà contro perché ritiene non costituzionale la materia in esso trattata, e che quindi tale materia esuli dalla competenza specifica della Sottocommissione.

MASTROJANNI esprime il dubbio che la preoccupazione di estendere l’insegnamento nelle zone dove esso può arrivare più difficilmente possa avere come conseguenza il grave inconveniente che in quelle zone l’attitudine dei singoli fino al quattordicesimo anno di età venga convogliata a determinati orientamenti e finalità politiche con vantaggio di quel partito che, essendo al potere, avrà i mezzi di attuare questo piano straordinario.

Osserva inoltre che le dichiarazioni dell’onorevole Marchesi hanno rafforzato le sue preoccupazioni nei riguardi dell’ultimo capoverso dell’articolo precedente, là dove si dice che «l’insegnamento primario e post-elementare da impartire in otto anni è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età». Pur non avendo nulla da obiettare, perché l’articolo è stato già approvato, si preoccupa del fatto che un giovane possa essere obbligato fino al quattordicesimo anno di età a seguire un indirizzo scolastico che contrasti, ad esempio, con le sue attitudini umanistiche, se la scuola post-elementare dovesse avere un orientamento professionale specifico.

Desidera che di questa sua preoccupazione si faccia cenno nel verbale.

CEVOLOTTO fa presente che l’insegnamento post-elementare fino al quattordicesimo anno di età sarà obbligatorio per chi non intenda seguire altri corsi. L’alunno che, come dice l’onorevole Mastrojanni, abbia spiccate tendenze agli studi umanistici, andrà al ginnasio.

Per quanto riguarda il nuovo articolo proposto dall’onorevole Marchesi, dichiara che, se esso sarà messo in votazione, voterà contro, poiché nutre dei dubbi circa le finalità politiche dell’insegnamento previsto, nelle zone in cui non vi sono possibilità di controllo.

MASTROJANNI dichiara che, nel caso che l’articolo sia messo ai voti, egli voterà contro, inquantoché le finalità da esso perseguite potrebbero prestarsi alle ingerenze dei fattori politici.

MORO, Relatore, risponde all’onorevole Mastrojanni richiamandosi alle dichiarazioni dell’onorevole Marchesi, alle quali si è anche egli associato, rilevando che la scuola pos-telementare non dovrebbe essere una continuazione della scuola elementare, ma che, appena sarà possibile, si creerà una scuola con una particolare fisionomia.

Per quanto riguarda il nuovo articolo proposto dall’onorevole Marchesi, dichiara di non essere d’accordo col Presidente, poiché ritiene che la materia dell’articolo in esame debba rientrare nell’argomento della scuola. Ci si è preoccupati dell’alta cultura in un senso molto largo, e non si rivolge ancora tutta l’attenzione alla esigenza di diffondere in mezzo al popolo l’istruzione. L’obiezione da lui sollevata riguardava soltanto la pianificazione come tale. Si dichiara invece d’accordo con l’onorevole Marchesi circa l’opportunità che vi sia una norma che impegni lo Stato a favorire l’iniziativa della istruzione popolare.

Poiché quello che si fonda è uno Stato sociale, come è stato dichiarato fin da principio, è opportuno inserire nella Costituzione una dichiarazione sul favore che lo Stato deve accordare a queste iniziative. Ritiene che una formula in proposito possa essere concordata.

DE VITA domanda la chiusura della discussione generale.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta di chiusura della discussione generale sull’articolo.

(È approvata all’unanimità).

Fa presente che ci sono due votazioni da fare. La prima è di ordine pregiudiziale e riguarda la convenienza o meno che una materia come quella proposta dall’onorevole Marchesi formi oggetto di una statuizione di carattere costituzionale. Personalmente si dichiara contrario all’inclusione dell’articolo dell’onorevole Marchesi nella Costituzione.

Ricorda poi di aver presentato in linea subordinata una formula la quale dice:

«Le iniziative private dirette a integrare e diffondere l’istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo Stato con premi e sovvenzioni adeguate».

MERLIN UMBERTO fa presente che nell’assemblea plenaria della Commissione tenuta venerdì scorso è stata presa una deliberazione nella quale si raccomandava che la Costituzione fosse breve e chiara. Dichiara, in base a quella raccomandazione, di associarsi alla proposta del Presidente tendente ad escludere dalla Costituzione un articolo come quello proposto dall’onorevole Marchesi. Questa dichiarazione non involge il suo giudizio nel merito, concordando nei concetti espressi dall’onorevole Marchesi.

DOSSETTI fa presente che la questione deve essere discussa senza tener presente quanto è stato concordato nell’Assemblea plenaria dei settantacinque.

Osserva che l’articolo proposto dall’onorevole Marchesi nella seconda stesura contiene due principî, uno relativo all’affermazione dell’obbligo dello Stato di provvedere in maniera vasta ed intensa alla diffusione della cultura popolare, e un secondo principio relativo al modo attraverso cui lo Stato deve pervenire a questo risultato, cioè una pianificazione dello sviluppo di questa cultura che si concreta poi in iniziative dello Stato e in aiuti e favori alle iniziative di altri enti.

Osserva anche che è difficile poter votare contro i due concetti. Si dichiara d’accordo sul primo principio ed anche sul secondo, nel senso che lo Stato deve porsi il problema di sviluppare la cultura popolare in modo organico in tutte le regioni d’Italia.

Fa presente, però, che pur essendo favorevole al contenuto dell’articolo, ritiene che la duplice affermazione non debba essere fatta in questa sede, perché, per quel che riguarda la prima parte dell’articolo, l’obbligo cioè dello Stato di favorire la cultura popolare, il concetto è già contenuto negli articoli approvati precedentemente.

BASSO, pur ritenendo che tutta la materia scolastica non sia di competenza della Costituzione, dal momento che altri articoli del genere sono stati approvati, dichiara che voterà favorevolmente per l’introduzione nella Costituzione anche di questo articolo.

DE VITA si dichiara contrario alla pregiudiziale sollevata contro l’articolo, facendo presente che tale dichiarazione non pregiudica il suo giudizio sull’articolo stesso.

MARCHESI, Relatore, osserva che nel proporre il suo articolo ha voluto distinguere nettamente il problema della scuola dal problema della cultura. Poiché il problema della scuola è stato ritenuto di competenza della Costituzione, non vede le ragioni per cui debba negarsi la competenza costituzionale per un articolo che riguarda la cultura del popolo, la quale si può e si deve svolgere ampiamente oltre i confini della scuola.

PRESIDENTE mette ai voti la pregiudiziale se l’articolo proposto dal Relatore onorevole Marchesi debba o meno essere considerato materia di Costituzione, e quindi essere messo in discussione ed in votazione.

Ricorda che la decisione che la Commissione prenderà non implica, naturalmente, il giudizio del merito, il cui esame resta riservato.

LA PIRA fa presente che in un primo momento aveva acceduto alla tesi esposta dall’onorevole Presidente, ma che l’ultimo chiarimento dato dall’onorevole Marchesi lo ha convinto.

(La Sottocommissione si dichiara favorevole alla discussione dell’articolo proposto dall’onorevole Marchesi con 10 voti contro 3).

PRESIDENTE dichiara aperta la discussione sul merito dell’articolo proposto dall’onorevole Marchesi.

BASSO e TOGLIATTI osservano che la discussione sul merito dell’articolo era stata chiusa.

PRESIDENTE ricorda che si era fatta la riserva, qualora cadesse la pregiudiziale, di presentare una formulazione diversa.

MARCHESI, Relatore, propone la seguente formula lievemente modificata:

«Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilirà e svolgerà con l’assistenza di enti locali e per mezzo delle autorità centrali e periferiche, un piano di cultura diretto ad integrare e ad estendere l’istruzione popolare».

PRESIDENTE dichiara di insistere sulla sua proposta sostitutiva di quella presentata dall’onorevole Marchesi, così formulata:

«Le iniziative private dirette ad integrare e diffondere l’istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo Stato con premi e sovvenzioni adeguate».

MARCHESI, Relatore, si dichiara contrario alla formula proposta dal Presidente, poiché ritiene che lo Stato debba essere il promotore della diffusione dell’istruzione popolare.

Osserva che l’articolo proposto dal Presidente rovescia quello da lui presentato, poiché mette a base l’iniziativa privata, in luogo di quella statale.

PRESIDENTE comunica che è stata proposta dall’onorevole Moro una terza formula conciliativa, a cui dichiara in linea di massima di aderire, del seguente tenore: «Lo Stato stimolando, coordinando e favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative di enti locali, di istituzioni e di privati, svilupperà in modo organico la cultura popolare e l’istruzione professionale».

MARCHESI, Relatore, osserva che secondo questa nuova formula lo Stato dovrà aspettare che si manifestino iniziative di enti locali, di privati, ecc., per coordinarle e favorirle, e per sviluppare su questa base, in modo organico, la cultura popolare. Pertanto sarebbe lasciato all’iniziativa dello Stato soltanto uno stimolo; ciò che, a suo avviso, sarebbe troppo debole e troppo vago.

Dopo aver dichiarato che non comprende per quale fatalità ogni formula proposta dalla sua parte debba essere soggetta a sospetti e a modifiche, rileva che nel suo articolo, con la formula: «Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private…» si ammettono appunto le iniziative private; e con l’altra: «enti locali», ci si riferisce in maniera particolare ai municipi, alle regioni e ad altri enti del genere. Lo Stato non esiste se non attraverso le autorità che lo rappresentano: quella centrale e quelle periferiche; è dunque lo Stato stesso che predispone, attraverso gli organi esecutivi, un piano di cultura diretto ad integrare e ad estendere l’istruzione popolare.

PRESIDENTE domanda all’onorevole Marchesi se respinge la proposta formulata dall’onorevole Moro.

MARCHESI, Relatore, dichiara che, con l’articolo proposto, ha mirato ad impegnare lo Stato nell’opera di diffusione e di organizzazione della cultura attraverso gli enti privati, che sono stati messi in prima linea, attraverso gli enti locali e con l’intervento di quelle autorità centrali e periferiche, senza di che non esisterebbe intervento statale.

Fa presente che, piuttosto che accettare alterazioni profonde e sostanziali all’articolo da lui proposto, preferisce ritirarlo.

MASTROJANNI propone la seguente formulazione: «È interesse dello Stato diffondere con ogni mezzo la cultura popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative».

PRESIDENTE osserva che la proposta dell’onorevole Mastrojanni potrebbe essere resa più accettabile, qualora fosse formulata nel modo seguente: «Lo Stato deve diffondere con ogni mezzo a sua disposizione la cultura popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative».

MORO, Relatore, propone che si tolgano le parole «a sua disposizione» e si dica semplicemente: «Lo Stato deve diffondere con ogni mezzo la cultura popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative».

MARCHESI, Relatore, dichiara di accettare la formula così modificata.

PRESIDENTE mette ai voti la formula proposta dall’onorevole Mastrojanni e da lui, con la modificazione dell’onorevole Moro.

(È approvata all’unanimità).

Fa presente che vi è una proposta degli onorevoli Moro e Dossetti diretta a rinviare l’articolo che riguarda l’insegnamento religioso al momento nel quale si dovranno discutere i rapporti fra Stato e Chiesa. Osserva che è bene che gli onorevoli Commissari dicano il loro parere in proposito, perché dal modo come essi decideranno dipenderà l’ordine dei lavori della seduta di domani.

Dichiara aperta la discussione sulla proposta degli onorevoli Moro e Dossetti.

TOGLIATTI esprime il parere che l’articolo sull’insegnamento religioso debba essere discusso nella seduta di domani.

PRESIDENTE dichiara di concordare con l’onorevole Togliatti.

DOSSETTI insiste perché l’articolo venga discusso unitamente agli altri che si riferiscono ai rapporti tra Stato e Chiesa.

PRESIDENTE osserva che tra gli articoli ve ne è anche uno il quale riguarda i monumenti artistici, storici e naturali. Esprime il suo dubbio che questa materia debba far parte della Costituzione.

Non c’è motivo, a suo parere, di dire che tali monumenti costituiscono patrimonio nazionale e sono sotto la protezione dello Stato, né c’è un motivo che costringa a prendere in considerazione questa speciale situazione, in quanto non esistono precedenti tali da giustificare la necessità di un articolo del genere.

MARCHESI, Relatore, osserva che la ragione che lo ha spinto a formulare l’articolo inserendolo nella Costituzione è la prospettata autonomia regionale. Per impedire l’eventualità che la regione possa disporre liberamente dei propri monumenti, egli ha formulato l’articolo inserendovi le parole «in qualsiasi parte del territorio della Repubblica».

CEVOLOTTO osserva che dicendo: «I monumenti artistici, storici e naturali del Paese costituiscono patrimonio nazionale» se ne potrebbe trarre l’illazione ch’essi debbano essere espropriati quando appartengano a privati. Se tali monumenti costituiscono patrimonio nazionale, non sono più patrimonio privato, mentre è da rilevare che la maggior parte dei monumenti nazionali sono patrimonio privato, sia pure vincolato.

Per questa ragione ritiene opportuno mutare la formula, altrimenti si dovranno espropriare tutti i monumenti con la conseguenza che lo Stato dovrebbe assumersi la manutenzione di tutti i monumenti nazionali. Insiste, pertanto, sulla opportunità di discutere l’articolo nella seduta di domani, in quanto esso deve essere studiato con maggiore ponderazione.

PRESIDENTE propone che, stante l’ora tarda e l’opportunità di studiare meglio la formula presentata dal Relatore Marchesi, la discussione sia rinviata alla seduta di domani.

(La Commissione concorda).

La seduta termina alle 20.10.

Erano presenti: Basso, Cevolotto, Corsanego, De Vita, Dossetti, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Mastrojanni, Marchesi, Merlin Umberto, Moro, Togliatti e Tupini.

Assenti giustificati: Caristia, Grassi, Lombardi Giovanni e Mancini.