Come nasce la Costituzione

GIOVEDÌ 23 GENNAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

ADUNANZA PLENARIA

17.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 23 GENNAIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TUPINI

INDICE

Rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica (Discussione)

Presidente – Cevolotto – Moro – La Pira – Lussu – Calamandrei – Togliatti – Einaudi – Basso – Fabbri – Perassi – Terracini – Lucifero – Canevari – Cappi – Mortati – Giua – Ambrosini – Grassi – Mastrojanni – Dossetti – Fuschini.

La seduta comincia alle 10.20.

Rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica.

PRESIDENTE ritiene opportuno, in assenza del Presidente onorevole Ruini, tuttora indisposto, prendere in esame la questione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, sospesa ieri.

Tali rapporti sono disciplinati dall’articolo 5 delle disposizioni generali, approvato dal Comitato di redazione.

L’articolo dice:

«Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani.

«I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Qualunque modificazione di essi, bilateralmente accettata, non richiederà un procedimento di revisione costituzionale».

Si è proposto da alcuni componenti del Comitato di redazione di sostituire al primo comma il seguente: «Lo Stato riconosce l’indipendenza della Chiesa cattolica nei suoi ordinamenti interni»; e al secondo comma: «I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati da patti concordatari»; oppure: «I rapporti fra Stato e Chiesa cattolica continuano ad essere regolati dai patti concordati».

Pone in discussione il primo comma dell’articolo.

CEVOLOTTO, quale Relatore, insieme all’onorevole Dossetti, su questa materia, fu contrario alla formula adottata dalla prima Sottocommissione e poi dal Comitato di redazione: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani». Fu, quindi, uno dei proponenti dell’emendamento che è stato portato nel Comitato di redazione: «Lo Stato riconosce l’indipendenza della Chiesa cattolica nei suoi ordinamenti interni».

Pur ritenendo che, nell’opinione e nella volontà dei proponenti del testo adottato dalla Sottocommissione, la sovranità della Chiesa si riferiva all’ordinamento interno, osserva che si tratta di una distinzione sottile che non si rileva facilmente. Questa parificazione dello Stato e della Chiesa, come enti sovrani entrambi ed indipendenti, non risponde alla concezione liberale e democratica che ha della funzione liberissima, alla quale si vuole garantire tutta l’indipendenza, della Chiesa nello Stato.

A suo parere è lo Stato che riconosce e garantisce l’indipendenza delle Chiese; e dice non «della Chiesa», ma «delle Chiese», perché in questa materia il principio di libertà di religione porta alla conseguenza che, per quanto enormemente differenti possano essere nella loro struttura e nella loro importanza le varie Chiese, nell’ordinamento positivo e amministrativo – e di ciò si deve tener conto – per quello che si riferisce alla sfera individuale, il diritto di libertà religiosa di un fedele di una Chiesa che abbia scarsi seguaci è uguale al diritto di libertà religiosa della grande massa di fedeli raggruppati in una enorme e soverchiante Chiesa. Lo Stato è nella stessa posizione rispetto a queste diverse Chiese, e ne riconosce l’indipendenza e la libertà.

Si tratta, in sostanza, di una questione di principio che si riallaccia ad una vecchia formula. Sono ricordi sorpassati, di posizioni sorpassate che noi stessi abbiamo superato, ma che ritornano; è la formula di Luzzatti che diceva: «Libera Chiesa nello Stato sovrano».

Su tale questione – che non intende illustrare più a lungo – deve pronunziarsi la Commissione plenaria.

MORO ricorda che, fin dalla prima redazione di questa parte della Costituzione, fu contrario alla tesi sostenuta dall’onorevole Cevolotto, e con piacere ebbe a constatare che l’onorevole Togliatti ed altri colleghi si associarono a lui nella formulazione di questo articolo, che è una formulazione di compromesso.

La prima richiesta non era per il riconoscimento della sovranità della Chiesa, bensì della originarietà del suo ordinamento. Questa espressione fu scartata, perché si ritenne che avesse un valore scientifico e fosse meno chiara e indicativa che non la parola «sovranità». Ora, se la difficoltà fosse per la parola, si potrebbe ritornare sulla vecchia proposta, la quale importava che lo Stato riconoscesse l’indipendenza e l’originarietà dell’ordinamento della Chiesa; se invece la richiesta andasse al di là della parola, non esprimesse soltanto un disagio di fronte ad una espressione che può sembrare meno adatta ad indicare la realtà delle cose, se si tendesse ad infirmare, cioè, il principio di una effettiva indipendenza della Chiesa nei confronti dello Stato, allora non si potrebbe che tener ferma la propria posizione.

Ha detto l’onorevole Cevolotto che l’indipendenza della Chiesa deve essere riconosciuta e garantita dallo Stato sovrano. Ritiene che l’indipendenza della Chiesa sia realmente garantita per quella che è la sua natura, solo quando si riconosca il carattere originario del suo ordinamento. È stato già chiarito, e ripete ora, che questo riconoscimento che lo Stato fa dell’ordinamento della Chiesa non è un richiamo alle singole norme dell’ordinamento canonico, le quali non sono, quindi, ricevute tutte quante nell’ambito dell’ordinamento dello Stato; è semplicemente il riconoscimento che lo Stato dà alla particolare natura di questo organismo che è la Chiesa, la quale ha effettivamente una sua competenza per regolare le materie che sono corrispondenti alle finalità che essa persegue nell’ambito della vita sociale, e per regolarle in perfetta indipendenza quando si tratti di materie di puro interesse ecclesiastico, ed invece attraverso pattuizioni bilaterali, quando si tratti di materie di interesse comune per lo Stato e la Chiesa.

Non c’è bisogno di dire che il carattere originario, ed in questo senso sovrano dell’ordinamento della Chiesa, non è una innovazione dell’ultima ora che si prospetta, ma è un costante riconoscimento della dottrina e della filosofia del diritto, le quali unanimemente ormai riconoscono che il diritto non è soltanto il diritto dello Stato, ma è il diritto di tutti gli organismi che entro o fuori lo Stato hanno una effettiva competenza per regolare in modo autonomo le materie di loro spettanza.

Ora, a questa posizione scientifica, alla quale si possono richiamare in modo non sospetto persone che sono lontane e dalla Chiesa cattolica e dallo stesso pensiero cristiano, si aggiunge una considerazione, che è di carattere sociale e politico: volere in questo momento disconoscere il carattere originario e sovrano in questo senso della Chiesa, significa contrastare alla diffusa coscienza sociale del popolo, il quale ritiene davvero che alla Chiesa non si possa fare il trattamento che si fa ad una qualsiasi associazione privata. La Chiesa ha tale una maestà, tale una larga competenza per quanto riguarda essenziali rapporti umani, ed ha una tale sfera di influenza che va al di fuori e al di là dello Stato singolo, che parificarla ad una qualsiasi associazione privata significherebbe forzare indebitamente la realtà delle cose.

È a questo sicuro prodotto della scienza, è a questa voce della coscienza popolare che si richiama per chiedere ai colleghi di riconoscere questa realtà, che è la Chiesa indipendente, con una potestà originaria di regolare le materie di propria competenza, con la conseguenza unica che le materie di interesse comune per lo Stato e per la Chiesa debbano essere regolate attraverso forme concordatarie e non attraverso un’arbitraria regolamentazione unilaterale da parte dello Stato.

Come espressione di buona volontà e di spirito liberale, e come omaggio a questa realtà di organizzazione sulla quale lo Stato non può incidere trattando la Chiesa come organismo puramente privato, dichiara, e crede di rendersi interprete di alcuni almeno dei suoi colleghi, che in linea di massima è disposto ad accettare un emendamento proposto dall’onorevole Terracini, il quale vorrebbe estendere una regolamentazione in largo senso concordataria per quanto riguarda i rapporti fra lo Stato e le altre confessioni religiose.

Per queste ragioni, invita i colleghi a dare il loro sereno giudizio su questo punto, che è di straordinaria importanza per la coscienza cristiana del popolo italiano.

LA PIRA osserva che per i cattolici, e quindi per un gran numero di creature di tutto il mondo, la Chiesa è il corpo mistico visibilmente strutturato attraverso la sua gerarchia. È un ordinamento giuridico originario ed indipendente. In virtù di quel principio cui alludeva il collega Moro, non soltanto lo Stato è un ordinamento giuridico, ma vi sono anche ordinamenti anteriori, fra i quali la Chiesa ha il primo posto. Dato che per i cattolici la Chiesa rappresenta questo immenso organismo che aduna le creature umane e le avvia non soltanto verso una via di santità, ma verso obiettivi di pace, chiede a tutta l’Assemblea che voglia essere unanime nell’approvare questa prima parte dell’articolo, poiché si tratta non di un’affermazione arbitraria, ma del riconoscimento di una situazione giuridica concreta, che ha un immenso peso nelle coscienze individuali e nella vita collettiva.

LUSSU, in coscienza, non può dichiararsi convinto degli argomenti portati dall’onorevole Moro a sostegno della indipendenza della Chiesa e della originarietà del suo ordinamento. Basterebbe pensare alla posizione della Chiesa ebraica, la quale dovrebbe essere ugualmente sovrana, anzi più sovrana perché primieramente originaria. Non è, pertanto, favorevole al testo del Comitato di redazione.

PRESIDENTE, circa il riferimento ad altre Chiese, prega l’onorevole Lussu di tener presente un emendamento presentato dall’onorevole Terracini, che l’onorevole Moro, interpretando il pensiero anche dei suoi colleghi, ha dichiarato di essere disposto ad approvare. L’esigenza dell’onorevole Lussu potrebbe, quindi, essere soddisfatta quando si discuterà l’emendamento Terracini.

LUSSU conferma le conclusioni alle quali è giunto dopo aver ascoltato le parole pronunciate dall’onorevole Moro. È peraltro ben lontano dal misconoscere l’importanza che ha la Chiesa cattolica in Italia; sarebbe un cieco se non vedesse questa realtà.

CALAMANDREI, convinto che una questione così grave, che non coinvolge soltanto la formulazione di un articolo, ma si riferisce ad una serie di articoli sparsi in diverse parti della Costituzione, possa essere discussa in maniera degna e seria soltanto davanti l’Assemblea costituente, non avrebbe parlato – come non ha mai parlato in questa sede, che ritiene inadeguata a discussioni di problemi gravi, come quello che ora si affronta – se non sentisse il bisogno di dire all’onorevole La Pira, il quale ha fatto una specie di mozione degli affetti, che per il grande affetto che lo lega a lui non rimarrebbe sordo, qualora si trattasse soltanto di farsi guidare da motivi sentimentali. La ragione per la quale voterà l’emendamento Cevolotto non è di sostanza, ma di forma. Infatti l’articolo formulato dalla prima Sottocommissione è un articolo, non di una Costituzione, ma di un trattato, nel quale due enti si riconoscono vicendevolmente sovrani, ciascuno dei quali stabilisce in qual modo modificare gli accordi già stipulati tra essi. Ora che in una Costituzione, nella quale l’unica sovranità che si esprime è quella dello Stato italiano, si possa ammettere l’ingresso di un altro ente, sia pure augusto come è la Chiesa, che faccia delle dichiarazioni di reciprocità, è un metodo giuridico talmente nuovo e inusitato che lo induce a votare una formula diversa, nella quale l’unica persona ammessa a parlare in prima persona nella Costituzione – e cioè lo Stato italiano – riconosca eventualmente la sovranità della Chiesa.

Non nega che la Chiesa sia un ordinamento giuridico autonomo con una propria sovranità, ma gli ordinamenti giuridici sono tanti: ad esempio, gli Stati stranieri. Ora si domanda che cosa si penserebbe di un articolo in cui fosse detto che lo Stato italiano e, per ipotesi, la Repubblica degli Stati Uniti d’America sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani. Per le stesse ragioni per cui nella Costituzione italiana non si ammette questo riconoscimento giuridico, ritiene che non si possa approvare il comma in esame.

TOGLIATTI desidera spiegare perché darà voto favorevole al comma in discussione.

Gli argomenti dell’onorevole Calamandrei non lo hanno persuaso e soprattutto l’ultimo esempio ne dimostra, a suo parere, l’erroneità, in quanto è evidente che lo Stato italiano e la Repubblica degli Stati Uniti d’America appartengono allo stesso ordine: quindi, se noi diciamo che questi Stati sono ciascuno, nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, facciamo una tautologia. Sono due Stati, due organizzazioni terrene le quali si muovono nello stesso ambito e sono differenziati territorialmente; mentre lo Stato e la Chiesa cattolica sono due organizzazioni, le quali appartengono a due ordini diversi, pur avendo la stessa giurisdizione territoriale. La norma quindi, a suo avviso, per questo rispetto non è giuridicamente difettosa.

Politicamente bisogna porsi la questione nei suoi termini esatti. Se noi respingiamo questa norma, qual è la sua alternativa? Pensa che sia l’ammissione della possibilità che lo Stato italiano detti norme per l’organizzazione della Chiesa. L’alternativa, cioè, è quella che in Francia fu la legge Combes, la quale, sotto il termine di «associazioni culturali», indicava quale doveva essere l’organizzazione ecclesiastica perché potesse essere riconosciuta dallo Stato.

Possiamo noi oggi in Italia fare ciò? No, perché significherebbe aprire in Italia una lacerazione religiosa, con una conseguente lotta che potrebbe sconvolgere tutta la società italiana e mettere in serio pericolo la democrazia. Per questo ritiene che la formulazione che viene proposta debba essere accettata. Giuridicamente essa corrisponde ad altre formule famose adottate in passato e che potrebbero essere rievocate anche da uomini di parte liberale; politicamente corrisponde agli obiettivi che ci si propone quando si voglia muoversi per una strada che consolidi la democrazia in Italia.

CEVOLOTTO dichiara che voterà a favore dell’emendamento al primo comma, anche dopo le parole dell’onorevole Togliatti, proprio perché tale emendamento risolve i dubbi e i pericoli ai quali prima ha alluso. In base ad esso lo Stato rinuncia ad intervenire nell’ordinamento interno della Chiesa e quindi garantisce proprio quelle condizioni che l’onorevole Togliatti desidera.

EINAUDI dichiara di votare a favore del comma così come è proposto, perché, come ha rilevato l’onorevole Togliatti, la Chiesa e lo Stato si muovono in ordini che sono completamente diversi. Vorrebbe sperare che si votasse un articolo del genere in riconoscimento anche dell’indipendenza della scienza.

PRESIDENTE avverte che un articolo del genere esiste nel progetto.

BASSO voterà l’emendamento anche per le ragioni dette dall’onorevole Cevolotto. Quando si dice che lo Stato riconosce l’indipendenza della Chiesa cattolica nei suoi ordinamenti interni, si fa un’affermazione che dà una piena garanzia.

Una formula invece in cui lo Stato e la Chiesa cattolica sono riconosciuti ciascuno indipendenti e sovrani non trova una base logica nella Costituzione. L’indipendenza e la sovranità dello Stato sono un presupposto che non v’è ragione di introdurre nella Costituzione. È invece giusto riconoscere l’indipendenza della Chiesa nell’ambito dello Stato.

Le preoccupazioni dell’onorevole Togliatti, che condivide, sono meglio garantite dall’emendamento.

FABBRI dichiara di non poter votare il primo comma come è stato proposto. Non ha difficoltà a riconoscere l’ordinamento originario della Chiesa e la sua indipendenza, ma non è d’accordo che a tale ordinamento originario si possa riconoscere un carattere di sovranità. Una volta ammesso il concetto di sovranità della Chiesa cattolica, la quale, appunto in quanto cattolica, pretende di regolare la vita dei cittadini, si verrebbe ad una contradizione in termini con la sovranità dello Stato, in quanto si potrebbe determinare una invadenza della Chiesa nella sfera di libertà di coloro che non siano cattolici.

PERASSI è d’accordo con l’onorevole Togliatti che non si debba menomamente pensare all’eventualità di lotte religiose; ma da questo atteggiamento netto e preciso non discende affatto la necessità di votare l’articolo così come è stato proposto.

Condivide alcune delle osservazioni fatte dall’onorevole Calamandrei, ma particolarmente osserva che il primo comma in tanto avrebbe un senso giuridico, in quanto esistesse una norma superiore allo Stato ed alla Chiesa, la quale delimitasse la sfera dell’ordinamento dell’uno o dell’altra. Una tale norma non esiste, come, del resto, non esiste neppure fra gli Stati.

Aggiunge che, in ogni caso, una formula come quella del primo comma non si comprenderebbe se non come dichiarazione reciproca fra i due enti, e perciò non può trovar posto nella Costituzione dello Stato.

Per queste ragioni voterà l’emendamento proposto.

TERRACINI nota che, attraverso tutte le dichiarazioni di voto, non è stata bene rilevata la differenza sostanziale dei due testi in esame, nonostante l’illustrazione fattane dall’onorevole Togliatti.

Nel primo testo si parla di «ordine»; nel secondo testo si parla di «ordinamento». Sono due cose diverse. L’ordine di cui si parla nel testo proposto dal Comitato di redazione non è la struttura interna della Chiesa. Si tratta di sottolineare il fatto che esiste un piano di spiritualità che è quello caratteristico nel quale la Chiesa si muove ed esiste. Vi è poi il piano della vita ordinaria dei cittadini italiani.

Da questo discende ciò che è messo in rilievo nell’emendamento, perché, in quanto la Chiesa ha una propria indipendente sovranità nel piano che le compete, essa si dà un libero ordinamento interno. Pensa che, in definitiva, non si tratti di due concetti che si elidano a vicenda, ma che, al contrario, si integrino.

La prima affermazione sta a cuore alla Democrazia cristiana, e l’emendamento non serve che a metterla in rilievo.

Non ritiene, dunque, che vi sia contradittorietà fra le due affermazioni, ma la seconda è una deduzione naturale della prima, e quindi, insieme con l’onorevole Togliatti, voterà contro l’emendamento.

PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento al primo comma:

«Lo Stato riconosce l’indipendenza della Chiesa cattolica nei suoi ordinamenti interni».

Su di esso è stata chiesta la votazione per appello nominale.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Amadei, Basso, Bocconi, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Conti, De Vita, Fabbri, Finocchiaro Aprile, Giua, Lombardo, Lussu, Perassi, Targetti, Zuccarini.

Rispondono no: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, Corsanego, De Michele, Di Vittorio, Dominedò, Einaudi, Fanfani, Farini, Federici Maria, Fuschini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.

Si astiene: Noce Teresa.

Comunica il risultato della votazione:

Presenti e votanti     57

Voti favorevoli        16

Voti contrari                        40

Astenuti                    1

(La Commissione non approva).

PRESIDENTE pone ai voti il primo comma dell’articolo 5:

«Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani».

È stata chiesta la votazione per appello nominale.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, Corsanego, De Michele, Di Vittorio, Dominedò, Einaudi, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.

Rispondono no: Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Fabbri, Lussu.

Si astengono: Amadei, Bocconi, Finocchiaro Aprile, Giua, Lombardo, Noce Teresa, Targetti, Zuccarini.

Comunica il risultato della votazione:

Presenti e votanti     52

Voti favorevoli        39

Voti contrari                        5

Si astengono            8

(La Commissione approva).

PRESIDENTE pone in discussione il secondo comma dell’articolo 5: «I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Qualunque modificazione di essi bilateralmente accettata non richiederà un procedimento di revisione costituzionale». A tale comma sono stati proposti da alcuni in seno al Comitato di redazione due emendamenti:

1°) I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati da patti concordatari.

2°) I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica continuano ad essere regolati dai patti concordati.

CEVOLOTTO, ricorda che, come uno dei due Relatori nella prima Sottocommissione, fu contrario all’introduzione dei Patti Lateranensi nella Costituzione. E dice a ragion veduta «introduzione dei Patti Lateranensi nella Costituzione», perché in verità, con tale articolo, i Patti Lateranensi – Trattato e Concordato – verrebbero a far parte della Costituzione italiana. Intende pertanto, sia pure brevemente, di esporre alla Commissione le ragioni per le quali fu contrario.

Vi è innanzi tutto una questione assolutamente di sostanza. L’articolo primo del Trattato Lateranense reca che la religione cattolica è la sola religione dello Stato. Approvando ora il comma in esame, introduciamo nella Costituzione questo principio, del quale non starà a rilevare l’importanza e la portata, dati i ristretti limiti di tempo della discussione.

Afferma soltanto che se, per una serie di disposizioni legislative e per un fenomeno di desuetudine, si poteva ritenere che, all’epoca del Trattato Lateranense, l’articolo primo dello Statuto albertino fosse ormai da considerarsi svuotato del suo contenuto – e c’è stato anzi chi ha sostenuto che esso doveva considerarsi come abrogato – dopo l’affermazione del primo articolo del Trattato Lateranense, la conseguenza inevitabile fu che lo Stato italiano divenne uno Stato confessionale. Importa poco lo sceverare quale sia la portata del fatto, ma è certo che le altre religioni si trovarono in una condizione di inferiorità, anche se esiste per esse una garanzia rappresentata dalla legge sui culti ammessi. Ora le conseguenze si sono viste subito perché, ad esempio, il Codice penale ha previsto per i reati commessi contro l’esercizio del culto cattolico pene maggiori che per quelli commessi contro gli altri culti. Altre conseguenze si sono avute per la legge, del resto liberalissima, che concerne gli altri culti ammessi. Cita, ad esempio, una risposta dell’ufficio del Genio civile di Livorno del luglio 1946, relativa alla riparazione dei danni di guerra alla chiesa del culto valdese, in cui si dice che l’ufficio, interrogato se nelle chiese da riparare debbano comprendersi anche quelle di culto valdese, precisa che debba farsi riferimento soltanto a quelle di culto cattolico.

Ma, indipendentemente da tale questione, prettamente politica, un’altra ne prospetta, inerente alla struttura della Costituzione. Perché, infatti, in una Costituzione si debbono includere trattati di diritto internazionale, quali il trattato e il concordato con la Santa Sede? La duplice conseguenza di tale inclusione è che, anzitutto, si viene a cristallizzare ciò che deve invece essere essenzialmente mutevole, sia pure con la denunzia reciproca; in secondo luogo questa cristallizzazione conduce anche a far sì che ogni possibilità di modificazione della Costituzione su questo punto è limitata dall’accordo con un altro Stato.

Oltre a ciò, si viene ad incidere sul contenuto stesso del Concordato, che subisce la medesima cristallizzazione, e importa poco se, per modificazioni bilateralmente accettate, non si chiederà il procedimento di revisione costituzionale, perché bisogna appunto che siano bilateralmente accettate, ossia occorre l’accordo della Chiesa.

Ora, a questo proposito, ritiene che sia opportuno, e più ancora necessario, regolare i rapporti fra Stato e Chiesa con accordi bilaterali, data l’importanza politica e morale della Chiesa cattolica in Italia. Ma che non si possa modificare il Concordato Lateranense, che fu stipulato in circostanze particolarissime, da un Governo che aveva, in quel momento, particolari ragioni per stipularlo in quel determinato modo – e non si tratta certo di un Governo cui vadano le nostre simpatie – è una cosa veramente grave. È certo che, prima o poi, si dovrà pure addivenire alla modificazione dell’articolo 5, al quale dobbiamo il caso Buonaiuti, poiché non è ammissibile che debba esser messo al bando come un paria un ministro del culto cattolico solo perché sia colpito da scomunica. È, peraltro, convinto che la Chiesa cattolica ha troppo una vecchia sapienza per non accedere a proposte di modificazioni su questo punto. Essa lo farà: ma poiché potrebbe anche non farlo, non dobbiamo rinunciare al nostro diritto di provvedere in estrema ratio unilateralmente.

Altra questione che, prima o poi, dovrà pure venire sul tappeto è quella della giurisdizione sulle cause matrimoniali, in cui lo Stato ha rinunciato all’espressione massima della sua sovranità, che è quella di amministrare la giustizia, ed ha devoluto a tribunali non suoi la giustizia su questo punto. È evidente che anche qui si dovrà pur raggiungere un accordo; ma, posto che l’accordo non si raggiunga, perché lo Stato si deve spogliare del suo diritto?

È da osservare poi che anche i trattati, quando pure non intervengano delle modifiche esplicite, molte volte si attenuano, perché vi sono nelle relazioni internazionali degli accordi taciti per cui essi si modificano con leggi interne che dall’altra parte si lasciano passare, senza arrivare a delle denunzie, così da favorir meglio i rapporti reciproci. Non ricorda, d’altra parte, che vi siano Costituzioni le quali immettano trattati nei loro testi, a meno che ciò non sia avvenuto in qualche caso particolarissimo per imposizione, come dopo l’altra guerra a Weimar, ove fu imposto dal vincitore al vinto di assumere determinati impegni internazionali nella Costituzione.

Concludendo, non avrebbe nulla in contrario ad adottare l’emendamento proposto che «I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati da patti concordatari», trattandosi di una formula di compromesso e di adattamento che manifesta la decisa volontà di tutti di andare, finché è possibile, d’accordo.

TOGLIATTI dichiara di essere, nel complesso, d’accordo con le considerazioni esposte dall’onorevole Cevolotto, le quali sono su per giù le stesse che avevano spinto l’oratore a presentare, in sede di Sottocommissione, un emendamento leggermente diverso e che non comprende per quale ragione sia stato modificato.

L’emendamento, infatti, era del seguente tenore: «I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati in termini concordatari».

MORO intendo chiarire brevemente le ragioni che hanno indotto lui ed i suoi amici a presentare e sostenere la norma approvata dalla prima Sottocommissione. Ha affermato l’onorevole Cevolotto che, accettando che siano inclusi i Patti Lateranensi nella Costituzione dello Stato, richiamiamo in vita il principio della religione cattolica come sola religione dello Stato. Basterà osservare che la portata della norma è da considerare in relazione al complesso delle norme, le quali regolano la posizione delle varie confessioni religiose nell’ambito dell’ordinamento italiano. Richiama, in proposito, l’estrema larghezza con la quale è stato regolato il principio della libertà di ogni culto, con riferimento alle altre Chiese, nel progetto di Costituzione, con l’esplicito riconoscimento di quel diritto di propaganda sul quale poteva cadere prima il dubbio. È stato, d’altra parte, espresso il nostro consenso all’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Terracini, riguardante il regolamento concordatario dei rapporti dello Stato con le altre confessioni religiose. Ed allora, il senso della norma in esame è che la religione cattolica è la religione della stragrande maggioranza del popolo italiano.

Chiedeva l’onorevole Cevolotto perché vogliamo cristallizzare, in ordine ai rapporti fra Stato e Chiesa, la situazione quale è stata definita attraverso i Patti Lateranensi, e citava alcuni casi che, a suo parere, dovrebbero costituire un motivo di disagio per noi nell’accogliere questa cristallizzazione. Egli aggiungeva che questi patti furono sanciti in un’epoca oscura della nostra storia da un Governo al quale non vanno le nostre simpatie. Certamente, non vanno le nostre simpatie al Governo che stipulò il Trattato ed il Concordato con la Chiesa cattolica, ma è certo che, sia pure per finalità oscure, esso in quel momento non faceva che condurre a termine un lungo processo che si era già svolto ed era già in maturazione nella coscienza degli italiani. Quindi non possiamo, per una ragione formale, pur dando debito peso al motivo politico, del quale si fece espressione l’onorevole Togliatti nell’ambito della prima Sottocommissione, ripudiare dei patti che hanno una straordinaria importanza per avere realizzato la pace religiosa nell’ambito del popolo italiano.

Richiamava l’onorevole Cevolotto l’articolo relativo al caso della giurisdizione sulle cause matrimoniali; ma egli ha aggiunto, e possiamo ripetere che, nella sua saggezza, la Chiesa rivedrà alcune disposizioni concordatarie per adeguarle alle esigenze mutate dei tempi.

Non possiamo però, per alcuni punti di dettaglio, sui quali non è stabilito evidentemente nulla di definitivo, rifiutare questi patti, cioè non possiamo, per ragioni formali, trascurare la questione di principio alla quale tutti quanti dobbiamo essere estremamente sensibili.

Evidentemente, se noi oggi rifiutassimo di accogliere i Patti Lateranensi nella nostra Costituzione, il nostro gesto sarebbe dalla coscienza popolare italiana interpretato al di là della portata che a questo gesto l’onorevole Cevolotto ed altri vorrebbero attribuire. Non intenderebbe il popolo italiano che con ciò si voglia riformare l’articolo 5 del Concordato, ma riterrebbe che la nuova democrazia italiana voglia allontanarsi da un orientamento in virtù del quale lo stesso popolo italiano, attraverso i Patti Lateranensi, ha trovato veramente la sua pace religiosa nella quale intende restare, come garanzia di costruttività nello sviluppo democratico della vita italiana.

Non voterà pertanto l’emendamento dell’onorevole Togliatti, emendamento vago per sua natura, il quale certamente non permette nella lettera e nello spirito che esso esprime, di richiamarsi a quella disciplina concordataria che è stata confermata da alcuni anni di applicazione con soddisfazione dalla stragrande maggioranza del popolo italiano. Afferma, concludendo, che è necessario su questo tema di straordinaria importanza, essere veramente chiari e non eludere, con ragioni di forma e con argomenti di carattere accessorio, il problema grave e serio che è proposto oggi alla Commissione.

LUCIFERO osserva che la ragione delle grandi difficoltà nelle quali ci si trova per questo articolo è contenuta nella osservazione che l’onorevole Togliatti fece dopo due giorni di discussione in sede di prima Sottocommissione, cioè che si tratta di una materia che stricto jure non è costituzionale.

A suo avviso, il problema fondamentale sarebbe di stabilire se si debba fare una menzione particolare nella Costituzione dei rapporti fra Stato e Chiesa. Esso è ormai superato, tanto è vero che è stato approvato il primo comma dell’articolo, ma può spiegare le divergenze e difficoltà sorte. Nelle altre Costituzioni, un articolo del genere non si trova. Quindi, noi torniamo ad esaminare la situazione da un punto di vista di politica contingente, cioè in ordine alla particolare situazione della Chiesa cattolica ed alla esistenza dello Stato della Città del Vaticano in Italia.

Crede che la formula suggerita dalla prima Sottocommissione, dopo lunghe discussioni nelle quali si è cercato di tener conto delle varie esigenze, sia accettabile nella Costituzione italiana; perché ricordare i Patti Lateranensi significa stabilire una base definitiva per dei rapporti che rispondono ad un’esigenza morale, sociale e politica: ad un’esigenza morale perché il popolo italiano è prevalentemente cattolico; ad un’esigenza sociale in quanto si dà effettivamente un indirizzo di umanità a tutta la vita del nostro Paese, poiché nessuno, anche non cattolico, potrà affermare che non sia profondamente umano il cattolicesimo; ad un’esigenza politica, perché è un atto di pacificazione nazionale di un Paese già diviso in tanti campi, e che bisogna cercare di unire.

Fu proprio l’oratore a cercare di attenuare la formula che poteva sembrare troppo drastica proponendo – e la Sottocommissione fu d’accordo – che qualunque modificazione dei rapporti fra Stato e Chiesa, bilateralmente accettata, non richiederà un procedimento di revisione costituzionale. Si consacra così la stabilità dei rapporti che le due parti potranno modificare, ma resta fermo che l’Italia è Paese cattolico e non può e non deve essere vittima di contrasti fra lo spirito degli italiani e lo Stato, che deve essere l’interprete di questo spirito e, quindi, anche espressione di questo senso cattolico e cristiano del popolo.

È, quindi, del parere che l’articolo debba essere approvato così come è stato proposto dalla prima Sottocommissione.

CANEVARI ricorda che l’onorevole Cevolotto aveva proposto di sopprimere il secondo e terzo comma dell’articolo proposto dalla prima Sottocommissione, e che il Comitato di redazione ha unificato. Qualora egli non insistesse nella proposta, la farebbe sua e nel caso che questa fosse respinta, voterebbe il primo emendamento proposto in sede di Comitato di redazione.

EINAUDI prende atto della fiducia manifestata dall’onorevole Moro che la disposizione dei Patti Lateranensi che aveva condotto al caso Buonaiuti in avvenire possa essere modificata, perché considera veramente che il caso Buonaiuti sia stato uno di quelli che hanno offeso di più la coscienza degli studiosi italiani. La scienza nel suo campo è per lo meno altrettanto indipendente e sovrana come la Chiesa e la religione e, quindi, quell’interferenza che vi è stata in quel caso dovrà, a suo parere, essere eliminata, attraverso una revisione bilaterale dei Patti Lateranensi.

Rileva poi che le considerazioni dell’onorevole Cevolotto, per quanto riguarda l’inserzione di disposizioni relative a trattati internazionali in una Costituzione, non lo hanno convinto, perché pensa che l’idea della sovranità dello Stato sia un’idea falsa, anacronistica, che deve essere abbandonata. Ritiene, quindi, che la disposizione in esame, caso mai, precorre i tempi e sarà un esempio che dovrà essere seguito. Si dovrà in avvenire nelle Costituzioni dei singoli Paesi introdurre delle norme riguardanti trattati internazionali. L’esistenza degli Stati sovrani non è più tollerabile nel mondo moderno. Quindi considera questa disposizione singolarmente felice., tale da aprire la via ad altre disposizioni del genere, per cui le Costituzioni vengano ad essere legate in forme durature a trattati internazionali.

LUSSU chiede all’onorevole Einaudi se, riconoscendo ormai antiquata la formula della sovranità dello Stato, e poiché ogni Stato ha la sua sovranità limitata, in rapporto ad altri Stati egualmente sovrani e indipendenti, egli applichi questo concetto anche alla sovranità della Chiesa.

EINAUDI. La Chiesa è sovrana nel suo ordine spirituale.

PRESIDENTE osserva che l’onorevole Einaudi, in sede di votazione del primo comma, ha rilevato che la Chiesa e lo Stato si muovono in ordini diversi e che la Chiesa nel suo ordine è indipendente e sovrana.

LUSSU. Allora vi è contradizione.

CEVOLOTTO avverte che il progetto di Costituzione non è così insensibile a quelle alte ragioni che l’onorevole Einaudi ha esposto, se nell’articolo 4 dice che «l’Italia consente, a condizione di reciprocità e di eguaglianza, le limitazioni di sovranità necessarie ad un’organizzazione internazionale che assicuri la pace e la giustizia per i popoli».

CAPPI osserva che, negandosi che oggi i rapporti fra Stato e Chiesa siano regolati dai Patti Lateranensi, si viene praticamente ad ammettere che il Concordato deve ritenersi abrogato. Né vale stabilire nell’emendamento che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati da patti concordatari, in quanto, se si vuole mantenere il Concordato, quale bisogno vi è di questa affermazione?

Non nega che la formula in discussione aveva destato in lui una certa perplessità in rapporto all’articolo 1 del Trattato Lateranense, che l’onorevole Cevolotto ha ricordato, articolo il quale ribadisce che la religione cattolica è la sola religione dello Stato, perché personalmente non sa concepire che uno Stato possa avere una sola religione. Ma la sua perplessità è però scomparsa non solo per quello che ha detto l’onorevole Moro, ma perché la formula: «I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi» – per quanto non felicissima – esclude che possano derivare conseguenze lesive della libertà delle altre Chiese. Personalmente crede che la Chiesa cattolica abbia in sé tanta virtù e vitalità da non aver bisogno di nessuna situazione di privilegio che si traduca in situazioni di inferiorità delle altre Chiese.

Per queste ragioni, salvo qualche modifica di forma, voterà l’emendamento.

MORTATI non si rende ragione del contrasto suscitato dal comma in esame, che è una logica e necessaria conseguenza del primo già approvato. Infatti, se è vero che lo Stato e la Chiesa cattolica, ciascuno nel proprio ordine, sono indipendenti e sovrani, la conseguenza che ne discende dal punto di vista giuridico e politico è questa: che i loro rapporti non possono essere regolati se non da convenzioni bilaterali. Se lo Stato, infatti, potesse intervenire unilateralmente in questi rapporti, se cioè potesse regolare unilateralmente le cosiddette «res mixtae», potrebbe disconoscere le esigenze della Chiesa stessa: quindi, è necessario che siano regolati dal Concordato.

Posta questa premessa, quale Concordato potrà attuarsi? Evidentemente quello in vigore. Non è possibile infatti che, mentre si ammette il principio che lo Stato e la Chiesa regolano i loro rapporti con patti concordatari, non si riconoscano quelli in atto. L’emendamento potrebbe avere proprio questo significato: di non riconoscere i Patti Lateranensi e di rimandare all’avvenire la regolazione dei rapporti fra Stato e Chiesa. Ma questo è assurdo ed è in contradizione con le premesse. Se invece si ammette che siano i Patti Lateranensi in atto a regolare questi rapporti, pensa che la ragione dell’emendamento venga meno. Se, d’altra parte, per un’ipotesi assurda, si dovesse pensare ad un irrigidimento della Chiesa in materie che riguardano la sovranità dello Stato, vi sarebbe sempre la possibilità di revisione del Concordato.

GIUA non intende entrare nello spirito dei Patti Lateranensi, né discuterne gli articoli; né si preoccupa del caso Buonaiuti, il quale del resto, nel terzo volume della sua «Storia», lo ha già chiarito; ma si pone da un punto di vista storico: i Patti Lateranensi sono stati stipulati fra un governo fascista – che non era emanazione del popolo italiano – e i rappresentanti del Vaticano. Ora i colleghi della Democrazia cristiana, accettando in pieno questi Patti, vengono a stabilire, anche senza volerlo, dei legami con l’opera del fascismo. Ma in essi è anche la preoccupazione che in avvenire il popolo italiano possa modificare i Patti Lateranensi. Ora, se ritengono che i Patti Lateranensi sono diretta manifestazione della volontà del popolo italiano, perché non accettano la formula che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati in termini concordatari? Evidentemente, se il popolo ha già manifestato la sua volontà, indietro non si torna. Ma allora, perché si vuol chiudere la porta a nuovi patti che potranno sorgere fra il Vaticano e lo Stato italiano e che potranno anche migliorare quelli esistenti?

In realtà ritiene che la posizione dei colleghi democristiani sia diretta ad affermare che i Patti Lateranensi non si dovranno più discutere. Personalmente dichiara di non poter accettare questo principio. I Patti Lateranensi significano politica fascista, e quando il popolo italiano discuterà più seriamente quella politica, avrà diritto anche di rivedere quei Patti.

PERASSI dichiara che voterà il primo emendamento proposto, prescindendo in maniera assoluta da qualsiasi apprezzamento di merito relativo al Concordato e al Trattato Lateranense, nel loro insieme e nelle loro singole parti: sono questioni che in questo momento non si pongono. Intende restare sul terreno strettamente giuridico e costituzionale, e non intende neppure rilevare quanto è stato detto dall’onorevole Moro per cercare di attenuare la portata che, secondo lui, avrebbe oggi quell’articolo 1 del Trattato del Laterano, in base al quale l’Italia si sarebbe obbligata a riconoscere ed a riaffermare il principio consacrato nell’articolo 1 dello Statuto del 1848. Per quanto l’onorevole Moro sia persona di molta autorità, questo è indubbiamente un problema che supera la sua competenza.

Ad ogni modo prescinde da tutti questi problemi estremamente delicati per rimanere sul terreno strettamente giuridico. Non ritiene che sia il caso di inserire nella Costituzione un richiamo concreto ai patti attualmente esistenti, perché pensa che non vi siano ragioni per fare agli accordi Lateranensi un trattamento giuridico costituzionale diverso da quello che si fa ad altri trattati internazionali.

È d’accordo in parte con quanto esprimeva l’onorevole Einaudi, però egli consentirà di dire che non c’è ragione di applicare il principio, da lui accennato, in maniera particolare, ma se mai bisognerebbe affermarlo in maniera generale.

D’altra parte, qual è la portata dell’emendamento che voterà? È evidente che il non richiamare nella Costituzione i patti attualmente esistenti, e adottare la frase più generale che i rapporti fra Stato e Chiesa sono regolati in termini concordatari, non significa affatto toccare tali patti. È principio di diritto internazionale consacrato da dichiarazioni solenni che neppure una Costituzione può toccare le norme convenzionali esistenti, le quali restano in vigore fino a quando non siano modificate o si estinguano, secondo i principî da cui è regolata la loro vita.

La ragione essenziale, di non includere questo richiamo esplicito, sta nel fatto che si verrebbe a usare verso questo gruppo storico di accordi e di trattati un trattamento giuridico che, sotto diversi aspetti, diversifica da quello che si usa verso altri trattati.

Per questa ragione voterà a favore dell’emendamento proposto, formula che tra l’altro già costituisce una notevole concessione sotto altri punti di vista e che, del resto, è consacrata anche nella Costituzione di un piccolo Stato eminentemente cattolico: il Cantone di Friburgo.

TERRACINI attendeva dalla prima affermazione dell’onorevole Mortati che egli giungesse alla logica conseguenza di chiedere la soppressione di tutto il secondo comma dell’articolo. L’affermazione iniziale, che la Chiesa e lo Stato sono indipendenti e sovrani, implica che si stabiliscano bilateralmente degli accordi volontari sui loro rapporti, e poiché tra lo Stato e la Chiesa questi patti si chiamano concordati, non vi sarebbe bisogno di dire altro.

L’onorevole Mortati ha invece tratto la conseguenza che adottare la formula: «I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati in termini concordatari» non significa dichiarare la caducità dei Patti Lateranensi, ma che questi patti non sono più in vigore oggi.

Ora noi non vogliamo dire che i termini concordatari esistenti, in quanto regolano oggi i rapporti tra Stato e Chiesa, non esistono più; anzi, diamo una maggiore sostanza al modo con cui oggi essi si esplicano.

Riconosce che per ragioni politiche, nonostante la superfluità del secondo comma, sia necessario parlare appunto dei rapporti concordatari, ma non, come dice l’onorevole Moro, perché oggi il popolo italiano vuole avere la certezza che questi rapporti concordatari sono quelli in vigore. Al popolo italiano ciò che importa sapere è che fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica i rapporti saranno sempre regolati sulla base dell’armonia e del consenso reciproco; il popolo vuole essere sicuro che non si ritorni più alla situazione precedente.

Occorre, quindi, parlare dei patti concordatari e non di quelli Lateranensi, che sono caduchi, come tutti i patti che si basano su trattative adeguate a determinate situazioni. La Costituzione contiene delle norme e non fissa una situazione di fatto, come si fa invece nella formula del primo comma. Ad ogni modo, se anche si venisse a questo criterio assurdo, che la Costituzione possa limitarsi a registrare una situazione di fatto, bisogna cercare di registrare quella situazione che ha in sé una garanzia di durata.

A questo proposito ricorda che i Patti Lateranensi non sono un tutto unitario, per quanto un interprete molto augusto ed autorizzato abbia affermato, all’epoca in cui sono stati redatti, che costituivano un insieme unitario. Ora, che cosa è che ha un carattere di continuità nei Patti Lateranensi? È il riconoscimento del sorgere di questo nuovo Stato, nei confronti del quale l’Italia democratica avrà lo stesso atteggiamento che nei confronti di tutti gli Stati che esso riconosce e rispetta, e sulla cui esistenza non solleverà mai il più piccolo dubbio. Evidentemente non si può richiamare il patto territoriale nella Costituzione e tacere del Concordato, ma non bisogna parlare dello Stato del Vaticano e nemmeno del Concordato fra Chiesa cattolica e Stato italiano.

Perciò, poiché questa rescissione delle due parti non è possibile, bisogna che esse seguano lo stesso destino, che è quello di non avere un carattere di stabilità. Di fronte alla continuità che deve avere la Costituzione italiana, ogni altro dato contrattuale ha un carattere caduco ed a questa stregua bisogna considerare i Patti Lateranensi.

L’onorevole Moro, del resto, ha riconosciuto che alcuni articoli del Concordato, i più preoccupanti, in fondo sono già da considerarsi come inficiati. E allora è da chiedersi se sia possibile immettere nella Costituzione un patto che già a priori è riconosciuto che non esiste più nella sua interezza e continuità. Per queste ragioni dichiara di accettare l’emendamento proposto.

LUSSU avrebbe preferito, nella sua coscienza democratica, che dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa si facesse cenno brevemente in un preambolo, nel senso che la religione cattolica è la religione della maggioranza degli italiani e che lo Stato ispira a questa realtà la sua azione politica.

Pensa, in ogni caso, che non si possano introdurre nella Costituzione i Patti Lateranensi, che furono stipulati dal regime fascista, ma che non sono stati discussi e approvati dal popolo italiano.

A proposito dell’articolo 5 del Concordato, oltre al caso Buonaiuti, citato dall’onorevole Cevolotto, ricorda il caso di un prefetto designato dal Comitato di liberazione, perché fu capo eroico di una divisione partigiana e che si voleva allontanare, in quanto sacerdote che aveva abbandonato la Chiesa.

Dichiara, in conclusione, che qualora la proposta di soppressione dell’onorevole Canevari non fosse approvata, voterà a favore dell’emendamento proposto.

MORO, parlando per fatto personale, in risposta all’onorevole Terracini, il quale ha ricordato a scopi polemici la sua precedente esposizione, non ha bisogno di chiarire che non ha inteso inficiare alcuna norma del Concordato, né affermare che si debba includere nella Costituzione un patto ormai superato. Ha detto soltanto che per alcune ragioni di dettaglio non possiamo rifiutare di riconoscere i motivi che impongono di includere il Concordato nella Costituzione.

AMBROSINI osserva che, poiché la questione è posta, bisogna risolverla; ed essa non può, per coerenza, essere risolta se non nel modo proposto dalla prima Sottocommissione e dal Comitato di redazione. Non c’è alcun contrasto fra il secondo ed il primo comma, essendo ambedue strettamente connessi, giacché il secondo comma non è che l’applicazione e la precisazione del primo. Non si può prescindere dal richiamo tassativo dei Patti Lateranensi. Il riferimento generico ad un regolamento dei rapporti tra Stato e Chiesa in «termini concordatari» sarebbe assolutamente insufficiente. Occorre proclamare esplicitamente che tali rapporti sono regolati dai «Patti Lateranensi». Essi costituiscono una realtà alla quale è legato il mantenimento della pace religiosa dell’Italia: quando parliamo di Patti Lateranensi, intendiamo richiamarci sia al Trattato che al Concordato.

Si dice che il Trattato e il Concordato, richiamati nella Costituzione, verrebbero quasi a cristallizzare una situazione. Ma ciò non è nella natura delle cose, e non è neppure nello stesso sistema proposto dalla prima Sottocommissione e dal Comitato di redazione, giacché l’ultima parte del secondo comma prevede tassativamente la possibilità, quando intervenga il consenso delle due Alte Parti contraenti, che le disposizioni di questi patti siano modificati; non solo, ma facilita l’accettazione delle eventuali modifiche nel sistema del diritto positivo italiano, stabilendo che non occorrerà, a tale scopo, una revisione costituzionale, ma basterà il procedimento legislativo ordinario.

Per questi motivi voterà a favore del secondo comma dell’articolo, così come è stato proposto dal Comitato di redazione.

GRASSI ricorda che, dopo una lunga discussione in seno alla prima Sottocommissione, si arrivò alla formula in esame, che ha il dovere di difendere per averla votata. Dal punto di vista giuridico, pensa che non costituisca incrinatura il fatto che per questi casi particolari si faccia un’applicazione di principî generali, che sono ormai comuni a tutti, e stabiliti anche in un articolo della nostra Costituzione.

Per quanto riguarda i rilievi dell’onorevole Perassi, osserva che il Trattato Lateranense non può essere considerato alla stregua dei normali trattati che si stipulano con altri Stati. Dobbiamo riconoscere, come italiani, che con esso è stata superata una fase storica che i nostri predecessori trovarono insoluta e senza possibilità di soluzione. E non è esatto che a tale conclusione si sia giunti come conseguenza di una situazione soltanto fascista: l’avvenimento poté realizzarsi in quel periodo, ma il desiderio degli uomini politici italiani precedeva di molto il periodo fascista, e tentativi furono fatti da parte di tutti per cercare una soluzione, che trovava resistenze specialmente nell’ordinamento della Chiesa, che aveva le sue ipoteche su Roma e sul vecchio Stato pontificio. Quindi, per gl’italiani questi patti rappresentavano non soltanto la pace religiosa riacquistata, ma anche la soluzione storica definitiva in rapporto al territorio, che è uno degli elementi costitutivi dello Stato italiano.

Vi sono poi altre considerazioni di ordine politico: lo Stato e la Chiesa in Italia rappresentano due comunità interferenti fra di loro, in quanto agiscono sugli stessi individui, che nella grandissima maggioranza appartengono alla Chiesa cattolica. Quindi, sono due sfere di sovranità che si incontrano in tutta una materia mista che deve essere necessariamente regolata. Ora, i sistemi per regolare questi rapporti sono: o quello giurisdizionale, o quello concordatario. Si ha il sistema giurisdizionale, quando lo Stato con sue leggi regola questa materia mista; quello concordatario, quando tale materia è regolata in forme bilaterali.

In sostanza, la formula sostenuta dall’onorevole Togliatti nella prima Sottocommissione che i rapporti sono regolati «in termini concordatari», riguarda soltanto il Concordato. Più logica appare, da questo punto di vista, la proposta di non parlare di questa materia nella Costituzione: ma dal momento in cui – e l’onorevole Togliatti, con spirito che fu ammirato, dichiarò che le discussioni della prima Sottocommissione dovessero essere liberate da preoccupazioni anticlericali, in quanto riconosceva questa esigenza del popolo italiano (e su questa linea fu possibile trovare l’accordo) – si stabilisce il principio costituzionale che gli accordi fra lo Stato e la Chiesa debbono essere regolati in forma concordataria, non capisce perché non si debba parlare dei Patti Lateranensi che attualmente regolano i rapporti tra lo Stato e la Chiesa.

È stato chiarito poi che eventuali modifiche, stabilite con nuovi accordi fra la Santa Sede e l’Italia, non dovranno esser fatte in forma di revisione costituzionale, ma con l’ordinario procedimento legislativo e, quindi, ogni preoccupazione dovrebbe scomparire.

MASTROJANNI. Le stesse ragioni che hanno determinato l’onorevole Grassi a difendere l’articolo così come è stato formulato ed approvato dalla prima Sottocommissione, lo inducono a sostenere con identico calore la stessa tesi.

È un fatto indiscutibile che il fenomeno storico che maggiormente e meglio identifica e caratterizza la spiritualità del popolo italiano è quello che si riferisce al Concordato. Che questo grandioso evento storico si sia maturato durante un’epoca, la quale è giustamente avversata dalle nostre coscienze, non inficia né diminuisce l’importanza che esso ha.

Le osservazioni fatte da diverse parti non hanno, a suo parere, fondamento, perché si riferiscono più a situazioni formali che sostanziali. Quello che a noi interessa di ribadire è che, ad un certo momento della vita del Paese, la spiritualità del popolo italiano ha trovato soddisfazione tangibile nella realizzazione dei famosi patti. Noi, che siamo i depositari di questa spiritualità, la quale si proietta nel futuro, abbiamo il dovere, nel momento in cui redigiamo la Carta fondamentale della nostra Costituzione, di non disconoscere quello che il nostro popolo ha unanimemente approvato e che in nessuna occasione ha dimostrato di non voler osservare.

Se dovessimo accedere alle opinioni dell’onorevole Lussu, per le stesse ragioni dovremmo aggredire tutta la legislazione precorsa e dire che essa, essendo nata in un periodo che è stato avversato dalle nostre coscienze, non ha nessuna consistenza giuridica né morale. Al contrario, rivediamo ed abroghiamo tutte quelle leggi che non rispondono più ai nostri ordinamenti; ma le stesse ragioni ci consentono di affermare che anche per quanto si riferisce al Concordato e al Trattato Lateranense abbiamo la possibilità di rivederli, nelle forme previste dall’articolo in esame, lasciando integra quella che è ormai conquista immutabile del popolo.

Né le ragioni addotte dall’onorevole Perassi hanno consistenza dal punto di vista dell’opportunità politica e della coscienza collettiva del nostro popolo; perché, se è vero che i trattati, al di sopra e al di fuori di ogni Costituzione, continuano a mantenere il loro valore e la loro efficacia, e devono essere regolati dagli accordi in essi previsti, è d’altra parte vero che non possiamo considerare lo Stato della Città del Vaticano e la Chiesa cattolica alla stregua di qualsiasi altro Stato.

È da aversi per fermo – e su questo punto gli sembra che non vi siano ragioni che possano contrastare la sua opinione – che i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa hanno una natura squisitamente spirituale, che sovrasta qualsiasi nostra concezione giuridica. Il contenuto di tali rapporti non può essere coercito da alcuna artificiosa costruzione giuridica. Se facciamo astrazione da questa concezione, ci poniamo su un terreno che snatura l’essenza stessa del contenuto del Trattato e del Concordato. Ed è per questo che, nei confronti della Chiesa, dobbiamo avere un orientamento che prescinda da sofistiche considerazioni giuridiche, ed è per questo che dobbiamo solennemente dire che quanto fu finalmente acquistato dalla coscienza collettiva, in un periodo storico caratterizzato da questo grandioso evento, deve trovare il suo posto nella Costituzione italiana, e deve ritenersi immutabile, perché immutabile è nel tempo lo spirito cattolico del popolo italiano.

BASSO non ha sentito nessun argomento che incida sul significato dell’emendamento, perché tutti gli argomenti portati a sostegno dell’articolo della prima Sottocommissione in realtà trovano piena soddisfazione anche nell’emendamento.

La sola preoccupazione che, a suo parere, è stata legittimamente espressa, è che si debba nella Costituzione affermare il principio che lo Stato non ritorni al vecchio giusnaturalismo, cioè che alla Chiesa è vietato di legiferare in una materia di sua stretta competenza ed anche nelle materie miste. Pensa che il primo comma approvato e l’emendamento in esame diano alla Chiesa l’assoluta garanzia. La materia spirituale è riservata alla sola Chiesa; con l’emendamento che egli sostiene, si afferma che i rapporti fra Stato e Chiesa sono regolati per via di concordato. Non vi è nessun argomento serio che possa condurre ad andare al di là di questa affermazione, che dà la massima garanzia alla Chiesa cattolica.

Non vi è dubbio che in linea giuridica gli argomenti addotti dimostrano che questa non è materia da inserire nella Costituzione; ma pensa che vi possono essere preoccupazioni politiche. Ritiene però che la proposta della prima Sottocommissione sia inaccettabile per la nostra coscienza giuridica. Vi sono nel Trattato e nel Concordato alcuni articoli che contradicono a norme della Costituzione già approvate. Vi è nel Concordato l’articolo 5 che ferisce l’indipendenza dello Stato, in quanto lo Stato è obbligato ad allontanare da determinati uffici quelle persone che la Chiesa intende colpire con suoi provvedimenti. Quando si dice che determinate persone, per motivi religiosi, non possono concorrere a determinati impieghi dello Stato, si ferisce il principio della eguaglianza dei cittadini.

Vi è l’articolo sull’insegnamento religioso che viola il principio dell’eguaglianza, in quanto stabilisce, a favore dei cittadini cattolici, il diritto di avere dallo Stato l’insegnamento cattolico nelle scuole, diritto che non è riconosciuto alle altre religioni: così nelle scuole valdesi vi è l’insegnamento cattolico, mentre non vi è l’insegnamento delle religioni che veramente si professano in quella zona.

Voterà pertanto l’emendamento che dà le più ampie garanzie di tutela per la religione.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Canevari di sopprimere il secondo comma.

(La Commissione non approva).

Pone ai voti l’emendamento: «I rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati in termini concordatari». Su di esso è stata chiesta la votazione per appello nominale.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Amadei, Basso, Bocconi, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Conti, De Vita, Di Vittorio, Farini, Giua, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, La Rocca, Lombardo, Lussu, Marchesi, Noce Teresa, Perassi, Pesenti, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Togliatti, Zuccarini.

Rispondono no: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, Corsanego, De Michele, Dominedò, Dossetti, Einaudi, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Grassi, La Pira, Leone Giovanni, Lucifero, Mannironi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Piccioni, Rapelli, Taviani, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.

Comunica il risultato della votazione:

Presenti e votanti     59

Voti favorevoli        27

Voti contrari                        32

(La Commissione non approva).

Il secondo emendamento, sostanzialmente uguale al primo non approvato, s’intende abbandonato.

Pone in votazione il secondo comma dell’articolo 5:

«I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Qualunque modificazione di essi bilateralmente accettata non richiederà un procedimento di revisione costituzionale».

È stata chiesta la votazione per appello nominale.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Pisanelli, Corsanego, De Michele, Dominedò, Dossetti, Einaudi, Fanfani, Federici Maria, Fuschini, Grassi, La Pira, Leone Giovanni, Lucifero, Mannironi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro Mortati, Piccioni, Rapelli, Taviani, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni.

Rispondono no: Amadei, Basso, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, De Vita, Farini, Giua, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, La Rocca, Lombardo, Lussu, Perassi, Pesenti, Ravagnan, Rossi Paolo, Terracini, Zuccarini.

Comunica il risultato della votazione:

Presenti e votanti     51

Voti favorevoli        31

Voti contrari            20

(La Commissione approva. È così approvato l’articolo 5).

Avverte che rimane da esaminare il seguente comma aggiuntivo proposto dall’onorevole Terracini: «Le altre Chiese sono regolate dalle proprie norme, che lo Stato riconosce in quanto non contengano disposizioni contrarie alla legge. I rapporti fra lo Stato e le altre Chiese sono regolati per via legislativa, d’intesa con le loro rappresentanze legittime».

LUCIFERO è d’accordo sul contenuto della formula; ma osserva che l’articolo testé approvato regola i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, che è anch’essa Stato, mentre le altre Chiese non sono Stati. La sede opportuna del comma proposto sarebbe, a suo parere, l’articolo 13 che disciplina la libertà religiosa.

TERRACINI osserva che è necessario includere una statuizione del genere nel testo costituzionale. Non ha pertanto difficoltà ad accettare la proposta dell’onorevole Lucifero.

CAPPI, circa la frase: «in quanto non contengano disposizioni contrarie alla legge», rileva che vi sono materie che non rientrano nelle positive disposizioni giuridiche dello Stato; per esempio, il concetto di ordine pubblico e di buon costume.

TERRACINI nota che, per quanto si riferisca alla morale e al buon costume, v’è già una norma di carattere generale che vale per ogni Chiesa e per ogni culto.

LUSSU sopprimerebbe l’espressione: «in quanto non contengano disposizioni contrarie alla legge», poiché ritiene ciò implicito nei concetti che sono a fondamento delle altre Chiese.

TERRACINI osserva che, siccome l’articolo che propone si riferisce essenzialmente alla struttura interna delle Chiese e non alle forme del culto, è necessario affermare che non devono avere disposizioni contrarie alla legge. È vero che nella situazione attuale non vi sono Chiese che abbiano disposizioni di questo genere. Ma qui si tratta di formare una norma costituzionale, e, quindi, di lasciar aperta la via alla regolamentazione di eventualità avvenire.

DOSSETTI nota che l’espressione che «lo Stato riconosce» le norme che regolano le altre Chiese, suppone una realtà strutturale di vita interna che soltanto alcune Chiese e non la maggior parte di esse posseggono. Si suppone cioè un ordinamento giuridico interno, l’esistenza di organi legislativi e di funzioni che non si trovano in moltissime Chiese, le quali hanno più che altro una struttura di fatto, che non costituisce un proprio e vero ordinamento giuridico.

Quindi, se l’onorevole Terracini ha l’intenzione di avvalorare una parificazione fra la Chiesa cattolica e le altre Chiese per quel che riguarda i rapporti fra l’ordinamento interno delle Chiese e quello dello Stato, possiamo anche condividerla; ma indubbiamente v’è una diversa situazione di fatto strutturale interna delle singole Chiese: per esempio, la Chiesa ebraica, la protestante e certe Chiese evangeliche non hanno concretizzazioni strutturali.

Quando si dice che le Chiese sono riconosciute, in quanto non siano regolate da norme contrarie alla legge, bisogna vagliare il complesso di queste norme: per esempio, quelle riguardanti la disciplina familiare.

Non crede pertanto che l’articolo così formulato possa essere accolto, pur accettando il principio che lo ha ispirato e che richiede una formulazione più precisa e specifica.

FUSCHINI ritiene che sia opportuno rimandare l’ulteriore esame della proposta dell’onorevole Terracini, affidando a lui e all’onorevole Dossetti il compito di predisporre la formula più opportuna da portare all’esame della Commissione.

PRESIDENTE. Resta allora inteso che gli onorevoli Terracini e Dossetti concorderanno il testo da sottoporre all’esame della Commissione, testo che sarà opportunamente collocato secondo le osservazioni dell’onorevole Lucifero.

La seduta termina alle 13.

Erano presenti: Amadei, Ambrosini, Basso, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Canevari, Cappi, Cevolotto, Codacci Pisanelli, Conti, Corsanego, De Michele, De Vita, Di Vittorio, Dominedò, Dossetti, Einaudi, Fabbri, Fanfani, Farini, Federici Maria, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Giua, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, La Pira, La Rocca, Leone Giovanni, Lombardo, Lucifero, Lussu, Mannironi, Marchesi, Marinaro, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Perassi, Pesenti, Piccioni, Rapelli, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Taviani, Terracini, Togliatti, Togni, Tosato, Tupini, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

Assenti giustificati: Ghidini, Ruini.

Erano assenti: Bordon, Cannizzo, Caristia, Castiglia, Colitto, Di Giovanni, Lami Starnuti, Mancini, Merlin Lina, Molè, Paratore, Porzio.