Come nasce la Costituzione

Come nasce la Costituzione
partner di progetto

POMERIDIANA DI SABATO 31 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLXXV.

SEDUTA POMERIDIANA DI SABATO 31 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedi:

Presidente

Commemorazione:

Buffoni

Presidente

Votazione segreta dei disegni di legge costituzionali:

Statuto speciale per la Sardegna – Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige – Statuto speciale per la Valle d’Aosta – Modificazioni alla legge 7 ottobre 1947, n. 1058, per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica – Norme per la formazione delle liste elettorali nella provincia di Bolzano

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Disegno di legge costituzionale (Seguito della discussione ed approvazione):

Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia (65)

Presidente

Patricolo

Perassi, Presidente della Sottocommissione per gli statuti regionali

Varvaro

Murgia

Ambrosini

Musotto

Corbino

Marinaro

Persico

Castiglia

Lussu

Russo Perez

Einaudi, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio

Camangi

Montalbano

Cevolotto, Relatore

Aldisio

Finocchiaro Aprile

Bernini

Corsini

Mortati

Dominedò

De Vita, Sottosegretario di Stato per le poste e le telecomunicazioni

Presentazione di relazioni:

Di Giovanni, Presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere

Presidente

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Disegno di legge costituzionale (Discussione e approvazione):

Norme per la proponibilità dei giudizi e per le garanzie di indipendenza della Corte costituzionale (68)

Presidente

Ruini

Mortati, Relatore

Giannini

Condorelli

Moro

Nitti

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Lucifero

Bozzi

Benvenuti

Dominedò

Fabbri

Mastino Gesumino

Mastino Pietro

Targetti

Perassi

Ambrosini

Votazione segreta dei disegni di legge costituzionali:

Conversione in legge costituzionale dello statuto della Regione siciliana approvato col decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 – Norme per la proponibilità dei giudizi e per le garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Per la chiusura dei lavori dell’Assemblea:

Micheli

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Presidente

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MEDI, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Cotellessa e Viale.

(Sono concessi).

Commemorazione.

BUFFONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUFFONI. Onorevoli colleghi, si è spento ieri l’altro a Varese l’onorevole Paolo Campi, già deputato al Parlamento per il Collegio di Milano nella XXV legislatura.

L’onorevole Paolo Campi fu un valoroso combattente per la causa socialista.

Figlio di lavoratori, operaio muratore egli stesso, seppe, con studio assiduo e paziente, darsi una buona cultura e divenire efficace propagandista, redattore e direttore di fogli proletari, e uno dei migliori organizzatori del movimento sindacale e di quello cooperativo.

Fu anche sindaco di Gallarate nell’Amministrazione socialista che resse quell’importante città industriale fino alla presa del potere da parte dei fascisti.

Prego l’onorevole Presidente di voler mandare alla famiglia le condoglianze dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Assicuro l’onorevole Buffoni, che a nome dell’Assemblea Costituente, invierò alla famiglia dello scomparso le espressioni del nostro cordoglio. (Segni d’assenso).

Votazione segreta.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la votazione a scrutinio segreto dei seguenti disegni di legge:

Statuto speciale per la Sardegna; Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; Statuto speciale per la Valle d’Aosta; Modificazioni alla legge 7 ottobre 1947, n. 1058, per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Norme per la formazione delle liste elettorali nella provincia di Bolzano.

Indico la votazione.

(Segue la votazione).

Avverto che le urne rimarranno aperte continuandosi nello svolgimento dell’ordine del giorno.

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. (65).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. (65).

PATRICOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRICOLO. Vorrei formulare la richiesta di chiusura della discussione sul coordinamento dello Statuto regionale siciliano. Ritengo doveroso chiedere la chiusura, perché noi ci troviamo impegolati in una discussione che certamente non potrà aver termine entro questa sera. Noi discutiamo come se avessimo davanti a noi delle settimane di tempo, mentre non abbiamo che poche ore.

Se si fosse trattato di coordinare lo Statuto con la Costituzione, probabilmente, modificando uno o due articoli, noi saremmo giunti alla soluzione del nostro problema; ma la Commissione ha presentato un nuovo progetto. Qualcuno dei nostri colleghi ha detto che questo progetto sarebbe più favorevole alla Regione siciliana. Io non sono d’accordo. Comunque, più favorevole o no, se si trattasse oggi di rivedere lo Statuto siciliano, noi dovremmo esaminare articolo per articolo questo Statuto. Si tratterebbe di modificare una legge che per i siciliani ha enorme importanza; ed io sarei il primo a chiedere ulteriori riforme che possano essere di maggiore vantaggio per r siciliani.

Dato che non abbiamo il tempo per questo esame, e dato che ci è stato presentato un ordine del giorno a firma dell’onorevole Ambrosini, io chiedo che si proceda alla votazione di questo ordine del giorno, non andando oltre nella discussione.

PRESIDENTE. Domando se la proposta di chiusura, avanzata dall’onorevole Patricolo, è appoggiata.

(È appoggiata).

La pongo in votazione.

(È approvata).

Ha facoltà di parlare l’onorevole Perassi, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Onorevoli colleghi, vorrei anzitutto rilevare una espressione dell’onorevole Finocchiaro Aprile. Egli disse che la Commissione aveva impedito all’onorevole Ambrosini di essere Relatore per il progetto di legge costituzionale concernente lo Statuto coordinato della Sicilia. Devo dire che ciò non è assolutamente esatto. La Commissione, nel determinare l’ordine dei suoi lavori, aveva adottato il principio che per ciascuna delle leggi costituzionali relative agli Statuti speciali venissero designati due Relatori e che questi Relatori fossero scelti con un criterio di assoluta obiettività, nel senso che nessuno dei membri della Commissione appartenenti ad una certa Regione fosse relatore per quella Regione. Così è che, ad esempio, l’onorevole Ambrosini non è compreso fra i relatori per la Sicilia, mentre è stato relatore per la Sardegna e l’onorevole Lussu non è stato relatore por la Sardegna ma lo è stato per la Valle d’Aosta.

Fatta questa rettifica di un dato di fatto, entro senz’altro rapidamente nel merito della questione. Chi ha sentito i discorsi di stamattina, quello dell’onorevole Ambrosini (nostro collega della Commissione), che rappresentava la minoranza costituita dai deputati siciliani nella Commissione, eppoi il discorso dell’onorevole Finocchiaro Aprile, avrà notato una certa notevole diversità di apprezzamenti da parte dei due oratori per quanto concerne il lavoro compiuto dalla Commissione. Secondo l’onorevole Ambrosini questo lavoro non ha portato ad un rifacimento sostanziale dello Statuto; secondo l’onorevole Finocchiaro Aprile, invece, parrebbe che si sia voluto sovvertire quello che esiste. Né l’una, né l’altra tesi sono completamente esatte e le due versioni contrapposte mostrano che la verità non è né nell’una, né nell’altra.

Cosa ha fatto la Commissione? La Commissione, come ha già spiegato molto chiaramente il Relatore, aveva dinanzi a sé un binario tracciato e lo ha seguito coerentemente. Si è detto che la Commissione ha sorpassato i poteri che essa aveva, nel compiere il coordinamento. Vorrei, a questo riguardo, richiamare ancora una volta l’origine di questa espressione ed il significato che essa può avere. Verrei ricordare soprattutto alla deputazione siciliana che, nella proposta di coordinamento regionale che la Consulta siciliana elaborò, su invito dell’Alto Commissariato e del Governo, aveva inserito all’articolo 43 del suo precetto la disposizione che dice: «Il presente Statuto sarà approvato con decreto legislativo ed entra in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale». Proseguiva poi: «Sarà in seguito sottoposto all’Assemblea Costituente dello Stato», senza altro aggiungere. La parola: «coordinamento» è venuta fuori in sede di Consulta Nazionale. Fu questa che propose di modificare quella frase, che poi venne trasferita nel decreto legislativo che emanò lo Statuto, nel testo seguente: «Esso sarà sottoposto all’Assemblea Costituente per essere coordinato con la nuova Costituzione dello Stato». È da rilevare che la stessa Consulta, nella sua relazione si domandò quale sarebbe stata poi la posizione dell’Assemblea Costituente nei riguardi dello Statuto ed a pag. 4 della relazione, a suo tempo presentata, la Consulta osservò che l’Assemblea Costituente si sarebbe ritenuta evidentemente investita di una piena sovranità a questo riguardo.

Richiamata questa origine della parola «coordinamento», veniamo in concreto a quello che ha fatto la Commissione che ha elaborato il testo. La Commissione ha inteso, come del resto è già stato detto, il suo compito come consistente in due operazioni. Una prima di carattere costituzionale e sostanziale consisteva nell’esaminare il testo dello Statuto vigente e vedere quali fossero le norme che apparivano in contrasto col desto della Costituzione. La seconda operazione, che entra pure nel coordinamento, fu quella di dare al testo dello Statuto siciliano, da adottarsi con legge costituzionale, una formulazione corrispondente allo stile ed alle disposizioni della stessa Costituzione; operazione questa di coordinamento letterale e formale.

Devo dire che la Commissione ha compiuto questo lavoro con un continuo contatto, diretto e indiretto, con la delegazione siciliana e con essa ha avuto un libero scambio di idee nei riguardi dei diversi punti che, sotto diversi aspetti, erano stati indicati dalla Commissione stessa come meritevoli di essere considerati al fine del lavoro da compiersi.

VARVARO. La delegazione siciliana ieri sera è stata d’accordo sull’ordine del giorno Ambrosini.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti ragionali. Io parlo della Commissione.

Sta di fatto che anche l’altra notte, dalle 10 di sera a mezzanotte e oltre, noi abbiamo avuto una conversazione con la delegazione siciliana, con la quale abbiamo perfino esaminato i dettagli e le disposizioni di ordine secondario. Abbiamo, per esempio, considerato alcune disposizioni che non c’erano nello Statuto siciliano vigente e che invece erano state messe già in altri Statuti speciali, e si è considerata l’opportunità o meno di passarle anche nello Statuto siciliano. Alcune di queste disposizioni, infatti, sono state inserite nel testo da noi elaborato, nell’interesse stesso della Regione. Un esempio particolarmente notevole è dato da quelle disposizioni che riguardano una consultazione della Regione per quanto concerne l’elaborazione dei trattati di commercio, ed altre legislazioni che possono interessare la Regione. Anche per altri articoli si è discusso e qualcuno è stato dell’avviso di lasciare determinate materie alle leggi regionali.

Dunque, questa discussione di dettaglio lasciava ritenere che la discussione potesse proseguire senza gravi difficoltà.

Veniamo ora a quello che è particolarmente l’oggetto della discussione e del voto che in questo momento si deve prendere, e cioè esaminiamo il progetto di legge quale è presentato dall’onorevole Ambrosini in contrapposto al testo dell’articolo 1, elaborato dalla Commissione. Che cosa dice questo articolo e quale ne è la portata?

Secondo il testo dell’onorevole Ambrosini, lo Statuto della regione siciliana, approvato col regio decreto legge 15 maggio 1946 fa parte delle leggi costituzionali della Repubblica, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 116 della Costituzione.

Il testo Ambrosini non differisce sostanzialmente dal primo comma del testo dell’onorevole Finocchiaro Aprile.

Cosa vuol dire questa formula tradotta nella sua portata giuridica? (E su questo punto l’onorevole Ambrosini sarà certo d’accordo nell’interpretazione che diamo al contenuto della sua disposizione). Vuol dire giuridicamente questo: che l’Assemblea Costituente farebbe una legge costituzionale nella quale si riportano articolo per articolo tutte le disposizioni dello Statuto vigente, senza mutare una virgola, aggiungendo soltanto alla fine una disposizione, che è quella contenuta nella seconda parte del progetto Ambrosini, relativa ad eventuali modificazioni. Ciò che è necessario rilevare è che, adottando il testo Ambrosini, l’Assemblea Costituente assumerebbe la responsabilità di prendere il testo dello Statuto attuale così com’è, facendolo proprio in tutte le sue parti, in tutti i dettagli, punto per punto, virgola per virgola.

Ora, la Commissione non ritiene di poter raccomandare all’Assemblea Costituente di seguire questa via. Ritiene che la formula proposta dall’onorevole Ambrosini non corrisponda al compito che l’Assemblea Costituente ha avuto, anche inteso il coordinamento nel senso più ristretto che sia possibile.

Questo, infatti, non è coordinamento; questa è ricezione in blocco del testo dello Statuto vigente, dandogli il carattere formale di legge costituzionale.

La Commissione, ripeto, non può assumersi la responsabilità di suggerire all’Assemblea Costituente di compiere questo atto.

La Commissione ha contenuto nei limiti più ristretti il lavoro di coordinamento che essa era incaricata di fare, perché le disposizioni dello Statuto, alle quali essa ha portato qualche modificazione, sono poche e sono soltanto quelle che in realtà si pongono in manifesto contrasto con la Costituzione.

Se, per ipotesi, si adottasse una legge costituzionale che in blocco facesse proprio il contenuto in tutti i suoi particolari dello Statuto vigente, si verrebbe implicitamente a dire che tutte le disposizioni sono conservate col carattere di norme costituzionali, mentre lo stesso articolo 16 delle disposizioni transitorie della Costituzione prevede che vi siano delle norme preesistenti, che implicitamente sono da ritenersi abrogate con l’entrata in vigore della Costituzione.

Noi, tenendo presenti i principî della Costituzione, ed in particolare l’articolo 116, abbiamo fatto l’opera che si è concretata nel testo che abbiamo presentato, e la Commissione non può che attenersi a quel testo.

Io rilevo che nel corso di questa seduta sono stati presentati degli emendamenti al testo della Commissione; può darsi che alcuni di questi emendamenti non rientrino in quel concetto di coordinamento che era stato indicato anche dal Presidente. È una questione da vedersi. D’altra parte, è da tener presente che, come è avvenuto per altri Statuti, è possibile che, per qualche disposizione contenuta nel testo dello Statuto vigente, si possa prevedere un procedimento di modificazione diverso da quello che è il procedimento costituzionale.

A questo riguardo, ricordo in particolare che le norme relative all’ordinamento tributario della Regione, come abbiamo già avuto occasione di rilevare per un altro Statuto, concernono una materia che un articolo della Costituzione prevede come suscettibile di essere regolata con leggi ordinarie. Quindi potrebbe essere anche opportuno, qualora si ritenga di non entrare ora nel merito delle disposizioni concernenti l’ordinamento tributario, di fare uso di quell’espediente che noi abbiamo già adottato per altri Statuti, cioè a dire che quelle disposizioni (avuto riguardo al loro carattere in relazione dell’articolo 119 della Costituzione) saranno suscettibili di essere modificate con un procedimento diverso di quello delle leggi costituzionali; cioè col procedimento di legge ordinario, su proposta dell’Assemblea regionale.

L’onorevole Ambrosini, poi, ad un certo punto, ha detto che vi sono anche delle questioni di forma, che pure hanno la loro importanza. Il concetto è esattissimo ed egli ha rilevato che il dire all’articolo 1° che si sono introdotte delle modificazioni allo Statuto vigente può sembrare poco opportuno, in relazione alle giuste suscettibilità della Regione siciliana. Se è questione di forma, la Commissione può anche non avere difficoltà a togliere quella espressione. Si potrebbe, ad esempio, dire che lo Statuto attuale è adottato con legge costituzionale come Statuto speciale della Sicilia nel testo allegato alla presente legge, senza parlare di modificazioni.

L’onorevole Gullo Rocco questa mattina ha avuto una nota particolarmente pratica; in fondo, ha detto, lasciamo a parte la questione delle parole e guardiamo alla sostanza. Ed è su questa via che noi ci siamo messi, e credevamo di essere arrivati in porto o quasi. Torniamo a questo appello alla realtà e alla praticità, prescindendo da questioni di forma o di suscettibilità e proseguiamo il lavoro sulla linea che abbiamo indicato. Il testo che noi abbiamo sottoposto all’Assemblea è un testo che concilia le esigenze costituzionali del coordinamento con le preoccupazioni della delegazione siciliana.

Noi riteniamo che l’Assemblea Costituente possa lavorare sulla base di questo testo.

Si è detto che la Commissione si è dimostrata ostile all’autonomia della Sicilia: non è per niente vero. Il Relatore del progetto, onorevole Cevolotto, figura fra i Ministri che hanno messo la firma al decreto che ha determinato il primo ordinamento autonomo della Sicilia; gli altri membri della Commissione hanno tutti ugualmente seguito un indirizzo nettamente favorevole alle autonomie. Chi vi parla, in particolare, non può certo venir sospettato di esser poco favorevole alle autonomie.

Ciò che piuttosto vi è stato, da parte di tutti i membri della Commissione – questa, sì, è la verità – è che, nel fare questo lavoro, noi tutti, qualunque fosse la nostra personale opinione, ci siamo posti da un punto di vista assolutamente obiettivo, prescindendo cioè da qualunque opportunità contingente di partito. Questa è la pura verità, e noi pertanto formuliamo l’augurio che a questo stesso spirito si informi l’Assemblea Costituente.

L’onorevole Li Causi, questa mattina, diceva: voi volete, con questo Statuto, tornare a fare il colpo del 1860, quando, per ripetere una frase di Alberto Mario, si fece un colpo di Stato, estendendo alla Sicilia tutto il bagaglio accentratore dell’ordinamento piemontese. No, non è questo che vogliamo fare; al contrario, noi vogliamo riparare all’errore commesso nel 1860, perché abbiamo presente al nostro spirito quello che è stato il voto della Sicilia prima che quel cosiddetto colpo di Stato venisse consumato. Noi abbiamo presente la relazione, stesa da Michele Amari, del Consiglio straordinario di Stato, che Garibaldi, e per lui il prodittatore Mordini, aveva convocato, prima che venisse indetto il plebiscito, per studiare ed esporre al Governo, diceva il decreto, «quali sarebbero, nella costituzione della grande famiglia italiana, gli ordini e le istituzioni su cui convenga prestare attenzione perché rimangano conciliati i bisogni peculiari della Sicilia con quelli generali dell’unità e della prosperità della Nazione italiana».

Nessuna ostilità, dunque, all’autonomia siciliana, ma, al contrario il desiderio di garantire che l’ordinamento regionale funzioni in maniera utile alla Sicilia e all’Italia.

Questo è il nostro desiderio e riteniamo che il testo risponda a questo spirito e a questa finalità.

VARVARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa, onorevole Varvaro?

VARVARO. Sulle dichiarazioni fatte ora dall’onorevole Perassi.

PRESIDENTE. Mi spiace, onorevole Varvaro, ma ora non c’è da dire più nulla: il Relatore ha risposto, la chiusura è stata votata e a nessuno più si può concedere ora facoltà di parlare.

Onorevoli colleghi, ricordo che il disegno di legge costituzionale nel testo della Commissione è del seguente tenore:

Art. 1.

«Il vigente Statuto della Regione siciliana, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, è adottato con la presente legge costituzionale quale Statuto speciale per la Sicilia, con le modificazioni che risultano dall’allegato, che costituisce il testo coordinato dello Statuto stesso».

Art. 2.

«La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

Gli onorevoli Ambrosini, Castiglia e Montalbano hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire gli articoli 1 e 2 col seguente articolo unico:

«Lo Statuto della Regione siciliana, approvato con regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, fa parte delle leggi costituzionali della Repubblica ai sensi e per gli effetti dell’articolo 116 della Costituzione.

«Le modifiche, che in base all’esperienza derivante dall’applicazione dello Statuto fossero ritenute necessarie dalla Regione o dallo Stato, saranno approvate dal Parlamento nazionale con legge ordinaria, di intesa con l’Assemblea regionale della Sicilia».

Gli onorevoli Finocchiaro Aprile e Gallo hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire gli articoli 1 e 2 del disegno di legge col seguente articolo unico:

«Lo Statuto della Sicilia, promulgato con decreto legislativo 15 maggio 1946. n. 455, è legge costituzionale e continuerà ad avere vigore.

«Eventuali modifiche potranno essere introdotte con legge ordinaria dello Stato, ma sempre su voto dell’Assemblea siciliana, espresso da almeno tre quarti dei suoi componenti».

Comunico che sono stati presentati i seguenti emendamenti al testo Ambrosini:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Le modifiche ritenute necessarie dallo Stato o dalla Regione saranno approvate dal Parlamento nazionale con legge ordinaria udita l’Assemblea regionale della Sicilia.

«Persico».

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Per le modificazioni dello statuto della Regione siciliana si applica la procedura stabilita dalla Costituzione per le leggi costituzionali. Non oltre due anni dall’entrata in vigore della presente legge si potrà procedere a revisione anche con legge ordinaria della Repubblica, udita l’Assemblea regionale siciliana.

«Dominedò».

«Aggiungere il seguente comma:

«Lo stesso procedimento si applicherà per eventuali modifiche agli statuti speciali già approvati della Sardegna, Trentino-Alto Adige, Val d’Aosta.

«Murgia».

Onorevole Murgia, mi rammarico, ma non è proponibile il suo emendamento aggiuntivo. Noi stiamo esaminando il testo dello Statuto speciale per la Sicilia e non possiamo immettervi nulla che si riferisca agli Statuti speciali già approvati.

MURGIA. Non credo che vi sia una ragione di preclusione assoluta.

Vi sono, invece, imperiose ragioni di giustizia, oltreché politiche e logiche, che impongono l’accoglimento dell’emendamento che abbiamo proposto.

PRESIDENTE. Permetta, onorevole Murgia: penso che lei si possa rammaricare di non aver pensato ieri a proporre questa formula; ma non è questa una ragione, comunque, per inserirla quest’oggi in un testo che non ha nulla a che fare con la sua proposta. Potrà formare oggetto, se mai, di un ordine del giorno; non di formulazione da inserire nel corpo di una legge che si riferisce ad altra materia.

Onorevole Ambrosini, poiché sono state presentate due formulazioni che modificano il testo da lei proposto, la pregherei di esprimere il suo parere e di dirci se è disposto ad accoglierle in sostituzione della sua formulazione.

AMBROSINI. Onorevole Presidente, le proposte modifiche si riferiscono al comma secondo. Io debbo insistere sul mio testo, facendo rilevare che lo ho presentato anche in rappresentanza del mio gruppo, e che è stato firmato da altri due colleghi, che vi aderirono in rappresentanza dei loro partiti.

Io mi rendo conto delle esigenze manifestate con gli emendamenti presentati. Ritengo però che a queste esigenze si provveda adeguatamente anche con l’articolo da me proposto, che apre la via alle modifiche che l’esperienza suggerirà, senza richiedere il ricorso alla procedura lunga della revisione costituzionale. Basterà una legge ordinaria emanata dal Parlamento Nazionale «di intesa» con l’Assemblea regionale siciliana. L’Assemblea ha approvato lo Statuto della Val d’Aosta che ha un articolo col quale sostanzialmente si adotta la stessa norma; e ieri ha approvato lo Statuto del Trentino-Alto Adige con un simile articolo, sia pure limitato alla materia finanziaria. La clausola «di intesa» con l’Assemblea regionale è necessaria per non sollevare diffidenze nell’Isola, e sarà più vantaggiosa per tutti.

Quindi il secondo comma dell’articolo proposto è già sulla scia di una deliberazione presa da questa Assemblea per due altri Statuti. Faccio rilevare all’Assemblea che con questo secondo comma non ci si pone sulla via del trattato internazionale, né del federalismo, giacché non si preclude allo Stato la possibilità di procedere a modifiche di sua sola autorità e senza il consenso dell’Assemblea regionale della Sicilia, facendo ricorso al procedimento previsto dalla Costituzione per la revisione delle leggi costituzionali.

Se vi sono dei colleghi che hanno il dubbio circa la possibilità che la dizione dell’articolo da me proposto precluda al Parlamento questo potere di revisione (dubbio che in verità non ha fondamento, perché il Parlamento sovrano può col procedimento previsto cambiare qualsiasi norma della stessa Costituzione) si può diradare il dubbio facendo un richiamo espresso alla revisione delle norme costituzionali. Nel secondo comma dopo le parole «le modifiche saranno approvate con legge ordinaria del Parlamento di intesa con l’Assemblea regionale», si può aggiungere «salvo l’ordinario procedimento di revisione costituzionale». Con ciò sarebbe eliminata qualsiasi possibilità di dubbio.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, passiamo dunque alla votazione.

AMBROSINI. Chiedo di parlare, per aggiungere una sola parola.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMBROSINI. Mi è stato chiesto se accetto o non accetto gli emendamenti.

Come ho detto, non li accetto; mantengo il testo da me proposto nella sua integrità, con la clausola «di intesa».

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Ambrosini. Avevo già ben compreso quello che lei ha detto.

MUSOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUSOTTO. Onorevoli colleghi, avvertiamo lo stato psicologico dei siciliani in questo momento in cui si discute all’Assemblea Costituente il coordinamento dello Statuto dell’Isola con la Costituzione della Repubblica.

Il partito socialista italiano dichiara che vuole salvaguardata nel modo più sicuro l’autonomia siciliana, e perciò pensa che il coordinamento non debba toccare né diminuire quello che era stato concesso.

Lo Statuto fa già parte della legge costituzionale dello Stato perché, approvato e promulgato col decreto del maggio 1947, ha avuto pieno vigore ed è penetrato nella coscienza del popolo siciliano come una conquista e come un diritto acquisito.

Strumento efficacissimo di lotta democratica, porterà ancora il popolo siciliano verso realizzazioni più ampie, sollevandone il livello morale, sociale e politico.

Il popolo siciliano, sempre intelligente e sobrio, saprà trarre dalle esperienze, alle quali lo chiamerà la sua nuova attività politica e amministrativa, suggerimenti e propositi di revisione dello Statuto, semmai sempre in meglio, onde farne uno strumento valido e sapiente nell’interesse del popolo lavoratore e repubblicano, che vuole rimanere vivo e operante nell’anima unitaria dello Stato italiano. Il Gruppo parlamentare socialista voterà favorevolmente l’articolo di legge proposto dall’onorevole Ambrosini.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Io non credo che dal voto che daremo debbano nascere, né i grandi guai che a proposito del nostro ordinamento regionale ho sentito esporre da qualche parte, né le grandi speranze che i miei conterranei siciliani affidano alla deliberazione della Costituente.

Ho troppa fiducia nell’intelligenza dei siciliani e nel buonsenso del popolo italiano per non essere più che sicuro che gli errori o gli eccessi che noi possiamo aver commesso o potremmo commettere in un senso o nell’altro non siano prontamente e provvidamente riparati. C’è, nel problema che ci affatica un aspetto giuridico che investe tutta la struttura costituzionale dello Stato e rispetto al quale tutti vogliamo essere italiani prima che siciliani. C’è un problema di ordine economico-finanziario, di funzionamento dell’economia dell’Isola che, impostato in momenti nei quali la situazione della Sicilia era profondamente diversa da quella di oggi, impostato in momenti nei quali anche la situazione dell’Italia era profondamente diversa di quella di oggi, ci avrebbe portato probabilmente a fare uno statuto alquanto diverso di quello che siamo chiamati ad approvare. Il problema principale, oggi mi pare il seguente: siamo in un momento in cui una nuova redazione dello Statuto possa essere fatta in un ambiente di serenità, di calma, di obiettività tale quale sarebbe necessario per non avere la probabilità, se non la certezza, di incorrere in altri errori? Io sono convinto di no, e ne sono convinto non soltanto per la brevità del termine, ma anche e soprattutto perché, per la speciale atmosfera elettorale nella quale viviamo, ciascuno di noi non avrebbe quella limpidezza di vedute che sarebbe necessaria. Ed allora non resta che una soluzione, il rinvio (Commenti), nei termini nei quali lo propone Ambrosini.

AMBROSINI. No, io propongo l’approvazione integrale e definitiva.

CORBINO. A me pare un rinvio in questo senso, in ogni caso è in questo senso che io voto la proposta Ambrosini, è perché c’è un impegno tacito delle due parti che là dove esiste un contrasto fra la Costituzione approvata e lo Statuto dell’Isola, questo contrasto dovrà essere appianato nelle forme giuridiche e costituzionali, e che fino a quel giorno, sia da parte dello Stato, sia da parte degli organi della Regione, si agisca con il presupposto che fra Italia e Sicilia non vi può essere che armonia di interessi e non discordanza di interessi.

Questo deve essere il punto di partenza.

Quindi hanno ragione il Governo, il Ministro del bilancio, quando si preoccupano delle ripercussioni che determinati provvedimenti presi dal Governo regionale possono aver avuto o potrebbero avere sulla struttura economica nazionale, ma hanno anche ragione il Governo regionale, tutte le popolazioni dell’Isola quando si preoccupano che noi si possa ricorrere a formule legislative vaghe, che tendano a togliere alla Sicilia, sia pure soltanto pro-forma, una parte di quelle conquiste (chiamiamole con il loro linguaggio) che esse credono di avere effettuato. Onorevoli i colleghi, come siciliano io sono convinto che noi abbiamo preso nell’interesse della Sicilia la via sbagliata, perché avremmo dovuto impostare la campagna per la difesa degli interessi della Sicilia, sul terreno di una politica economica nazionale che correggesse le sperequazioni ai danni delle isole del Mezzogiorno, e non nella vacua speranza di una autonomia regionale, la quale doveva urtare, nella sua vita economica e finanziaria, di fronte a difficoltà che ancora non si possono prospettare e che provocheranno gravi delusioni alle popolazioni.

Quindi, non perché abbia lo scrupolo di prendere per il Paese una deliberazione che possa essere nociva agli interessi dell’Italia, ma con la perfetta tranquillità che nel nostro tradizionale buon senso noi troveremo sempre la via d’intenderci, io voto l’ordine del giorno Ambrosini, con l’aggiunta che lo stesso onorevole Ambrosini ha proposto.

AMBROSINI. Ho suggerito, sempre mantenendo la clausola «di intesa», di aggiungere «salvo l’ordinario procedimento di revisione costituzionale».

CORBINO. Il suo suggerimento mi permetto di farlo come mia proposta, nel senso che entro un termine breve si arrivi alla modifica dei punti in contradizione. Credo di poter esprimere un augurio: che queste modifiche siano affrontate subito, non appena il nuovo Parlamento sia costituito, in maniera che in esso si possano studiare, concordare non nell’atmosfera rovente che precede una battaglia elettorale, ma con la tranquillità di tecnici che devono studiare a tavolino soluzioni di problemi concreti, interessanti in ugual modo l’Isola e tutto il resto della Repubblica. (Applausi).

VARVARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VARVARO. Io credo che la proposta firmata dagli onorevoli Ambrosini, Castiglia, Montalbano, sia la sola che possa dirimere il contrasto che si è determinato nell’Assemblea, e che diversamente sarebbe incomponibile. Il contrasto si è determinato attraverso un errore d’impostazione della Commissione. In base all’articolo 116 della nostra Costituzione, noi dovevamo fare, a proposito dello Statuto siciliano, con mandato specifico, una legge di coordinamento. Questa legge la Commissione l’ha presentata, ed è costituita dai due primi articoli. Senonché, con un procedimento giuridicamente sbagliato, al posto di quell’allegato (e lo chiama difatti allegato) che doveva essere lo Statuto siciliano, che richiamava nella legge anche con il numero, noi troviamo un altro progetto con una sistematica totalmente diversa. Io non discuto adesso il contenuto; discuto la forma, che è di grandissima importanza, perché investe problemi insolubili.

Intanto questo procedimento delude le aspettative dell’Assemblea, che si era attenuta alle direttive date dall’onorevole Presidente, il quale, dando queste direttive, che abbiamo sott’occhio – spero le avrete anche voi – aveva mostrato di individuare il problema in modo preciso. Queste direttive dicevano: «A differenza di statuti, che si devono creare, quello della Sicilia è già una legge dello Stato e quindi non è dato all’Assemblea di discuterlo articolo per articolo. L’Assemblea può soltanto rilevare e discutere, se ve ne siano, evidenti e sicuri contrasti con la Costituzione italiana».

Quindi, dopo i due articoli del progetto, che costituiscono la legge di adozione dello Statuto siciliano, la Commissione, coerentemente con queste direttive e secondo le aspettative di noi tutti, avrebbe dovuto presentare solamente le proposte di modifica dei contrasti costituzionali eventualmente esistenti; non un progetto nuovo.

Né tutto questo, che è errore evidente della Commissione, è stato fatto d’accordo con la delegazione siciliana. Mi dispiace di dover dire come stanno realmente le cose. A prescindere da questioni elettorali, che non mi interessano per niente, tutto questo non è stato fatto d’accordo con la delegazione siciliana. Ieri sera si sono riunite la deputazione e la delegazione siciliana, le quali, dopo lunga discussione, sono rimaste ferme sul progetto Ambrosini, perché non era stato accettato il nuovo progetto della Commissione.

Oggi, a poche ore dalla fine dei nostri lavori, ci troviamo di fronte ad un progetto nuovo, che, per essere appunto completamente nuovo, pone l’Assemblea nell’obbligo di discuterlo articolo per articolo, anche se il senso della misura, dato che sono state presentate diecine di emendamenti (che non so come potranno essere discussi), suggerirà di procedere celermente.

Ritengo che, in queste condizioni, unica soluzione sia quella della proposta Ambrosini, Montalbano e Castiglia.

Per queste considerazioni voterò a favore, perché non vedo possibilità di altre soluzioni.

MARINARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINARO. Io voterò contro la proposta Ambrosini, come voterò contro qualsiasi proposta, diretta a richiamare il decreto 15 maggio 1946, non perché non ami le autonomie regionali e non apprezzi nel giusto valore le aspirazioni del popolo siciliano, ma perché ritengo incostituzionale l’accennato decreto.

Questo decreto è per me incostituzionale, poiché il Governo non aveva la potestà di emanarlo; non ne aveva la potestà, né in base al famoso decreto di Salerno del 25 giugno 1944, né in base ai pretesi accordi dei comitati di liberazione col Governo medesimo.

Questa materia, cioè la materia costituzionale era sottratta alla facoltà legislativa del Governo. E ciò è tanto vero, onorevoli colleghi, che il Consiglio di Stato, interpellato in proposito, si rifiutò di esaminare la questione. Non è che giunse ad una soluzione diversa da quella proposta dal Governo, ma non esaminò affatto la questione, ragion per cui il Governo non avrebbe dovuto pubblicare il decreto del 15 maggio. D’altra parte è da tener conto che questo decreto fu registrato con riserva e che questa Assemblea non si è mai pronunziata sulla riserva opposta dalla Corte dei Conti, ritengo anzi che l’apposita Commissione non abbia mai funzionato in questo periodo di tempo. (Commenti).

Nelle ultime settimane, a mio avviso, questa Assemblea ha compiuto numerosi atti incostituzionali che vanno dalla rinnovata adozione della lista nazionale per l’elezione del Senato, a talune norme contenute negli Statuti che sono stati approvati nei giorni scorsi. È bene che l’Assemblea assuma la sua responsabilità ma è bene pure che ciascuno di noi assuma la propria ed io ho creduto di fare questa dichiarazione per dividere la mia responsabilità da quella degli altri. (Approvazioni a destra).

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Onorevoli colleghi, dirò brevissime parole per spiegare la ragione del mio emendamento. Abbiamo ascoltato molte tesi opposte fra cui ultima quella dell’onorevole Varvaro, il quale sostiene che la Commissione ha esorbitato dai suoi poteri presentando un disegno di legge, che non è identico al decreto regio approvato il 15 maggio 1946.

Io sono convinto che la Commissione ha fatto completamente il suo dovere, perché, fino a che le due parole italiane «coordinare» e «adottare» hanno un significato logico e giuridico, coordinare vuol dire ordinare insieme ad altre cose, adottare vuol dire assumere qualcosa e farla propria, qualora convenga e qualora piaccia. Quindi, quando l’articolo 117 della Costituzione parla di adottare, conferisce un potere di disamina, di critica, di eventuale cambiamento di quel che si adotta; quando la legge del 15 maggio 1946 parla di coordinazione, evidentemente dà una facoltà di esaminare, e, se del caso, di modificare per coordinare. Quindi la Commissione bene ha fatto, e non è esatto che quando usa la parola «allegato», accenni alla legge 15 maggio. L’articolo 1 dell’attuale disegno dice: «Con le modificazioni che risultano dall’allegato»: cioè nell’allegato sono contenute le modificazioni. Poi aggiunge: «che costituisce il testo «coordinato» dello Statuto stesso». Quindi la Commissione è perfettamente in regola. Dato ciò, io e molti altri più autorevoli colleghi anche siciliani, ci eravamo permessi di proporre delle modifiche e degli emendamenti ai singoli articoli con la speranza di vederli accolti dall’Assemblea.

Cosa è che in questo momento rende impossibile tale discussione? La situazione stranissima in cui ci troviamo, di essere arrivati alle ore 18 del giorno 31 gennaio, con l’obbligo di chiudere questa sera i nostri lavori. Ed allora bisogna trovare una soluzione. La soluzione l’ha offerta l’onorevole Ambrosini, ma l’ha offerta con mano avara, perché, non dico che abbia voluto approfittare della specialissima contingenza (egli è uomo di troppo elevata dirittura morale per poterlo pensare!), ma la fatalità vuole che la sua proposta sia quasi iugulatoria e che dobbiamo quindi accettarla, bongré, malgré.

Ed allora, ecco le ragioni per cui mi sono permesso di presentare un emendamento al secondo comma del suo emendamento. Amici siciliani, non dite che da parte nostra c’è cattiva volontà, e che ci sia l’intenzione di riprendere con una mano quello che si dà con l’altra. Non è vero, perché il primo comma dell’emendamento Ambrosini taglia corto ad ogni discussione, è tranchant, e risolve tutte le questioni, in quanto esso afferma che «lo Statuto della Regione siciliana, approvato con regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, fa parte delle leggi costituzionali della Repubblica ai sensi e per gli effetti dell’articolo 116 della Costituzione». Quindi con esso si dicono due cose: che lo abbiamo coordinato, come voleva il decreto-legge del 1946, e che lo abbiamo adottato, secondo l’articolo 116 della Costituzione. Con ciò gli amici siciliani hanno ottenuto al mille per mille tutto quello che domandavano.

Il secondo comma vuol concedere qualche cosa che va al di là, e che impegna l’avvenire. Ecco perché mi sono permesso di proporre una modifica che credevo sarebbe stata accettata senz’altro dagli onorevoli Ambrosini, Castiglia e Montalbano. Il mio emendamento sostitutivo rappresentava una mano amichevole che si tendeva all’onorevole Ambrosini. Nel primo capoverso del suo emendamento è detto che «le modifiche, che in base all’esperienza derivante dall’applicazione dello Statuto fossero ritenute necessarie dalla Regione o dallo Stato, saranno approvate dal Parlamento nazionale con legge ordinaria, di intesa con l’Assemblea regionale della Sicilia». Ora, circa «l’esperienza», io credo che ci vorrà per lo meno un quinquennio, altrimenti non si potrà parlare di esperienza. Osservo che si mette prima la Regione e poi lo Stato, perché è detto «fossero ritenute necessarie dalla Regione o dallo Stato»: questa espressione tradisce proprio lo spirito dell’emendamento. Circa poi l’approvazione da parte del Parlamento nazionale con legge ordinaria, di intesa con l’Assemblea regionale della Sicilia, io noto che, finché non avremo un trattato di accomodamento fra i due organismi politici, tra Italia e Sicilia, finché non .avremo un accordo fra il così detto Parlamento siciliano ed il Parlamento dello Stato italiano, non sarà possibile, né allo Stato, né alla Regione, di proporre alla Camera, e al Senato, una qualsiasi modifica dell’attuale Statuto.

Ma, dice l’onorevole Ambrosini, acutissimo come sempre: dimenticate che c’è l’articolo 138 della Costituzione, che cioè si può ricorrere alla modifica di una legge costituzionale col procedimento delle due letture, con i tre mesi d’intervallo, con la maggioranza qualificata e col referendum qualora venga richiesto nei modi di legge? Questo è un meccanismo difficilissimo a mettere in moto e dovremo farvi ricorso solo eccezionalmente, per modificare qualche parte della Costituzione se sarà necessario, non per ritoccare qualche articolo di uno Statuto regionale.

Quindi, io prego il collega Ambrosini – e temo che l’amico Ambrosini non possa più accedere alla mia preghiera, perché ha già risposto negativamente – ma prego gli amici e colleghi siciliani di voler accettare il mio emendamento, il quale salva tutti gli interessi della loro nobilissima Regione, dell’Assemblea, o Parlamento, siciliano, dei deputati o consiglieri, siciliani; ma fa anche salvo al Governo centrale il potere – dovere che l’amico Corbino diceva urgentissimo esercitare – di nominare domani stesso una Commissione di studio che potrà preparare le opportune modifiche allo Statuto siciliano; di modo che ai primi di maggio, aprendosi il nuovo Parlamento, possa essergli presentata questa come una delle prime leggi da discutere e deliberare. Per queste ragioni confido che l’emendamento, da me proposto, possa trovare benevola accoglienza da parte dell’Assemblea Costituente.

CASTIGLIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTIGLIA. Io prendo la parola soprattutto per rispondere all’invito molto cortese rivolto dall’onorevole Persico, per l’accettazione del suo emendamento all’emendamento che porta la firma dell’onorevole Ambrosini, la mia e quella dell’onorevole Montalbano.

Io sono grato all’onorevole Persico delle sue parole e delle sue intenzioni. Sono grato del fatto che in omaggio a quelli che lui ritiene i diritti preminenti della Regione nella materia in esame, abbia fatto quella tale graduatoria, però sono spiacente di non poter accettare il suo emendamento, poiché in sostanza fra il nostro emendamento, e l’emendamento proposto dall’onorevole Persico c’è una differenza piccolissima in apparenza, la differenza di una lettera dell’alfabeto, di una d, la quale però modifica profondamente e sostanzialmente l’essenza delle cose. Mentre noi prevediamo al capoverso dell’emendamento che le modifiche saranno approvate dal Parlamento nazionale ecc. «d’intesa» con l’Assemblea regionale, l’onorevole Persico propone che a questa frase «d’intesa» sia sostituita l’altra: «udita»; la differenza è troppo evidente: la differenza non è soltanto formale, ma è sostanziale, ed ha una portata e delle conseguenze che sono facilmente intuibili, perché ci sia bisogno di immolarsi su di essa. Io non conosco le intenzioni dell’onorevole Montalbano; comunque, dichiaro di non poter accettare l’emendamento dell’onorevole Persico. Ho preso anche la parola, ed ho ritenuto questa dichiarazione di voto necessaria – anche se apparentemente possa non sembrarlo essendo la mia firma stata apposta all’emendamento che si dovrà votare – perché io avevo presentato anche altri emendamenti sul testo dello Statuto. Ma tengo a dichiarare che questi emendamenti che io avevo presentato avevano un carattere tutt’affatto subordinato; nel caso cioè in cui l’emendamento che porta anche la mia firma non fosse votato dall’Assemblea; e prendo la parola anche perché voi, onorevoli colleghi, avete udito da parte della deputazione siciliana, senza differenza di partiti, senza separazione di ideologie politiche, l’intendimento che le rivendicazioni della Sicilia alla sua autonomia venissero finalmente esaudite.

La deputazione siciliana su questo argomento si è mantenuta concorde senza che ci sia stata una sola incrinatura ed ha espresso, attraverso la voce dei vari oratori, la sua unanime e compatta volontà di ottenere quel che ci proponiamo.

Non vorrei che, attraverso questa che noi potremmo chiamare (sia pure con linguaggio improprio, dal punto di vista regolamentare) relazione di minoranza, si potesse pensare che fra la maggioranza e la minoranza della Commissione ci siano stati dei contrasti veramente insanabili e profondi. Noi abbiamo collaborato con spirito di grande comprensione reciproca e devo dire, per la verità, che la maggioranza della Commissione si era avviata verso una concezione la quale avrebbe forse potuto portare ad altri risultati. E la ragione profonda, almeno per mio conto, del dissenso che si è manifestato tra la minoranza e la maggioranza della Commissione, non consiste tanto in quelle proposte di modifiche allo Statuto sulle quali si sarebbe potuto ancora, e forse proficuamente, discutere, quanto nel criterio che ha informato il disegno di legge che doveva portare al coordinamento; perché così come è stato formulato dalla maggioranza della Commissione, questo disegno di coordinamento ha aperto, come era prevedibile, le cateratte delle proposte di modifica dello Statuto, proposte di modifica che, molto più di quelle tali proposte fatte dalla maggioranza della Commissione, svuoterebbero completamente lo Statuto per l’autonomia siciliana, rendendolo – mi si consenta la frase – niente altro che una beffa atroce e tragica, della quale i siciliani non potrebbero non dolersi.

È per questo che io faccio appello a considerazioni di carattere soprattutto politico da parte dell’Assemblea, lasciando da parte per il momento qualsiasi considerazione strettamente giuridica, perché questo nostro emendamento sia votato nella forma in cui l’abbiamo presentato.

Io so benissimo che le proposte di emendamento sarebbero forse piovute allo stesso modo anche se le varie disposizioni dei vari articoli dello Statuto fossero rimaste così come erano state consacrate nello Statuto per l’autonomia siciliana; ma, in ogni modo, contro questi tentativi di svuotamento e di annullamento dello Statuto noi opponiamo il nostro desiderio che l’emendamento da noi presentato sia votato così com’è.

Non si devono avere preoccupazioni. E, ancora una volta, non guasta che da questa Assemblea, dalla voce di un siciliano, vengano pronunziate altre parole di adesione a quello che gli altri co]leghi siciliani hanno detto: questo strumento della nostra autonomia non vuole, non può e non deve significare tentativo di qualsiasi disintegrazione dello spirito di unità nazionale che ha animato ed anima la maggior parie dei siciliani. Noi siciliani, nella stragrande maggioranza, siamo profondamente unitari e tali vogliamo restare, o signori!

Ma dateci il modo perché, attraverso l’attuazione ed il conseguimento delle nostre rivendicazioni noi possiamo sentirci ancor più profondamente e più intimamente legati all’Italia!

Io ricordo, signori, ed ho finito, le parole che uno dei più illustri figli di Sicilia, Vittorio Emanuele Orlando, ha pronunziato in quest’Aula, parole che noi tutti siciliani sentiamo di poter far nostre e di assumere come pegno ed impegno d’onore: «Come non vi può essere una Italia senza la Sicilia, così non vi può essere una Sicilia senza l’Italia.» (Applausi).

LUSSU. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU. Non posso dichiararmi solidale con i colleghi della Commissione su questo disegno di legge, così come la Commissione lo presenta per la Sicilia. Io mi sono dimesso dalla Commissione, il giorno 28, in seguito al modo che consideravo e tuttora considero ingiusto con cui si è cercato di distruggere la sostanza dello Statuto speciale per la Sardegna. Non ho quindi potuto prender parte alle ultime riunioni e alle decisioni definitive per la Sicilia.

Debbo dichiarare che sono arrivato alla conclusione, che mi sento obbligato di votare a favore della sola soluzione politica che esista, a favore cioè dell’emendamento dell’onorevole Ambrosini. Io ho sempre infatti sostenuto – me ne appello ai colleghi della Commissione – che il coordinamento non significasse, nel nostro caso, la semplice aggiunta dello Statuto siciliano alla Carta costituzionale della Repubblica, ma che bisognasse invece interpretare questa esigenza come una necessità di razionale coordinamento costituzionale fra i principî fondamentali della Repubblica e i principî fondamentali dello Statuto siciliano.

Ma è appunto per ciò, che io ho sempre detto che questo si poteva fare ad una sola condizione; che noi non ci mettessimo in testa di andare ad esaminare tutti gli articoli dello Statuto così come sono stati formulati, ma che all’opposto ci convincessimo della necessità di ridurre al minimo queste esigenze costituzionali di coordinamento.

Io le ho indicate queste esigenze, in termini chiari. Primo, Corte costituzionale. Il coordinamento deve avvenire infatti principalmente attraverso la Corte costituzionale, la quale deve essere unica per la Repubblica, deve essere unica per tutti.

Secondo, la questione della Corte di cassazione. Io ritenevo infatti che, in un grande Paese civile e moderno, la Corte di cassazione dovesse essere unica; mi sembrava, inoltre che, avendo l’Assemblea rinviato la decisione sulla questione della unicità della Corte di cassazione, significasse un poco, in certa guisa, pregiudicare la questione, stabilendo una Corte di cassazione per la Sicilia.

Pur tuttavia, su ciò io non insistevo, conscio come sono della circostanza che questa mia opinione non è condivisa, nel Paese e in questa Assemblea, da uomini che hanno una sconfinata autorità in questo campo, ben superiore alla mia. Io riducevo perciò le mie esigenze a quel primo punto della Corte costituzionale.

Male ha fatto quindi, la Commissione a porci nell’obbligo di vedere il problema, anziché da un punto di vista principalmente politico come dovrebbe essere, da un punto di vista di natura prevalentemente tecnico-costituzionale. Ma, onorevoli colleghi, questa Assemblea non è, per nostra fortuna, un’Assemblea di uomini che sognano continuamente costituzioni e che mangiano sera e mattina diritto costituzionale, come, ad esempio, il collega professor Mortati. (Si ride).

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Ma Mortati è una persona seria, almeno.

LUSSU. Questa è dunque un’Assemblea politica ed è evidente che per essa è necessario arrivare ad una soluzione politica. E, per arrivare ad una soluzione politica, bisognerebbe essere ben ingenui per pensare che si possa discutere uno Statuto che è – diciamo le cose come esse appaiono nella profonda realtà vera – una conquista politica diventata per giunta giuridicamente efficiente. È una conquista politica, e qui saremmo dei pazzi (Commenti) se davvero pensassimo di poter distruggere una conquista politica di una Regione che ha cinque milioni di abitanti.

Una voce a sinistra. Ma non esageri!

LUSSU. Io dico quello che sento, e lo dicevo molto moderatamente, e credo assennatamente, due mesi fa, un mese fa, sino all’ultimo.

Quindi, non rimane che una conclusione Quando si vedono di questi emendamenti, è chiaro che quelli che sostenevano il coordinamento così come io lo sostenevo non possono consentire che sia ragionevole che ognuno abbia il diritto di presentare emendamenti ad ogni articolo.

L’onorevole Einaudi stamattina ha incominciato con un emendamento, ricordandosi di essere il Ministro del bilancio, e poi ne ha presentato uno anche stasera. Mi permetta l’onorevole Einaudi, egli è da considerarsi come il primo fautore dell’emendamento Ambrosini. E debbo aggiungere che, vedendo questi emendamenti, presentati questa sera, io mi sono ricordato dei versi dell’Ariosto, che mi pare possano attribuirsi egregiamente all’onorevole Einaudi, su quel cavaliere dell’Orlando Furioso che andava combattendo ed era morto. (Commenti – Ilarità).

È chiaro che non c’è la possibilità di emendamenti; politicamente non è possibile. L’Assemblea si spiegherà facilmente il motivo per cui io sono arrivato a questa conclusione.

E mi permetta una parola anche l’onorevole Corbino, del quale non condivido nemmeno la concezione che egli ha espresso come siciliano per le conquiste e per le organizzazioni autonomistiche. Non è esatto che noi autonomisti del Mezzogiorno e delle isole avremmo meglio servito gli interessi delle nostre Regioni cercando di trasformare qui, al Parlamento, la politica economica e finanziaria del Governo e dello Stato. Ciò significa crearci una maggioranza parlamentare. Il che in ipotesi, può anche avvenire: può avvenire fra poco o fra molto e può anche non avvenire mai, come non è avvenuto sino ad ora. Lo strumento dell’organizzazione autonomistica delle Regioni e dello Stato porta a questo: che quelle Regioni che, per una tradizione di organizzazione statale centralizzata e di corruzione politica che pesava su tutti, erano indotte a trasferire il centro del loro lavoro e della loro azione dalla periferia a Roma, devono sentire che bisogna fare il cammino inverso, e ritornare alla periferia. Gli interessi reali delle Regioni si servono anzitutto sul posto, localmente, studiando i problemi, lavorando ogni giorno, criticando, prendendo delle iniziative, facendole prendere dagli altri.

Questo è il lato buono dell’autonomia, ed è quello che si farà nelle Regioni che hanno potuto conquistarsi un regime di autonomia; perché, se non servisse ad altro, questo regime servirebbe ad un controllo esatto di tutto quello che avviene e a presentare, attraverso l’organismo delle Regioni, nel modo più solenne perché costituzionale e legale, l’espressione delle esigenze e della volontà della periferia al centro, al Parlamento di domani.

Certo, guai se considerassimo queste autonomie come un toccasana. Le autonomie sono un’arma; aggiungo anche, un’arma pericolosa; guai se non le sappiamo adoperare. Esse, come tutte le armi, potrebbero ferire anzitutto quelli che le impugnano.

Ecco perché, colleghi della rappresentanza siciliana, (anche su noi, ma meno su noi sardi, perché siamo in un’Isola modesta con poco più di un milione di abitanti) su voi pesa una grande responsabilità politica, e io aggiungerei anche storica. Guai se fallisce l’esperimento di Sicilia; guai se l’esperimento risultasse negativo. La riforma autonomistica, che noi concepiamo come la più grande conquista democratica di questa democrazia repubblicana moderna, verrebbe colpita a morte e tutto crollerebbe il sistema che con tanta fatica abbiamo cercato di inserire nella Costituzione repubblicana e nella coscienza del Paese.

È con questo monito che io, con animo tranquillo, voto l’emendamento Ambrosini, fiducioso che voi, facendo tesoro della vostra esperienza, apporterete le trasformazioni che sono necessarie. Perché bisogna mettere d’accordo anche la tecnica costituzionale con le sovrane esigenze della vita nazionale e della Repubblica. (Applausi a sinistra).

RUSSO PEREZ Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Dichiaro che voterò a favore della proposta Ambrosini e quindi contro gli ordini del giorno e gli emendamenti dell’onorevole Persico e del pericolosissimo trio Dossetti-Dominedò-Moro. (Si ride).

Le ragioni sono quelle che hanno esposto i colleghi Ambrosini, Finocchiaro Aprile, Varvaro e Castiglia.

Io mi permetto di ammonire rispettosamente alcuni colleghi, e specialmente quelli che su codesto emendamento hanno chiesto la votazione a scrutinio segreto, che essi, mentre dicono, o anche pensano, di lavorare a favore dell’unità del Paese, in realtà lavorano per la sua disgregazione.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI. Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Devo fare una dichiarazione di voto esponendo le ragioni per le quali, se l’Assemblea non procederà alla discussione dell’allegato e quindi alla discussione dei singoli articoli e anche dell’emendamento da me proposto, se l’Assemblea non riterrà di far questo, io voterò a favore dell’emendamento Persico.

Molte sarebbero le ragioni che si potrebbero addurre a questo riguardo, in appoggio a quelle che sono già state svolte.

L’onorevole Persico ha dimostrato che l’adozione dell’emendamento Ambrosini, così com’è scritto, porta alla conseguenza che nulla potrà essere innovato allo Statuto senza un accordo fra i due parlamenti, il parlamento italiano e il parlamento siciliano. Mancando questo accordo nessuna modifica potrà essere apportata al testo che sarebbe votato a norma dell’emendamento Ambrosini.

Ora io vi prego di riflettere ad una circostanza la quale mi pare d’importanza somma a tacere di tutte le altre osservazioni che potrebbero essere addotte a proposito dei singoli articoli su cui ho presentato emendamenti, richiamo l’attenzione sull’articolo 13 e sulla connessione che esso ha come principio che vedo riportato in altri statuti già deliberati dall’Assemblea Costituente e che dice sostanzialmente che viene tutelato solo il rispetto degli obblighi internazionali.

Ora io affermo che l’articolo 13 contraddice ad un obbligo internazionale, che questa Assemblea medesima ha assunto quando ha votato l’adesione dell’Italia agli accordi di Bretton Woods, perché la nostra moneta fosse inserita in un sistema internazionale rivolto alla tutela delle monete dei singoli paesi e anche del nostro.

Quell’accordo internazionale impone una condizione essenziale, senza la quale l’adesione dovrebbe di fatto venire a mancare: ed è il mantenimento di una sola moneta, di una sola unità monetaria.

Ora, se vi è cosa certissima è questa: che l’articolo 13 consacra non solo la possibilità ma – a parer mio – la certezza assoluta che in Italia verrebbero a costituirsi due monete: una lira italiana e una lira siciliana.

Soltanto per un miracolo (l’ho già detto altra volta in questa Assemblea parlando del banco di deputato, soltanto per un miracolo, impossibile a verificarsi, si potrebbe dare il caso che i corsi delle due monete seguitassero ad essere uguali; inquantoché, quando si afferma che deve costituirsi una stanza di compensazione particolare per la Sicilia e in questa stanza di compensazione particolare della Sicilia vengono da una parte ad essere offerte tutte le sterline, i dollari, i franchi francesi, i franchi svizzeri e tutte le altre monete straniere ottenute in compenso delle nostre esportazioni, dei noli delle navi mercantili iscritte nei compartimenti siciliani, delle rimesse degli emigranti e del turismo e, dall’altra parte, viene ad essere richiesta una certa altra quantità di dollari, sterline e via dicendo per il pagamento delle importazioni siciliane, ivi si costituisce un mercato e – costituendosi un mercato – nulla ci dice (anzi tutto lo fa escludere) che il corso della lira, quale verrà ad essere determinato su quel mercato, sarà uguale al corso che verrà ad essere determinato sul resto del mercato italiano.

Oggi – per esempio – il corso della lira sul dollaro è di circa 600 lire per ogni dollaro. Soltanto per un miracolo – se si costituisse la stanza di compensazione particolare per la Sicilia – potrebbe accadere che il corso della lira in confronto del dollaro fosse uguale a 600! Tale corso sarà quasi sicuramente minore o maggiore.

In quel determinato momento in cui (come ho sentito dire, ma non so quanto la notizia sia esatta) il ricavo in valuta straniera per le esportazioni e gli altri crediti siciliani fossero notevolmente superiori ai debiti per le importazioni, per cui la Sicilia diventasse creditrice verso l’estero, in quel momento che cosa accadrebbe? Accadrebbe che l’offerta di valute straniere da parte di esportatori sarebbe superiore alla domanda fatta in Sicilia di quelle medesime monete, e potrebbe accadere che il corso del dollaro, invece di essere a 600 lire, precipitasse a 400, a 300, a 200! Questo è il bel regalo che si vorrebbe fare agli esportatori siciliani!

Coloro che sono favorevoli e propugnano questo articolo 13 si mettano bene in mente quali possano essere le conseguenze e i danni per gli esportatori siciliani e italiani!

Io credo che l’Assemblea Costituente, prima di prendere una decisione, debba riflettere gravemente su queste considerazioni. È certo che ove, in base a questo articolo 13, si costituisse siffatta stanza di compensazione particolare, il corso della lira sul mercato siciliano sarebbe diverso dal corso della lira sul mercato italiano. Vi sarebbero almeno due corsi, e questo sarebbe in contrasto con l’accordo internazionale che abbiamo firmato e che abbiamo firmato nell’interesse nostro di italiani ed anche nell’interesse dei siciliani! Se i due corsi non si determinassero, ciò accadrebbe solo perché, in violazione della stessa norma che lo Statuto siciliano sancisce, la stanza di compensazione non fosse istituita od, istituita, non funzioni come stanza, ma come qualcosa d’altro che qui non mi attento né a definire né ad analizzare. Perché io credo che se l’Assemblea Costituente non vuole passare alla discussione degli articoli perché l’ora tarda ce lo impedisce, almeno rimanga questa valvola di sicurezza, che venga così riconosciuta all’autorità superiore nel nostro Paese, che è il Parlamento, la facoltà di legiferare in questa materia! È certo che in tal modo non si farà nessun danno alla Sicilia, perché nessun Parlamento italiano oserà mai modificare lo Statuto a danno della Sicilia!

Una modifica di questo articolo 13, a parer mio è necessaria per l’Italia e per la Sicilia nello stesso tempo. Perciò, allo scopo di lasciar libera la via, al fine che l’Italia possa far fronte agli obblighi internazionali assunti, già assunti, ripeto, nell’interesse nostro e non nell’interesse straniero, ritengo che l’emendamento dell’onorevole Persico debba essere accolto.

CAMANGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAMANGI. Il Gruppo repubblicano si compiace del tono e del contenuto del discorso dell’onorevole Ambrosini, tono e contenuto che, sia pure nella brevità in cui è stato costretto, hanno certamente e chiaramente dimostrato come certe idee riescano a camminare indipendentemente, al di fuori e al di sopra anche della stessa divisione dei partiti. Fedeli quindi al nostro principio, noi voteremo l’emendamento del collega Ambrosini, dando a questo nostro voto non soltanto il significato di un rinnovato atto di fiducia per i fratelli siciliani, ma anche l’espressione di una nostra certezza, la certezza che gli italiani di Sicilia smentiranno con i fatti le superstiti preoccupazioni dei centralisti e dimostreranno con i fatti come, attraverso l’autonomia intesa come noi la intendiamo, si realizzi la più vera, la più sicura democrazia. (Applausi).

MONTALBANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONTALBANO. Farò una dichiarazione brevissima. Quale terzo firmatario dell’emendamento Ambrosini, dichiaro di non poter accettare la proposta Persico. Le ragioni sono evidenti e non è il caso che io mi dilunghi su questo argomento. Né tratterò delle questioni giuridiche perché sé ne sono fatte troppe. La questione è essenzialmente politica. È politica perché si vuol fare, in ultima analisi, un torto alla Sicilia riducendo di molto la sua autonomia e ciò senza tener conto né delle sue particolari condizioni né delle tradizioni autonomiste dell’Isola, né delle lotte combattute in questi ultimi anni da tutto il popolo siciliano per la sua libertà, né della recentissima esperienza dell’autonomia siciliana, assolutamente positiva, fatta in base al vigente Statuto che arbitrariamente si vuole abrogare o comunque modificare sostanzialmente, calpestando le aspettative quanto mai legittime del popolo siciliano. Ma indietro non si torna. Non si avvilisce un popolo che ha dato sempre tutto per la Patria, strappandogli uno strumento che, per riconoscimento unanime dei maggiori esponenti di tutti i partiti politici e di tutti i gruppi parlamentari, gli ha permesso di fare un gran passo avanti verso la rinascita.

Questo strumento, il vigente Statuto siciliano, è ormai così caro a tutta la popolazione dell’Isola, che non lo si può sopprimere senza ferire l’anima dei siciliani, ed in definitiva lo si vuole sopprimere quando si vuole modificare sostanzialmente l’articolo 14 che non è in contrasto con la Costituzione e rappresenta l’essenza dell’autonomia siciliana.

L’articolo 14 conferisce alla Regione la potestà legislativa esclusiva su determinate materie (tra cui soprattutto importanti l’agricoltura, l’industria e il commercio) «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato».

Invece si vorrebbe restringere la potestà di legislazione esclusiva introducendo altri limiti, precisamente quelli «dei principî dell’ordinamento giuridico dello Stato», molto elastici e quindi assai discrezionali e limitativi.

Ritengo, pertanto, che l’Assemblea Costituente debba votare la pregiudiziale Ambrosini, tenendo presente che la questione odierna è squisitamente politica più che giuridica, che lo Statuto siciliano deve essere quale i siciliani lo vogliono e devono essere i siciliani stessi, in base all’esperienza che ne faranno, a chiederne le opportune rettifiche!

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. La mia dichiarazione di voto sarà brevissima. Si può limitare a questo: si è da più parti osservato che, se la Commissione avesse adottato un altro criterio di lavoro, diverso da quello che ha adottato, forse non sarebbe stato presentato, o non si sarebbe insistito nell’emendamento Ambrosini.

Ora, ciò non è esatto. La ragione del contrasto, qual è? Non è già nelle modificazioni che noi abbiamo proposto allo Statuto siciliano vigente (che potrebbero essere accolte o non accolte dall’Assemblea, ma che in genere non destano preoccupazioni, negli stessi colleghi che difendono più tenacemente lo Statuto siciliano vigente). Non in questi, siamo sinceri. Se abbiamo ordinato lo Statuto in un modo diverso e che – mi permetto di dirlo – anche qualcuno che difende (ed ha ragione di difendere) per principio il vecchio testo, riconosce poi essere migliore come ordine, migliore come testo, migliore come coordinamento e, in qualche punto, anche come sostanza, se abbiamo dato questo ordinamento diverso, riproducendo però tutte le disposizioni dello Statuto siciliano e modificandone soltanto quattro, non per questo è sorta preoccupazione così viva da parte di coloro che strenuamente difendono, nella sostanza a più nelle apparenze esteriori l’autonomia dell’Isola.

È per un’altra ragione. È perché il Governo ed il Ministro del bilancio, preoccupati di una determinata situazione, hanno proposto di entrare nel merito delle disposizioni finanziarie, che noi avevamo riprodotte tali e quali. Quell’articolo 13 di cui ha parlato l’onorevole Einaudi non è che la riproduzione, virgola e punto per virgola e punto, dell’articolo 40 dello Statuto siciliano. È chiaro che la questione che ha proposto l’onorevole Einaudi sarebbe sorta nello stesso, preciso, modo anche se noi avessimo riprodotto nel suo ordine originario il testo integrale dello Statuto siciliano modificando o anche non modificando i quattro punti che abbiamo creduto di dover coordinare.

Non è il metodo di lavoro adottato dalla Commissione che ha portato alla questione; è perché l’onorevole Einaudi ed il Governo, hanno creduto di mettere in luce un problema di sostanza, che la Commissione aveva sorpassato dichiarando che su questo punto non si pronunziava, perché, secondo essa, non era punto di coordinamento costituzionale.

Chiarito questo, perché siano precise le posizioni, vediamo a che cosa porta l’emendamento Ambrosini.

Il primo comma dell’emendamento Ambrosini significa dare valore di legge costituzionale allo Statuto siciliano, così com’è in questo momento; significa adottarlo, così com’è, cioè darvi valore costituzionale articolo per articolo nel testo presente.

La Commissione, che ha ritenuto, nella maggioranza, necessario proporre su quattro punti modificazioni, che crede indispensabili fin da questo momento, non può, evidentemente, aderire alla prima parte dell’ordine del giorno.

Quanto alla seconda parte, mi rimetto a ciò che hanno detto parecchi colleghi. La formula «di intesa con la rappresentanza del Consiglio regionale siciliano» significa impossibilità di modificare lo Statuto, se questa intesa non si raggiunge. Per me, la difficoltà non consiste nel fatto che la intesa si possa o non possa raggiungete più o meno facilmente.

Lo Statuto non è strumento di opposizione tra l’Italia e la Sicilia, ma strumento di collaborazione e di coordinamento. Ritengo che l’intesa si raggiungerebbe in ogni caso. Non mi preoccupo di questo. Non è possibile che il Parlamento siciliano non sia altrettanto illuminato quanto il Parlamento nazionale Mi preoccupo di altra cosa: dell’apparenza di ciò che facciamo. Si dà, nella forma, il valore di una contrattazione internazionale alle discussioni e agli accordi per le modificazioni da apportare allo Statuto. Si mettono quasi di fronte due Stati diversi a doversi intendere, per poter modificare un patto concordato. E questo mi preoccupa; la struttura della norma, provoca e accentua invece che eliminare le possibilità di dissenso.

Voi, siciliani, agite in piena buona fede, per raggiungere un’intesa e una collaborazione; ma, in realtà, offrite esca al contrasto.

Io voglio invece che lo Statuto sia strumento di collaborazione. Per questo voterò anche e specialmente contro la seconda parte della proposta Ambrosini.

ALDISIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDISIO. Io non ripeterò gli argomenti degli oratori che hanno parlato in favore della proposta Ambrosini. Il dibattito è stato ampio e completo. Mi limiterò solamente a fare osservare all’onorevole Marinaro, che ha attaccato di incostituzionalità il decreto 15 maggio 1946, che tale decreto non solo è costituzionale, ma che questa Assemblea lo ha, indirettamente e direttamente, ratificato, in occasione della discussione sulle elezioni regionali siciliane, una prima volta, ed in occasione della nomina dei rappresentanti alla Corte costituzionale siciliana, la seconda volta.

Niente incostituzionalità, perciò, ma decreto costituzionale, ratificato col crisma della costituzionalità da questa Camera. L’emendamento dell’onorevole Persico è grave e snatura e capovolge la proposta Ambrosini. Questa ammette solo la via normale: la costituzionale. Voler adottare per lo Statuto siciliano una norma attraverso la quale si possa pervenire alla modifica di esso, unilateralmente, è un errore ed un passo falso. L’onorevole Cevolotto poco fa ha detto che l’accordo è possibile. Non è vero che si dubita dell’accordo; l’accordo ci sarebbe, ci sarà, perché l’Assemblea regionale ed i siciliani soprattutto hanno costantemente dimostrato, e lo dimostreranno meglio in avvenire, di essere uomini di buon senso, devoti alla causa dell’unità, della quale si sono costantemente e sempre preoccupati e della quale si preoccuperanno. Occorre perciò mantenere il «d’intesa», escludere il solo «intesa», si deve cioè approvare integralmente la proposta Ambrosini. Ma la verità è questa: si vuol negare all’Assemblea ed al Governo regionale siciliano quello che è stato già accordato ad altre regioni (Commenti), i cui statuti particolari sono già stati approvati. Perché ciò? Io non capisco questa differenza che si vuole fare per la Sicilia. Bisogna che questa Assemblea ed il Paese abbiano fede nella Sicilia. Lo Statuto dell’autonomia siciliana fu un atto di pacificazione, ma, dopo quanto avete sentito oggi, fu un atto anche di grande saggezza perché si è ricomposta nell’unità l’anima di questa Isola che qualche anno fa sembrava turbata da agitazioni e sembrava – e non lo era – volta contro l’unità della Patria italiana. Questa sera, in quest’ultima seduta dei nostri lavori, l’Assemblea dia una prova di comprensione e di responsabilità e dia alla Sicilia la certezza che non si vuole commettere a suo danno un sopruso, diminuendo quella che è la tutela del suo Statuto.

Guardate, io ho una grande fede nelle autonomie, perché questa struttura snodata dello Stato italiano, finirà col rimuovere tutti i malesseri generati dagli abusi della organizzazione centralizzata (abusi aggravatisi negli ultimi venti anni), e sarà capace di salvare spiritualmente l’unità del nostro Paese. Voi dovete aver fede in noi, in noi che siamo unitari ed autonomisti, ed io vi dico che se domani l’autonomia si dovesse rivelare un errore ed un pericolo, e non lo sarà, noi sapremmo ritornare rapidamente sui nostri passi, perché prima ci sentiamo italiani; poi siciliani.

Signori del Governo, amici di tutte le parti dell’Assemblea, io sono sicuro che questa sera l’Assemblea, passando ad un voto gravido di conseguenze e di responsabilità, vorrà rinnovare alla Sicilia quella prova di comprensione che essa merita e che costantemente questa Assemblea le ha dato. (Vivi applausi).

Chiusura della votazione segreta.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione segreti. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Si riprende la discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia (66).

FINOCCHIARO APRILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FINOCCHIARO APRILE. Onorevole Presidente, ho chiesto la parola soltanto por dichiarare che ritiro il mio articolo sostitutivo e che mi associo a quello proposto dall’onorevole Ambrosini. L’articolo sostitutivo, proposto da me e dal collega Gallo, nella prima parte coincide quasi perfettamente con l’articolo sostitutivo dell’onorevole Ambrosini. Varia nella seconda parte, in quanto l’onorevole Ambrosini chiede che le modifiche debbano essere approvate dal Parlamento italiano con legge ordinaria, di intesa con il Parlamento siciliano, mentre l’amico Gallo ed io chiediamo che queste modifiche avvengano su voto del Parlamento siciliano, espresso da almeno tre quarti dei suoi componenti.

Per amore di concordia e per semplificare le cose, ripeto che intendo ritirare il mio articolo sostitutivo ed associarmi a quello dell’onorevole Ambrosini, sempre che sia mantenuta l’espressione che le modifiche debbano essere attuate «di intesa» con il Parlamento siciliano.

Non sono d’accordo e voterò contro gli emendamenti che siano più restrittivi della formula Ambrosini. Così non voterò l’emendamento diretto a sostituire questa formula con le parole «udito» o «sentito» il Parlamento siciliano, che ridurrebbero a nulla il potere di quest’ultimo in materia.

Per quanto riguarda le obiezioni oppostemi dall’onorevole Einaudi, desidero di rassicurarlo. Egli ha detto che l’articolo 13 dello statuto contraddice nettamente il principio che sono salvi gli impegni internazionali. L’accordo internazionale di Bretton Woods, al quale l’Italia ha aderito, stabilisce che tutti gli aderenti ad esso devono avere un’unica moneta. Ora, ha soggiunto l’onorevole Einaudi, è certo che, se l’articolo 13 sarà approvato, si creerà in sostanza una nuova moneta per la Sicilia, con la costituzione di un mercato separato, il quale di necessità creerà a sua volta un distinto corso della lira. Solo un miracolo potrebbe evitare questo fatto. Si dice che il ricavato dalle esportazioni della Sicilia sia superiore alla valuta necessaria alle importazioni: potrebbe, quindi, avvenire che il dollaro cadesse in Sicilia al di sotto della quotazione corrente in Italia, il che determinerebbe un vero danno per gli esportatori siciliani.

Queste sono le preoccupazioni del Ministro del bilancio, che io, però, non condivido. L’onorevole Einaudi, per impressionare, ha fatto una ipotesi quasi impossibile a realizzarsi, trascurando l’altra ipotesi più verosimile, assai più probabile e naturalmente più vantaggiosa per gli esportatori siciliani, le cui sorti stanno a me a cuore certo più che all’onorevole Einaudi.

Che noi siciliani miriamo alla creazione di una nostra valuta, è cosa ch’io stesso ho ripetuta varie volte e, se mal non ricordo, anche all’Assemblea Costituente: ma ciò dovrà avvenire ed avverrà a suo tempo.

Ora però gli accordi di Bretton Woods non corrono in Sicilia nessun pericolo. Il Parlamento ed il Governo della Sicilia hanno piena responsabilità e comprendono che gli accordi di Bretton Woods, nell’interesse comune dell’Italia e della Sicilia, devono essere mantenuti. Questa dichiarazione fa venir meno la obiezione mossa dall’onorevole Einaudi…

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. No.

FINOCCHIARO APRILE. …a sostegno dell’emendamento proposto dall’onorevole Persico, diretto a rendere possibili le modificazioni dello statuto siciliano con legge ordinaria, non «d’intesa» con il Parlamento siciliano, ma semplicemente «udito» questo.

Comunque, ripeto, noi non voteremo che l’articolo sostitutivo proposto dall’onorevole Ambrosini, nel suo testo integrale.

BERNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERNINI. Onorevoli colleghi, poiché altri, molto più autorevoli, non hanno ritenuto opportuno di parlare, permettetemi di farvi alcune brevissime dichiarazioni.

Io ho ascoltato con grandissima attenzione tutti gli argomenti che sono stati portati dai cosiddetti autonomisti siciliani. Permettetemi di dirvi, con molta sincerità, che questi argomenti, per grandissima parte, mi sono sembrati argomenti di carattere sentimentale, non razionale. Noi non siamo antiautonomisti; noi – e permettetemi ancora di essere sincero – non siamo contro l’autonomia, ma siamo – scusate la parola dura – contro un larvato separatismo, o almeno il tentato separatismo che si va proponendo. Dicendo queste gravissime parole, io so, onorevoli colleghi, di interpretare il profondo pensiero di parecchi di voi: questa angoscia che mi tiene in questo momento non è solo mia, ma è nell’interno dello spirito di moltissimi di voi; voi sentite per gran parte questa angoscia, voi la sentite e la condividete.

Per questa ragione, onorevoli colleghi, io voterò contro la proposta Ambrosini, e voterò a favore dell’emendamento Persico. Io parlo naturalmente a nome personale, e non c’era bisogno che qualche collega mi ammonisse di questo. Io non ho mai fatto il nome del mio Gruppo, ed ho aggiunto anche che mi sono indotto a parlare, per quanto modesto, perché altri, che sono più importanti di me, non hanno ritenuto di farlo. Questa è una dichiarazione personale; ma mi rivolgo allo spirito e alla coscienza di parecchi di voi, per dirvi: pensateci, onorevoli colleghi, in questo momento; e, se avete l’incertezza, se voi non potete avere questa euforia che io ho sentito in taluno – e vorrei condividerla con loro – se voi avete questo dubbio, votate contro l’emendamento Ambrosini. Perché quello che ho sentito dire da un oratore che mi ha preceduto non mi persuade: se ci accorgeremo di avere sbagliato torneremo indietro. Prima di poter rifare la vecchia strada, ci vorrà del tempo. Non si risale facilmente un precipizio. Non ho altro da dire.

Presentazione di relazioni.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. .

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere. Mi onoro di presentare le relazioni della Commissione per l’esame delle domande di autorizzazione a procedere in giudizio contro i deputati:

Li Causi, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa (Doc. I, nn. 6, 7, 8, 10, 12, 13, 22, 24, 25, 28, 45, 49, 50, 51, 52, 53, 54);

Finocchiaro Aprile, per il reato di diffamazione (Doc. I, n. 11);

Villani, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa (Doc. I, nn. 17, 34, 39);

Colombi Arturo, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa (Doc. I, nn. 20, 23);

Meda Luigi, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa (Doc. I, n. 27);

Treves e Patrissi, per il reato di sfida e uso delle armi in duello (Doc. I, n. 29);

Benedetti, per il reato di diffamazione (Doc. I, n. 31);

Spano, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa (Doc. I, nn. 32, 38);

Bonfantini, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa (Doc. I, n. 33);

Tega, per il reato di violazione delle norme che regolano le riunioni pubbliche (Doc. I, n. 36);

Gullo Rocco, per il reato di mancato versamento di quote assicurative (Doc. I, n. 37);

Moranino, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa (Doc. I, n. 40);

Storchi, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa (Doc. I, n. 41);

Dugoni, per il reato di diffamazione (Doc. I, n. 43);

Ayroldi Carissimo, per il reato di diffamazione (Doc. I, n. 48);

Pajetta Giancarlo, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa della memoria di un defunto (Doc. I, n. 56);

Penna Ottavia, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa. (Doc. I, n. 57).

PRESIDENTE. Queste relazioni saranno stampate e distribuite.

Si riprende la discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. (65).

PRESIDENTE. Dobbiamo ora passare alla votazione.

Poiché l’onorevole Finocchiaro Aprile ha dichiarato di aderire al testo dell’onorevole Ambrosini, possiamo senz’altro procedere alla votazione del primo comma di questo testo.

È stata richiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Gallo, Finocchiaro Aprile, Montalbano, Li Causi, Ferrari, D’Amico, Gorreri, Musotto, Fiorentino, Zanardi.

È stata anche chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Corsini, Rodinò Mario, Lucifero, Miccolis, Bencivenga, Marina, Murdaca, Codacci Pisanelli, Mannironi, Paratore, Veroni, Mortati, Balduzzi, La Pira, Parri, Marinaro, Bozzi, Preziosi, Calamandrei, Romano.

Dobbiamo pertanto procedere, a norma di Regolamento, alla votazione segreta.

Chiedo al primo firmatario della domanda, onorevole Corsini, a quale comma essa si riferisce.

CORSINI. La mia firma è stata apposta quando ancora non era avvenuta la discussione. Comunque, dato quanto si è detto successivamente, la domanda di scrutinio segreto si riferisce alla votazione sul secondo comma.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Sono anch’io firmatario della richiesta, e faccio presente che, a mio modesto avviso, i due commi dell’emendamento Ambrosini sono strettamente legati tra loro e non sarebbe possibile porli in votazione per divisione, perché in tanto si può approvare il primo, che conferisce il crisma della costituzionalità allo Statuto siciliano, così come è attualmente formulato, in quanto si sappia quale sia il procedimento necessario per apportare ad esso quegli adattamenti alla nuova Costituzione, che erano previsti dallo stesso decreto, che lo fece entrare in vigore. Mi pare quindi che si debba procedere alla votazione dell’articolo globalmente, o altrimenti procedere ad inversione dei due commi.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, noi abbiamo un emendamento al secondo comma, e quindi è evidente che il testo Ambrosini deve essere votato per divisione, e d’altra parte alcuni fra coloro che hanno sottoscritto la domanda di scrutinio segreto si sono pronunciati così.

Ma, indipendentemente da ciò, la presenza di emendamenti al secondo comma rende obbligatoria la votazione per divisione.

Pregherei l’onorevole Dominedò di precisarmi se egli dà la sua adesione al testo dell’onorevole Persico, qualora quest’ultimo aggiungesse le parole: «ferme restando le procedure di revisione prevedute dalla Costituzione».

DOMINEDÒ. Sì, signor Presidente. Vorrei però aggiungere che nel mio emendamento si parlava anche della possibilità di una revisione per legge ordinaria; udita l’Assemblea regionale, entro due anni.

Nell’emendamento Persico non si parla del termine; quindi lo pregherei di inserire la menzione del termine stesso nel testo del suo emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Persico, aderisce alla proposta dell’onorevole Dominedò?

PERSICO. Il termine di due anni si può accettare.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’emendamento Ambrosini, del seguente tenore:

«Lo Statuto della Regione siciliana, approvato con regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, fa parte delle leggi costituzionali della Ripubblica, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 116 della Costituzione».

(È approvato).

Passiamo al secondo comma, nella formulazione proposta dall’onorevole Persico, con l’aggiunta Dominedò:

«Ferma restando la procedura di revisione preveduta dalla Costituzione, le modificazioni ritenute necessarie dallo Stato o dalla Regione saranno, non oltre due anni dall’entrata in vigore della presente legge, approvate dal Parlamento nazionale con legge ordinaria, udita l’Assemblea regionale della Sicilia».

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta su tale testo.

(Segue la votazione).

Chiusura della votazione segreta.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione segreta, e invito gli onorevoli Segretari procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione segreta:

Presenti e votanti          334

Maggioranza                168

Voti favorevoli             201

Voti contrari                 133

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arata – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzali – Azzi.

Bacciconi – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Bardini – Bargagna – Barontini Ilio – Bartalini – Basile – Bastianetto – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertone – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Boldrini – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bozzi – Brusasca – Bubbio – Bucci – Buffoni Francesco – Bulloni Pietro – Buonocure.

Caiati – Cairo – Calamandrei – Camangi – Camposarcuno – Candela – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Caristia – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Avolio – Castiglia – Cavallari – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiarini – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsini – Cortese Pasquale – Costantini – Covelli – Cremaschi Olindo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Giovanni – Di Vittorio – Dominedò Dossetti.

Einaudi – Ermini.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Gallo – Garlato – Gasparotto – Gatta – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Giacchero – Giannini – Giordani – Gonella – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grieco – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – La Pira – Lazzati – Leone Giovanni – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardo Ivan Matteo – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Lussu.

Macrelli – Magnani – Magrassi – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mannironi – Marazza – Marchesi – Marina Mario – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Mazzoni – Medi Enrico – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Molè – Montalbano – Montemartini – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Mùrdaca – Murgia – Musolino – Musotto.

Nasi – Nicotra Maria – Nitti – Nobili Tito Oro – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Parri – Pastore Raffaele – Patricolo – Pecorari – Pella – Perassi – Persico – Perugi – Piccioni – Piemonte – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Preziosi – Priolo.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Romano – Roselli – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Santi – Sapienza – Saragat – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Segni – Sicignano – Silipo – Spallicci – Spano – Stampacchia – Stella – Storchi.

Taddia – Targetti – Tega – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Varvaro – Venditti – Veroni – Vicentini – Vigna – Vigo – Villani – Vinciguerra – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zerbi – Zotta.

Sono in congedo:

Costa – Cotellessa.

Merlin Umberto.

Orlando Vittorio Emanuele.

Valiani – Viale – Villabruna.

Si riprende la discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. (65).

PRESIDENTE. Si riprende la discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello statuto speciale per la Sicilia. (65).

Il testo dell’articolo approvato risulta il seguente: «Lo statuto della Regione siciliana, approvato con regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, fa parte delle leggi costituzionali della Repubblica ai sensi e per gli effetti dell’articolo 116 della Costituzione.

«Ferma restando la procedura di revisione prevista dalla Costituzione, le modificazioni ritenute necessarie dallo Stato o dalla Regione saranno, non oltre due anni dall’entrata in vigore della presente legge, approvate dal Parlamento nazionale con legge ordinaria, udita l’Assemblea regionale della Sicilia».

DE VITA, Sottosegretario di Stato per le poste e le telecomunicazioni. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE VITA, Sottosegretario di Stato per le poste e le telecomunicazioni. Desidero presentare un emendamento aggiuntivo all’articolo già approvato, emendamento così formulato:

«sempre che si tratti di modificazioni intese a migliorare l’autonomia già concessa». (Commenti).

Chiedo ai colleghi siciliani se appoggiano questo emendamento.

PRESIDENTE. Anche gli onorevoli Varvaro, Montalbano e Borsellino hanno presentato un emendamento analogo:

«La procedura ordinaria di cui al comma precedente non può essere seguita nei casi che comportano diminuzione dei diritti e delle attribuzioni della Regione».

Devo comunicare che questi due emendamenti non sono proponibili, perché di fatto modificano sostanzialmente il contenuto della formulazione già approvata. È evidente perciò che vi è una preclusiva nei loro confronti.

VARVARO. Si tende a limitare questa procedura per un sol caso.

PRESIDENTE. Ma siamo proprio in una di quelle situazioni, in cui i casi non possono essere che due. Se lei ne modifica uno, modifica il cinquanta per cento della formula approvata. Anche lei ha udito tutte le dichiarazioni di voto, e può rendersi conto che questa sua proposta è contraria alla maggior parte delle idee espresse da coloro che hanno votato questa formulazione.

VARVARO. Mi tengo fermo nella mia convinzione.

Risultato delle votazioni segrete.

PRESIDENTE. Comunico il risultato delle votazioni a scrutinio segreto sui seguenti disegni di legge:

Statuto speciale per la Sardegna:

Presenti                       363

Votanti                        361

Astenuti                        2

Maggioranza                181

Voti favorevoli             280

Voti contrari                 81

(L’Assemblea approva).

Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige:

Presenti                       363

Votanti                        361

Astenuti                         2

Maggioranza                181

Voti favorevoli            283

Voti contrari                 78

(L’Assemblea approva).

Statuto speciale per la Valle d’Aosta:

Presenti                       363

Votanti                        361

Astenuti                        2

Maggioranza                181

Voti favorevoli             277

Voti contrari                 84

(L’Assemblea approva).

Modificazioni alla legge 7 ottobre 1947, n. 1058, per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica:

Presenti                       363

Votanti                        361

Astenuti                         2

Maggioranza                181

Voti favorevoli            301

Voti contrari                 60

(L’Assemblea approva).

Norme per la formazione delle liste elettorali nella provincia di Bolzano:

Presenti                       363

Votanti                        361

Astenuti                        2

Maggioranza                181

Voti favorevoli             291

Voti contrari                 70

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Alberti – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arata – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzali – Azzi.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Ilio – Bartalini – Basile – Bastianetto – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertone – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Boldrini – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bozzi – Braschi – Brusasca – Bubbio – Bucci – Buffoni Francesco – Bulloni Pietro – Buonocore – Burato.

Cacciatore – Caccuri – Caiati – Cairo – Calamandrei – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canevari – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavallari – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiarini – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Corsini – Cortese Pasquale – Costantini – Covelli – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti.

Einaudi – Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Gallico Spano Nadia – Gallo – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Giacchero – Giannini – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grieco – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale.

Jervolino.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Lussu.

Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mannironi – Marazza – Marchesi – Marina Mario – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Mazzoni – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minio – Molè – Montalbano – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Mùrdaca – Murgia – Musolino – Musotto.

Nasi – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Notarianni – Novella – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Parri – Pastore Raffaele – Pat – Patricolo – Patrissi – Pecorari – Pella – Perassi – Persico – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Preziosi – Priolo – Proia.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Reale Eugenio – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Roselli – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Sapienza – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Segala – Segni – Sicignano – Silipo – Silone – Spallicci – Spano – Stampacchia – Stella – Storchi.

Taddia – Tambroni Armaroli – Targetti – Tega – Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Varvaro – Venditti – Veroni – Vicentini – Vigna – Vigo – Villani – Vischioni.

Zaccagnini – Zanardi – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Astenuti:

Gullo Fausto.

Mazza.

Sono in congedo:

Costa – Cotellessa.

Merlin Umberto.

Orlando Vittorio Emanuele.

Valiani – Viale – Villabruna.

Si riprende la discussione del disegno di legge costituzionale: Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. (65).

PRESIDENTE. Dobbiamo ancora procedere alla votazione del secondo articolo del disegno di legge relativo allo Statuto speciale della Sicilia:

«La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Avverto che, in base ai due articoli approvati, l’intitolazione del disegno di legge deve essere così modificata: Conversione in legge costituzionale dello Statuto della Regione siciliana, approvato col decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455.

Questo disegno di legge sarà poi votato a scrutinio segreto insieme all’altro successivo dell’ordine del giorno.

Discussione del disegno di legge costituzionale: Norme per la proponibilità dei giudizi e per le garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale (68).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Discussione del disegno di legge costituzionale: Norme per la proponibilità dei giudizi e per le garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale.

Dichiaro aperta la discussione generale.

RUINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI. Siccome penso che non tutti i colleghi abbiano la sensazione esatta del significato e del valore del presente disegno di legge, desidero ricordare questo.

L’articolo 137 della Costituzione dice: «Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie di indipendenza dei giudici della Corte».

Noi siamo costituenti e possiamo votare questa legge; se non la votassimo, essa dovrebbe essere votata dal Parlamento ordinario; il che richiederebbe una lunga procedura, un anno e mezzo di tempo.

Pertanto, voglio richiamare l’attenzione sopra l’estrema importanza che ha la votazione immediata di questo disegno di legge, perché sono già in corso molte questioni di costituzionalità, sia in materia di competenza delle Regioni sia in materia penale, gravissime.

Se non facciamo in modo che la Corte costituzionale possa funzionare il giorno stesso della convocazione del nuovo Parlamento, che eleggerà i suoi rappresentanti, andremo incontro a gravissimi pericoli.

Il Comitato ha fatto alcune proposte all’unanimità. Ma dichiaro fin da ora che quello che importa è che questo disegno passi, per evitare l’assurdo di restare per due anni almeno senza Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Mortati, Relatore.

MORTATI, Relatore. Il nostro compito in questa sede è determinato dalla precisa dizione dell’articolo 137 della Costituzione, che rinvia a leggi costituzionali due oggetti: determinazione delle condizioni, forme e termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale e garanzie di indipendenza dei giudici della Corte.

Spetterà poi ad una legge ordinaria di dettare le ulteriori norme per l’esplicazione dei poteri conferiti alla Corte.

A scopo di brevità, data l’ora tarda se il Presidente e l’Assemblea lo consentono, potrei rinunziare all’esposizione generale e potremmo passare senz’altro all’esame degli articoli.

GIANNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi! Ho presentato un ordine del giorno, con il quale chiedo il rinvio al nuovo Parlamento di questa importantissima legge. Credo che nessuno più di noi abbia sostenuta la necessità di questo istituto. Noi ci siamo battuti per la creazione di una suprema Corte costituzionale. Insisto su questa parola «suprema», la quale è sparita dal disegno di legge, come è scomparsa anche l’altra dizione di «Alta Corte». Noi, infatti, partivamo dalla convinzione che era necessario garantire con qualcosa di più, che non la persona fisica di un monarca o di un altro Corpo dello Stato, la Costituzione, lo Statuto fondamentale e le leggi che regolano la comunità.

A poco a poco questo nostro progetto, che nella campagna elettorale è stato sbandierato da tutti gli altri partiti, ad eccezione di quello comunista, si è andato svuotando di contenuto e si è arrivati al punto che, nell’ultimo giorno della Costituente, noi ci vediamo presentare un progettino nel quale la Suprema Corte è sparita, come è scomparsa pure l’Alta Corte. È rimasta la Corte costituzionale. Essa mi dà l’impressione dell’istituzione di una nuova e più intelligente pretura e nulla più. Non ho niente da dire contro i pretori, anzi li ammiro moltissimo. Tutti coloro i quali hanno seguito la mia opera giornalistica sanno con quanta sincerità e magari con quanta impetuosità io ho difeso l’opera dei magistrati. Ma è appunto per questo, per la serietà della Magistratura, che è indispensabile dare a questa Alta, Suprema Corte costituzionale (che dovrebbe in sostanza integrare e darci quel che mancava nel passato istituto del monarca ed è mancato anche nella configurazione costituzionale attuale del Capo dello Stato) la garanzia di custodia della costituzionalità delle leggi, della Costituzione, del corpo delle leggi fondamentali dello Stato, mentre ora ce lo vediamo ridotto ad un istituto striminzito, a quasi nulla. Dirò che è addirittura offensivo per l’istituto, che andiamo a creare, la rapidità della discussione che vogliamo fare. Io non sono un giurista, ma senza bisogno di essere un giurista è chiaro che questa istituzione, che si vuole frettolosamente creare, non fa che togliere qualche mansione alla Suprema Corte di cassazione, qualche altra al Consiglio di Stato ed altre, forse, alla Corte dei conti e in sostanza non fa che togliere ad istituti già esistenti delle capacità che essi già hanno, e da molti anni, senza creare le nuove capacità giuridiche che erano nell’intenzione di coloro che volevano la Suprema Corte costituzionale.

Ora, io chiedo che si rinvii questa legge, innanzitutto per rispetto all’istituto che si vuol creare e che non deve esser creato a tamburo battente, in quattro e quattr’otto; in secondo luogo rispondo alle osservazioni del mio illustre amico onorevole Ruini, il quale ci dice che ci sarà bisogno di un anno o di un anno e mezzo per costituire una Corte costituzionale. È vero, ma non sarà gran danno se si pensa che quel che noi facciamo affrettatamente, forse avrà bisogno di due anni, due anni e mezzo per essere disfatto.

Perché quello che noi facciamo ha carattere costituzionale, ed anche se commettiamo un errore, quest’errore dev’essere costituzionalmente ritenuto esistente fino al momento in cui possa essere modificato, come possono essere modificate le norme che noi abbiamo stabilito, cioè attraverso una procedura lunga, una procedura costosa, specialmente di tempo, ed una procedura, nella quale incide normalmente la situazione politica contingente.

Per queste ragioni, e per non tediare ancora di più l’Assemblea, già troppo tediata, io chiedo che si rinvii alla nuova Camera il disegno di legge costituzionale sull’Alta Corte o Suprema Corte costituzionale, custode delle leggi fondamentali dello Stato.

RUINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI. L’onorevole Giannini, che è stato un deciso sostenitore della Corte costituzionale, non ricorda come si sono svolti i lavori in questa Assemblea. La Corte costituzionale è stata discussa ampiamente e particolarmente, con la piena adesione dei rappresentanti del suo Gruppo nella Commissione. Egli crede che la Corte costituzionale si debba fare ora. La Corte costituzionale è già stata deliberata dall’Assemblea, ed i caratteri fondamentali sono stati già posti. La Corte costituzionale deve deliberare sui giudizi di legittimità, sui conflitti di attribuzione e sull’accusa dei Ministri.

GIANNINI. Chi lo dice questo?

RUINI. La Corte costituzionale esiste. Ora, si tratta di una semplice modalità, di valore molto secondario, delle norme di procedibilità e delle garanzie dei membri della Corte stessa. Qui non è in questione la Corte costituzionale, ma alcune modalità, che, se non sono approvate ora, faranno sì che quella Corte costituzionale che l’onorevole Giannini invocava teoricamente, ma che in pratica propone di demolire, perché si dovrebbe fare tutto ex novo, non potrà funzionare.

Io credo che il parere unanime di tutti sia che la Corte costituzionale votata nella Costituzione debba funzionare. Se occorrerà, la correggeremo in seguito; ma che funzioni subito, perché solo così si potranno evitare inconvenienti gravissimi.

PRESIDENTE. Vi è da parte dell’onorevole Giannini una proposta di sospensiva. Non penso che la si possa chiamare di rinvio, perché non possiamo rinviare una materia ad un’Assemblea che non sia più la nostra.

A norma del Regolamento, possono ancora parlare sulla proposta Giannini un oratore a favore e uno contro.

CONDORELLI. Chiedo di parlare a favore della proposta Giannini.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Onorevole Presidente, non vi è dubbio che con le norme previste da questo schema di legge la Corte costituzionale è totalmente svisata e comunque non potrà, ugualmente, funzionare. È svisata perché, per come è stata proposta dal progetto di legge ieri presentato, in realtà questa Corte costituzionale nulla aggiunge a ciò che era nel nostro precedente ordinamento giuridico. È infatti risaputo da tutti che una dichiarazione di incostituzionalità fatta dall’autorità giudiziaria giuridicamente aveva effetto soltanto per la fattispecie giudicata, ma è altrettanto risaputo che, quando la Corte di cassazione aveva dichiarato l’incostituzionalità di una legge, quella legge non veniva più applicata. Dunque, la necessità per il potere legislativo di colmare la lacuna che si era determinata nell’ordinamento. Quando noi riducessimo le mansioni e la competenza della Corte costituzionale a quella di giudicare in via incidentale delle questioni di legittimità costituzionale che sorgessero in un giudizio innanzi al magistrato ordinario o innanzi al magistrato amministrativo, oppure a quelle che lo stesso magistrato potesse sollevare di ufficio, noi non avremmo aggiunto nulla alle garanzie che prima si avevano.

Avremmo soltanto questa differenza: forse una maggiore mora, perché prima sarebbe necessario un giudizio davanti al magistrato ordinario, che non potrebbe decidere e dovrebbe rinviare il giudizio avanti alla Corte costituzionale. Probabilmente il giudizio introduttivo potrebbe arrivare anche in Cassazione. E vi sarebbe ancora, dopo un giudizio nei tre gradi, la fase introduttiva del vero e proprio giudizio di costituzionalità! D’altro canto, gli effetti pratici delle dichiarazioni di incostituzionalità sono sostanzialmente gli stessi, perché una dichiarazione di incostituzionalità fatta dall’autorità giudiziaria praticamente aveva gli stessi effetti di una dichiarazione di incostituzionalità che ora si farebbe, con maggiore solennità, ma forse con minore garanzia di giustizia, perché questa Corte costituzionale è un organo essenzialmente politico, rispetto alla Corte predetta. Proprio per la volontà di sveltezza e di ridurre ai minimi termini questa legge, il progetto governativo trascura financo l’esistenza dell’istituto nuovo della Regione. Non si prevede neanche il ricorso della Regione contro altra Regione o di una Regione nei rapporti dello Stato o dello Stato nei rapporti della Regione. A questo ha supplito la Commissione parlamentare. Ma la legge rimane egualmente insufficiente, perché, al di fuori del controllo della Corte costituzionale, rimane una quantità di norme. Noi ritenevamo che si potesse ricorrere a questa Corte costituzionale da un certo numero di elettori, da un certo numero di deputati o di senatori, dal Governo, ecc. Si obietta da parte dei sostenitori del progetto che, in sostanza, la garanzia c’è lo stesso, perché non sarebbe necessario altro che suscitare una lite davanti all’autorità ordinaria per avere il rinvio dinanzi alla Corte costituzionale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Condorelli. Non le pare che stia discutendo il merito del progetto?

CONDORELLI. Finisco subito, onorevole Presidente. Trovo che non tutte le violazioni della Costituzione che si producessero attraverso una legge violino dei diritti soggettivi o che si soggettivizzino in una determinata persona. Basta pensare, per esempio, ad una legge che sopprimesse o modificasse un organo costituzionale. E quale sarebbe, in tal caso, il soggetto che potrebbe lamentare la lesione di un suo diritto? Ammettiamo una legge costituzionale che restringesse la competenza della stessa Corte costituzionale. Chi sarebbe facoltato, legittimato, a far dichiarare questa violazione? Nessuno. Quindi si rende necessario, perché la Corte costituzionale possa raggiungere i suoi scopi, la legittimazione di organi qualificati per far valere queste violazioni della Costituzione; il Governo, un numero di deputati, un numero di elettori.

PRESIDENTE. Su questo che lei dice, onorevole Condorelli, sono stati già presentati degli emendamenti.

CONDORELLI. Concludo subito: il fatto che il progetto di legge non accenna minimamente a questi punti e che questi punti, se dovessero essere discussi prenderebbero del tempo, prova che per una discussione seria non potrebbero certo essere sufficienti le poche ore che ci restano.

Penso pertanto che il solo avviso possibile sia quello dell’onorevole Giannini. Oppure, dovremo aggiornarci per tornarci a convocare, cosa che non mi pare assolutamente impossibile date le norme transitorie che furono votate in sede di Costituzione.

Se dobbiamo far nascere questo istituto – perché in sostanza con questa legge lo si fa nascere, perché solo con questa legge esso potrebbe funzionare – credo che non possiamo che attenerci o all’una o all’altra soluzione: o rinviare al futuro Parlamento oppure aggiornarci per riconvocarci fra qualche giorno.

Nessun «inconveniente avverrebbe, onorevole Presidente e onorevoli colleghi, perché…

PRESIDENTE. Onorevole Condorelli, le ricordo che lei sta parlando per sostenere la proposta Giannini della sospensiva sine die. Non ne formuli un’altra.

CONDORELLI. Nessun danno deriverebbe, perché è ovvio che con la legge avviata dal progetto la Corte costituzionale non potrà funzionare ugualmente, perché manca un regolamento di procedura. Come si fanno queste domande? A chi si rivolgono? Quando si rivolgono? Come si discutono? Come si decidono? Nulla è previsto. Chi potrebbe, in base a questa legge, iniziare un procedimento innanzi alla Corte costituzionale? Anche se si votasse la legge proposta, sarebbe ugualmente necessario che si convochi il futuro Parlamento perché faccia la legge sulla Corte costituzionale. Io dico e credo che molti colleghi converranno con me, che con questi tre articoli nessuna Corte costituzionale potrà mai funzionare.

MORO. Chiedo di parlare contro la proposta di sospensiva.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Farò brevissime dichiarazioni, in quanto mi pare evidente l’opportunità, anzi la necessità che l’Assemblea Costituente, prima di concludere i suoi lavori, si occupi della Corte costituzionale, stabilendo le condizioni di proponibilità dei ricorsi e le garanzie di indipendenza dei giudici. Ora, mi pare che attraverso le dichiarazioni dell’onorevole Condorelli i termini della questione siano stati spostati; cioè si è tornati a discutere dell’opportunità di adottare il sistema previsto dalla Costituzione a garanzia dell’osservanza delle norme costituzionali nell’attività legislativa dello Stato e della Regione.

Il problema, io credo, non è qui. Ormai la Corte costituzionale è stata sancita nella Carta costituzionale e noi dobbiamo dare la più sollecita attuazione ai principî che sono stati già fissati nella nostra Costituzione. Io non ho che da richiamarmi a quanto è stato dichiarato dal Presidente della Commissione onorevole Ruini, il quale rilevava che, se questa legge costituzionale non fosse approvata in questa sede, essa richiederebbe una lunga procedura e determinerebbe un lungo periodo d’attesa, con la conseguenza che la Corte costituzionale potrebbe cominciare a funzionare solo dopo molto tempo. Si può calcolare in due anni circa il tempo che dovrebbe decorrere, prima di poter dare attuazione al principio sancito nella Carta costituzionale. Ricordo d’altra parte – e mi rivolgo a coloro che ritengono immatura l’Assemblea per prendere una decisione su questo punto – che su quanto viene oggi in considerazione, sia in sede di Commissione, sia in sede di Assemblea si è lungamente discusso, poiché si riteneva che il problema dovesse essere risolto nella stessa Carta costituzionale.

E se, in seguito all’accettazione di un emendamento, si decise di rinviare la materia ad un’apposita legge costituzionale, non si può negare che la discussione sia stata fatta e che l’Assemblea fosse già allora in un certo senso – e certamente lo è ancora più oggi – matura per prendere una decisione. Io chiedo che l’Assemblea respinga la richiesta di sospensiva, in quanto la Corte costituzionale significa quella garanzia di libertà e di legalità cui tutti tendiamo.

Per queste ragioni il mio Gruppo voterà contro la richiesta di sospensiva.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, dobbiamo dunque procedere alla votazione della proposta dell’onorevole Giannini di sospensiva sine die su questo disegno di legge. Hanno preso la parola due oratori a favore, compreso il proponente, e due contro: do ora la parola soltanto per dichiarazioni di voto.

NITTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Dirò la ragione semplice per la quale io reputo mio dovere di votare a favore del rinvio. Prima di tutto perché ciò che noi ora facciamo è inutile. La decisione frettolosa, che si propone, non evita alcun ritardo.

La legge costituzionale, all’articolo 137, reca: «Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale e le garanzie di indipendenza dei giudici della Corte».

È evidente che l’obiettivo dovrebbe esser quello di mettere in funzione la Corte costituzionale; ma questo noi non facciamo e non faremo, e quindi non è perduto nulla di quanto si vuole per affrettare le possibilità di decisione della Corte. Ma debbo dire che ho tutti i motivi per non votare, senza averla esaminata, questa proposta, la quale costituisce un fatto nuovo e viene con una certa procedura nuova.

Noi abbiamo con la legge sulla Corte costituzionale stabilito che i magistrati di questa Corta possano essere anche magistrati a riposo e, di conseguenza, che possano anche avere oltre settant’anni. Ed abbiamo stabilito altresì che l’esercizio delle loro funzioni duri dieci anni. La Corte costituzionale, dunque, per pronunciarsi intorno a questa nuova materia, sarà composta di nomi venerandi, i quali vengono a fare non si sa che cosa.

Ora, qual è la situazione nella quale adesso ci troviamo?

Quali cambiamenti sono avvenuti nello stesso testo che ci è stato presentato! Tutto è stato finora incerto e confuso e il progetto è stato parecchie volte mutato.

Si è voluto perfino che questa Corte abbia, come il Senato, come la Camera, un bilancio a sé, che sfugga a tutti i controlli. (Commenti).

In altre parole, la Corte doveva, come la Camera dei deputati, come il Senato, avere un fondo speciale da amministrare a suo piacimento, di cui poteva fare quello che voleva, indeterminatamente. I consiglieri, di età veneranda, tutti dai 70 agli 80 anni: un nuovo esercito di gente parassita con la sua corte, le sue automobili, e numerosi suoi segretari con larghe prebende, senza lavoro e grandi spese.

Dicendo solo poche parole per combattere l’incertezza e il disordine delle proposte, io non intendo che segnalare il pericolo e il danno. Ora in questo disordine dell’ultima ora manca il tempo di fare un’analisi anche sommaria.

Io evitai il male maggiore; ma la proposta è sempre cattiva. Sin dalla presentazione del disegno di legge dissi a tutti il danno che minacciava la proposta disordinata.

Cerchiamo di rientrare un po’ nella logica. Si parla di urgenza e si dice che non bisogna perder tempo. Che cosa farebbe questa Corte adesso? Essa non può funzionare, in quanto il Senato non è ancora eletto. Le nomine che sono necessarie per far funzionare la Corte, secondo l’articolo di cui ho dato lettura, non sono state ancora fatte, né possono esserlo.

A parte il fatto stravagante che questa Corte costituzionale è unica, che non esiste in nessun paese della terra, che è una Corte così assurda (ma questa purtroppo è la legge e non possiamo migliorarla per nulla), ora procedendo in fretta si vuol renderla ancora peggiore. Senza studio, senza preparazione, senza ponderazione noi ci precipitiamo a fare, che cosa?

Noi abbiamo votato lo statuto per la Sicilia, così rapidamente esaminato. Quelli che lo hanno votato hanno ritenuto di compiere un dovere nazionale, ma non sapevano nulla di ciò che votavano. Ma ora dobbiamo votare anche la Corte costituzionale senza esame, senza saperne niente?

Le parole che ha detto l’onorevole Giannini su questa materia sono talmente semplici che non occorre aggiungerne altre. Spero, quindi, che voi vorrete approvare la proposta savia di rinviare ogni decisione alla futura Camera. Pretendere che noi decidiamo così tra capo e collo, senza studio, senza preparazione, è semplicemente assurdo.

Per queste ragioni voterò a favore della proposta Giannini.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la sospensiva proposta dall’onorevole Giannini.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Chiedo che si riconvochi la Costituente per meglio esaminare questa legge.

PRESIDENTE. Onorevole Condorelli, la sua proposta è anticostituzionale. Legga la disposizione transitoria XVII.

Passiamo all’esame degli articoli.

Chiedo al Ministro Guardasigilli se il Governo desidera discutere sul proprio testo o se accetta quello della Commissione.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Il Governo è indifferente. Si è già rimesso all’Assemblea per la votazione a fine seduta di questo disegno di legge, e si rimette all’Assemblea per il testo su cui discutere.

È bene chiarire che il Governo non ha fatto altro che mettere in condizioni l’Assemblea di votare questa legge sulla Corte costituzionale. Quindi il Governo ha fatto suo un disegno di legge preparato dalla Commissione dei Diciotto e l’ha presentato all’Assemblea, con le modifiche che il Consiglio dei Ministri ha inteso di portare. Ma differenze sostanziali fra il testo della Commissione e quello del Governo non vi sono. V’è soltanto una aggiunta all’articolo 2. Ma non so se sia il caso di parlarne adesso o successivamente.

Comunque assicuro l’Assemblea che le osservazioni fatte dall’onorevole Condorelli non danno molta preoccupazione, nel senso che, come il Presidente dell’Assemblea ha detto, a norma della Disposizione XVII della nostra Costituzione finché non fosse entrata in funzione la Corte costituzionale, si sarebbero seguite le norme vigenti per i conflitti di competenza o di incostituzionalità.

Ma il Governo ritiene, e perciò ha presentato questo disegno di legge, che sia indispensabile e opportuno che il massimo organo costituzionale, che è necessario data la forma della nostra Costituzione, quest’organo che stabilisce i limiti ai poteri degli organi dello Stato e perfino del Parlamento, in quanto la Costituzione nostra, se non rigida, è semirigida, sia istituito per emettere giudizi sui limiti di competenza degli organi supremi dello Stato.

Se non facciamo la discussione di questo disegno oggi, dovremmo seguire la procedura lunga stabilita dalla Costituzione per l’approvazione delle leggi costituzionali, e certamente ci vorrebbe molto tempo.

L’attuale disegno di legge chiarisce le disposizioni dell’articolo 134, il quale dice che sulle controversie relative alla legittimità e alla costituzionalità della legge o dell’atto avente forza di legge dello Stato è competente la Corte costituzionale. E quindi ha stabilito che in via incidentale, quando sorge un conflitto per la lesione di un diritto o di un interesse legittimo, possa essere sollevata la questione della incostituzionalità della legge o dell’atto avente forza di legge.

Di fronte a questa situazione si propone, d’accordo con la Commissione, la possibilità di questo ricorso dinanzi alla Corte costituzionale.

Abbiamo tolto, onorevole Condorelli, quella parte che si poteva riferire ad un ricorso diretto da parte di organi dello Stato, perché abbiamo creduto che non sia il caso di trasferire ancora dinanzi alla Corte questioni che sono già risolte nel campo parlamentare.

D’altra parte, questa azione diretta non abbiamo creduto di darla né a cittadini qualsiasi, né a organi dello Stato.

Quindi si tratta di mantenersi nei limiti dei conflitti stabiliti dall’articolo 134 della Costituzione.

Rimane l’altra questione, ossia quella che riguarda la possibilità di dare ad organi come la Regione (propone la Commissione all’articolo 2) la facoltà di ricorrere alla Corte costituzionale.

Io vorrei pregare la Commissione che la cosa fosse considerata con molta cautela.

Quindi proporrei alla Commissione di poter modificare in parte l’articolo 2, ossia cercare di chiarire più esattamente la portata di questo articolo, tanto più che è mio convincimento personale che l’attività che spiega una Regione di fronte ad un interesse obiettivo, ad un interesse pubblico, non riflette l’interesse legittimo, ma è una questione di competenza, ossia di attribuzione; questione che può sorgere oggi non solo nel campo dell’attività amministrativa, fra amministrazione e potere giudiziario, ma dell’attività legislativa, in quanto ora alla Regione (ed anche ad alcune province) abbiamo dato la facoltà di emanare norme giuridiche. Può perciò avvenire una invadenza di sfere di competenza.

Ma questa invadenza di sfere di competenza si traduce in fondo in un conflitto di attribuzioni fra organo e organo. Questo può essere anche regolato con questa legge, ma io proporrei alla Commissione alcune modifiche: sopprimere al primo comma le parole: «sia illegittimo in quanto»; e sostituire al termine di sessanta giorni quello di trenta.

Ciò, in quanto sarebbe più prudente limitare i ricorsi di fronte alla legge, in modo da rendere impossibile che una legge già votata dal Parlamento possa rimanere – direi quasi – sospesa di fatto, più che di diritto, nel senso che un’azione di incostituzionalità (che può venire da una delle 19 Regioni) possa lasciare in sospeso per molto tempo la validità di una legge.

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha. facoltà.

LUCIFERO. Lei ha ricordato, signor Presidente, precedentemente all’onorevole Condorelli la XVII disposizione transitoria. Ora questa disposizione transitoria stabilisce che «l’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare, entro il 31 gennaio 1948, sulla legge per l’elezione del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla legge per la stampa». Dico semplicemente che fino al 31 gennaio l’Assemblea è stata convocata a questo fine. Per questa legge si deve fare una convocazione dell’Assemblea, si deve fare una convocazione speciale attraverso una speciale procedura, cioè con una richiesta speciale o dei deputati o del Governo, ecc. Che una legge di questa gravità sia portata all’ordine del giorno, quando non ne era prevista la discussione fino ad avantieri, perché fino ad avantieri nessuno di noi sapeva che questa questione sarebbe stata portata in questa sede, mi sembra una così quanto mai inopportuna. Io ho voluto fare questa osservazione perché rimanga agli atti. In questi ultimi giorni della Costituente abbiamo assistito ad una specie di girandola. Questo disegno di legge andrà con la girandola; però io credo che anche il Paese vorrebbe che in certe cose fossimo maggiormente coerenti.

PRESIDENTE. Allora possiamo seguire il testo della Commissione, poiché il Governo si è rimesso all’Assemblea. Si dia lettura della intitolazione del disegno di legge e dell’articolo 1.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

NORME SUI GIUDIZI DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE E SULLE GARANZIE D’INDIPENDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Art. 1.

«La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica, rilevata d’ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa alla Corte costituzionale per la sua decisione».

PRESIDENTE. A questo articolo l’onorevole Bozzi ha presentato il seguente, emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«La questione di legittimità costituzionale non può essere rilevata o sollevata dopo che siano trascorsi due anni dal giorno dell’entrata in vigore della legge o dell’atto avente forza di legge dello Stato o della Regione».

Ha facoltà di svolgerlo.

BOZZI. Onorevoli colleghi, noi trattiamo, come è stato da più parti rilevato, un argomento di grande importanza, perché la Corte costituzionale, secondo la competenza che le è stata attribuita dall’articolo 134 e seguenti della Costituzione, ha una funzione importantissima nella vita del nostro Stato: è l’organo il quale, in certo senso, si viene a porre al di sopra del Parlamento, perché ha la potestà giuridica di annullare le leggi votate dal Parlamento. Di qui le cautele delle quali noi dobbiamo circondare il funzionamento di questo organo che fa la sua prima esperienza nella Repubblica italiana. La configurazione che il disegno di legge presentato dal Governo – e in questa parte approvato dalla Commissione – dà all’istituto, è da me approvata. La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata di ufficio o rilevata da una delle parti soltanto nel corso di un giudizio: civile, penale o amministrativo; cioè, in quanto vi sia una contestazione intorno ad un diritto soggettivo o ad un interesse legittimo. Occorre vi sia l’occasione di una situazione giuridica subiettiva. In questo caso il giudice, qualora la parte sia inerte o la parte si faccia diligente, solleva la questione di costituzionalità. E allora avviene (valgono i principî di ordine generale) che questo giudizio fra privati viene sospeso, e questa questione di costituzionalità viene portata dinanzi a questo tribunale supremo. E si instaura questo nuovo processo, questo giudizio.

Ora, il mio emendamento mira a questo. Io mi permetto di richiamare su di esso tutta la vostra attenzione, perché lo ritengo di fondamentale importanza. Io dico: va bene, la possibilità d’impugnare la legge; va bene, che vi possa essere un organo costituzionale investito di questo alto potere di giudicare una legge votata dal Parlamento, in quanto questa legge sia riconosciuta violatrice della Costituzione. Ma vi è accanto a questo interesse pubblico del rispetto della legittimità costituzionale, un altro interesse anche esso pubblico, e che va anche esso garantito. È l’interesse alla stabilità dell’ordinamento giuridico, alla certezza dell’ordinamento giuridico.

Ora, dopo che una legge è entrata in vigore ed è trascorso un certo numero di anni – che io ho fissato in due, ma che potrebbe eventualmente essere fissato in tre o quattro – ed ha creato rapporti giuridici, situazioni giuridiche, che si sono consolidate, ed ha dato vita ad una successione di altre leggi che sulla Costituzione si sono fondate, allora noi dobbiamo scegliere fra questa alternativa. Conviene tutelare la legge, che sia pure per una lieve incostituzionalità formale ha dato luogo ormai a situazioni consolidate; ovvero non conviene precludere questa possibilità di impugnativa, e dare la prevalenza all’esigenza della certezza del diritto? Se noi accediamo senza limitazioni al concetto manifestato dalla Commissione, noi mettiamo tutto l’ordinamento giuridico in una condizione di perpetua incertezza.

Non vi sarà più rapporto giuridico che possa essere considerato stabile. Mi rivolgo ai tecnici di questa Assemblea: nel campo della giustizia amministrativa (l’onorevole Ruini è maestro anche in questo) vi è una situazione, se non identica, analoga. Quando un atto amministrativo è illegittimo (e possiamo paragonare l’atto amministrativo alla legge) non sempre il Consiglio di Stato procede all’annullamento dell’atto, perché fa una valutazione d’interesse pubblico. Il giudice si domanda se, nonostante il riconoscimento di quella illegittimità, vi siano ragioni d’interesse pubblico che consiglino il mantenimento di quell’atto. Perché, ad esempio, quell’atto ha dato vita ad una situazione consolidata, e il distruggerlo sarebbe più dannoso per l’interesse pubblico che il mantenerlo.

Ora, se si presenta questa esigenza di fronte all’atto amministrativo, che riguarda una persona o un ente, vedete quanto più imponente si presenti questa esigenza di fronte ad una legge.

D’altra parte, collega ed amico Mortati, io prevedo l’obiezione sussurratami poco fa: non vale dire che qui la questione di legittimità è fatta in via di eccezione, perché bisogna riconoscere che è una eccezione sì, ma che immediatamente si converte in un’azione, che dà vita ad un processo a sé e che vi è tutta una rete di interessi pubblici, che bisogna tutelare. Vi è un interesse pubblico; non siamo nel campo del diritto privato, ma del diritto pubblico. E quell’annullamento non avviene più fra le parti in contesa, ma è annullamento erga omnes, che distrugge alla base la legge.

Ora io dico: ammettiamo un limite, altrimenti, avremo processi che si creano fittiziamente fra le parti, al solo scopo di invalidare una legge e di mettere in perpetuo stato di incertezza l’ordinamento giuridico; il che è quanto di più funesto si possa pensare per uno Stato, che vuole fondarsi sulla legge e sull’ordine giuridico.

Si dirà: se, trascorsi questi due o tre anni, l’azione o l’eccezione è preclusa, ci si accorge che la legge è illegittima; non vi sono altri rimedi.

No, vi sono: vi è il Parlamento; si eccita l’azione del Governo, mediante petizioni o altre azioni extra processuali, perché questa legge sia tolta dal circolo della vita giuridica e dall’ordinamento giuridico.

Credo che queste considerazioni si raccomandino alla vostra attenzione e mi auguro che l’emendamento sia accolto.

PRESIDENTE. L’onorevole Benvenuti ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo:

«La stessa questione può essere proposta in via principale dinanzi alla Corte costituzionale da ogni membro elettivo del Parlamento della Repubblica».

Ha facoltà di svolgerlo.

BENVENUTI. Rinunzio a svolgerlo.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. La proposta presentata dall’onorevole Bozzi urta contro quanto egli stesso, nella sua finezza, si prospettava.

Siamo in presenza non già di un’azione a tutela di un diritto, nei confronti della quale comprenderei l’opposizione di un termine, bensì di un incidente di incostituzionalità, il quale nasce formalmente e materialmente a seguito di una eccezione.

Siffatta eccezione si potrà avere a tempo indeterminato, ogni qual volta sorga la lesione di un interesse o di un diritto: non è quindi concepibile che sia limitata nel tempo la tutela contro un pericolo verificabile senza limiti di tempo.

Pertanto all’esigenza, sottolineata e condivisa anche da parte nostra, della certezza del diritto, in questo caso sovrasta l’esigenza, superiore, della legittimità costituzionale degli atti aventi valore di legge: esigenza attinente alla difesa dei diritti essenziali della persona umana.In conseguenza di che, richiamando il valore ed il significato della tutela giuridica affidata alla Corte costituzionale, voteremo contro ogni apposizione di termine, la quale ferirebbe nel momento stesso in cui la si formula la tutela essenziale da noi voluta.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

MORTATI, Relatore. La Commissione non è stata nella possibilità di consultarsi nel suo complesso. Posso riferire soltanto i risultati di un breve e parziale scambio di vedute.

In sostanza l’imbarazzo nel quale ci troviamo nasce da questo: dall’aver commisto insieme due diversi sistemi. L’avere limitato l’azione di incostituzionalità al singolo, leso dalla legge in un suo particolare diritto o interesse legittimo, condurrebbe a limitare l’effetto della decisione al caso deciso, secondo la norma generale che regola l’efficacia del giudicato. Invece la Costituzione, seguendo un indirizzo che io personalmente non approvo, ha stabilito che l’efficacia della decisione di incostituzionalità valga erga omnes e produca l’effetto dell’annullamento della legge. Questa la ragione dell’imbarazzo nel quale ci troviamo, imbarazzo che non si può negare e che l’onorevole Bozzi ha messo in rilievo. Non mi pare che sia esatta l’impostazione data al problema dell’onorevole Bozzi, dovendo attribuirsi anche alla deduzione della incostituzionalità il carattere di vera e propria eccezione, ed essendo, quindi, applicabile ad essa il broccardo da lui ricordato. Ma è l’effetto di annullamento, che, incidendo sulla certezza della norma giuridica, rende perplessi e fa pensare alla opportunità di introdurre una eccezione alla regola. In considerazione di questa anomalia, introdotta da noi, con la formulazione data all’articolo 138 della Costituzione, si potrebbe accedere forse almeno parzialmente alla proposta dell’onorevole Bozzi, nel senso che si ponga un termine alla proposizione dell’eccezione di incostituzionalità; ma prolungandolo a quattro anni, ed inoltre escludendolo per le norme penali.

PRESIDENTE. Pertanto per le norme penali non vi sarebbe limite.

MORTATI, Relatore. In merito alla proposta Benvenuti debbo rifarmi alle ragioni esposte dal Ministro Guardasigilli, che fanno considerare inaccettabile l’emendamento.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Non condivido la proposta Bozzi, perché la ritengo assolutamente incompatibile con un sistema che non dà al cittadino la possibilità di chiedere la dichiarazione giudiziale di non costituzionalità della legge se non quando il cittadino, in occasione di un giudizio, è colpito da questa legge. Il giudice non gli può dire allora: «ci dovevi pensar prima». Come poteva pensarci se la legge non gli consente di esperire la domanda di dichiarazione di legge non costituzionale? Quindi il sistema del collega Bozzi è compatibile con una legge che ammetta a richiedere in linea diretta la dichiarazione di non costituzionalità di una disposizione; ma, quando si sopprime l’esperibilità diretta di questo diritto fondamentale di un cittadino, bisogna consentire che egli lo possa far valere nel momento in cui è colpito dalla norma incostituzionale, perché è solo in quel momento che la legge suppone che nasca il suo interesse. Né ha senso dire che doveva pensarci durante due, tre o quattro anni, in cui non se n’è occupato, perché la legge non gli consentiva di occuparsene. (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Bozzi, l’onorevole Mortati propone di elevare da due a quattro anni il termine da lei suggerito e comunque di escludere le leggi penali.

BOZZI. Aderisco alle due proposte del Relatore.

PRESIDENTE. Il Ministro Guardasigilli ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. In merito all’emendamento che riguarda la possibilità di un ricorso diretto, mi sono già pronunziato: sono contrario e prego l’onorevole proponente di ritirarlo.

Per quanto riguarda la proposta Bozzi, mi pare che l’onorevole Mortati abbia posto esattamente i termini della questione. Fra i due sistemi, quello americano e svizzero, che si possa eccepire la questione costituzionale soltanto in tema di controversie giudiziarie e che limita le sue conseguenze soltanto al caso deciso, e questo nostro sistema ibrido, con il quale abbiamo stabilito che non soltanto al caso deciso, ma erga omnes si estenda il giudizio, la proposta del collega Bozzi può presentare delle preoccupazioni; ma io avverto – e penso che l’Assemblea avverta – le osservazioni dell’onorevole Fabbri, e pertanto pregherei l’onorevole Bozzi di non insistere.

PRESIDENTE. L’onorevole Bozzi ha facoltà di dichiarare se insiste.

BOZZI. Insisto.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alla votazione.

Poiché la Commissione propone un’intitolazione diversa da quella del Governo, pongo in votazione, intanto, la formula della Commissione:

«Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale».

(È approvata).

Passiamo all’articolo 1:

«La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica, rilevata d’ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa alla Corte costituzionale per la sua decisione».

MORTATI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI, Relatore. Faccio notare la divergenza esistente fra il testo del Governo e quello della Commissione. Quest’ultimo elimina la concezione della Regione, perché l’ipotesi dell’azione promossa nei riguardi della legge regionale è considerata in modo distinto nell’articolo 2. Se, per ipotesi, questo secondo articolo non fosse approvato, bisognerebbe ritornare al testo primitivo del Governo. Ho creduto opportuno formulare un’espressa riserva in questo senso, essendo richiesto dall’articolo 137 della Costituzione che la regolamentazione di competenza della presente legge costituzionale si estenda alle leggi regionali.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’articolo 1, salvo coordinamento.

(È approvato).

Passiamo all’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Bozzi, che è stato modificato secondo la richiesta del Relatore Mortati.

MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO GESUMINO. Voterò a favore dell’emendamento Bozzi, in quanto non credo che le ragioni opposte dall’onorevole Fabbri contro la fondatezza della richiesta del termine per l’esercizio dell’azione o della eccezione di incostituzionalità siano degne di essere accolte. L’onorevole Fabbri considera il valore della norma, fissando il termine semplicemente dal lato privatistico, dell’interesse individuale, mentre l’emendamento Bozzi è basato su un altro fattore che è predominante, e cioè sull’interesse pubblico. Ora, appunto perché è interesse pubblico fondamentale che l’ordinamento giuridico non sia indefinitamente sottoposto a condizione risolutiva, l’emendamento Bozzi può essere accettato.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Bozzi, modificato secondo le proposte dell’onorevole Mortati, e che il Ministro Guardasigilli ha dichiarato di non accettare.

(Non è approvato).

Segue l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Benvenuti. Chiedo al proponente se vi insiste.

BENVENUTI. Lo ritiro, in quanto le circostanze attuali non ci consentono un approfondito esame del problema.

Vi sono larghissime zone di legislazione anticostituzionale o incostituzionale che non si prestano ad essere denunciate in sede di eccezione del diritto civile e penale. Questa è materia che merita un esame più approfondito.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo all’articolo 2. Ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Quando una Regione ritenga che una legge od atto avente forza di legge della Repubblica sia illegittimo in quanto invada la sfera della competenza ad essa assegnata dalla Costituzione, può, con deliberazione della Giunta regionale, promuovere l’azione di legittimità costituzionale davanti alla Corte, nel termine di 60 giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente forza di legge.

«Una legge d’una Regione può essere impugnata per illegittimità costituzionale, oltre che nei casi e con le forme del precedente articolo e dell’articolo 127 della Costituzione, anche da un’altra Regione, che ritenga lesa da tale legge la propria competenza. L’azione è proposta su deliberazione della Giunta regionale, entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge».

PRESIDENTE. Su questo articolo è stato presentato un emendamento dagli onorevoli Mastino Pietro e Lussu, così formulato:

«Dopo il primo comma aggiungere:

«In tal caso alle sedute della Corte costituzionale partecipa un rappresentante della Regione nominato dalla Giunta regionale per tutta la durata del Consiglio regionale».

L’onorevole Mastino ha facoltà di svolgerlo.

MASTINO PIETRO. Avrei rinunziato alle non troppe parole che dirò, se l’emendamento proposto non avesse una singolare importanza. Esso è diretto a impedire che nei conflitti – che nessuno di noi si augura ma che sono però previsti nella Carta costituzionale – tra Stato e Regione la Regione sia posta in una condizione di inferiorità. Con ciò io non penso, onorevoli colleghi, a una visione antiunitaria, ma è certo che quando la Corte costituzionale viene adita vi è un contrasto, di fatto, tra Stato e Regione, relativo a una determinata questione sorta fra le due parti.

In base all’articolo 135 della Costituzione la Corte costituzionale è composta in modo che le Regioni, soprattutto quelle di non rilevante efficienza politica, non vi sono e non vi potranno essere rappresentate, sicché lo Stato, che nel caso specifico è parte, si troverà in condizione di privilegio, in quanto vi saranno solo giudici indicati da una delle parti.

L’emendamento è diretto a impedire che ciò si verifichi. Non si dica che il rappresentante della Regione sia in certo senso legato a giudicare o a decidere in favore della Regione, in quanto questo sarebbe un argomento che minerebbe alla base la serietà di quei giudici che sono indicati dallo Stato e in quanto anche il giudice indicato dalla Regione sarebbe immediatamente superiore alle parti. Basti indicare come vi siano esempi nella nostra storia costituzionale di casi del genere. I rappresentanti italiani presso la Corte internazionale di giustizia dimostrarono sempre serenità e superiorità di giudizio e talvolta diedero torto all’Italia.

L’emendamento ha inoltre lo scopo di porre riparo a quella ripetuta negazione di nostri diritti che si è verificata per essere stati respinti parecchi degli articoli proposti per il progetto di statuto formulato dalla Consulta regionale sarda e dalla Commissione, nonché lo scopo di evitare possibili ingiustizie future.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro di grazia e giustizia ha proposto i seguenti emendamenti al primo comma:

«Sopprimere le parole: sia illegittimo in quanto».

«Ridurre da 60 a 30 giorni il termine per il ricorso».

Ha facoltà di svolgerli.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Non mi sembra felice la dizione: «Quando una Regione ritenga che una legge od atto avente forza di legge della Repubblica sia illegittimo in quanto invada la sfera di competenza, ecc.» Il giudizio sulla legittimità o meno deve emetterlo la Corte costituzionale. È sufficiente dire: «ritenga che una legge od atto avente forza di legge invada la sfera, ecc.». Con questa formulazione meglio è precisato, inoltre, che trattasi di conflitti di attribuzione.

Quanto al secondo emendamento, rilevo che, trattandosi di invalidare una legge del Parlamento, già entrata in vigore e che potrebbe essere un atto importante, pare opportuno che il termine per promuovere il giudizio di legittimità costituzionale sia abbreviato; penso che 30 giorni possano essere sufficienti .

Ricordo che, per quanto si riferisce allo Stato nei confronti della Regione, il termine per l’esercizio dell’azione di incostituzionalità è stato stabilito in 15 giorni. Mi pare dunque troppo darne 60 alla Regione.

L’Assemblea è sovrana nel decidere, poiché si tratta di materia costituzionale. Il Governo ha svolto solo una funzione di iniziativa, per investire l’Assemblea della questione; esso comunque si dichiara favorevole all’articolo 2 proposto dalla Commissione, con gli emendamenti che ho suggerito.

Circa la proposta degli onorevoli Mastino Pietro e Lussu, vorrei pregarli di non insistere. Sarò al riguardo molto lieto di udire tra breve il giudizio della Commissione, ma io personalmente ritengo che quella di far partecipare un membro del Consiglio regionale tutte le volte che si determini una controversia fra lo Stato e una Regione sia una proposta offensiva per la Corte costituzionale, la quale, onorevoli colleghi, va concepita come organo al di sopra delle Regioni e dello stesso Stato, che giudichi con quel senso di alta giustizia che deve esserle proprio.

Faccio poi osservare che possono esservi questioni riguardanti più Regioni. Che cosa avverrebbe allora? Che i rappresentanti sarebbero tanti quante sono le Regioni interessate? Ma non si tratta di una Corte arbitrale; la Corte costituzionale è un organo superiore, che esercita una sua funzione nell’interesse obiettivo della Costituzione e della legge.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Il disegno di legge presentato dal Governo non contemplava questo secondo caso di esercizio di azione davanti alla Corte costituzionale. Era la prima volta che ci capitava di essere favorevoli a una proposta del Governo ed era forse anche l’ultima. (Ilarità). Ma nemmeno questa soddisfazione doveva restarci, perché il Governo ha accettato l’articolo 2 proposto dalla Commissione.

Noi siamo contrari a questa proposta. È chiaro che la Regione agirà politicamente, è chiaro che la Regione imboccherà una delle tante strade che le si prospettano per esercitare un’azione politica. Non avrà bisogno di ricorrere alla Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero della Commissione sull’emendamento proposto dagli onorevoli Mastino Pietro e Lussu?

MORTATI, Relatore. L’emendamento è inammissibile, perché è evidente che l’Assemblea non ha in questo momento alcuna competenza per ciò che concerne la composizione della Corte, già prevista dall’articolo 135 della Costituzione: articolo che, evidentemente, la proposta degli onorevoli Mastino e Lussu verrebbe, se accolta, a modificare. Noi dobbiamo restare rigorosamente nei limiti che ci sono assegnati dalla Costituzione, nei limiti che ci vengono fissati dall’articolo 137 e che sono ben definibili nel senso che ho precisato al principio.

Se anche questa ragione di preclusione non vi fosse, se ne dovrebbe porre un’altra. Infatti una proposta analoga a quella che ora presentano gli onorevoli Mastino e Lussu fu fatta dall’onorevole Perassi in sede di discussione della Costituzione e, posta ai voti, venne respinta. È ovvio pertanto che essa non può essere ora riproposta.

La Commissione è invece d’accordo col Governo per quanto riguarda la modificazione di carattere formale proposta al primo comma dell’articolo, nel senso di sopprimere le parole «sia illegittimo in quanto».

Per ciò che riguarda il termine, la Commissione pensa che abbreviarlo fino a trenta giorni può essere eccessivo, quando si pensi che anche per i normali ricorsi di illegittimità innanzi agli organi di giustizia amministrativa è stabilito un termine di sessanta giorni. Ad ogni modo, la Commissione non si oppone in modo reciso alla proposta del Guardasigilli, ma si rimette all’Assemblea.

Vorrei fare osservare all’onorevole Targetti che non mi pare esatto quanto egli ha detto, e cioè che alla Regione compete una azione di carattere politico. La Regione è un ente giuridico che ha propri diritti e interessi, e che può far valere tali diritti e interessi in via di eccezione, in virtù del primo articolo, già approvato, tal quale come ogni altro soggetto di diritto privato e pubblico. È ora da vedere se sia opportuno concedere alla Regione, oltre a questa azione giudiziaria in via di eccezione, anche un’azione diretta. Osservo che tale azione diretta è stata già riconosciuta negli statuti speciali per la Sicilia e per il Trentino-Alto Adige; e non vi è nessuna ragione per dovere fare un trattamento differenziale alle altre Regioni e tanto meno a quelle, come la Sardegna, che pure godono di uno statuto speciale.

Vi è poi una ragione sostanziale a sostegno di tale azione diretta, sottoposta a un termine brevissimo: che cioè essa vale a risolvere rapidamente la controversia sulla costituzionalità della legge, evitando che duri uno stato di incertezza, nocivo alla sicurezza e alla stabilità dei rapporti giuridici.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte del primo comma dell’articolo 2 proposto dalla Commissione con l’emendamento del Governo accettato dalla Commissione:

«Quando una Regione ritenga che una legge od atto avente forza di legge della Repubblica invada la sfera della competenza ad essa assegnata dalla Costituzione, può, con deliberazione della Giunta regionale, promuovere l’azione di legittimità costituzionale davanti alla Corte».

(È approvata).

Passiamo alla questione del termine, per la fissazione del quale la Commissione si è rimessa all’Assemblea. La Commissione stessa aveva proposto sessanta giorni; l’onorevole Ministro della giustizia ha fatto rilevare che il termine è forse troppo lungo e ha proposto quello di trenta giorni.

Pongo pertanto in votazione la seconda parte del primo comma, con l’emendamento del Governo:

«nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente forza di legge».

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Chiedo agli onorevoli Mastino Pietro e Lussu se, udite le dichiarazioni della Commissione, insistono sul loro emendamento aggiuntivo.

MASTINO PIETRO. Dichiaro che lo ritiriamo. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Passiamo al secondo comma, per il quale si propone, penso, lo stesso problema del termine.

Pongo per intanto in votazione la prima parte:

«Una legge d’una Regione può essere impugnata per illegittimità costituzionale, oltre che nei casi e con le forme del precedente articolo e dell’articolo 127 della Costituzione, anche da un’altra Regione, che ritenga lesa da tale legge la propria competenza. L’azione è proposta su deliberazione della Giunta Regionale».

(È approvata).

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Vorrei osservare che, quanto al termine, non vi è una stretta analogia fra l’ipotesi del primo comma e quella del secondo, perché quando si tratti di conoscere una legge dello Stato non c’è che da consultare la Gazzetta Ufficiale della Repubblica, mentre quando si tratti di una legge regionale, della Sicilia, poniamo, che può disturbare gli interessi del Piemonte, la cosa diventa un poco più complicata. La conoscenza delle singole leggi regionali, una volta che la Costituente ha creduto di istituirle, è necessaria, e pertanto il termine di 60 giorni mi sembra indispensabile.

PRESIDENTE. Sta bene. Non essendo stata fatta diversa proposta, pongo in votazione le ultime parole dell’articolo 2:

«entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge».

(Sono approvate).

Passiamo all’articolo 3, nel testo della Commissione accettato dal Governo.

Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La Corte costituzionale è la sola competente a giudicare della validità dei titoli dei membri della Corte stessa.

«I giudici della Corte costituzionale non possono essere rimossi, né sospesi dal loro ufficio se non con decisione della Corte, per sopravvenuta incapacità fisica o civile o per gravi mancanze nell’esercizio delle loro funzioni.

«Finché durano in carica, i giudici della Corte costituzionale godono della immunità accordata nel secondo comma dell’articolo 68 della Costituzione ai membri delle due Camere. L’autorizzazione ivi prevista è data dalla Corte costituzionale.

PRESIDENTE. La Commissione ha soppresso il seguente comma del testo governativo:

«La Corte costituzionale ha una dotazione propria con stanziamento speciale nel bilancio del Tesoro e provvede in forma autonoma alla relativa gestione. Il trattamento dei membri della Corte è stabilito per legge».

Pongo in votazione l’articolo nel testo della Commissione.

(E approvato).

Comunico che gli onorevoli Perassi, Cevolotto, Mortati, Bozzi e Persico hanno presentato il seguente articolo aggiuntivo:

«L’Alta Corte istituita dall’articolo 24 dello Statuto della Regione siciliana, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, cesserà di funzionare con l’esaurimento dei giudizi pendenti avanti ad essa alla data della costituzione della Corte costituzionale istituita dall’articolo 134 della Costituzione».

Onorevoli colleghi, vorrei sollevare quanto meno un dubbio, se non una eccezione formale, sopra l’ammissibilità di questo articolo aggiuntivo.

L’Assemblea ha votato, non più tardi di due ore fa, un articolo di legge con il quale si disciplina la procedura per le modificazioni dello statuto siciliano; e mi pare che essa non possa ritenersi investita del potere di procedere a una di queste modificazioni. La legge sullo statuto siciliano entrerà in vigore il giorno della sua pubblicazione; e, non essendo essa ancora in vigore, non vedo come da questa stessa Assemblea, che l’ha già approvata, possa essere modificata. E un dubbio che sollevo. I firmatari dell’emendamento sono valenti giuristi e ne terranno il conto che crederanno.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Non insisto sull’articolo aggiuntivo, nonostante che – a mio avviso – non sia contro di esso opponibile un’eccezione di preclusione. Non insisto perché, soprattutto dopo le dichiarazioni molto precise del Ministro della giustizia a proposito della formulazione suggerita dall’onorevole Pietro Mastino per la partecipazione di un rappresentante della Regione alla Corte costituzionale, ritengo che la XVI disposizione transitoria e finale della Costituzione ha implicitamente abrogato le norme dello statuto siciliano concernenti l’Alta Corte.

AMBROSINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMBROSINI. Il mio intervento sarebbe stato diretto a contrastare l’articolo aggiuntivo Perassi. Giacché egli vi rinunzia, rinunzio anch’io a parlare, dichiarando però di dissentire decisamente dalle sue ultime osservazioni.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo allora all’articolo 4, ultimo del disegno di legge. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

PRESIDENTE. Non sono stati proposti emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Questo disegno di legge sarà immediatamente votato nel suo complesso e scrutinio segreto.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta sui complessi dei seguenti disegni di leggi costituzionali:

«Conversione in legge costituzionale dello statuto della Regione siciliana, approvato col decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455».

«Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale».

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari à numerare i voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto sui disegni di legge costituzionali:

Conversione in legge costituzionale dello statuto della Regione siciliana, approvato col decreto legislativo 15 maggio 1946, numero 455:

Presenti                       287

Votanti                        286

Astenuti                         1

Maggioranza                144

Voti favorevoli             232

Voti contrari                 54

(L’Assemblea approva).

Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale:

Presenti e votanti          287

Maggioranza                144

Voti favorevoli             202

Voti contrari                 85

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Adonnino – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arata – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzali – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Bargagna – Bartalini – Basile – Bastianetto – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Benvenuti – Bernamonti – Bertone – Bianchini Laura – Bibolotti – Bitossi – Boldrini – Bonino – Bonomelli – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bozzi – Braschi – Brusasca – Bulloni Pietro.

Cairo – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Candela – Caporali – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Caristia – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiarini – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Conci Elisabetta – Conti – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Cortese Pasquale – Costantini – Cremaschi Olindo.

Damiani – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Fedeli Aldo – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Gallo – Garlato – Gatta – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Giacchero – Giannini – Giordani – Gonella – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grieco – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – La Pira – Leone Giovanni – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Longo – Lopardi – Lozza – Lucifero – Lussu.

Macrelli – Magnani – Magrassi – Magrini – Malagugini – Mannironi – Marazza – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Marzarotto – Massini – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Medi Enrico – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minio – Molè – Montalbano – Montemartini – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Morelli Renato Morini – Moro – Mortati – Mùrdaca – Musolino – Musetto.

Nasi – Nicotra Maria – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Parri– Pastore Raffaele – Pat – Patricolo – Pecorari – Pella – Perassi – Persico – Piccioni – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Preziosi – Priolo – Proia.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Reale Eugenio – Recca – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Ugo – Romita – Roselli – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saggin – Salvatore – Sampietro – Sansone – Sapienza – Sartor – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Segni – Sicignano – Silipo – Spallicci – Spano – Stampacchia – Stella – Storchi.

Targetti – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togni – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi.

Uberti.

Valenti – Vallone – Valmarana – Varvaro – Veroni – Vicentini – Vigna – Vigo – Vinciguerra – Vischioni.

Zaccagnini – Zerbi – Zotta.

Sono in congedo:

Costa – Cotellessa.

Merlin Umberto.

Orlando Vittorio Emanuele.

Valiani – Viale – Villabruna.

Per la chiusura dei lavori dell’Assemblea.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Per mantenere l’antica consuetudine che si è tramandata in questa nostra Assemblea ho chiesto di parlare ora, onorevoli colleghi! E non è senza qualche rammarico che mi alzo per dire a lei, signor Presidente, a voi tutti, l’ultima parola mia in quest’Aula nella quale parlai per la prima volta ormai quarant’anni fa.

Certo la voce del cantor non è più quella, perché gli anni sopraggiunti l’hanno resa debole e fioca, tanto da richiedere l’intervento di questi amplificatori che nel libero Parlamento non si usarono mai.

Quella trasmigrazione di una parte di noi al Senato, che l’Assemblea ha votato con forse eccessiva bontà di cuore, e che i partiti ai quali ci onoriamo di appartenere nella loro ferrea disciplina obbligano di seguire, ci fa oggi lasciare questi seggi con grande malinconia. E vero, non omnis moriar, ma qualcosa di diverso vi è in questa quasi artificiale sopravvivenza nostra, che finisce per turbarci. Noi non torneremo più qui attraverso il clamore della battaglia, vincendo la quale sapevamo di poter parlare qui, e fuori di qui, con ben altra autorevolezza.

Ci conforta la buona e numerosa compagnia. (Si ride). Per i titoli di cui ciascuno di noi anche abbondantemente è fornito e soprattutto per lo spirito della nuova solidarietà che nell’altro ramo del Parlamento senza dubbio si accenderà, sentiremo il dovere di formare, sia pure distinti e opposti di pensiero, un nucleo compatto che porti l’antica tradizione parlamentare, libera e serena sempre, nelle nuove Aule per lungo silenzio deserte e mute. (Approvazioni). Ci sorregge anche il pensiero che facciamo posto libero a tante nuove attività giovanili che si formeranno esse stesse la nuova consuetudine del dibattito, più vivace forse, se è possibile, ma più ingenuo e sempre sorretto da più giovanile entusiasmo, tanto più e tanto meglio esplicantesi se gli altri di voi, onorevoli colleghi, già provati dal faticoso travaglio di questa Assemblea Costituente, ritorneranno qui tutti, ancora, come io desidero e cordialmente vi auguro.

Abbiamo seguito tutti insieme il difficile avvicendarsi delle discussioni e delle deliberazioni nostre. In esse affiorò alle volte qualche incertezza e sia pure qualche contradizione, che l’abilità dei nostri Presidenti non riuscì sempre ad eliminare; e l’aver prevalso alle volte una corrente o alle volte un’altra ci ha obbligati ad un frequente difficile lavoro di equilibrio, che spesso ha corrisposto alla condizione di spirito del nostro Paese, il quale non ha scelto ancora una via precisa e definita. La nuova battaglia elettorale contribuirà a fissarla. Lasciamo che essa si pronunci.

Ma io non vorrei essere andato involontariamente oltre il compito che mi ero prefisso, di recare alle gentili colleghe ed a voi tutti un cordiale saluto di congedo e di presentare al nostro Presidente, che io vedo esso pure già trasmigrante per altre vie e per altri porti (Si ride) l’espressione del nostro unanime grato animo (L’Assemblea sorge in piedi e applaude a lungo vivamente), per aver egli diretto così opportunamente le nostre discussioni irte di ostacoli, di pregiudiziali e anche di preclusioni, questo è stil nuovo, ad ogni piè sospinto. (Si ride). Dobbiamo alla sua sapiente tenacia e alla sua vigorosa prontezza se oggi, senza soverchi acceleramenti – che avrebbero nociuto alla serietà del nostro mandato – abbiamo potuto terminare finalmente i nostri lavori. La statistica di essi è veramente imponente e non sta a me presentarvela ora. Certo è che guardando dall’oltrepassato pelago alla riva non par vero di aver compiuto tanto cammino. Ma così fu e gli atti nostri restano a dimostrare il grande lavoro esplicato dall’Assemblea e dalle Commissioni: atti diligentemente raccolti, rapidamente pubblicati, che restano il documento solenne di questa nostra fatica. Noi siamo grati ai componenti tutti della Presidenza, a tutto il personale della Camera (Vivi applausi) che volenterosamente ci ha assistito in tutta l’opera nostra, e ringraziamo i rappresentanti della stampa che ci hanno seguito con così cordiali e volenterosi intendimenti, discutendo e illustrando le nostre deliberazioni. (Vivissimi applausi).

Un saluto al Presidente del Consiglio, ai membri del Governo, a chi ha presieduto e ha faticato nelle Commissioni (Applausi), a quanti infine con noi hanno avuto l’onore di partecipare a questa grande Assemblea la quale oggi degnamente pone fine ai suoi lavori.

Non credo di aver dimenticato alcuno, perché tutti voi avete inteso comprendervi col cordiale consenso col quale avete voluto con tanto cortese attenzione seguirmi.

Vi ringrazio, o colleghi, e vi saluto. (Vivissimi applausi).

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Vorrei pregare i colleghi di accogliere il ringraziamento del Governo per la loro collaborazione positiva come per la loro collaborazione critica.

La fedeltà al sistema del metodo parlamentare ci ha fatto superare molte difficoltà. Ho la speranza, per non dire la certezza, che nessuno di noi verrà meno a tale direttiva e che nei due rami del Parlamento, eguali nell’autorità, e forse, onorevole Micheli, anche nella vivacità, la fedeltà nel metodo rappresentativo democratico possa condurre al consolidamento della Costituzione repubblicana.

Mi associo, in particolare, al sentimento di gratitudine verso il Presidente, sentimento che estendo verso i membri delle Commissioni legislative che hanno collaborato più direttamente col Governo, sentimento di ammirazione, oltre che di gratitudine, anche per le Commissioni che hanno creato lo statuto fondamentale, e per quelle specialmente che in questi ultimi tempi si sono tormentate sulle leggi degli statuti speciali.

Vivant sequentes! (Vivissimi applausi).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la nostra Assemblea aveva chiuso con solennità i suoi lavori. E tuttavia abbiamo continuato a lavorare anche quando pareva che avessimo già toccato la nostra mèta. Ma, non nascondiamocelo, siamo stanchi. La stanchezza non è in ciascuno di noi; ciascuno di noi sarebbe pronto a continuare ancora. Essa è nell’organismo, il quale, d’altra parte, era stato pensato e costruito per reggere ad uno sforzo non così prolungato.

Abbiamo assolto al nostro compito; ma adesso è tempo veramente che ritorniamo anche noi, non tanto individualmente, ma come organismo alla grande sorgente da cui le assemblee rappresentative traggono, non solo la loro energia, ma anche la loro autorità. E giusto che le nuove elezioni vi siano, ed è necessario che avvengano il più rapidamente possibile. È questo un impegno assunto e sul quale, è certo, non possono esservi, e non vi saranno, contestazioni da nessuna parte.

Penso che una considerazione possiamo fare a nostra soddisfazione: questa Assemblea ha lavorato per diciotto mesi, e quest’ultimo mese ancora, affidata solo alla propria autodisciplina.

Le assemblee rappresentative, i vecchi parlamenti italiani funzionavano avendo sempre un po’ su di sé le redini del Governo; e pareva che fosse assolutamente necessario questo freno che, pur sortendo dall’Assemblea, stava alquanto al di sopra di lei, e nella considerazione ed anche nelle funzioni, perché le assemblee rappresentative potessero muoversi, lavorare.

Noi abbiamo dimostrato che, quando si è consapevoli del proprio compito, si può di per se stessi porsi dei limiti, stabilirsi delle mete e raggiungerle. Ed è questa veramente una prova notevole della capacità formatrice di una mente aperta a sentimenti di democrazia.

Ma oggi anche noi abbiamo bisogno di ritornare alla nostra sorgente e ridare alle masse popolari italiane il loro potere fondamentale; quello di stabilire chi dovrà proseguire questa opera che noi abbiamo validamente iniziata, ma appena iniziata.

Sono grato a tutti voi della comprensione che avete dimostrato per il mio compito difficile.

Vi ringrazio della collaborazione che mi avete data, spesso forse anche nei momenti in cui meno ne avevate la coscienza, ma io, invece, più la sentivo; e vi ringrazio anche della tolleranza che alcune volte avete dovuto prodigare nei miei confronti. Sono uomo anch’io e passibile quindi di debolezze o di apparenti manifestazioni di energia, che forse non sarebbero necessarie.

In particolare vorrei ricordare in questo momento – per uno spirito non di cavalleria ma di leale riconoscenza – le nostre colleghe. Non dimentichiamo che è la prima volta che in quest’Aula hanno seduto delle donne italiane, ed esse pur portando qui la voce di molte posizioni politiche ci hanno insegnato che nei momenti più importanti, in cui si trattava di stabilire i punti fondamentali per la nostra vita, esse hanno saputo trovare le parole acconcie ad esprimere, unitariamente, il pensiero di tutte le donne italiane. (Vivi applausi).

Valido ausilio ha dato ai nostri lavori tutto il personale della Camera. Ricordo per primo il più alto funzionario, avvocato Cosentino (Vivissimi applausi), strumento preziosissimo di qualunque più grande Presidente, custode di esperienze, di consigli e di indicazioni, senza i quali frequentemente i nostri lavori si sarebbero arrestati. E credo che veramente occorra dargliene pubblico ed anche solenne riconoscimento. (Vivissimi applausi).

E insieme a lui ricordo tutti gli altri collaboratori, dai maggiori ai più modesti, che ci hanno reso possibile questa continuità di lavoro che, se ha stancato noi, ha spesso molto maggiormente stancato loro. (Vivi applausi).

Abbandonando adesso questo seggio, desidererei avere una certezza, e cioè che nessuno di coloro che molti mesi fa, con benevolenza e fiducia, hanno voluto elevarmi a questo posto abbia avuto, nel corso di questi lunghi mesi, il più piccolo rammarico per il gesto che aveva compiuto. Ho cercato di assolvere il mio dovere e credo di avere abbastanza corrisposto all’imperativo della mia coscienza. (Vivissimi, generali, prolungati applausi – Grida generali ed insistenti di: Viva il Presidente della Repubblica! Viva De Nicola! – Il Presidente, i Ministri e tutti i deputati si levano in piedi – Nuovi, vivissimi, prolungati applausi – Le tribune della stampa si associano all’acclamazione).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se risponde a verità che il decreto di prossima emanazione, riguardante il collocamento in pianta stabile dei dipendenti comunali con quattro anni di servizio, escluda da tale provvidenza gli ufficiali sanitari, veterinari comunali interini e i medici condotti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lucifero».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere se, dopo la rinunzia del Governo inglese ai suoi crediti verso l’Italia per anticipazioni e spese sostenute per i prigionieri di guerra, non sia il caso di provvedere al rimborso delle somme a tale scopo trattenute ai reduci dall’Amministrazione militare italiana in occasione della liquidazione degli assegni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Selvaggi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere se, in previsione della riorganizzazione dell’esercito, possa venire benevolmente esaminata l’aspirazione dei sottotenenti maestri di scherma di poter proseguire la carriera fino al grado di capitano.

«Questi ufficiali sono appena 50 e nei reparti assolvono anche funzioni amministrative delicate ed importanti alle quali sono, di norma, preposti ufficiali cui non è posto alcun limite alla carriera. Sono elementi che per preparazione professionale non si ritengono inferiori alle altre categorie e dovendo, taluni, rimanere in servizio ancora molti anni (dai 13 ai 18), si chiede che non sia loro precluso l’avanzamento fino al grado di capitano.

«Se si considera che tale possibilità è stata concessa a sottufficiali privi di titolo di studio, non dovrebbe costituire serio ostacolo l’estensione del beneficio a ufficiali già di carriera e che furono nominati dopo concorsi per titoli ed esami.

«In linea subordinata, ove la prima richiesta risulti inaccoglibile, l’interrogante chiede di sapere se a coloro che domandano di essere posti in congedo, a domanda, con le stesse facilitazioni economiche fruite dagli ufficiali di altre armi collocati nella riserva per riduzione di organico (regio decreto legislativo 14 maggio 1946, n. 384), possa venire accordato tale beneficio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Selvaggi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dei lavori pubblici e dell’agricoltura e foreste, per sapere quali provvedimenti contingenti e definitivi intendano adottare per ovviare e risolvere la grave situazione della zona agricola adiacente al fiume Liri a valle di Sora (Frosinone), ove in questi giorni un nuovo straripamento del fiume e dei torrenti montani affluenti ha provocato ancora una volta danni gravissimi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Camangi».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro degli affari esteri, se non creda opportuno moltiplicare le indagini e le ricerche presso il Governo dell’U.R.S.S., onde potere avere notizie dei prigionieri italiani che, a quanto afferma la stampa di questi giorni, desumendolo dalle relazioni fatte da un gruppo di reduci dalla Russia passato giorni or sono dalla stazione di Udine, sarebbero adibiti a lavori delle miniere di Karaganda nella Siberia inferiore, ed altri in un campo nei pressi del Don (Oranki?), nel quale ultimo 28 ufficiali italiani sarebbero assistiti dal valoroso medico dott. Enrico Reginato.

«Il Gruppo medico parlamentare confida che l’interessamento del Ministero degli affari esteri giunga inoltre ad ottenere il tanto sospirato rimpatrio di questi nostri tanto provati confratelli. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Spallicci, Caronia, Zaccagnini, Fornara, Merighi, Mazza, Lettieri, Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere con quali criteri ha emanato ai prefetti disposizioni riguardanti l’assunzione del personale avventizio per gli uffici liste elettorali delle amministrazioni comunali, dato che nel comune di Prato, per l’assunzione di 29 impiegati avventizi, le autorità di polizia si sono credute in dovere di domandare informazioni, non semplicemente di carattere morale, ma politico, non riguardante un passato fascista, per accertare l’appartenenza o meno dei postulanti a determinati partiti di sinistra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Saccenti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere perché, mentre in risposta a precedente interrogazione il Ministro ebbe ad assicurare che si sarebbe al più presto provveduto al ripristino, in almeno sette sedi universitarie, della Facoltà di scienze politiche, nulla è stato disposto al riguardo e non risultano riaperte le iscrizioni e ripresi i corsi di insegnamento.

«Anche nell’ultimo convegno dei rettori è stato deciso il ripristino della Facoltà di scienze politiche.

«Data l’utilità e l’opportunità del ripristino di tale Facoltà, si insiste per un sollecito provvedimento e si chiedono precise ed impegnative assicurazioni in proposito. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rodinò Mario».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dei lavori pubblici e del tesoro, per conoscere se non ritengano conforme ad equità, ai sinistrati senza tetto che abbiano in parte o totalmente ricostruito o riparato la loro casa di abitazione, in base alle facilitazioni stabilite dal decreto luogotenenziale del 9 gennaio 1945, n. 305, estendere anche ad essi i maggiori beneficî consentiti dal decreto-legge 10 aprile 1947, n. 261, sia perché la stessa materia non sia regolata da norme diverse, sia per impedire che, di fatto, i più poveri e più bisognosi siano puniti per esser stati i più solerti nell’opera di ricostruzione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, per conoscere se crede opportuno ed urgente di disporre che gli uffici telegrafici e telefonici dei piccoli comuni siano aperti almeno dalle 10 alle 12 nei giorni di domenica.

«Nell’attualità la sospensione, per tutta la giornata della domenica, dei servizi telegrafici e telefonici dei piccoli comuni è causa di lamentele e di vivo disagio, poiché nei casi d gravi infermità o d’importanti interessi sociali le comunicazioni telegrafiche e telefoniche possono apportare grandi vantaggi morali e materiali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lettieri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se può essere ancora consentito che le manovre che si svolgono sullo spiazzale della stazione di Battipaglia debbano interrompere, quasi in continuazione, e spesso per ore, il passaggio sulla statale, che attraversa la linea ferroviaria.

«L’interrogante crede sia arrivato il momento per evitare il grave inconveniente. che è causa di lunghe ed estenuanti soste con perdita di tempo prezioso per i numerosi passeggeri che vanno o vengono dalle Calabrie o dal Cilento.

«Il rimedio definitivo e completo sarebbe la costruzione di un cavalcavia. Il rimedio, meno radicale, ma pure accettabile, sarebbe quello di spostare tutte le manovre ad oriente della stazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lettieri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere per quali motivi non siasi data ancora esecuzione alla disposizione contenuta nell’articolo 10 del decreto legislativo 14 maggio 1946, n. 384, secondo la quale con decreti successivi avrebbero dovuto essere emanate le norme atte a disciplinare l’utilizzazione degli ufficiali sfollati in altre Amministrazioni pubbliche.

«A tutt’oggi, cioè a quasi due anni di distanza dalla pubblicazione del decreto legislativo suddetto, non solo nulla si è fatto per utilizzare o trasferire detto personale in altre Amministrazioni pubbliche, ma, quello che è più grave, gli ufficiali, sfollati o no, sono stati esclusi dai concorsi per esami riservati agli impiegati dello Stato, come è avvenuto, ad esempio, in un recente concorso bandito dal Ministero degli affari esteri, al quale potranno prendere parte i soli impiegati civili delle Amministrazioni statali, escludendosi con ciò gli ufficiali delle forze armate. Tale esclusione non solo costituisce una grave offesa al personale militare, ma è altresì una violazione della disposizione dell’articolo 10 del succitato decreto legislativo.

«L’emanazione di provvedimenti atti a riparare a questo ingiusto trattamento risponde a criteri di equità e di pubblico interesse, specialmente se si considera che gli ufficiali inferiori ed i sottufficiali sfollati, che non abbiano dodici anni di servizio effettivo, non usufruiscono della discreta sistemazione economica offerta dalla posizione di ausiliaria, mentre d’altra parte, in moltissimi casi, essi hanno i necessari titoli di studio per essere utilizzati in altre Amministrazioni statali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Nobile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, per conoscere quando si intenda ricostituire la comunicazione telegrafica Messina-Malta, interrotta a causa di eventi bellici, tanto più che all’atto nessuna ragione tecnica si oppone a tale ricostituzione.

«È utile ricordare che la comunicazione telegrafica Messina-Malta è stata istituita circa un sessantennio fa ed ha reso segnalati servizi che hanno riscosso la fiducia ed il plauso dei due Paesi interessati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fiore».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri della marina mercantile e di grazia e giustizia, per conoscere se intendano:

  1. a) modificare la legislazione sulla pesca, dato il nuovo clima economico e sociale;
  2. b) richiamare in una circolare la attenzione della Magistratura, sulla necessità di definire sollecitamente i procedimenti di pesca di frodo;
  3. c) dare istruzioni alla polizia, alla guardia di finanza ed alle capitanerie di porto per una rigorosa sorveglianza sulle acque;
  4. d) provvedere le capitanerie dei mezzi idonei per poter operare la sorveglianza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Riccio Stefano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se intenda disporre lo scioglimento del Consiglio comunale di Poggiomarino (Napoli), dato che la frazione Flocco, di circa 3000 abitanti, aggregata da oltre un anno a quel comune, non partecipò ad alcuna votazione per le elezioni amministrative. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Riccio Stefano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se, in considerazione della incapacità economica dei danneggiati dall’eruzione vesuviana del marzo 1944, ad anticipare la spesa della ricostruzione o comunque a concorrere per la metà, voglia dare disposizioni di applicazione del decreto legislativo 14 gennaio 1947, n. 44, per cui la ricostruzione sia limitata solo alla metà dei beni distrutti, ma a totale carico dello Stato, o se comunque voglia modificare la legge in modo che, pur rimanendo l’attuale impegno dello Stato i danneggiati possano aver ricostruita almeno una parte degli immobili distrutti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Riccio Stefano».

PRESIDENTE. Queste interrogazioni saranno trasmesse ai Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 22.