Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI VENERDÌ 30 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLXXIII.

SEDUTA POMERIDIANA DI VENERDÌ 30 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

INDICE

Disegno di legge costituzionale (Seguito e fine della discussione):

Statuto speciale per la Valle d’Aosta (64).

Presidente

Franceschini

Perassi, Presidente della Sottocommissione per gli statuti regionali

Uberti

Bernini

Rodi

Bordon

Scelba, Ministro dell’interno

Lussu, Relatore

Mortati

Bellavista

Giua

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Dossetti

Einaudi, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Dominedò

Bertone

Chatrian

Fabbri

Micheli

Condorelli

Bettiol

Malagugini

Geuna

Tonello

Moro

Fuschini

Caporali

Sull’ordine del giorno:

Mattarella

Presidente

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: Statuto speciale per la Valle d’Aosta. (64).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: Statuto speciale per la Valle d’Aosta. (64).

Comunico che gli onorevoli Franceschini, Bertola, Tega, Ponti, Tonello, Laconi, Ferrarese, Preti, hanno presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente,

conscia delle particolari delicate esigenze di unità e organicità, che sono proprie dell’insegnamento primario e secondario d’ogni tipo e grado, esprime il voto che l’ordinamento giuridico, didattico e amministrativo della scuola italiana non possa essere sostanzialmente modificato dalla eventuale applicazione di norme integrative o d’attuazione, secondo gli Statuti regionali speciali».

L’onorevole Franceschini ha facoltà di svolgerlo.

FRANCESCHINI. Onorevoli colleghi, i deputati del Gruppo parlamentare della Scuola non possono non denunciare all’Assemblea Costituente una preoccupazione viva che si è venuta manifestando, soprattutto in questi ultimi mesi, nel mondo della Scuola italiana; una preoccupazione, la cui eco è riportata nei congressi regionali e provinciali, in ordini del giorno, in lettere e telegrammi a noi inviati da tanti maestri e professori delle scuole d’Italia.

Dicono: la scuola minaccia di dividersi: nel suo organico, nella sua struttura, nella sua amministrazione, nel suo stato giuridico. Lo diranno a torto o a ragione, ma lo dicono. Ora noi dobbiamo proclamare alto e chiaro che questa divisione non è nelle intenzioni dell’Assemblea Costituente. Ieri noi deputati della Scuola abbiamo sentito con il più vivo piacere dalla bocca dell’onorevole Presidente del Consiglio una dichiarazione ferma, in proposito, che certo farà testo di interpretazione così per lo Statuto Alto Atesino come per gli altri Statuti speciali. L’Assemblea Costituente non ha voluto, votando l’articolo 33 della Costituzione italiana, bloccare la libertà, non ha voluto irrigidire l’insegnamento in forme e schemi aridamente statali. Ma non per questo intende alterare, rompere la tradizione di omogeneità, la tradizione gloriosa di unità dell’insegnamento pubblico italiano, che dal 1861 ad oggi ha allineato milioni di insegnanti fra le file dei difensori della Patria, fra le file di coloro che hanno contribuito maggiormente all’accostamento, all’affratellamento di popolazioni già secolarmente divise. Orbene, l’Assemblea Costituente non può consentire che si rinunci a questa tradizione gloriosa.

Ed ecco la ragione del nostro ordine del giorno, che vuole essere insieme una garanzia e una guida: una garanzia ai dubbiosi, che lo Stato italiano è e sarà geloso del suo patrimonio educativo, una guida per i legislatori regionali locali, quasi come una direttiva di marcia, affinché essi non travalichino nell’applicazione delle norme integrative i limiti imposti dalla unitarietà necessaria della Scuola pubblica italiana.

Si tratta, insomma, votando quest’ordine del giorno che a voi sottoponiamo, di stabilire una volta per sempre una pregiudiziale ben chiara; non già per gli Statuti regionali normali, in quanto per essi la questione è semplice, la potestà normativa integrativa riguardando soltanto la scuola artigiana e professionale (e se ne capisce il perché); ma per gli Statuti speciali, aventi potestà normativa di integrazione e di attuazione su tutto l’ordinamento scolastico: qui appunto i dubbi si legittimano, i dubbi che si voglia alterare profondamente quell’unità che la Scuola statale esige e proclama per bocca di tutti i suoi insegnanti.

Ebbene, noi vi preghiamo, onorevoli colleghi, di tranquillizzare la Scuola italiana votando quest’ordine del giorno. E del resto – apro qui una parentesi – la progettata grande riforma, la cui Commissione pochi giorni fa ha iniziato i suoi lavori, vuol essere appunto una garanzia di libertà, nell’ambito degli articoli 33 e 34 della Costituzione, e al tempo stesso vuol mantenere scrupolosamente quanto più possibile l’unità organica dei suoi ordinamenti didattici, giuridici e amministrativi.

Onorevoli colleghi, avendo già vagliato gli Statuti della Sardegna e del Trentino Alto Adige, e mentre ci accingiamo a discutere e ad approvare oggi lo Statuto speciale della Val d’Aosta, come domani quello della Sicilia, rassicuriamo, vi prego, la Scuola italiana. Esaudiamo il voto di tutti gli uomini di questa Scuola: poiché io vi assicuro che non vi è un solo pubblico insegnante, medio o elementare, che voglia separarsi, che voglia far parte a sé, che voglia rinunciare alla conquista compiuta e all’onore di appartenere ai ruoli nazionali.

Diciamo che la libertà e l’autonomia sacre e legittime, non possono significare divisione nella grande e nobilissima famiglia della Scuola italiana, la quale deve restare ora e sempre compatta nell’adempimento della missione amorosa che le è stata affidata!

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di rispondere in nome della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione si rende pienamente conto delle elevate preoccupazioni che hanno suggerito questo ordine del giorno ed il voto che in esso è espresso.

Siccome questo voto è indicato in termini molto prudenti e non rigidi, riteniamo che possa essere accolto dall’Assemblea Costituente, in modo da costituire un indirizzo per quanto concerne quelle limitate facoltà che talune Regioni hanno in materia di legislazione scolastica, senza tuttavia precludere l’esercizio di tali facoltà, prevedute dalla Costituzione o da Statuti speciali.

Per conseguenza, la Commissione accoglie l’ordine del giorno.

UBERTI, Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. A nome personale dichiaro che voterò contro questo ordine del giorno, perché ritengo che qui non sia in giuoco l’unità della scuola; qui è in giuoco la possibilità di determinate organizzazioni amministrative già in atto con i decreti emanati a favore della Val d’Aosta, dove sono da tener presenti situazioni particolari ed una situazione linguistica. Ora, questo è possibile in un modo più facile, più diretto, più rispondente a bisogni locali con un decentramento, il quale affidi la parte non didattica, non istitutiva, ma amministrativa alla Regione della Val d’Aosta.

Con ciò a me sembra che qui vi siano ripercussioni di quella che era la tesi sostenuta l’altro giorno, quella cioè di mantenere i ruoli unici. Come si fa a mantenere i ruoli unici, quando c’è una esigenza particolare, che cioè gli insegnanti devono conoscere una particolare lingua e insegnare in una particolare lingua?

È evidente che vi sono esigenze particolari e specifiche, che è necessario tener presenti. Ora, il passaggio dal ruolo di Stato alla Regione e viceversa, è regolato dalla proposta dello Statuto. In realtà, ritengo che questo ordine del giorno sia molto meglio esaminarlo non pregiudizialmente, ma quando esamineremo in concreto il titolo riguardante la scuola. Allora potremo vedere in concreto quanto è possibile accogliere di questo ordine del giorno, e quanto invece esso potrebbe precludere quella che è la deliberazione concreta in merito agli articoli dello Statuto che stiamo esaminando.

Faccio pertanto una proposta di rinvio dell’ordine del giorno a quando esamineremo l’articolo che riguarda il problema della scuola.

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, le faccio osservare che votare l’ordine del giorno in questo momento non significa qualcosa di diverso del votarlo fra un’ora.

UBERTI. Si preclude.

PRESIDENTE. Non si preclude nulla, perché quest’ordine del giorno, come giustamente diceva l’onorevole Perassi, per motivare ponderatamente l’adesione della Commissione, è redatto con tanta cautela e con tale larghezza di termini, per la sua possibile interpretazione, che nulla preclude. E d’altra parte, se preclusione vi fosse, vi sarebbe anche se votassimo fra un’ora.

Pertanto, penso che la sua richiesta, onorevole Uberti, non abbia sufficiente giustificazione.

BERNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERNINI. A titolo personale, dichiaro che mi associo all’ordine del giorno Franceschini.

Ritengo che, se l’onorevole Uberti fosse al corrente di ciò che sta avvenendo e minaccia di avvenire nel campo della Scuola nelle località contemplate dai singoli Statuti regionali, se egli sapesse, per esempio, quali sono i propositi, che si vanno apertamente manifestando attraverso la stampa della Valle d’Aosta, egli non riterrebbe che questo problema sia secondario; e quindi riterrebbe che sia urgente ed importante che questa Assemblea, nel momento in cui sta per sciogliersi, vincolasse l’azione dei futuri legislatori in difesa dell’unità della Scuola italiana.

RODI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RODI. Io avrei firmato quest’ordine del giorno, se lo avessi conosciuto in tempo.

Ad ogni modo, nella mia qualità di professore, mi associo: e faccio all’onorevole Uberti la stessa osservazione già fatta dal collega Bernini,

Noi professori abbiamo ricevuto lettere, telegrammi dalla periferia. La Scuola è preoccupata. Solo chi non conosce i problemi della nostra Scuola può votare contro quest’ordine del giorno.

Pertanto, mi associo in pieno, anche a nome dei colleghi della Puglia, che mi hanno telegrafato in questi termini.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. L’allarme, di cui si è fatto portavoce l’onorevole Bernini, non ha alcun fondamento.

Nulla succede in Valle d’Aosta, dove le cose, da tre anni, da quando cioè vige l’attuale ordinamento, vanno regolarmente.

Di fronte a quest’ordine del giorno, così generico, contenente affermazioni che possono contrastare con tale ordinamento, io devo associarmi alla richiesta dell’onorevole Uberti, cioè di esaminare, quanto meno, questo punto, quando tratteremo della questione scolastica.

Se vi fosse un allarme, sarei il primo a farmene interprete. Noi abbiamo portato questa materia alla lettera g) dell’articolo 3, che tratta delle norme di attuazione e di integrazione della legge generale dello Stato.

Ciò dovrebbe bastare a tranquillizzare tutti. La nostra scuola è inquadrata nella legge dello Stato.

Comunque, mi associo alla richiesta di rinvio, formulata dall’onorevole Uberti.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, accogliamo pure la proposta di rinviare la votazione dell’ordine del giorno; penso però che quell’allarme a rovescio, che mi pare la presentazione di questo ordine del giorno abbia suscitato in alcuni colleghi – ed è questa l’unica giustificazione per la domanda di rinvio – si dimostrerà certamente senza fondamento.

Entriamo nell’esame del testo della legge. L’onorevole Mortati mi ha fatto pervenire in questo momento ben tredici emendamenti. (Commenti a sinistra e a destra). Onorevole Mortati, mi domando, come faremo a discuterli? Li conosce lei e li conosco io, ma la Commissione avrebbe avuto ed ha il diritto di chiedere di venire a conoscenza con un certo anticipo di queste proposte, altrimenti noi sentiremo immancabilmente il Relatore dichiarare che egli ci esprime, al massimo, una sua opinione personale e non l’opinione della Commissione, che non può essere consultata nel corso dei lavori stessi.

Il testo dello statuto speciale per la Valle d’Aosta era già ieri in distribuzione ed a disposizione dei deputati. Mi permetta, onorevole Mortati, che io mi rammarichi – molto indulgentemente – che ella non abbia tentato almeno di farci avere i suoi emendamenti durante la mattinata. Avrebbero potuto essere stampati e distribuiti. Io li accetto, ma la prego almeno di accontentarsi di averli presentati e di limitarsi nel loro svolgimento.

Iniziamo l’esame del Titolo I: «Costituzione della Regione». Si dia lettura dell’articolo 1.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Valle d’Aosta è costituita in Regione autonoma, fornita di personalità giuridica, entro l’unità politica della Repubblica italiana, una e indivisibile, sulla base dei principî della Costituzione e secondo il presente Statuto.

«Il territorio della Valle d’Aosta comprende le circoscrizioni dei comuni indicati nell’elenco allegato al presente Statuto.

«La Regione ha per capoluogo Aosta».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo II: «Funzioni della Regione».

Avverto che al testo dell’articolo 2 la Commissione, al primo periodo, dopo le parole: «degli interessi nazionali», ha aggiunto la seguente formula, già adottata nello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige: «nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica». Si dia lettura dell’articolo 2 così modificato.

AMADEI, Segretario, legge:

«In armonia con la Costituzione e con i principî dell’ordinamento giuridico dello Stato e del rispetto degli obblighi internazionali dello Stato e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economiche e sociali della Repubblica, la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie:

  1. a) ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale;
  2. b) circoscrizioni comunali;
  3. c) polizia locale urbana e rurale;
  4. d) agricoltura e foreste, zootecnia, flora e fauna;
  5. e) piccole bonifiche ed opere di miglioramento agrario e fondiario;
  6. f) strade e lavori pubblici di interesse regionale;
  7. g) urbanistica, piani regolatori per zone di particolare importanza turistica;
  8. h) trasporti su funivie e linee automobilistiche locali;
  9. i) acque minerali e termali;
  10. l) caccia e pesca;
  11. m) acque pubbliche destinate ad irrigazione e ad uso domestico;
  12. n) incremento dei prodotti tipici della Valle;
  13. o) usi civici, consorterie, promiscuità per condomini agrari e forestali, ordinamento delle minime proprietà culturali;
  14. p) artigianato;
  15. q) industria alberghiera, turismo, piani regolatori per zone di particolare interesse turistico e tutela del paesaggio;
  16. r) istruzione tecnico-professionale;
  17. s) biblioteche e musei di enti locali;
  18. t) fiere e mercati;
  19. u) ordinamento delle guide, scuole di sci e dei portatori alpini;
  20. v) toponomastica;
  21. w) servizi antincendi».

PRESIDENTE. A questo articolo, alla lettera q), il Ministro dell’interno propone di sopprimere le parole «piani regolatori per zone di particolare interesse turistico».

L’onorevole Scelba ha facoltà di svolgere l’emendamento.

SCELBA, Ministro dell’interno. Propongo la soppressione di quella frase, in quanto già contenuta nella lettera g).

LUSSU, Relatore. La Commissione è d’accordo.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati, alla lettera v), ha proposto di aggiungere le parole: «salvo sempre l’osservanza del successivo articolo 37».

L’articolo 37 è del seguente tenore:

«Nella Valle d’Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana.

«Gli atti pubblici possono essere redatti nell’una e nell’altra lingua, eccettuati i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, i quali sono redatti in lingua italiana.

«Le amministrazioni statali assumono in servizio in Valle d’Aosta possibilmente funzionari originari della Regione o che conoscano la lingua francese.

Prego l’onorevole Lussu di esprimere il parere della Commissione su questo emendamento.

LUSSU, Relatore. La Commissione non l’accetta. Come si fa, per esempio, ad accompagnare la denominazione del comune La Thuile con l’altra, introdotta negli anni scorsi, di Porta Littoria? Basta citare questo esempio per mettere in rilievo l’inaccettabilità della proposta.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Vorrei chiedere se l’onorevole Lussu ritiene, dichiarando inaccettabile la proposta, di poter prescindere dalla osservanza precisa di un articolo dello stesso statuto, che è l’articolo 37, e se in relazione a questa sua opinione di poter prescindere dall’articolo 37 ritiene che debba passare senz’altro l’allegato che abbiamo avuto, in cui tutte le denominazioni, a incominciare da Aosta, sono indicate col nome francese.

LUSSU, Relatore. Si tratta di un errore di stampa! L’articolo 1 dice «Aosta» e non «Aoste».

MORTATI. L’onorevole Lussu dovrebbe chiarire perché non accetta che si coordinino in modo preciso le due norme ricordate.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Se noi accettassimo la proposta del collega onorevole Mortati, noi verremmo ad imporre nuovamente quelle denominazioni pseudoitaliane che il fascismo ha dato alla Regione; per cui si entrerebbe anche in un altro ramo: quello dei nomi e dei cognomi. In conseguenza di queste denominazioni, il nostro collega Bordon non era più Bordon, come il babbo, il nonno e il trisnonno, ma Bordoni. E, se esaminiamo il testo che c’è nel decreto legislativo precedente, vediamo una denominazione italiana che non è una denominazione italiana, ma è una falsa denominazione italiana.

Mi pare che su questo problema delicato, rispettando sempre l’articolo che l’onorevole collega Mortati ha citato, noi, siccome abbiamo messo la toponomastica tra le materie della legislazione regionale, per questa parte mi pare che possiamo rimetterci in seguito al buon senso del popolo valdostano e dei suoi rappresentanti, i quali non sono affatto dei maniaci, come erano i reggitori di quell’epoca non lontana.

Evidentemente, se un nome italiano è nelle tradizioni, si imporrà, e quel dato comune avrà due nomi: ma, se non ne ha mai avuto che uno, ne avrà uno solo; oppure avrà quel nome che il buon senso ed il gusto degli abitanti della Val d’Aosta vorranno dargli.

PRESIDENTE. Osservo che la proposta dell’onorevole Mortati non è proponibile. D’altronde, se la si prende così come è, nella sua dizione letteraria, non si capisce che cosa voglia dire.

L’articolo 37, nel primo comma dice: «Nella Valle d’Aosta, la lingua francese è parificata a quella italiana».

Ciò significa che la toponomastica può portare nomi italiani o francesi, ma non contemporaneamente, sempre, nomi italiani e francesi; proprio perché vi è l’equiparazione delle due lingue.

Il secondo comma dice: «Gli atti pubblici possono essere redatti nell’una e nell’altra lingua, eccettuati i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, i quali sono redatti in lingua italiana». Ora, io credo che i nomi delle località o i nomi propri non facciano parte dell’altra lingua, ma sono ciò che sono; e quando debbono essere ripresi, vengono ripresi così come essi sono.

Infine il terzo comma dice: «Le amministrazioni statali assumono in servizio in Valle d’Aosta possibilmente funzionari originari della Regione o che conoscano la lingua francese». Questa è una cosa che non ha niente a che fare con la toponomastica.

Quindi, il richiamo non è adeguato. Per questa ragione probabilmente non vi è da fare ulteriore discussione, su questo punto, perché si metterebbe soltanto in grave imbarazzo il legislatore futuro o l’amministratore della Regione della Valle d’Aosta, se si imponesse loro un impegno al quale poi non si può dare praticamente nessun seguito.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Vorrei domandare soltanto un chiarimento alla Commissione, in relazione all’emendamento Mortati, per il quale condivido le osservazioni fatte dall’onorevole Presidente.

Nell’allegato, al n. 3 io leggo: «Aoste». Domando da che cosa risulta che questo è un errore di stampa.

LUSSU, Relatore. È stato già corretto, perché era semplicemente un errore materiale di stampa.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Se rimane l’emendamento, vorrei dire una parola, poiché qui vedo che si fanno confusioni.

Comprendo, per chi non conosce la Val d’Aosta, che si possano sollevare questioni come queste. Ma chi conosce la nostra Valle sa che i nostri nomi sono originari. Ora, che vi sia l’uso delle due lingue non vuol dire, evidentemente, che si debba arrivare all’assurdo, come aveva fatto il fascismo, di voler cambiare i nomi originari.

Esattamente rilevava il collega Lussu che sotto il fascismo si era arrivati persino a cambiare non solo i nomi di località, ma anche quelli delle persone. Ora, contro queste cose insensate e per noi offensive, ricordo una cosa sola. Sono stato combattente della grande guerra ed anzi volontario; da questa trincea sono passato a quella dell’antifascismo, in cui sono rimasto sempre e di cui mi è grato ricordare quelli fra di voi coi quali ho lottato e sofferto. Ho preso parte alla guerra di liberazione e da questa (anche se alla mia età potrei forse aver diritto di aspirare alla riserva) sono sceso ad un’altra battaglia, che è quella che combatto in questo momento. Sono qui dinanzi a voi e vi domando di accordarmi la vostra fiducia, in base non alle mie parole, ma in base al mio passato. Onorevoli colleghi, voi dovete credermi quando vi dico che la Valle d’Aosta, anche se parla il francese, non è seconda a nessuno per i suoi sentimenti di italianità. In francese parlavano anche i suoi meravigliosi alpini, che conquistarono il Grappa, il Santo e il Vodice.

Onorevoli colleghi, non potete far questioni che ci feriscono. Noi abbiamo diritto di portare i nostri nomi originari, ed è superfluo che ricordi che per l’articolo 19 del decreto 7 settembre 1945 fu riconosciuto alla Valle d’Aosta il diritto di ripristinare nella loro forma originaria i nomi di località che erano stati bestialmente soppressi o modificati dal passato regime.

Questi nomi ci appartengono, sono per noi un patrimonio prezioso; e perciò chiedo che l’emendamento sia respinto.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Mi pare che la proposta, come è stata fatta, ha una portata modesta, e non merita né la mozione degli affetti, cui è ricorso l’onorevole Bordon, né il rimprovero di incongruenza che le ha mosso il Presidente. Includendo la toponomastica tra i compiti legislativi della Regione, si intende dare a questa la facoltà di dettare le norme per la denominazione delle località, o di modificare quelle esistenti. Io mi riferivo pertanto alla futura attività normativa della Regione in ordine alla toponomastica, e pensavo che, sotto questo punto di vista, non sia affatto incongruo di limitare tale compito nel senso di metterlo in armonia con il principio generale sancito nell’articolo 37. Cosicché ogni statuizione in materia non possa trascurare l’esigenza della bilinguità, dell’assoluta parità dell’italiano e del francese.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, le confesso che non vedo proprio come l’articolo 37 possa impegnare in avvenire una Amministrazione nel senso che lei dice; l’articolo 37 reca semplicemente che la lingua francese è parificata alla lingua italiana ed io non vedo che vi sia un rapporto logico fra la sua proposta e il richiamo che lei fa all’articolo 37.

GIUA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUA. Mi pare che questa questione della toponomastica sia stata male impostata, per scarsa conoscenza della questione stessa. L’italianizzazione dei nomi della Valle d’Aosta era un problema veramente assurdo che fu impostato dal fascismo. Ora, l’onorevole Mortati pensa che i nomi della Valle d’Aosta siano nomi in lingua francese, mentre ciò non è esatto, perché sono nomi che vanno posti in relazione con il dialetto locale che è un patois francese e nemmeno dappertutto, perché in certe zone, come nella Valle di Gressoney, si tratta invece di un patois caratteristico tedesco perché, per le lotte di religione, ci fu in quelle plaghe un’immigrazione di tedeschi svizzeri.

Già quindi la Commissione è andata troppo in là, mutando dei nomi, come la Valle Savaranche che sarebbe diventata Valsavarenche e la Valt Tournanche che sarebbe diventata Valtornenche. Io pregherei quindi di non insistere su questo problema, perché è stato impostato in un modo molto infelice.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Mortati:

«Alla lettera v), aggiungere: salvo sempre l’osservanza dell’articolo 37».

(Non è approvato).

Pongo in votazione l’articolo 2 con l’emendamento del Ministro dell’interno, accettato dalla Commissione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 3. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione ha la potestà di emanare norme legislative di integrazione e di attuazione delle leggi della Repubblica, entro i limiti indicati nell’articolo precedente, per adattarle alle condizioni regionali nelle seguenti materie:

  1. a) industria e commercio;
  2. b) istituzione di enti di credito di carattere locale;
  3. c) espropriazione per pubblica utilità per opere non a carico dello Stato;
  4. d) disciplina dell’utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico;
  5. e) disciplina della utilizzazione delle miniere;
  6. f) finanze regionali e comunali;
  7. g) istruzione materna, elementare e media;
  8. h) previdenza e assicurazioni sociali;
  9. i) assistenza e beneficenza pubblica;
  10. l) igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica;
  11. m) antichità e belle arti;
  12. n) annona;
  13. o) assunzione di pubblici servizi».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 4. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione esercita le funzioni amministrative sulle materie nelle quali ha potestà legislativa a norma degli articoli 2 e 3, salve quelle attribuite ai comuni dalle leggi della Repubblica.

«La Regione esercita altresì le funzioni amministrative che le siano delegate dallo Stato con legge».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Mi pare che per l’esattezza, dopo le parole: «salve quelle attribuite ai Comuni», bisognerebbe aggiungere: «e alle istituzioni di beneficenza».

PRESIDENTE. Chiedo il parere della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Si potrebbe dire in termini più generali: «e agli altri enti locali».

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 4 con questo emendamento.

(È approvato).

Passiamo al Titolo III: «Finanze, demanio e patrimonio». Si dia lettura dell’articolo 5.

AMADEI, Segretario, legge:

«I beni del demanio dello Stato situati nel territorio della Regione, eccettuati quelli che interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale, sono trasferiti al demanio della Regione.

«Sono altresì trasferiti al demanio della Regione le acque pubbliche in uso di irrigazione e potabile.

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 6. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I beni immobili patrimoniali dello Stato, situati nella Regione, sono trasferiti al patrimonio della Regione.

«Fanno parte del patrimonio indisponibile della Regione:

le foreste, che a norma delle leggi vigenti, appartengono allo Stato;

le cave, quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo;

gli edifici destinati a sede di uffici pubblici della Regione e gli altri beni destinati a un pubblico servizio della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le acque pubbliche esistenti nella Regione, eccettuate quelle indicate nell’articolo 5, sono date in concessione gratuita per novantanove anni alla Regione. La concessione potrà essere rinnovata.

«Sono escluse dalla concessione le acque che alla data del 7 settembre 1945 abbiano già formato oggetto di riconoscimento di uso o di concessione.

«Alla cessazione dell’uso o della concessione di tali acque, la Regione subentra nella concessione salvo che lo Stato non intenda farne oggetto di un piano di interesse nazionale.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Domando solo una spiegazione: se le opere fossero state iniziate dopo il 1945, che cosa avviene?

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, vuole rispondere lei al quesito?

LUSSU, Relatore. Si rispetta la concessione.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non è molto chiaro.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. In armonia con i concetti espressi ieri per un articolo che verteva sulla stessa materia, dovrei chiedere la soppressione, o quanto meno una trasformazione di questo articolo. Però non mi illudo sull’esito di questa proposta. Soltanto vorrei esprimere un desiderio: vorrei che la Commissione manifestasse il suo parere circa la convenienza che la riserva terminale dell’articolo: «salvo che lo Stato non intenda farne oggetto di un piano d’interesse nazionale» venga estesa anche alle acque di cui al comma primo, cioè che sia garantita la possibilità da parte dello Stato, secondo i concetti espressi ieri, di manovrare in maniera unitaria l’impiego di energia elettrica, anche per le acque di cui al primo comma dell’articolo 7.

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, vuole esprimere il parere della Commissione?

LUSSU, Relatore. Secondo me, la questione è molto chiara, e non capisco perché il collega Dossetti vi insista, né mi rendo esatto conto dell’importanza che il collega Dossetti vuol dare a questa proposta. Chiede egli se debba lo Stato entrare nella utilizzazione delle acque di cui al primo comma dell’articolo 7?

Ma il primo comma dell’articolo 7 dice che le acque pubbliche esistenti nella Regione, eccettuate quelle indicate nell’articolo 5 (che sono le acque pubbliche in uso di irrigazione e potabile) sono date in concessione gratuita per novantanove anni alla Regione, e che la concessione potrà essere rinnovata. Quindi lo Stato è sempre il titolare patrimoniale di queste acque, e allo scadere della concessione può rinnovarla.

Che cosa vuole l’onorevole Dossetti? Questo che si è detto è estremamente chiaro, io credo.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. A dire il vero mi aspettavo una risposta diversa e meno evasiva dall’onorevole Lussu. Io volevo esprimere questo concetto: che anche per le concessioni di cui al primo comma, e salva sempre la forma della concessione, tutte le utilizzazioni rispondano ai criteri che possano essere stabiliti di un piano di interesse nazionale per l’esercizio e la produzione dell’energia elettrica.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Mi sembra che la specificazione dell’onorevole Dossetti sia superflua, poiché ora la situazione è questa: tutte le acque che non erano state concesse fino al 1945 alla data del 7 settembre 1945, furono già assegnate alla Regione, per novantanove anni e la concessione potrà essere rinnovata.

Pertanto se come ha rilevato l’onorevole Lussu, lo Stato non crederà di rinnovarla al termine prescritto, potrà farlo, senza che tale facoltà sia menzionata.

Devo ricordare all’onorevole Dossetti che la concessione di cui si tratta, trae origine dal decreto 7 settembre 1945, e che nella disposizione in esame non si fa che riportare quanto risulta da tale decreto.

Abbiamo poi altre sottodistinzioni che vedremo all’articolo seguente.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Credo che la risposta che potrei dare al collega Dossetti renda inutile il suo emendamento. Se devo –, e non può essere differentemente – dare una interpretazione logica al suo pensiero, credo che l’interpretazione sia quella che sto per dire, perché altrimenti non riuscirei a spiegarmi l’insistenza dell’onorevole Dossetti.

Vuol egli, in sostanza, chiedere se all’ultimo comma dell’articolo 7 «alla cessazione dell’uso ecc., ecc.» che penso egli abbia sott’occhio, debbano essere comprese quelle acque di cui al secondo comma, e le acque di cui al primo? È così?

PRESIDENTE. La prego, onorevole Lussu. L’onorevole Dossetti ha spiegato chiaramente il suo pensiero, che è questo: le acque di cui al primo comma, ove nel corso di questi 99 anni, in base ad un piano di utilizzazione di interesse nazionale, dovessero essere comprese in questo piano, vengono sottratte alla concessione di cui al primo comma.

LUSSU, Relatore. Ma è detto nell’ultimo comma dell’articolo 7!

PRESIDENTE. No, mi permetta, l’onorevole Dossetti sostiene che prima della cessazione dei 99 anni può anche avvenire quella eventualità.

DOSSETTI. È così. Lei ha interpretato perfettamente il mio pensiero.

PRESIDENTE. L’onorevole Dossetti propone che dopo il primo comma si dica: «La concessione è subordinata in ogni caso alla condizione che lo Stato non intenda fare oggetto le acque di un piano di interesse nazionale».

Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 7: «Le acque pubbliche esistenti nella Regione, eccettuate quelle indicate nell’articolo 5, sono date in concessione gratuita per novantanove anni alla Regione. La concessione potrà essere rinnovata».

(È approvato).

Passiamo all’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Dossetti: «La concessione è subordinata in ogni caso alla condizione che lo Stato non intenda fare oggetto le acque di un piano di interesse nazionale».

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Collocando l’emendamento Dossetti sotto il primo comma, vengono ad essere assoggettate a questa condizione di riserva unicamente le acque concesse alla Regione e non vengono sottoposte quelle concesse, prima del noto decreto legislativo, a società private.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Io ho intitolato il mio emendamento come comma aggiuntivo, e quindi era mio intendimento che l’emendamento aggiuntivo venisse votato come ultimo comma dell’articolo e perciò comprendeva evidentemente tutte le concessioni a cui l’articolo 7 faceva riferimento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il secondo comma così formulato:

«Sono escluse dalla concessione le acque che alla data del 7 settembre 1945 abbiano già formato oggetto di riconoscimento di uso o di concessione».

(È approvato).

Pongo in votazione la prima parte dell’ultimo comma:

«Alla cessazione dell’uso o della concessione di tali acque, la regione subentra nella concessione».

(È approvata).

Pongo ora in votazione la soppressione della parte successiva del comma: «salvo che lo Stato non intenda farne oggetto di un piano di interesse nazionale».

(È approvato).

Pongo in votazione il comma aggiuntivo dell’onorevole Dossetti, di cui ho già dato lettura.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 8. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le concessioni di acque indicate nel secondo comma dell’articolo precedente, che alla data del 7 settembre 1945 non siano state utilizzate, passano alla Regione.

«Il Presidente della Giunta regionale ha facoltà di provocare dagli organi competenti la dichiarazione di decadenza delle concessioni, ove ricorrano le condizioni previste dalla legge.

«Non è ammessa la cessione delle concessioni indicate nel presente articolo. Le acque concesse alla Regione potranno da questa essere subconcesse, purché la loro utilizzazione avvenga nel territorio dello Stato e secondo un piano generale da stabilirsi da un Comitato misto composto di rappresentanti del Ministero dei lavori pubblici e della Giunta regionale.

«Le subconcessioni saranno istruite secondo la procedura e le norme tecniche per le concessioni fatte dallo Stato».

PRESIDENTE. L’onorevole Bordon propone di sopprimere l’ultimo comma. Ha facoltà di svolgere l’emendamento.

BORDON. Mi pare che l’inciso contenuto nell’ultimo comma sia superfluo, poiché esso si riferisce a disposizioni generali.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Vorrei chiedere all’onorevole Bordon di ritirare questo suo emendamento, che mi pare superfluo e può essere dannoso. Togliendo l’ultimo comma sembra che si possa ammettere che le subconcessioni devono essere date con una procedura diversa da quella stabilita nelle leggi vigenti.

Tutti sappiamo, ed io l’ho ricordato parecchie volte in questa Assemblea, che la legge Bonomi, la quale regola le concessioni di acque pubbliche, è una delle leggi più sapienti della nostra legislazione; è una legge che ci è invidiata da tutti i Paesi. Non vedo quindi perché si debba stabilire espressamente, togliendo quest’ultimo comma, che si debbano seguire altre regole, tanto più che noi abbiamo già votato l’articolo 3, il quale dice che la Regione ha la potestà di emanare norme legislative di integrazione e di attuazione anche su questo argomento. Quindi io credo sia utile conservare come regola il principio che le subconcessioni debbano essere date secondo la legislazione vigente, che è ottima. Però se la Regione riterrà che in qualche parte questa legislazione debba essere adattata alle circostanze locali, essa ha il potere di farlo in virtù dell’articolo 3. Perciò prego l’onorevole Bordon di desistere dal suo emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Bordon mantiene il suo emendamento?

BORDON. Dissento da tal ragionamento. Dal momento che si è riservata la possibilità alla Regione di adattare questa legge, se lo ripetiamo all’articolo 8 non potremo modificarla. In sostanza dobbiamo riferirci alla potestà che abbiamo votato, che consente un eventuale adattamento, che può essere in contrasto con l’ultimo comma dell’articolo 8.

Ad ogni modo, se c’è motivo di preoccupazione, non insisto.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del Bilancio. Si potrebbe aggiungere: «salvo l’applicazione dell’articolo 3». Ma mi pare inutile.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 8, di cui è stata data lettura.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 9. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Per le subconcessioni di derivazioni a scopo idroelettrico, la Regione non potrà applicare canoni che superino i limiti che saranno stabiliti dal Governo dello Stato, sentita la Giunta regionale».

PRESIDENTE. L’onorevole Bordon ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere i commi seguenti:

«La subconcessione può essere subordinata all’impegno di fornire gratuitamente energia elettrica per servizi pubblici nei limiti di quantità prescritti dalle leggi vigenti ed a prezzi ridotti per usi domestici e per artigianato locale.

«Lo Stato cederà a favore della Valle i nove decimi del canone annuale percepito a norma di legge».

Ha facoltà di svolgerlo.

BORDON. Questa condizione è già contenuta anche nel decreto 7 settembre 1945 dove si dice precisamente che la subconcessione può essere subordinata all’impegno di fornire gratuitamente l’energia elettrica per servizi pubblici nei limiti di quantità prescritti dalle leggi vigenti ed a prezzo ridotto per uso domestico e dell’artigianato locale. In sostanza non si tratta di una innovazione. È un semplice richiamo di una disposizione che era stata dimenticata nella fretta della stesura del testo. Nella legge del 1945 il canone era concesso solo per due terzi, ma chiedo che la Assemblea voglia concedere alla Valle i nove decimi di esso, conformemente a quanto venne disposto per l’Alto Adige.

PRESIDENTE. L’onorevole Lussu ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LUSSU, Relatore. Concordo, perché questo è in armonia con le norme del decreto legislativo già citato. Non lo avevamo messo perché ci riferivamo, forse a torto, a quel modus vivendi che si è stabilito fra finanza e Regioni, per cui vengono pacificamente riconosciuti tutti gli articoli della legislazione luogotenenziale. In pratica, non c’è nessun danno. Credo che si possa accettare la proposta dell’onorevole Bordon.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Domando all’onorevole Bordon se quella aggiunta nel primo comma dell’articolo 3 sia davvero necessaria. Ricordo ancora che abbiamo votato l’articolo 3. In esso si stabilisce che la Regione può emanare norme legislative d’integrazione a proposito della disciplina ed utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico. Quindi, emanando queste disposizioni, potrà emanare anche quelle norme che riterrà opportuno di stabilire per coloro che vorranno chiedere la subconcessione dalla Regione. Mi pare inutile ripetere due volte il medesimo concetto.

Il quale, anche impegnerebbe la Regione per la legislazione futura, che potrà invece essere adattata alle circostanze che verranno a svilupparsi in avvenire. In avvenire, infatti, potrà darsi che la Regione ritenga conveniente usare metodi diversi da quelli oggi prevedibili.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 9 del quale è stata data lettura.

(È approvato).

Onorevole Bordon, insiste nel suo emendamento aggiuntivo?

BORDON. Mantengo soltanto il secondo comma.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Mi pare ci sia un equivoco. L’articolo 9 tratta delle subconcessioni; ora, le subconcessioni sono regolate dalla Regione; non vi sono diritti dello Stato.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Ho già dichiarato di rinunciare al primo comma dell’emendamento, mentre insisto sul secondo.

Chiedo che i due terzi del canone annuale, che erano stati concessi dal decreto 7 settembre 1945, siano elevati a nove decimi. Per essere più chiari, possiamo specificare «per le concessioni anteriori al 1945».

PRESIDENTE. L’onorevole Grassi fa notare che l’articolo 9 è dedicato alle subconcessioni, mentre la proposta Bordon dovrebbe trovar posto nell’articolo che tratta delle concessioni.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. La questione sollevata dall’onorevole Bordon rientra fra le questioni finanziarie.

Se questi canoni sono concessi alle altre Regioni, a maggior ragione devono essere alla Valle d’Aosta.

PRESIDENTE. Si può votare sulla proposta, salvo il collocamento, in sede di coordinamento.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Comprendo perfettamente la richiesta formulata dall’onorevole Bordon; ma essa rientra in tutto il sistema finanziario, per cui si è stabilito un modus vivendi tale, che sodisfa la Regione ed il Ministero delle finanze.

Ora, lo Stato dà attraverso questi canoni qualche cosa, ma dà molto di più in altra forma, per sopperire alle esigenze dei servizi statali passati alla Regione. Quindi la richiesta è già praticamente sodisfatta.

Sono d’accordo sulla sostanza, ma dovrei oppormi riguardo alla forma, perché, ripeto, la questione rientra nel modus vivendi esistente e che vorremmo fosse provvisoriamente conservato, finché una futura legge organica delio Stato, d’accordo con la Regione, non fisserà definitivamente l’ordinamento finanziario della Regione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Credo conveniente attendere, per votare questo comma, quando parleremo dell’articolo 13, cioè dell’ordinamento finanziario, perché tutto dipende dalla formula che sarà usata per regolare questo problema centrale. Se, per ipotesi, passasse la formula che c’è nel testo attuale, e che non è quella che la Commissione desiderava, avrebbe ragione l’onorevole Lussu; ma se, per ipotesi, si aderisse ad una formula sulla linea di quella adottata per le altre Regioni delle quali abbiamo approvato gli statuti, ed in parte anche sulla linea della formula proposta dal Ministro Einaudi, allora converrà fare una disposizione particolare, specifica, per quanto concerne la devoluzione alla Regione, in tutto o in parte, del canone per le concessioni date dallo Stato. Pertanto propongo di accantonare per il momento il voto sull’emendamento Bordon.

PRESIDENTE. Onorevole Bordon, la prego di aderire all’invito dell’onorevole Perassi.

BORDON. Sta bene.

PRESIDENTE. Esamineremo il suo emendamento nella sede più adatta.

Passiamo all’articolo 10. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I termini per l’applicazione delle norme, contenute nel testo unico delle leggi speciali sulle acque e sugli impianti elettrici, a favore dei comuni, per i loro servizi pubblici, se prescritti, sono riaperti a decorrere dal 7 settembre 1945».

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Faccio, in merito a quest’articolo, la stessa riserva formulata ieri a proposito dell’articolo 91 dello statuto per il Trentino-Alto Adige: ancora una volta si viola il principio della irretroattività della norma.

PRESIDENTE. L’onorevole Bordon ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo all’articolo 10:

«Aggiungere il comma seguente:

«Le acque ad uso potabile ed irriguo non saranno soggette ad alcuna imposizione di canone».

Ha facoltà di svolgerlo.

BORDON. Propongo di aggiungere un comma, nel quale sia detto che le acque ad uso potabile ed irriguo, passate al demanio regionale, non saranno soggette ad alcuna imposizione di canone. È opportuno aggiungere questo inciso, perché, passando al demanio regionale le acque dei Comuni, in sostanza siano salvaguardati i diritti dei Comuni, e ciò in conformità al decreto 7 settembre 1945, n. 546.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Questo emendamento, anzitutto per quanto concerne la collocazione, non dovrebbe apparire nell’articolo 10, ma, se mai, essere collocato nell’articolo precedente, vale a dire il 9. In realtà, per ragioni di materia, dovrebbe essere inserito nell’articolo 9, perché qui, come del resto l’onorevole Bordon ha già detto, si tratta di limitare una facoltà della Regione per quanto concerne l’uso di quelle acque destinate ad irrigazioni o potabili, che sono assegnate alla Regione come demanio. Nell’articolo 9 si pone un limite alla facoltà della Regione per quanto riguarda le subconcessioni, nel senso che la Regione non può stabilire canoni eccedenti una certa misura. Con l’emendamento proposto dall’onorevole Bordon si aggiungerebbe che la Regione non può stabilire nessun tributo per quanto concerne l’uso di quelle acque già attualmente destinate ad uso potabile ed irriguo. E ciò, per l’interesse dei Comuni e dei consorzi. In questo senso la disposizione dovrebbe passare all’articolo 9 e subire qualche lieve ritocco di forma, per meglio marcare il carattere della disposizione.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Vorrei fare una precisazione in merito all’emendamento Bordon, dove si dice che «le acque ad uso potabile ed irriguo non saranno soggette ad alcuna imposizione di canone». Non faccio obiezioni sulla sostanza, quando sia ben chiaro che si tratta di canoni che dovrebbero esser imposti dalla Regione. Ma questa formula potrebbe anche significare i canoni che debbono essere pagati dagli utenti di acque ad uso potabile ed irriguo che esercitano questa industria, enti pubblici o consorzi. Gli enti pubblici ed i consorzi che sono proprietari delle acque ad uso di irrigazione o ad uso potabile, hanno ben ragione di farsi pagare dagli utenti un canone per l’uso delle acque stesse. Non vorrà questo emendamento rendere impossibile ai consorzi ed ai Comuni l’esercizio di questi utili servizi pubblici? Chiedo una spiegazione a questo riguardo.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Il testo è identico a quello che c’era nel decreto del 1945, dove era detto che «le concessioni per uso potabile ed irriguo già esistenti non saranno soggette ad alcuna imposizione di canone». Oggi che le acque passano di proprietà al demanio regionale, sarebbe la Regione che potrebbe imporre questi canoni e ciò lederebbe i diritti dei Comuni.

LUSSU, Relatore. Si può aggiungere: «da parte della Regione».

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Potrebbe anche darsi che un canale per uso potabile o di irrigazione fosse esercitato da un’impresa pubblica in concessione dello Stato. Ora, lo Stato ha ben il diritto di ottenere il rimborso delle spese. Questo si chiama canone. Io non faccio obiezioni sulla sostanza dell’emendamento Bordon, ma chiedo solo che il suo pensiero sia chiaramente espresso.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Credo di aver ben chiarito il mio pensiero. In sostanza, da noi non ci sono questi canali esercitati nel modo accennato dall’onorevole Einaudi. Anche per la legge 1945 il contributo non si pagava, perché in essa era detto che «le concessioni per uso potabile ed irriguo già esistenti non saranno soggette ad alcuna imposizione di canone».

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 10.

(È approvato).

Tenendo presente il suggerimento dell’onorevole Lussu, di aggiungere cioè le parole «da parte della Regione», pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Bordon, salvo poi ad inserirlo, secondo la proposta Perassi, all’articolo 9, con la riserva di rivederne la forma.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 11. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le miniere esistenti nella Regione sono date in concessione gratuita alla Regione per novantanove anni. La concessione potrà essere rinnovata.

«Non è ammessa la cessione della concessione predetta.

«Dalla concessione sono escluse le miniere che alla data del 7 settembre 1945 abbiano già formato oggetto di concessione, salvo che alla concessione non sia seguito lo sfruttamento nei termini previsti dalla legge, nel qual caso la concessione s’intende decaduta e assegnata alla Regione.

«Le modalità e le norme tecniche delle subconcessioni delle miniere da parte della Regione sono stabilite con legge regionale in armonia con le norme vigenti per le concessioni fatte dallo Stato».

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Mi permetto di chiedere per quale criterio, mentre nell’ultimo comma dell’articolo 11 le modalità e le norme tecniche delle subconcessioni di miniere sono stabilite con legge regionale, nell’articolo 8 invece, in tema di concessioni di acque, lo stesso problema delle modalità e norme tecniche appare, in via di principio, definito con legge dello Stato. Domando, se non creda la Commissione di adottare anche all’ultimo comma dell’articolo 11 in tema di miniere lo stesso criterio, usando la stessa formula dell’articolo 8 in tema di acque. E ciò sempre con la riserva, già fatta dall’onorevole Einaudi, per cui la legge dello Stato può a sua volta subire da parte della Regione gli adattamenti che sono contemplati all’articolo 3 del disegno di legge.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. In realtà non c’è alcuna differenza, perché anche in quest’ultimo comma dell’articolo 11, pur riferendoci a leggi regionali, si dice appunto: «in armonia con le norme vigenti per le concessioni fatte allo Stato».

Cosicché nessuna preoccupazione dovrebbe sorgere, ed io dico che non vale la pena di perdere tempo per sostituire con altre formulazioni una che è sufficientemente chiara e garantisce ogni attività regionale, così come garantisce lo Stato da ogni attività regionale che possa contrastare con le norme fondamentali del regime minerario.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Volevo chiedere alla Commissione se non ritenga più opportuno di modificare lievemente il terzo comma dell’articolo 11, dove si dice: «salvo che alla concessione non sia seguito lo sfruttamento nei termini previsti dalla legge, nel quale caso la concessione si intende decaduta e assegnata alla Regione».

Io riterrei che sarebbe preferibile dire: «nel qual caso la Regione potrà promuovere, a proprio benefìcio, la decadenza della concessione». Dico questo perché la dizione: «s’intende decaduta», non è legale. La decadenza deve sempre essere pronunciata.

PRESIDENTE. L’onorevole Lussu ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione.

LUSSU, Relatore. La Commissione accetta.

DOMINEDÒ. Signor Presidente, io vorrei insistere, in quanto è evidente che la Regione opera in armonia con le leggi generali.

Propongo, pertanto, che all’ultimo comma dell’articolo 11, si adotti la stessa dizione dell’ultimo comma dell’articolo 8; e ciò per evitare disarmonie.

PRESIDENTE. L’onorevole Lussu ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LUSSU, Relatore. Pregherei l’onorevole Dominedò di non insistere, appunto perché questo comma, oltre che garantire la legislazione dello Stato, rientra nell’articolo 3 (che noi abbiamo già approvato) e precisamente alla lettera e); e cioè dove si parla della «disciplina della utilizzazione delle miniere». Quindi siamo in perfetta armonia costituzionale, mi pare.

PRESIDENTE. L’onorevole Dominedò chiede che si provveda in relazione a questo articolo, così come l’onorevole Einaudi chiedeva si provvedesse in relazione all’articolo 8.

Pongo intanto in votazione i primi due commi dell’articolo 11.

(Sono approvati).

Pongo in votazione il terzo comma con la modificazione proposta dall’onorevole Bertone ed accettata dalla Commissione:

«Dalla concessione sono escluse le miniere che alla data del 7 settembre 1945 abbiano già formato oggetto di concessione, salvo che alla concessione non sia seguito lo sfruttamento nei termini previsti dalla legge, nel qual caso la Regione potrà promuovere a proprio beneficio la decadenza della concessione».

(È approvato).

All’ultimo comma, l’onorevole Dominedò propone di inserire la formulazione contenuta nell’ultimo comma dell’articolo 8.

Pongo in votazione la seguente formulazione, in sostituzione dell’ultimo comma dell’articolo 11:

«Le subconcessioni saranno istruite secondo la procedura e le norme tecniche per le concessioni fatte dallo Stato».

(È approvata).

Passiamo all’articolo 12. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, valutate le spese necessarie per la gestione dei servizi pubblici assunti dalla Regione, sarà effettuato il riparto delle entrate erariali tra lo Stato e la Valle.

«Se le pubbliche entrate non sono sufficienti a coprire le spese indispensabili, lo Stato, esaminato il bilancio della Valle, può accordarle un contributo straordinario; può altresì autorizzarla ad istituire imposte speciali, osservando i principî dell’ordinamento tributario vigente. Prima che venga accordato il contributo straordinario, il Ministero del tesoro può disporre indagini presso le amministrazioni, i servizi e gli uffici della Valle, a norma dell’articolo 3 della legge 26 luglio 1939, n. 1037».

PRESIDENTE. L’onorevole Einaudi ha presentato il seguente emendamento sostitutivo:

«Se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente a coprire le spese necessarie ad adempiere le sue funzioni normali, sarà dallo Stato, con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali.

«La Valle può essere autorizzata ad istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principî dell’ordinamento tributario vigente.

«Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Valle, lo Stato assegna alla stessa, per legge, contributi speciali».

Ha facoltà di svolgerlo.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Ho presentato due emendamenti agli articoli 12 e 13, i quali sono strettamente collegati l’uno all’altro.

Parlerò adesso dell’emendamento nel nuovo testo che ho redatto, allo scopo di tener conto di alcune osservazioni che mi erano state fatte dagli amici della Commissione.

Questo mio emendamento non ha lo scopo di togliere nulla, nella sostanza, di quello che era contenuto già nell’articolo 12 originario della Commissione; ma ha lo scopo di formulare meglio questo articolo 12, di guisa che esso corrisponda al principio dell’autonomia della Valle.

Il vizio dell’articolo 12, a parer mio, era quello che esso negava in pieno, quell’autonomia della Valle che oggi qui noi siamo chiamati a statuire, in quanto quell’articolo 12 sanciva il principio che la Valle, sia pure solo in questo periodo transitorio, risultasse completamente dipendente dallo Stato. Io non credo che alcuno dei miei amici della Commissione abbia mai avuto intenzione, nei momenti in cui si legiferava su questa materia, con i decreti del 1945, di considerare gli articoli finanziari come un qualche cosa di definitivo, come un qualche cosa di realmente ed esattamente corrispondente ai desideri della Valle.

I desideri della Valle non si compendiano se non nella unica aspirazione di conseguire, anche in questa materia della finanza, quella autonomia che essa da così lungo volgere di tempo ha perseguito e persegue; ma è pure evidente che in quel periodo non era facile poter stabilire una norma sicura informata al concetto medesimo della legge che noi oggi siamo chiamati a discutere ed ad approvare, che è quello di concedere l’autonomia alla Valle e non già di convertire la Valle in un organo, in un ente che debba venire a piatire continuamente allo Stato, con una prassi che ha molti punti di contatto con quelle che sono state e sono le così dette integrazioni ai bilanci locali, uno dei fenomeni certamente più funesti, più dolorosi per quanto fossero dovuti alle circostanze particolari determinatesi con il dopo guerra.

Noi dobbiamo deprecare il perpetuarsi di questo sistema delle integrazioni per il quale gli amministratori dei comuni, invece di governare autonomamente le proprie finanze, vengono a chiedere di continuo contribuzioni allo Stato, facendo sì che si spenga a poco a poco in loro ogni senso di responsabilità, come sempre avviene quando chi spende non è chi paga, perché – nella specie – chi spende sono gli amministratori dei comuni, mentre chi paga è lo Stato.

Se c’è un sistema, onorevoli colleghi, che provochi la corruzione, gli è precisamente questo. Sotto la spinta di questa preoccupazione, in modo particolare, sono stati già emanati provvedimenti ed altri ancora sono in corso di studio, sono in corso di elaborazione e saranno presto discussi; provvedimenti intesi tutti a porre un termine al malaugurato sistema delle integrazioni.

Orbene, io credo che sarebbe invero quanto mai dannoso che in un testo costituzionale si sancisse un principio così funesto, così esiziale, così corruttore, come quello delle integrazioni date dallo Stato ai bilanci locali.

È questo, onorevoli colleghi, lo spirito del mio emendamento, con il quale nulla è tolto nella sostanza all’articolo 12, del quale è mutata invece semplicemente la forma. Il primo comma dell’emendamento reca: «Se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente a coprire le spese necessarie ad adempiere le sue funzioni normali, sarà dallo Stato, con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali».

Si tratta dunque di una diversa forma che credo più propria, più indicata, ma che esprime lo stesso concetto contenuto nel corrispondente primo comma dell’articolo 12 che io mi propongo di sostituire con questo emendamento, primo comma nel quale è detto:

«Con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, valutate le spese necessarie per la gestione dei servizi pubblici assunti dalla Regione, sarà effettuato il riparto delle entrate erariali tra lo Stato e la Valle».

Onorevoli colleghi, la differenza è questa: che al posto della parola «entrate» è detto «tributi». Ma sono tutti tributi erariali quelli che sono soggetti ad una ripartizione fra lo Stato e la Valle. Altre entrate, che non siano derivanti da tributi e che non abbiano riferimento alla Valle, non credo ci siano; perché, se ci sono entrate che derivano dal demanio, bisogna tener presente che il demanio di per sé stesso è già passato alla Valle, e quindi non può più essere preso in considerazione.

Il secondo comma del mio emendamento dice:

«La Valle può essere autorizzata ad istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principî dell’ordinamento tributario vigente».

Il testo della Commissione stabilisce che «la Valle può essere altresì autorizzata ad istituire imposte speciali, osservando i principî dell’ordinamento tributario vigente».

La sola differenza fra le due formulazioni è questa: che, invece di dire che è autorizzata ad istituire imposte «speciali», dico che la Valle può essere autorizzata ad istituire «proprie imposte e sovrimposte». La mutazione deriva da questo: che l’espressione adoperata nell’originario articolo 12 è impropria. Secondo la terminologia tributaria, universalmente accettata, le parole «imposte speciali» hanno un significato noto, chiaro. È imposta speciale, per esempio, la tassa di fognatura, cioè quella che serve ad uno scopo particolare. Era una imposta speciale la quota di concorso che era stabilita sui benefici maggiori a favore dei benefici minori. Insomma, imposte speciali sono soltanto quelle che hanno per scopo di sovvenire a certe spese particolari. Non credo che sia questo il desiderio della Valle. La Valle non desidera soltanto essere autorizzata ad istituire imposte speciali. Io consento, invece, col mio emendamento, che essa sia autorizzata a stabilire proprie imposte e proprie sovrimposte. Potrebbe avere il desiderio o il bisogno di sovrimporre ancora essa – cosa che non sarebbe indicata nell’articolo della Commissione – vere e proprie sovrimposte all’imposta sui terreni. Anche dopo il riparto, la Valle può avere bisogno di stabilire sovrimposte sull’imposta terreni, sull’imposta fabbricati, sull’imposta di ricchezza mobile.

Perché vogliamo negare questa facoltà alla Valle? Quindi la mia forma non soltanto è più propria, ma è anche più estesa di quella che è contemplata nell’articolo 12 della Commissione.

Finalmente il mio ultimo comma è stilato così:

«Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Valle, lo Stato assegna alla stessa, per legge, contributi speciali».

Qui non c’è più il sistema delle integrazioni; il sistema corruttore e funesto delle integrazioni, per cui gli enti locali vengono a Roma per piatire elemosine, e si convertono in mendicanti. Qui si stabilisce un diritto. L’ente locale, la Valle, ritiene di dover compiere un’opera che è al di sopra delle sue forze, ritiene di dover costruire una strada che non serva soltanto ai bisogni locali, ma anche a scopi nazionali e internazionali? In virtù di questo ultimo comma del mio emendamento, essa chiede un contributo; non un’elemosina o un’integrazione o un sussidio, no: un contributo, che lo Stato deve dare in riconoscimento del suo interesse a che quell’opera sia compiuta. La Valle ritiene che un fiume, che la Dora debba essere sistemata in maniera da non arrecare qualche danno? Quest’opera straordinaria riesce di vantaggio non solo alla Regione valdostana, ma anche alle Regioni sottostanti? Io consacro qui il diritto della Regione di far presenti queste circostanze e di ottenere un contributo speciale.

Questi sono i motivi .che mi paiono dettati nell’interesse della Valle e nell’interesse del Paese, allo scopo di raggiungere meglio fini che sono nell’interesse dell’uno e dell’altra togliendo, per quanto possibile, quello sconcio delle integrazioni che è una delle macchie del nostro sistema tributario.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione aderisce pienamente alle critiche che l’onorevole Einaudi ha fatto al testo che figura all’articolo 12. La Commissione, anzi, tiene a dichiarare ancora una volta che non rivendica alcun diritto di proprietà letteraria su questo testo. Essa non ha fatto che copiare letteralmente l’articolo 14 del decreto legislativo 7 settembre 1945 emanato di concerto con i Ministri delle finanze e del tesoro del tempo.

La Commissione si è sforzata di tradurre in norme giuridiche i concetti così sani che l’onorevole Einaudi ha in questo momento esposto e che sono i soli che corrispondono ad una vera autonomia, tendono cioè ad assicurare alla Regione una propria finanza, salvo concorsi dello Stato sia per opere straordinarie ed eventualmente anche per sopperire alle necessità normali. In linea di principio sarebbe stato desiderio della Commissione di poter determinare alcune entrate della Regione in maniera precisa.

Ma questo non si è potuto fare e la Commissione con mio rincrescimento si è dovuta limitare a copiare quel testo, perché vi è stata qualche opposizione da parte degli interessati.

L’onorevole Einaudi propone un altro testo il quale dà quasi come presupposto l’esistenza di altre norme perché comincia dicendo: «Se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente a coprire le spese, ecc.» Ora quali sono queste entrate proprie della Valle?

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Le entrate che prima aveva la Provincia.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Sono poca cosa, avuto riguardo alle funzioni che sono attribuite al nuovo ente.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Non si può stabilire come principio la constatazione, come dato di fatto, della mancanza di mezzi sufficienti, ed è necessario dire «se».

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Poiché quello che creiamo oggi è un ente di diversa figura giuridica, bisognerebbe innanzitutto delineare una finanza propria della Val d’Aosta. Avremmo dovuto fare un’elencazione dei tributi erariali, parte del cui gettito viene attribuito alla Regione, seguendo la linea già adottata per gli altri Statuti speciali.

È possibile ancora fare questo sforzo? La Commissione se lo augura, in modo da poter arrivare ad una determinazione precisa delle entrate proprie della Regione.

Incidentalmente, qualche minuto fa si è accennato ad una di queste entrate, cioè al canone che lo Stato percepisce per le concessioni di acque pubbliche. Ma si potrebbe seguire la stessa linea e dire per esempio che una parte delle imposte erariali sui terreni e fabbricati è devoluta alla Regione e così via, seguendo lo schema di quanto è stato stabilito ieri per la Sardegna.

A prescindere da queste considerazioni preliminari, vorrei fare qualche osservazione nei riguardi del testo proposto dall’onorevole Einaudi. In esso si dice: se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente «sarà dallo Stato, con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali».

Che cosa vuol dire provvedimento legislativo?

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. L’ho copiato dal suo testo!

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Ma il testo della Commissione, come ho già detto, è stato copiato da quello del decreto legislativo luogotenenziale del 7 settembre 1945.

Comunque, dobbiamo usare delle espressioni che corrispondono all’ordinamento giuridico attuale.

«Provvedimento legislativo» che cosa vuol dire? Bisogna precisare: o legge fatta dal Parlamento o atto legislativo fatto dal Governo.

In questo caso, credo che converrebbe dire: «con decreto legislativo».

Nel secondo comma dell’emendamento proposto dall’onorevole Einaudi si dice: «La Valle può essere autorizzata ad istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principî dell’ordinamento tributario vigente».

L’onorevole Einaudi, parlando in generale dell’ordinamento tributario della Regione, aveva energicamente messo in evidenza la necessità che la Regione, anche per stimolare il senso d’iniziativa e di responsabilità degli amministratori, abbia la possibilità di creare propri tributi.

Ora, che cosa vuol dire: «La Valle può essere autorizzata»? Da chi e come? Per dare effetto pratico a questa formula occorrerebbe una legge. Credo che si potrebbe dire «La Valle può istituire proprie imposte o tributi, osservando i principî dell’ordinamento tributario vigente»; concetto, questo, che è affermato già nella stessa Costituzione, nella quale si prevede che ogni Regione abbia tributi propri oltre che quote di tributi erariali.

Per il terzo comma, nessuna osservazione È la formula che corrisponde a quanto è già disposto nell’articolo 114 della Costituzione.

In conclusione siamo di fronte a formule che sono l’una e l’altra ugualmente insoddisfacenti. Se è ancora possibile far di meglio, cerchiamo di farlo; altrimenti dobbiamo francamente dire che il problema non è risolto, ma rinviato.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Io ringrazio l’onorevole relatore per le sue parole cortesi, ma devo far notare che le osservazioni che l’onorevole Perassi ha fatto al mio emendamento sono soprattutto – mi pare – osservazioni fatte alle proposte della Commissione, perché appunto era dal testo della Commissione che ho copiato le parole «con provvedimento legislativo».

Ad ogni modo, non ho nessuna difficoltà a sostituire alle parole: «con provvedimento legislativo» (che sono parole poste nel testo all’articolo) le parole: «con decreto legislativo».

Poi, la Commissione dice che «lo Stato può autorizzare la Regione ad istituire imposte speciali ecc.». Io avevo detto: «La Valle può essere autorizzata ad istituire ecc.». Ma se si crede meglio dire che «la Valle può essere autorizzata dallo Stato» o si preferisce: «.La Valle può istituire», io non ho nessuna difficoltà. Queste sono osservazioni di carattere formale.

Ma io devo insistere sul concetto che è illogico trasferire in un provvedimento che si riferisce all’autonomia della Valle d’Aosta («Statuto speciale della Valle d’Aosta», disegno di legge costituzionale) una norma la quale si riferiva a tutt’altra materia: all’«ordinamento amministrativo dello Stato», non all’autonomia della Val d’Aosta. Oggi noi vogliamo fare qualche cosa di diverso, vogliamo fare qualche cosa di più, e non limitarci soltanto a copiare il decreto del 1945 che concedeva soltanto una autonomia amministrativa. Qui si vuole dare una autonomia alle Regioni e non ci si vuole supinamente accontentare di una autonomia amministrativa. Poiché le differenze di forma sono facilmente eliminabili, richiamo ancora l’attenzione sulla necessità di guardare alla sostanza, e rispetto alla sostanza l’Assemblea è libera di scegliere fra le due formule che sono state presentate.

Accetto la proposta Perassi di sostituire alla parola «provvedimento», la parola «decreto», ed accetto anche di sostituire alle parole: «La Valle può essere autorizzata» le parole: «La Valle può istituire».

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Io sono perfettamente d’accordo con l’onorevole Einaudi che non si costruisce una finanza sull’integrazione, ma noi non abbiamo presentato un progetto in tal senso. L’articolo 12 va messo in relazione all’articolo 53.

Nell’articolo 53 delle norme transitorie noi diciamo, «Entro due anni dall’elezione del Consiglio della Valle sarà stabilito, a modifica dell’articolo 12, un ordinamento finanziario della Regione con legge dello Stato in accordo con la Giunta regionale».

Che cosa vuol dire questo? Che ci rendiamo perfettamente conto che non si può volere una finanza di integrazione ma che non è possibile improvvisare in questa materia.

Quindi l’articolo 12 ha un valore provvisorio. Esso si inspira proprio al pensiero che l’onorevole Einaudi espresse qui quando si esaminò lo Statuto sardo.

Io spero che l’onorevole Einaudi vorrà aderire all’articolo preposto, col quale provvisoriamente si mantiene lo statu quo. Entro due anni la Valle presenterà un ordinamento finanziario definitivo in base all’articolo 53 dello statuto, avendo l’articolo 12 una semplice portata provvisoria.

Faccio notare d’altra parte, che anche in base all’articolo 12, che riproduce la norma contenuta nel decreto 7 settembre 1945, non è esatto parlare d’una semplice finanza d’integrazione, essendo in detta disposizione scritto: «…sarà effettuato il riparto delle entrate erariali tra lo Stato e la Val d’Aosta». Da essa si rileva cioè che lo Stato faceva un riparto colla Valle dei tributi incassati e che solo ove tale riparto non fosse stato sufficiente, tenuto conto dei servizi passati dallo Stato alla Regione, si provvedeva dallo Stato al versamento di un contributo integrativo.

Confido per questi motivi che l’Assemblea voglia accogliere l’articolo in esame.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Né la Commissione, né il Ministro Einaudi pongono le basi di una finanza regionale; sia l’una che l’altro rimandano ad un provvedimento legislativo.

L’onorevole Einaudi propone (dal punto di vista formale potrei preferire la sua formula): «Se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente…». Lo sappiamo: sono 22 milioni le entrate della Provincia di fronte ad un bilancio di un miliardo e più di lire; lo sappiamo che sono insufficienti; sarebbe meglio dire «oltre». In ogni caso, bisognerebbe sopprimere l’inciso «con provvedimento legislativa».

Nella Commissione non si è riusciti a formulare un testo per le differenti opinioni. Alcuni volevano arrivare, come per l’Alto Adige e la Sardegna, a costituire una finanza autonoma fissata, sia pure in via provvisoria, con revisione entro uno o tre anni, in base all’esperienza.

In fondo, sia il testo della Commissione, il quale non fa che ripetere il testo del decreto legislativo del 1946, sia il testo proposto dall’onorevole Einaudi prevedono un rinvio. Quindi in sostanza si tratterebbe di continuare nelle condizioni attuali.

Ora, io dico: se fosse possibile arrivare a formulare un testo, sia pure provvisorio – ma che fosse base concreta di questo riparto per modo che il riparto fra entrate dello Stato ed entrate della Regione fosse ancorato a qualcosa di oggettivo – sarebbe meglio e per l’autonomia della Regione e per le finanze dello Stato.

Se si rinvia ad un provvedimento futuro, secondo la proposta della Commissione e quella del Ministro, la Valle continuerà ad andare avanti, come fino ad oggi, con discussioni quotidiane fra Stato e Regione.

Se il Ministro del Tesoro insiste nella sua formula con quell’emendamento, in parte accettato ed in parte concordabile, non avrei niente in contrario a votare a favore.

PRESIDENTE. L’onorevole Lussu ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sull’emendamento sostitutivo all’articolo 12, proposto dall’onorevole Einaudi.

LUSSU, Relatore. Credevo che, dopo i chiarimenti dati stamane su questi due articoli, che costituiscono l’impostazione finanziaria della Valle d’Aosta, lo stesso onorevole Einaudi, che è uomo anche pratico, pur riconoscendo la insufficienza di questo schema, avrebbe aderito a quella, che io chiamavo, sospensiva costituzionale; perché fra pochi anni, secondo l’articolo transitorio, il Parlamento, con una sua legge, d’accordo con la Regione, può sistemare definitivamente il problema. Invece si è accesa questa discussione e possiamo constatare come, dopo un’ora e più, siamo allo stesso punto di partenza. L’onorevole Einaudi, come Ministro del bilancio e come uomo di scienza, è sempre insensibile ad ogni appello di carattere, direi, sentimentale, anche se egli è sempre estremamente sensibile a tutto. Ma credo che sarà sensibile al freddo ragionamento che è quello che io faccio.

Ci troviamo di fronte ad un testo della Commissione che è insufficiente; noi stessi abbiamo spiegato le ragioni per cui lo abbiamo redatto; ma ci troviamo anche di fronte alla proposta Einaudi che, per lo stesso suo giudizio, è insufficiente. Ci troviamo quindi di fronte a due ordinamenti ugualmente insufficienti ed ugualmente provvisori; con questa differenza: che l’ordinamento provvisorio che noi abbiamo contemplato nello Statuto è un modus vivendi pratico, su cui concordano il Ministero delle finanze e la rappresentanza della Valle. È un modus vivendi cordiale che politicamente e psicologicamente ha la sua importanza. Perché dunque vorremmo, col rompere questo modus vivendi (che è perfettamente sodisfacente in forma transitoria) tirar fuori un progetto che non sodisfa nessuno, l’onorevole Einaudi per primo? Tanto vale quindi conservare provvisoriamente questo ordinamento proposto nello statuto. Accettiamolo così com’è, in quanto da un punto di vista psicologico e politico è certamente utile che lo si conservi. Se lo si modifica non credo si crei nulla che sia migliore, anche ove si accogliessero le modifiche di pura forma che il collega Perassi, Presidente della Commissione, ha avanzato ed il Ministro Einaudi ha accettato. Questo, in realtà, non risolve nulla.

Perciò rivolgo preghiera all’onorevole Einaudi, che conosce anche la psicologia finanziaria. Non è possibile oggi impostare un Ordinamento finanziario, che sia accettabile con soddisfazione e ci tranquillizzi, che rinunciando a questi emendamenti i quali, secondo me, possono complicare la situazione.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del Bilancio. Volevo soltanto osservare che in sostanza tra le due formulazioni, senza peccare di vanità, la mia è la più propria e si esprime in termini che sono anche più larghi per la Valle di quel che non sia l’articolo della Commissione. L’onorevole Bordon ha fatto considerazioni che possono essere giudicate extravaganti e che non si riferiscono alla materia dell’articolo 12, in quanto è evidente che l’articolo 12, anche com’è da me formulato, dev’essere considerato in connessione con l’articolo 53.

Ha detto bene l’onorevole Perassi, che qui non si tratta di ordinamenti definitivi, a differenza degli statuti di altre Regioni, per cui si sono indicati i tributi che passano alle Regioni e le percentuali dei tributi erariali che sono assegnati alla Regione, per cui infine si è detto: per alcune altre imposte erariali si darà (ma questa non è una integrazione) una quota variabile. Qui, invece di dire i cinque decimi o i sei decimi, si è detto: una parte, allo scopo di poter tener conto dei bisogni della Valle, andando anche molto al di là di quanto si sia andati per le altre Regioni.

Data la piccolezza del territorio, può benissimo darsi che, visti i bisogni della Valle, lo Stato debba assegnare alla Valle anche i 9/10 di tutte le sue entrate erariali, dando anche di più di quello che ha dato alle altre Regioni. La differenza fra il sistema della Valle e quello delle altre Regioni consiste nel fatto che nelle altre Regioni ci sono percentuali rigide, e sono per alcune imposte espressamente indicate, mentre qui tutto è variabile appunto per tener conto della impossibilità di poter calcolare oggi quali sono le spese della Valle.

Quindi, il sistema del mio articolo, per essere espresso in un linguaggio tecnicamente più proprio, mi sembra che sia preferibile a quello della Commissione, il quale certamente lascia molto a desiderare.

L’unica differenza sostanziale è quella dell’integrazione, che qui viene concepita come data ogni volta che ci siano delle spese da farsi per degli scopi i quali oltre che avere un carattere regionale hanno anche un interesse nazionale. Questo è lo scopo dell’ultimo comma.

Le altre osservazioni che ha fatto l’onorevole Bordon non sono pertinenti all’articolo 12. Io vorrei, soltanto per extravagare anche io un momento, confessarvi che, se fossi nei panni del Ministro delle finanze, non solo darei una quota del reddito di quelle certe imprese industriali a cui si riferisce l’onorevole Bordon, ma sarei favorevole a dare tutto, reddito e capitale, senza nessun pagamento da parte della Valle, tanto poco la Valle credo abbia da sperare da questi redditi che nascono di lì e vanno fuori. Ci sono soltanto delle passività, non ci sono redditi. Se la Valle lo vuole, credo che il Ministro delle finanze sarà ben disposto a dare più di quello che l’onorevole Bordon ha desiderato.BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Se l’onorevole Einaudi insiste, allora io faccio la proposta che la finanza della nostra Regione sia regolata secondo la proposta che presento all’onorevole Presidente.

PRESIDENTE L’onorevole Bordon propone il seguente emendamento:

«La Val d’Aosta ha una finanza autonoma.

«Le sue entrate sono costituite:

  1. a) dai nove decimi del gettito delle imposte erariali sui terreni, sui fabbricati e sui redditi agrari;
  2. b) dai nove decimi del gettito dell’imposta di ricchezza mobile e complementare erariali sui redditi per attività esplicate nella Regione, anche se riscosse fuori di essa;
  3. c) dal gettito fiscale del lotto e lotterie;
  4. d) dal gettito dell’imposta governativa sul consumo dell’energia elettrica;
  5. e) dall’importo dell’intero canone su tutte le concessioni di acque pubbliche e delle miniere;
  6. f) dal provento dei monopoli e dei valori bollati;
  7. g) dai proventi delle imposte e tasse di bollo, registro, ipotecarie e sulle successioni;
  8. h) da una quota non inferiore ad una percentuale della imposta generale sull’entrata riscossa nella Regione e fuori della Regione, inerente ad attività esplicate nella Regione. Per le società e stabilimenti aventi sede legale e fiscale fuori della Regione la quota va riferita all’imposta concernente il primo trasferimento dei prodotti e merci al compratore;
  9. i) dai nove decimi dell’imposta di fabbricazione sui filati;
  10. l) dal provento dei tributi locali stabiliti con legge regionale;
  11. m) dal reddito del patrimonio della Regione;
  12. n) dai tributi spettanti per legge alla provincia e agli enti ed uffici pubblici, i cui servizi sono devoluti alla Regione;
  13. o) dai contributi speciali che lo Stato assegna alla Regione per il finanziamento di lavori straordinari».

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Evidentemente la proposta del collega Bordon, per essere messa ai voti, avrebbe bisogno di un rinvio per essere esaminata.

Io chiedo che l’onorevole Ministro del bilancio ci dica se, con un rinvio, il problema possa essere chiarito in modo sodisfacente. È altrimenti del tutto inutile chiedere il rinvio, cioè anche votare l’ordine del giorno. Se dunque la risposta sarà negativa, pregherò l’onorevole Bordon di ritirare il suo emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, un rinvio non è possibile; rinvio a quando?

LUSSU, Relatore. Desideravo chiedere all’onorevole Ministro se, a suo parere, un rinvio di mezz’ora potrebbe servire a qualche cosa.

PRESIDENTE. Ma, onorevole Lussu, mi perdoni: è tal materia questa che, o si discute a lungo, o altrimenti ci si rimette alla fiducia di colui che propone: null’altro.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Onorevole Presidente, desideravo semplicemente pregare l’onorevole Bordon di ritirare il suo emendamento perché, ove l’Assemblea dovesse approvarlo, si determinerebbe una situazione gravemente pregiudizievole, per le discussioni tra Governo e Commissione.

Dato quindi che il Ministro del bilancio non può accettare dei provvedimenti che non ha avuto campo di esaminare, è molto meglio, nell’interesse della Valle d’Aosta, che questo emendamento sia ritirato.

CHATRIAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHATRIAN. Chiedo che sia mantenuto, nei limiti e con le modalità previste dall’articolo 53, l’attuale ordinamento tributario contemplato dagli articoli 12 e 13. E ciò perché penso che sarebbe il minor male sul piano finanziario, sul piano politico, sul piano psicologico, nei confronti della Valle d’Aosta.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Mi associo a quanto ha detto l’onorevole Chatrian e ritiro il mio emendamento. (Approvazioni).

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Io personalmente ritengo – e credo anche di interpretare il pensiero di altri membri della Commissione – che sia opportuno aderire alla formulazione proposta dall’onorevole Einaudi, con le modificazioni suggerite dal collega onorevole Uberti e accettate dallo stesso onorevole Ministro Einaudi.

Resterebbe poi da risolvere la questione della devoluzione alla Regione di parte del canone ora riscosso dallo Stato per le concessioni di acque pubbliche. A tale riguardo converrà aggiungere una disposizione specifica.

PRESIDENTE. Sta bene.

Pongo in votazione il testo Einaudi così definitivamente redatto:

«Oltre il gettito delle entrate, proprie della Valle, sarà dallo Stato, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali.

«La Valle può istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principî dell’ordinamento tributario vigente.

«Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Valle, lo Stato assegna alla stessa, per legge, contributi speciali».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo all’emendamento aggiuntivo Bordon già presentato in sede di articolo 9:

«Lo Stato cederà a favore della Valle i nove decimi dei canoni annuali percepiti a norma di legge».

Lo pongo in votazione, salvo collocazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 13. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«L’accertamento, ai fini delle imposte dirette erariali, viene effettuato da organi collegiali elettivi a norma delle vigenti disposizioni.

«Per le imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori del territorio della Valle, ma che in esso hanno stabilimenti od impianti, nell’accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L’imposta relativa a detta quota è riscossa dagli organi di riscossione della Regione».

PRESIDENTE. L’onorevole Dominedò, assieme ad altri colleghi, ha proposto di sopprimere il secondo comma.

Ha facoltà di svolgere l’emendamento.

DOMINEDÒ. Signor Presidente, basterà ricordare le ragioni esposte in questa Assemblea per l’analogo articolo 15 dello Statuto sardo, di cui proponemmo e ottenemmo la soppressione, considerando l’incongruenza che ad uno stabilimento od impianto, il quale non costituisce se non un oggetto o una parte dei beni nel complesso dell’azienda, venga conferita la titolarità del reddito, che spetta al soggetto e non all’oggetto dei beni.

D’altra parte, la legge provvede in altri modi, perché sappiamo quando sia possibile che il reddito venga percepito, anziché nella sede legale della società, nella sede dove sono gli impianti o gli stabilimenti.

E sotto questo aspetto la norma dovrebbe ritenersi frustranea, perché superata dalla norma di legge, mentre, se restasse, sarebbe un’incongruenza logica.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro del bilancio ha presentato il seguente emendamento sostitutivo dell’articolo 13:

«Ai fini dell’accertamento delle imposte dirette erariali, gli uffici finanziari dello Stato nella Regione comunicano alla Giunta regionale la lista dei contribuenti che, domiciliati nella Valle, possiedono redditi tassabili al loro nome mediante ruolo.

«La Giunta esamina la lista, la completa e la rettifica, aggiungendovi coloro che furono omessi e che vi dovevano essere compresi e cancellandone coloro che per qualsiasi causa vi furono indebitamente iscritti o che per motivi sopravvenuti ne debbono essere esclusi.

«Delle variazioni introdotte la Giunta deve indicare la ragione.

«La Giunta indica, altresì, gli altri dati necessari per il nuovo o migliore accertamento dei tributi nei confronti degli iscritti nella lista.

«Gli uffici finanziari dello Stato nella Regione sono tenuti a riferire alla Giunta i provvedimenti adottati in base alle indicazioni dalla stessa ricevute».

Ha facoltà di svolgerlo.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Ho presentato una formulazione sostitutiva anche per l’articolo 13; in questa formulazione cade il secondo comma dell’articolo medesimo, ed io quindi non ho che da riferirmi alle argomentazioni che sono già state esposte dall’onorevole Dominedò, per dimostrare la necessità della soppressione di questo secondo comma.

D’altro canto, siccome nell’articolo 12, testé votato, è detto che con un decreto legislativo si provvederà al riparto di tutti i tributi erariali della Regione, in quella sede sarà possibile ancora meglio perfezionare la soluzione di questo problema, che non può essere improvvisata, così come è indicato in questo secondo comma.

Il punto importante a cui mi riferisco nel mio emendamento sostitutivo è quello del primo comma.

Il primo comma, così come è formulato nell’articolo della Commissione – credo tolto di peso dal decreto del 1945, che aveva delle caratteristiche non di autonomia vera e propria, ma di autonomia puramente amministrativa – dice:

«L’accertamento, ai fini delle imposte dirette erariali, viene effettuato da organi collegiali elettivi a norma delle vigenti disposizioni».

Io non vedo in che modo in un testo costituzionale possa essere inserita una disposizione di questo genere, così vaga. Quali sono gli organi collegiali elettivi? Quali sono le disposizioni in base alle quali si dovrebbe fare l’accertamento? Questo accertamento a quali imposte si riferisce? Alle imposte sui terreni, che sono regolate da una legge catastale? All’imposta di ricchezza mobile, che è regolata da sistemi tutt’affatto diversi? All’imposta di successione, all’imposta di registro, di bollo, per le quali non esistono degli organi collegiali elettivi? È una norma questa che non ha un significato preciso. Io propongo di sostituirla con una formulazione che è di gran lunga più rassicurante per la Valle e dà molto maggiori facoltà alla Valle medesima. L’emendamento sostitutivo dice:

«Ai fini dell’accertamento delle imposte dirette erariali, gli uffici finanziari dello Stato nella Regione comunicano alla Giunta regionale» (cioè al vero organo elettivo che regola il governo della Regione) «la lista dei contribuenti che, domiciliati nella Valle, possiedono redditi tassabili al loro nome, mediante ruolo.

«La Giunta esamina la lista, la completa e la rettifica, aggiungendovi coloro che furono omessi e che vi dovevano essere compresi e cancellandone coloro che, per qualsiasi causa, vi furono indebitamente iscritti o che per motivi sopravvenuti ne debbono essere esclusi».

Io do quindi modo alla Giunta d’intervenire nella compilazione della lista dei contribuenti, di controllarla, di diminuire o di accrescere le iscrizioni, a proprio giudizio, e a seconda della conoscenza che essa ha della situazione locale.

Naturalmente «delle variazioni introdotte la Giunta deve indicare la ragione». Questa è una guarentigia per i contribuenti.

«La Giunta indica altresì gli altri dati necessari per il nuovo o migliore accertamento dei tributi nei confronti degli iscritti nella lista».

Quindi la Giunta non solo ha l’autorità di segnalare agli uffici finanziari le eventuali dimenticanze, ma comunica anche i dati con cui gli uffici finanziari potranno meglio conoscere il patrimonio e i redditi dei contribuenti, segnalando per esempio gli accertamenti che siano stati inferiori alla realtà in modo da ottenere una più giusta tassazione, della quale possa beneficiare non soltanto lo Stato ma la Regione stessa.

È da osservare finalmente che gli uffici finanziari non possono prendere alla leggera le indicazioni della Giunta; infatti «gli uffici finanziari dello Stato nella Regione sono tenuti a riferire alla Giunta i provvedimenti adottati in base alle indicazioni dalla stessa ricevute».

Gli uffici finanziari hanno così l’obbligo di utilizzare le indicazioni che verranno fatte dalla Giunta. Si stabilisce in tal modo una proficua collaborazione fra la Regione che vuole nuove iscrizioni a ruolo e lo Stato che viene aiutato a conoscere i nuovi contribuenti o coloro che devono essere iscritti.

Chiedo perciò che sia accolto il mio emendamento e messo in votazione in sostituzione dell’articolo 13 che è troppo vago e che non dà garanzie sufficienti né alla Regione né allo Stato, mentre col mio articolo sostitutivo si dà luogo ad una forma di collaborazione tra la Regione e lo Stato, che sarà fonte di ottimi risultati finanziari per l’una e per l’altro.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Siccome ho votato prima contro, lascio la Commissione arbitra di decidere come creda.

Ritengo che in pratica quello che si fa non sia un bene ma un male, perciò ho votato prima contro la proposta dell’onorevole Einaudi e anche adesso voto contro. Voto cioè per il mantenimento del testo integrale, il quale, almeno, tiene in piedi delle disposizioni già applicate.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Pochissime parole per ricordare che la disposizione dell’articolo 13, attualmente in votazione è un punto ormai acquisto. Esso trae origine da un decreto che è già da tre anni in applicazione. Quindi ritengo che non si possa di punto in bianco, con un tratto di penna, cancellare quella che è la base attuale del sistema.

L’attuale norma del resto non è in contrasto con la Costituzione e per conseguenza chiedo che sia mantenuta.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Penassi ad esprimere il parere della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. A nome di parte della Commissione, dichiaro di accedere al testo dell’onorevole Einaudi, il quale differisce dal testo della Commissione sotto due aspetti: uno positivo e l’altro negativo. C’è la parte positiva nella quale si prevede quella collaborazione della Giunta nel far sì che le imposte siano applicate.

LUSSU, Relatore. Ma è la parte più odiosa per la Giunta, la parte che politicamente è negativa! E anche praticamente.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Il secondo punto riguarda la soppressione del secondo comma. Questo comma tocca i difficili problemi dell’accertamento dei redditi degli impianti situati nella Valle e appartenenti a società che hanno sede altrove. Ora una norma analoga è stata già soppressa in altri Statuti, ed è stata soppressa non tanto per ragioni di ordine teorico alle quali ha accennato l’onorevole Dominedò (che non condividerei in pieno), ma, soprattutto, per le ragioni pratiche – anzi, di diritto positivo – messe in evidenza dal Ministro Pella nella discussione di questi giorni, e cioè che in base a recenti provvedimenti, in gran parte sono eliminati gli inconvenienti ai quali si vorrebbe ovviare con questo comma. Per queste considerazioni – anche a nome di parte della Commissione – aderisco al testo dell’onorevole Einaudi.

LUSSU, Relatore. Ma questo era contemplato dalla legge. Onorevole Einaudi, lei lo sa!

PRESIDENTE. Mi faccio un debito di coscienza, prima di passare alla votazione, di dire che alcune considerazioni dell’onorevole Bordon non possono essere trascurate. È vero che per lo Statuto della Val d’Aosta non vi era un impegno stabilito in forma legislativa che si dovesse procedere soltanto ad un coordinamento costituzionale, ma è pacifico che per analogia con quanto stabilito per la Regione siciliana – il cui Statuto, per una disposizione di legge, non deve essere che coordinato con la Costituzione – per la Valle d’Aosta, che da tempo maggiore che non la Sicilia fruisce d’una particolare autonomia, il compito dell’Assemblea Costituente non può essere inteso nel senso di una trasformazione delle disposizioni, che non sia giustificata dalla necessità di un coordinamento costituzionale. Do atto che non esiste in materia un impegno esplicito, ma forse, da un punto di vista morale, di fronte all’italianità della Val d’Aosta, non bisogna dimenticare completamente questo.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Aderisco alla proposta dell’onorevole Einaudi, non chiedendo la votazione del mio emendamento se non nel caso in cui fosse respinto quello dell’onorevole Einaudi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento sostitutivo dell’articolo 13 proposto dall’onorevole Einaudi.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo al Titolo IV: «Zona franca».

Si dia lettura dell’articolo 14.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il territorio della Valle d’Aosta è posto fuori della linea doganale e costituisce zona franca.

«Le modalità di attuazione della zona franca concessa alla Regione saranno concordate con la Regione e stabilite con legge dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo V: «Organi della Regione».

Si dia lettura dell’articolo 15.

AMADEI, Segretario, legge:

«Sono organi della Regione: il Consiglio della Valle, la Giunta regionale ed il suo Presidente».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 16. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio della Valle è composto di trentacinque consiglieri, eletti a suffragio universale, uguale, diretto e segreto secondo le norme stabilite con legge dello Stato, sentita la Regione.

«Per l’esercizio del diritto elettorale attivo può essere stabilito il requisito della residenza nel territorio della Regione per un periodo non superiore a un anno, e per l’eleggibilità quello della nascita o della residenza per un periodo non superiore a tre anni».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati e Moro propongono la soppressione del secondo comma. La stessa proposta è fatta dal Ministro dell’interno.

L’onorevole Scelba ha facoltà di svolgere l’emendamento.

SCELBA. Ministro dell’interno. A me pare che, trattandosi di diritti soggettivi, non si possa creare un diritto singolare nella Valle d’Aosta. Con questa disposizione prevista nello Statuto si apporterebbero delle modificazioni sostanziali all’elettorato attivo e passivo quale è stato sancito da leggi approvate dall’Assemblea Costituente. Per esempio, è previsto dal secondo comma che la Valle d’Aosta potrebbe stabilire che un cittadino, pure nativo della Valle non possa essere eletto al Consiglio Regionale della Valle, pretendendosi invece soltanto la residenza, per tre anni. Ma un cittadino nativo della Valle, anche la più illustre personalità, che non risieda sul posto, in base a queste disposizioni non potrebbe entrare nel Consiglio della Valle.

Secondo me, il comma si dovrebbe sopprimere, lasciando alle leggi dello Stato il regolamento di questa materia.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Questa questione non è stata sollevata ieri per lo statuto della Regione Trentino-Alto Adige nel quale è stata stabilita una disposizione uguale a quella proposta dalla Commissione. Ora, in questa situazione, non si tratta di diritti politici per quanto riguarda le elezioni al Senato o alla Camera dei Deputati, ma si tratta della partecipazione alla gestione amministrativa della Valle, dove è evidente che i nativi e quelli che vi abitano da un triennio abbiano particolari interessi, e trattandosi di una questione di carattere amministrativo non vedo come vi possano essere delle obiezioni. Prego pertanto l’onorevole Ministro dell’interno a non voler insistere nella sua opposizione che, del resto, costituirebbe posizioni differenti fra gli abitanti della Val d’Aosta e gli abitanti del Trentino-Alto Adige, i quali hanno in materia notevoli interessi.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Mi dispiace di dover insistere. Ritengo che se si è commesso un errore ieri, non possiamo ripeterlo anche per la Val d’Aosta. Penso anche che al fondo di questa questione vi sia un grosso interesse nazionale.

UBERTI. Al contrario.

SCELBA, Ministro dell’interno. Ritengo che si fa l’interesse più alto e sentito del Paese sopprimendo questo articolo.

PRESIDENTE. L’onorevole Lussu ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LUSSU, Relatore. Credo di esprimere il pensiero di tutta la Commissione nel ritenere che questo comma debba essere mantenuto. Non solo è stato contemplato un comma analogo nello statuto dell’Alto Adige – come è stato ricordato testé – ma anche nello statuto sardo è fissato un comma analogo. Ora, mi pare strano che nella terza giornata, dopo l’approvazione degli articoli riguardanti la stessa materia, nello statuto sardo e nello statuto della Val d’Aosta, si accampino ragioni nazionali. Quali? Noi esigiamo ragioni logiche. Non ce ne è alcuna. E non c’è alcuna ragione giuridica. Penso pertanto che sia un errore voler sopprimere questo comma nello statuto della Val d’Aosta.

Credo che il Ministro dell’interno, considerate queste premesse, voglia rinunciare alla sua domanda di soppressione.

PRESIDENTE. Onorevole Scelba, conserva la sua proposta?

SCELBA, Ministro dell’interno. Mi rimetto all’Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, conserva la sua proposta?

MORTATI. Sì.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 16:

«Il Consiglio della Valle è composto di trentacinque consiglieri, eletti a suffragio universale, uguale, diretto e segreto secondo le norme stabilite con legge dello Stato, sentita la Regione».

(È approvato).

Pongo in votazione la soppressione del secondo comma.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo in votazione il secondo comma nel testo del progetto.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 17. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«L’ufficio di consigliere regionale è incompatibile con quello di membro di una delle Camere o d’altro Consiglio regionale.

«I casi di ineleggibilità e gli altri casi di incompatibilità sono stabiliti con legge dello Stato».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati e Moro propongono di sostituire il primo comma col seguente:

«Il Consigliere regionale è ineleggibile a membro di una delle Camere o di altro Consiglio regionale».

Onorevole Lussu, vuole esprimere il parere della Commissione?

LUSSU, Relatore. La Commissione si attiene al testo.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

MORTATI. Per l’elezione della Camera c’è un articolo della legge che sancisce l’ineleggibilità alla carica di deputato per coloro che sono consiglieri regionali. Per quanto invece riguarda la nomina ad altro Consiglio regionale mi pare si possa mantenere l’incompatibilità, ed in questo senso rettifico la mia proposta. Essa pertanto tende a sancire la ineleggibilità, in conformità alla legge elettorale per la Camera dei deputati e per il Senato, per la elezione a tali organi.

PRESIDENTE. Allora, la formula sarebbe la seguente: «L’ufficio di consigliere regionale è incompatibile con quello di membro di altro Consiglio regionale».

MORTATI. Sì.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Se l’onorevole Presidente e l’Assemblea consentono sia fatto un passo indietro, desidererei che il primo comma dell’articolo 16 fosse chiarito, nel senso che, invece di dire «con legge dello Stato, sentita la Regione», si dica: «con legge regionale»; perché i requisiti ora indicati sono limiti costituzionali posti alla legge regionale; e questo chiarirebbe che questi requisiti sono limiti all’elettorato attivo e passivo relativamente soltanto al Consiglio regionale.

La dizione «legge dello Stato» può dare la sensazione che questa incorra in quella incostituzionalità, cui accennava il Ministro dell’interno.

Quindi, è meglio chiarire: «con legge regionale».

PRESIDENTE. Non è lieve la questione che lei solleva, onorevole Fabbri. Si tratta di stabilire se la legge elettorale per l’elezione del Consiglio è legge dello Stato o legge regionale.

È stato depositato già un disegno di legge per l’elezione del Consiglio della Valle d’Aosta, ma andrà in discussione al prossimo Parlamento.

L’onorevole Perassi ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. L’onorevole Fabbri ha attirato l’attenzione su un punto, che deve essere chiarito.

Sta di fatto che negli Statuti speciali già approvati, per la Sardegna e per l’Alto Adige, si è attribuito alla Regione il compito di formare la legge elettorale per l’elezione del Consiglio regionale, salvo i limiti fondamentali stabiliti nel primo comma degli articoli relativi. Nei detti statuti si è, infatti, stabilito che il Consiglio regionale è eletto col sistema proporzionale, a suffragio universale, diretto e segreto, secondo le norme stabilite, con legge, della Regione.

Mi pare che non vi sia ragione di seguire sistemi diversi per le diverse Regioni a Statuto speciale.

Quindi, l’osservazione dell’onorevole Fabbri dovrebbe indurre a rettificare il testo letto prima, mettendolo in armonia coi testi già votati.

Aggiungo: il disegno di legge presentato dal Ministro dell’interno ha lo scopo di provvedere alla prima elezione, per la quale è evidente che le norme debbono essere fatte dallo Stato.

Io ho già preparato il testo di una norma transitoria, la quale dispone che lo Stato, mediante decreto legislativo, fissa le norme per la prima elezione del Consiglio della Valle, e si indicano anche i termini entro cui la elezione deve avvenire.

Mi riservo di presentare il testo a nome delle Commissione.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. La prima norma transitoria – articolo 51 – di questo progetto di Statuto dice:

«L’attuale organizzazione amministrativa della Regione resta in carica fino alla prima elezione del Consiglio della Valle, che sarà indetta dal Governo della Repubblica entro sei mesi dall’entrata in vigore dello Statuto».

A tenore di questa norma è indubitabile che la legge elettorale dovrebbe farla il Governo.

Ora, la disposizione transitoria annunziata dall’onorevole Perassi potrebbe sostituire quella testé letta, nel senso che le nuove norme da emanarsi da parte del Governo della Repubblica servirebbero solo per la prima elezione del Consiglio della Regione, mentre il susseguente Consiglio sarebbe eletto con legge della Regione.

Vi sarebbe un’armonia; altrimenti, bisognerebbe rimaner fermi al concetto che la legge deve esser fatta dallo Stato.

Su questo punto l’Assemblea deve decidere.

Sulla forma della disposizione tengo a precisare: l’obiezione dell’onorevole Perassi ha un certo valore, ma non vorrei darle un valore assoluto, perché, siccome trattiamo in questa sede di Statuti speciali, non è detto che, rispetto alla norma fondamentale per cui la legge elettorale deve essere uguale per tutte le Regioni, si debba fare la stessa eccezione per le quattro Regioni con Statuto speciale. Si potrebbe sempre disporre diversamente per i quattro casi. Se tuttavia l’Assemblea ritiene che per questa parte si debba uniformare alle decisioni prese sugli altri Statuti speciali, non ho difficoltà, purché si modifichi la disposizione transitoria.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Personalmente sono per il mantenimento del testo. Del resto su questo punto, che dice: «sentita la Regione», discutemmo ampiamente. Lo ricordo con esattezza. Non ne faccio una questione pregiudiziale, ma di merito. In ogni modo mi rimetto alla maggioranza dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Poiché nessuna pregiudiziale è stata sollevata avverso alla proposta dell’onorevole Fabbri, la pongo in votazione. Essa è del seguente tenore:

«Al primo comma dell’articolo 16, alle parole: legge dello Stato, sentita la Regione, si sostituiscano le altre: legge regionale.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Passiamo all’emendamento dell’onorevole Mortati:

«Sostituire il primo comma con il seguente:

«L’ufficio di Consigliere regionale è incompatibile con quello di membro di altro Consiglio regionale».

L’onorevole Mortati propone altresì d sopprimere il secondo comma.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. La Costituzione all’articolo 122 stabilisce:

«Nessuno può appartenere contemporaneamente ad un Consiglio regionale e ad una delle Camere del Parlamento o ad un altro Consiglio regionale». Mi pare che la formula, così com’è proposta dalla Commissione nell’articolo 17, non risponda testualmente al principio sancito dalla Costituzione. Ritengo non prudente scostarci dalle disposizioni che la Carta costituzionale – l’atto più solenne che noi abbiamo votato – ha stabilito. È pericoloso fare confusioni, in questa delicata materia, tra incompatibilità e ineleggibilità. Sono cose diverse. La Costituzione ha detto: non si può appartenere contemporaneamente al Consiglio regionale e ad una Camera. Conserviamo questa formula e ci sentiremo tutti più tranquilli.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Relatore di esprimere il suo avviso.

LUSSU, Relatore. Sono per il testo della Commissione, come ho già detto.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. L’onorevole Lussu dovrebbe spiegare perché il deputato della Valle d’Aosta non debba essere soggetto alle stesse condizioni valevoli per le altre Regioni d’Italia.

LUSSU, Relatore. Chi ha detto questo?

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, mi pare che l’onorevole Bertone abbia richiamato l’attenzione sul fatto che questa formulazione dell’articolo 17 riafferma il contenuto di una norma costituzionale. Non è che si faccia una condizione particolare alla Val d’Aosta; se mai, si introduce nel suo Statuto particolare una norma che è già di carattere generale.

MORTATI. Ma v’è l’articolo 5 della legge votata per l’elezione della Camera dei deputati che dice: «Non sono eleggibili i deputati regionali o i consiglieri regionali». Mi richiamo a questa norma generale, a meno che non si voglia ritenerla incostituzionale.

FUSCHINI. Non è vero. C’è una ineleggibilità momentanea, perché se ci si dimette prima di accettare la candidatura si può essere eletto.

MORTATI. Si tratta in ogni caso di ineleggibilità: e poi questa disposizione citata dall’onorevole Fuschini ha carattere transitorio, per la prima applicazione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 17 nel testo Mortati, testé letto.

(Non è approvato).

Pongo in votazione il primo comma nel testo del progetto:

«L’ufficio di consigliere regionale è incompatibile con quello di membro di una delle Camere o d’altro Consiglio regionale».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma:

«I casi di ineleggibilità e gli altri casi di incompatibilità sono stabiliti con legge dello Stato».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 18. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio della Valle è eletto per quattro anni.

«Le elezioni sono indette dal Presidente della Giunta regionale entro quindici giorni dalla fine del precedente Consiglio e hanno luogo non oltre il sessantesimo giorno».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 19. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio regionale elegge, fra i suoi componenti, il Presidente, l’ufficio di presidenza e le Commissioni, in conformità al regolamento interno, che esso adotta a maggioranza assoluta dei suoi componenti».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 20. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio è convocato dal suo Presidente in sessione ordinaria nella prima settimana di aprile e di ottobre di ogni anno e in sessione straordinaria su richiesta del Presidente della Giunta regionale o di almeno un terzo dei consiglieri».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 21. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le deliberazioni del Consiglio della Valle non sono valide se non è presente la maggioranza dei suoi componenti e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che sia prescritta una maggioranza speciale».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 22. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le sedute del Consiglio della Valle sono pubbliche.

«Il Consiglio tuttavia può deliberare di riunirsi in seduta segreta».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 23. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I consiglieri regionali, prima di essere ammessi all’esercizio delle loro funzioni, prestano giuramento di essere fedeli alla Repubblica e di esercitare il loro ufficio al solo scopo del bene inseparabile dello Stato e della Regione autonoma della Valle d’Aosta».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 24. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I consiglieri regionali non possono essere perseguiti per le opinioni espresse o i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 25. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I consiglieri regionali ricevono una indennità fissata con legge della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 26. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il consiglio regionale esercita le funzioni normative di competenza della Regione e le altre che gli sono attribuite dal presente Statuto e dalle leggi dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 27. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«L’iniziativa delle leggi regionali spetta alla Giunta regionale, ai membri del Consiglio della Valle ed al popolo valdostano».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 28. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«L’iniziativa popolare si esercita mediante la presentazione di un disegno di legge da parte di almeno tremila elettori».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 29. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio della Valle approva ogni anno il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dalla Giunta.

«L’esercizio finanziario della Regione ha la stessa decorrenza di quello dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 30. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Un disegno di legge adottato dal Consiglio della Valle è sottoposto a referendum popolare su deliberazione della Giunta o quando ne sia fatta domanda da un terzo dei consiglieri o da almeno quattromila elettori.

«Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di approvazione di bilancio.

«Le modalità di attuazione del referendum sono stabilite con legge regionale».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 31. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Ogni legge approvata dal Consiglio della Valle è comunicata al rappresentante del Ministero dell’interno, presidente della Commissione di coordinamento, preveduto dall’articolo 46 che, salvo il caso di opposizione, deve vistarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.

«La legge è promulgata nei dieci giorni dalla apposizione del visto ed entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, salvo che in essa sia stabilito un termine diverso.

«Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio della Valle a maggioranza assoluta dei suoi componenti e il rappresentante del Ministero dell’interno lo consente, la promulgazione e l’entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati.

«Il rappresentante del Ministero dell’interno, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio della Valle ecceda la competenza della Regione o contrasti con gli interessi nazionali e con quelli di altre Regioni, la rinvia al Consiglio della Valle nel termine fissato per la apposizione del visto.

«Ove il Consiglio della Valle la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può, nei quindici giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere. In caso di dubbio, la Corte decide di chi sia la competenza».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 32. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta regionale, la Giunta e gli assessori che la compongono sono organi esecutivi della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 33. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta regionale è eletto dal Consiglio fra i suoi componenti, subito dopo la nomina del Presidente del Consiglio e dell’ufficio di presidenza.

«L’elezione ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza assoluta e, dopo il secondo scrutinio, a maggioranza relativa.

«Gli assessori preposti ai singoli rami dell’Amministrazione sono nominati dal Consiglio su proposta del Presidente della Giunta».

PRESIDENTE. A questo articolo vi è un emendamento del Ministro dell’interno onorevole Scelba:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Gli assessori sono nominati dal Consiglio a maggioranza assoluta di voti segreti e sono preposti dal Presidente della Valle ai singoli rami dell’amministrazione».

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di svolgere l’emendamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Brevissimamente vorrei far presente alla Commissione e all’Assemblea che, anche secondo il testo dello Statuto siciliano, gli assessori sono nominati dal Consiglio a maggioranza assoluta di voti segreti e preposti dal Presidente ai singoli rami dell’amministrazione.

Desidererei che questa modifica, presentata dal Ministro Scelba, fosse accettata dalla Commissione.

Gli assessori devono essere nominati dal Consiglio e preposti dal Presidente ai singoli rami dell’amministrazione, conformemente allo Statuto siciliano che verrà domani in discussione.

PRESIDENTE. Prego la Commissione di voler esprimere il proprio parere.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione ha seguito il sistema che è stato adottato anche per la Sardegna. Per quanto possa apparire un po’ divergente da quello vigente per la formazione della Giunta comunale, esso ci sembra meritevole di accoglimento. In altri termini, secondo il sistema proposto, il Consiglio regionale elegge anzitutto il Presidente della Giunta, che è l’uomo in cui dovrà incentrarsi l’attività esecutiva della Regione, ed il Presidente così eletto propone alla nomina da parte del Consiglio suoi collaboratori, che comporranno la Giunta regionale.

È un modo insomma che contempera il sistema dell’elezione diretta da parte del Consiglio con il sistema di formazione del Governo che è seguito negli Stati parlamentari.

Mi pare sia questa una combinazione praticamente utile, in quanto ci assicura che intorno al capo dell’amministrazione ci sia un gruppo di persone che egli ha scelto a ragion veduta, in relazione ai fini particolari dell’amministrazione, avendo avuto cura di designare al Consiglio per essere messe a capo di ciascun ramo dell’amministrazione persone che per quel ramo presentano particolari attitudini.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Ho inteso le spiegazioni dell’onorevole Presidente della Commissione; in sostanza egli ha detto che lo spirito della norma è quello di far scegliere al Presidente della Valle uomini di sua fiducia, di fare quindi, in certo senso, una specie di gabinetto.

Dico francamente che a me par sempre migliore la proposta dell’onorevole Scelba, che cioè questi assessori vengano nominati dal Consiglio a scrutinio segreto e poi il Presidente li assegni ai diversi rami dell’amministrazione, così come è anche nello Statuto siciliano. Io non sono d’avviso che si debba stabilire questa forma eccezionale, che si debba permettere la creazione di questa specie di gabinetto alla Valle d’Aosta, per quanto illustre e degna essa sia.

Io quindi insisto sull’emendamento proposto dall’onorevole Scelba, pregando la Commissione di volerlo accettare.

PRESIDENTE. Onorevole Perassi, la Commissione insiste sul suo testo?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Noi conserviamo il nostro testo.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Onorevole Presidente, a me pare sia meglio dire dopo il «primo» scrutinio anziché «secondo».

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Abbiamo adottato lo stesso testo della Sardegna, dopo una lunga discussione, e quindi rimane la parola «secondo».

FABBRI. Non insisto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma.

«Il Presidente della Giunta regionale è eletto dal Consiglio fra i suoi componenti, subito dopo la nomina del Presidente del Consiglio e dell’ufficio di presidenza.

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma.

«L’elezione ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza assoluta e, dopo il secondo scrutinio, a maggioranza relativa».

(È approvato).

Pongo in votazione il terzo comma nella formulazione proposta dall’onorevole Ministro Scelba, avvertendo che la Commissione mantiene il proprio testo.

«Gli assessori sono nominati dal Consiglio a maggioranza assoluta di voti segreti, e sono preposti dal Presidente della Valle ai singoli rami dell’Amministrazione».

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo in votazione il testo del progetto:

«Gli assessori preposti ai singoli rami dell’Amministrazione sono nominati dai Consiglio su proposta del Presidente della Giunta».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 34. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta è il capo dell’amministrazione regionale e rappresenta la Regione.

«Promulga le leggi ed i regolamenti regionali».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 35. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«L’ufficio del Presidente della Giunta regionale o di assessore è incompatibile con qualsiasi altro ufficio pubblico».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 36. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio della Valle ha facoltà di istituire organi di consulenza tecnica».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo VI: «Lingua e ordinamento scolastico». Si dia lettura dell’articolo 37.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nella Valle d’Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana.

«Gli atti pubblici possono essere redatti nell’una o nell’altra lingua, eccettuati i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, i quali sono redatti in lingua italiana.

«Le amministrazioni statali assumono in servizio in Valle d’Aosta possibilmente funzionari originari della Regione o che conoscano la lingua francese».

PRESIDENTE. A questo articolo l’onorevole Rodi ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il primo e il secondo comma con i seguenti:

«Nella Valle d’Aosta ha libero corso la lingua francese.

«Gli atti pubblici sono redatti in lingua italiana».

Ha facoltà di svolgerlo.

RODI. Io credo che sarebbe anche inutile svolgere questo emendamento, poiché non è difficile rilevare che l’articolo 37 è per lo meno strano nella sua formulazione.

Se la Valle d’Aosta è una Regione italiana, la lingua ufficiale della Valle è quella italiana. Se tuttavia numerosi sono i cittadini che parlano la lingua francese nella Valle, noi possiamo affermare in questo articolo 37 che la lingua francese ha libero corso. (Commenti a sinistra). Però è chiaro che gli atti ufficiali, tutti indistintamente, devono essere redatti in lingua italiana. E io non comprendo perché in questo articolo 37 solo gli atti giudiziari fanno eccezione, nel senso che essi debbono obbligatoriamente essere redatti in lingua italiana. Col mio emendamento desidero estendere a tutti gli atti pubblici la lingua italiana.

Non trovo ragione sufficiente, perché si debba in una Regione italiana parificare una lingua all’altra. Col mio emendamento desidero affermare che la lingua della Regione è l’italiana, e che quindi tutti gli atti pubblici devono essere redatti in lingua italiana.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore…

LUSSU, Relatore. Io devo fare riferimento su questo punto che, come ciascuno vede, è estremamente delicato ed importante, all’articolo 17 del decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, che ho più volte ricordato stamane.

In esso è detto al primo comma: «Nella Valle d’Aosta è consentito il libero uso della lingua francese nei rapporti con le autorità politiche amministrative e giudiziarie».

Noi abbiamo lungamente discusso in seno alla Commissione e siamo arrivati alla conclusione che la formula migliore da adottare è quella consacrata nel testo. Anche se si discutesse ancora più a lungo di quello che non abbiamo fatto noi, non sarebbe facile trovare una formula più soddisfacente.

L’onorevole Rodi ha creduto di trovarne una con le parole «libero corso». Ma «libere corso» si presta a critiche abbastanza giustificate. Libero corso significa corso libero e in Val d’Aosta si potrebbe anche ridere di questa dizione. Il corso è libero se si passa nei tempi in cui i valichi sono sgombri dalla neve, ma non è più libero di fronte ai roccioni che scendono dall’alto e alla neve che arresta il passaggio.

Io credo che anche l’onorevole Rodi si persuaderà che quella sua espressione non è la più felice.

Quando noi diciamo che la lingua francese è parificata, intendiamo dire che la prima lingua ufficiale è quella italiana e che la lingua francese è parificata a questa. Quindi da un punto di vista del prestigio nazionale – che sarebbe anche discutibile in questo caso – mi pare si possa stare tranquilli.

Nel secondo comma del decreto legislativo luogotenenziale, che ho citato, è detto:

«Gli atti pubblici possono essere redatti in lingua francese, eccettuate le sentenze dell’autorità giudiziaria».

Come i colleghi possono constatare, il testo della Commissione ha voluto essere più restrittivo verso la lingua francese, perché ha sostituito alla dizione «sentenze dell’autorità giudiziaria» la dizione «provvedimenti dell’autorità giudiziaria», termine più vasto dal punto di vista della lingua italiana. Significa infatti che non solo le sentenze devono essere redatte in lingua italiana, ma anche tutti gli atti che accompagnano il processo nel suo sviluppo, dall’inizio alla sentenza.

Ecco perché credo che non si possa criticare da un punto di vista nazionale quello che abbiamo proposto in conformità del secondo comma dell’articolo 17, e ritengo di esprimere il pensiero della Commissione dicendo che non accettiamo l’emendamento dell’onorevole Rodi.

CHATRIAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHATRIAN. Onorevoli colleghi, la conoscenza e l’uso della lingua francese nella Val d’Aosta costituiscono un patrimonio, una ricchezza plurisecolare dei valdostani, dei valdostani che vivono nella Valle, dei valdostani che si trovano nelle altre Regioni italiane, dei valdostani che sono costretti a emigrare nella vicina Francia o in altri Paesi europei o extraeuropei.

Ciò non ha mai significato e non significa che la Val d’Aosta non sia italianissima e profondamente legata alla Patria italiana, come dimostrano tutte le pagine della sua storia, come dimostra la lotta dei partigiani nella guerra di liberazione, documentata da una minuta pubblicazione della Presidenza del Consiglio, e come dimostra soprattutto l’olocausto, il sacrificio degli alpini valdostani nella guerra mondiale, in cui il battaglione alpini «Aosta» – solo, su 61 battaglioni alpini! – ha ottenuto il massimo riconoscimento del valore: la medaglia d’oro al valor militare! (Applausi).

Ebbene, onorevoli colleghi, questo olocausto degli alpini del battaglione «Aosta» è documentato e consacrato in un libro del 1919 così intitolato: Le livre d’or de la Vallée d’Aoste: les valdostains morts pour la Patrie.

L’uso della lingua francese per elencare i nomi di questi valorosi caduti e per analizzare statisticamente le perdite dei vari paesi della Valle, non diminuisce menomamente il loro sacrificio, non comporta affatto che essi non siano stati allora profondamente italiani!

Fra le tante ingiustizie e i tanti errori di prospettiva che il fascismo commise nella Val d’Aosta, forse il più grave è stato il tentativo di estirpare la lingua francese dalla Val d’Aosta, determinando due risultati: uno voluto e uno non voluto. Quello voluto, di precludere a intere generazioni la conoscenza di questa loro lingua materna; quello non voluto, di far sorgere in Val d’Aosta uno pseudo irredentismo che non aveva avuto nessun precedente nella storia e che non ha nessuna ragion d’essere.

È necessario, onorevoli colleghi, non colposamente consentire gli sfruttamenti, di varia origine e di varia natura, che tendono ancora oggi ad alimentare questo pseudo irredentismo.

Due ordini di critiche possono essere rivolti (e uno è stato rivolto dall’onorevole Rodi) all’uso della lingua francese in Val d’Aosta: il primo, contro l’uso della lingua francese nella lingua corrente e negli atti ufficiali; il secondo, contro i limiti e i termini dell’insegnamento di questa lingua nella scuola.

Ebbene, se non si vuole, in pari tempo, consentire che la lingua francese sia, accanto alla lingua italiana, la lingua della Val d’Aosta, e praticamente impedirlo, non bisogna pretendere che questa lingua non sia quotidianamente usata; che non possa essere assimilata – vorrei dire – senza sforzo, soprattutto dalle classi più umili e persino dagli analfabeti, i quali, sia pure rudimentalmente, solo con l’uso giornaliero possono rendersene padroni.

MALAGUGINI. Non parlano francese, parlano il patois.

CHATRIAN. Mi spiace, egregio collega, tutti i valdostani conoscono la lingua italiana, anche i più umili, e variamente conoscono la lingua francese, e parlano anche il patois.

Quanto ai limiti dell’insegnamento, poiché la questione non è stata posta in discussione, mi riserbo di intervenire se sarà affacciata.

E finisco questa, che vorrei chiamare una dichiarazione di voto.

La concessione dello Statuto, nei termini proposti, nei termini che stiamo esaminando, alla Valle d’Aosta, va in certo modo incontro alle principali aspirazioni dei valdostani; non a tutte, o meglio, non a quelle di tutti, ma è certo che esso dimostra le favorevoli disposizioni del Governo e della Costituente nei confronti dei valdostani.

Nell’interesse dei rapporti fra valdostani e non valdostani esistenti nella Valle, nell’interesse dei rapporti fra i valdostani e gli altri italiani, nell’interesse dei rapporti fra il Governo e la Valle, io prego di desistere da qualsiasi attacco contro la lingua francese in Val d’Aosta, che i valdostani considererebbero veramente offensivo. Non favoriamo le mene di pochi faziosi e di pochi sconsigliati che tendono ad alimentare quello pseudo irredentismo di cui ho parlato, in buona o in mala fede. Riconosciamo pienamente, ed anzi favoriamo l’esercizio di questa lingua; e voi potrete essere certi e pretendere che, con questa e con altre prove di tutela e di amore dello Stato verso la Valle, la Valle collabori pienamente, effettivamente ed efficacemente con il Governo centrale nell’interesse comune.

Infine mi permetto di formulare una affermazione che oso definire solenne: sono certo che i valdostani sono pronti a rispondere, in qualsiasi momento, all’appello della Patria; e che, se essi dovessero essere chiamati a difenderla in una nuova guerra (quod Deus avertat) essi, con i nomi cari del Pays e della Patrie sulle labbra e con le lettere dei loro familiari e le preghiere in lingua francese sul loro cuore, sapranno rinnovare i fasti, i sacrifici e gli eroismi degli alpini della prima guerra mondiale. (Applausi al centro).

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Voglio aggiungere una breve parola a quanto ha detto l’onorevole Chatrian. (Commenti). Mi rincresce che a qualcuno questo meravigli, ma io ho un precedente sopra questa questione, che certamente molti hanno il diritto di ignorare. Il precedente è questo: nel 1914, discutendo il bilancio della pubblica istruzione, io ho sostenuto, insieme all’onorevole Rattone, uno stanziamento maggiore per le scuole di lingua francese che erano allora nella Valle d’Aosta, e c’è ancora il mio ordine del giorno, firmato da altri deputati, in base al quale l’onorevole Rattone fece un discorso che si potrebbe anche ricordare, se non fosse inopportuno di condurre troppo a lungo questa discussione.

Ad ogni modo, fin d’allora questo diritto all’uso delle due lingue nelle scuole e nei pubblici uffici della Valle d’Aosta era già consentito, e non si comprenderebbe ora un ritorno indietro, in un momento nel quale noi diamo alla Valle d’Aosta uno Statuto che presenta una certa larghezza ed è forgiato col sistema della precedente autonomia del Trentino, per la quale la questione della lingua non è stata fatta. Io ricordo come l’onorevole Baccelli, già Ministro della pubblica istruzione, in quella circostanza, ebbe a dire una frase generosa. Egli disse: «La Valle d’Aosta ha un dovere verso la lingua italiana e un diritto verso la lingua francese». «Or bene – aggiungeva l’onorevole Rattone – il dovere si è assolto in modo che non si potrebbe desiderare migliore, perché da noi (in Val d’Aosta) tutti conoscono l’italiano, ed è scomparsa completamente la piaga dell’analfabetismo».

Ma permettete che io mi richiami a qualche cosa di ben maggiore importanza, cioè all’antica costituzione della Valle ed insieme allo Statuto Albertino, che consentiva che i deputati di Val d’Aosta potessero nelle due Camere parlare in francese ed avere la risposta in francese. Non lo avevano fatto mai negli ultimi ventenni, ma prima sì; e nel Parlamento subalpino il francese si è usato in tante occasioni.

Lo Statuto Albertino viene ora ad essere sostituito da questa Costituzione, che deve essere più larga di quella di allora. Noi non possiamo, creando nuove autonomie, far sì che questo Statuto che viene ad incardinarsi appunto alla Costituzione nuova, possa portare una limitazione ad un diritto che queste popolazioni hanno sempre avuto.

È per questo che io appoggio la proposta della Commissione, e voterò per questa con sicura coscienza. (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Onorevole Rodi, conserva il suo emendamento?

RODI. Lo mantengo.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Ho sentito dall’onorevole Chatrian un dato di fatto: che la modesta gente in Val d’Aosta parla il patois, ma che questa gente conosce l’italiano ed il francese. Allora non vedrei la ragione per cui noi dovremmo abdicare al principio che la lingua italiana è la lingua ufficiale dello Stato. Troverei che è opportuno aggiungere una norma simile a quella che era nello Statuto Albertino, per cui sia consentito l’uso della lingua francese anche negli atti pubblici degli enti locali. Ma far diventare la lingua francese una lingua ufficiale, a parità con la lingua italiana, mi sembra andare un po’ oltre.

Mi pare che in questa materia noi seguiamo il moto oscillatorio del pendolo. Si arriva dagli estremi del fascismo, che cambiò la toponomastica, ad un altro estremo, quello di espellere quasi la lingua italiana. (Commenti) Sì, consentitemelo: perché se il Parlamento italiano consente che le due lingue siano parificate, nell’applicazione, la lingua italiana sarà esclusa. (Commenti). Ve l’assicuro io. Altrimenti non si chiederebbe con tanta insistenza questa norma. Nell’applicazione, la lingua italiana sarebbe esclusa. (Commenti) Non c’è nessuna ragione di sancire una norma simile.

Si aggiunga che si può consentire, come io propongo, negli atti pubblici degli enti locali l’uso della lingua francese; o che questi atti siano fatti in forma bilingue; ma non c’è nessuna ragione di parificare le due lingue e di dire che ci sono due lingue ufficiali. Del resto, ve ne siete accorti quando avete scritto in questo Statuto che gli atti dell’autorità giudiziaria devono essere scritti in italiano. Qual è la ragione? Perché lì è la sovranità dello Staio che parla e si esprime in italiano Ma io vi dico che sarebbe ancor più necessario per gli atti dell’autorità giudiziaria che la convinzione e la comprensione di questi atti scenda all’umile gente. Perché una sentenza ha la funzione di spiegare le ragioni del diritto. Una sentenza deve convincere.

Io non comprendo perché, giusto per le sentenze, si dovrebbe creare l’eccezione. La verità è questa: che la sovranità dello Stato si esprime nella lingua ufficiale dello Stato, e tutti gli atti che sono espressione della sovranità del nostro Stato devono essere nella nostra lingua italiana. Che, se intensamente italiani sono quelli della Val d’Aosta, come non dubito, loderanno questo mio intervento e loderanno la Costituente, se essa voterà a favore della mia proposta: cioè, che la lingua italiana è la lingua della Regione, ma che è consentito l’uso della lingua francese negli atti ufficiali degli enti locali.

BORDON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON. Mi associo alle parole dell’onorevole Chatrian.

Vi prego di considerare la delicatezza di questa materia; le preoccupazioni che si sono qui manifestate sono semplicemente assurde oltreché offensive. Come si può affermare che colle disposizioni in esame la lingua italiana potrebbe venire eliminata dalla Valle?

Già altra volta con mia sorpresa ho sentito in quest’Aula confondere la nostra autonomia con altri movimenti sacrileghi, che noi condanniamo e coi quali nulla ha a che fare la nostra autonomia.

La Commissione ha elaborato con la massima coscienza la disposizione in esame: essa risponde al dettato delle nostre coscienze e ai diritti della nostra Valle.

Vi prego di votare questo articolo com’è proposto, respingendo l’emendamento proposto dell’onorevole Rodi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Rodi, così modificato, in sostituzione del primo comma dell’articolo 37:

«Nella Valle d’Aosta ha libero corso la lingua francese».

(Non è approvato).

Pongo ora in votazione il primo comma nel testo proposto dall’onorevole Condorelli:

«Nella Valle d’Aosta la lingua ufficiale è la lingua italiana».

(Non è approvato).

Pongo in votazione il primo comma nel testo del progetto:

«Nella Valle d’Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana».

(È approvato).

Passiamo al secondo comma. L’onorevole Rodi propone il seguente testo:

«Gli atti pubblici sono redatti in lingua italiana».

Lo pongo in votazione.

(Non è approvato).

Pongo ora in votazione il testo proposto dall’onorevole Condorelli:

«È consentito l’uso della lingua francese negli atti degli Enti locali».

(Non è approvato).

Pongo in votazione il secondo comma nel testo del progetto:

«Gli atti pubblici possono essere redatti nell’una o nell’altra lingua, eccettuati i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, i quali sono redatti in lingua italiana».

(È approvato).

Pongo in votazione l’ultimo comma:

«Le amministrazioni statali assumono in servizio in Valle d’Aosta possibilmente funzionari originari della Regione o che conoscano la lingua francese».

(È approvato).

Presidenza del Vicepresidente TARGETTI

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 38. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nelle scuole di ogni ordine e grado, esistenti nella Regione, all’insegnamento della lingua francese è dedicato un numero di ore settimanali pari a quello della lingua italiana.

«L’insegnamento di alcune materie può essere impartito in lingua francese».

L’onorevole Bettiol ha proposto il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: nelle scuole di ogni ordine e grado esistenti nella Regione, sostituire le parole: Nelle scuole di ogni ordine e grado dipendenti dalla Regione».

Ha facoltà di svolgerlo.

BETTIOL. Leggendo questo progetto di Statuto particolare della Valle d’Aosta, per quanto riguarda la disciplina delle questioni scolastiche, che presenta indubbiamente un interesse fondamentale, mi sono accorto – e vorrei sbagliarmi – che la disciplina prevista da questo Statuto si diversifica profondamente dalla disciplina che ieri abbiamo adottata per quanto concerne il regime scolastico nel Trentino-Alto Adige. È in questo senso che, mentre noi giustamente dobbiamo garantire la possibilità ai nativi di sviluppare nelle loro scuole la loro tradizione culturale e la loro civiltà, dobbiamo però anche preoccuparci che gli immigrati, i quali sono in fortissimo numero nella Val d’Aosta, possano liberamente cercare di avere quella educazione scolastica, quei tipi di scuole che più si confanno alle loro tradizioni particolari.

In modo particolare, sarebbe opportuno fare in modo che la facoltà, di cui all’articolo 38, riguardi soltanto le scuole dipendenti dalla Regione, perché in queste scuole dipendenti dalla Regione è vivo l’interesse all’insegnamento della lingua francese, di questa lingua nella quale, appunto, si esprimono più chiaramente le manifestazioni dei valdostani.

Quindi, il mio emendamento tende da una parte a creare scuole di Stato con libertà di insegnamento per quanto riguarda la lingua da usarsi nella scuola, e dall’altra a limitare questa autonomia dell’insegnamento in lingua francese, soltanto alle scuole dipendenti dalla Regione stessa.

Questo per quanto riguarda l’articolo 38. Mi riservo di riprendere poi la parola per quanto riguarda l’articolo 39.

PRESIDENTE. L’onorevole Malagugini ha proposto di sopprimere il secondo comma.

Ha facoltà di svolgere l’emendamento.

MALAGUGINI. Il secondo comma dell’articolo 38 dice: «L’insegnamento di alcune materie può essere impartito in lingua francese». Credo che non sfugga a nessuno la gravità di questa affermazione ed io penso che neppure il collega onorevole Chatrian la vorrà accettare. Che si adotti esclusivamente la lingua francese per l’insegnamento di alcune materie mi pare eccessivo. Ho cercato di aver lumi in proposito dal collega onorevole Bordon, ma egli si è limitato a dirmi che, se, a mo’ d’esempio, si volesse insegnare l’educazione fisica in lingua francese, non lo si dovrebbe proibire. Lo si faccia pure, in pratica, ma non lo si sancisca in un articolo di una legge costituzionale.

Mi pare che queste osservazioni semplicissime debbano essere sufficienti per indurre i colleghi ad eliminare questo comma in un articolo che già di per sé concede molto alla Regione ed alle sue esigenze linguistiche.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Lussu di esprimere il parere della Commissione su questi emendamenti.

LUSSU, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento Bettiol al primo comma.

Per il secondo comma, la situazione è un po’ più difficile e credo che l’Assemblea se ne renda conto. Nel decreto legislativo luogotenenziale è detto che l’insegnamento di alcune materie può essere impartito in lingua francese. Noi abbiamo esaminato questo punto e siamo arrivati alla conclusione, che era indispensabile inserirlo nello Statuto stesso, perché altrimenti si veniva ad intaccare un diritto contemplato nella legislazione che è oggi in atto. Vero è che oggi, che io sappia, non si insegna nessuna materia in lingua francese, né la storia, né la geografia, né la matematica, né altro. La Giunta della Valle ci aveva proposto anche una serie di materie da inserire obbligatoriamente nello Statuto.

La Commissione non ha aderito a questa richiesta ed ha voluto consacrare nello Statuto la stessa formula che è inserita nel decreto legislativo luogotenenziale citato. Io capisco, e la Commissione comprende, le apprensioni di qualcuno; peraltro, all’articolo 39 c’è il correttivo, e la garanzia perché questi adattamenti di cui all’articolo 39 (compreso l’insegnamento della lingua francese) sono applicati e resi esecutivi da Commissioni miste e paritetiche, composte di rappresentanti del Ministero della pubblica istruzione e dei rappresentanti del Consiglio della Valle.

Quindi è una cosa da esaminare, da discutere profondamente e da decidere, ma una certa tranquillità la possiamo avere.

La Commissione pertanto ritiene che deve insistere nel difendere il suo testo e nel raccomandarlo alla approvazione della Assemblea.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma con l’emendamento Bettiol, accettato dalla Commissione, così formulato:

«Nelle scuole di ogni ordine e grado, dipendenti dalla Regione, all’insegnamento della lingua francese è dedicato un numero di ore settimanali pari a quello della lingua italiana».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Pongo ora in votazione il secondo comma del quale l’onorevole Malagugini ha chiesto la soppressione, non accettata dalla Commissione:

«L’insegnamento di alcune materie può essere impartito in lingua francese».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Presidenza del Presidente TERRACINI

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ritengo opportuno che si passi ora alla votazione dell’ordine del giorno presentato in principio di seduta dell’onorevole Franceschini e da altri deputati.

Rammento che l’onorevole Franceschini lo ha già svolto e che il Relatore e il Presidente della Commissione, avevano dichiarato di accettarlo. .

Pongo pertanto in votazione l’ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente, conscia delle particolari delicate esigenze di unità e organicità, che sono proprie dell’insegnamento primario e secondario d’ogni tipo e grado, esprime il voto che l’ordinamento giuridico, didattico e amministrativo della scuola italiana non possa essere sostanzialmente modificato dalla eventuale applicazione di norme integrative o d’attuazione, secondo gli statuti regionali speciali».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 39. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge.

«L’insegnamento della varie materie è disciplinato dalle norme e dai programmi in vigore nello Stato, con gli opportuni adattamenti alle necessità locali.

«Tali adattamenti, nonché le materie da insegnarsi in lingua francese, sono approvati e resi esecutivi da Commissioni miste paritetiche, composte di rappresentanti del Ministero della pubblica istruzione e di rappresentanti del Consiglio della Valle».

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Pregherei di voler considerare soppressa al secondo comma di questo articolo la parola «paritetiche».

PRESIDENTE. Sta bene. A questo articolo, l’onorevole Bettiol ha proposto il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Tali adattamenti, nonché le materie che possono essere insegnate in lingua francese, sono approvati e resi esecutivi, sentite le Commissioni miste composte di rappresentanti del Ministero della pubblica istruzione e di rappresentanti del Consiglio della Valle».

Ha facoltà di svolgerlo.

BETTIOL. Il mio emendamento tende in sostanza ad ammorbidire quello che è stato il principio approvato con il capoverso dell’articolo 39, tanto da un punto di vista formale quanto da un punto di vista procedurale. Anzitutto la frase «materie da insegnarsi» non concorda più con il capoverso dell’articolo 38, per il quale l’insegnamento della lingua francese è puramente facoltativo: «da insegnarsi» dà l’idea invece dell’obbligatorietà.

In secondo luogo, il mio emendamento reca semplicemente «sentite le Commissioni miste» al posto di «da commissioni miste paritetiche»; questo significa che l’ultima decisione è deferita alla potestà di un organo statale. Non ho altro da aggiungere.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Geuna, Rapelli, Franceschini, Bertola, hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere al secondo comma, in fine, le seguenti parole: e dei sindacati della scuola».

L’onorevole Geuna ha facoltà di svolgere l’emendamento.

GEUNA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, noi abbiamo chiesto che si aggiunga, al termine dell’articolo 39, là dove è detto che alcune materie possono eventualmente insegnarsi in lingua francese, previa approvazione da parte di commissioni miste composte di rappresentanti del Ministero della pubblica istruzione e di rappresentanti del Consiglio della Valle, anche di «rappresentanti del sindacato della scuola».

Noi riteniamo che questa nostra proposta sia accettabile, dato che, una volta che l’articolo parla di opportuni adattamenti per queste materie da insegnarsi in lingua francese, è evidente che il sindacato della scuola, essendo particolarmente vicino a queste necessità locali, potrà portare una voce di esperienza e recherà quell’insopprimibile elemento che – senza sviluppare l’opposto – vorrei chiamare «tecnico» nella soluzione dei vari problemi, così come il Consiglio della Valle eserciterà anche in questo campo un’azione di difesa, di tutela dell’autonomia valdostana e il Ministero della pubblica istruzione recherà la garanzia, per lo meno, di organicità e di unità nel campo dell’insegnamento, pur con gli adattamenti in questione. Mi permetto poi chiedere alla Commissione le ragioni per cui è addivenuta alla soppressione del termine «paritetiche».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati e Moro hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere, alla fine del secondo comma, le parole: e presiedute dal Presidente della Commissione di coordinamento».

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Onorevole Presidente, io lo ritiro associandomi a quello dell’onorevole Bettiol, mantenendolo solo in via subordinata per il caso in cui l’Assemblea respinga quello dell’onorevole Bettiol.

PRESIDENTE. L’onorevole Malagugini ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma sostituire le parole: composte di ecc., con le altre: composte di rappresentanti del Consiglio della Valle e del Ministro della pubblica istruzione sotto la presidenza di un altro funzionario del Ministero stesso».

Ha facoltà di svolgerlo.

MALAGUGINI. Non ho niente da dire per illustrarlo, perché le ragioni che hanno ispirato il mio emendamento mi pare siano evidenti.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Voglio fare soltanto un’osservazione: se si vuole introdurre la rappresentanza professionale o tecnica, credo si debba dire, in generale, «rappresentanza dei professori, degli insegnanti ecc.», ma non dei sindacati, che non sono giuridicamente riconosciuti. Nelle leggi finora abbiamo sempre adottato questa forma, perché non possiamo escludere l’uno e includere l’altro. Diciamo semplicemente «rappresentanti del corpo insegnanti», e poi le norme regolamentari stabiliranno quali sono.

GEUNA. Accetto la modificazione.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Lussu, di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti proposti.

LUSSU, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento proposto dall’onorevole Bettiol, di sostituire le parole «le materie da insegnarsi» con quelle: «le materie che possono essere insegnate», riconoscendo che lasciando detto così com’è nel testo sembra un’affermazione categorica, quale invece non vuole essere.

Per quanto riguarda la seconda parte del secondo comma, evidentemente non è stata avvertita la dichiarazione che ha fatto il nostro Presidente onorevole Perassi poc’anzi. Egli ha detto che la Commissione correggeva in questo senso: «resi esecutivi da Commissioni miste», togliendo l’aggettivo «paritetiche».

Questo si è dovuto fare in seguito al fatto che qualcuno ha osservato che nel testo del decreto legislativo luogotenenziale, al quale noi ci siamo riferiti, effettivamente quel «paritetiche» non c’era. E allora si è ritenuto di lasciare soltanto «Commissioni miste». Ma quando si lascia «Commissioni miste» nello Statuto, così com’è nel testo del primo decreto, evidentemente non bisogna imporre una sovrastruttura di Presidenti, ecc. come qualcuno ha fatto, perché è sufficiente dire «rappresentanti del Ministero della pubblica istruzione e i rappresentanti del Consiglio ella Valle».

Credo, poi, che la Commissione aderisca senz’altro ad includere la rappresentanza degli insegnanti, perché è troppo giusto che ci siano. Però preferibilmente insegnanti – questo dovrebbe dipendere dalla discrezionalità del Corpo interessato – che conoscano bene l’ambiente e la lingua, che siano cioè interpreti di reali esigenze locali.

In questo senso la Commissione può aderire agli emendamenti proposti dagli onorevoli Bettiol e Geuna. Quanto all’emendamento Malagugini, la Commissione a mio mezzo dichiara di non poterlo accettare.

MALAGUGINI. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Vorrei sapere che cosa significano queste Commissioni miste e che valore ha da parte della Commissione l’aver tolto l’aggettivo «paritetiche». Se lo si è tolto, lo si è fatto per un motivo, non perché fosse un pleonasmo. Dunque bisognerà dire come queste Commissioni sono composte, e da chi sono presiedute, perché possano funzionare.

UBERTI. Sempre in mano alla burocrazia centrale!

MALAGUGINI. Se non vi piace l’Alto funzionario, non insisto; ho adoperato questa dizione generica, ma si potrebbe anche modificare e specificare. L’importante è che ci sia uno che presieda in modo che questa materia delicata sia trattata con la serietà che merita.

BETTIOL. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Non ho compreso bene il parere della Commissione circa la sostanza del mio emendamento, perché mentre nel testo del progetto il parere delle Commissioni ha carattere vincolante, nel mio emendamento ha soltanto carattere consultivo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.

LUSSU, Relatore. Le deficienze sono inevitabili, perché i testi degli emendamenti vengono presentati all’ultimo momento e la Commissione non li ha sott’occhio.

Noi abbiamo inteso di non accettare l’emendamento Bettiol.

Noi intendiamo che gli adattamenti da apportarsi e le materie da insegnarsi in lingua francese, siano approvati e resi esecutivi, perché, cancellando «paritetiche» ritengo ci sia una ampia garanzia.

E adesso si entra nel merito. Come saranno composte queste Commissioni? Vorrei chiedere all’onorevole Bordon come sono composte oggi queste Commissioni, e se mai hanno funzionato. Io non saprei dirlo. Ma a me pare che quando ci siano i rappresentanti del Ministero, del Consiglio della Valle, degli insegnanti, basti che il più autorevole assuma le funzioni di Presidente della Commissione. (Commenti).

Se vogliamo precisare anche come deve avvenire la nomina, entriamo in un altro campo.

Su questo ho bisogno di consultarmi col Presidente o coi colleghi, perché non posso improvvisare la composizione della Commissione mista.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non credo che sia necessario occuparsi di questo particolare. Qui stiamo facendo una legge, non un regolamento.

LUSSU, Relatore. Si potrebbe dire: «presieduta dal rappresentante del Ministero». (Commenti).

Se si volesse specificare tutto dove si andrebbe a finire? Dovremmo accettare molti emendamenti aggiuntivi, e dovremmo persino dire come verranno nominati i rappresentanti degli insegnanti.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Trovo che bisognerebbe risolvere il quesito posto dall’onorevole Bettiol. La questione del Presidente, diviene importante soltanto se la Commissione dovrà essere organo esecutivo e non puramente consultivo. Quindi, credo che bisogna votar prima l’emendamento dell’onorevole Bettiol. Se viene approvato, la questione della presidenza della Commissione non ha più ragione d’essere.

LUSSU, Relatore. La Commissione non accetta l’emendamento Bettiol.

PRESIDENTE. Sarebbe necessario che venisse completato questo comma, o per lo meno si facesse riferimento alle disposizioni ulteriori che verranno stabilite.

A questo proposito v’è la proposta dell’onorevole Mortati, che vorrebbe affidare la Presidenza di questa Commissione al Presidente della Commissione di coordinamento.

GEUNA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GEUNA. Scusi, signor Presidente; sarò giudicato pedante, ma devo dichiarare che non ho avuto soddisfazione circa i motivi per cui è stata tolta la parola «paritetiche».

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, la prego di rispondere.

LUSSU, Relatore. Io lo avevo detto. Alcuni colleghi ci hanno fatto osservare che il testo del decreto legislativo luogotenenziale parlava di Commissioni miste, e pertanto ci hanno pregato di ritornare al testo. Noi abbiamo creduto doveroso accettare questo suggerimento. Ecco perché abbiamo cancellato la parola «paritetiche».

Invece, creando «Commissioni miste», è chiaro (e il fatto stesso che abbiamo aderito alla richiesta che fosse inserito il rappresentante del corpo degli insegnanti lo dimostra), che si hanno in modo certo tutte le garanzie.

Quando noi accettiamo che la Commissione sia composta del rappresentante del Ministero della pubblica istruzione, del rappresentante del Consiglio della Valle, del rappresentante del corpo degli insegnanti, non basta?

Dobbiamo anche dire come verrà nominato il Presidente e con quali modalità saranno nominati il rappresentante del Ministero, quello del corpo degli insegnanti e quello del Consiglio della Valle?

Credo francamente che non sia necessario.

PRESIDENTE. Probabilmente non è necessario dire in che modo si provvede alla nomina dei componenti, ma è necessario dire chi presiede questa Commissione. Si dica pure che la Commissione si eleggerà un Presidente. Anche questa è una formula, ma occorre dirlo.

LUSSU, Relatore. La Commissione quando si riunisce nomina un Presidente. E non è automatico e implicito che i tre si riuniscano e uno presieda? È proprio necessario dirlo?

Non è poi da accettare l’emendamento del collega onorevole Mortati, che vorrebbe che il Presidente della Commissione di coordinamento fosse anche il Presidente di questa Commissione scolastica. Francamente, sarà un capace e degno funzionario, ma è bene che il Ministero dell’interno non si occupi di questi problemi scolastici.

GEUNA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GEUNA. Io chiedo venia se sono così insistente, ma ritengo necessario che il mio pensiero sia esattamente compreso.

A fortiori, se la Commissione ha lasciato il termine «paritetica» e quindi si è ridotta a questa formazione di Commissione mista, questo ripiegare su delle Commissioni miste non paritetiche postula che vi sia una presidenza.

Se noi stiamo allo spirito del testo della Commissione, per cui le decisioni hanno un carattere esecutivo, logicamente, siccome questa decisione si trasferirà immediatamente in atto e avrà valore per la Valle, occorre che vi sia un’autorità che possa raccogliere i frutti della discussione di tre volontà diverse e decidere. Se, invece si aderisce al testo Bettiol, per il quale io – e valga come dichiarazione di voto – voterò contro, per cui queste Commissioni si riducono ad un puro carattere consultivo, allora sarà il Consiglio della Valle che, in veste di organo legislativo ed esecutivo, avrà facoltà di tradurre o meno in atto le norme stesse deliberate.

PRESIDENTE. Pongo intanto in votazione il primo comma dell’articolo 39 nel testo del progetto:

«L’insegnamento delle varie materie è disciplinato dalle norme e dai programmi in vigore nello Stato, con gli opportuni adattamenti alle necessità locali».

(È approvato).

Passiamo al secondo comma nella formulazione proposta dall’onorevole Bettiol.

«Tali adattamenti, nonché le materie che possono essere insegnate in lingua francese, sono approvati e resi esecutivi, sentite le Commissioni miste composte di rappresentanti del Ministero della pubblica istruzione e di rappresentanti del Consiglio della Valle».

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Pregherei di votare questo comma per divisione. Vi è una modifica al testo della Commissione che consiste nel dire anziché «le materie da insegnarsi», «le materie che possono essere insegnate».

Per l’altra parte, prima di passare ad un voto, per chiarire le idee, e soprattutto avuto riguardo alla proposta Bettiol, bisogna sapere bene che cosa vuol dire «sono approvati e resi esecutivi». Da chi? Se si dice: «resi esecutivi sentite la Commissioni» potrebbe credersi che l’autorità che rende esecutivi questi programmi è l’autorità regionale. Non credo che l’emendamento Bettiol corrisponda allo scopo che aveva in vista. Quindi credo che, in luogo di dire «sentite la Commissioni», può restare il testo attuale «sono approvati e resi esecutivi da Commissioni», ma bisogna che risulti ben chiaro che la Commissione non è un organo della Regione ma è un organo dello Stato, il che può farsi risultare dicendo che il Presidente di questa Commissione è nominato dal Ministro.

Io proporrei a questo riguardo di dire in fondo: «e presiedute da un provveditore agli studi designato dal Ministro della pubblica istruzione».

PRESIDENTE. Pongo in votazione il secondo comma nella formulazione dell’onorevole Bettiol.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Geuna, così definitivamente formulato:

«e di rappresentanti degli insegnanti».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 40. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione provvede all’istruzione materna, elementare, professionale e media e all’educazione fisica della gioventù.

«La Regione nomina il sovraintendente agli studi e gli insegnanti e il personale delle scuole da essa dipendenti.

«Gli insegnanti devono possedere i titoli di studi prescritti dalle leggi dello Stato.

«Gli insegnanti delle scuole elementari debbono essere nominati in seguito a concorso.

«Quelli delle scuole medie devono essere nominati fra i vincitori di un concorso statale.

«È ammesso il passaggio degli insegnanti dai ruoli statali a quelli regionali e viceversa secondo le norme stabilite con legge della Repubblica.

«Le nomine del personale di cui al presente articolo sono subordinate alla dimostrazione della conoscenza della lingua francese.

«Lo stato giuridico ed economico degli insegnanti è regolato da norme conformi a quelle vigenti per gli insegnanti dei ruoli statali».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Franceschini, Bertola, Tega, Ponti, Preti, Tonello, Ferrarese, Guerrieri Filippo, Rapelli e Ferreri, hanno preposto di sopprimerlo. L’onorevole Franceschini ha facoltà di svolgere l’emendamento.

FRANCESCHINI. Mi rivolgo prima di tutto al rappresentante della Val d’Aosta, l’onorevole Bordon, per dirgli che solo amore e simpatia verso i colleghi insegnanti e verso gli allievi della Val d’Aosta muovono le mie parole, anzi le nostre parole: poiché io parlo a nome del Gruppo della scuola.

Vi è in questo articolo 40 una contraddizione patente con l’articolo 3 lettera g), che dice che la Regione ha la potestà di emanare norme legislative di integrazione e di attuazione delle leggi della Repubblica nei riguardi dell’istruzione materna, elementare e media. Dunque, norme di semplice integrazione ed attuazione; mentre, al contrario, l’articolo 40 provvede alla scuola con legislazione primaria; benché, infatti, esso si uniformi alla legislazione italiana, tuttavia afferma una primarietà giurisdizionale che è in contraddizione palese con l’articolo 3 lettera g). La legislazione concessa dall’articolo 3, già approvato, è, lo ripetiamo, di integrazione e di attuazione soltanto.

Ora, quando si dice che «la Regione provvede all’istruzione materna, elementare… ecc.» che cosa v’è di più primario di questa attribuzione? (Interruzione del deputato Bordon). Mi pare che quando si dice, ad esempio, «provvede alla nomina del sovraintendente» questa affermazione implichi un potere pieno e assoluto: ciò che, come ho detto, è contradittorio.

È vero che l’onorevole Lussu ha invocato stamane il decreto legge 11 novembre 1946, il quale concede tale facoltà, attualmente in vigore. Ma che significa questo? Perché dobbiamo noi tradurre una semplice legge, che è contingente, che può mutare, che può essere confermata per lunghi anni ma anche abrogata, in un articolo di Statuto la cui caratteristica è invece quella di essere fermo, stabile, e che dovrebbe dare netto profilo giuridico alla scuola valdostana? Non v’è ragione.

Ecco la nostra proposta: lasciamo che la legge 11 novembre 1946 operi, conforme a quanto essa fa già praticamente; e teniamoci alla norma sancita dall’articolo 3, lettera g) la quale conferisce ampie libertà, ma nell’ambito dell’ordine del giorno già da noi votato, cioè di una potestà secondaria.

Aggiungo, però, e questo ha la sua importanza, che noi comprendiamo e riconosciamo il pieno diritto dei valdostani a pretendere che i loro insegnanti conoscano anche la lingua francese. E perciò vorrei che noi stralciassimo e affidassimo alla Commissione il penultimo alinea dell’articolo 40, là dove dice che «le nomine degli insegnanti (di tutti gli insegnanti) sono subordinate alla dimostrazione della conoscenza della lingua francese». La Commissione potrebbe aggiungere questo comma all’articolo 37 o all’articolo 38 o all’articolo 39; e così avremmo svuotato l’articolo 40 di tutto quello che è illegale e contradittorio (Interruzione del deputato Uberti).

Onorevole Uberti, non v’è niente di inconfessabile in quello che dico; v’è solo la constatazione della contradizione palese che dobbiamo evitare. Ripeto che l’articolo 3 provvede chiaramente a garantire la potestà integrativa. Quando noi salviamo il penultimo comma dell’articolo 40, provvediamo in pieno a tutto ciò che di sostanziale e di giusto ha l’articolo 40.

Ecco perché prego l’onorevole Bordon, come rappresentante della Valle, di comprendere le particolari esigenze esposte da noi, Gruppo della Scuola, e di aderirvi.

BORDON. È una materia amministrativa.

FRANCESCHINI. Quando il primo comma dice «la Regione provvede alla istruzione» inequivocabilmente vi si parla di legislazione primaria.

LUSSU, Relatore. Ma no! La legislazione primaria è solo dello Stato.

CODIGNOLA. Non è affatto chiaro.

FRANCESCHINI. Non è salvaguardato per nulla il concetto di integratività.

Concludendo: sostengo che nell’articolo 40 non è in modo assoluto garantito il rispetto dell’articolo 3, lettera g), e pertanto lo respingo; salvo il penultimo comma, che noi affidiamo ben volentieri alla Commissione, riconoscendo il pieno diritto dei Valdostani a pretendere che i loro insegnanti e dirigenti di scuola conoscano anche la lingua francese.

PRESIDENTE. L’onorevole Bettiol propone il seguente emendamento:

«Aggiungere, in fine, il seguente comma:

«Agli insegnanti attualmente in servizio resta garantito il rispetto dei diritti loro riconosciuti dalle leggi dello Stato».

Ha facoltà di svolgerlo.

BETTIOL. Ho presentato questo emendamento per venire incontro a tutti gli insegnanti, i quali ci mandano telegrammi e proteste, perché temono che, passando alle dipendenze della Regione, le loro tasche diventino dello stesso colore della loro verde vallata! (Si ride).

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati propone:

«Aggiungere al sesto comma le parole: in quanto non si tratti di insegnanti che abbiano vinto un concorso statale».

Ha facoltà di svolgere l’emendamento.

MORTATI. Vorrei associarmi in via principale alla proposta di soppressione dell’articolo 40. Però non per le ragioni formulate dall’onorevole Franceschini, non del tutto fondate, ma per altre considerazioni. Infatti non è esatto che l’attività affidata alla Regione dall’articolo 40 abbia carattere primario poiché essa riguarda solo l’esercizio dell’amministrazione scolastica. L’articolo 3 dello Statuto che esaminiamo conferisce alla Regione potestà di emanare norme legislative di integrazione e di attuazione delle leggi della Repubblica in materia scolastica, mentre il successivo articolo 4 stabilisce che la Regione esercita le funzioni amministrative nelle materie nelle quali essa ha potestà legislativa a norma dei due precedenti articoli. Mi pare pertanto che la facoltà di amministrare la scuola nasca già dall’articolo 4 e quindi la norma dell’articolo 40 è da sopprimere, perché superflua. Quanto poi alla parte di quest’articolo, che dispone per i docenti la necessità della conoscenza della lingua francese, essa mi pare altrettanto superflua, perché è stabilito, nell’ultimo comma dell’articolo 37, da noi poco fa approvato, tale obbligo per tutti gli impiegati. Perciò ritengo che si debba eliminare l’articolo, non per le ragioni dette da altri, ma per la sua superfluità.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Ho chiesto di parlare, onorevoli colleghi, unicamente per associarmi toto corde alle considerazioni dell’onorevole Franceschini. Volere o no, i maestri della Valle d’Aosta verranno ad avere uno stato giuridico diverso da quello di tutti gli altri maestri italiani. (Commenti al centro).

BORDON. Lo dice lei!

TONELLO. Lo dico io? Quando ho letto questo articolo non ho avuto più dubbi sul fatto che i maestri non hanno più il loro stato giuridico, passando alle dipendenze dell’amministrazione della Valle d’Aosta.

UBERTI. Conservano lo stato giuridico.

TONELLO. Conservano un bel nulla! Per questi motivi mi associo all’emendamento Franceschini.

RODI. Dobbiamo associarci alle voci arrivate da tutte le parti di Italia, di maestri e professori, dalla cui volontà noi non possiamo prescindere. (Proteste al centro).

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. La Commissione non riesce a capire come in questa Assemblea vi siano dei colleghi che possano pensare ad un’assurdità simile! Solo l’illustre professore e collega Mortati poteva essere fra questi.

PRESIDENTE. Ma ve ne sono numerosi altri.

TONELLO. …i quali conoscono la scuola.

LUSSU, Relatore. Ma se lo stesso Ministro Gonella ha creato l’ordinamento che voi volete sopprimere!

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di soppressione dell’articolo 40.

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Onorevole Lussu, tenga presente, la prego, la considerazione, questa volta certamente a lei gradita, fatta dall’onorevole Mortati il quale ha detto che, in base all’articolo 3, tutte queste norme possono essere stabilite dalla Regione. La differenza, evidentemente, sarà nel fatto che poste nello Statuto avrebbero avuto valore costituzionale, e quindi entro certi limiti intangibili, mentre stabilite con una legge della Regione possono essere più facilmente modificabili dalla Regione stessa.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Poiché l’articolo è stato soppresso, sto preparando un articolo che possa sodisfare tutti. Evidentemente, molti colleghi arrivati tardi, non avendo assistito a tutta la discussione, non conoscendo i precedenti della legge sulla Val d’Aosta e sull’insegnamento, hanno votato una cosa che è estremamente grave. (Interruzioni). Comunque, sto preparando un testo che elimini le apprensioni.

PRESIDENTE. Sta bene, lo prepari. Intanto proseguiamo nell’esame degli articoli successivi. Passiamo al Titolo VIII: «Ordinamento degli uffici di conciliazione».

Si dia lettura dell’articolo 41.

AMADEI, Segretario, legge:

«L’istituzione degli uffici di conciliazione nei comuni della Valle d’Aosta è disposta con decreto del Presidente della Giunta previa deliberazione di questa.

«I giudici conciliatori e vicegiudici conciliatori sono nominati con decreto del Presidente della Giunta, sentita la Giunta stessa, su proposta dei Consigli comunali interessati, con l’osservanza delle disposizioni delle leggi dello Stato.

«La revoca o la dispensa per incapacità o per motivi di salute dei giudici conciliatori è disposta con decreto del Presidente della Giunta, sentita la Giunta, su proposta del Presidente del tribunale d’Aosta. La dispensa per dimissioni volontarie è pronunciata con decreto del Presidente della Giunta».

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, dall’articolo 40 al 44 non vi è nessun suo emendamento.

Comunque, ha facoltà di parlare.

MORTATI. In sostanza, si tratta di questo: ieri abbiamo approvato una disposizione che riguardava lo stesso argomento. In linea preventiva, bisognerebbe, a mio avviso, sopprimere il titolo, ma non insisto su questa pregiudiziale soppressiva, anche in vista della votazione di ieri sera.

Vorrei che, mantenendosi quest’articolo, si adegui la sua formulazione a quella già approvata ieri per il Trentino. L’attuale proposta della Commissione diverge da quella già approvata ieri sera, nel senso che vi è un’estensione rispetto a quello che abbiamo approvato ieri.

Quindi io sopprimerei il primo comma e lascerei il secondo comma così come sta, con questa precisazione: che si menzioni il carattere di attività delegata di questa funzione attinente alla giurisdizione attribuita alla Regione.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati propone, in sostanza, la soppressione del primo comma. L’onorevole Lussu ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LUSSU, Relatore. A me pare, onorevole Presidente, che qui si commettono degli atti un po’ troppo affrettati e forse sarebbe opportuno un arresto di un’ora o di mezz’ora per creare un ambiente più disteso. Qui si stanno affrontando delle questioni che sono fondamentali sul posto, tanto che hanno richiesto norme legislative, che non sono state improvvisate, ma sono state il prodotto di lunghe discussioni e di accordi tra il Ministero e la Valle. Vi sono state anche Commissioni che hanno studiato il problema sui posto e poi hanno concluso. Cosicché, dopo un lungo lavoro, si è arrivati finalmente a delle conclusioni consacrate con leggi; poi si è arrivati a questa situazione di oggi, per cui mi sembra che l’Assemblea abbia dimenticato – perché siamo ridotti in pochi – il vero aspetto del problema. Qui ci diamo il turno e succede che il primo turno sente una cosa che il secondo turno non sente e poi si finisce per decidere in modo incongruo.

Io chiedo che si stabilisca un clima di serenità e mi sembra che sia necessario perciò una sospensione di un’ora, altrimenti così non è possibile. Anche il Governo dovrebbe essere più ampiamente rappresentato. Il Presidente del Consiglio, dopo la mia relazione di oggi, ha dichiarato che, come Presidente del Consiglio, non ha trovato che vi fosse una sola cosa che contrastasse con i punti della Carta costituzionale della Repubblica.

E noi all’ultimo momento abbiamo votato proprio con questi turni di gruppi che si susseguono, ma che non sono sempre gli stessi; ed abbiamo votato la soppressione dell’articolo 40, che ha stupito parecchi dei colleghi che conoscono la situazione della Val d’Aosta, la quale non è un problema di 10 o 100 maestri elementari; questo è un problema assai più serio. I maestri elementari sono perfettamente garantiti dalla legge, che rende il loro stato giuridico eguale a tutti i maestri elementari dello Stato. Questo è un problema politico, anche se la Valle è una piccola conca alpina. Io chiedo pertanto una sospensione della seduta.

PRESIDENTE. Onorevole Lussu, non vorrei che questa diventasse una discussione tra colleghi direttamente e seriamente interessati alla scuola anziché una discussione di carattere politico come deve restare.

Continuiamo, quindi, nel nostro lavoro cercando di non portarvi questi piccoli elementi di passionalità che di volta in volta si fanno strada.

L’onorevole Mortati ha dunque proposto di sopprimere il primo comma dell’articolo 41.

Chiedo alla Commissione di esprimere il proprio parere su questa proposta.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Faccio presente semplicemente questo: che non io, ma il decreto del Capo provvisorio dello Stato emanato in data 15 novembre 1946, dice testualmente così all’articolo primo:

«L’istituzione degli uffici di conciliazione nei comuni della Valle d’Aosta e nelle relative borgate o frazioni è disposta con decreto del Presidente del Consiglio della Valle d’Aosta, previa deliberazione della Giunta del Consiglio stesso».

MORTATI. Chiedo di parlare, per un chiarimento.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, la prego! Non avrei nemmeno dovuto darle la facoltà di parlare.

Posso darle la parola, solo se ritira il suo emendamento.

MORTATI. Vorrei chiedere solo un chiarimento, avuto il quale potrei anche ritirare il mio emendamento.

Vorrei cioè chiedere per quale ragione questo potere non si debba considerare delegato.

PRESIDENTE. Ma lei entra nel merito. Non è consentito.

Pongo in votazione la proposta Mortati di soppressione del primo comma dell’articolo 41.

(Non è approvata).

Pongo in votazione il primo comma nel testo del progetto.

(È approvato).

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Per quanto concerne il secondo comma, io accetterei pienamente l’osservazione dell’onorevole Mortati nel senso che convenga anche in questo testo inserire la frase che è stata inserita nel testo dello statuto del Trentino-Alto Adige, cioè che il potere di nomina, di revoca, ecc., attribuito al Presidente della Valle, è un potere che egli esercita per delegazione del Presidente della Repubblica. Quindi, proporrei di adottare, in sostituzione del secondo e del terzo comma dell’articolo 41 e dell’articolo 42, la formulazione usata nello statuto per il Trentino-Alto Adige, che è la seguente:

«Alla nomina, alla decadenza, alla revoca, alla dispensa dall’ufficio dei giudici conciliatori e viceconciliatori provvede il Presidente della Giunta regionale, in virtù di delegazione del Presidente della Repubblica, osservate le altre norme in materia, stabilite dall’ordinamento giudiziario.

«L’autorizzazione all’esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere presso gli uffici di conciliazione è data, alle persone che hanno i requisiti prescritti dall’ordinamento giudiziario, dal Presidente della Giunta regionale.

«Alla revoca e alla sospensione temporanea dell’autorizzazione, nei casi previsti dall’ordinamento giudiziario, provvede lo stesso Presidente».

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Siccome la Commissione sembra abbia acceduto al criterio che si tratti di un potere delegato, non si potrebbe estenderlo anche al primo comma?

PRESIDENTE. Onorevole Moro, il primo comma è stato già votato: si è discusso a lungo e l’onorevole Perassi ha dichiarato che la Commissione manteneva il primo comma nella formulazione del progetto.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Desidero precisare che le osservazioni che stanno facendo alcuni colleghi non possono riguardare la Commissione, la quale, attraverso il suo Presidente ed i suoi membri, ha fatto reiteratamente presente l’opportunità che fosse lasciato il tempo necessario per questa discussione; non è quindi colpa nostra se si è incominciato a discutere appena ora e se siamo con l’acqua alla gola: personalmente noi della Commissione andiamo a casa da qualche giorno all’una o all’una e mezza di notte.

PRESIDENTE. Onorevole Perassi, lei mette dunque in discussione anche la possibilità di votare nuovamente il primo comma di questo articolo?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Se incominciamo veramente a ritornare alla calma, io debbo fare allora delle riserve anche per quanto concerne la votazione avvenuta sull’articolo 40, perché evidentemente su quella votazione v’è stato un equivoco ed io speravo che anche su questo problema il Governo prendesse la parola per precisare la sua posizione, tenendo presenti gli atti anteriori.

L’equivoco è soprattutto dipeso da questo: di credere che l’articolo 40 attribuisse alla Regione una competenza legislativa primaria in materia di istruzione. Il che non è assolutamente esatto, come, del resto, anche l’onorevole Mortati aveva già rilevato: quell’articolo non dà alla Valle d’Aosta se non una competenza amministrativa relativa alle scuole ivi indicate. In materia di legislazione scolastica la Valle d’Aosta ha soltanto, per tali scuole, una competenza di integrazione. L’attività amministrativa concernente le scuole è ad essa attribuita dall’articolo 4, che noi abbiamo già approvato.

Lo scopo dell’articolo 40 era quello di vincolare la Valle d’Aosta non soltanto alle leggi generali dello Stato, entro le quali essa ha soltanto una competenza di integrazione, ma di porre alcuni vincoli relativi all’amministrazione scolastica, per quanto concerne la nomina dei provveditori agli studi e la nomina degli insegnanti. Questa era la portata dell’articolo 40. Ora, mi pare che il voto che è stato dato non risponda ad una esatta comprensione della portata di quell’articolo.

MALAGUGINI. Questa è un’affermazione gratuita! (Commenti).

TONELLO. Abbiamo votato quello che abbiamo votato!

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Credo anch’io che, siccome la votazione è ormai avvenuta, se tutti non concordano, su questo argomento non si potrebbe parlare.

Ma io ho presentato testé un articolo 40 in sostituzione dell’articolo soppresso. . Il mio articolo 40 comincia con l’affermare che nei limiti delle potestà legislative contemplate negli articoli 2 e 3 (anche 4, non è necessario, ma possiamo anche aggiungerlo) la Regione provvede, ecc.

Evidentemente, con questo preambolo, tutte le preoccupazioni per cui molti hanno votato per la soppressione dell’articolo 40 vengono a cadere, perché i provvedimenti della Regione debbono rispettare gli articoli 2, 3 e 4.

Mi pare, quindi, che quest’articolo sia totalmente differente dall’altro nella sua sostanza, così come è detto nel preambolo, e che si possa in coscienza mettere ai voti, perché si tratta, in realtà, di un altro articolo.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il Presidente della Commissione propone di sostituire il secondo e terzo comma dell’articolo 41, e tutto l’articolo 42 con la seguente formulazione:

«Alla nomina, alla decadenza, alla revoca, alla dispensa dall’ufficio dei giudici conciliatori e viceconciliatori, provvede il Presidente della Giunta regionale, in virtù di delegazione del Presidente della Repubblica, osservate le altre norme in materia, stabilite dall’ordinamento giudiziario.

«L’autorizzazione all’esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere presso gli uffici di conciliazione è data, alle persone che hanno i requisiti prescritti dall’ordinamento giudiziario, dal Presidente della Giunta regionale.

«Alla revoca e alla sospensione temporanea dell’autorizzazione, nei casi previsti dall’ordinamento giudiziario, provvede lo stesso Presidente».

Pongo in votazione questo emendamento sostitutivo.

(È approvato).

L’articolo 42 resta pertanto assorbito.

Passiamo al titolo VIII: «Enti locali». Si dia lettura dell’articolo 43.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con legge istituire nei propri territori nuovi comuni e modi beare le loro circoscrizioni e denominazioni».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 44. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il controllo sugli atti dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza, dei consorzi e delle consorterie ed altri enti locali è esercitato dalla Regione nei modi e limiti stabiliti con legge regionale in armonia coi principî delle leggi dello Stato.

«La facoltà di sciogliere i Consigli dei comuni e degli altri enti locati è esercitata dalla Giunta regionale, sentito il Consiglio della Valle, con l’osservanza delle norme stabilite dalle leggi dello Stato».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati e Moro propongono di sopprimere l’ultimo comma. L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgere l’emendamento.

MORTATI. Faccio osservare che col vecchio ordinamento della Val d’Aosta del 1945, come ha rilevato anche l’onorevole Presidente del Consiglio, la Giunta aveva le funzioni del prefetto e quindi la facoltà di sciogliere i Consigli comunali. Con l’ultimo comma dell’articolo 44, come è stato proposto, si muta la struttura precedente della Val d’Aosta e quindi mi pare venga meno questa facoltà, che si riferisce ai poteri dell’amministrazione dell’interno, e che non si capisce per quale ragione debba competere agli organi della regione.

PRESIDENTE. Il Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LUSSU, Relatore. Queste facoltà le aveva il prefetto e dal prefetto sono passate, nella legislazione provvisoria, al presidente della Giunta. Ma oggi il presidente della Giunta e domani ancor più quando sarà elettivo è realmente il rappresentante della Regione.

Quando un Consiglio comunale debba essere sciolto, chi io scioglie? Il Ministro dell’interno, il Consiglio regionale, la Giunta o il presidente della Giunta? Lo scioglie il presidente della Giunta, rispettando però le norme stabilite dalle leggi dello Stato. Quindi il presidente della Giunta non potrà mai compiere un atto arbitrario perché dovrà applicare le leggi dello Stato.

Con questa cautela credo che possiamo chiudere con tranquilla coscienza l’approvazione anche dell’ultimo comma.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 44 sul quale non vi sono emendamenti.

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma del quale gli onorevoli Mortati e Moro chiedono la soppressione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo IX: «Rapporti fra lo Stato e la Regione».

Si dia lettura dell’articolo 45.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta regionale rappresenta il Governo dello Stato nella Regione ed in tale qualità provvede al mantenimento dell’ordine pubblico, secondo le disposizioni del Governo, verso il quale è responsabile, mediante reparti di polizia dello Stato e di polizia locale. In casi eccezionali, quando la sicurezza dello Stato lo richieda, il Governo assume direttamente la tutela dell’ordine pubblico.

«Egli dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo, verso il quale è responsabile.

«Interviene alle sedute del Consiglio dei ministri, quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati e Moro propongono il seguente emendamento:

«Sostituirlo con il seguente:

«Il Presidente della Giunta regionale rappresenta la Regione e sovraintende alle funzioni ad essa delegate dallo Stato, secondo le direttive fissate dal Governo, verso il quale egli è responsabile.

«Il Presidente potrà disporre della polizia dello Stato allo scopo del mantenimento dell’ordine pubblico, quando tale compito sia delegato alla Regione.

«Interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando questo tratti questioni che riguardino particolarmente la Regione».

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Il mio emendamento tende a ricondurre queste disposizioni a quelle che abbiamo approvate quando si discusse lo statuto della Sardegna. Non so perché si debba fare un trattamento diverso.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. La Commissione mantiene il testo.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. La Commissione non accetta? Non ne vedo il motivo. La sola differenza, fra questo testo e quello della Commissione consiste nell’aver tolto che il Presidente della Giunta rappresenta il Governo dello Stato, in conformità con quanto si è fatto per la Sardegna.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Ho spiegato stamane (e credo che il Presidente del Consiglio fosse presente) per quali ragioni noi, dopo lunga discussione in Commissione, siamo arrivati a questa conclusione. Abbiamo ritenuto di dover rispettare la legislazione che ha preceduto questo progetto. Quello che preoccuperebbe è solo la questione della polizia. Ma se il Governo crede meglio, si potrebbe dire «quando la situazione lo esiga», «quando la gravità della situazione lo esiga», o qualcosa di simile che lasci sempre il Governo nella facoltà di intervenire in momenti eccezionali. E siccome la polizia è tutta composta in forme di organizzazione che sono statali dalle origini fino all’invio nella Valle, dalle gerarchie più elevate ai gregari più modesti, lo Stato ha la certezza assoluta che è un suo esclusivo corpo di polizia e non un corpo di polizia della Valle. È comandato nella Valle per mantenere l’ordine pubblico.

Credo che, in coscienza, in questo modo l’articolo possa essere approvato. Spero non vi sia una questione di principio da eccepire.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non mi preoccupa la questione dell’ordine pubblico, ma la rappresentanza del Governo. Voi dite che il decreto era allora così. Già, perché noi allora, non potendo avere nessuna altra forza autonoma direttiva, abbiamo dichiarato che il Presidente della Valle assume tutti i poteri del prefetto, quale rappresentante del Governo.

Ora io ritengo che la formula che abbiamo approvata ieri per la Sardegna sia più chiara.

LUSSU, Relatore. Io non ero sodisfatto ieri per la Sardegna, e meno ancora potrei esserlo per la Val d’Aosta. La questione di principio non è stata fatta prima.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. In Sardegna v’è un Alto Commissario. Chi è? È il rappresentante del Governo, ossia, dello Stato, non il rappresentante della Regione. Qui v’era il Presidente della Valle che assumeva tutti i poteri del prefetto e quindi è il rappresentante dello Stato. Non nego autorità a quest’uomo, anzi gliene do di più.

PERASSI. Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Una volta che si è d’accordo che al Presidente della Regione sia attribuito il compito di curare il mantenimento dell’ordine pubblico, conviene dire che in questa funzione il Presidente della Regione agisce non come Presidente della. Regione in senso stretto, ma agisce in qualità di rappresentante del Governo italiano, alle cui istruzioni deve conformarsi È questo il concetto che si è voluto affermare.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. «In qualità», sì, ma qui dite che rappresenta il Governo dello Stato nella Regione. Non è esatto. Ora, fra l’altro, v’è una Commissione presieduta dal rappresentante del Ministero dell’interno, come nel caso della Sardegna v’è il delegato o l’assistente (non voglio dire il Commissario per non urtare la suscettibilità dell’onorevole Lussu); v’è insomma un funzionario che ha questo speciale compito. Ora io dico che è più chiaro dire che è rappresentante della Regione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Il problema centrale è quello di sapere se conviene o non conviene stabilire che al mantenimento dell’ordine pubblico provvede il presidente della Giunta. Una volta che su questo punto si è d’accordo, allora bisogna precisare che questa funzione il presidente della Giunta l’esercita non come organo della Regione ma come delegato del Governo.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Siamo d’accordo, ma la formula non è molto chiara.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Si potrebbe dire: «Il presidente della Giunta Regionale per delega del Governo dello Stato provvede al mantenimento dell’ordine pubblico ecc. ecc.», per modo che risulti ben chiaro che nell’esplicazione di queste funzioni il presidente della Giunta è responsabile verso il Governo e deve agire secondo le istruzioni di esso.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Accetto questa formula.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, passiamo ai voti. L’onorevole Mortati propone che la delega al presidente della Giunta regionale per il mantenimento dell’ordine pubblico non sia una funzione permanente mentre secondo il testo della Commissione questa è una funzione permanente. È questa la differenza sostanziale.

Pongo pertanto in votazione il primo comma dell’emendamento.

(Non è approvato).

Pongo in votazione il primo comma del testo della Commissione, così definitivamente formulato:

«Il Presidente della Giunta regionale, per delega del Governo della Repubblica, provvede al mantenimento dell’ordine pubblico, secondo le disposizioni del Governo, verso il quale è responsabile, mediante reparti di polizia dello Stato e di polizia locale. In casi eccezionali, quando la sicurezza dello Stato lo richieda, il Governo assume direttamente la tutela dell’ordine pubblico».

(È approvato).

L’onorevole Mortati ha proposto il seguente emendamento sostitutivo del secondo comma:

«Il Presidente della Giunta regionale sovraintende alle funzioni delegate alla Regione dallo Stato secondo le direttive fissate dal Governo, verso il quale egli è responsabile».

Il testo del progetto dice:

«Egli dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo, verso il quale è responsabile».

Poiché non vi è diversità sostanziale, pongo in votazione la formulazione del progetto.

(È approvata).

Pongo in votazione il terzo comma del testo del progetto:

«Interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 46. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nel capoluogo della Regione è istituita una Commissione di coordinamento, composta di un rappresentante del Ministero dell’interno, che la presiede, di un rappresentante del Ministero delle finanze e di un rappresentante della Regione designato dal Consiglio della Valle fra persone estranee al Consiglio.

«La Commissione è costituita con decreto dal Presidente del Consiglio dei ministri.

«Le spese per il funzionamento della Commissione sono ripartite in parti eguali fra lo Stato e la Regione».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mortati e Moro propongono di aggiungere quest’ultimo comma:

«Il Presidente della Commissione di coordinamento rappresenta lo Stato nella Regione e sovraintende alle funzioni dello Stato coordinandole con quelle della Regione».

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgere l’emendamento.

MORTATI. Rinuncio a svolgerlo; ma lo mantengo.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. L’articolo 125 della Costituzione dice che il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione è esercitato, in forma decentrata, da un organo dello Stato, nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica.

La commissione di coordinamento di cui all’articolo in esame ha lo scopo esclusivo di operare il controllo di legittimità sugli atti dell’autorità regionale. Non so quale competenza autorevole possa avere una commissione, composta di un funzionario del Ministero dell’interno, di un funzionario del Ministero delle finanze e di una persona nominata dal Consiglio della Valle, per esercitare una funzione squisitamente giuridica.

BORDON. Ma noi siamo sodisfatti!

BERTONE. Inoltre la commissione deve risiedere nel capoluogo; ne derivano oneri rilevanti. Non formulo alcuna proposta precisa, ma pongo il quesito se non sarebbe meglio affidare il controllo di legittimità a un delegato del Consiglio di Stato, che stesse sul luogo.

PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. L’articolo 10 del decreto legislativo 7 settembre 1945, che ha dato uno speciale ordinamento amministrativo alla Valle d’Aosta, dice: «L’attività amministrativa della Valle d’Aosta non è soggetta al controllo di merito da parte dell’autorità governativa. Il controllo di legittimità è esercitato dal Comitato previsto nell’articolo precedente (che corrisponde a quello che si sta discutendo), che a tale scopo può disporre ispezioni».

La Commissione non ha fatto che riportare la disposizione vigente; ha cambiato soltanto il nome da comitato in commissione, mantenendo la stessa composizione.

Ritengo che un rappresentante dell’amministrazione civile (che adesso è un prefetto), un rappresentante del Ministero delle finanze e un esperto designato dalla Regione costituiscano un collegio che ha sufficienti attitudini tecniche per espletare il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Valle. A quanto mi si dice, ha funzionato bene e non ha dato luogo a rilievo da parte degli interessati.

Per queste considerazioni la Commissione insiste nel proprio testo e ritiene superflua l’aggiunta proposta dagli onorevoli Mortati e Moro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 46, del quale è stata data testé lettura.

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo degli onorevoli Mortati e Moro, del quale ho dato testé lettura.

(Non è approvato).

Passiamo all’articolo 47. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Commissione di coordinamento, preveduta dall’articolo precedente, esercita il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

«Nei casi determinati dalla legge, la Commissione, con richiesta motivata, può promuovere il riesame dell’atto da parte dell’organo competente della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 48. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Giunta regionale, in caso di necessità e urgenza, può prendere deliberazioni di competenza del Consiglio.

«I provvedimenti adottati dalla Giunta devono essere presentati al Consiglio nella sua prima seduta successiva per la ratifica. Essi cessano di avere efficacia dalla data della deliberazione con la quale il Consiglio neghi la ratifica».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione

(È approvato).

Passiamo all’articolo 49. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Agli effetti delle elezioni alla Camera dei deputati, la Valle d’Aosta forma una circoscrizione elettorale».

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati propone in via principale di sopprimere l’articolo e, subordinatamente, di aggiungere le parole: «e al Senato». Qual è il parere della Commissione?

LUSSU, Relatore. La Commissione mantiene l’articolo. L’accenno al Senato non è stato fatto perché considerato pleonastico data la esplicita disposizione contenuta nell’articolo 57 della Costituzione, che dice: «La Valle d’Aosta ha un solo senatore». Comunque, se si vuole riprodurre qui la norma, la Commissione non si oppone.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 49 con l’emendamento aggiuntivo Mortati:

«Agli effetti delle elezioni alla Camera dei deputati e al Senato la Valle d’Aosta forma una circoscrizione elettorale».

(È approvato).

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli statuti regionali. Volevo dire che mentre è necessario inserire nello Statuto la disposizione, secondo la quale la Valle d’Aosta costituisce una circoscrizione elettorale a sé per l’elezione della Camera dei deputati è invece del tutto superflua un’analoga disposizione per l’elezione del Senato, poiché già un’espressa norma della Costituzione attribuisce alla Valle d’Aosta il diritto di avere un senatore. In sede di coordinamento si potrebbe riesaminare la questione.

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 50. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio della Valle può essere sciolto quando compie atti contrari alla Costituzione o al presente Statuto o gravi violazioni di legge o quando, non ostante la segnalazione fatta dal Governo della Repubblica, non proceda alla sostituzione della Giunta regionale o del Presidente che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni.

«Può essere sciolto anche per ragioni di sicurezza nazionale o quando, per dimissioni od altra causa, non sia in grado di funzionare.

«Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali.

«Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio della Valle, che provvede all’ordinaria amministrazione di competenza della Giunta ed agli atti improrogabili, da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio. Essa indice le elezioni che debbono aver luogo entro tre mesi dallo scioglimento.

«Il nuovo Consiglio è convocato dalla Commissione entro venti giorni dalle elezioni».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Pongo in votazione l’articolo 50.

(È approvato).

Passiamo al titolo X: «Norme transitorie e finali».

Si dia lettura dell’articolo 51.

AMADEI, Segretario, legge:

«L’attuale organizzazione amministrativa della Regione resta in carica fino alla prima elezione del Consiglio della Valle, che sarà indetta dal Governo della Repubblica entro sei mesi dall’entrata in vigore dello Statuto».

PRESIDENTE. La Commissione ha presentato un nuovo testo di questo articolo, del seguente tenore:

«La prima elezione del Consiglio della Valle avrà luogo in conformità all’articolo 16 del presente statuto, secondo le norme che saranno stabilite con decreto legislativo dello Stato, sentito il Consiglio della Valle.

«Le elezioni saranno indette con decreto del Presidente della Repubblica entro nove mesi dall’entrata in vigore della presente legge».

Gli onorevoli Mortati e Moro propongono di elevare il termine da nove a dieci mesi. Qual è il pensiero della Commissione?

PERASSI. Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissiono accetta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione articolo 51 nel nuovo testo della Commissione, del quale ho dato lettura, sostituendo «entro dieci mesi» a «entro nove mesi».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 52. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Per le modificazioni del presente Statuto si applica il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali.

«L’iniziativa per la revisione appartiene anche al Consiglio della Valle».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 53. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Entro due anni dall’elezione del Consiglio della Valle sarà stabilito, a modifica dell’articolo 12, un ordinamento finanziario della Regione con legge dello Stato in accordo con la Giunta regionale.

«Le disposizioni concernenti le materie indicate nell’articolo 123 della Costituzione della Repubblica possono essere modificate con le forme prevedute nello stesso articolo».

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Al primo comma, occorre correggere un errore di stampa. Devesi leggere, in luogo di «dell’articolo 12», «degli articoli 12 e 13».

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Ministro dell’interno ha proposto di sopprimere il secondo comma, perché superfluo. Qual è il parere della Commissione?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Le ragioni per cui la Commissione ha inserito il secondo comma sono queste: vi sono in questo statuto alcune materie le quali rientrerebbero in quelle indicate nell’articolo 123 della Costituzione, che ogni Regione può regolare con norme sue proprie sottoposte semplicemente all’approvazione dello Stato. Ora, se, per ipotesi, il comma proposto dalla Commissione non ci fosse e si volesse modificare qualcuna di queste disposizioni, che formalmente assumono il carattere di norma inserita in una legge costituzionale, bisognerebbe seguire il procedimento di revisione costituzionale.

Per conseguenza, è opportuno dire espressamente che le disposizioni dello statuto che rientrano nelle materie contemplate dall’articolo 123 della Costituzione si possono modificare con le forme prevedute nel detto articolo.

La stessa ragione giuridica spiega come nel primo comma dell’articolo 53 si sia preveduta la possibilità di modificare una parte dello statuto con legge ordinaria.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. L’articolo 52 dice che per le modificazioni dello statuto si applica il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali. Ora, per quanto riguarda la revisione delle leggi, è prevista dalla Costituzione all’articolo 71 l’iniziativa di un certo numero di elettori, sia per le leggi ordinarie che per quelle costituzionali.

Se così può avvenire anche per le modificazioni allo statuto della Regione, bisogna dirlo, e precisare qual è la proporzione degli elettori.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. L’iniziativa, di cui si parla in un’altra disposizione, riguarda i progetti di legge regionali. Qui invece si tratta della iniziativa del Consiglio tendente a proporre allo Stato, ossia al Parlamento italiano, modificazioni allo statuto. Sono due ipotesi diverse. Mi pare quindi che la formula adottata dalla Commissione sia corretta e possa essere mantenuta. Vorrei soltanto suggerire che le disposizioni degli articoli 52 e 53, che riguardano uno stesso argomento, siano riunite in un solo articolo.

PRESIDENTE. Si potrà far ciò in sede di coordinamento.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione è d’accordo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 53, al quale non sono stati proposti emendamenti e di cui do nuovamente lettura secondo la rettifica del Relatore:

«Entro due anni dall’elezione del Consiglio della Valle sarà stabilito, a modifica degli articoli 12 e 13, un ordinamento finanziario della Regione con legge dello Stato in accordo con la Giunta regionale».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma, del quale l’onorevole Ministro dell’interno ha proposto la soppressione, non accettata dalla Commissione:

«Le disposizioni concernenti lo materie indicate nell’articolo 123 della Costituzione della Repubblica possono essere modificate con le forme prevedute nello stesso articolo».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 54. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nelle materie attribuite alla competenza della Regione, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati proposti emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Mi pare che, a questo punto, prima di approvare l’ultimo articolo, sarebbe necessario procedere all’approvazione dell’elenco contenente le denominazioni dei Comuni della Regione della Valle d’Aosta. Per evitare una discussione, che potrebbe essere lunga e delicata, su questo argomento, propongo, d’accordo con il Presidente della Commissione, di mutare il secondo comma dell’articolo 1, che è appunto collegato con le tabelle allegate, nel modo seguente:

«Il territorio della Valle d’Aosta comprende le circoscrizioni dei Comuni ad esso appartenenti alla data dell’entrata in vigore della presente legge».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI. Presidente del Consiglio dei Ministri. Mi associo alla richiesta dell’onorevole Fuschini.

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Mi sembra una proposta perfettamente inutile, a meno che non nasconda il proposito di creare un precedente, poiché in questo modo si dovrebbe ritornare su un articolo già approvato e ciò potrebbe aprire la via per ritornare su altri articoli sui quali l’Assemblea si è già pronunciata. (Commenti).

LUSSU, Relatore. È soltanto una questione di forma!

PRESIDENTE. Pongo in votazione la formulazione proposta dall’onorevole Fuschini, accettata dalla Commissione e dal Governo, in sostituzione del secondo comma dell’articolo 1, la quale è del seguente tenore:

«Il territorio della Valle d’Aosta comprende le circoscrizioni dei comuni ad esso appartenenti alla data dell’entrata in vigore della presente legge».

(È approvata).

L’onorevole Lussu, Relatore, mi fa pervenire la seguente nuova formulazione dell’articolo 40, che non è stato approvato nel testo della Commissione:

«Nei limiti della potestà legislativa di cui agli articoli 2 e 3, la Regione provvede all’istruzione materna, elementare ecc.».

La ragione per cui l’onorevole Lussu propone questa formulazione è di andare incontro alla obiezione che la formulazione dell’articolo 40 poteva apparire, nel quadro di certe interpretazioni, in contrasto o quanto meno in elusione degli articoli 2 e 3, già approvati. L’onorevole Lussu ritiene che, con il richiamo esplicito agli articoli 2 e 3 come limite lasciato alla Regione in questa materia, le preoccupazioni sollevate possano essere dissipate.

FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCHINI. Onorevole Presidente, desidero fare due osservazioni. La prima è che l’Assemblea ha votato con piena conoscenza della materia di cui all’articolo 40, respingendone tutte le sue parti, escluso l’obbligo della conoscenza della lingua francese da parte degli insegnanti.

Desidero dire in secondo luogo che noi abbiamo anche votato all’unanimità, o quasi all’unanimità, un ordine del giorno di cui prima – e me ne possono dare atto i colleghi – avevo evitato di avvalermi. Questo ordine del giorno impedisce qualsiasi modificazione sostanziale all’ordinamento giuridico, didattico e amministrativo della scuola italiana.

Ora, a me pare che sia chiaro che qualsiasi articolo, proposto dopo l’approvazione di questo ordine del giorno, debba seguirne lo spirito, debba non essere difforme da esso.

D’altra parte ripeto, onorevoli colleghi, che già esiste una legge, citata questa mattina dall’onorevole Lussu, la legge 11 novembre 1946, la quale contempla e sancisce uno stato di fatto. Ritengo che l’aggiunta proposta dall’onorevole Lussu o è inutile o, se qualcosa contiene di positivo, si tratta di qualcosa che abbiamo già respinto.

RODI. Scusi, onorevole Presidente, ma la Commissione ha il diritto di ripresentare l’articolo 40 una volta che l’Assemblea ha già votato la sua soppressione?

PRESIDENTE. Onorevole Rodi, nella fattispecie l’Assemblea ha respinto una certa determinata formulazione di questo articolo, e proprio un’affermazione fatta dall’onorevole Franceschini mi dà occasione di rilevare come quelle votazioni siano state fatte in maniera confusa. (Commenti). Permettano, onorevoli colleghi: ho sentito dire dall’onorevole Franceschini che è stato approvato il comma per il quale gli insegnanti devono conoscere la lingua francese: questo comma, invece, non è stato approvato.

FRANCESCHINI. Sì, onorevole Presidente: il resoconto stenografico, eventualmente controllabile, parla chiaro. Nel perorare la causa della soppressione dell’articolo 40, io ho sostenuto tale tesi.

PRESIDENTE. Io non metto in dubbio questo, onorevole Franceschini: lei può benissimo aver sostenuto quel criterio, ma quando poi si è passati alla votazione tutto l’articolo 40 è stato soppresso, e non si è proceduto a una votazione per commi; e pertanto anche quell’unico comma che, in perfetta buona fede, ella riteneva fosse rimasto valido non è stato conservato. Non so se altri colleghi siano caduti nel suo stesso errore di memoria o di apprezzamento dello svolgimento dei nostri lavori.

Ho voluto richiamare ciò, per indicare come la decisione sull’articolo 40 non sia stata chiara e precisa per coloro che vi hanno partecipato.

All’onorevole Rodi faccio presente che è stata posta in votazione la soppressione del testo dell’articolo 40 e che nulla esclude, se l’Assemblea lo ritenesse opportuno, di votare un nuovo testo.

RODI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RODI. Per quanto riguarda la questione della conoscenza della lingua francese, c’è già stato l’intervento dell’onorevole Mortati, il quale, riferendosi agli articoli precedenti, che riguardavano l’insegnamento in lingua francese di alcune materie, sosteneva che è implicita la necessità che i professori, i maestri, gli insegnanti in genere della Valle d’Aosta conoscano la lingua francese. E per questo motivo non si è ritornati più su quel comma, nell’intesa che l’obbligo della conoscenza del francese da parte dei professori della Valle d’Aosta, sia implicito.

Per quanto riguarda la questione da me sollevata, poiché l’articolo 40 contiene un principio che l’Assemblea ha respinto, suppongo che la Commissione non abbia il diritto di riproporre qualche cosa di analogo a quanto l’Assemblea ha già respinto.

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Mi associo alle osservazioni fatte dall’onorevole Rodi e, con tutto il rispetto e la devozione dovuti al nostro Presidente, esprimo la mia meraviglia che egli abbia potuto affermare come la formulazione nuova, presentata dall’onorevole Lussu, ossia dalla Commissione, sia qualche cosa di sostanzialmente diverso da quella contro cui l’Assemblea a maggioranza ha già votato.

Ragione per cui faccio formale richiesta alla Presidenza di proclamare la preclusione alla proposta presentata dall’onorevole Lussu.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Mi associo a quanto ha rilevato l’onorevole Rodi. Aggiungo che, a tutto voler concedere, si tratta di un emendamento sostitutivo dell’articolo 40 che bisognava proporre prima che si votasse l’articolo 40 stesso. Perciò io penso, onorevole Presidente, che non si possa tornare su una votazione già avvenuta.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Se l’Assemblea ben ricorda, appena fu votato sull’articolo 40 io chiesi qualche minuto di tempo per compilare un altro articolo, il quale, tenendo conto delle difficoltà sollevate, potesse sostituire l’articolo 40. L’onorevole Presidente mi rispose che era necessario proseguire nei lavori, che l’articolo sarebbe stato accantonato e votato al momento opportuno. Questo è il momento, mi pare. Quindi ritengo che, dal punto di vista procedurale, l’emendamento sia validamente presentato.

Il collega che ha sostenuto particolarmente la soppressione dell’articolo 40, se io male non ricordo – e può anche darsi perché dopo tante discussioni di giorni e giorni potrei aver dimenticato qualche cosa – teneva a dimostrare che l’articolo 40 era in pieno contrasto con gli articoli 2 e 3. Ecco perché ho presentato un articolo totalmente diverso, in quanto incomincia precisamente: «Nei limiti della potestà legislativa di cui agli articoli 2 e 3». Mi pare quindi, in perfetta lealtà, che si tratti di un contenuto diverso da quello dell’articolo 40 soppresso.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Questa proposta dell’onorevole Lussu è nata da un rilievo e da un accenno fatti in proposito dall’onorevole Perassi, che ha colto l’occasione da una proposta avanzata dall’onorevole Moro.

La proposta dell’onorevole Moro era relativa al coordinamento di una norma, già votata ma che non veniva in alcun modo intaccata nella sostanza, con un’altra norma, pure votata.

LUSSU, Relatore. È un collega democristiano che mi ha suggerito questa idea.

DOSSETTI. Ad ogni modo, se non erro, l’onorevole Perassi ha colto l’occasione per dire che se si rimetteva in discussione ciò che era stato deliberato avrebbe fatto la proposta di una revisione di quanto era stato deliberato sull’articolo 40.

Ora ritengo che la preclusione sia evidente per un motivo decisivo e cioè che la proposta ora fatta dall’onorevole Lussu, soprattutto col richiamo alla potestà legislativa primaria di cui all’articolo 2 e a quella di integrazione di cui all’articolo 3, viene ad attribuire in questa materia alla Regione un potere ancora più ampio di quello che con la soppressione dell’articolo 40 abbiamo voluto negarle. Quindi si tende non solo a riconfermare ciò che avevamo prima negato ma anche a estendere quello che prima avevamo escluso. Per conseguenza la preclusione è da ritenersi ancora più radicale, e non è possibile mettere in discussione la proposta che viene ora presentata dalla Commissione. (Approvazioni).

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Parlo contro la preclusione e invoco una disposizione del Regolamento nella quale si afferma che in ogni momento si può sollevare, anche in fine di elaborazione di un testo, la questione di incongruenza e di contradizione in cui si sia caduti.

Ora siamo di fronte a un caso tipico d’incongruenza, che è dipeso dal fatto che l’articolo 40 non è stato – lo ripeto ancora una volta e per l’ultima volta – bene inteso.

Una voce. Da voi non è stato bene inteso! (Commenti – Interruzione del deputato Dossetti).

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Con la soppressione dell’articolo 40 (almeno secondo le dichiarazioni fatte da alcuni colleghi i quali hanno appunto sostenuto la soppressione) si verrebbe a togliere alla Regione l’amministrazione delle scuole di cui all’articolo stesso. Questo è l’obiettivo a cui si vuole arrivare; tanto è vero che si invocherebbe a questo scopo qualche frase contenuta nell’ordine del giorno che è stato votato. Ed io comprendo benissimo che vi siano preoccupazioni, da parte di alcuni, che sono ispirate al concetto che l’amministrazione scolastica debba essere riservata in toto allo Stato.

Ora, se questo è il motivo e ad ogni modo il risultato a cui porta quel voto che è stato dato in quelle condizioni, io osservo che vi è manifestamente una incongruenza in quanto nell’articolo 38, e soprattutto nell’articolo 38 quale è stato modificato accettandosi l’emendamento proposto, mi pare, dall’onorevole Bettiol, si afferma che la Regione ha scuole di vario ordine e grado da essa «dipendenti». Infatti il testo dell’articolo 38 dice: «Nelle scuole di ogni ordine e grado dipendenti dalla Regione, all’insegnamento della lingua francese è dedicato un numero di ore settimanali pari a quello della lingua italiana».

Dunque, l’articolo 38 parte dal concetto che la Regione ha una sua amministrazione scolastica, ha scuole proprie; il che corrisponde a quanto risultava già dal coordinamento degli articoli 2, 3 e 4.

Ciò posto, è evidente che bisogna essere coerenti; cioè ammettere che la Regione ha scuole proprie. L’articolo 40 veniva a licitare le funzioni della Regione nell’amministrazione delle sue scuole, in quanto imponeva alla Regione certi limiti. Così esso stabilisce che gli insegnanti devono possedere i titoli di studio prescritti dalle leggi dello Stato, che gli insegnanti delle scuole elementari devono essere nominati in seguito a concorso, che gli insegnanti delle scuole medie devono essere nominati fra i vincitori di concorsi statali. Inoltre stabilisce una garanzia che altrimenti non risulterebbe, ed è questa: è ammesso il passaggio degli insegnanti dai ruoli statali a quelli regionali e viceversa, secondo le norme stabilite dalle leggi della Repubblica. L’articolo prosegue disponendo che «le nomine del personale di cui al presente articolo sono subordinate alla dimostrazione della conoscenza della lingua francese». Infine, si pone un altro limite alla libertà della Regione per quanto concerne le sue scuole stabilendosi che «lo stato giuridico ed economico degli insegnanti è regolato da norme conformi a quelle vigenti per gli insegnanti dei ruoli statali».

In queste condizioni, non soltanto appare manifesta l’incongruenza del voto, ma appare dimostrata la necessità di mantenere l’articolo così come è scritto, perché va incontro precisamente a certe preoccupazioni che si credevano compromesse dall’articolo, in quanto in esso si contengono garanzie anche a favore dell’insegnante, nei limiti della facoltà che alla Regione è conferita dagli articoli 2 e 3.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Io non vorrei passare per uno che compie un atto sleale. Vorrei rispondere al collega Moro e al collega Dossetti che l’idea di trasformare l’articolo 40, così come io l’ho trasformato con un preambolo totalmente differente, mi è stata suggerita da un collega della Democrazia cristiana, che è venuto fin qui e mi ha mostrato un suo testo, che io ho accettato.

Senonché, non si è avuto il tempo di prepararlo, né tanto meno di discuterlo, e si è votato immediatamente sulla soppressione dell’articolo 40. Ma l’idea, lo confermo, è venuta da un collega della Democrazia cristiana.

PRESIDENTE. Il rilievo fatto dall’onorevole Perassi sulla contradittorietà di disposizioni è obiettivamente valido. Può opporsi che la conciliazione si può trovare in un doppio modo: modificando l’una oppure l’altra delle norme contradittorie. È evidente (chiedo scusa se non mi ero messo al corrente delle votazioni avvenute durante la mia breve assenza) che, essendo stata modificata per votazione, all’articolo 38, la parola «esistenti» in «dipendenti», si è creata una situazione concettuale la quale, per effetto della soppressione dell’articolo 40, non troverebbe sviluppo nel resto del Titolo VI.

Le scuole dipendenti dalla Regione non sono semplicemente le scuole che si trovano nella Regione, ma sono le scuole che hanno un legame organico di dipendenza dalla Regione e sulle quali quindi la Regione può esercitare una certa autorità. L’inconciliabilità si può risolvere, ove non si voglia ripristinare l’articolo 40, ritornando dalla parola «dipendenti» alla parola «esistenti». Comunque si pone un problema di modificazione di votazioni già fatte. Sia l’Assemblea a decidere quale votazione debba essere modificata. Giustamente l’onorevole Presidente della Commissione ha fatto presente che una contradizione c’è.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Non mi pare che vi sia alcuna contradizione, perché le scuole dipendenti dalla Regione sono le scuole che la Regione, come ogni soggetto fisico o collettivo, può istituire. Tanto i privati quanto la Regione possono istituire scuole, e naturalmente quelle istituite dalla Regione dipenderanno dalla Regione stessa.

PRESIDENTE. Onorevole Condorelli, non discutiamo adesso su una parola, discutiamo su una disposizione. L’articolo dice: «Nelle scuole di ogni ordine e grado dipendenti dalla Regione all’insegnamento della lingua francese è dedicato un numero di ore settimanali pari a quello della lingua italiana».

Io credo che se la Regione della Valle d’Aosta istituirà proprie scuole, in quelle scuole molto probabilmente l’insegnamento sarà fatto nella lingua che è parificata a quella italiana.

CONDORELLI. Chiunque istituisca scuole deve uniformarsi alla legislazione italiana, anche i privati. Qui si vuol dire soltanto che, nel caso in cui la Regione istituisca scuole, vi si potrà insegnare la lingua francese in modo più vasto ed usare in maniera più vasta la lingua francese. Questo è il significato dell’emendamento Bettiol con il quale fu sostituito «dipendenti» a «esistenti».

PRESIDENTE. Consulteremo il resoconto stenografico.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Vorrei fare una domanda all’onorevole Condorelli: se egli è a conoscenza del decreto del Capo provvisorio dello Stato in data 11 novembre 1946, che dice: «Le scuole di qualsiasi ordine e tipo esistenti nella circoscrizione territoriale della Valle d’Aosta passano alle dipendenze della amministrazione della Valle d’Aosta».

CAPORALI. Chiedo la chiusura della discussione sulla questione regolamentare.

PRESIDENTE. Domando se questa proposta è appoggiata.

(È appoggiata).

La pongo in votazione.

(È approvata).

Comunico che dal resoconto stenografico risulta che l’onorevole Bettiol ha fatto distinzione fra scuole di Stato, con libertà di insegnamento per quanto si riferisce alla lingua francese, alle quali quindi non dovrebbe applicarsi la norma dell’articolo 38, e scuole dipendenti dalla Regione.

Secondo la concezione esposta dall’onorevole Bettiol – e questo risponderebbe alla interpretazione data dall’onorevole Condorelli – esisterebbero nella Valle d’Aosta scuole di Stato e scuole dipendenti dalla Regione.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Ho accettato l’emendamento proprio per questo: perché ho riconosciuto che bisognava specificare che vi sono scuole dipendenti dalla Regione e anche scuole dello Stato.

PRESIDENTE. Considerata la motivazione data dall’onorevole Bettiol a questo suo emendamento, mi pare sia pacifico allora che non esista più quella inconciliabilità che appariva inizialmente fra la dizione votata dell’articolo 38 e la decisione dell’Assemblea di sopprimere l’articolo 40.

L’articolo 38 si riferisce infatti alle scuole dipendenti dalla Regione, che non sono le scuole in cui si dà normalmente la educazione secondo le leggi dello Stato; mentre l’articolo 40 si riferiva alle scuole statali.

LUSSU, Relatore. Io mi riferisco al momento in cui parlava l’onorevole Bettiol: ho interpretato che scuole della Regione erano precisamente tutte quelle scuole che oggi sono della Regione ed ho anche io, nel mio pensiero, supposto che vi possano essere altre scuole, che lo Stato ha diritto di istituire: scuole di alta cultura, di ricerca scientifica di alta montagna, istituti superiori, scuole universitarie. A queste io mi sono riferito: è un diritto che nessuno contesta allo Stato.

PRESIDENTE. Allo stato dei fatti ritengo – l’onorevole Bordon, che è esperto in materia, può smentirmi se io sbaglio – che tutte le scuole in Val d’Aosta, che erano dello Stato, sono oggi dipendenti dalla Regione.

BORDON. E pagate anche dalla Regione.

PRESIDENTE. È da pensarsi che nell’avvenire lo Stato crei, ad esempio, ad Aosta nuove scuole medie che non siano quelle che vi sono attualmente e che resti allora ad Aosta, accanto alla scuola media dipendente dalla Regione, una scuola che chiamerò libera (per usare il termine dell’onorevole Bordon) nel senso che è dello Stato e non dipendente dalla Regione? Non penso che questa sia la prospettiva dell’onorevole Bettiol. Comunque rileggo le parole che egli ha pronunciate: «È in questo senso che, mentre noi giustamente dobbiamo garantire la possibilità ai nativi di sviluppare nelle loro scuole la loro tradizione culturale e la loro civiltà, dobbiamo però anche preoccuparci che gli immigrati, i quali sono in fortissimo numero nella Val d’Aosta, possano liberamente cercare di avere quella educazione scolastica, quei tipi di scuole che più si confanno alle loro tradizioni particolari.

«In modo particolare, sarebbe opportuno fare in modo che la facoltà di cui all’articolo 38 riguardi soltanto le scuole dipendenti dalla Regione, perché in queste scuole dipendenti dalla Regione è vivo l’interesse all’insegnamento della lingua francese, di questa lingua nella quale, appunto, si esprimono più chiaramente le manifestazioni dei valdostani.

«Quindi, il mio emendamento tende da una parte a creare scuole di Stato con libertà d’insegnamento per quanto riguarda la lingua da usarsi nella scuola, e dall’altra a limitare questa autonomia dell’insegnamento in lingua francese soltanto alle scuole dipendenti dalla Regione stessa».

Mi pare che nel quadro formulato dall’onorevole Bettiol vi siano da una parte le scuole di Stato, che sono quelle che per mezzo della disposizione legislativa richiamata dall’onorevole Perassi sono state poste alle dipendenze della Regione, e dall’altra le scuole dipendenti dalla Regione che sono qualcosa di diverso. È con questa prospettiva che l’onorevole Bettiol ha presentato il suo emendamento. Probabilmente – vorrei che nessuno si offendesse – al momento del voto non a tutti è stato presente il valore che il proponente aveva dato al suo emendamento.

LUSSU, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUSSU, Relatore. Io avevo presente codesto valore, perché ho pensato all’ordinamento del quale stamattina ho dato conto sommariamente e so che cosa significa oggi «scuola dipendente dalla Regione». E siccome non si era ancora votato l’articolo 40, mai avrei potuto sognarmi che in quest’Aula qualcuno, presente il Ministro della pubblica istruzione onorevole Gonella, avesse potuto sostenere la soppressione di quell’ordinamento scolastico già concesso nel 1946 dallo stesso Ministro.

FRANCESCHINI. Nessuno ha detto questo.

PRESIDENTE. Vista la contraddittorietà dell’interpretazione penso non vi sia da votare che sul punto se l’Assemblea ritiene che debba riprendersi in esame una qualsiasi nuova formulazione dell’articolo 40, diversa da quella per la quale è stata già votata la soppressione.

Pongo pertanto in votazione la proposta di riprendere in esame la materia che era contenuta nell’articolo 40.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

LUSSU, Relatore. Affermo che ciò che è avvenuto è illogico! (Commenti).

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 55 ed ultimo del disegno di legge. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il disegno di legge sarà poi votato nel suo complesso a scrutinio segreto.

Sull’ordine del giorno.

MATTARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTARELLA. Vorrei proporre che, nell’ordine del giorno delle sedute di domani, il coordinamento dello statuto siciliano preceda la discussione del disegno di legge sulla Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, così resta stabilito.

(Così rimane stabilito).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se non ritenga opportuno affrettare la emanazione del provvedimento legislativo concernente la questione dei beni ingiustamente espropriati dal governo fascista, con particolare riguardo ai beni che gli Enti pubblici furono costretti a cedere a chiunque sotto la pressione politica durante il ventennio.

«Ciò, oltre che per compiere un doveroso atto di giustizia, anche allo scopo di restituire a molti Comuni ed Enti la possibilità di fronteggiare, con i mezzi che furono loro ingiustamente sottratti, le loro inderogabili necessità di bilancio, (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Camangi».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere i motivi che hanno ispirato il Ministero nel decidere l’espulsione dal territorio della Repubblica del cittadino spagnolo Alvaro Lopez Perez, rappresentante della Gioventù socialista unificata di Spagna presso le organizzazioni democratiche della gioventù italiana; e per chiedere la revoca immediata di questo provvedimento, che ferisce ad un tempo i sentimenti democratici del popolo italiano, e il diritto di asilo sancito dalla Carta costituzionale. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Moscatelli, Longo, Minio, Pajetta Giuliano, Nenni, Codignola».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro della difesa, per sapere quali provvedimenti il Governo ritenga possibili a favore delle famiglie dei dispersi in Russia, per meglio indirizzarne e sorreggerne le indagini sulle sorti dei loro congiunti, e – nei casi di bisogno – quali doverose misure intenda adottare per garantirne efficacemente l’assistenza economica e morale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vigorelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere le ragioni per le quali, dopo le dimissioni presentate da ben 14 consiglieri del comune di San Marzano sul Sarno (Salerno), dimissioni definitive al punto da farsene menzione nel conseguente decreto di nomina di un commissario prefettizio al predetto comune si sia addivenuti al ritiro delle dimissioni stesse da parte di due dimissionari e conseguentemente si siano indette le elezioni suppletive per il 14 marzo 1948; e per sapere ancora quanto ha accertato il predetto commissario prefettizio nei confronti della cennata amministrazione comunale e se esso Ministero dell’interno non creda opportuna la revoca del decreto prefettizio di fissazione delle menzionate elezioni suppletive e lo scioglimento della ripetuta amministrazione comunale, (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro degli affari esteri, per sapere se – a fine di prevenire nuove possibili atrocità, che si risolverebbero anche in esasperazione di già delicate situazioni politiche internazionali – non giudichino necessario chiedere urgentemente al Governo britannico che un rappresentante del Governo italiano risieda in Tripoli per collaborare a tale scopo con l’Amministrazione militare occupante.

«E se non ritengano opportuno, inoltre, domandare l’estensione per la Libia della concessione, che pare accordata ai Consolati in Palestina, quella di chiamare forze di polizia dai rispettivi paesi per presidiare alla tutela dell’ordine, il quale troverebbe già validissimo ausilio nella stessa manifestazione esteriore di solidarietà europea. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per conoscere:

1°) se sia informato che la Federazione provinciale minatori e cavatori di Grosseto, in un convegno, che ebbe luogo in quella città il 15 dicembre 1947, promosse la costituzione d’un Centro di studi geominerari per la Maremma toscana, al quale aderirono i rappresentanti delle Università di Pisa e di Roma, nonché i tecnici delle società minerarie toscane, e se e come intenda incoraggiare quell’iniziativa;

2°) se sia informato:

  1. a) che a Firenze, nei giorni 17-18 gennaio 1948, ebbe luogo alla Camera di commercio un convegno nazionale delle ligniti, organizzato dalla Federazione italiana minatori e dal Centro economico regionale per la ricostruzione della Toscana, con la partecipazione del Ministro del lavoro e dei più autorevoli studiosi italiani dei problemi della combustione;
  2. b) che dai risultati della discussione in tale convegno emerse che il problema della utilizzazione delle ligniti è oramai praticamente risolto, sotto l’aspetto strettamente tecnico e sotto l’aspetto economico, per la produzione di gas di sintesi da impiegare nella fabbricazione di fertilizzanti azotati, di cui tanto scarseggia la produzione nazionale;

3°) se non ravvisi l’opportunità di far stornare una parte dei fondi ricavati dalla vendita del carbone AUSA per promuovere nuovi studi e passare all’attuazione pratica dei progetti affacciati nei convegni di Grosseto e di Firenze, dandone mandato ad uno degli organi dello Stato preposti al controllo dell’industria carbonifera nazionale;

4°) se sia vero che si sta procedendo alla liquidazione dell’Azienda ligniti italiane, che sarebbe indubbiamente l’organismo statale più qualificato per attuare i progetti di cui sopra, assolvendo così ad uno dei precisi compiti previsti all’atto della sua costituzione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bartalini».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro della pubblica istruzione, per sapere quali provvedimenti abbiano presi per evitare che la ristampa dell’Enciclopedia Treccani venga di fatto affidata ancora a quegli elementi fascisti (ex senatore Domenico Bartolini, direttore generale, e professore Umberto Bosco, redattore capo), che già ne avevano curata la compilazione sotto il passato regime, nonostante che alla direzione sia stato chiamato un illustre studioso, quale è il professore De Sanctis che, fisicamente menomato, non può essere in grado di assolvere l’alto suo compito.

«Per conoscere, inoltre, per quali ragioni al commissario uscente avvocato Franco Concini non sia stata concessa udienza presso gli organi tutori dell’Istituto, malgrado le sue reiterate domande e non gli sia stato possibile leggere la relazione morale e amministrativa della sua gestione all’assemblea dell’Istituto. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Spallicci, Longhena, Macrelli, Marinaro, Zuccarini, Della Seta, Azzali».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente del Comitato interministeriale per la ricostruzione, e il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se è vero che i concimi azotati subiranno nella prossima stagione primaverile un aumento di prezzo, e se siano a conoscenza del malumore che questa notizia ha sollevato tra gli agricoltori che si sentono un’altra volta colpiti, mentre tutti e solo i prodotti agricoli stanno subendo dei forti ribassi.

«Gli interroganti chiedono un intervento energico del Governo che si opponga a qualsiasi inopportuno tentativo del genere e ciò per evitare una palese ingiustizia verso i coltivatori e un danno notevole alla produzione agricola, specie a quella granaria. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bellato, Stella, Burato, Belotti, Bertone, Trimarchi, Ferreri, Quarello, Gortani, Garlato, Guerrieri Filippo, Cappi, Lizier, Pallastrelli, Bonomi Paolo, Tozzi Condivi, Giacchero, Geuna, Rivera, Baracco, Bubbio, Raimondi, Carbonari, Arcaini, Balduzzi, Ferrario Celestino, Del Curto».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non intenda di riaprire tempestivamente i termini di presentazione delle domande e documenti per l’ammissione ai concorsi alle cattedre di italiano, storia e geografia e di matematica, scienze, ecc., nelle scuole e corsi di avviamento professionale, di cui al supplemento n. 2 della Gazzetta Ufficiale n. 158 del 1947, per i maestri elementari, a favore dei quali è stata emessa in ritardo la designazione prevista dall’articolo 13 della legge 22 aprile 1932, n. 490.

«Il 7 novembre 1947, quando i termini di presentazione delle domande erano già scaduti, il Ministero sollecitò con sua circolare i provveditori agli studi a formulare le proposte individuali e, naturalmente, tali designazioni giunsero dopo altro ritardo. Solo quando fu perfezionata tale formalità, gli aspiranti si trovarono ad avere il surrogato di titolo di studio, che il bando di concorso indica come essenziale per presentare la domanda: né si poteva supporre che gli aspiranti prendessero la presuntuosa e costosa iniziativa di allestire il carteggio e pagare la tassa e quindi presentare l’istanza prima dello scadere del termine, senza prima sapere se il giudizio, di cui alla legge del 1932, peraltro lasciato all’esclusivo impulso dei superiori, sarebbe stato a loro favorevole. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Ferreri, Lizier, Balduzzi».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere – considerato che con regio decreto, caldeggiato dalla pattuglia fascista di Ampezzo e dai gerarchi di Belluno e proposto e firmato dal duce, dopo la marcia su Roma, cioè in data 21 gennaio 1923, venivano staccati dalla Venezia Tridentina i distretti giudiziari di Ampezzo e di Livinallongo e aggregati al circondario di Belluno; considerato che contro tale distacco reagì sempre la popolazione dell’Ampezzano e la sua rappresentanza comunale che, in premio di tale opposizione, dovette assistere alla invasione del municipio da parte della pattuglia fascista locale armata di manganello, contro i rappresentanti comunali stessi; considerato che l’annessione a Belluno ha provocato il malcontento delle popolazioni ladine di tutta la zona delle Dolomiti, nonché della provincia di Trento, che unisce la sua voce a quella dell’Ampezzano, per chiedere la restituzione di ciò che le fu tolto; considerato che non può essere riconosciuto come valido e legittimo un semplice decreto regio fascista, che si trova in stridente contrasto con la legge di annessione votata dal Parlamento nazionale addì 5 agosto 1920; considerato che la legge di annessione 26 settembre 1920, n. 1322, tuttora in vigore, non può essere eseguita senza restituire la zona ampezzana alla provincia di Trento; visto che i comuni della zona ampezzana, conforme deliberazione delle rispettive rappresentanze comunali, presentarono, fin dal luglio 1947, istanza al Ministero dell’interno per essere restituite alla Venezia Tridentina, in deroga al decreto fascista summenzionato – se non creda urgente accogliere la giustissima richiesta dei comuni di Ampezzo, Livinallongo e Santa Lucia, riparando il diritto leso e restituendoli alla provincia di Trento. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Carbonari, Paris, Conci Elisabetta, Clerici, Bubbio, Vicentini, Cremaschi Carlo, Arcaini, Balduzzi, Belotti, Roselli, Avanzini, Sampietro, Adonnino, Bordon, Notarianni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se intenda emanare i necessari provvedimenti, perché i maestri elementari mutilati ed invalidi di guerra possano godere dello stesso trattamento previsto per le vedove di guerra relativamente all’immissione nei ruoli. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bozzi».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno inviate ai Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 22.55.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 9.30:

  1. – Deliberazione in merito all’emblema della Repubblica italiana.
  2. Discussione del disegno di legge costituzionale:

Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. (65).

Alle ore 16:

  1. Votazione a scrutinio segreto dei seguenti disegni di legge:

Statuto speciale per la Sardegna. (62).

Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. (63).

Statuto speciale per la Val d’Aosta. (64).

Modificazioni alla legge 7 ottobre 1947, n. 1058, per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. (66).

Norme per la formazione delle liste elettorali nella provincia di Bolzano. (67).

  1. Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale:

Testo coordinato dello Statuto speciale per la Sicilia. (65).

  1. Discussione del disegno di legge costituzionale:

Norme per la proponibilità dei giudizi e per le garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale. (68).