Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI GIOVEDÌ 29 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLXXI.

SEDUTA POMERIDIANA DI GIOVEDÌ 29 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Sulle votazioni a scrutinio segreto:

Presidente

Disegno di legge costituzionale (Seguito della discussione):

Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (63)

Presidente

Perassi, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali

Uberti, Relatore

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Bonomi Ivanoe

Bosco Lucarelli

Malagugini

Dominedò

Dossetti

Codignola

Ruini

Fabbri

Nobili Tito Oro

Marinaro

Conci Elisabetta

Bettiol

Carbonari

Paris

Moro

Tonello

Bertola

Mortati

Grieco

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Pella, Ministro delle finanze

Corsini

Corbellini, Ministro dei trasporti

Bertone

Pat

Corbino

Vigna

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.10.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Sulle votazioni a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Comunico che il disegno di legge relativo allo Statuto speciale per la Sardegna, che è stato già approvato nei suoi singoli articoli nelle sedute di ieri e di stamane, sarà votato a scrutinio segreto nella giornata di sabato, unitamente agli altri disegni di legge, relativi alle liste elettorali già esaminati stamane, e agli altri Statuti regionali che dobbiamo ancora esaminare.

Se non vi sono osservazioni rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Discussione del disegno di legge costituzionale: Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. (63).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Discussione del disegno di legge costituzionale: Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. (63).

Ha facoltà di parlare il Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali, onorevole Perassi.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Onorevoli colleghi, non c’è bisogno di dire che lo Statuto che sta per essere esaminato dall’Assemblea Costituente presenta alcuni caratteri particolari sotto diversi riguardi: in primo luogo, a differenza di quanto è avvenuto per gli Statuti speciali di altre Regioni, non vi è in questa Assemblea, per circostanze indipendenti dalla volontà dell’Italia, una rappresentanza diretta elettiva di una parte della popolazione di quella Regione. Ma vedremo come di questa circostanza particolare sia stato tenuto conto.

La Commissione, che è stata investita di questo delicato problema, ha avuto come punto di riferimento per i suoi lavori, anzitutto, la Costituzione della Repubblica italiana e i principî fondamentali che in essa sono proclamati. È a questi principî che essa, in primo luogo, si è ispirata, nella redazione dello Statuto. Tra questi principî ve n’è uno che è iscritto nell’articolo 6; l’altro è iscritto nell’articolo 116 della Costituzione, il quale riconosce l’esistenza di condizioni particolari per il Trentino-Alto Adige e, sulla base di questo riconoscimento, afferma la necessità di dare a quella Regione un ordinamento speciale nel quadro della Costituzione.

Abbiamo anche tenuto presenti quelle che sono state le dichiarazioni solenni dell’Italia, alle quali l’Italia, come sempre, intende tener fede.

Una differenziazione del nostro lavoro rispetto ad altri statuti è stata anche questa: che anziché cominciare ab ovo, o cominciare in base ad un progetto elaborato da qualche organo locale (Consulta ecc.), la Commissione è stata investita di un progetto che è uscito dall’elaborazione di una Commissione nominata dal Presidente del Consiglio e composta di elementi tecnici ed anche di elementi politici, presieduta dall’onorevole Ivanoe Bonomi.

Questa Commissione lavorò intensamente e gettò le basi di quello che è il progetto che ora viene in esame.

Dicevo all’inizio che non vi è in questa Assemblea una rappresentanza diretta, elettiva della popolazioni di una provincia di quella Regione. Il Governo, già per suo conto, tenne presente questa situazione e dispose che l’avanprogetto elaborato dalla Commissione ministeriale venisse fatto conoscere ai diversi Movimenti e Partiti di tutta la Regione, chiedendo a questi Movimenti e a questi Partiti di far conoscere il loro punto di vista. E la Commissione, dopo fatta questa consultazione, procedette ad un riesame del primo progetto.

Un metodo analogo è stato seguito anche dalla nostra Commissione. Noi abbiamo ricevuto, in una delle sedute dedicate a questo argomento, i rappresentanti di diversi Partiti della zona di Bolzano, i quali hanno fatto conoscere le loro osservazioni ed i loro desiderata. Per quanto concerne i trentini, la loro rappresentanza diretta era qui, e in seno alla Commissione gli interessi trentini furono validamente fatti presenti da membri della Commissione stessa.

Con questa preparazione e con queste consultazioni, noi abbiamo proceduto nel nostro lavoro. Il risultato è consegnato nel progetto che vi sta dinanzi.

Un problema delicatissimo, derivante dalle condizioni caratteristiche della Regione considerata, si è imposto alla nostra attenzione come preliminare: quale struttura dare all’ente Regione Trentino-Alto Adige, che è contemplato nell’articolo 116 della Costituzione? Dopo lunga meditazione, esaminate le diverse possibili soluzioni, la Commissione si è decisa per questa soluzione: stabilita l’unità della Regione – punto già affermato in maniera assoluta dalla Costituzione – si è pensato di informare l’organizzazione di questa Regione a quello spirito democratico e di decentramento cui si ispira tutta la nostra Costituzione. Seguendo questo criterio, si è, in concreto, costituita una Regione entro la quale vivono due province con una relativa autonomia: la provincia di Trento e la provincia di Bolzano. Fissata questa struttura, era necessario precisare quali fossero le funzioni della Regione e quali quelle delle province. E anche qui abbiamo proceduto con molta cautela, tenendo conto dei desiderata esposti dalle diverse parti e siamo arrivati a fare una distribuzione di competenza legislativa ed amministrativa fra la Regione e le due province.

Di conseguenza, la provincia di Bolzano in particolare viene ad assumere, nel nostro progetto, entro l’orbita dell’unità regionale, una configurazione giuridica tale da poter pienamente rispondere alle esigenze speciali che nascono dall’essere quella zona abitata da una popolazione composta di due gruppi linguistici.

Sorgeva poi quest’altro problema: istituendo una Regione che si snoda in due provincie, come dovranno essere gli organi destinati a far funzionare questi due enti? E qui ci siamo un po’ispirati a un concetto, direi quasi, di economia. Partendo dalla Regione, che costituisce l’ente che è la base della costruzione, abbiamo previsto l’istituzione di un Consiglio regionale, eletto a suffragio universale e col sistema proporzionale, sulla base di due collegi corrispondenti alle due province, e poi abbiamo stabilito che i consiglieri regionali eletti in ciascuna delle due province costituiscano rispettivamente il Consiglio dell’una e dell’altra, per modo che le stesse persone vengono utilizzate per compiere le due funzioni.

Questa, onorevoli colleghi, è la struttura fondamentale dell’edificio che abbiamo costruito. Io non entro in altri particolari, perché i due Relatori che hanno attivamente partecipato all’elaborazione di questo schema, daranno tutte le delucidazioni e gli schiarimenti necessari.

Vorrei soltanto concludere, domandandomi se questo lavoro nostro, ispirato ai concetti che ho indicato, può ritenersi tale da sodisfare le diverse esigenze che erano in gioco. Non spetta evidentemente alla Commissione di fare un apprezzamento del suo lavoro; la Commissione però è lieta di comunicare all’Assemblea Costituente che un apprezzamento è stato dato. È un apprezzamento che è contenuto in due lettere che ieri mi sono state consegnate nella mia qualità di presidente della Commissione. Io chiedo il permesso al Presidente di darne lettura integrale.

«Roma, 28 gennaio 1948. Nella qualità di Presidente della «Südtirol Volkspartei», ringrazio anche a nome del gruppo di lingua tedesca dell’amabilità con la quale Ella e i componenti dell’onorevole Commissione hanno voluto ascoltare le osservazioni da noi esposte in merito allo schema di Statuto per l’ordinamento autonomo della Regione Trentino-Alto Adige predisposto dalla Commissione presidenziale. In particolare, esprimo tutta la mia soddisfazione e quella del gruppo che rappresento per la comprensione dimostrata nell’esame delle nostre osservazioni e per l’accoglimento di gran parte delle nostre principali richieste, sicché possiamo constatare con vivo compiacimento che l’accordo De Gasperi-Gruber, intervenuto a Parigi nel settembre 1946, per quanto riguarda il problema fondamentale dell’autonomia è ormai tradotto in realtà. Confidiamo che nell’applicazione dello Statuto si verrà a creare fra i gruppi linguistici delle nostre provincie quell’atmosfera di reciproca fiducia e comprensione, tanto necessaria ai fini di una feconda collaborazione per lo sviluppo della Regione nell’interesse generale del Paese».

Questa lettera è firmata dal presidente della «Südtiroler Volkspartei» signor Erich Ammon e dal segretario generale dello stesso partito, dottor Otto v. Guggenberg.

A questa lettera si è interamente associato il segretario della «Sozialdemokratische Partei Südtirols», dottor Foglietti, il quale, anzi, oltre ad aver messo la sua firma a quel documento, ha indirizzato al Presidente della Commissione questa lettera:

«All’atto della chiusura dei lavori della Commissione per il coordinamento degli Statuti, è mio grato dovere esprimerLe, anche a nome del mio Partito, il più vivo ringraziamento per la sua obiettività e per la comprensione dimostrata nel risolvere la questione dell’autonomia alto-atesina».

«Sono certo che con l’autonomia testé approvata dalla Commissione da Lei presieduta, con tanta e rara competenza, la popolazione sudtirolese inizierà a sentirsi finalmente portata verso la Repubblica italiana con sinceri intendimenti di cittadini, liberi da qualsiasi preoccupazione per la salvaguardia dei loro diritti etnici.

«La prego, illustrissimo onorevole Presidente, di estendere il mio ringraziamento anche agli onorevoli deputati componenti la Commissione che, nell’elaborazione dello Statuto «Trentino-Alto Adige» hanno saputo tradurre in formulazione statutaria gli ideali democratici cui si ispira la Costituzione della Repubblica Italiana».

Questo è il lavoro compiuto e queste sono le attestazioni che noi abbiamo ricevute. Nel prendere in consegna ieri queste dichiarazioni, mi sono permesso, a nome della Commissione, di dire che noi, costruendo questo edificio, ci siamo ispirati a questa idea: che la libertà e gli istituti democratici sono gli strumenti migliori per assicurare una libera e pacifica convivenza anche fra elementi di diversa lingua ed origine.

Parlando ieri ai rappresentanti delle popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige ho ricordato che vicino alla loro Regione c’è un paese che costituisce la dimostrazione storica sperimentale della verità di quel principio: il Cantone dei Grigioni, dove da secoli convivono insieme liberamente tedeschi, italiani e ladini.

È a quel principio – che ha avuto in Italia le più belle affermazioni attraverso gli scrittori del nostro Risorgimento – che noi ci siamo ispirati nel redigere lo Statuto, che raccomandiamo al voto dell’Assemblea. E pensiamo che le laboriose popolazioni di quella nobilissima Regione d’Italia, con la pratica degli istituti di libertà e di democrazia, che noi loro affidiamo, sappiano fare di quella Regione una delle migliori del nostro Paese! (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.

UBERTI, Relatore. Il Presidente della Commissione, onorevole Perassi, ha illustrato la genesi di questo Statuto, per cui io credo che ai Relatori poco rimanga da dover dire, tranne che illustrare poi particolarmente quando se ne tratterà i vari punti e rispondere alle eventuali osservazioni e domande di chiarimento.

Una cosa anzitutto vorrei però rilevare: che questo edificio forma un complesso organico, che le pietre di questa costruzione si tengono l’una con l’altra. Non è possibile che intacchiamo un punto senza che tutto quanto l’edificio con tante difficoltà e in situazione tanto delicata messo insieme non possa più resistere.

Quindi è necessario che nelle discussioni da parte dell’Assemblea Costituente si tenga conto di questa situazione particolare.

Il Presidente della Commissione ha già esposto i tratti caratteristici di questo Statuto. Il suo concetto fondamentale è: realizzare, nello spirito di libertà e democrazia della nuova Costituzione, un vero autogoverno locale, così come con altissime affermazioni degli organi responsabili della Repubblica è stato dichiarato anche in consessi di carattere internazionale.

L’unità della Regione Trentino-Alto Adige è alla base dello statuto; ma, insieme, è stata costruita, genialmente (io penso), un’autonomia nell’autonomia, per cui partendo da una fondamentale volontà di concordia, la provincia assume in questo Statuto una struttura diversa da quella delle altre provincie, ha una sua potestà, per quanto più limitata, di carattere legislativo. Si realizzano così in pieno non solo quelli che erano i voti delle popolazioni di lingua italiana di quella Regione, ma anche quelli delle popolazioni di altra lingua.

Vi è poi un altro punto che avrà forse impressionato qualche membro dell’Assemblea: il passaggio dalla provincia di Trento a quella di Bolzano di alcuni comuni. È stata una necessità per potere applicare a questi comuni mistilingui, senza fare una più complessa costruzione, come quella ventilata di una terza zona, le disposizioni particolari riguardanti il bilinguismo che saranno proprie della provincia di Bolzano.

Un altro punto interessante e caratteristico di questo Statuto è l’equilibrio che si è cercato di stabilire fra i due gruppi linguistici, per modo che siano rispettati i naturali diritti relativi alla lingua, agli usi ed ai costumi, per modo che ciascuno possa trovarsi come a casa sua, libero di disporre di quelle che sono le sue più profonde e naturali aspirazioni e per modo insieme che tanto nella Regione, che nella provincia, nessun gruppo possa sopraffare l’altro e sia equilibrata e garantita la posizione di tutti.

Circa il problema finanziario, lungo dovrebbe essere il discorso. Potrei esporre tutti i dati che sono alla base della proposta. Ma dirò una sola parola. Dirò che quell’articolo 8, approvato questa mattina relativamente allo statuto sardo, è in realtà, mutatis mutandis, data la diversa situazione della Regione, anche perché in questo Statuto le scuole sono attribuite alla Regione, lo stesso per questo Statuto. Lo stesso principio logico che ha ispirato l’articolo 8 dello Statuto sardo, ha ispirato l’articolo corrispondente dello Statuto tridentino alto-atesino. Lo Statuto sardo in verità è stato elaborato sopra i principî che avevano presieduto alla costituzione dell’organizzazione tributaria e finanziaria della Regione; quello in esame fu elaborato primieramente in quella Commissione governativa che era presieduta dall’onorevole Ivanoe Bonomi e a cui partecipava anche il senatore Einaudi, per cui è stato possibile, con gli elementi più esatti e più concreti, raccolti attraverso l’intendenza di finanza di Bolzano e quella di Trento e attraverso l’accertamento di quelle che erano le spese che dallo Stato venivano scaricate sulla Regione, stabilire quello che era il bilancio necessario della nuova Regione ed i mezzi finanziari sufficienti per poter affrontarne la spesa.

Un’ultima questione assai delicata è quella del regolamento delle acque pubbliche. Problema assai importante e sensibile, particolarmente nelle regione tridentino alto-atesina.

Questo problema fu affrontato con criterio di sano realismo, cioè si è cercato di tener conto di quello che è il problema nazionale, di arrivare alla massima utilizzazione di questo bene fondamentale di natura ed insieme di rispettare quelli che sono i naturali diritti della gente del sito. Qui è stato trovato, in pieno accordo con gli elementi tecnici dell’amministrazione centrale e attraverso la consultazione delle aspirazioni della Regione, un compromesso che non è un compromesso deteriore, ma che è forse la strada della soluzione radicale di quello che è il problema dei rapporti fra Stato e Regione, in materia della concessione delle acque pubbliche. Cioè lasciare allo Sato lo strumento della concessione, e riconoscere alcuni diritti particolari alla Regione e alle province di quella Regione. Vi è poi un ultimo punto, ed ho terminato, perché è meglio che passiamo rapidamente alla discussione concreta degli articoli, ed è quello che riguarda la lingua. Anche su questo punto la lingua italiana rimane la lingua ufficiale, però l’uso della lingua tedesca è messo in tale posizione che si arriva veramente a un bilinguismo che ha dato piena soddisfazione agli elementi di lingue diverse da quella italiana, sia tedesca, che ladina.

Realizziamo con questa costruzione una tutela, un rispetto delle minoranze, che non si riscontra in alcun altro paese d’Europa. L’Italia attesta una saggezza politica che sarà di esempio in una Europa unita e democratica, che sarà la miglior difesa per le nostre minoranze al di là dei confini e per tutte le minoranze di altri paesi, per modo che ciascuno troverà nella saggezza italiana l’esempio di quello che dovrà essere fatto dove i popoli si trovano mischiati per diversa origine e per diversa lingua. (Applausi).

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non soltanto perché questa legge si fonda sopra una iniziativa presa ed elaborata dal Governo, ma soprattutto per la sua importanza di carattere politico ed internazionale, è doveroso che io aggiunga una parola. Tutti sanno che siamo sul terreno dell’applicazione degli accordi di Parigi: terreno, naturalmente, completamente indipendente, cioè ispirato alla sovranità dello Stato. Però, terreno che corrisponde a certe leggi morali di collaborazione, ed a certe direttive di buon vicinato che abbiamo affermato nell’accordo di Parigi. Una parte dell’accordo di Parigi riguardava specialmente i rapporti internazionali: e lo avete visto soprattutto nel testo del progetto di legge sulle opzioni, che è passato recentemente alla prima Commissione. Quello era un vero accordo tra Austria e Italia sul trattamento degli optanti, in base al noto accordo Hitler-Mussolini. Oggi, invece, siamo sul terreno della sovranità dello Stato. Tuttavia, lo spirito è unico; e lo spirito dell’accordo, anche per quel che riguarda l’autonomia amministrativa, è quello di trovare il modo di collaborazione e di cooperazione tra le due nazionalità, fra i cittadini italiani di lingua italiana e di lingua tedesca nella regione delle Alpi; problema, senza dubbio, molto complicato, contrariamente a quanto si affermava all’estero, ove si conoscevano poco i rapporti fra le popolazioni. Non è semplice perché la stessa espressione «Alto Adige» contiene un concetto: una maggioranza di lingua tedesca, ma una minoranza relativamente forte anche di italiani.

Oltre a ciò, questa minoranza di lingua italiana è legata da aspirazioni e da interessi con la maggioranza della Venezia Tridentina, che è italiana. Da ciò una complicazione di rapporti, che ha condotto, come ha spiegato l’onorevole Relatore, alla necessità di trovare formule nuove e costruzioni non semplici. Vi sono poi diversi interessi economici che hanno reso ancor più complicato il problema. Ora, il compito era questo: mantenere l’impegno che si era preso a Parigi; assicurare, cioè, l’esercizio di un potere autonomo agli abitanti della zona di Bolzano. Contemporaneamente, sodisfare le aspirazioni degli abitanti della Provincia di Trento, e, concedendo e assicurando i diritti autonomi alla parte di Bolzano, garantire anche l’esistenza e tutti i diritti alla minoranza italiana nella Provincia di Bolzano. Ossia, risolvere il problema della convivenza amministrativa, creando garanzie istituzionali per la minoranza: entro la Regione, dei tedeschi; e dentro la Provincia di Bolzano, degli italiani.

Bisogna oggi prendere atto che, nonostante le molte ed agitate discussioni sulla stampa e le proteste, si è arrivati al trionfo del buon senso ed alla mutua comprensione. In questo momento che l’accordo è stato solennemente raggiunto, dopo faticose e molteplici trattative, sento il bisogno di ricordare con gratitudine l’amico ambasciatore Carandini, il quale ha elaborato la prima parte dell’accordo, prima che io arrivassi a Parigi, il Presidente della Commissione presidenziale, onorevole Bonomi e i membri della stessa Commissione, che hanno dato la prima stesura al progetto, ed in particolar modo il mio ringraziamento vada al Consigliere Innocenti, mio diretto collaboratore, che è stato zelantissimo ed intelligente ideatore di formule adatte ad un simile complicato strumento.

Devo ringraziare anche, in modo particolare, tutti i rappresentanti dei Partiti, che sono stati ascoltati dalla prima e dalla seconda Commissione, ed hanno assolto il loro compito con molta comprensione per le necessità dello Stato italiano e per la difesa dei loro postulati particolari. Voglio affermare che questo accordo, mentre dà soddisfazione ai tedeschi della maggioranza della provincia di Bolzano, nulla toglie ai diritti ed alle funzioni direi protettive di frontiera della minoranza italiana che abita nell’Alto Adige. Cosicché dobbiamo ritenere che questo accordo, che è dichiarato sodisfacente dagli stessi rappresentanti della maggioranza tedesca, sia anche accettato con soddisfazione dalla minoranza italiana di Bolzano.

MALAGUGINI. La quale però non ha mandato alla Commissione nessuna lettera di compiacimento.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Distinguiamo per le lettere: fino a che si tratta di minoranze che hanno dei deputati, è chiaro che non hanno bisogno di scriver lettere, mentre i partiti che stanno al di fuori hanno scelto questa formula, perché direttamente non potevano prendere la parola in questo dibattito. Ad ogni modo, importante è di segnalare che questo accordo è prezioso, dopo la bonifica, direi politica, che abbiamo fatto con le opzioni, perché abbiamo votato una legge che cerca di risanare con spirito di larghezza le ferite tragiche portate dalla guerra. Soprattutto perché, badate bene, questa è una prova di onore del Parlamento italiano: al forzoso trasferimento imposto dallo stato totalitario, con tutti gli orrori e tutte le conseguenze che ne derivavano, si è sostituita la libera cooperazione su base democratica. È un fatto notevolissimo, che non molti Paesi d’Europa possono mettere accanto al nostro. (Approvazioni). Questo accordo è prezioso perché prova, anche dinanzi all’opinione internazionale, che l’Italia democratica è ben diversa dall’Italia fascista, ed è una prova che diamo che il metodo di governo nostro, anche di fronte ai diritti delle minoranze e delle altre nazionalità, è quello di far appello alla fiducia dei popoli ed alla libera cooperazione. Penso che questo metodo di appello alla ragionevolezza e questa fiducia nella collaborazione democratica provino, anche per altre Regioni, in cui non ci si vuol riconoscere la funzione civilizzatrice che ci spetta, che l’Italia di oggi è matura ed è capace di governare, rispettando pienamente le libertà dei popoli. (Applausi al centro).

Ora, per l’applicazione di questa legge, che è la più tenue in confronto delle prerogative e dei diritti dello Stato, ma è la più complicata per l’attuazione, certo è necessario uno spirito di solidarietà popolare, uno spirito di tolleranza, specialmente per le questioni linguistiche. Ma qui si prenda anche atto che accanto alla legge sulle opzioni, c’è la legge che abbiamo votato, per l’equiparazione linguistica: e qui si sono di nuovo affermati i principî di perfetta parità, per le lingue parlate in Alto Adige.

Questo avverrà. Non sarà semplice, da oggi a domani, trovare tutti i funzionari, i maestri ecc. necessari, ma, stabilito il principio, si farà uno sforzo rapido per applicarlo il più rapidamente possibile, in modo che veramente questi tedeschi, che dichiarano la loro fedeltà verso lo Stato italiano, si trovino in casa propria e sentano di avere assicurata la propria difesa tanto al Parlamento che nella Regione. (Approvazioni).

Certo che anche per l’Alto Adige, come per le altre Regioni, permettete che dica in questo senso una parola. Io che sono pure autonomista convinto e che ho patrocinato la tendenza autonomista, permettete che vi dica che le autonomie si salveranno, matureranno, resisteranno, solo ad una condizione: che dimostrino di essere migliori della burocrazia statale, migliori del sistema accentrato statale, migliori soprattutto per quanto riguarda le spese. Non facciano la concorrenza allo Stato per non spendere molto, ma facciano in modo di creare una amministrazione più forte e che costi meno. Solo così le autonomie si salveranno ovunque, perché se un’autonomia dovesse sussistere a spese dello Stato, questa autonomia sarà apparente per qualche tempo e non durerà per un lungo periodo. (Applausi).

Senza dubbio, converrà che in questi corpi essenzialmente amministrativi, anche se vi sarà il libero giuoco della maggioranza e della minoranza politica, non entri troppo la politica. Bisognerà che si arrivi al concreto, che si educhino gli uomini nell’ambiente regionale ad essere maturi e capaci per far difendere una politica nel Parlamento, ma che negli ambienti regionali soprattutto si faccia della buona amministrazione.

La storia dirà se abbiamo, con questo nostro atto di fede nelle autonomie, avuto ragione o torto.

In questo momento, sia per la situazione finanziaria, sia per i rapporti fra i partiti, sia per lo stesso sistema elettorale poiché il sistema proporzionale, se dà alla Regione la possibilità di una maggiore giustizia rappresentativa, certamente complica anche il metodo di governo dello Stato guardando a tutte queste difficoltà, è certo che non possiamo essere senza apprensione, soprattutto per la questione finanziaria. E mi inchino dinanzi a coloro che sentono ed esprimono questa apprensione. Nella storia non si può andare avanti, secondo una certa linea logica di evoluzione, senza un qualche sussulto. Anche il sussulto del dopoguerra può portare ad un certo strappo, ma deve però valere a rimetterci in cammino ed a rimetterci sul binario della moderazione, della ricostruzione di carattere finanziario, della serietà amministrativa.

Io non credo a quello che si è stampato su qualche giornale, anche oggi, che cioè noi stiamo prestandoci a creare in Italia una serie di repubblichette che disgregherebbero la Repubblica italiana. Non lo credo, come non crederei che domani i Comuni, essendo attivi e non essendo come oggi purtroppo a carico dello Stato per buona parte, sviluppando un’attività migliore, secondo gli statuti comunali, non potessero formare un centro di vita autonoma senza toccare la base fondamentale dell’unità della Patria. Lo stesso deve valere anche per le autonomie, perché questa è la meta che vogliamo raggiungere.

D’altro canto, quando si parla di rapporti fra Regione e Stato si nota una strana diffidenza da una parte e dall’altra. Forse ciò sarà dovuto al fatto che innoviamo su un campo un po’minato, di cui non abbiamo molta esperienza. Da una parte – e lo abbiamo sentito stamane – quando si parla a nome della provincia sembra che lo Stato sia il nemico, e si è detto: non vogliamo il Commissario, perché questo rappresenta qualche cosa di estraneo al corpo regionale, che si infiltra per difendere dei privilegi.

Ma questo si potrebbe dire forse in altri Stati, ma non nello Stato della Repubblica italiana, dove chi governa sono le Camere, sono le deputazioni delle singole Regioni. Perché si deve dunque temere tanto e si deve vedere nel rappresentante dello Stato un possibile nemico, o un torturatore, o un avversario della libertà regionale?

E d’altro canto, perché dobbiamo mantenere questa diffidenza in confronto dell’esperimento regionale? C’è qualche rischio, inevitabilmente, ma dobbiamo affrontarlo, perché nessuna cosa nuova è possibile fare senza un certo rischio.

Non bisogna poi esagerare: qualunque sia l’estensione dell’autonomia amministrativa – e qui voglio accentuare che l’estensione di questa autonomia è più temperata, è più limitata in confronto di altre autonomie –; qualunque sia, dunque, questa estensione lo Stato non resta disarmato. Dico questo perché pare a taluno come se noi ci incamminassimo sopra una strada che non consenta il ritorno. A parte il fatto che le decisioni prese determinano una qualche riserva, e in tutti gli Statuti c’è una qualche riserva; ma poi c’è la forza naturale dello Stato, e prima di tutto la forza finanziaria, perché oggi, disgraziatamente, nessuno può vivere libero e prosperare in completa indipendenza.

E oggi specialmente, anzitutto per le conseguenze della guerra e della svalutazione; vi sono dei Commissari e dei rappresentanti dello Stato ed esiste un’Alta Corte a cui si può fare appello tutte le volte che una situazione diventasse critica; inoltre non va dimenticato che senza un atto di mutua fiducia, noi non risolveremmo il problema.

Bisogna cominciare a lavorare, e dovremo incominciare con questi esperimenti che ci vengono offerti dalle presenti leggi.

Vi saranno forse delle difficoltà; forse vi saranno anche delle contestazioni, forse domani non saranno sodisfatti né gli autonomisti negli accentratori, cioè i custodi del vigile accentramento burocratico dello Stato; non ci sarà soddisfazione completa né da una parte né dall’altra. Ma c’è una via su cui ci possiamo incamminare, ed è quella di avere il coraggio di fare questo esperimento.

Dipende, soprattutto, dagli autonomisti se questo esperimento avrà seguito; dipende anche dalla vigilanza dello Stato. Lo Stato ha il diritto di difendere le proprie finanze, ossia le finanze di tutti, compresi i rappresentanti di quelle Regioni che qui autonomisticamente vengono a battersi. Ma lo Stato ha anche il dovere di vigilare affinché, nell’evoluzione, tutti i elementi che sono utili per la cooperazione democratica si risveglino.

Ed io penso (non so se sono solo a pensare così, spero di no) che una vera democrazia non accentrata, né guidata dalle direzioni dei partiti, una vera democrazia parlamentare non si può formare senza che ci sia un’esperienza nei Comuni, negli Enti locali, nella Regione, senza che si formino uomini capaci di amministrare, così che poi possano venire qui ad amministrare in senso più unitario.

Comunque, io esprimo in questo momento la speranza che voi accettiate nelle sue basi fondamentali, nella sua costruzione faticosa questo progetto, che è un accordo che ha una meta più alta e più elevata di quella che può essere la risoluzione di un problema meramente italiano. Devo esprimere la speranza che esso, come già il progetto sulle opzioni, costituisca un ponte fra noi e il mondo del di fuori, direttamente con lo Stato austriaco, il cui popolo deve ammettere che in nessun lembo della terra, al di fuori dell’Austria stessa, e al pari dell’Austria stessa, si può dire che l’abitante, il cittadino italiano di lingua tedesca, o, in genere, il tedesco abbia maggiori diritti e più garanzie di quelli che offriamo noi.

Aggiungo però, e ripeto, che questo è un esempio, anche per altri popoli che ci stanno a guardare, del nostro amore per la collaborazione democratica, del nostro spirito convinto di pace e di collaborazione ricostruttiva e, poi, che esso è anche un atto di sicurezza, di speranza nell’evoluzione della Repubblica italiana e nell’unità della grande famiglia italiana, entro cui queste disarticolazioni non produrranno che fermento maggiore di vita unitaria. (Vivi applausi).

BONOMI IVANOE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BONOMI IVANOE. Desidero aggiungere qualche parola in favore dell’approvazione di questo Statuto. Si è ricordato qui dal Presidente della Commissione, dal Relatore e dal Presidente del Consiglio, l’opera della Commissione tecnica da me presieduta per la formulazione di questo Statuto.

Io devo dire, che, accettando la presidenza di quella Commissione eminentemente tecnica, presumo anche politica, ho avuto davanti a me il ricordo vivissimo delle giornate di Parigi quando, insieme all’onorevole De Gasperi e all’onorevole Saragat, abbiamo attraversato ore di trepidazione per le sorti dell’Italia nei confronti della frontiera del Brennero.

Allora abbiamo iniziato e proseguito e fortunatamente condotto a termine trattative col Governo austriaco, trattative che avevano per base l’emanazione di una autonomia della Regione Trentino-Alto Adige, autonomia che del resto era nel pensiero degli uomini della democrazia e del liberalismo fin dal 1921. In sostanza, noi oggi abbiamo ripreso quella tradizione e nel solco di quella tradizione abbiamo camminato, per dare a quella Regione quell’autonomia che deve formare la base di un’amicizia nuova fra i due Paesi.

Il lavoro che abbiamo fatto avrà delle mende; e lascerà qualche aspirazione insoddisfatta giacché noi ci siamo trovati di fronte ad interessi e ad aspirazioni diverse. Abbiamo cercato di comporli, come ha detto il Relatore; abbiamo costituito un’autonomia e dentro l’autonomia due altre autonomie, quella del Trentino e quella dell’Alto Adige. Abbiamo cioè dovuto risolvere problemi delicati e complessi, che non ammettevano soluzioni facili e piane. Perciò, nel nostro duro lavoro non abbiamo sempre potuto ottenere il plauso di tutte le correnti e di tutti gli interessi. Il risultato, comunque, è stato ottimo perché, da parte dell’elemento tedesco e di quello italiano, abbiamo ottenuto una certa concordia; concordia che ci dà la sicurezza di una convivenza tranquilla e feconda.

Vi sono e vi potranno essere contrasti a proposito delle acque pubbliche, ma debbo dire che, di fronte alla pretesa di trasferire tutte le acque pubbliche alla Regione, noi abbiamo contemperato gli interessi locali con la visione più larga dell’interesse nazionale.

Io concludo come ha concluso poc’anzi il Presidente del Consiglio: badate, colleghi; questo accordo ha carattere internazionale ed è perciò di altissima importanza; con questo Statuto dell’Alto Adige e del Trentino e con l’altro provvedimento già preso dal Governo circa il problema delle opzioni, noi abbiamo creato un accordo durevole e necessario fra l’elemento italiano e l’elemento tedesco. Con tale accordo l’Italia si è protesa di là dai suoi confini nell’Europa centrale ed ha costruito le fondamenta di quella unificazione europea e di quella pace europea che è nel desiderio di tutti. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, possiamo ora passare all’esame degli articoli.

BOSCO LUCARELLI. Chiedo di parlare per mozione d’ordine.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCO LUCARELLI. Io mi permetto di fare una proposta forse un po’troppo radicale: quella cioè di approvare in blocco tutti gli articoli su cui non vi sono emendamenti, perché, ritengo che, leggendo un articolo alla volta, sarà ben difficile arrivare all’articolo 97.

Non vorrei però che la mia mozione facesse perdere del tempo, perché in tal caso sarei disposto a ritirarla.

PRESIDENTE. Onorevole Bosco Lucarelli, la sua mozione non fa perdere del tempo, per il semplice fatto che essa non è accettabile a norma del Regolamento. Penso tuttavia che, data la lodevole intenzione che l’ha animata nel presentarla, essa possa servire di esempio e di incitamento ai colleghi, perché si inducano a realizzare la maggior possibile economia di tempo.

Passiamo all’esame degli articoli. Si dia lettura dell’articolo 1.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il Trentino-Alto Adige, comprendente il territorio delle province di Trento e di Bolzano, è costituito in Regione autonoma, fornita di personalità giuridica, entro l’unità politica della Repubblica, una e indivisibile, sulla base dei principî della Costituzione e secondo il presente statuto.

«La Regione Trentino-Alto Adige ha per capoluogo la città di Trento.

«Ferme restando le disposizioni sull’uso della bandiera nazionale, la Regione ha un proprio gonfalone ed uno stemma approvati con decreto del Presidente della Repubblica».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 2. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Nella Regione è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, e sono salvaguardate le rispettive caratteristiche etniche e culturali».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 3. Se ne dia lettura.

MOLINELLI. Segretario, legge:

«La Regione comprende le province di Trento e di Bolzano.

«I comuni di Proves, Senale, Termeno, Ora, Bronzolo, Valdagno, Lauregno, S. Felice, Cortaccia, Egna, Montagna, Trodena, Magrè, Salorno, Anterivo e la frazione, di Sinablana del comune di Rumo della provincia di Trento sono aggregati alla provincia di Bolzano».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti.

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Vorrei chiedere un chiarimento. Il Relatore onorevole Uberti aveva già prevenuto l’osservazione ch’io sto per fare, ma non ha dato ad essa nessuna risposta; aveva previsto cioè che qualcuno di noi si sarebbe meravigliato di trovare assegnati alla provincia di Bolzano alcuni comuni che hanno sempre appartenuto alla provincia di Trento e che anche all’epoca del dominio austriaco facevano parte delle circoscrizioni capitanali italiane, e precisamente i comuni di Proves, Senale, San Felice, Trodena, Anterivo e la frazione di Sinablana.

Vorrei, dalla cortesia del Presidente del Consiglio o del Presidente della Commissione, conoscere le ragioni che hanno indotto a spostare di provincia questi comuni, che, ripeto, anche in epoca di dominio austriaco facevano parte della provincia di Trento e che sono stati aggregati alla provincia di Bolzano soltanto dopo 1’8 settembre 1943, al tempo del Gauleiter Hefer.

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, vuole rispondere alla domanda dell’onorevole Malagugini?

UBERTI, Relatore. Credevo di aver risposto, sia pure riassuntivamente, all’onorevole Malagugini, nel senso che, poiché questi sono paesi mistilingui, nei quali, cioè, vi sono cittadini di lingua italiana e cittadini di lingua tedesca, dovendosi applicare le disposizioni del bilinguismo, che sono stabilite per la provincia di Bolzano, ci si è trovati nella necessità di aggregarli alla provincia di Bolzano. Si è fatta anche l’ipotesi di creare un distretto particolare, ma in questo modo si sarebbe ancor più complicata la già tanto delicata composizione di questo Statuto.

Quindi, per quanto ciò possa dispiacere al collega Malagugini, lo pregherei di non voler insistere, perché una ragione effettiva vi è; è inoltre da tener presente che gli italiani di questi comuni si trovano ugualmente tutelati insieme a quelli che sono gli italiani di Bolzano, città dove la maggioranza è appunto di lingua italiana.

Lo spostamento di questi comuni da una provincia all’altra è determinato pertanto solo dalla necessità di poter attuare il principio del sistema bilingue.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 3, di cui è già stata data lettura.

(È approvato).

Passiamo al Capo II: «Funzioni della Regione».

Si dia lettura dell’articolo 4.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«In armonia con la Costituzione e i principî dell’ordinamento giuridico dello Stato e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, la Regione ha la potestà di emanare norme legislative sulle seguenti materie:

1°) ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto;

2°) ordinamento degli enti para-regionali;

3°) circoscrizioni comunali;

4°) espropriazione per pubblica utilità non riguardante opere a carico dello Stato;

5°) viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;

6°) miniere, comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere;

7°) impianto e tenuta dei libri fondiari;

8°) servizi antincendi;

9°) agricoltura, foreste e corpo forestale, patrimonio zootecnico ed ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie sperimentali;10°) alpicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna;

11°) caccia e pesca;

12°) assistenza sanitaria ed ospedaliera;

13°) ordinamento delle camere di commercio;

14°) comunicazioni e trasporti di interesse regionale;

15°) sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative;

16°) contributi di miglioria in relazione ad opere pubbliche eseguite dalla Regione e dagli altri enti pubblici compresi nell’ambito del territorio regionale;

17°) turismo e industrie alberghiere».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 5. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La Regione emana su le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale:

1°) ordinamento dei comuni e delle province;

2°) istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza;

3°) incremento della produzione industriale e delle attività commerciali;

4°) ordinamento degli enti di credito fondiario, di credito agrario, casse di risparmio e casse rurali, nonché delle aziende di credito a carattere regionale;

5°) utilizzazione delle acque pubbliche;

6°) assunzione diretta di servizi di interesse generale e loro gestione a mezzo di aziende speciali;

7°) opere idrauliche della quarta e quinta categoria;

8°) opere di bonifica».

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Vorrei osservare se non sia il caso là dove, al primo comma, si dice «la Regione emana, su le seguenti materie, norme legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalla leggi dello Stato» di dire piuttosto: «emana norme legislative nei limiti delle leggi dello Stato», omettendo le parole «dei principî fondamentali».

Osservo inoltre che all’alinea 5) si dice «utilizzazione delle acque pubbliche». Non sarebbe bene aggiungere entro quali limiti? Mi pare che si potrebbe fare riferimento a quanto stabilisce l’articolo 10.

DOSSETTI. L’articolo 10 non stabilisce limiti.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Io penserei che la formula più esatta da sottoporre all’Assemblea sia questa: «principî stabiliti dalle leggi dello Stato». Dei principî fondamentali già si parla all’articolo 4, ivi contemplandosi quelli scaturenti dall’ordinamento giuridico nel suo complesso. Viceversa, se qui non si vuole fare un doppione, occorre semplicemente parlare dei principî nascenti dalle leggi particolari.

Pertanto, nell’articolo 4 si continui a dire, secondo quanto abbiamo votato, «principî dell’ordinamento giuridico dello Stato», e nell’articolo 5 si dica invece «principî stabiliti dalle leggi dello Stato», depennando l’aggettivazione «fondamentali».

Il fatto che nella Carta costituzionale si adotti invece la sola formula dei «principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato» è spiegato dalla circostanza che la Costituzione dedica alla materia una sola e comprensiva norma, mentre qui si tratta di giustificare il dualismo introdotto dallo Statuto regionale, con la distinzione concettuale fra l’articolo 4 e l’articolo 5.

PRESIDENTE. Chiedo il parere della Commissione.

UBERTI, Relatore. Circa la proposta fatta dall’onorevole Dominedò di togliere l’aggettivo «fondamentale» mi sembra che si tratti di una questione non sostanziale, perché è evidente che i principî di cui si parla sono quelli generali, fondamentali che ispirano le leggi, e cioè non le singole norme particolari. Altrimenti non vi sarebbe una legislazione regionale.

Naturalmente, questa legislazione regionale è limitata dai principî delle leggi, in quanto si attiene ai criteri fondamentali che sono a base di una legge, non alle singole norme, dalle quali la legge regionale può distaccarsi per adattare quei principî fondamentali alla sottostante realtà regionale. (Interruzione del deputato Dossetti – Commenti). Per quel che riguarda poi il punto della utilizzazione delle acque pubbliche, è evidente che s’intende dentro i limiti delle leggi dello Stato e quindi della legge fondamentale del 1933 che regola le acque pubbliche.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Desidererei che il Presidente della Commissione dichiarasse se condivide l’interpretazione dell’articolo 5 data dall’onorevole Uberti, e in particolare l’interpretazione che egli ha dato circa la possibilità che norme di leggi regionali deroghino a norme stabilite dalle leggi dello Stato.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di rispondere.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Alla domanda ultima rispondo di sì, nel senso che una legge regionale può derogare a una norma della legge dello Stato. Non avrebbe senso dire che «nei limiti dei principî» la Regione emana norme giuridiche legislative, se questo articolo dovesse intendersi nel senso che la legge regionale non può derogare a qualche norma legislativa dello Stato. Ciò che esso esclude sicuramente è che la legge regionale deroghi ai principî delle leggi dello Stato concernenti una certa materia.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Sono costretto, a chiedere un chiarimento supplementare: cioè che l’onorevole Perassi mi precisi come gli organi legislativi regionali faranno a desumere, nei confronti di un articolo di una legge stabilita dallo Stato, se si tratti di un articolo che contiene una norma fondamentale o se si tratti di un articolo che non contiene una norma fondamentale.

PRESIDENTE. È stata questa una discussione molto interessante ed approfondita, che già si è svolta in sede di Assemblea quando si sono discussi i Titoli relativi agli ordinamenti regionali e l’elencazione delle materie. Si è largamente trattato anche questo argomento.

DOSSETTI. Sì, ma allora si concluse con una norma sola e non si è fatta una distinzione.

PRESIDENTE. Io non dico che si sia concluso con più norme. Io dico che poiché la Sottocommissione aveva presentato tre casi di svolgimento diversi, in quella sede si discusse di quella formula e proprio perché si giunse a darne una determinata interpretazione, essa fu esclusa dal testo costituzionale.

CODIGNOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODIGNOLA. Vorrei osservare che il primo comma dell’articolo 5 riproduce esattamente il primo comma dell’articolo 117 della Costituzione, salvo le ultime parole. Difatti, mentre l’articolo 117 della Costituzione dice: «sempre che le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni», nell’articolo 5 si dice soltanto: «non siano in contrasto con l’interesse nazionale».

Chiedo perciò al Presidente della Commissione se non si ritenga opportuno di aggiungere anche qui le parole: «e con quello di altre Regioni».

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di rispondere.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Con l’espressione «interesse nazionale» sembra alla Commissione che si tutelino sufficientemente le esigenze che si devono tutelare. E quindi la Commissione, per le molte ragioni dette prima, prega l’onorevole Codignola e altri colleghi di non volere insistere nel modificare questo testo.

Per quanto riguarda l’osservazione dell’onorevole Dossetti, la formula del progetto, per quanto riguarda i limiti giuridici della competenza legislativa della Regione, ripete la dizione dell’articolo 117 della Costituzione, cioè: la Regione emana, per le materie indicate, norme legislative nei limiti dei principî fondamentali delle leggi dello Stato. Per conseguenza prego di volere aderire al testo della Commissione.

PRESIDENTE. Possiamo passare alla votazione. L’onorevole Malagugini propone di sostituire nella prima parte dell’articolo 5 alla formula: «nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato», l’altra: «nei limiti delle leggi dello Stato».

MALAGUGINI. Accedo alla formulazione dell’onorevole Dominedò.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Dominedò, propone si dica: «nei limiti dei principî stabiliti dalle leggi dello Stato».

Onorevole Dominedò, insiste?

DOMINEDÒ. Sì, insisto.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della prima parte dell’articolo 5 con l’emendamento Dominedò:

«La Regione emana, per le seguenti materie, norme legislative nei limiti dei principî stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale».

RUINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI. Desidero fare una dichiarazione di voto, per dissipare una impressione che può essere rimasta da quello scambio di idee che ha avuto luogo fra due competenti quali sono gli onorevoli Dossetti e Perassi. Volevo chiarire che, nello spirito del testo della Costituzione, vi saranno le leggi «cornice», categoria giuridica che tutti conoscono; cioè leggi dello Stato che stabiliranno dei limiti entro i quali si potrà sviluppare la competenza, chiamiamola legislativa secondaria, della Regione. Quindi, la preoccupazione che vi sia una contradizione con delle disposizioni dello Stato non sussiste. Stabilito questo concetto fondamentale, possiamo tranquillamente votare questa formula, che ripete letteralmente quella della Costituzione, e che non dà adito a nessunissimo dubbio e a nessuna possibilità che leggi regionali possano contraddire alle norme dello Stato. Perché la norma dello Stato non fa che porre il quadro di queste norme. Con questo dichiaro di votare a favore della disposizione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la formula testé letta comprensiva dell’emendamento Dominedò.

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo Codignola:

«e con quello di altre Regioni».

(Non è approvato).

Pongo in votazione la restante parte dell’articolo 5:

«1°) ordinamento dei comuni e delle provincie;

2°) istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza;

3°) incremento della produzione industriale e delle attività commerciali;

4°) ordinamento degli enti di credito fondiario, di credito agrario, casse di risparmio e casse rurali, nonché delle aziende di credito a carattere regionale;

5°) utilizzazione delle acque pubbliche;

6°) assunzione diretta di servizi di interesse generale e loro gestione a mezzo di aziende speciali;

7°) opere idrauliche della quarta e quinta categoria;

8°) opere di bonifica».

(È approvata).

Passiamo all’articolo 6. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Nelle materie concernenti la previdenza e le assicurazioni sociali, la Regione ha facoltà di emanare norme legislative allo scopo di integrare le disposizioni delle leggi dello Stato, ed ha facoltà di costituire appositi istituti autonomi o agevolarne la istituzione.

«La casse mutue malattie esistenti nella Regione, che siano state fuse nell’Istituto per l’assistenza di malattia ai lavoratori, possono essere ricostituite dal Consiglio regionale, salvo il regolamento dei rapporti patrimoniali.

«Le prestazioni di dette casse mutue agli interessati non possono essere inferiori a quelle dell’istituto predetto».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 7. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Con leggi della Regione, sentite le popolazioni interessate, possono essere istituiti nuovi comuni e modificate le loro circoscrizioni e denominazioni.

«Tali modificazioni, qualora influiscano sulla circoscrizione territoriale di uffici statali, non hanno effetto se non due mesi dopo la pubblicazione del provvedimento nel Bollettino Ufficiale della Regione».

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Vorrei chiedere ancora un chiarimento. Che cosa si intende significare con le parole: «Con leggi della Regione, sentite le popolazioni interessate»?

Vorrei sapere cioè in qual modo le popolazioni interessate potranno essere sentite, perché l’articolo non lo dice.

AMBROSINI, Relatore. Nel modo che sarà stabilito dal regolamento interno della Regione.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Attraverso i Consigli comunali.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Attraverso i Consigli comunali, come ha detto il Presidente del Consiglio ed anche attraverso il referendum. Nella Costituzione è ammesso l’istituto del referendum. La Regione può con sua legge, regolare il referendum, come strumento di consultazione delle popolazioni interessate. Si tratta di una forma democratica contemplata dalla Costituzione, oltreché da una norma particolare per questa Regione. L’articolo 133 della Costituzione è ripetuto da questo articolo 7.

PRESIDENTE. Mi pare che la risposta più sodisfacente sia questa: che la Regione stabilirà nel suo ordinamento interno in qual maniera provvedere a dare esecuzione a questa norma costituzionale.

Pongo in votazione l’articolo 7.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 8. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La Regione può autorizzare l’apertura e il trasferimento di sportelli bancari di aziende di credito a carattere regionale o locale, sentito il parere del Ministro del tesoro.

«L’autorizzazione all’apertura ed al trasferimento di sportelli bancari di aziende, che svolgono operazioni di credito anche in altre regioni, è data dal Ministro del tesoro sentito il parere del Presidente della Giunta regionale».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 9. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Per le concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico e le relative proroghe di termini, la Regione ha facoltà di presentare le proprie osservazioni ed opposizioni in qualsiasi momento fino all’emanazione del parere definitivo del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

«La Regione ha altresì facoltà di proporre ricorso al Tribunale superiore delle acque pubbliche avverso il decreto di concessione e di proroga.

«Il Presidente della Giunta regionale o un suo delegato è invitato a partecipare con voto consultivo alle riunioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici, nelle quali sono esaminati i provvedimenti indicati nel comma precedente».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Alla fine dell’ultimo comma, là dove si dice: «nel comma precedente» si dovrebbe dire: «nel primo comma».

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’articolo 9 con questa osservazione.

(È approvato).

Si dia lettura dell’articolo 10.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nelle concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico, accordate successivamente all’entrata in vigore della presente legge, il concessionario ha l’obbligo di fornire gratuitamente alla Regione per servizi pubblici o qualsiasi altro pubblico interesse una quantità di energia pari al sei per cento di quella ricavata dalla portata minima continua, anche se regolata, da consegnarsi all’officina di produzione o sulla linea di trasporto ad alta tensione collegata con l’officina stessa nel punto più conveniente alla Regione.

«Per le concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico, già accordate all’entrata in vigore della presente legge, e per quelle da accordarsi, i concessionari sono tenuti a fornire, con le modalità di cui al comma precedente, al prezzo di costo, per usi domestici, per l’artigianato locale o per l’agricoltura, una quantità di energia nella misura stabilita nel comma precedente.

«Per le forniture di energia elettrica e prezzo di costo, in mancanza di accordi tra le parti, il prezzo è determinato dal Ministro dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici ed il Presidente della Giunta regionale, tenuto conto delle caratteristiche dell’energia richiesta e comprese le quote per interessi e per ammortamenti.

«L’obbligo previsto nel secondo comma del presente articolo si adempie compatibilmente con l’esecuzione dei contratti di somministrazione di energia elettrica conclusi anteriormente all’entrata in vigore della presente legge.

«La Regione, a parità di condizioni, è preferita nelle concessioni di grande derivazione.

«Il Presidente della Giunta regionale ha facoltà di provocare dagli organi competenti la dichiarazione di decadenza delle concessioni di grande derivazione, ove ricorrano le condizioni previste dalla legge».

NOBILI TITO ORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILI TITO ORO. Come i colleghi hanno udito, l’articolo 10 riguarda diritti da riconoscere alla Regione sulla produzione idroelettrica locale. Questa materia è strettamente connessa alle disposizioni degli articoli 62, 63 e 91; direi meglio che è materia addirittura inscindibile dalla conoscenza di questi articoli, che ne costituiscono addirittura il presupposto.

Mi permetto pertanto di proporre, per l’economia della discussione, e per consentire a ciascuno di noi di esprimere un voto ex bene informata coscientia, che l’esame dell’articolo 10 sia rinviato a dopo l’esame dell’articolo 91.

Gli articoli 62, 63 e 91 contemplano infatti altri benefici che la Regione si ripromette di conseguire in materia di acque pubbliche, sia a carico dello Stato, sia a carico delle imprese di produzione della energia elettrica. Onde si rende necessaria la visione complessiva del progetto al riguardo, prima di poterne accettare o respingere la prima parte, che ha avuto collocazione così lontana dal resto.

MARINARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINARO. La materia contemplata da questo articolo 10 dello Statuto non è in armonia con i principî fondamentali della Carta costituzionale.

Come l’Assemblea ricorderà, dopo ampio dibattito, fu deciso da questa Assemblea di escludere ogni ingerenza della Regione in materia di sfruttamento, disciplina ed uso delle acque pubbliche, tanto che dall’articolo 117 della Costituzione fu depennata quella parte che riguardava appunto la disciplina delle acque.

Vero è che l’articolo 116 stabilisce che alla Sicilia, Sardegna e Trentino-Alto Adige sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, ma, s’intende, in armonia con i principî generali della Costituzione e con l’ordinamento giuridico dello Stato.

Ora, la Costituzione esclude la ingerenza della Regione in questa materia. I principî generali dell’ordinamento giuridico dello Stato, che possono essere ravvisati in quella legge fondamentale che disciplina le acque pubbliche e che rimane un monumento di sapienza giuridica escludono ogni ingerenza in questa materia.

Io non ho creduto di proporre un apposito emendamento al riguardo, ma pongo l’Assemblea di fronte a questa situazione, perché qui si tratta di compiere una patente violazione della Costituzione appena nata. (Commenti).

PRESIDENTE. Comunico che gli onorevoli Pat, Mortati ed altri hanno proposto il seguente emendamento sostitutivo:

«Sostituire il testo con il seguente:

«Nelle concessioni di grandi derivazioni per produzione di energia elettrica è riservato alla Regione, a prezzo di costo, per servizi pubblici o qualsiasi altro pubblico interesse, nonché per usi domestici, l’artigianato e l’agricoltura della Regione stessa, un quantitativo di energia non superiore al 12 per cento di quella ricavata dalla portata minima continua, anche se regolata, da consegnarsi alle officine di produzione e sulla linea di trasporto ad alta tensione collegata con le officine stesse nel punto più conveniente per la Regione.

«Per la richiesta e l’utilizzazione dell’energia riservata alla Regione si applicano le disposizioni di cui al secondo comma dell’articolo 52 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

«In mancanza di accordo tra le parti, il prezzo è determinato dal Ministero dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, ed il governo regionale, tenuto conto delle caratteristiche della energia richiesta e comprese le quote per interessi e ammortamenti.

«Il Presidente della Giunta regionale ha facoltà di provocare dagli organi competenti la dichiarazione di decadenza delle concessioni di grandi derivazioni, ove ricorrano le condizioni previste dalla legge».

«Subordinatamente, sopprimere, al secondo comma, le parole: già accordate all’entrata in vigore della presente legge e per quelle».

L’onorevole Nobili Tito Oro ha fatto una proposta di rinvio fino a che non siano stati esaminati gli articoli 62, 63 e 91.

L’onorevole Nobili ha giustificato la richiesta facendo presente la necessità di poter studiare gli elementi particolari tecnici dell’articolo 10 in confronto degli altri.

Io vorrei che così si potesse fare; ma non so se ora sia possibile ai colleghi che devono seguire la discussione di condurre in pari tempo a termine questo studio. In secondo luogo, mi pare che gli articoli 62 e 63 si riferiscano alla materia tributaria e non abbiano un collegamento diretto con l’articolo 10.

NOBILI TITO ORO. Mi permetta, signor Presidente.

Gli articoli 63 e 91 sono complementari dell’articolo 10; non pare si possa approvare una concessione se non si sappia quante e quali altre essa possa trascinarsene dietro. L’articolo 10 non si comprende se non si conosce la portata dell’articolo 63, che richiama l’articolo 53 della legge generale sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici, testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775.

Si tratta, dei diritti riconosciuti ai Comuni sottesi o rivieraschi dalla legge, che s’intitola, in ragione dell’origine prima, all’onorevole Bonomi, sia mediante somministrazioni di energia (articolo 52), sia mediante prestazioni di canoni (articolo 53); occorre anzitutto stabilire se col sistema del progetto restino o no ferme, sia le concessioni fatte ai comuni rivieraschi sia le verificatesi decadenze.

Gli articoli 63 e 91 disciplinano questa materia, ma in modo tale da poter prestare il fianco alla critica.

PRESIDENTE. L’articolo 63 dice al secondo comma:

«È soppressa, nell’ambito del territorio della Regione, l’applicazione dell’articolo 53 del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici ecc.». Mi pare che non ci sia bisogno di attendere la discussione di questo articolo, per poter esaminare l’articolo 10.

FUSCHINI. Il collegamento c’è.

NOBILI TITO ORO. L’articolo 63 non è tutto; le disposizioni transitorie contengono l’articolo 91 che riprende la questione, aggiungendo che sono riaperti i termini di prescrizione per l’ausilio dei diritti di cui all’articolo 52 della legge del 1933, e cioè pel conseguimento di assegnazioni fino a 1/10 di quella prodotta per le necessità dei pubblici servizi. Per questa disposizione i Comuni e perfino le Provincie (che nell’articolo 52 non sono contemplate!) hanno diritto di veder riaperti a proprio favore i termini ormai decorsi pel conseguimento delle assegnazioni di energia al prezzo di costo.

PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il proprio parere sulla proposta di rinvio.

UBERTI, Relatore. Non abbiamo difficoltà ad accettare il rinvio, per esaminare insieme le disposizioni tributarie con quanto si riferisce alla regolazione particolare di questa materia delle acque.

Solamente, vorrei chiarire i criteri seguiti nella elaborazione del prospetto. Il problema è stato esaminato dalla Commissione in modo approfondito. A tale esame ha partecipato autorevolmente anche l’autore dell’attuale legge sulle acque, l’onorevole Bonomi. Furono sentiti i tecnici del Ministero dei lavori pubblici. Quanto è proposto è una transazione, fra la richiesta di affidare alla Regione quanto concerne le concessioni, e l’interesse superiore di conservare questo diritto allo Stato per assicurare in ogni caso nel superiore interesse nazionale, la massima utilizzazione delle acque.

Per poter arrivare a questa soluzione compositoria si è detto: è necessario assicurare alla Regione alcuni elementi di compenso, una contropartita e ciò non per attribuire alla Regione privilegi particolari ma per indennizzare la Regione di tutti i danni che le derivano dalla costruzione di impianti, di bacini che sconvolgono non solo l’agricoltura ma tutta l’ambientazione di interi Paesi.

Ora, se c’è questa esigenza fondamentale, che non vi era nello Statuto della Sardegna, perché, essendo questa un’isola, le concessioni sono state trasferite dallo Stato alla Regione, bisogna fare qualche cosa per queste popolazioni del Trentino-Alto Adige, come di altre Regioni alpine, che sono colpite in modo così grave dagli impianti per lo sfruttamento delle forze idroelettriche.

Vi sembra che sia possibile, così dal punto di vista psicologico, come da quello giuridico che le genti di queste regioni assistano rassegnate al trasferimento in altre regioni di queste grandi forze idroelettriche senza alcuna possibilità di utilizzazione in sito? Non vedrebbero in tale trasferimento, oltreché un danno, una spoliazione?

Per assolvere a tale esigenza s’è pensato di porre l’obbligo di cedere all’utilizzazione in sito, per l’agricoltura e l’artigianato, per lo meno il 10 per cento dell’energia a prezzo di costo. Che se in un momento particolare si rende necessario un intervento vincolistico per distribuire l’energia stabilendo un ordine di preferenze di utilizzazione, una graduazione di urgenze, questo non è impedito sol perché si stabilisce una riserva per l’agricoltura e l’artigianato locale. Anche queste utilizzazioni non sono sottratte alla graduazione. Quindi l’obiezione che con questa disposizione si va contro gli interessi generali dell’economia nazionale non regge.

Verremmo meno al nostro spirito di equità se negassimo questo, se obliterassimo queste esigenze locali. Ma si è detto: c’è l’articolo 52 che stabilisce la riserva del 10 per cento a prezzo di costo a favore dei comuni rivieraschi. Ma è bene che l’Assemblea sappia che un solo comune ha potuto utilizzare questo 10 per cento: quello di Gro, e anche in tal caso per una particolare situazione contingente. Quell’articolo 52 dunque è un onere più che altro teorico, perché i comuni, oltre che per l’illuminazione del Paese, non sono in condizioni di utilizzare il 10 per cento summenzionato.

PELLA, Ministro delle finanze. E il 6 per cento?

UBERTI, Relatore. Anche per questo una parte resta solo in teoria.

NOBILI TITO ORO. E questo è l’elemento grave.

UBERTI, Relatore. Allora non si dica che è un onere insopportabile che impedisce i nuovi impianti.

Terzo punto: vi è un 10 per cento dato anche alla Regione.

La Commissione governativa prima, quella dell’Assemblea poi, hanno studiato a fondo questo problema e sono addivenute alla conclusione che i servizi pubblici della Regione hanno un diritto preminente nell’utilizzazione della forza idroelettrica, prima di andare ad alimentare altri servizi. Si è a lungo discusso intorno alla definizione dei servizi pubblici. S’è constatato che v’è al riguardo tutta una letteratura ed una giurisprudenza. Per venire poi incontro al rilievo che in tal modo le aziende idroelettriche erano costrette ad accantonare nei loro calcoli preventivi un terzo 10 per cento (abbiamo già visto che il 10 per cento ai comuni rivieraschi è del tutto teorico) si è attenuato il diritto al 6 per cento.

Ed ancora, poiché i tecnici trentini e alto-atesini hanno rilevato che le possibilità pratiche di effettiva utilizzazione non raggiungono neanche il 6 per cento, bensì il 2,8 per cento, la Commissione è disposta ad accettare un eventuale emendamento che dicesse: «fino al 6 per cento».

C’è infine l’obiezione relativa alle utilizzazioni delle Ferrovie dello Stato. Abbiamo discusso anche oggi questo problema. In realtà lo Stato adopera l’energia per dare adeguato sviluppo anche ai servizi pubblici della Regione. Per esempio la Trento-Malè potrebbe essere modernizzata nei suoi impianti. Così la Brunico-Campo Tures. Si possono pure elettrificare o modernizzare le grandi linee nazionali nella Regione.

Se vi è questa contropartita da parte delle Ferrovie, ritengo che la Commissione potrà aderire alla eventuale richiesta del Ministro dei trasporti di esonerare le ferrovie da questo obbligo.

Per l’osservazione di qualcuno il quale dice: ma voi date anche 10 centesimi per ogni kwh, faccio rilevare…

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, lei sta già parlando dell’articolo 63.

Ora, o rinviamo tutto, o cominciamo a trattare l’articolo 10.

UBERTI, Relatore. Concludo questi rilievi generali osservando che questi tanto conclamati oneri alla industria idroelettrica si riducono in realtà ad un diritto potenziale che pone una riserva del 10 per cento del quantitativo prodotto a prezzo di costo e quindi con la perdita solo del profitto puro, senza interesse e ammortamento e al 2,8 per cento gratuito per i servizi pubblici della Regione. Arretrando al di là di questo limite si verrebbe meno all’impegno sostanziale che la Commissione ha assunto quando ha negato di passare le concessioni dallo Stato alla Regione. Verrebbe meno ogni contropartita, anche limitata. Venir meno a questo equilibrio significherebbe, secondo me, ingannare completamente quelli che hanno avuto fiducia nello Stato.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, pongo in votazione la proposta dell’onorevole Nobili Tito Oro di rinviare l’esame e la votazione di questo articolo 10 a quando saranno esaminati gli articoli 62, 63 e 91.

UBERTI, Relatore. La Commissione si astiene.

(Dopo prova e controprova la proposta è approvata).

PRESIDENTE. Passiamo agli articoli 11 e 12 fra di essi collegati. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

Capo III.

Funzioni delle Province.

Art. 11.

«Le Province hanno la potestà di emanare norme legislative entro i limiti indicati nell’articolo 4, su le seguenti materie:

1°) ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto;

2°) istruzione post-elementare e di avviamento professionale ad indirizzo agrario, commerciale ed industriale;

3°) toponomastica, fermo restando l’obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano;

4°) usi e costumi locali e istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale;

5°) manifestazioni artistiche locali;

6°) urbanistica e piani regolatori;

7°) tutela del paesaggio;

8°) usi civici;

9°) ordinamento delle minime proprietà culturali, anche agli effetti dell’articolo 847 del Codice civile; ordinamento dei «masi chiusi» e delle comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini;

10°) artigianato;

11°) case popolari;

12°) porti lacuali;

13°) fiere e mercati;

14°) opere di pronto soccorso per calamità pubbliche».

Art. 12.

«Le Province emanano norme legislative alle seguenti materie nei limiti indicati nell’articolo 5:

1°) polizia locale urbana e rurale;

2°) scuole materne; istruzione elementare, media, classica, scientifica, magistrale, tecnica ed artistica;

3°) assistenza scolastica».

PRESIDENTE. All’articolo 11 gli onorevoli Codignola, Bonomelli, Malagugini e altri hanno proposto il seguente emendamento:

«Sopprimere il n. 2°)».

Gli stessi deputati hanno, contemporaneamente, presentato il seguente emendamento al successivo articolo 12:

«Sostituire al testo del n. 2°) il testo del n. 2°) dell’articolo 11».

L’onorevole Codignola ha facoltà di svolgere gli emendamenti.

CODIGNOLA. Non vorrei in questa occasione tornare su problemi già ampiamente discussi in materia di decentramento regionale per quanto riguarda l’organizzazione scolastica. Ma devo richiamare l’attenzione dei colleghi sul fatto che gli articoli 11 e 12, rispettivamente al punto secondo, passano alla competenza della provincia tutto il complesso dell’organizzazione scolastica nella Regione Trentino-Alto Adige.

Ora, nell’articolo 117 della Costituzione fu, dopo lunga discussione, stabilito che fosse consentito alle Regioni di legiferare – nei limiti della legislazione generale dello Stato – solo in materia d’istruzione artigiana e professionale, e di assistenza scolastica.

Ci troviamo invece di fronte alla proposta che nel Trentino-Alto Adige l’istruzione professionale e artigiana venga affidata alla podestà legislativa delle Provincie e non più della Regione. E nei limiti della Costituzione; mentre nei più ristretti limiti stabiliti dalle leggi dello Stato, alle due Provincie sarebbe affidato tutto l’insieme dell’istruzione media. Nel Trentino-Alto Adige, dunque, l’intero complesso dell’organizzazione scolastica passerebbe alla competenza legislativa delle Provincie.

Non riesco a capire per quale ragione questa Assemblea dovrebbe votare un principio così grave di eccezione alle facoltà generalmente attribuite alle altre Regioni italiane.

Vero è che noi siamo impegnati in sede internazionale a garantire alle popolazioni tedesche dell’Alto Adige l’insegnamento elementare e secondario nella lingua materna – così dice il testo dell’Accordo di Parigi –; si tratta cioè di garantire che l’insegnante nelle scuole frequentate da alunni di lingua tedesca, sia anch’esso di lingua tedesca. Ma questo è assicurato dall’articolo 15 del progetto, che contiene tutta una serie di garanzie a questo proposito, sia per quanto riguarda gli insegnanti, sia per quanto riguarda i provveditori agli studi, i direttori didattici e gli ispettori scolastici. Questo mi pare che sia l’unico aspetto caratteristico, in materia di istruzione pubblica, che bisogna tener presente nell’ordinamento della Regione Trentino-Alto Adige. Null’altro. Mentre, se accettassimo quanto è stato proposto con l’articolo 11 e 12, comma secondo, verremmo ad attribuire una ingiustificata posizione di privilegio in materia scolastica al Trentino-Alto Adige, che non corrisponde a quanto l’Assemblea ha deciso preventivamente.

Pregherei quindi, di considerare l’opportunità di abolire qualsiasi attribuzione della Provincia nell’ambito della sola Costituzione; di sopprimere di conseguenza il numero 2 dell’articolo 11, e di rinviare la materia indicata in quel comma al numero 2 dell’articolo 12 sopprimendo il resto, in maniera che alla Provincia resti solamente la potestà legislativa nell’ambito della legislazione generale, per quanto riguarda l’istruzione primaria e l’avviamento professionale.

Con ciò verrebbe fatto comunque un passo di più rispetto alla organizzazione autonomistica in generale, perché, nel caso in esame, le norme che in questa materia sono generalmente attribuite alla Regione resterebbero alla competenza legislativa della Provincia.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Perassi ad esprimere il parere della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione non può accettare gli emendamenti dell’onorevole Codignola.

Io richiamo l’attenzione dell’Assemblea su questo punto che è particolarmente delicato. Credo che a questo riguardo anche il Governo riterrà opportuno dire qualche parola.

Si cita la Costituzione. È vero, la Costituzione – all’articolo 117 – prevede che alle Regioni in generale è data una certa competenza legislativa limitata per quanto concerne l’istruzione artigiana, professionale e l’assistenza scolastica. Ma non si deve dimenticare che qui siamo di fronte ad uno Statuto speciale. Non solo, ma ad uno Statuto speciale concernente una certa Regione. Quindi non è neppure il caso di dire che si creano dei precedenti pericolosi. È un problema specifico concernente una determinata Regione la quale presenta delle condizioni particolarissime.

Abbiamo già spiegato come per il Trentino-Alto Adige – avuto riguardo alla sua particolare struttura – l’istituto della Regione è stato congegnato con qualche difformità da quello che è il tipo comune. È una Regione che in realtà opera attraverso due cosiddette Provincie (dico cosiddette Provincie), alle quali noi abbiamo attribuito funzioni che spettano in generale alle Regioni.

Perché abbiamo fatto questo? Perché esistono in quella parte d’Italia delle situazioni particolarissime determinate dalla composizione delle popolazioni che la abitano.

Ora vorrei pregare l’onorevole Codignola di tener presenti tutte le considerazioni che abbiamo fatto all’inizio di questa discussione e che sono state poi così autorevolmente sottolineate da parte del Presidente del Consiglio.

Si tratta di uno dei punti più delicati.

Noi abbiamo discusso e si è arrivati a questa conclusione.

Credo che l’Assemblea faccia opera di saggezza mantenendo le proposte che la Commissione ha elaborato. Prego perciò l’onorevole Codignola – tenuto conto di tutte queste considerazioni – di non volere insistere nei suoi emendamenti.

PRESIDENTE. Onorevole Codignola, mantiene gli emendamenti?

CODIGNOLA. Li mantengo.

CONCI ELISABETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONCI ELISABETTA. Mi permetto anche io di insistere in modo particolare, proprio su questo punto che forma o ha formato oggetto dell’accordo raggiunto con i rappresentanti alto-atesini. Noi non possiamo venir meno a questo accordo.

È il più grande interesse del Paese e della nostra civiltà che si può raggiungere attraverso questo accordo. Io chiedo vivamente agli onorevoli colleghi di non voler insistere su questo punto.

BETTIOL. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Una brevissima dichiarazione di voto. Come uomo di terra di confine riconosco l’estrema importanza dell’autonomia culturale che noi dobbiamo dare alle minoranze etniche che vivono nel territorio del nostro Stato. Se l’essenza dell’autonomia sta appunto nell’autonomia culturale, è chiaro che non si potrà parlare di autonomia culturale se l’organizzazione scolastica viene accentrata decisamente.

Per questo mi dichiaro contrario a tutti gli emendamenti che intendano modificare il testo degli articoli 11 e 12 per quanto riguarda la competenza delle provincie a legiferare in materia scolastica.

CARBONARI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARBONARI. Dichiaro di votare contro l’emendamento proposto dall’onorevole Codignola perché, appunto come diceva l’onorevole Bettiol, se c’è una autonomia alla quali i tedeschi dell’Alto Adige devono aspirare, è appunto quella della loro cultura, l’autonomia scolastica. Siccome in questa materia abbiamo parlato con loro e siamo giunti ad un accordo, noi dobbiamo assolutamente fare onore all’impegno preso con essi ed alla parola data.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Dichiaro di dare una breve spiegazione del mio voto a favore del testo della Commissione permettendomi di mettere l’accento su una differenza che non mi pare sia stata abbastanza posta in chiaro, ed è che tutto l’insieme dell’insegnamento viene in sostanza distinto fra le scuole che ci sono sempre state (cioè le scuole elementari, le secondarie e l’insegnamento superiore), e le scuole di recente tipo e introduzione.

Le scuole che ci sono sempre state e che, direi, sono le fondamentali per l’interesse dello Stato, sono considerate nel secondo articolo nel quale la legislazione provinciale trova dei limiti appunto nei principî delle nostre leggi sull’istruzione. Una maggiore libertà è consentita soltanto circa quell’altra categoria di scuole di tipo moderno che vanno sotto il nome generico di «artigianato», o di «arti e mestieri» e che noi abbiamo appunto indicato con quelle tali espressioni: «scuole di avviamento professionale ad indirizzo agrario, commerciale e industriale».

Ma queste scuole di questa seconda categoria devono rispondere a esigenze di attività pratiche locali, ed in esse l’influsso della provincia è molto più giustificato e non incide menomamente sul tronco dell’istruzione generale di primo grado, di secondo grado e superiore, circa la quale restano fermi i principî delle leggi nostre con particolare riguardo però, all’elemento linguistico.

Chiarita in questi termini la questione, più che mai mi pare necessario tener fermo il testo della Commissione; e confido che anche il pensiero del Governo sia in questo senso, perché tocca il punto particolarmente considerato nell’accordo De Gasperi-Gruber.

PARIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PARIS. Vorrei proporre una formula transattiva, cioè che il numero 2 dell’articolo 11 rimanga solo per la provincia di Bolzano.

Se fosse accettata questa formula i proponenti ritirerebbero il loro emendamento.

Aggiungerei quindi «limitatamente alla provincia di Bolzano».

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Io non sono insensibile alle invocazioni venute dai banchi della Commissione, anche perché mi rendo conto che, in sostanza, tutto il disegno di legge che abbiamo sott’occhio e in particolare questa parte, sono dominati dall’accordo di Parigi. Però non comprendo perché questa autonomia in materia scolastica debba essere delegata alla Provincia, anziché rimanere alla Regione.

Comunque, se si raggiunge un accordo sulla proposta transattiva, di cui si è fatto portavoce il collega Paris, non ho nessuna difficoltà ad aderire.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Se si vuole in questa legislazione scolastica, secondaria in senso integrativo, trovare una garanzia per il carattere etnico della minoranza tedesca della Venezia Tridentina, e della maggioranza di Bolzano, conviene assolutamente rimetterla alla provincia.

Avrei preferito che da principio si fosse pensato, invece che alla parola provincia, ad un’altra parola; si potrebbe dire «circondario». Per ragioni tecnicamente molto fondate si è preferito usare la stessa parola, tanto che da principio chi ha preso in mano per la prima volta il progetto, si è scandalizzato del fatto che esistano provincie, che abbiano quelle tali prerogative.

È una provincia del tutto particolare; si chiamano provincie – i tedeschi traducono «land» – ma, in realtà, sono circondari di carattere speciale.

Non voglio entrare in dettaglio, perché non amerei che su questo si facesse discussione.

Prego poi, di considerare che la legislazione scolastica generale resta in piedi; si aggiunge l’obbligo della bilinguità ed altre garanzie nella amministrazione. Infatti, è stabilito che negli organi, che devono applicare la legislazione dello Stato, deve esservi una garanzia personale, cioè persone che conoscano bene il tedesco; si parla anche di lingua materna; sono garanzie personali inserite nell’amministrazione scolastica. Noi abbiamo trovato così modo di non modificare la legislazione fondamentale dello Stato, quindi trattare su base nazionale il problema scolastico, e tuttavia di introdurre quel tanto di garanzie locali, che sono necessarie perché si possa dire che non solo si è tenuto conto dell’accordo, ma anche del principio generale di cui bisogna tener conto. Per non affidare la scuola completamente alla provincia si è tenuto conto del carattere nazionale dello Stato in cui questa minoranza si trova. Tuttavia si sono create delle garanzie, delle difese e dei mezzi di intervento e di influsso anche per i rappresentanti della popolazione tedesca. Questo lo dovevamo fare perché comprendiamo che non possiamo pretendere che costituisca una garanzia la semplice legge dello Stato, perché quella legge, che stabilisce che deve esservi parità linguistica, domani può essere cambiata, né di per sé potrebbe la rappresentanza della popolazione tedesca avere un modo di garantirsi contro un eventuale cambiamento. L’unico modo di tutela che hanno lo possono esercitare in sede locale, nei limiti che ho detto.

Vi prego pertanto, di accettare questo compromesso poiché si può con tranquillità attendere che si sviluppi in un senso favorevole per lo Stato e contemporaneamente sia sufficientemente protettivo dei diritti delle minoranze.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Dichiaro che voterò a favore del testo della Commissione e contro l’emendamento soppressivo Codignola, perché mi sembra che l’autonomia dell’insegnamento sia un fondamento indispensabile dell’autonomia etnica e culturale che intendiamo garantire. In verità lo strumento tecnico escogitato in questa legge con le provincie aventi potestà legislativa, è una cosa per il nostro senso giuridico un po’strana e che desta qualche preoccupazione. Ma poiché il sistema è sorto sotto la pressione di esigenze di carattere politico, non vedo perché dovrebbe essere sottratta alle provincie la competenza in una materia tanto delicata qual è quella dell’insegnamento.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Comprendo che l’onorevole Presidente del Consiglio, con molto fervore, difenda il contenuto di questo Statuto e comprendo anche che sull’argomento della scuola egli insista affinché restino queste disposizioni. Francamente, dico che condivido il pensiero del collega Codignola per ragioni evidenti, onorevoli colleghi. Infatti viene per la prima volta ad esser tolta allo Stato italiano la facoltà di giurisdizione su tutte le scuole della Repubblica. (Commenti al centro).

Una voce al centro. La giurisdizione è dello Stato.

TONELLO. La giurisdizione è dello Stato, ma quando verrà applicata questa autonomia in una provincia in gran parte tedesca, mi saprete dire quel che avverrà, onorevoli colleghi! Io sono d’accordo con il Presidente che bisogna far di tutto per smussare gli angoli ed affratellare le popolazioni di confine. Bisognerebbe però che lo Stato italiano mantenesse intatti anche i diritti essenziali della Repubblica italiana. Potevate concedere l’insegnamento bilingue, potevate stabilire che gli insegnanti fossero locali e concedere tutte le facilitazioni, ma non arrivare fino a questo punto.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Questo è l’equivoco!

TONELLO. Il problema è difficilissimo, egregi colleghi. Lo so, perché anch’io vivo in una terra vicina ad altri popoli di altra lingua. Lo Stato potrà intervenire, ammesso che domani queste scuole autonome tedesche… (Rumori al centro – Interruzione dell’onorevole Uberti). Ad ogni modo, potete ben gridare che io sono in equivoco, ma so anche di che piede andate zoppi, colleghi della Democrazia Cristiana (Commenti al centro). So che è nel vostro intento di portare domani la stessa autonomia della scuola anche nelle Regioni italiane; non avete il coraggio di farlo subito, ma è nel vostro programma. Intanto cominciate col Trentino e con la Venezia Giulia, tanto per dare inizio a quanto volete compiere. (Commenti al centro). Ricordatevi che quanto potrete fare sarà frutto di un compromesso, tanto più che il Governo ha virtualmente concesso questo Statuto al di fuori delle deliberazioni della Assemblea Costituente, in base alle trattative fra le popolazioni allogene e gli italiani. Questo problema era stato posto al Governo e l’onorevole De Gasperi lo ha risolto, a fin di bene, nel modo che ha creduto migliore. Ma che poi dobbiamo considerare ogni decisione come immodificabile, questa è un’altra questione.

Noi vogliamo che non sia spezzata l’unità di giurisdizione nel campo scolastico, ai confini della Repubblica italiana.

Per questo voterò l’emendamento proposto dall’onorevole Codignola, perché questa è una questione delicatissima e di alto valore politico. Pensate bene a quello che fate, perché domani, quando sorgeranno inconvenienti, sarà inutile far risalire le colpe ai Ministeri che furono, anche perché spero che col passar del tempo non resterete sempre voi al Governo (Commenti).

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Io vorrei pregare l’onorevole Tonello, di riservare il suo giudizio al momento dell’esame dell’articolo 15. Qui vedrà di chi è la giurisdizione sulla scuola e vedrà che quando si parla del provveditore agli studi, si parla del provveditore dello Stato e vedrà che si inseriscono alcune garanzie per i tedeschi, ma si parla del provveditore dello Stato.

C’è un equivoco, onorevole Tonello. Comunque, per avere un quadro chiaro e ben definito del problema scolastico bisogna considerare anche altri articoli.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Quando parlava l’onorevole Tonello mi ero permesso di interromperlo dicendo che vi era un equivoco. Il Presidente del Consiglio lo ha già chiarito ed io non ho che da confermare quanto egli ha detto. L’equivoco consiste in questo: di credere che dandosi alla provincia una certa competenza legislativa in materia di scuole, si voglia dare alla provincia, non quella che impropriamente l’onorevole Tonello chiamava giurisdizione, ma l’amministrazione. Ora, questo non è esatto. L’equivoco è questo: la funzione amministrativa scolastica, ossia la gestione delle scuole indicate nell’articolo 12 del progetto, resta allo Stato. E questo risulta, come ha notato il Presidente del Consiglio, sia dall’articolo 13 che dall’articolo 15.

Soltanto si prevede per la provincia di Bolzano che il provveditore degli studi di Bolzano, organo dello Stato, terrà conto di certe particolari esigenze, anche per quanto riguarda la sua costituzione. Si prevede, ad esempio, per il provveditore agli studi l’obbligo della piena conoscenza della lingua italiana e tedesca (ed è una cosa naturale) e si prevede che saranno assegnati ai provveditorato agli studi di Bolzano un vice-provveditore nonché ispettori e direttori didattici la cui lingua materna sia la stessa di quella degli alunni. Ed anche quest’ultima credo che sia una cosa che non possa sollevare difficoltà.

Chiarito questo equivoco, pregherei coloro che hanno presentato l’emendamento, di non voler insistere.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Bertola e Lizier avevano proposto di sopprimere l’articolo 126, in via subordinata, di sopprimere il n. 2°). Dato che gli articoli 12 e 15 trattano la stessa materia.

Ora essi hanno presentato il seguente emendamento sostitutivo della prima parte dell’articolo 12:

«Le Province hanno facoltà di adattare alle loro particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme nelle seguenti materie:».

L’onorevole Bertola ha facoltà di svolgerlo.

BERTOLA. L’intendimento degli emendamenti presentati non è quello di togliere l’autonomia dell’ordinamento scolastico alla Regione dell’Alto Adige ed alle provincie; ma piuttosto di venire ad un chiarimento soprattutto sul primo comma dell’articolo 12.

Noi viviamo un po’ nella scuola e crediamo che questo comma darà origine ad una serie di dissidi col Ministero della pubblica istruzione. Perché la formulazione: «Le Provincie emanano norme legislative sulle seguenti materie» (che poi sono quelle di cui all’articolo 5), non è sufficiente per stabilire dei limiti esatti tra i poteri del Ministero della pubblica istruzione e quelli di cui alle varie Provincie.

Perciò il nostro emendamento non è contrario ad una riforma e ad un adattamento dell’ordinamento scolastico per queste Regioni, ma cerca anzi di risolvere questo dissidio.

Faccio notare (in particolare per quelli che hanno la preoccupazione di non concedere questa autonomia scolastica) che lo Statuto, all’articolo 15, tratta diffusamente della questione linguistica nella Regione; e perciò tutela, a mio modo di vedere, a sufficienza uno dei patrimoni fondamentali e più importanti della zona dell’Alto Adige.

L’articolo 81 tutela appunto la caratteristica linguistica di una zona dell’Alto Adige, e precisamente la zona in cui si parla il ladino.

La nostra preoccupazione è questa: che nascano dissidi di competenza riguardo all’ordinamento scolastico, per i programmi, e riguardo all’ordinamento del personale.

Se, riguardo al personale, l’Assemblea ha votato un ordine del giorno che tutela gli impiegati dello Stato, in genere, vorremmo cercare una precisazione che tuteli specialmente gli insegnanti.

Secondo punto: vorremmo evitare il dissidio che può verificarsi tra programmi governativi rispetto alle materie di studio e quegli altri ordinamenti che possono sorgere in sede provinciale e regionale.

Qui occorre far notare che la preoccupazione, in genere, di questa Assemblea è quella di non soffocare le minoranze che esistono ai margini di questa Regione. Ma quando parliamo di provincie, parliamo non tanto della provincia di Trento quanto di quella di Bolzano. Ora, in questa Provincia, la maggioranza è tedesca e la minoranza è italiana; e quando dobbiamo tutelare le minoranze, stavolta dobbiamo preoccuparci delle minoranze italiane.

Vorrei citare un solo caso, che serve ad illustrare la delicatezza di questo problema. Supponiamo che una norma legislativa emanata dalla provincia muti il programma, ad esempio dei licei classici per quanto riguarda l’insegnamento della letteratura e delle lingue. Ora, onorevoli, colleghi, noi in Alto Adige abbiamo, se volete, due patrimoni umanistici da preservare, uno è il patrimonio umanistico latino e l’altro è il patrimonio umanistico germanico. Ma se noi modifichiamo i programmi, diamo la facoltà all’ente provincia – nel quale sappiamo vi è una maggioranza germanica – di creare un programma nel quale sarà tutelato il patrimonio umanistico germanico a preferenza di quello latino che, è nostro, è dei nostri fratelli italiani che vivono in quella provincia.

Con tutto questo, noi ci siamo preoccupati soltanto di stabilire delle precisazioni. In fondo, il nostro emendamento dice soltanto che le provincie hanno facoltà di adottare le norme della Repubblica alle esigenze locali; ma queste norme devono avere un carattere integrativo, senza arrivare a distruggere le leggi dello Stato.

CODIGNOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODIGNOLA. Vorrei precisare all’onorevole Perassi che da parte nostra non c’è nessun equivoco sopra la portata delle norme che dobbiamo votare.

Vero è che l’amministrazione della scuola nel Trentino e nell’Alto Adige resta comunque allo Stato italiano; ma quello che ci preoccupa è che le funzioni legislative relative alla scuola passino alla nuova Regione, e questo neanche nei limiti della legislazione dello Stato, ma nei limiti addirittura della sola Costituzione. (Commenti).

D’altra parte, le preoccupazioni che sono state svolte hanno un certo fondamento. Senonché il fatto che esistano già determinati impegni internazionali riguarda esclusivamente la provincia di Bolzano, e non anche la provincia di Trento. Tanto è vero che lo stesso progetto all’articolo 15 si limita a parlare della provincia di Bolzano. Ora, per quale ragione noi dobbiamo adattarci ad uno stato di fatto già esistente (il che può essere comprensibile) per quanto riguarda la materia dell’articolo 15, e dobbiamo invece, agli articoli 11 e 12, introdurre un’autonomia scolastica speciale per il Trentino, che non ci è richiesta da nessuno?

Una voce al centro. Di che cosa ha paura?

CODIGNOLA. Ho la stessa paura che ho espresso per le altre Regioni italiane: non ritengo opportuno che lo Stato si svesta di una sua potestà fondamentale in favore della Regione e della Provincia. Potrei fare un’eccezione per quanto riguarda la sola provincia di Bolzano, per le ragioni che l’onorevole Presidente del Consiglio ha indicato e che sono indubbiamente ragioni molto fondate.

D’altra parte ricordo che l’accordo De Gasperi-Gruber diceva precisamente: «In conformità degli accordi già presi o in corso d’attuazione, i cittadini di lingua tedesca godranno dell’insegnamento elementare e medio nella lingua tedesca», il che corrisponde appunto a quanto è stabilito nell’articolo 15.

Ora, noi potremmo appunto trasferire quanto è stabilito al comma 2° degli articoli 11 e 12 all’articolo 15, limitando alla sola provincia di Bolzano, in vista della situazione internazionale, questa eccezione. Non vedo invece come ciò sia fattibile per la provincia di Trento, per la quale non interviene nessuna ragione di carattere internazionale.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi pare che la discussione sia giunta ad un certo grado di maturità. Desidererei ora sapere dall’onorevole Codignola esattamente su quale delle tre formule egli intenda fermarsi.

CODIGNOLA. Penso che sarebbe necessario trovare un punto di incontro e presento, in via transattiva, il seguente emendamento:

«All’articolo 11 e all’articolo 12, sopprimere il n. 2°); al principio dell’articolo 15 aggiungere: La provincia di Bolzano ha potestà di emanare norme legislative entro i limiti indicati nell’articolo 5 in materia di istruzione elementare, post-elementare e secondaria».

PRESIDENTE. Onorevole Perassi, vuole esprimere il parere della Commissione?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione mantiene il testo proposto.

PRESIDENTE. E il Governo?

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Governo mantiene il testo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte con il primo alinea dell’articolo 11:

«Le Provincie hanno la potestà di emanare norme legislative entro i limiti indicati nell’articolo 4, su le seguenti materie:

1°) ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto».

(È approvata).

Pongo in votazione la proposta soppressiva dell’onorevole Codignola dell’alinea 2°).

(Non è approvata).

Pongo in votazione l’alinea 2° nel testo della Commissione:

«2°) istruzione postelementare e di avviamento professionale ad indirizzo agrario, commerciale ed industriale».

(È approvato).

Pongo ora in votazione la restante parte dell’articolo 11:

«3°) toponomastica, fermo restando l’obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano;

4°) usi e costumi locali e istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale;

5°) manifestazioni artistiche locali;

6°) urbanistica e piani regolatori;

7°) tutela del paesaggio;

8°) usi civici;

9°) ordinamento delle minime proprietà culturali, anche agli effetti dell’articolo 847 del Codice civile; ordinamento dei «masi chiusi» e delle comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini;

10°) artigianato;

11°) case popolari;

12°) porti lacuali;

13°) fiere e mercati;

14°) opere di pronto soccorso per calamità pubbliche».

(È approvata).

Prego la Commissione di esprimere il proprio parere sull’emendamento degli onorevoli Bertola e Lizier all’articolo 12.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione prega i proponenti di non insistere anche perché l’articolo 5, nel quale sono stabiliti i limiti nei quali deve contenersi la competenza legislativa delle Provincie, dà sufficienti garanzie contro ogni pericolo in quanto che le norme emanate dalle Provincie devono essere conformi ai principii stabiliti nelle leggi dello Stato. In realtà, si tratta di una legislazione di integrazione ed attuazione.

Date queste considerazioni, pregherei i proponenti di voler ritirare gli emendamenti.

PRESIDENTE. Onorevole Bertola, lei ha proposto in via principale la soppressione dell’articolo 12, in via subordinata la soppressione del n. 2°), e ancora in via subordinata una formula sostitutiva della prima parte dell’articolo.

Quale emendamento mantiene?

BERTOLA. Signor Presidente, noi abbiamo l’intenzione di mantenere l’emendamento sostitutivo alla prima parte e di ritirare quelli soppressivi, specialmente dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, che per noi hanno valore interpretativo.

PRESIDENTE. E allora pongo in votazione la formula sostitutiva della prima parte dell’articolo 12:

«Le provincie hanno facoltà di adattare alle loro particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme nelle seguenti materie».

(Non è approvata).

Pongo in votazione l’articolo 12 nel testo della Commissione:

«Le Provincie emanano norme legislative su le seguenti materie nei limiti indicati nell’articolo 5:

1°) polizia locale urbana e rurale;

2°) scuole materne; istruzione elementare, media, classica, scientifica, magistrale, tecnica ed artistica;

3°) assistenza scolastica».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 13. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

Capo IV.

Disposizioni comuni alla Regione ed alle Province.

Art. 13.

«Nelle materie e nei limiti entro cui la Regione o la Provincia può emanare norme legislative, le relative potestà amministrative, che in base all’ordinamento preesistente erano attribuite allo Stato, sono esercitate rispettivamente dalla Regione e dalla Provincia.

«Restano ferme le attribuzioni delle Province ai sensi delle leggi in vigore, in quanto compatibili con il presente statuto.

«Lo Stato può inoltre delegare, con legge, alla Regione, alla Provincia e ad altri enti pubblici locali funzioni proprie della sua amministrazione. In tal caso l’onere delle spese per l’esercizio delle funzioni stesse resta a carico dello Stato.

«La delega di funzioni amministrative dello Stato, anche se conferita con la presente legge, potrà essere modificata o revocata con legge ordinaria della Repubblica».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 14. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione esercita normalmente le funzioni amministrative delegandole alle province, ai comuni e ad altri enti locali o valendosi dei loro uffici.

«Le province possono delegare alcune loro funzioni amministrative ai comuni o ad altri enti locali o avvalersi dei loro uffici».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 15. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nella provincia di Bolzano l’insegnamento nelle scuole materne e nelle scuole d’istruzione elementare, post-elementare, media, classica, scientifica, magistrale, tecnica e artistica è impartito nella lingua materna degli alunni da docenti per i quali tale lingua sia ugualmente quella materna.

«Il provveditore agli studi di Bolzano deve avere la piena conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca e la sua assegnazione è disposta dal Ministro per la pubblica istruzione sentito il parere del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano.

«Per la gestione dei servizi relativi alle scuole di cui al primo comma e per la vigilanza sulle medesime sono assegnati al provveditorato agli studi di Bolzano un viceprovveditore nonché ispettori e direttori didattici la cui lingua materna sia la stessa di quella degli alunni.

«Il gruppo linguistico tedesco deve essere rappresentato insieme con quello italiano nel Consiglio scolastico e in quello di disciplina per i maestri.

«Nelle scuole con lingua d’insegnamento tedesca è obbligatorio l’insegnamento della lingua italiana impartito da docenti la cui lingua materna sia l’italiana».

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Nel primo comma dove si dice che l’insegnamento «è impartito nella lingua materna degli alunni da docenti per i quali tale lingua sia ugualmente quella materna», a prescindere dalla forma che non mi sembra eccessivamente felice, proporrei che si dicesse: «da docenti regolarmente abilitati all’insegnamento della lingua stessa».

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Vorrei fare una piccola osservazione di fatto: che cioè la Commissione si è preoccupata del prestigio degli insegnanti, perché, quando uno è abilitato ad una lingua che non è la propria materna, si trova anche nella nomenclatura, anche qualche volta nelle diciture più elementari a fare figure non brillantissime di fronte agli scolari. Per esempio, un oggetto qualunque lo denomina in modo che non è corrispondente all’uso locale, alla lingua parlata in loco. L’abilitazione è il risultato di uno studio, proviene da uno sforzo sempre maggiore e dà qualche risultato non del tutto sodisfacente per il prestigio dell’insegnante.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma con l’emendamento sostitutivo dell’onorevole Malagugini:

«Nella provincia di Bolzano l’insegnamento nelle scuole materne e nelle scuole di istruzione elementare, post-elementare, media, classica, scientifica, magistrale, tecnica e artistica è impartito nella lingua materna degli alunni da docenti regolarmente abilitati all’insegnamento della lingua stessa».

(Non è approvato).

Pongo in votazione l’articolo 15 nel testo della Commissione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 16. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I Presidenti delle Giunte provinciali esercitano le attribuzioni spettanti all’autorità di pubblica sicurezza in materia di industrie pericolose, di mestieri rumorosi e incomodi, di spettacoli, esercizi pubblici, agenzie, tipografie, mestieri girovaghi, operai e domestici, di malati di mente, intossicati e mendicanti, di minori di anni diciotto e di meretricio.

«Ai fini dell’esercizio delle predette attribuzioni i Presidenti delle Giunte provinciali si avvalgono anche degli organi di polizia statale.

«Le altre attribuzioni che le leggi di pubblica sicurezza vigenti devolvono al prefetto sono affidate ai questori.

«Restano ferme le attribuzioni devolute ai sindaci quali ufficiali di pubblica sicurezza o ai funzionari di pubblica sicurezza distaccati».

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati propone di sopprimere il terzo comma di questo articolo. Ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

MORTATI. La proposta è suggerita dalla considerazione che mi sembra ovvia che uno Statuto regionale non possa regolare le sfere di competenza di organi statali. Ora, il Prefetto ed il Questore sono organi statali, e stabilire la sfera della loro competenza, non può essere compito di una legge regionale ma della legge dello Stato. Quindi mi pare fuor di luogo questa norma in uno Statuto regionale e ne propongo la soppressione.

MALAGUGINI. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Cosa vuol dire la parola «agenzie»? È una parola troppo generica.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Questa parola è nella legge di pubblica sicurezza.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Si tratta dei mediatori, delle agenzie di collocamento, delle agenzie di pubblicità, che sono contemplate nella legge di pubblica sicurezza e che hanno un titolo speciale. Sono attività per cui occorre la licenza della pubblica sicurezza con la relativa tassa annuale per poterle esercitare.

GRIECO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRIECO. Non conosco quali siano le attribuzioni spettanti all’autorità di pubblica sicurezza in materia di operai e di domestici. Ma perché queste attribuzioni sono legate a quelle relative ai pazzi ed alle meretrici? A che titolo gli operai ed i domestici sono confusi con queste categorie?

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Lo scopo di questo terzo comma, cominciando a parlare dell’emendamento Mortati, è quello di assicurare che queste funzioni, anziché passare ai presidenti delle Giunte provinciali organi dell’Ente locale restino esercitate da un organo dello Stato.

Ora, riteniamo che, dato l’ordinamento regionale che qui si crea, è difficile pensare che al disotto del Commissario del Governo nella Regione si abbiano ancora due prefetti nelle provincie. Esisterà un questore in ciascuna provincia; ed al questore passeranno quelle funzioni previste dalla legge di pubblica sicurezza e che attualmente sono attribuite al prefetto. Questa è la portata della norma. Non credo che possa dar luogo a difficoltà. Nulla vi è di strano che, facendo una legge particolare concernente una certa zona dello Stato, vi sia anche una disposizione particolare in questo senso.

Per quanto riguarda poi le varie materie indicate dal primo comma, si tratta di competenze che si concretano in licenze e autorizzazioni. Queste passerebbero ai Presidenti delle Giunte, attuando così un certo decentramento. Abbiamo esaminato queste materie una per una, e abbiamo constatato che non vi è nessun pericolo ad attribuirlo ai Presidenti delle Giunte provinciali.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, mantiene la sua proposta?

MORTATI. Non insisto.

GRIECO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRIECO. Proporrei di fare un richiamo esplicito alla materia del Titolo III della Legge di pubblica sicurezza.

PRESIDENTE. L’onorevole Uberti ha facoltà di esprimere il parere della Sottocommissione sulla proposta formulata dall’onorevole Grieco.

UBERTI, Relatore. Siccome in quel Titolo figurano altre attività, che, per ragioni di carattere politico, non si credette di includere nell’articolo in discussione, se facciamo il richiamo puro e semplice al Titolo della legge di pubblica sicurezza, comprendiamo anche quelle attività che sono state escluse.

GRIECO. Ad ogni modo, bisogna precisare meglio. Vorrei sapere in quali occasioni la legge di pubblica sicurezza si occupa degli operai e dei domestici.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Il chiarimento richiesto dall’onorevole Grieco è forse fondato, perché la formulazione, così com’è, potrebbe dare l’impressione che effettivamente si diano al Presidente della Giunta provinciale, nell’esercizio dell’attività di pubblica sicurezza, attribuzioni che riguardino genericamente gli operai e i domestici; mentre non si tratta di questo.

Il Titolo III della legge di pubblica sicurezza concerne le «disposizioni relative agli spettacoli, agli esercizi pubblici, alle agenzie, tipografie, alle affissioni, ai mestieri girovaghi, agli operai ed ai domestici». Ora, il titolo è spiegato nei suoi articoli. Riportando tutto questo in un articolo, può sembrare che si dia una disposizione generale sugli operai, che non è certamente nella intenzione della Commissione. Quella disposizione si riferisce al rilascio di autorizzazioni da parte dell’autorità di pubblica sicurezza per l’esercizio di determinati mestieri, con riguardo specialmente all’età.

Si potrebbe accettare la proposta fatta dall’onorevole Grieco di indicare tutto ciò che riguarda la materia del Titolo III della legge di pubblica sicurezza.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La preoccupazione comprensibile dell’onorevole Grieco potrebbe essere soddisfatta, tenuto conto anche di quanto è stato detto dal Ministro per la grazia e la giustizia, dicendo: «…le attribuzioni spettanti all’autorità di pubblica sicurezza, previste dalle leggi vigenti in materia di industrie pericolose ecc.».

Sono esclusivamente quelle determinate attribuzioni previste in maniera precisa dalle leggi dello Stato, in materia di pubblica sicurezza, che ora sono esercitate dal questore, e che, in virtù di questa norma, saranno esercitate, negli stessi limiti e con gli stessi criteri, dal Presidente della Giunta provinciale.

La dizione «operai e domestici» che, isolata, potrebbe dare impressione diversa, viene ad essere ricondotta al suo esatto significato, quando noi la intendiamo riferita alle attribuzioni in questa materia previste dalle leggi vigenti.

Con questi chiarimenti credo che qualsiasi preoccupazione possa ritenersi eliminata.

GRIECO. La formulazione proposta non è molto soddisfacente, ma è migliore della precedente. Mi pare sia da evitare che gli operai siano elencati a fianco dei pazzi e delle meretrici. (Commenti).

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Vorrei pregare l’onorevole Grieco di non insistere nella sua richiesta, della quale mi rendo perfettamente conto nello spirito. Ma, a sua volta, bisognerebbe che l’onorevole Grieco si rendesse conto delle esigenze di fronte a cui si è trovata la Commissione. Poteva intuirsi una aspirazione molto precisa all’esercizio in toto delle funzioni di pubblica sicurezza, secondo tendenze locali, da parte di autorità che tutti i componenti della Commissione non erano concordi ad investire. Ed allora si è pensato che, siccome la legge di pubblica sicurezza è unica e vale per tutto il territorio dello Stato, l’indicazione specifica delle singole competenze per materia, con la espressione: «attribuzioni spettanti all’autorità di pubblica sicurezza», lasciava allo Stato italiano l’intera legislazione di sostanza sulla pubblica sicurezza e le attribuzioni specifiche e precise passavano ai Presidenti di Giunte provinciali, solo limitatamente alle materie che venivano indicate, e quando non si indicava una determinata materia, quella restava esclusa.

Ora, sono state date certo molte di queste competenze, ma si tratta di quelle competenze che la Commissione ha ritenuto meno pregiudizievoli e che sono solo ed esclusivamente quelle previste nella legge dello Stato italiano e di cui lo Stato italiano ha sempre il diritto di governare la sorte.

Quindi, poiché non si volevano attribuire al Presidente della Giunta le facoltà di pubblica sicurezza concernenti, ad esempio, le affissioni, queste nell’elenco non si sono indicate; per altre materie la riserva implicita poteva apparire meno interessante ed allora si sono indicate le materie e le attribuzioni relative che c’erano già nella legge di pubblica sicurezza e non si è fatto che ricopiarle. Tutte queste espressioni trovano una spiegazione in quanto sono contenute nel testo della legge di pubblica sicurezza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 16 con l’inciso proposto dall’onorevole Perassi:

«I Presidenti delle Giunte provinciali esercitano le attribuzioni spettanti all’autorità di pubblica sicurezza, previste dalle leggi vigenti, in materia di industrie pericolose, di mestieri rumorosi e incomodi, di spettacoli, esercizi pubblici, agenzie, tipografie, mestieri girovaghi, operai e domestici, di malati di mente, intossicati e mendicanti, di minori di anni diciotto e di meretricio».

(È approvato).

Pongo in votazione i restanti commi dell’articolo 16.

(Sono approvati).

Passiamo all’articolo 17. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Per l’osservanza delle leggi e dei regolamenti regionali e provinciali il Presidente della Giunta regionale e i Presidenti delle Giunte provinciali possono richiedere l’intervento e l’assistenza della polizia dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo II: «Organi della Regione e delle Provincie. Capo I. Organi della Regione». Si dia lettura dell’articolo 18.

AMADEI, Segretario, legge:

«Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta regionale e il suo Presidente».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 19. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio regionale è eletto con sistema proporzionale ed a suffragio universale diretto e segreto, secondo le norme stabilite con legge regionale.

«Il numero dei consiglieri regionali è in ragione di uno ogni quindicimila abitanti o frazione superiore a settemila e cinquecento abitanti, calcolati in base alla popolazione risultante dall’ultimo censimento secondo i dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica.

«Il territorio della Regione è ripartito nei collegi provinciali di Trento e Bolzano.

«Per l’esercizio del diritto elettorale attivo può essere stabilito il requisito della residenza nel territorio della Regione per un periodo ininterrotto non superiore a tre anni».

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Osservo che il numero dei consiglieri mi sembra eccessivo, tenendo conto che a questi consiglieri bisognerà pur dare una indennità. Forse sarebbe meglio aumentare il numero di 15 mila abitanti a 20 o 25 mila.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. La base di 15 mila è stata decisa appunto per dare la rappresentanza armonica a tutti i gruppi, ed è stata attentamente studiata. Mentre per le altre Regioni la cosa potrebbe essere facilmente modificabile, sarebbe meglio in questo caso non modificarla.

MALAGUGINI. Non insisto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 19 testé letto.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 20. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione, dal presente Statuto e dalle altre leggi dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 21. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio regionale dura in carica quattro anni e la sua attività si svolge in sessioni biennali tenute alternativamente nelle città di Trento e di Bolzano.

«Le elezioni per il nuovo Consiglio sono indette dal Presidente della Giunta regionale due mesi prima della scadenza del quadriennio; il nuovo Consiglio è convocato dal Presidente della Giunta regionale entro un mese dalla proclamazione dei risultati delle elezioni».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 22. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I membri del Consiglio regionale rappresentano l’intera Regione.

«Non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 23. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I consiglieri regionali, prima di essere ammessi all’esercizio delle loro funzioni, prestano giuramento di essere fedeli alla Repubblica e di esercitare il loro ufficio al solo scopo del bene inseparabile dello Stato e della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 24. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio regionale elegge nel suo seno il Presidente, il vicepresidente ed i segretari.

«Il Presidente ed il vicepresidente durano in carica un biennio.

«Nel primo biennio del funzionamento del Consiglio regionale il Presidente è eletto tra i consiglieri appartenenti al gruppo di lingua italiana ed il vicepresidente tra i consiglieri appartenenti al gruppo di lingua tedesca; nel secondo biennio il Presidente è eletto tra i consiglieri appartenenti a quest’ultimo gruppo ed il vicepresidente tra quelli appartenenti al primo gruppo.

«In caso di dimissioni o di morte del Presidente del Consiglio regionale, il Consiglio provvede all’elezione del nuovo Presidente, da scegliere nel gruppo linguistico al quale apparteneva il Presidente dimissionario o deceduto. La nomina deve avvenire nella prima successiva seduta ed è valida fino allo scadere del biennio in corso.

«Il vicepresidente coadiuva il Presidente e lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 25. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le norme che disciplinano l’attività del Consiglio regionale sono stabilite da un regolamento interno approvato a maggioranza assoluta dei consiglieri.

«Il regolamento interno stabilisce anche le norme per determinare l’appartenenza dei consiglieri ai gruppi linguistici».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 26. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente ed il vicepresidente del Consiglio regionale che non adempiano agli obblighi del loro ufficio sono revocati dal Consiglio stesso a maggioranza dei suoi componenti.

«A tale scopo il Consiglio regionale può essere convocato d’urgenza su richiesta di almeno un terzo dei consiglieri.

«Ove il Presidente od il vicepresidente del Consiglio regionale non provvedano alla convocazione entro quindici giorni dalla richiesta, il Consiglio regionale è convocato dal Presidente della Giunta regionale.

«Se il Presidente della Giunta regionale non convoca il Consiglio regionale entro quindici giorni dalla scadenza del termine prescritto nel comma precedente, la convocazione ha luogo a cura del Commissario del Governo.

«Qualora il Consiglio regionale non si pronunci, si provvede ai sensi dell’articolo seguente».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’Articolo 27. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio regionale può essere sciolto quando compia atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge o non sostituisca la Giunta o il suo Presidente che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni.

«Il Consiglio può altresì essere sciolto per ragioni di sicurezza nazionale o quando, per dimissioni o impossibilità di formazione di una maggioranza, non sia in grado di funzionare.

«Lo scioglimento è disposto con decreto motivato dal Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri sentita, salvo i casi di urgenza, la Commissione parlamentare per le questioni regionali.

«Con lo stesso decreto di scioglimento è nominata una commissione di tre membri dei quali uno di lingua tedesca, scelti fra i cittadini eleggibili al Consiglio regionale. La commissione elegge nel suo seno il presidente, il quale esercita le attribuzioni di presidente della Giunta regionale. La commissione indice le elezioni del Consiglio regionale entro tre mesi ed adotta i provvedimenti di competenza della Giunta regionale e quelli di carattere improrogabile. Questi ultimi perdono la loro efficacia ove non siano ratificati dal Consiglio regionale, entro un mese dalla sua convocazione.

«In caso di scioglimento di un Consiglio provinciale si procede ad elezione suppletiva dei consiglieri regionali della circoscrizione provinciale interessata.

«I componenti del Consiglio provinciale disciolto continuano ad esercitare le funzioni di consiglieri regionali fino all’elezione preveduta nel comma precedente».

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Desidererei avere una spiegazione a proposito del comma 4°, dove si dice: «con lo stesso decreto di scioglimento è nominata una commissione di tre membri, dei quali uno di lingua tedesca… ecc.».

Di una analoga Commissione si fa cenno anche all’articolo 43; e si dice esplicitamente che un membro dovrà essere di lingua tedesca. È sottinteso, ritengo, che gli altri due debbano essere di origine e di lingua italiana. Per i ladini della Val Gardena e della Val Badia non è stata contemplata alcuna partecipazione; il che non mi par giusto.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di rispondere.

UBERTI, Relatore. Per i ladini c’è un titolo a parte. Bisogna tener conto dell’entità numerica effettiva di questa popolazione. Comunque, ci sono gli articoli 84, 85, 86 e 87 che parlano dell’uso della lingua tedesca e del ladino.

MALAGUGINI. Ma lì si tratta dell’uso della lingua. Nell’articolo in discussione si tratta invece di una Commissione che esercita i poteri della Giunta regionale, come all’articolo 43 ci si riferisce a una Commissione che sostituisce il Consiglio provinciale in caso di scioglimento. Nell’un caso e nell’altro si potrebbe far posto anche ai ladini, aumentando il numero dei membri da 3 a 5.

UBERTI, Relatore. Domani 15 mila ladini potranno avere un consigliere regionale. Questi potrà entrare anche nella Giunta regionale, ma non si può stabilirne il diritto.

MALAGUGINI. Non ci siamo intesi. Eppure mi pare di essermi spiegato chiaramente.

PRESIDENTE. Onorevole Malagugini, non faccia un dialogo, per quanto interessantissimo, con l’onorevole Uberti.

MALAGUGINI. Non insisto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 27.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 28. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio regionale è convocato dal suo Presidente in sessione ordinaria nella prima settimana di ogni semestre e, in sessione straordinaria, a richiesta della Giunta regionale o del Presidente di questa, oppure a richiesta di almeno un quinto dei consiglieri in carica, nonché nei casi previsti dal presente Statuto».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 29. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nelle materie non appartenenti alla competenza della Regione, ma che presentano per essa particolare interesse, il Consiglio regionale può emettere voti e formulare progetti. Gli uni e gli altri sono inviati dal Presidente della Giunta regionale al Governo per la presentazione alle Camere e sono trasmessi in copia al Commissario del Governo».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 30. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Giunta regionale è composta del Presidente della Giunta regionale, che la presiede e di assessori effettivi e supplenti.

«Il Presidente e gli assessori sono eletti dal Consiglio regionale nel suo seno a scrutinio segreto ed a maggioranza assoluta.

«La composizione della Giunta regionale deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi linguistici quali sono rappresentati nel Consiglio della Regione.

«Gli assessori supplenti sono chiamati a sostituire gli effettivi nelle rispettive attribuzioni, tenendo conto del gruppo linguistico al quale appartengono i sostituiti.

«Il Consiglio regionale stabilisce quale degli assessori deve sostituire il Presidente in caso di sua assenza o di impedimento».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 31. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente e i membri della Giunta regionale restano in carica finché dura il Consiglio regionale, e dopo la scadenza di questo provvedono solo agli affari di ordinaria amministrazione fino alla nomina del Presidente e dei componenti la Giunta da parte del nuovo Consiglio».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 32. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta regionale o gli assessori che non adempiono agli obblighi stabiliti dalla Legge sono revocati dal Consiglio regionale.

«Se il Consiglio regionale non provvede, si fa luogo allo scioglimento del Consiglio regionale ai sensi dell’articolo 27».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 33. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Qualora per morte, dimissione o revoca del Presidente della Giunta regionale o degli assessori occorra procedere alle loro sostituzioni, il Presidente del Consiglio regionale convoca il Consiglio entro quindici giorni».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 34. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta regionale rappresenta la Regione.

«Egli interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 35. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta regionale dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione conformandosi alle istruzioni del Governo».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 36. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta regionale determina la ripartizione degli affari tra i singoli assessori effettivi con proprio decreto da pubblicarsi nel bollettino della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 37. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«il Presidente della Giunta regionale emana, con suo decreto, i regolamenti deliberati dalla Giunta».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 38. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Giunta regionale è l’organo esecutivo della Regione. Ad essa spettano:

1°) la deliberazione dei regolamenti per la esecuzione delle leggi approvate dal Consiglio regionale;

2°) l’attività amministrativa per gli affari di interesse regionale;

3°) l’amministrazione del patrimonio della Regione nonché il controllo sulla gestione, a mezzo di aziende speciali dei servizi pubblici regionali di natura industriale e commerciale;

4°) le altre attribuzioni ad essa demandate dalla presente legge o da altre disposizioni;

5°) l’adozione in caso di urgenza di provvedimenti di competenza del Consiglio da sottoporsi per la ratifica al Consiglio stesso nella sua prima seduta successiva».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 39. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Giunta regionale deve essere consultata ai fini della istituzione e regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e dei trasporti che interessino in modo particolare la Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 40. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Consiglio regionale può delegare alla Giunta regionale la trattazione degli affari di propria competenza ad eccezione dell’emanazione di provvedimenti legislativi».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Capo II: «Organi della Provincia».

Si dia lettura dell’articolo 41.

AMADEI, Segretario, legge:

«Sono organi della Provincia: il Consiglio provinciale, la Giunta provinciale e il suo Presidente».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 42. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Ciascun Consiglio provinciale è composto dei membri del Consiglio regionale della rispettiva Provincia; dura in carica quattro anni ed elegge nel suo seno il Presidente, i vicepresidente ed i segretari.

«In caso di dimissioni o di morte del Presidente, il Consiglio provinciale provvede all’elezione del nuovo Presidente nella prima successiva seduta.

«Il vicepresidente coadiuva il Presidente e lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 43. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Ai Consigli provinciali si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 21, 23, 25, 27 e 28.

«Nel primo biennio di attività del Consiglio provinciale di Bolzano il Presidente è eletto tra i consiglieri appartenenti al gruppo di lingua tedesca ed il vicepresidente fra quelli appartenenti al gruppo di lingua italiana; nel secondo il Presidente è eletto tra i consiglieri appartenenti al gruppo di lingua italiana ed il vicepresidente tra quelli appartenenti al gruppo di lingua tedesca.

«Per la provincia di Bolzano la composizione della commissione preveduta nell’articolo 27 deve adeguarsi alla effettiva consistenza dei gruppi linguistici che costituiscono la popolazione della Provincia stessa».

UBERTI, Relatore, Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Onorevole Presidente, la parola «effettiva» dell’ultimo comma deve essere soppressa: si tratta di un errore materiale.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni pongo ai voti il testo dell’articolo 43, con la soppressione richiesta dall’onorevole Uberti.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 44. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Giunta provinciale è composta del Presidente che la presiede, di assessori effettivi e supplenti eletti in seno al Consiglio provinciale, nella prima seduta ed a scrutinio segreto.

«Il Consiglio provinciale stabilisce quale degli assessori deve sostituire il Presidente in caso di sua assenza od impedimento.

«La composizione della Giunta provinciale di Bolzano deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi linguistici quali sono rappresentati nel Consiglio della provincia.

«Gli assessori supplenti della Giunta provinciale di Bolzano sostituiscono gli effettivi nelle rispettive attribuzioni tenendo conto del gruppo linguistico al quale appartengono i sostituiti».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 45. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Si applicano al Presidente ed agli assessori provinciali le disposizioni degli articoli 31, 32 e 33».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 46. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta provinciale ha la rappresentanza della Provincia.

«Adotta i provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza e di igiene pubblica nell’interesse delle popolazioni di due o più Comuni.

«Il Presidente della Giunta provinciale determina la ripartizione degli affari fra i singoli assessori effettivi con proprio decreto da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 47. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Giunta provinciale emana, con suo decreto, i regolamenti deliberati dalla Giunta».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 48. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Alla Giunta provinciale spetta:

1°) la deliberazione dei regolamenti per la esecuzione delle leggi approvate dal Consiglio provinciale;

2°) la deliberazione dei regolamenti sulle materie che, secondo l’ordinamento vigente, sono devolute alla potestà regolamentare delle Provincie;

3°) l’attività amministrativa riguardante gli affari d’interesse provinciale;

4°) l’amministrazione del patrimonio della Provincia, nonché il controllo sulla gestione di aziende speciali provinciali per servizi pubblici;

5°) la vigilanza e la tutela sulle amministrazioni comunali, sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, sui consorzi e sugli altri enti o istituti locali;

6°) le altre attribuzioni demandate alla Provincia dal presente Statuto o da altre leggi della Repubblica o della Regione;

7°) l’adozione in caso di urgenza di provvedimenti di competenza del Consiglio da sottoporsi per la ratifica al Consiglio stesso nella sua prima seduta successiva».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

PRESIDENTE. Passiamo al Titolo III: «Approvazione, promulgazione e pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali e provinciali». Si dia lettura dell’articolo 49.

AMADEI, Segretario, legge:

«I disegni di legge approvati dal Consiglio regionale o da quello provinciale sono comunicati al Commissario del Governo nella Regione e promulgati trenta giorni dopo la comunicazione, salvo che il Governo non li rinvii rispettivamente al Consiglio regionale od a quello provinciale col rilievo che eccedono le rispettive competenze o contrastano con gli interessi nazionali o con quelli di una delle due Provincie nella Regione.

«Ove il Consiglio regionale o quello provinciale li approvi nuovamente a maggioranza assoluta dei suoi componenti sono promulgati, se, entro quindici giorni dalla comunicazione, il Governo non promuove la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito, per contrasto di interessi, davanti alle Camere. In caso di dubbio la Corte decide di chi sia la competenza.

«Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio regionale o da quello provinciale a maggioranza assoluta dei componenti rispettivi, la promulgazione e l’entrata in vigore, se il Governo consente, non sono subordinate ai termini indicati.

«Le leggi regionali e quelle provinciali sono promulgate rispettivamente dal Presidente della Giunta regionale o dal Presidente della Giunta provinciale e sono vistate dal Commissario del Governo nella Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 50. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le leggi regionali e provinciali ed i regolamenti regionali e provinciali sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione, nei testi italiano e tedesco, ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo diversa disposizione della legge.

«In caso di dubbi l’interpretazione delle norme ha luogo sulla base del testo italiano.

«Copia del Bollettino Ufficiale è inviata al Commissario del Governo».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 51. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nel Bollettino Ufficiale della Regione sono altresì pubblicati in lingua tedesca le leggi ed i decreti della Repubblica che interessano la Regione, ferma la loro entrata in vigore».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 52. Se ne dia lettura

AMADEI, Segretario, legge:

«Le leggi approvate dai Consigli regionali e provinciali ed i regolamenti emanati dalla Giunta regionale e da quelle provinciali debbono essere pubblicati, per notizia, in una sezione apposita della Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

PRESIDENTE. Non sono stati presentali emendamenti. E pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 53. Se no dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La legge regionale regola l’esercizio d’iniziativa popolare e del referendum per le leggi regionali e provinciali».

PRESIDENTE. Non sono stati presentali emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo IV: «Enti Locali». Si dia lettura dell’articolo 54.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nell’ordinamento degli enti pubblici locali sono stabilite le norme atte ad assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici nei riguardi della costituzione degli organi degli enti stessi».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 55. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Spetta allo Stato la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento degli enti pubblici che svolgono la loro attività anche al di fuori del territorio della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 56. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«L’ordinamento del personale dei comuni è regolato dai comuni stessi, salva l’osservanza dei principî generali che potranno essere stabiliti da una legge regionale».

PRESIDENTE. A questo articolo l’onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:

«Dopo: principî generali, aggiungere le parole: stabiliti dalle leggi dello Stato e di quelli posti da leggi regionali».

Ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Io, veramente, in questa materia mi sono poco raccapezzato, perché non so se l’emendamento e l’ordine del giorno preposto dall’onorevole Di Vittorio sia stato accolto e quale portata sia ad esso stata attribuita, cioè se i funzionari della Regione di cui si parla debbono considerarsi mantenuti nei ruoli dell’amministrazione statale. E se, in ogni caso, per questi funzionari dei Comuni debbono ritenersi applicabili le norme generali sullo stato giuridico, oppure no. Parrebbe di no, a onore di questa disposizione.

Data l’incertezza, io credo sia opportuno inserire il chiarimento proposto, che porterebbe anche questi funzionari sotto la salvaguardia o la garanzia di quelli che sono i principî generali dettati dallo Stato in materia.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. In primo luogo, osservo che l’espressione che si legge nell’articolo 56 è da collegarsi con l’articolo 5. Lo scopo dell’articolo 56 è di stabilire che l’ordinamento del personale dei Comuni è regolato dai Comuni stessi; dà cioè una certa autonomia ai Comuni in questo campo. Ma questa autonomia è limitata dall’osservanza dei principî generali che potranno essere stabiliti dalla legge regionale. A sua volta la legge regionale è emanata dalla Regione in virtù dell’articolo 5, e precisamente dal n. 1°) dell’articolo 5 che riguarda l’ordinamento del Comuni e delle Provincie. Ora, ogni legge regionale, emanata in virtù dell’articolo 5, deve osservare i principî stabiliti dalle leggi dello Stato. Per conseguenza i Comuni, nel regolare lo stato dei propri impiegati, devono conformarsi ai limiti stabiliti dalla legge regionale, la quale a sua volta non può contraddire ai principî stabiliti dalle leggi dello Stato.

MORTATI. Mi pare sia molto chiaro, perché l’articolo 5 parla di ordinamento della Regione e del personale ad essa addetto: qui si parla del personale degli uffici comunali.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. All’articolo 5, n. 1, si dice: Ordinamento dei Comuni.

MORTATI. Ordinamento dei Comuni, non del personale: le due materie sono considerate distintamente per quanto riguarda la Regione. Sicché può sorgere il dubbio che si sia voluto limitare, nel caso dei Comuni, al solo ordinamento degli uffici.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Nell’ordinamento dei Comuni c’entra tutto.

PRESIDENTE. Comunque, onorevole Mortati, ella mantiene la sua proposta aggiuntiva?

MORTATI. Mi rimetto alla Commissione.

PRESIDENTE. La Commissione ha dichiarato che non ritiene necessaria l’inclusione dell’emendamento Mortati. Pongo in votazione l’articolo 56 nel testo del progetto.

(È approvato).

Passiamo al Titolo V: «Demanio e patrimonio della Regione».

Si dia lettura dell’articolo 57.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le strade, le autostrade, le strade ferrate e gli acquedotti che abbiano interesse esclusivamente regionale e che saranno determinati nelle norme di attuazione del presente Statuto costituiscono il demanio regionale».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 58. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le foreste di proprietà dello Stato nella Regione, le miniere, le cave e torbiere, quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, gli edifici destinati a sedi di uffici pubblici regionali con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio regionale costituiscono il patrimonio indisponibile della Regione. I beni immobili patrimoniali dello Stato situati nella Regione sono trasferiti al patrimonio della Regione.

«Nelle norme di attuazione della presente legge saranno determinate le modalità per la consegna da parte dello Stato dei beni suindicati. I beni immobili situati nella Regione che non sono proprietà di alcuno spettano al patrimonio della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo VI: «Finanza della Regione e delle Provincie». Si dia lettura dell’articolo 59.

AMADEI, Segretario, legge:

«Sono devoluti alla Regione i proventi delle imposte ipotecarie percette nel suo territorio, relative ai beni situati nello stesso».

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. L’ultima frase «relative ai beni situati nello stesso» sembra inutile, come si è osservalo nella riunione di ieri sera.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Il signor Presidente della Commissione ha perfettamente ragione nel ricordare le conclusioni a cui siamo arrivati ieri sera. Ma forse, per l’ora tarda, principalmente noi rappresentanti dei Dicasteri finanziari, non abbiamo tenuto presente che effettivamente vi possono essere imposte ipotecarie percette in un determinato ufficio, relative a beni esistenti altrove.

Ieri sera, ripeto, abbiamo forse confuso i diritti di iscrizione ipotecaria con la vera imposta ipotecaria, la quale viene percepita presso gli uffici del registro, in cui si registrano gli atti.

Quindi pregherei di lasciare le parole «relative ai beni situati nello stesso».

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Perassi di dire se mantiene il suo emendamento.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Siamo d’accordo con l’onorevole Ministro: resta dunque la formulazione primitiva.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 59 nel testo del progetto.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 60. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«È devoluta alla Regione una percentuale del gettito del lotto, dei monopoli e delle tasse e imposte sugli affari, riscosso nel territorio della Regione. La percentuale stessa è determinata ogni anno d’accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta regionale».

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Vorrei chiedere un chiarimento alla Commissione, per sapere se questo accordo paritetico fra Governo e Presidente della Giunta impegni il Parlamento, che deve votare il bilancio nel quale saranno inseriti i gettiti del lotto, del monopolio e delle tasse.

PRESIDENTE. L’onorevole Uberti ha facoltà di rispondere.

UBERTI, Relatore. È evidente che questo articolo riflette una situazione sperimentale in cui si devono muovere questi statuti per la parte finanziaria.

Data questa situazione, si impegna il Parlamento in senso relativo. Una proposta del Governo può sempre essere respinta dal Parlamento.

Una voce. E quando si fa un trattato?

UBERTI, Relatore. Anche quando il Governo fa un trattato di qualsiasi genere, il Parlamentò può sempre non approvare un atto del Governo, con tutte le sue conseguenze di merito ed eventualmente politiche.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, lei ha preso l’iniziativa di questa discussione. Ha nulla da proporre?

MORTATI. Prendo atto che si tratta di atto che non impegna nessuno. È un accordo amministrativo che può essere derogato dal Parlamento, in conformità, del resto, ai principî.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 60 nel testo del progetto.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 61. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«È devoluto alla Regione l’importo dell’imposta governativa sul consumo dell’energia elettrica e del gas, e dei diritti erariali sui biglietti dei cinematografi e dei pubblici spettacoli».

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Ritiriamo la frase: «e dei diritti erariali sui biglietti dei cinematografi e dei pubblici spettacoli», così come si è fatto ieri per la Sardegna.

PRESIDENTE. Sta bene.

CORSINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORSINI. In questo articolo 61 evidentemente vi è una lacuna. Non è detto che si tratta dei proventi dell’imposta governativa sulla luce ecc. riscossi nella Regione. Quindi, a stretto rigore, la Regione avrebbe diritto di avere dallo Stato quelli riscossi in tutta Italia.

UBERTI, Relatore. In realtà è un’imposta sul consumo, ma tecnicamente nella legge è chiamata di «produzione».

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Credo che tutto si possa risolvere aggiungendo le parole: «nella Regione». Cioè: «È devoluto alla Regione l’importo dell’imposta governativa sul consumo dell’energia elettrica e del gas nella Regione».

CORBELLINI, Ministro dei trasporti. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBELLINI, Ministro dei trasporti. Rimane inteso che è consumo di energia che può pervenire alla Regione, e quindi non essere prodotta nella Regione, ma soltanto consumata nella Regione stessa; perché si può consumare nella Regione energia che per esempio proviene dalle centrali dell’Appennino.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Noi avevamo scritto imposta di consumo nella Regione, ma ieri sera, in occasione delle trattative per le finanze sarde il Ministro onorevole Pella a ci ha detto che nella legge si chiama «di produzione». Sentiremo dal Ministro Pella la spiegazione.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Possono coesistere due tributi: l’imposta governativa, che è di produzione; l’imposta comunale, che è di consumo. Qui, quando parliamo d’imposta governativa, si tratta dell’imposta sulla produzione. Ma riferita a quale quantitativo? A quel quantitativo di energia che è consumato nella Regione. Ecco quindi lo spirito dell’articolo nel quale è sott’inteso «nella Regione». Siccome queste due parole non si possono subito intendere, credo sia opportuno aggiungerle.

CORBELLINI, Ministro dei trasporti. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBELLINI, Ministro dei trasporti. Volevo precisare il fatto che effettivamente nella Regione si può consumare dell’energia che viene da fuori.

PARIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PARIS. Bisognerebbe dire: «sull’energia consumata nella Regione». La tassa è sul consumo.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Io credo che qui convenga adoperare sul piano sostanziale una certa latitudine: aderire al concetto della riscossione nella Regione prima di tutto, cioè che l’imposta governativa che si riscuote nella Ragione è per tutta l’energia consumata nella Regione, anche se per avventura venisse per qualche intercambio ad essere importata da altre Regioni. Non credo ci convenga fissarci troppo sulla terminologia, perché si tratta di terminologie che cambiano, non dico da mese a mese, ma di anno in anno. Qui dobbiamo affermare il concetto che quell’imposta governativa, che colpisce l’energia elettrica consumata nella Regione, è riscossa nella Regione, qualunque nome essa abbia. E dovremmo dire:

«L’imposta governativa riscossa nella Regione per l’energia elettrica ed il gas consumati nella Regione medesima».

PRESIDENTE. Onorevole Perassi, accetta la formulazione proposta Ministro Pella?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Accettiamo.

PRESIDENTE. La formulazione è la seguente:

«È devoluto alla Regione l’importo dell’imposta governativa riscossa nella Regione per l’energia elettrica e il gas consumati nella Regione stessa».

La pongo in votazione.

(È approvata).

Degli articoli 62 e 63 abbiamo deciso il invio a quando esamineremo l’articolo 91.

Passiamo all’articolo 64. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione può stabilire un’imposta di soggiorno, cura e turismo».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 65. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione ha facoltà di istituire con legge tributi propri in armonia coi principî dei sistemi tributari dello Stato e di applicare una sovraimposta sui redditi dei terreni e fabbricati».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 66. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione ha facoltà di emettere prestiti interni da essa esclusivamente garantiti per provvedere ad investimenti in opere di carattere permanente per una cifra non superiore alle entrate ordinarie».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 67. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Sono devoluti alle Provincie i nove decimi del gettito delle imposte erariali sui redditi dei terreni e dei fabbricati e sui redditi agrari».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 68. So ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Sono devoluti alle Provincie i nove decimi del gettito dell’imposta sui redditi di ricchezza mobile prodotti nei loro territori.

«Nelle norme di attuazione della presente legge saranno determinati i criteri per la individuazione dei redditi prodotti nella Regione, ai fini dell’applicazione del comma precedente».

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Prego la Commissione ed i colleghi di aderire al concetto adottato stamani per lo Statuto sardo, cioè il concetto della riscossione; per cui propongo di sostituire alla parola «prodotti» nel primo comma, la parola «riscossa» e di sopprimere il secondo comma, che non ha più ragion d’essere.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di esprimere il parere della Sottocommissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Dato il precedente dello Statuto sardo, la Commissione accetta la proposta fatta dall’onorevole Ministro delle finanze.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 68, nella seguente formulazione:

«Sono devoluti alle Provincie i nove decimi del gettito dell’imposta sui redditi di ricchezza mobile riscossa nei loro territori».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 69. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione ha facoltà di autorizzare con legge aumenti di imposte, di tasse e di contributi, comprese le imposte di consumo spettanti ai Comuni e alle Provincie, nonché le eccedenze delle sovrimposte fondiarie, nella misura necessaria a conseguire il pareggio dei bilanci».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 70. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Allo scopo di adeguare le finanze delle Provincie al raggiungimento delle finalità ed all’esercizio delle funzioni stabilite dalla legge, ad esse è assegnata annualmente dal Consiglio regionale una quota delle entrate tributarie della Regione in proporzione del gettito ricavato rispettivamente nel territorio delle due Provincie.

«Al medesimo scopo la Regione può, in casi eccezionali, assegnare una quota di integrazione ai Comuni».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 71. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione e le Provincie possono prendere visione delle operazioni di accertamento compiute dagli uffici tributari dello Stato e fornire ad essi dati ed informazioni. Gli uffici stessi sono tenuti a riferire alla Regione e alle Provincie i provvedimenti adottati in seguito alle informazioni fornite».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 72. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione, le Provincie ed i Comuni hanno un proprio bilancio per l’esercizio finanziario che coincide con l’anno solare».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 73. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I bilanci predisposti dalla Giunta regionale ed i rendiconti finanziari accompagnati dalla relazione della Giunta stessa sono approvati con legge del Consiglio regionale.

«Per l’approvazione è necessario il voto favorevole della maggioranza dei consiglieri della provincia di Trento e di quelli della provincia di Bolzano. Se tale maggioranza non si forma, l’approvazione stessa è data dal Ministero dell’interno».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 74. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Fino a quando gli scambi di prodotti con l’estero sono soggetti a limitazioni ed a autorizzazioni dello Stato, è in facoltà della Regione di autorizzare operazioni del genere nei limiti che saranno stabiliti d’accordo fra il Governo dello Stato e la Regione.

«In caso di scambi con l’estero sulla base di contingenti che interessano l’economia della Regione, verrà assegnata a questa una quota parte del contingente di importazione ed esportazione da stabilirsi d’accordo fra il Governo centrale e la Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 75. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le disposizioni generali sul controllo valutario emanate dallo Stato hanno vigore anche nella Regione.

«Lo Stato, tuttavia, destina, per la necessità di importazione della Regione, una quota parte della differenza attiva fra le valute provenienti dalle esportazioni tridentine e quelle impiegate per le importazioni».

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Sarebbe interessante che restasse traccia nel verbale, quale interpretazione dello spirito dell’articolo, che il secondo comma ha ragione di essere se ed in quanto sussista una disciplina di controllo valutario, cioè che il secondo comma non ha più significato il giorno in cui vi sia libertà valutaria. Penso che sia molto evidente, ma sarebbe interessante che l’autorevole pensiero della Commissione risultasse dal verbale.

UBERTI, Relatore. Se il Ministro desidera, noi confermiamo l’interpretazione che egli ha data. Se domani non c’è alcun controllo valutario, evidentemente la norma cade.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 75, con i chiarimenti forniti dal Ministro e dal Relatore.

(È approvato).

Passiamo al titolo VII: «Rappresentanza del Governo nella Regione». Si dia lettura dell’articolo 76.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Commissario del Governo nella Regione:

1°) coordina, in conformità alle direttive del Governo, lo svolgimento delle attribuzioni dello Stato nella Regione e vigila sull’andamento dei rispettivi uffici, salvo quelli riflettenti l’amministrazione della giustizia, la difesa e le ferrovie;

2°) vigila sull’esercizio da parte della Regione, delle Provincie e degli altri enti pubblici locali, delle funzioni ad essi delegate dallo Stato e comunica eventuali rilievi al Presidente regionale o provinciale;

3°) compie gli atti già demandati al prefetto in quanto non siano affidati dal presente Statuto o da altre leggi ad organi della Regione o ad altri organi dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 77. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Commissario del Governo provvede al mantenimento dell’ordine pubblico, del quale risponde verso il Ministro dell’interno.

«A tale fine egli può avvalersi degli organi e delle forze di polizia dello Stato, richiedere l’impiego delle altre forze armate ai termini delle vigenti leggi e adottare i provvedimenti previsti nell’articolo 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

«Restano ferme le attribuzioni devolute dalle leggi vigenti al Ministero dell’interno».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo VIII: «Organi giurisdizionali».

L’onorevole Mortati ha proposto di sopprimere l’intero Titolo. Ha facoltà di svolgere l’emendamento.

MORTATI. Anzitutto trovo una anomalia, nella intitolazione del Titolo: Organi giurisdizionali. Sorge il dubbio che si voglia fare riferimento agli organi giurisdizionali della Regione o dello Stato, perché evidentemente, non potrebbe trovar posto nella presente sede di Statuto la menzione degli organi giurisdizionali dello Stato. Per quanto riguarda il contenuto degli articoli, c’è da osservare che l’articolo 78 non è che una riproduzione pedissequa del testo dell’articolo 125 della Costituzione e perciò mi pare si renda inutile la riproduzione di questo testo. Più importante è l’articolo 79, che costituisce una innovazione rispetto al diritto vigente, nel senso che l’organizzazione e la sorveglianza degli uffici di conciliazione è delegata per legge, o meglio trasferita sostanzialmente alla competenza del Presidente della Giunta regionale. Mi pare che questo principio, sebbene di modesta portata pratica, introduca un elemento che vulnera il principio dell’unità della giurisdizione, il quale implica unità delle attività relative alla materia dell’organizzazione giudiziaria, che non possono non spettare che allo Stato e a nessun altro che allo Stato. Né comprendo la ragione che può aver motivata questa deviazione dai principî generali, la quale quindi risulta sfornita di alcuna giustificazione. Forse l’unico punto che si può conservare è l’ultimo comma dell’articolo 79, che riguarda la conoscenza delle lingue italiana e tedesca per i conciliatori, i viceconciliatori, i cancellieri e gli uscieri degli uffici di conciliazione. Ma questa disposizione si può inserire in altra parte, laddove si parla della parità linguistica di queste Regioni.

Gli articoli 80 e 81 costituiscono un ulteriore svolgimento della delega di funzioni giudiziarie, che io trovo non ammissibile. Pertanto insisto nella proposta di soppressione dell’intero Titolo.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Perassi di esprimere l’avviso della Sottocommissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Le obiezioni dell’onorevole Mortati, per quanto, come sempre, acute, mi pare però che non siano tali da giustificare la soppressione di tutto il Titolo.

Per quanto riguarda l’articolo 78, in realtà esso riproduce il secondo comma dell’articolo 125 della Costituzione. Da questo punto di vista non vi sarebbero difficoltà a toglierlo ed io pregherei l’onorevole Mortati di lasciare, in sede di coordinamento, la decisione se convenga toglierlo o no.

L’onorevole Mortati solleva una questione di merito per gli articoli 79 e seguenti. La questione giuridica che solleva è questa: a sua impressione, queste disposizioni lederebbero in qualche misura il principio dell’unità della giurisdizione dello Stato. Senonché, come risulta in maniera espressa dall’articolo 79, queste funzioni che sono attribuite al Presidente della Giunta regionale in materia di nomina, decadenza, revoca, dispensa dall’ufficio dei giudici conciliatori, sarebbero funzioni esercitate da quel Presidente in virtù di delegazione del Presidente della Repubblica.

Faccio presente poi che queste disposizioni non sono una novità escogitata dalla Commissione. Essa non ha fatto che copiarle dall’ordinamento già vigente della Val d’Aosta, ordinamento che ritengo sia stato fatto d’accordo col Ministero della giustizia.

Per queste considerazioni, superato ogni scrupolo giuridico, mi pare che la delega in questa materia limitatissima al Presidente della Giunta regionale sia giustificata in quanto si tratta di assicurare che questi organi giudiziari siano meglio attrezzati con riguardo alle speciali condizioni della Regione.

Per queste considerazioni, pregherei l’onorevole Mortati di non insistere nella proposta soppressiva dell’intero Titolo.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Credo di dover insistere, salvo che per l’ultimo comma dell’articolo 79, di cui però ho già proposto la conservazione in altra sede. Le considerazioni dell’onorevole Perassi non hanno affatto diminuito la validità delle osservazioni da me precedentemente formulate.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Potrebbe rimanere nella facoltà della Commissione, al momento della licenza definitiva del testo da pubblicarsi, l’eventuale cambiamento della dicitura «organi giurisdizionali» in quella di «giudici conciliatori», in quanto soppresso eventualmente l’articolo 78, che è una pura ripetizione, dal testo della Costituzione, gli articoli 79, 80 e 81 si riferiscono solo ai giudici conciliatori, ed è chiaro che essi vengono nominati per delega del Presidente della Repubblica. Allora, non si parlerebbe più di organi giurisdizionali, in senso generico e troppo ampio, e si preciserebbe col titolo «giudici conciliatori».

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta Mortati, soppressiva dell’intero Titolo VIII, salvo l’ultimo comma dell’articolo 79.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Passiamo all’articolo 78, del quale l’onorevole Mortati ha, a parte, chiesto la soppressione:

«Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado secondo l’ordinamento che verrà stabilito con legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione».

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. A proposito dell’articolo 79 debbo rilevare che si tratta di una concessione alla quale si dà, localmente, molta importanza. Si dà cioè una certa importanza a questi conciliatori. Poiché è una questione che niente costa allo Stato e si tratta di delega del Presidente della Repubblica, non capisco perché non si voglia accettare. Non v’è una obiezione sostanziale, e mi pare che si possa lasciare così come è.

È questa una opinione personale; non voglio evidentemente influenzare l’Assemblea.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Chiedo alla Commissione: si tratta di giudici conciliatori ordinari?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Sì.

BERTONE. Ma questi sono nominati dal Presidente della Corte d’appello in base alla legge sull’ordinamento giudiziario. Bisognerà allora dire che si modifica la legge sull’ordinamento giudiziario. I giudici attualmente esistenti in quella Regione sono stati nominati dal Presidente della Corte d’appello. Bisogna dirlo chiaramente se si vuole modificare la legge sull’ordinamento giudiziario. (Commenti).

UBERTI, Relatore. V’è già il precedente della Val d’Aosta.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di risolvere la questione dell’articolo 79, che si riferisce ai conciliatori, dobbiamo definire l’articolo 78. Ha facoltà di parlare l’onorevole Perassi per esprimere il parere della Sottocommissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Abbiamo riconosciuto che l’articolo 78 non fa che ripetere un articolo della Costituzione, e quindi non abbiamo nulla in contrario a toglierlo. Tuttavia, vorrei pregare l’onorevole Mortati di rinviare questa questione al coordinamento.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. L’articolo v’è già nella Costituzione, però in questo Statuto si sono ripetuti altri articoli della Costituzione.

Anche se una ripetizione non ci fa completare il quadro, togliere l’articolo potrebbe avere un significato.

Quindi prego l’onorevole Mortati di non insistere sulla sua proposta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 78, del quale l’onorevole Mortati chiede la soppressione.

(È approvato).

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 79. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Alla nomina, alla decadenza, alla revoca, alla dispensa dall’ufficio dei giudici conciliatori e viceconciliatori, provvede il Presidente della Giunta regionale in virtù di delegazione del Presidente della Repubblica, osservate le altre norme in materia, stabilite dall’ordinamento giudiziario.

«L’autorizzazione all’esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere presso gli uffici di conciliazione è data alle persone che hanno i requisiti prescritti dall’ordinamento giudiziario, dal Presidente della Giunta regionale.

«Alla revoca ed alla sospensione temporanea dell’autorizzazione, nei casi previsti dall’ordinamento giudiziario, provvede lo stesso Presidente.

«Nei comuni del territorio della provincia di Bolzano, per la nomina a conciliatori, viceconciliatori, cancellieri ed uscieri degli uffici di conciliazione è richiesta la piena conoscenza delle lingue italiana e tedesca».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 80. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La vigilanza sugli uffici di conciliazione è esercitata dalle Giunte provinciali».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 81. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nei comuni divisi in borgate o frazioni possono essere istituiti, con legge provinciale, uffici distinti di giudice conciliatore».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo IX: «Controllo della Corte costituzionale» del quale l’onorevole Mortati propone la soppressione.

MORTATI. Rinunzio.

PRESIDENTE. Sta bene. Si dia lettura dell’articolo 82.

AMADEI, Segretario, legge:

«La legge regionale o provinciale può essere impugnata davanti la Corte costituzionale per violazione della Costituzione o del presente statuto o del principio di parità tra i gruppi linguistici.

«L’impugnazione può essere esercitata dal Governo.

«La legge regionale può, altresì, essere impugnata da uno dei Consigli provinciali della Regione; la legge provinciale dal Consiglio regionale o dall’altro Consiglio provinciale della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Pongo in votazione l’intitolazione e l’articolo 82.

(Sono approvati).

Passiamo all’articolo 83. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Le leggi e gli atti aventi valore di legge della Repubblica possono essere impugnati dal Presidente della Giunta regionale, su deliberazione del Consiglio regionale, per violazione del presente statuto.

«Copia dell’atto di impugnazione deve essere inviata al Commissario del Governo».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo X: «Uso della lingua tedesca e del ladino». Si dia lettura dell’articolo 84.

AMADEI, Segretario, legge:

«Fermo restando il principio che nella Regione la lingua ufficiale è l’italiano, l’uso della lingua tedesca nella vita pubblica viene garantito da quanto in materia dispongono le norme contenute nel presente Statuto e nelle leggi speciali della Repubblica».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Pongo in votazione l’intitolazione e l’articolo 84.

(Sono approvati).

Passiamo all’articolo 85. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano possono usare la loro lingua nei rapporti con gli organi ed uffici della pubblica amministrazione situati nella Provincia o aventi competenza regionale.

«Nelle adunanze degli organi collegiali della Regione, delle Provincie e degli enti locali può essere usata in lingua tedesca.

«Gli organi e gli uffici, di cui al comma precedente, usano nella corrispondenza e nei rapporti orali la lingua del richiedente. Ove sia avviata di ufficio, la corrispondenza si svolge nella lingua presunta del destinatario».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 86. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca se la legge provinciale ne abbia accertata l’esistenza ed approvata la dizione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 87. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione è tenuta a garantire l’insegnamento del ladino nelle scuole elementari delle località ove esso è parlato.

«Le Provincie e i Comuni devono altresì rispettare la toponomastica, la cultura e le tradizioni delle popolazioni ladine».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo m votazione.

(È approvato).

Passiamo al Titolo XI: «Disposizioni integrative e transitorie». Si dia lettura dell’articolo 88.

AMADEI, Segretario, legge:

«Per le modificazioni della presente legge si applica il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali.

«L’iniziativa per la revisione appartiene anche al Consiglio regionale».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Pongo in votazione l’intitolazione e l’articolo 88.

(Sono approvati).

Passiamo all’articolo 89. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Ferma la disposizione contenuta nell’articolo precedente, le norme del titolo VI e quelle dell’articolo 10 possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e della Regione.

«La disposizione, di cui agli articoli 24 e 43, relativa al cambiamento biennale del Presidente del Consiglio regionale e di quello del Consiglio provinciale di Bolzano, può essere modificata con legge dello Stato alle condizioni previste nel comma precedente».

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Domanderei che in questo articolo fosse incluso anche un richiamo all’articolo 74,

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. L’articolo 74 è già compreso nel titolo VI e, per tutte le norme del titolo VI, vale il primo comma.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Dossetti se insiste.

DOSSETTI. Non insisto.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’articolo 89.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 90. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Dopo un anno dalla costituzione dei primo Consiglio regionale cessano le integrazioni dei bilanci dei Comuni e delle Provincie a carico dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 91. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I termini per l’applicazione dell’articolo 52 del testo unico dalle leggi sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici, approvato con decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, che risultassero prescritti, sono riaperti a favore dei Comuni e delle Provincie, a partire dalla entrata in vigore del presente Statuto».

PRESIDENTE. Ricordo che contemporaneamente a questo articolo dobbiamo esaminare l’articolo 10, già letto, e gli articoli 62 e 63 del seguente tenore:

Art. 62.

«Per le concessioni di grande derivazione di acque pubbliche esistenti nella Regione, accordate o da accordarsi per qualunque scopo, lo Stato cede a favore della Regione i nove decimi dell’importo del canone annuale stabilito a norma di legge».

Art. 63.

«La Regione può stabilire un’imposta, in misura non superiore a lire 0,10, per ogni chilowatt-ora di energia elettrica prodotta nella Regione.

«È soppressa, nell’ambito del territorio della Regione, l’applicazione dell’articolo 53 del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775».

Onorevole Nobili, lei che ha già fatto la proposta relativamente alla connessione di questi articoli, avrà probabilmente qualche cosa da dire in proposito.

NOBILI TITO ORO. Onorevole Presidente, mi pare che, non essendo io presentatore di emendamenti, si debba dare la precedenza allo svolgimento degli emendamenti. Si eviteranno per tal modo delle inutili ripetizioni, perché io mi farò dovere, nell’esporre talune considerazioni, di astenermi da rilievi che fossero stati già trattati dai proponenti. E potrò anche limitarmi a semplici dichiarazioni di voto sugli emendamenti medesimi.

PRESIDENTE. Sta bene. Come si ricorderà, hanno presentato emendamenti all’articolo 10 gli onorevoli Pat, Dossetti o il Ministro Corbellini.

L’onorevole Pat ha presentato il seguente emendamento all’articolo 10:

«Sostituire il testo con il seguente:

«Nelle concessioni di grandi derivazioni per produzione di energia elettrica è riservato alla Regione, a prezzo di costo, per servizi pubblici o qualsiasi altro pubblico interesse, nonché per usi domestici, l’artigianato e l’agricoltura della Regione stessa, un quantitativo di energia non superiore al 12 per cento di quella ricavata dalla portata minima continua, anche se regolata, da consegnarsi alle officine di produzione e sulla linea di trasporto ad alta tensione collegata con le officine stesse nel punto più conveniente per la Regione.

«Per la richiesta e l’utilizzazione dell’energia riservata alla Regione si applicano le disposizioni di cui al secondo comma dell’articolo 52 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

«In mancanza di accordo tra le parti, il prezzo è determinato dal Ministero dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, ed il governo regionale, tenuto conto delle caratteristiche della energia richiesta e comprese le quote per interessi e ammortamenti.

«Il Presidente della Giunta regionale ha facoltà di provocare dagli organi competenti la dichiarazione di decadenza delle concessioni di grandi derivazioni, ove ricorrano lo condizioni previste dalla legge».

«Subordinatamente, sopprimere, al secondo comma, le parole: già accordate all’entrata in vigore della presente legge e per quelle».

Ha facoltà di svolgerlo.

PAT. Onorevole Presidente, mi limito ad alcune brevi considerazioni sull’articolo 10.

L’articolo 10 del progetto presentato dalla Commissione prevede che, nelle nuove concessioni, si faccia obbligo al concessionario di fornire gratuitamente alla Regione il 6 per cento dell’energia. Inoltre, per le vecchie e per le nuove concessioni, viene fatto obbligo ai concessionari di fornire un ulteriore 6 per cento dell’energia prodotta, a prezzo di costo.

Ora, l’onorevole Uberti è insorto molto energicamente all’annuncio dell’emendamento da me presentato; però, se pure vi sono delle fondatissime ragioni da parte della Commissione per presentare l’articolo così come è stato formulato, io mi permetto di fare delle altre considerazioni, di prendere un po’ la penna in mano e di vedere quali cifre giocano in queste percentuali che sono state messe a disposizione della Regione sia a titolo gratuito sia a prezzo di costo.

Gli impianti già esistenti assommano una produzione annua di 2 miliardi e 600 milioni di chilowatt-ora. Tenuto conto dell’energia ricavata dalla portata minima continua, arriviamo, calcolato il 6 per cento a prezzo di costo, a mettere a disposizione della Regione 110 milioni di chilowatt-ora. Questo per gli impianti già esistenti. La Regione assorbe attualmente, per quei motivi previsti dall’articolo 10, circa 100 milioni di chilowatt-ora all’anno; dei quali circa 50 milioni per consumi domestici e per consumi di pubblico interesse, e altri 50 milioni circa per l’artigianato e l’agricoltura. Quindi il 6 per cento ceduto a prezzo di costo copre già il fabbisogno di tutta la Regione in questo settore.

Con il 6 per cento gratuito, che verrebbe messo a disposizione dagli impianti di nuova costruzione, arriveremmo ad altri circa 115 milioni di chilowatt-ora, forniti gratuitamente dai gruppi elettrici, oltre a 115 milioni a prezzo di costo; cioè altri 330 milioni circa di chilowatt-ora.

Ora io mi preoccupo di una cosa anche di carattere e di interesse nazionali, ed è questa: finché la Regione assorbe l’energia che le è strettamente necessaria per gli usi domestici o per gli usi di interesse pubblico, nonché per l’artigianato e l’agricoltura, siamo perfettamente d’accordo. Ma se noi mettiamo a disposizione della Regione un quantitativo nettamente, anzi enormemente, superiore al vero, al reale fabbisogno della Regione stessa, si determinerà, evidentemente e logicamente, uno spreco, uno sciupio di energia a detrimento degli interessi della Nazione. (Commenti – Interruzione del deputato Caporali).

Il mio emendamento tende quindi a limitare un po’ queste concessioni, che ritengo eccessive, attribuite alla Regione tridentina, e si limita a concedere alla Regione stessa il 12 per cento dell’energia ricavata dalla portata minima continua a prezzo di costo. In sostanza, la Regione verrebbe ad avere una disponibilità di energia elettrica indubbiamente sufficiente, largamente sufficiente per tutti i bisogni previsti dall’articolo 10, e che sono mantenuti integralmente nell’emendamento che ho presentato.

CAPORALI. Per i bisogni di oggi; ma per quelli di domani?

PAT. Mi pare che non vi sia altro da aggiungere. Io ho voluto sottoporre agli onorevoli colleghi queste considerazioni; decidano loro se l’emendamento da me proposto non tenga sufficiente conto dei bisogni e delle necessità della Regione.

PRESIDENTE. L’onorevole Dossetti ha proposto i seguenti emendamenti all’articolo 10:

«Al primo comma sopprimere le parole: o qualsiasi altro pubblico interesse; alle parole: pari al sei per cento, sostituire: fino al sei per cento».

«Sopprimere il II, III e IV comma».

«Aggiungere: Per la utilizzazione delle riserve di energia sovra prevista valgono le procedure e i termini stabiliti dal testo unico della legislazione sulle acque».

Ha facoltà di svolgerli.

DOSSETTI. Il mio emendamento differisce notevolmente da quello dell’onorevole Pat, e si ispira ad una questione di principio, per la quale non mi sembra opportuno di addentrarmi nelle cifre. Per me la questione è un’altra. Si tratta di non violare i principî fondamentali dell’economia unitaria nazionale e di solidarietà fra le diverse Regioni; soprattutto si tratta di non introdurre un principio la cui portata potrebbe avere conseguenze gravissime ove fosse rivendicata l’applicazione analoga da altre Regioni, e cioè il principio di una riserva a favore di questo prodotto per i servizi pubblici e a favore della Regione, con l’introduzione di una specie di autarchia regionale e di autonomia chiusa che è in contrasto col ritmo generale e con orientamento dell’economia dei nostri tempi.

Perciò io chiedo che resti fermo l’articolo 10, primo comma con la soppressione della frase «o qualsiasi altro pubblico interesse» la cui latitudine o mancanza di preciso contenuto non può non risultare evidente.

Resta quindi garantita alla Regione la possibilità di avere una quota fino al 6 per cento di quella ricavata ecc., ma per servizi pubblici, in modo che lo Stato sia garantito che questa quota non sarà impiegata per altri scopi che potrebbero essere molto lontani rispetto a quello dei servizi pubblici, ove si volesse fare una lata interpretazione della già latissima frase, «qualsiasi altro pubblico interesse».

In secondo luogo chiedo, in conformità dei principî esposti, la soppressione del secondo e, conseguentemente, del terzo e del quarto comma che, indipendentemente dagli oneri delle società idroelettriche, sono quelli che di fatto violano il principio dell’unitarietà, dell’economia nazionale e la possibilità della manovra di questo prodotto così indispensabile alla Nazione, manovra da effettuarsi in modo unitario.

Infine, per garantire che questa manovra unitaria sia fatta in conformità cogli interessi generali della Nazione e che le concessioni o riserve riconosciute alla Regione Tridentina non contrastino con gli interessi generali dello Stato, chiedo che per l’utilizzazione delle riserve di energia prevista dall’articolo 10 primo comma, sia detto che vigono le disposizioni e le norme della legislazione apposita, od in particolare quelle degli articoli 52 e 53.

Quanto all’articolo 63 ne chiedo la soppressione per gli stessi motivi, perché contrasta coi principî di unitarietà di direttive dell’economia nazionale e attribuisce alla Regione tridentina un potere che va al di là dei principî disposti dall’articolo 120 della Costituzione.

PRESIDENTE. Il Ministro Corbellini ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo all’articolo 10:

«Le ferrovie italiane dello Stato sono esenti dall’obbligo previsto dai precedenti commi nei riguardi dell’energia prodotta e utilizzata per i propri servizi».

Ha anche presentato il seguente emendamento aggiuntivo all’articolo 63:

«Da tale imposta sono esenti le ferrovie dello Stato nei riguardi dell’energia prodotta e utilizzata per i propri servizi».

Ha facoltà di svolgerli.

CORBELLINI, Ministro dei trasporti. Per mettere nei termini pratici la consistenza di questi provvedimenti, volevo dire brevemente qual è la portata economica effettiva di essi per poter giudicare quantitativamente il fenomeno.

Abbiamo oggi circa 2 miliardi e 600 milioni di chilowatt-ora di energia prodotta annualmente nell’Alto Adige-Trentino, ma la concessione gratuita alla Regione del 6 per cento accennato dall’onorevole Uberti è soltanto riferito alla portata minima continua, anche se regolata. Bisogna ricordare chi siamo in zona alpina, dove, il regime idrico invernale ha una portata molto ridotta secondo le altitudini dei bacini; ed esso è quello che definisce la portata minima che deve venire ceduta alla Regione in base all’articolo 10. Tale portala minima, per i bacini in questione è, grosso modo, del 40 per cento o poco meno della portata totale e quindi non è più il 6 per cento, ma è qualche cosa di poco meno del 3 per cento, esattamente il 2,8 per cento.

L’onere che è dato dall’altro 10 per cento che deve cedersi a semplice rimborso di spose (e nelle spese s’intendono quelle dipendenti da tutti gli oneri derivanti dall’esercizio industriale compreso il servizio del capitale impiegato, l’ammortamento ed esclusi soltanto gli utili industriali) non ha una influenza determinante sul costo di produzione. Anche qui trattasi di una percentuale sulla portata minima invernale come la precedente, e quindi rappresenta soltanto il 4 per cento circa dell’energia prodotta.

Comunque, se vediamo adesso di riportare questo secondo 4 per cento ai nuovi impianti che si dovranno costituire, ho fatto il conto che i nuovi impianti previsti, e che dovranno attuarsi nel prossimo quinquennio, nella zona Alto-atesina potranno produrre qualche cosa come 4 miliardi e mezzo di chilowatt-ora annui. Allora su questi 4 miliardi e mezzo si preleverà il 4 per cento a rimborso spese come sopra ho detto, e cioè 160 milioni di chilowatt-ora anno.

Quali sono gli oneri che deriveranno ai concessionari dei bacini idroelettrici? Dal calcolo che ho fatto essi possono riassumersi così: per l’energia che si deve concedere a titolo gratuito che è sull’ordine di 126 milioni di chilowatt-ora annui i concessionari subiscono l’onere del costo di produzione che, presunto in circa 5-6 lire il chilowatt-ora, porta ad una somma annua da 630 a 750 milioni. Essi poi debbono pagare, se ciò sarà ritenuto dalla Regione, una imposta che sarà al massimo di 10 centesimi per chilowatt-ora prodotto corrispondenti all’onere di cui all’articolo 63; e quindi vengono a spendere qualche cosa come una somma dell’ordine di altri 750 milioni circa corrispondenti all’imposta per l’energia attualmente prodotta di 2,6 miliardi di chilowatt-ora annui a quella producibile coi nuovi impianti di 4,5 miliardi di chilowatt-ora.

Qual è il reddito di tutta l’energia idroelettrica prodotta nell’Alto Adige quando saranno completati gli impianti previsti? Per un totale annuo di circa 7 miliardi di chilowatt-ora prodotti con gli impianti del tipo di quelli che abbiamo studiato nelle zone ancora da valorizzare (l’ultima da noi studiata è quella degli impianti del Gadera-Rienza, che porterà a circa un miliardo di chilowatt-ora l’energia annua prodotta e che forse potremo sfruttare quasi completamente per le necessità delle Ferrovie dello Stato) è qualche cosa dell’ordine di 6 lire a chilowatt-ora. Veniamo cioè su 7 miliardi di chilowatt-ora prodotti in totale ad avere un reddito di 42 miliardi sui quali la portata globale dei provvedimenti sanciti dall’articolo 10 e dall’articolo 63 porta ad un onere, che chiamerò fiscale, di un miliardo e 380 milioni; cioè la tassa dei produttori d’energia, pagata alla Regione diviene – con questa legge – dell’ordine del 3,3 per cento del reddito prevedibile.

Quindi penso che una volta che abbiamo stabilito l’influenza percentuale dei provvedimenti nell’attuale e futura industria idroelettrica dell’Alto Adige nella zona trentina, dobbiamo francamente riconoscere che una tassa totale dell’ordine di forse più del 3 per cento di quello che è il suo valore non è eccessivamente elevata. Comunque è nostro compito di decidere qui se questo onere può essere accettabile o no, su i futuri sviluppi di una grande parte dell’industria idroelettrica italiana. Ma è bene che gli onorevoli costituenti siano edotti dei termini esatti del problema.

Dato il regime fiscale che usiamo nel campo delle tassazioni dell’energia elettrica, per luce e per forza motrice, che può assorbire quote assai più elevate di queste che abbiamo dedotte, a me non sembra che il 3 per cento di contributo sia un onere insopportabile da parte dell’industria che vorrà sfruttare le risorse idrauliche della Regione. Ed ora mi tratterrò brevemente sulle ragioni che mi hanno suggerito di richiedere una aggiunta ai due articoli 10 e 63 della legge.

Esiste un grande consumatore di energia elettrica nell’Alta Valle dell’Adige e dell’Isarco, e questo consumatore è rappresentato precisamente dalle Ferrovie dello Stato, le quali hanno in esercizio tutta la linea di grande transito internazionale del Brennero; esse per la stazione elettrica da Verona al Brennero consumano qualche cosa come 400 milioni di chilowatt-ora annui con circa 150.000 chilowatt istallati nelle proprie locomotive e tale consumo annuo corrisponde a poco meno della produzione della centrale di Bressanone di proprietà delle Ferrovie dello Stato.

È naturale pensare che effettivamente questo gran consumatore potrà aumentare ancora di più perché si potranno avere dei miglioramenti nella trazione elettrica e nell’entità dei traffici nonché nella ricostruzione di impianti ferroviari della valle e della linea del Brennero o specialmente per l’eventuale possibilità di unificazione del sistema di alimentazione a corrente continua di altre linee che si diramano dalla principale (come la Bolzano-Merano e forse anche la Merano-Males, la Trento-Malè e la Brunico-Campo Tures). Lo Stato, quindi, si dovesse applicare per le ferrovie il disposto dogli articoli 10 e 63 dovrebbe dare il suo contributo di cessione di energia e di imposta sul consumo di essa anche se in effetto utilizza i propri impianti produttori alimentando in notevoli quantità le ferrovie che attraversano l’Alto Adige e il Trentino con percentuali che saranno sempre di gran lunga superiori a quelle previste dallo Statuto che esaminiamo.

Quindi, se in un prossimo futuro le Ferrovie dello Stato dovessero costruire delle proprie centrali, queste dovrebbero essere esenti dagli oneri previsti per le aziende che invece esportano l’energia dalla Regione per uso industriale. Siccome le ferrovie hanno un regime di consumo annuo costante, il regime idrometrico dell’Alto Adige è a carattere alpino, e quindi fortemente variabile, noi dobbiamo qualche volta dare l’energia dell’Appennino durante il regime invernale, di magra dei bacini alpini, a cui corrisponde un forte traffico ferroviario di esportazione e per il turismo invernale; ne abbiamo invece spesso in abbondanza durante i periodi estivi. I grandi consumatori devono quindi dare qualche volta l’energia al Trentino o all’Alto Adige perché in tali zone l’energia prodotta in inverno può riuscire di quantità inferiore ai bisogni.

Quindi, a conclusione di quanto ho esposto, mi è sembrato necessario di proporre una aggiunta sia all’articolo 10 come all’articolo 63, che abbiamo anche discusso con i componenti della Commissione, in base alla quale si esonerano le Ferrovie italiane dello Stato da questi oneri dato il particolare volume delle loro prestazioni in Alto Adige e soltanto limitatamente all’energia che è prodotta dalle ferrovie e consumata dalle ferrovie stesse per i propri bisogni. Coloro che non hanno di questi consumi (ed in genere sono i grandi produttori che la esportano nelle zone industriali lontane dai centri di produzione) possono assorbirsi a mio avviso un onere valutato nell’ordine del 3 per cento del costo dell’energia prodotta.

Quindi, concludo esprimendo il parere che agli articoli 10 e 63 non dovrebbero farsi altre varianti, oltre questa aggiunta da me proposta.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Volevo chiedere al Ministro dei trasporti se nella cifra di 750 milioni, che egli ha indicato come onere corrispondente al primo comma dell’articolo 10, ha tenuto presente il fatto che la cessione gratuita pari al 6 per cento si riferirebbe alle concessioni di grande derivazione accordate successivamente all’entrata in vigore della legge. In effetti il 6 per cento andrebbe a colpire solo l’energia di nuova produzione, cioè a dire solo per 4 miliardi e mezzo di chilowatt-ora, ai quali il Ministro si riferiva. Ora, nella misura presunta del 40 per cento, avremmo quel tale onere di 750 milioni, ma io credo che questa cifra sia calcolata con eccesso, perché gli impianti che si potranno fare in Alto Adige sono impianti rispetto ai quali la portata minima continua sarà molto al disotto della portata minima continua media degli impianti di tutta la penisola, perché gli impianti a portata minima continua più alta sono già stati utilizzati. In sostanza, quindi, credo che il primo comma dell’articolo 10 (e lo dico anche per non far nascere troppe illusioni agli amici di quella Regione) non varrà gran che, perlomeno per i primi 10 anni; perché prima che si costituiscano centrali elettriche per 4 milioni e mezzo di chilowatt-ora, cioè per oltre 100 miliardi di spesa, dovranno passare più di 10 anni.

Per il resto credo che bisognerebbe accogliere la proposta del Ministro dei trasporli, anche perché essa non costituirebbe che un chiarimento della frase «di pubblico interesse», in sede di Statuto già accettata dalla Commissione e dai rappresentanti dell’Alto Adige.

NOBILI TITO ORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILI TITO ORO. Mi duole, onorevoli colleghi, che una mia innocente proposta, quale quella di esaminare la materia dell’articolo 10 insieme con quella degli articoli 62, 63 e 91, per la connessione che si è già dimostrato esistere fra essi, abbia provocato il risentimento dell’onorevole Relatore e la esasperazione che lo ha portato a proclamare con alto tono di voce che qui si persiste, con mal dissimulata prevenzione, a negare la conquista ormai irrevocabile delle autonomie regionali, e perfino di quella del Trentino Alto Adige che è in funzione particolare di formali impegni internazionali assunti dal Presidente del Consiglio durante le trattative di Parigi per il diktat che ha regolata la nostra pace.

Me ne duole perché fino a quel momento io non avevo espresso ancora critica alcuna, essendomi limitato a far presente come la portata delle rivendicazioni di quella nobile Regione sulla produzione idroelettrica andasse esaminata complessivamente è non nelle dosi accortamente allontanate che il progetto dello Statuto propina.

Ciò poteva far presentire, oltre il desiderio di esprimere il mio voto ex bene informata coscientia, anche l’eventualità di qualche mia modesta osservazione, rivolta soprattutto al bisogno di quella separazione di responsabilità che dovrebbe essere preoccupazione di tutti i cittadini quando si manifesti diversità di opinioni di fronte a gravi interessi del Paese. Ma questo rientrava e rientra nel sacrosanto diritto di ciascuno di noi, se è vero che prima che alla votazione di questo Statuto, noi siamo stati chiamati, come l’ordine del giorno fa fede, alla sua discussione, e se è vero, come ciascuno di noi ha constatato per aures, che la proposta, accorta e dignitosa, di votarlo per acclamazione era stata respinta dal nostro Presidente in forza del Regolamento; così che, riconosciuta la necessità di una libera discussione, io ho sentito pure più che il diritto il dovere di non cedere alla impressione in me prodotta dal discorso del presidente della Commissione e soprattutto da quello del Capo del Governo, che il progetto di Statuto avesse a considerarsi come presentato all’Assemblea per mera formalità e nella materiale impossibilità di consentirne qualsiasi modificazione, trattandosi di un edificio faticosamente costruito e che avrebbe pericolato sol che si fosse tentato, di rinnivarne o di sostituirne la più piccola pietra: tanto più che mi proponevo rilievi che avrebbero finito per risolversi in favore della Regione anziché in suo danno, perché la dimostrazione di un miraggio irrealizzabile deve giovare e non nuocere a chi con esso sia stato vanamente lusingato.

Né il Relatore poteva desumere dal preannuncio di un eventuale modesto intervento mio la manifestazione di uno stato d’insofferenza anti-regionalista. Io non ho mai fatto mistero della mia recisa contrarietà a una forma di autonomia che, trascurando concretamente l’ente-comune e mirando a concentrare nel nuovo ente Regione quelle che potevano essere, senza rumorosa innovazione, le accresciute funzioni delle province, aveva fatto degenerare il desiderio di un ragionevole decentramento burocratico e amministrativo in un esasperato decentramento istituzionale politico, finanziario ed economico, a tendenza più o meno confessatamente federalista, se non addirittura separatista, comunque praticamente e inevitabilmente anti unitario e tale da disintegrare, oggi, per distruggerlo domani, l’edificio di quella unità nazionale che era stata il risultato del sogno, delle lotte, dei sacrifici dei nostri padri. Di questo mio orientamento – dicevo – non ho mai fatto mistero e, senza giungere al giudizio che del fenomeno più doloroso di quest’ora di sciagura ha dato ieri l’onorevole Di Fausto, l’ho spiegato al mio spirito come il risultato di un impulso di panico, che la calma riconquistata col progredire della ricostruzione economica e morale disperderà.

Per questa sicurezza, che non vuole essere confusa con la rimproveratami prevenzione, mi sono astenuto dall’intervenire nella discussione dello Statuto sardo e mi asterrò dall’intervenire nella discussione degli altri Statuti; mentre la consapevolezza delle conseguenze di un impegno di carattere internazionale e delle particolari condizioni etniche della zona alto atesina m’inducono a considerare con diverso criterio l’autonomia concessa alla Regione Trentino-Alto Adige e a ritenere lo Statuto che oggi si discute l’unico che questa Assemblea potesse ragionevolmente e dignitosamente prendere in esame.

Mi pare con ciò di avere in modo convincente dimostrato come nella odierna discussione non influisca alcuna mia personale prevenzione e come evidente e ingiustificata sia per contro quella della quale il Relatore ha dato prova così manifesta.

Si aggiunga che da tempo non sospetto, e cioè da molto più di trent’anni, combattendo la battaglia per la più larga utilizzazione delle nostre acque pubbliche per la produzione della elettricità, io ho sostenuto in pubblici Consigli comunali e provinciali, e nella stampa quotidiana e settimanale la necessità di congrue riserve pei pubblici servizi sulla produzione medesima a favore dei comuni e delle province dei bacini di derivazione. Questa campagna, che si ricollega a quella iniziata dall’onorevole Nitti col suo libro Il carbone bianco, non fu forse estranea all’impulso dato nel 1916 dall’onorevole Bonomi, allora Ministro dei lavori pubblici, alla nuova legislazione italiana sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici che da lui prende il nome e che, affermatasi nel 1916, ebbe il suo epilogo nel testo unico vigente 11 dicembre 1933, n. 1775. Ne ricordo anzi un episodio tipico, che in questo incontro può servire a triplice dimostrazione.

Nel 1916, facendo parte del Gruppo socialista del Consiglio provinciale dell’Umbria, comprendente allora le tre attuali province di Perugia, di Terni e di Rieti, presi contatto col capo dell’ufficio tecnico provinciale ingegnere Guido Rimini, tecnico valorosissimo e studiosissimo di tutti i problemi interessanti l’Amministrazione della provincia, sostenitore fin d’allora del sistema di manutenzione stradale denominato di MacAdam e precursore della bituminatura; e lo informai che la Società del carburo di calcio, che aveva stabilimenti in Papigno e in Collestatte di Terni e due Centrali sul Nera (Valnerina e Cervara) per la utilizzazione di una concessione sui superi del Velino, si preparava a chiedere altra concessione sui superi dei superi, proponendosi d’invasarli nel lago di Piediluco per la produzione di energia regolata, secondo un progetto del proprio ingegnere Bartoli. Lo pregai di studiare la possibilità di una più razionale e magari di una integrale regolazione delle acque del Velino e dei suoi affluenti Salto e Turano, preferibilmente a Monte di Rieti, in modo da poter creare immagazzinamenti di acque di torbida così da raggiungere il duplice fine di creare una o più centrali per produzione di energia regolata e di poter liberare la piana reatina dalle facili dannosissime inondazioni invernali. Gli spiegai che era mio intendimento, ove mai tale possibilità fosse risultata, di indurre il Presidente della deputazione provinciale avvocato Girolami a presentare in nome della provincia domanda di concessione in concorrenza colla Carburo in base al progetto di massima che egli avrebbe dovuto prontamente apprestare. All’ingegnere Rimini sorrise l’idea e men di un mese dopo mi riferì che egli aveva individuato due grandi conche naturali, per la complessiva capacità di circa 400 milioni di metri cubi di acqua, l’una presso Posticciola per le acque del Turano l’altra presso le balse di Santa Lucia per le acque del Salto. Esponemmo insieme il piano all’avvocato Girolami, che fece approvare la proposta dalla deputazione, mentre l’ingegnere Rimini predisponeva il progetto. Sottoposta al Consiglio provinciale la proposta di chiedere la concessione in concorso colla richiesta che aveva da poco presentata la Carburo, io e il compianto collega onorevole Giovanni Amici proponemmo di superare le difficoltà pratiche che si elevavano contro la pretesa della provincia coll’approvazione di un ordine del giorno che proponeva che la concessione che la provincia andava a richiedere fosse fatta a favore di un consorzio di enti industriali e di enti pubblici. L’onorevole Bonomi, che allora stava preparando la legge del 1916, fu prodigo alla nostra provincia di consigli e di aiuti. Il consorzio fu costituito e rappresentò per le province di Perugia, di Terni e di Rieti il mezzo più efficace per conseguire, senza impiego di capitali, notevoli assegnazioni e riserve di energie al prezzo di costo maggiorato del 10 per cento.

Questo episodio dimostra insieme: 1°) come io abbia riconosciuto non da oggi il diritto degli Enti pubblici a ottenere sulla produzione locale dell’energia elettrica prelevamenti adeguati alle necessità dei servizi pubblici locali e della economia locale prezzi di favore, e me ne sia fatto assertore; 2°) come l’ente provincia si prestasse fin da molti anni prima delle autonomie post-belliche a iniziative decentratrici del genere di quelle reclamate dallo Statuto in esame; 3°) come questa forma di intervento, tendente a ridurre il costo di utenza, escludesse qualsiasi gravame a carico dello Stato.

Può dirsi che il progetto di Statuto in esame realizzi gli stessi criteri e cioè agevoli bensì la pubblica amministrazione nell’attuazione dei pubblici servizi e gli utenti nel relativo costo, ma non faccia pesare sullo Stato il corrispettivo di queste concessioni o non lo riversi sotto altri aspetti sugli utenti medesimi e non allarmi e soprattutto non allontani l’industria, sia di Stato sia privata, da un campo di attività eccessivamente indurito da condizioni irragionevoli e materialmente insostenibili? Basta leggere gli articoli 10, 62, 63 e 91, dopo aver letti tutti quelli relativi al prelevamento dei nove decimi su tutte le entrate erariali, per dubitarne seriamente. E più ne fanno dubitare alcune dichiarazioni fatte dal Relatore, secondo le quali il 6 per cento di cui al comma secondo dell’articolo 10 dovrebbe essere modificato addirittura in 10 per cento per correzione di preteso errore di stampa, mentre i vari prelevamenti teoricamente indicati nelle percentuali esposte all’articolo 10 e quelle risultanti dal combinato disposto dell’articolo 91 dello Statuto e dell’articolo 52 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, si ridurrebbero nella realtà concreta a un prelevamento massimo del 2,8 per cento.

Vedrà il nostro accorto Presidente se una modifica essenziale, che ha tutti gli aspetti di emendamento suggerito da ulteriori cupidigie, possa essere introdotta a questo punto, non dico ad avvenuta distribuzione del testo del progetto ma ad avanzata e quasi esaurita discussione di esso fuor della norma che per gli emendamenti s’impone – direi – alla chetichella. E vedranno gli onorevoli colleghi se sia attendibile e se possa considerarsi seria e rassicurante l’affermazione che il prelevamento gratuito del 6 por cento (comma primo dell’articolo 10) e quello del 10 per cento a prezzo di costo (comma secondo dell’articolo 10) sulla produzione della derivazioni concesse successivamente al presente Statuto, in coacervo con quello del 10 por cento, di cui al medesimo comma secondo e dell’altro 10 per cento cui sulle concessioni anteriori apre la via a favore dei comuni e delle province la riapertura dei termini sancita dall’articolo 91, possano, sommandosi, concretarsi per misteri dell’abbaco nel prelevamento complessivo del 2,8 per cento affermato dall’onorevole Relatore. Fino a che per altro non sia dimostrato che anche l’abbaco è una opinione, io avrò diritto di assumere a dimostrazione della fondatezza delle mie preoccupazioni le cifre esposte nel testo del progetto anziché quella risultante dalle calcolazioni del Relatore. E, profano della materia e ignaro degli elementi statistici che altri hanno richiamati e che io non ho avuto il tempo materiale di consultare, poggerò su di essi le mie considerazioni pratiche, inquadrandole nella condizione di depauperazione finanziaria che in danno dell’erario crea già lo Statuto col prelevamento di ben nove decimi su tutte le attuali entrate erariali della Regione, lasciando tuttavia a carico dello Stato: le opere pubbliche di maggiore rilievo, il funzionamento dei servizi statali nella Regione, la manutenzione e la costruzione delle strade nazionali, le spese per la rappresentanza diplomatica e consolare della Repubblica, le spese per l’amministrazione della giustizia, quelle per l’agricoltura e per le bonifiche, quelle per le opere di difesa fluviale, per la sanità pubblica, quelle riservate per l’istruzione pubblica allo Stato, quelle per i premi alla ricostruzione e per il risarcimento dei danni di guerra; quelle per la polizia e per la difesa della Repubblica e dell’ordine interno, quelle per la rinascita della marina mercantile, quelle relative all’assistenza post-bellica e a quella dei profughi, per la difesa dei cambi, della finanza e dell’economia nazionale, gli interventi a sollievo delle pubbliche calamità, per la costituzione del fondo per la solidarietà nazionale, per il funzionamento del Parlamento e via dicendo…

Chi non riconosce il dovere di farsi eco del grido d’allarme lanciato in quest’Aula dal Ministro del bilancio onorevole Einaudi di fronte alla necessità in cui la Repubblica sarà posta di imporre nuovi balzelli per riparare allo sbilancio creato dalle trasmodanti pretese delle Regioni in regime di autonomia speciale e di quelle che potessero seguirne l’esempio? Ma la legge della saturazione vale anche per la resistenza dell’eroico contribuente italiano e questo deve far pensosi tutti coloro che hanno senso di responsabilità e di carità di Patria!

E invece qui altre sorprese si prospettano per l’erario dello Stato: perché, se l’articolo 62 prevede la cessione alla Regione dei 9 decimi dei canoni che esso riscuote per le derivazioni locali, gli articoli 10 e 91 dispongono dei diritti dei terzi, dalla somministrazione a prezzo di costo del 20 per cento della produzione delle concessioni anteriori a quella del 10 per cento al prezzo di costo…

UBERTI. Relatore. È una facoltà.

NOBILI TITO ORO. …a quella gratuita del 6 per cento…

UBERTI, Relatore. Fino al 6 per cento.

NOBILI TITO ORO. …sulle derivazioni di concessione successiva. Ed è ingenuo lusingarsi colle speranze che prospetta il Relatore: quando si tratta di facoltà concesse, esse si trasformano in diritti potestativi colla sola richiesta e, quando si tratta di benefici, nessuno è tanto sciocco da non profittarne fino al limite estremo. Chi ne subirà le conseguenze? Le imprese diserteranno il campo delle nuove attività e, in ordine alle vecchie concessioni, difenderanno i diritti quesiti, e lo Stato che, per bocca del Presidente del Consiglio, ha dichiarato di aver dovuto sottostare a impegni di carattere internazionale, farà al solito le spese della sistemazione.

E che dire della imposta di dieci centesimi per ogni chilowatt-ora di energia prodotto nella Regione? Essa non potrà non riversarsi sui consumatori, e farà salire il prezzo dell’energia, automaticamente nelle zone dove l’energia si trasferisce sia per effetto di vendite sia per effetto di scambi stagionali. Di rimbalzo ne salirà il prezzo anche nella Regione di produzione, che pure verrebbe ad essere la zona più fornita di energia di quante se ne conoscano, si avrebbe in conseguenza un generale perturbamento dei prezzi, che lo Stato, nella funzione di regolazione che ne ha assunta, non potrebbe comprimere e sarebbe facilmente portato a eguagliare in tutto il territorio per la legge dell’attrazione dei prezzi inferiori da parte di quelli superiori; mentre altro serio motivo di perturbamento della economia dei consumi dal traffico che la Regione potrebbe essere indotta a fare con imprese di distribuzione, in concorrenza fra loro, degli accantonamenti di energia assicuratisi in forza delle strabilianti disposizioni di questo Statuto e di gran lunga eccedenti le necessità presenti e future dei suoi servizi pubblici.

Tutti questi pericoli non sono stati avvertiti e quello che doveva essere il risultato di un ponderato studio legislativo, rispettoso degli interessi della Regione e insieme con quelli dello Stato, considerati in armonia indissolubile, e rispettosi eziandio degli interessi dell’economia generale della nazione, si è sacrificato, per un impulso che non può essere giustificato nemmeno dagli allegati impegni internazionali, a una fanatica improvvisazione; a quella improvvisazione che fino all’ultimo momento si è rivelata nella modificazione imposta al secondo comma dell’articolo 10 pel preteso errore di stampa e nei misteri dell’abbaco adombrati dal Relatore per dimostrare che tutte le riserve imposte a favore della Regione negli articoli 10 e 91 si riducono approssimativamente a un 2,8 per cento su tutta la produzione locale.

Se sconfortanti sono i risultati dell’esame di questa parte del progetto per quanto concerne le sue conseguenze finanziarie nei confronti dello Stato, non sono certo migliori le sue conseguenze politiche. Esse costituiscono la negazione assoluta di ogni sentimento di solidarietà nazionale nella ripartizione di benefici dei quali, dopo aver fatto la giusta parte ai propri bisogni la Regione Trentino-Alto Adige non dovrebbe essere avara verso le altre Regioni d’Italia.

Le riserve concesse al Trentino-Alto Adige per servizi pubblici, per usi domestici e per l’agricoltura basterebbero ad assicurare a ogni suo cittadino una disponibilità media di chilowatt-ora 480 l’anno contro una disponibilità, per gli stessi usi, di chilowatt-ora 270 per ogni cittadino degli Stati Uniti e di chilowatt-ora 80 per ogni altro cittadino italiano, mentre, a utilizzazione completa di tutte le risorse idriche della Regione (chilowatt-ora 9000) la dotazione di ogni suo cittadino raggiungerebbe ben 1700 chilowatt-ora. E i 10 centesimi d’imposta autorizzati per ogni chilowatt-ora di produzione corrispondono a 250 volte il canone imposto a favore dei comuni dalla legge Bonomi.

Questo è il risultato della esasperazione della preoccupazione di difesa degli interessi locali e tanto più allarma in quanto è notorio che all’O.N.U. forma invece oggetto di studio un piano mediante il quale dovrebbe essere assicurato, mediante scambio internazionale di energia idrica e termica, il fabbisogno di energia elettrica ad ogni più remoto villaggio del continente europeo. In Italia non sono poche le località completamente sfornite di questo prezioso elemento; e gli egoismi regionalistici che già si stanno affermando fanno presentire ormai paurosamente quelli che saranno fra poco gli effetti delle deliberate autonomie Regionali.

E si noti che l’Italia ha nella legge Bonomi una delle leggi più apprezzate del mondo, sulla falsariga della quale si viene formando la legislazione degli Stati Uniti e alla quale si viene informando anche quella svizzera…

BORDON. Non è vero.

NOBILI TITO ORO. È verissimo, caro Bordon, e tu hai la possibilità di accertartene. Comunque io non voglio sostenere che qui occorresse di rimanere rigorosamente entro i limiti di questa legge, ma dico che essa avrebbe dovuto pur sempre rappresentare per voi una guida e una remora: perché errori come quelli che io pavento e vi rimprovero si espiano amaramente e si riparano sempre con difficoltà e attraverso inevitabili danni.

Avrei finalmente finito se non mi premesse di dare ragione di qualche giudizio, già fugacemente espresso sulla portata giuridica del complesso delle disposizioni in materia, rapidamente esaminate fin qui sotto altri aspetti. Non ho voluto soffermarmi su ciò che ha formato materia di altri interventi ed è mancato il tempo materiale per procurarmi quei dati che la Commissione non ha esposti e che invece avrebbero dovuto essere alla base della sua Relazione per persuadere l’Assemblea che essa non è oggi chiamata, sotto l’assillo di agitati impegni internazionali, a fare un salto nel buio e a compromettere la compagine amministrativa e quella politica del nuovo Stato repubblicano. Ma penso che certe eresie si rendono evidenti a chiunque, riluttante a giurare in verba magistri, abbia l’abitudine di trarre solo dall’intima persuasione l’orientamento del proprio voto.

Ho detto che il più grave pericolo che includano gli articoli 10, 63 e 91 è quello di allontanare le imprese dagli investimenti idroelettrici nella Regione. Aggiungo che l’allarme che quelle disposizioni danno potrebbe allontanarle da qualunque investimento di capitali in Italia. Quale garanzia di stabilità avrebbero le concessioni e i disciplinari se tutte le Regioni, man mano che si costituiranno, venissero imitando, in fatto di riserve di forze elettriche, l’esempio dello statuto Trentino-Alto Adige? Per esso, a parte quella imposta di 10 centesimi per chilowatt-ora su tutta la produzione, imposta della quale mi sono già occupato, l’impresa che dalla decadenza dei comuni rivieraschi è stata de jure definitivamente liberata dalle somministrazioni di energia sulla base del prezzo di costo per uso di pubblici servizi, si vedrebbe a un bel momento esposta al dovere di porre a disposizione l’energia che non le era stata tempestivamente richiesta e che non avrebbe più potuto esserle richiesta. Si tratta di una potenza che può giungere fino a un decimo dell’intiera produzione. Come potrebbe disporre se non esistono mai energie a disposizione delle imprese e se quelle che stanno per rendersi disponibili sono anticipatamente impegnate con contratti a lunga scadenza? E a questo 10 per cento va aggiunto l’altro 10 per cento pure dovuto – a prezzo di costo – sulle concessioni anteriori.

Onde a carico dell’industria si profila nientemeno la riduzione di un quinto dell’intiera produzione senza alcuna indennità per il lucro cessante. Poiché trattasi di concessioni già in corso, anche qui le disposizioni degli articoli 10 comma secondo e 91 violano diritti ormai quesiti e lo Stato deve risponderne verso i danneggiati in quanto l’eccezionale provvedimento è stato dichiarato in funzione coll’inscindibile complesso statutario di solenni impegni internazionali. Ha obiettato l’onorevole Uberti che questa disposizione sarà applicata solo «compatibilmente» colle disponibilità di energia da parte dell’impresa; il che o significa troppo o significa niente.

Infatti se la compatibilità è intesa nel senso di una disponibilità assoluta e incondizionata, essa finirebbe per non sussistere mai; mentre, se è intesa in senso relativo, l’impresa sarebbe sempre tenuta a procurarsi la disponibilità delle energie entro i limiti stabiliti dall’articolo 52. E la condizione che l’onorevole Uberti esalta resterebbe priva di qualsiasi efficacia restrittiva.

Nella prima ipotesi lo statuto conterrebbe una vera burla per la Regione e assumerebbe un tipico sapore demagogico, in quanto prometterebbe alla Regione non più che la luna nel pozzo, e io penso che a questo non dobbiamo prestarci. Nella seconda ipotesi la burla sarebbe a danno delle imprese di produzione in quanto servirebbe a lusingarle con una condizione-limite che non si verificherebbe mai, potendosi sempre sostenere che, trattandosi di una pubblica esigenza costituzionalmente riconosciuta, l’impresa ha sempre la possibilità di revocare un impegno già preso per far tornare nella propria disponibilità energie che essa è tenuta a somministrare per disposizione dello Statuto regionale. E l’Assemblea non dovrebbe prestarsi nemmeno a quest’altra burla.

Resta dunque la interpretazione di buona fede da dare al testo come per legge, e resta per le imprese la certezza di trovarsi esposte, da un momento all’altro, all’obbligo di somministrare a prezzo di costo, e cioè senza possibilità di compensi, la quinta parte addirittura della produzione.

Né sarebbe men dura la condizione delle concessioni successive alla approvazione del presente Statuto: ché anzi esse si aggraverebbero dell’obbligo della somministrazione gratuita dell’energia fino al limite del sei per cento della produzione generale, fermo sempre l’obbligo di somministrare a prezzo di costo un altro quantitativo di energia fino al 10 per cento della produzione medesima.

Non si nasconde la Commissione la gravezza di queste imposizioni, ma tenta di confortarci colla considerazione che esse non raggiungeranno mai il limite massimo previsto. Conforto niente affatto producente codesto per chi sa come la tendenza operi nel senso di sforzare sempre i diritti, una volta riconosciuti, fino all’estremo sfruttamento: perché nemo ita resupinus est ut sua comoda iactet.

L’altro argomento che dovrebbe coonestare i gravosi prelievi e la riapertura dei termini contemplati dall’articolo 52 del testo unico per la richiesta del decimo della produzione riservata ai comuni rivieraschi è che questi non furono mai ammessi alle relative utilizzazioni. Ma la voluta equivocità dell’affermazione e la sua irrilevanza sono manifeste; le utilizzazioni non vi furono perché non furono richieste. I comuni non ne avvertirono il bisogno e vigilantibus iura succurrunt. Onde di rilevabile nella obiezione non resta se non un fatto: quello di volere invocare ed esagerare a favore dei comuni bisogni che essi non hanno mai fino ad oggi avvertiti. Ma oggi la situazione si rovescerà: non perché i bisogni fino a ieri inesistenti oggi siano sopraggiunti, ma perché, come è facile comprendere, i comuni, sotto l’incitamento della Regione li addurranno e chiederanno quel che non avevano chiesto prima.

UBERTI, Relatore. Ma nella legge è detto: compatibilmente con le necessità.

NOBILI TITO ORO. A questo ho già risposto e lei non vuole intendere: non bisogna promettere mai la luna nel pozzo; alla Regione occorre dare qualche cosa di concreto, mentre, a volere stare a una interpretazione di buona fede, la considerata compatibilità non si riscontrerà mai perché l’industria non si troverà mai in condizioni di disporre alle condizioni pretese quella massa di energie che le avete promessa, in spregio alla Costituzione, ai diritti dei terzi, e alla legislazione stessa che avete invocata.

Dico così perché l’articolo 91, pure richiamandosi all’articolo 52 del testo unico 11 dicembre 1933, dichiara riaperti i termini per prelevamenti di energia pei pubblici servizi sulla base del prezzo di costo non soltanto a favore dei comuni ma delle stesse province che il testo unico non contempla affatto.

Inspirandosi a così discutibili criteri, cedendo a dismisura, e senza vagliarle, alle richieste che le sono venute dalla Regione, la Commissione non ha fatta l’opera saggia che ne attendevano: ha gettato un allarme che terrà lontano dalla nobile e cara Regione Trentino-Alto Adige l’afflusso delle iniziative industriali che invece avrebbero potuto costituire la sua fortuna; trattando alla stessa stregua le energie prodotte da impianti regolati e quelle prodotte da impianti ad acqua fluente, ha creato una condizione per concentrare su queste l’attenzione di quelle poche imprese che fossero tuttavia portate a cimentarsi nel campo della produzione della energia elettrica in questa Regione; ha esposto lo Stato al pericolo di dover reintegrare i terzi per la violazione che subissero ai propri diritti quesiti in dipendenza delle discusse disposizioni; ha creato condizioni che turberanno l’andamento dei prezzi e la stessa produzione dell’energia elettrica.

Per tutti questi motivi mi duole di dover sintetizzare il mio pensiero in un giudizio del quale non ho mai abusato: è mio convincimento, che so per altro largamente condiviso, che qui si sia fatta inconsciamente della demagogia, cedendo forse un poco anche all’atmosfera pre-elettorale, invece d’inspirarsi alla prudente meditata conciliazione degli interessi della Regione con quelli generali della Nazione e coll’imperativo categorico della inscindibile unità italiana. Ho detto che io non ho alcuna prevenzione contro questa autonomia particolare, l’unica della quale io riconosca la opportunità; ho plaudito ai discorsi del Presidente della Commissione e del Presidente del Consiglio e sento con loro la necessità di riconoscere nei capisaldi essenziali di questo Statuto gli impegni internazionali che sono stati assunti. Ma tutto ciò non importa che noi dobbiamo considerare insuscettibile di emendamenti anche la materia finanziaria ed economica di carattere più gelosamente interno e quindi sicuramente estraneo a ogni onesta esigenza internazionale.

Non propongo emendamenti formali perché, avendo ritirato stamane soltanto, e durante la seduta, la copia dello Statuto, ho avuto appena il tempo di leggerlo, e mi sono trovato nella impossibilità assoluta di approfondire le questioni finanziarie ed economiche con l’appoggio dei dati indispensabili. Mi lusingavo tuttavia che un onesto richiamo fatto alla Commissione, alla luce del buon senso, avrebbe potuto determinare da parte di essa l’impegno di qualche più necessario ritocco. L’accoglienza fatta dal Relatore alla manifestazione del desiderio mio di esaminare le questioni modestamente trattate mi ha tolto ogni illusione in proposito. Non mi resta pertanto altra possibilità se non quella di votare per quegli emendamenti che valgano a migliorare comunque l’ordinamento che lo Statuto ha dato a questa materia. Ma non posso soffocare la protesta del mio spirito contro il sistema, non certamente democratico, pel quale si chiede all’Assemblea per questo Statuto, invece di un esame doveroso, coscienzioso e ponderato, un cieco atto di fede… nella fede politica altrui. (Commenti – Approvazioni).

PRESIDENTE. La Commissione ha facoltà di esprimere il proprio parere sugli emendamenti.

UBERTI, Relatore. Dirò solo due parole, perché l’ora è molto tarda.

L’emendamento Pat, a cui si associa l’onorevole Nobili Tito Oro, rinnova la stessa istanza che da più parti è giunta alla Commissione. Dopo attento esame, si è giunti alla riduzione dal 10 al 6 per cento.

L’emendamento Dossetti, «fino al», la Commissione lo accetta perché in realtà non si potrà utilizzare, come dissi e come hanno confermato le dichiarazioni del Ministro Corbellini, neppure il 6 per cento, e questo è solo un limite, il limite massimo.

Non è possibile invece accettare l’emendamento che propone la soppressione dell’espressione «di qualsiasi altro pubblico interesse», perché intorno ai servizi pubblici vi sono tante contestazioni, che è meglio lasciare alla Regione una certa latitudine. È anche a compenso di questa espressione che è stato ridotto il 10 al 6 per cento.

Circa il 10 per cento riservato al prezzo di costo all’artigianato e alle industrie locali, ne ho già espresse le ragioni. Vedo presente l’onorevole Bonomi. Egli sa quali lunghe discussioni si ebbero prima di arrivare a persuadere i trentini e gli altoatesini a non insistere nel volere dare alla Regione il diritto di concessione, e fu loro assicurato che lo Stato avrebbe provveduto a quelle che sono le condizioni indispensabili per la vita della Regione.

Circa poi la questione dei 10 centesimi ogni chilowatt-ora, che secondo l’onorevole Nobili Tito Oro sarebbe una cosa troppo gravosa per le società…

NOBILI TITO ORO. Non ne ho parlato!

UBERTI, Relatore. …e distoglierebbe le società imprenditrici dal fare gli impianti, io devo sottolineare che il fatto che la Regione ha la facoltà di stabilire tale imposta, non vuol dire che essa è senz’altro stabilita. Sarà la Regione che valuterà, nel suo stesso interesse, se è opportuno o meno deliberarla. Quindi, se la Regione, ponendo quei 10 centesimi per ogni chilowatt-ora, constatasse che per tale motivo, e solo per esso, non si potrebbero fare gli impianti, è chiaro che la Regione per prima non userebbe tale facoltà, non porrebbe quei dieci centesimi.

La Commissione accetta la proposta del Ministro Corbellini in merito alle ferrovie dello Stato.

V’è piuttosto un errore di dizione alla fine del secondo capoverso; dove si dice: «nella misura stabilita nel comma precedente» bisogna dire: «nella misura del 10 per cento». Chiudo invocando la testimonianza dell’onorevole Bonomi, che sa quale difficoltà e quale risultato positivo di concordia, di moderazione e di saggezza è stato, anche su questo punto, questo Statuto.

BONOMI IVANOE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BONOMI IVANOE. Devo dire poche parole soltanto per confermare quello che ha detto l’onorevole Uberti. Ho presieduto la Commissione di studio per questo disegno di legge, e so con quanta insistenza le popolazioni locali chiesero che tutte le acque pubbliche fossero affidate alla Regione; esse invocarono anche i criteri adottati per lo statuto siciliano, e per quello della Valle d’Aosta. I miei colleghi ed io ci opponemmo, perché comprendemmo che affidare agli enti locali questa ricchezza nazionale, che può diventare anche internazionale, avrebbe significato camminare a ritroso; e perciò insistemmo perché rimanesse intatto il concetto fondamentale della legge vigente.

Però, pur nella nostra resistenza, avvertimmo l’opportunità politica di andare incontro al desiderio delle popolazioni, e fu allora che nacquero queste disposizioni che sono sostanzialmente due: la prima è quella che dà gratuitamente una certa quantità di energia per i bisogni locali, quantità che adesso viene ridotta dal 10 per cento, come si era proposto prima, fino al 6 per cento. La seconda disposizione consiste nel dare al prezzo di costo una determinata quantità di energia, cioè il decimo di quella prodotta per le iniziative locali. Questa seconda disposizione si applica alle concessioni di grandi derivazioni già accordate e a quelle da accordarsi.

Per quelle già accordate si è obiettato, da parte dell’onorevole Nobili Tito Oro, che molte società hanno già impegnato la loro energia e non saranno in grado di conferire energia nuova a prezzo di costo alle industrie locali. Ma osservo che si è saggiamente introdotta la norma secondo la quale l’obbligo di fornire questa energia si adempie «compatibilmente con l’esecuzione dei contratti di somministrazione di energia elettrica conclusi anteriormente all’entrata in vigore della presente legge».

Con questo temperamento crediamo di aver conciliato le varie correnti e le varie tendenze e di aver presentato all’Assemblea un progetto che, onestamente, si può accettare.

PRESIDENTE. Onorevole Pat, conserva il suo emendamento all’articolo 10?

PAT. Ritiro l’emendamento sostitutivo che ho presentato in via principale e mi associo agli emendamenti Dossetti; conservo, per l’ipotesi che gli emendamenti Dossetti non siano approvati, l’emendamento che ho presentato in via subordinata, tendente a sopprimere nel secondo comma le parole «già accordata all’entrata in vigore della presente legge e per quelle».

PRESIDENTE. Onorevole Dossetti, conserva i suoi emendamenti?

DOSSETTI. Conservo le mie proposte, e a titolo di dichiarazione di voto preciso che il motivo della mia insistenza deriva dal fatto che mentre tutti gli oratori che mi hanno preceduto hanno sempre svolto le loro argomentazioni sul maggiore o minore onere per le società idroelettriche, io mi sono, invece, preoccupato della questione di principio che viene così affacciata e della grave violazione al criterio dell’unitarietà della vita economica nazionale, specialmente in un settore delicatissimo, in cui permangono gravi carenze e difficoltà che si ripercuotono su tutta la vita economica della Nazione.

Conservo gli emendamenti, aggiungendo che le giuste considerazioni di compensi da attribuire alle popolazioni mi paiono più che sodisfatte da ciò che è stato dato alle popolazioni stesse con gli articoli 61 e 62.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 10.

Pongo in votazione la prima parte del primo comma, alla quale non sono stati proposti emendamenti:

«Nelle concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico, accordate successivamente all’entrata in vigore della presente legge, il concessionario ha l’obbligo di fornire gratuitamente alla Regione per servizi pubblici».

(È approvata).

Pongo in votazione le parole: «o per qualsiasi altro pubblico interesse», delle quali l’onorevole Dossetti ha proposto la soppressione.

(Dopo prova e controprova, sono approvate).

Pongo in votazione la restante parte del primo comma dell’articolo 10, con la modificazione proposta dall’onorevole Dossetti e accettata dalla Commissione:

«una quantità di energia fino al 6 per cento di quella ricavata dalla portata minima continua, anche se regolata, da consegnarsi all’officina di produzione o sulla linea di trasporto ad alta tensione collegata con l’officina stessa, nel punto più conveniente alla Regione».

(È approvata).

Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Dossetti di sopprimere il secondo comma dell’articolo 10, del quale do nuovamente lettura:

«Per le concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico, già accordate all’entrata in vigore della presente legge, e per quelle da accordarsi, i concessionari sono tenuti a fornire, con le modalità di cui al comma precedente, al prezzo di costo, per usi domestici, per l’artigianato locale o per l’agricoltura, una quantità di energia nella misura stabilita nel comma precedente».

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Passiamo alla proposta dell’onorevole Pat, per la soppressione delle parole: «già accordate all’entrata in vigore della presente legge e per quelle».

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Mi pare che la proposta dell’onorevole Pat si giustifichi anche con una considerazione particolare, e cioè col fatto che con il terz’ultimo comma (con il quale, secondo le giustificazioni che sono state date dai relatori, si è cercato di rendere compatibile la disposizione del secondo comma con i contratti già stipulati, per un’evidente applicazione del principio dell’irretroattività della norma) non si è però tenuto conto dell’eventualità dei casi in cui, avendosi delle concessioni già accolte, esse non abbiano tuttavia dato ancora luogo a contratti. Si tratterebbe, quindi, mi pare, di evitare, con la soppressione proposta dall’onorevole Pat, una violazione del principio dell’irretroattività della legge. (Commenti).

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte del secondo comma, comprese le parole di cui l’onorevole Pat propone la soppressione:

«Per le concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico, già accordate all’entrata in vigore della presente legge».

(È approvata).

Pongo in votazione la seconda parte del comma con la modificazione di coordinamento apportatavi dalla Commissione:

«e per quelle da accordarsi, i concessionari sono tenuti a fornire, con le modalità di cui al comma precedente, al prezzo di costo, per usi domestici, per l’artigianato locale o per l’agricoltura, una quantità di energia nella misura del 10 per cento».

(È approvata).

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Ritiro il mio emendamento soppressivo del terzo comma, il quale non ha più senso dopo che è stato approvato il secondo comma.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo allora in votazione, senza ridarne lettura, gli ultimi quattro commi dell’articolo 10, per i quali non vi sono più emendamenti.

(Sono approvati).

Passiamo agli emendamenti aggiuntivi. Il comma proposto dall’onorevole Dossetti è del seguente tenore:

«Per l’utilizzazione delle riserve di energie sopra previste valgono le procedure e i termini stabiliti dal testo unico della legislazione sulle acque».

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Chiedo alla Presidenza di voler pregare l’onorevole Dossetti di spiegare ciò che vuol dire, perché le riserve che noi poniamo nello statuto si risolveranno solo più tardi in sede contrattuale. Il produttore di energia, quando ha ottenuto la concessione, ne dispone, relativamente, come crede, perché non ci sono termini o altro per chiedergli le forniture. L’utente fa il contratto col produttore di energia. Non capisco quali siano i termini con cui si devono fare le riserve di energie.

PRESIDENTE. Permetta, onorevole Fabbri: il riferimento è fatto alle riserve di energia, cioè, evidentemente, alle concessioni non ancora accordate.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Per riserve di energia intendo, a tenore del testo unico sulla legislazione delle acque (come appunto è detto espressamente agli articoli 52 e 53 del suddetto testo unico, in cui si parla di riserve di energia per queste concessioni a favore – dice l’articolo 52 – dei comuni rivieraschi), le concessioni speciali con garanzia di riserve di energia, di cui al primo e al secondo comma dell’articolo testé approvato.

Ora, siccome approviamo queste riserve di energia con una disposizione costituzionale, e poiché il quarto e l’ultimo comma sembrano esprimere particolari indicazioni per le concessioni e per il loro condizionamento, è logico che si debba fare un richiamo esplicito al testo unico della legislazione sulle acque, perché altrimenti si potrebbe argomentare che questo testo unico, e particolarmente le procedure ed i termini per richiedere l’utilizzazione stabilita dall’articolo 52, siano trascesi e quindi non vengano applicati. Mi pare difficilmente contestabile questo punto.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. L’onorevole Dossetti non mi ha convinto, o non ho capito bene la portata della spiegazione, perché nel caso invocato dall’onorevole Dossetti si tratta di una riserva determinata dal fatto che, nell’atto medesimo in cui dà la concessione, il Ministero stabilisce anche determinati oneri singoli e specifici a favore di determinati riservatari.

Qui, invece, l’onere è stabilito in forma permanente, continuativa, per cui il concessionario, una volta che è divenuto produttore, e quando lo diventa, deve essere destinatario di una richiesta da parte della Regione, per quantitativi di forniture che devono essere mantenuti in certi determinati limiti. Quindi la riserva è perpetua, perché è stabilita dall’articolo della legge costituzionale. Pertanto l’articolo 52 della legge generale non c’entra per niente, almeno secondo la mia impressione.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Forse l’onorevole Fabbri non ha letto l’articolo 52 del testo unico, perché basterebbe leggerlo per convincersi che vi si stabiliscono norme che è difficile poter contestare che debbano essere applicate anche a queste disposizioni.

UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI, Relatore. Qui non si tratta di applicare l’articolo 52 del testo unico, che considera una situazione profondamente diversa, in quanto si riferisce alle richieste di energia da parte dei comuni. La Regione evidentemente deve fare una legge, perché deve stabilire quali condizioni, quale priorità debbono avere le persone fisiche e giuridiche che partecipano alla richiesta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Dossetti, di cui ho dato testé lettura.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Pongo ora in votazione l’emendamento aggiuntivo proposto dal Ministro Corbellini, del quale do nuovamente lettura:

«Le Ferrovie italiane dello Stato sono esenti dall’obbligo previsto dai precedenti commi nei riguardi dell’energia prodotta e utilizzata per i propri servizi».

(È approvato).

All’articolo 62 non sono stati proposti emendamenti. Lo pongo in votazione, dandone nuovamente lettura:

«Per le concessioni di grande derivazione di acque pubbliche esistenti nella Regione, accordate o da accordarsi per qualunque scopo, lo Stato cede a favore della Regione i nove decimi dell’importo del canone annuale stabilito a norma di legge».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 63. Se ne dia nuovamente lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione può stabilire un’imposta, in misura non superiore a lire 0,10, per ogni chilowatt-ora di energia elettrica prodotta nella Regione.

«È soppressa, nell’ambito del territorio della Regione, l’applicazione dell’articolo 53 del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775».

PRESIDENTE. L’onorevole Pat e l’onorevole Dossetti hanno proposto di sopprimere l’articolo 63.

L’onorevole Pat ha facoltà di svolgere questa proposta.

PAT. Le ragioni per la soppressione sono state già illustrate dall’onorevole Dossetti, e io mi associo a quanto egli ha detto. Osservo soltanto che mi pare che l’imposta di cui al primo comma possa essere applicata dalla Regione in forza dell’articolo 65 già votato.

Osservo inoltre che fissare in una legge costituzionale la misura di una imposta, in un momento di difficoltà finanziaria ed economica come l’attuale, è pericoloso (Commenti – Proteste del deputato Paris).

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Dato il costo attuale del chilowatt-ora, che abbiamo sentito indicare dal Ministro dei trasporti in quattro o cinque lire, e che vogliamo supporre magari anche soltanto di tre, e data la percentuale dell’imposta di consumo di spettanza dei comuni, percentuale che ha notevole incidenza e rilevanza, l’imposta di dieci centesimi al chilowatt-ora è estremamente limitata; e siccome l’articolo dice «non superiore a», ciò rappresenta una limitazione notevole della facoltà che ha la Regione di imporre tributi propri. E appunto perché è una limitazione estrema, le società elettriche hanno, secondo me, tutto l’interesse a veder concretato che non sarà possibile alla Regione di emettere una tassa superiore a lire 0,10, su un prodotto di cui il costo può arrivare adesso all’importo di quattro o cinque lire, secondo le dichiarazioni del Ministro dei trasporti.

PARIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PARIS. Bisogna tener presente che il costo medio dell’impianto per un chilowatt-ora è di 40 lire, mentre per la Regione del Trentino-Alto Adige il costo è limitato a 22 lire. Malgrado ciò, i gruppi capitalistici non sfruttano concessioni che hanno da 25 anni, impedendo così perfino agli enti locali di costruire nuovi impianti.

Quindi credo che l’imposta di 10 centesimi non incida sul costo. Si vuol invece impedire la costruzione di impianti per mantenere una situazione monopolistica, impedire che sul mercato abbondi l’energia per mantenere un prezzo maggiore. Non immiserite mai una regione di confine!

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 63, di cui si è già dato lettura, e del quale gli onorevoli Pat e Dossetti hanno proposto la soppressione.

(È approvato).

Pongo ora in votazione l’emendamento aggiuntivo proposto dal Ministro Corbellini, di cui do nuovamente lettura:

«Da tale imposta sono esenti le ferrovie dello Stato nei riguardi dell’energia prodotta e utilizzata per i propri servizi».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 91. Se ne dia nuovamente lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I termini per l’applicazione dell’articolo 52 del testo unico delle leggi sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici, approvato con decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, che risultassero prescritti, sono riaperti a favore dei Comuni e delle Provincie, a partire dalla entrata in vigore del presente statuto».

PRESIDENTE. L’onorevole Dossetti ha proposto di sopprimere questo articolo; l’onorevole Pat di sopprimere alla penultima riga le parole «e delle Provincie».

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Voterò per la soppressione dell’articolo 91 (per quanto sappia che la soppressione non verrà approvata), unicamente per una affermazione di principio: perché vi vedo una grave violazione del principio della non retroattività delle leggi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta soppressiva dell’intero articolo.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

PAT. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAT. Ho proposto la soppressione delle parole «e delle Provincie», in quanto non mi rendo conto del perché esse siano state incluse. Nella legge 11 dicembre 1933 non si fa cenno delle provincie, si parla solo dei comuni.

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione.

Pongo in votazione la prima parte dell’articolo:

«I termini per l’applicazione dell’articolo 52 del testo unico delle leggi sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici, approvato con decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, che risultassero prescritti, sono riaperti a favore dei Comuni».

(È approvata).

Pongo in votazione le parole «e delle Provincie», di cui l’onorevole Pat propone la soppressione.

(Sono approvate).

Pongo in votazione le restanti parole:

«a partire dalla entrata in vigore del presente statuto».

(Sono approvate).

Passiamo all’articolo 92. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nelle materie attribuite alla competenza della Regione o della Provincia, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali o provinciali, si applicano le leggi dello Stato».

PRESIDENTE. Non sono stati proposti emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 93. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Con decreto legislativo, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente statuto, saranno stabilite le norme per la elezione e la convocazione, da parte del Governo, del primo Consiglio regionale e dei primi Consigli provinciali.

«La prima elezione avrà luogo entro tre mesi dalla pubblicazione della legge di cui al precedente comma».

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati propone di sostituire, nel primo comma, alle parole: «sei mesi» le altre: «dieci mesi».

Ha facoltà di svolgere questo emendamento.

MORTATI. Mi sembra necessario armonizzare questa norma con quanto è stato fatto ieri per lo statuto sardo. Ciò corrisponde anche ad esigenze ovvie di tempo, essendo possibile l’insufficienza del termine proposto dalla Commissione.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Mi associo all’emendamento proposto dall’onorevole Mortati.

PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione non crede di poter aderire all’emendamento dell’onorevole Mortati. Si tratta di un problema pratico. Si calcola di poter fare le elezioni verso la fine di settembre. Mi pare quindi che convenga mantenere il termine, abbastanza largo, di sei mesi, indicato dal Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, conserva il suo emendamento?

MORTATI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Mortati, per la sostituzione, nel primo comma, del termine di dieci a quello di sei mesi.

(Non è approvato).

Pongo in votazione l’intero articolo 93, del quale è stata data testé lettura.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 94. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«I prefetti delle province di Trento e Bolzano restano in carica, con le attuali funzioni, fino alla costituzione della Giunta regionale e di quelle provinciali».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 95. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Con decreto legislativo saranno emanate le norme di attuazione della presente legge».

PRESIDENTE. Non sono stati proposti emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 96. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La traduzione in lingua tedesca della presente legge costituzionale concernente lo statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (Trentino-Tiroler Etschland) sarà pubblicata nel primo numero del Bollettino Ufficiale della Regione».

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Gli onorevoli Carbonari, Paris, Conti, Zuccarini e Conci Elisabetta hanno proposto il seguente articolo aggiuntivo:

«Entro un anno dalla entrata in vigore del presente statuto, i comuni già appartenenti alla Venezia Tridentina, secondo la legge di annessione del 26 settembre 1920, n. 1322, possono, con referendum e con decreto del Presidente della Repubblica, promosso dal Ministro dell’interno, sentito il Consiglio dei Ministri, essere riaggregati alla provincia di Trento».

L’onorevole Carbonari ha facoltà di svolgere questo emendamento.

CARBONARI. La legge di annessione del 26 settembre 1920, n. 1322, all’articolo 3 suonava: «I territori attribuiti all’Italia con questo trattato ed altri successivi fanno parte integrante del Regno d’Italia». E l’articolo 4: «Il Governo del re è autorizzato a pubblicare nei territori annessi lo Statuto e le altre leggi del Regno, e ad emanare le disposizioni necessarie per coordinarle con la legislazione vigente in quei territori, ed in particolare con le loro autonomie provinciali e comunali».

Allegato a questo decreto è il Trattato di San Germano, che fissa i confini dei territori annessi all’Italia. Entro questi confini è compresa la zona ampezzana. Vi sono compresi anche altri otto comuni, che sono stati staccati dalla provincia di Trento, da parte del regime fascista, dopo la marcia su Roma. Con decreto 21 gennaio 1923 veniva stabilito che i tre comuni di Cortina di Ampezzo, Livinallongo e Santa Lucia dovevano far parte del circondario di Belluno.

La legge di annessione dava ai territori annessi il diritto di conservare le leggi vigenti in coordinamento con la legislazione nazionale e di conservare, in tale coordinamento, le proprie autonomie provinciali e comunali. Questo diritto è stato dato anche alla zona ampezzana, la quale altrimenti, essendo stata unita a Belluno, non avrebbe potuto usufruirne. Dal decreto di annessione deriva anche il diritto sancito dalla Costituente ad una autonomia speciale.

Non si può usurpare un diritto derivante da una legge votata dal Parlamento italiano, attraverso un decreto proposto e firmato dal tiranno, che staccò quei comuni dalla provincia di Trento, la quale, prima della marcia su Roma, si estendeva da Ala fino al Brennero. I tedeschi venivano al capoluogo Trento senza protestare; da Trento era amministrata la zona ampezzana, essendo la stessa parte integrante della Venezia Tridentina.

I Governi liberali dell’altro dopoguerra, i Governi di Nitti, Giolitti e Bonomi, seguirono le direttive del decreto di annessione e diedero un governatore civile generale a Trento. Nei singoli distretti agivano i commissari civili, i quali portavano il Governo alle porte di casa.

Il novanta per cento degli affari del Governo di Roma venivano svolti presso il commissario generale civile di Trento. Tutti i distretti, cioè i circondari, avevano il commissario civile. Uno di questi commissari civili aveva sede in Ampezzo; e così Ampezzo poteva svolgere circa il novanta per cento dei suoi affari governativi sul luogo stesso; quindi le distanze erano eliminate, tanto più che Cortina e Livinallongo erano sede ciascuna di una pretura.

Onorevoli colleghi, la zona ampezzana fu staccata da Trento ottantun giorni dopo la marcia su Roma, contro la volontà della popolazione indigena; il clima fascista, saturo di ipernazionalismo, di spirito d’impero e di conquista, infierì mutilando la Venezia Tridentina per accontentare i gerarchi della provincia di Belluno. In quel clima, mentre a Trento venivano soppressi il commissario generale civile e la Giunta provinciale autonoma, ad Ampezzo veniva invaso il municipio e dispersa e soppressa la rappresentanza comunale, e soppresso il commissariato civile.

Passata la bufera fascista e tornata la libertà democratica, il popolo dell’Ampezzano chiede la restituzione delle libertà garantite dalla legge d’annessione e il ritorno alla provincia di Trento. Gli argomenti che usano gli avversari contro le aspirazioni di Ampezzo sono falsi e miserabili pretesti; la verità è che Ampezzo è un centro turistico internazionale di grande importanza economica; se Ampezzo avesse un bilancio passivo, quei signori avversari non si accorgerebbero della sua esistenza.

Gli ampezzani hanno diritto al referendum: e il torto fatto a Trento dal regime fascista deve essere riparato, restituendosi alla nostra provincia il territorio che le apparteneva.

È ridicolo parlare di pericolo per l’italianità di Ampezzo, che ha difeso il suo carattere nazionale da sola per molti secoli; parlare di pericolo per l’integrità della patria, come se Trento fosse terra straniera; parlare di diritto di conquista, quando i soldati italiani e i volontari trentini con loro hanno pugnato e versato il sangue per l’Italia, e non per questo o quel campanile o per smembrare una Provincia a danno di un’altra, quasi questa fosse una colonia.

Onorevoli colleghi, rendete contento il popolo trentino, che da Dio fu posto a sentinella sul vallo delle Alpi!

Noi trentini, per arrivare a quest’ora di distensione, di spirito di collaborazione e di vera pace nell’Alto Adige, abbiamo bruciato con gioia sull’altare del superiore interesse della Nazione il nostro amor proprio, i nostri risentimenti, il triste ricordo delle sofferenze passate come minoranza vissuta per secoli insieme con i concittadini tedeschi; molto abbiamo sacrificato per arrivare a quest’ora di sospirata pacificazione, che giova non solo a noi ma a tutta la Nazione e alla distensione internazionale. Noi trentini che abbiamo sofferto le amputazioni praticate subito dopo la marcia su Roma, che abbiamo sofferto il tradimento della vivisezione della Venezia Tridentina divisa in due Provincie, ed ora il distacco di quindici comuni colla relativa diminuzione delle rendite provinciali, chiediamo che la Costituente ripari almeno in parte i torti che abbiamo subìto sotto la tirannide del regime fascista e ci restituisca la zona ampezzana staccata da Trento con un decreto illegittimo. (Vivi applausi).

VIGNA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIGNA. L’onorevole Carbonari mi obbliga ad intervenire sulla questione se l’Ampezzano debba passare al Trentino-Alto Adige o restare al Bellunese. Non mi pare che sia il caso di discutere in questo momento la questione di merito, perché mancano all’Assemblea gli elementi in base ai quali possa pronunciarsi in proposito. Mi limito a prospettare agli onorevoli colleghi, e in particolare all’onorevole Presidente, una questione di preclusione che mi pare sia insuperabile. Il collega Carbonari, attraverso il suo articolo aggiuntivo, pretende che questa Assemblea deliberi il distacco di tre comuni dalla provincia di Belluno per passarli alla Regione del Trentino-Alto Adige.

Ora, la questione del distacco dei comuni da una Regione all’altra è già stata regolata con l’articolo 132 della Costituzione e precisamente nel capoverso di detto articolo. Io penso che l’Assemblea in questo momento non possa prendere una deliberazione che sia in contradizione con quella che è già contenuta nella Carta fondamentale dello Stato. (Interruzione del deputato Carbonari). Però mi si può obiettare che noi siamo in sede di discussione dello statuto speciale di una Regione autonoma e che quindi siamo ancora in sede di elaborazione costituzionale. Questa obiezione potrebbe aver valore se i comuni, dei quali si pretende il distacco, appartenessero e fossero nella sfera della Regione autonoma del Trentino-Alto Adige. In tal caso penso che non ci potrebbe essere preclusione vera e propria; ma qui si tratta di altro: si pretende il distacco di comuni dal Veneto per passarli al Trentino-Alto Adige. C’è dunque questa pretesa di strappare comuni a una Regione la cui formazione è stata sancita nella Carta costituzionale. (Interruzione del deputato Carbonari). È mai possibile che l’Assemblea possa deliberare in questa materia in assenza, direi quasi in contumacia, della Regione veneta? Per queste considerazioni, prego l’onorevole Presidente di dichiarare la preclusione e di non mettere in votazione l’articolo aggiuntivo. (Proteste del deputato Carbonari).

BETTIOL. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Mi dispiace di dover contrastare la proposta del carissimo amico Carbonari, ma credo che essa, sebbene interessante e delicata, non possa venire comunque discussa da questa Assemblea e particolarmente nell’attuale momento, in quanto esiste una preclusione costituzionale chiara e precisa contro ogni tentativo che si voglia fare per mutare le circoscrizioni delle Regioni. Mai l’Assemblea Costituente nella sua lunga, travagliata e tormentosa vita, ha messo in discussione argomenti di questo genere. (Interruzione del deputato Carbonari). L’Assemblea Costituente, all’opposto, ha determinato con una norma precisa le modalità che dovranno domani seguirsi per apportare modificazioni territoriali alle Regioni. Faccio quindi presente che l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Carbonari viola la norma costituzionale per cui simili modificazioni territoriali sono rimesse esclusivamente all’esito di referendum ed alla legge della Repubblica.

In concreto, senza entrare nel merito, mi sembra che gli elementi topografici stessi siano tali da tagliare la testa al toro. (Interruzione del deputato Carbonari – Commenti). Pertanto credo che l’Assemblea Costituente si trovi di fronte a un ostacolo di netta e insuperabile preclusione.

CONCI ELISABETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONCI ELISABETTA. Chiederei che l’emendamento fosse accettato almeno come raccomandazione. Invocandosi il referendum mi pare che non si sia fuori di una cosa giusta.

PARIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Paris, non si può dare la parola a tutti i proponenti di un emendamento.

PARIS. Solo due parole. Noi chiediamo non il distacco dei comuni ma solo il referendum entro un anno. Non ripieghiamo sulla proposta fatta dall’onorevole Conci, ma rimaniamo sulla proposta integrale dell’emendamento.

PRESIDENTE. Mi pare che la richiesta di questo articolo aggiuntivo venga ad urtare contro una preclusione, forse proprio perché l’onorevole Carbonari e gli altri proponenti hanno posto la questione in una forma direi moderata. Sa l’avessero posta in una forma più radicale, probabilmente non si sarebbe potuto opporre la preclusione (spero che non accettino il consiglio implicito in questo mio rilievo!); intendo dire che se la proposta fosse stata concretamente fatta in sede di articolo 3, ove appunto si accenna alla ripartizione della Regione in province e in comuni, l’Assemblea avrebbe forse potuto decidere sul merito, sia pure con una deliberazione discutibile dal punto di vista della legittimità costituzionale. Ma gli onorevoli Carbonari e i suoi colleghi propongono invece una procedura, che dovrebbe svolgersi in avvenire, la quale è in contrasto con quella ormai stabilita dalla Costituzione.

Mi rammarico pertanto di non poter porre in votazione questa proposta.

Chiedo ai firmatari se essi ritengono di poter accettare il suggerimento dell’onorevole Conci, nel senso di dare alla loro proposta la veste di ordine del giorno, in cui siano espressi desideri che potranno essere tenuti presenti dal legislatore futuro, sia al centro che in sede di Regione.

PARIS. Accettiamo di trasformare l’emendamento in ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ed allora, salvo la formulazione, pongo in votazione la proposta Carbonari e altri, non come articolo aggiuntivo ma come ordine del giorno con intento di raccomandazione.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Passiamo all’articolo 97, ultimo del disegno di legge. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

PRESIDENTE. Non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il disegno di legge sarà poi votato nel suo complesso a scrutinio segreto.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del tesoro, per sapere se non ritengano indispensabile, ai fini della ripresa del movimento turistico (che tanta importanza riveste per la nostra bilancia di pagamenti e per la ripresa generale del Paese), aumentare da 50 ad almeno 300 milioni lo stanziamento disposto col decreto legislativo 29 maggio 1946, n. 452, a favore di privati e di società alberghiere, che intendano ricostruire e riattrezzare le aziende alberghiere danneggiate dagli eventi bellici, ovvero migliorare ed ampliare le aziende stesse.

«Calcolato che i danni subiti dalle aziende alberghiere superano i 15 miliardi, la somma di 50 milioni annui appare assolutamente irrisoria, ove si confronti il livello dei prezzi fra il 1947 e il 1948.

«Date le attuali condizioni del bilancio, l’aumento di stanziamento potrebbe essere limitato al periodo di cinque anni, periodo che sarebbe sufficiente per comprendere le particolari necessità di ricostruzione degli alberghi, che si impongono in considerazione dell’eccezionale afflusso turistico che si verificherà nell’Anno Santo.

«L’aumento dello stanziamento appare urgente ove si consideri che sinora il Comitato turistico, previsto dalla legge 20 maggio 1946, ha dovuto praticamente respingere anche le più urgenti domande di contributo per mancanza di fondi: è da notare, d’altronde, che la ripresa dell’edilizia alberghiera e del turismo dà luogo a largo assorbimento di mano d’opera in tutti i settori, onde il maggiore stanziamento potrà in notevole misura venire ricuperato sugli stanziamenti intesi a lenire la disoccupazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Benvenuti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se, a norma dell’articolo 3 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 8 settembre 1946, numero 1045, il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio ha designato gli Istituti di credito facoltizzati a concedere finanziamenti con garanzia statale agli Enti comunali di consumo; ed in caso contrario, se non ritenga urgentissimo l’intervento del Ministero per l’emanazione del relativo decreto. Ciò in considerazione del fatto che le banche non procedono al finanziamento, in attesa dell’annunciata designazione, in mancanza della quale le finalità del suddetto decreto legislativo 8 settembre 1946 rimangono frustrate. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Benvenuti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e-giustizia, per sapere se intenda finalmente far cessare l’annosa paralisi della funzione giudiziaria civile della Corte di appello di Catanzaro con provvedimenti idonei; anche se dovesse vincere il pregiudizio di casta, e dar corso alle pratiche già favorevolmente istruite per la immissione nel ruolo di quei magistrati di avvocati anziani designati dalla generale stima e fiducia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Turco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere per quali motivi la provincia di Campobasso dal 1° maggio 1947 fu sottratta alla circoscrizione del tribunale militare di Napoli ed assegnata a quella del tribunale militare di Bari, e se non intenda restituirla alla precedente circoscrizione, tenuto conto di considerazioni geografiche e tradizionali, dei frequenti e diretti rapporti commerciali, industriali e professionali fra il Molise e Napoli, a tacere dei motivi sentimentali e affettivi, sempre esistiti fra il Molise e Napoli, laddove nessun legame o rapporto esiste fra il primo e Bari. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ciampitti».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se e quali provvedimenti intenda adottare, quanto meno attraverso un comunicato di recisa smentita, per la migliore e più sollecita tutela dell’onore, della dignità e del prestigio della magistratura, in genere, e in particolare dei seguenti magistrati: dottor Nicolini, ex presidente capo del tribunale di Roma ed attualmente primo presidente di Corte di appello; dottori Caporaso, La Porta e Stella Reichiter, della prima sezione civile del detto tribunale; e del sostituto procuratore della Repubblica, dottor Manca Bitti, di fronte alla grave e scandalistica pubblicazione contenuta nel quotidiano La Voce repubblicana n. 15 del 17 corrente, in seconda pagina, su tre colonne, sotto il titolo: «Severe accuse contro alcuni magistrati – Una scandalosa vicenda giudiziaria da molto tempo avvolta nel silenzio», pubblicazione che, oltre agli estremi del reato di vilipendio della magistratura, contiene una specifica accusa contro i magistrati sunnominati, in ordine ai reati di falso in atti pubblici, di abuso di potere, di rifiuto di atti del proprio ufficio, in danno di tale Emma Pateras, nota squilibrata, interessata in un duplice giudizio d’interdizione e dj separazione personale.

«Gli interroganti chiedono, altresì, di conoscere il suo pensiero sul fatto che il procuratore generale della Corte di appello di Roma non abbia finora curato di compiere l’elementare dovere di procedere di ufficio, pel reato di calunnia, contro gli autori della denunzia tempo fa presentata contro i ripetuti magistrati, in base alla quale esso procuratore generale fu sollecito ad elevare regolare rubrica, con relativa trascrizione nel registro generale (come si usa per comuni delinquenti), attendendo ad ampie e approfondite indagini, che si conchiusero (nella più completa ignoranza da parte dei denunziati di quanto si tramava contro di loro) con un provvedimento di archiviazione da parte della sezione istruttoria presso la Corte di appello di Roma.

«Il che autorizza a ritenere che l’essere magistrato onesto e intemerato e l’avere compiuto sempre con onestà e scrupolo il proprio dovere, meritando la stima e la considerazione di superiori, di colleghi e del foro, siano titoli sufficienti per essere proditoriamente e impunemente diffamati e calunniati, senza trovare negli organi competenti quella protezione e quella difesa che in qualunque altra pubblica amministrazione costituiscono un elementare dovere e una lodevole sollecitudine verso i propri appartenenti.

«Senza rilevare che ciò costituisce un efficace incoraggiamento ai denigratori abituali della magistratura a persistere in riprovevoli e velenose campagne comiziali e giornalistiche ai danni della famiglia giudiziaria, che deplorevolmente resta indifesa, togliendole o diminuendone quella tranquillità e quella serenità, che sono condizioni prime ed essenziali per compiere degnamente i doveri inerenti all’ardua e nobile funzione di amministrare la giustizia. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Ciampitti, Morelli Renato, Monticelli, Fusco».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti abbiano preso o intendano prendere contro i responsabili diretti e indiretti dell’aggressione perpetrata in Brescia, il 25 gennaio 1948, da elementi identificati e da altri facilmente identificabili, contro giovani inermi appartenenti al M.S.I., pacificamente riuniti in una trattoria. E se, nei gruppi che commisero l’aggressione, non ravvisino i caratteri di formazioni militari o para-militari che il Trattato di pace e la nostra Costituzione considerano illegali. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Russo Perez, Marina».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere quali provvedimenti voglia prendere, affinché i distretti militari siano messi in grado di assolvere tempestivamente i loro compiti, particolarmente delicati e gravosi in questo periodo per la documentazione inerente alle pensioni di guerra (che subisce ritardi enormi e non tollerabili), nonché alla liquidazione degli assegni e consegna dei libretti di «presente alle bandiere» alle famiglie dei militari dispersi.

«Si fa presente, al riguardo, come si lamentino gravi ritardi in zone di prevalente reclutamento dei tanti militari dispersi in Russia e nei Balcani, come è purtroppo il Friuli. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per rilevare come le concessioni dei contributi per il ripristino delle opere di miglioramento fondiario distrutte o danneggiate dalla guerra si vadano trascinando così a lungo, da frustrare addirittura i beneficî di tali provvedimenti; e per sapere se non ravvisi necessario ovviare a così grave inconveniente, disponendo opportune semplificazioni di procedura e decentrando agli Ispettorati compartimentali dell’agricoltura le concessioni, almeno per gli importi meno rilevanti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gortani».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere se non intenda ripristinare l’ufficio del registro di Santa Margherita Belice (Agrigento), arbitrariamente soppresso nel 1923 dal governo fascista, in seguito all’arbitraria soppressione della pretura.

«Al riguardo è da precisare quanto segue:

1°) il ripristino dell’ufficio del registro si rende necessario, dopo che a Santa Margherita è stata già ripristinata la pretura con questo territorio: Santa Margherita Belice-Sambuca-Montevago, i quali tre paesi fanno parte del mandamento di Santa Margherita;

2°) il ripristino dell’ufficio del registro a Santa Margherita Belice non implica la soppressione dell’ufficio del registro di Menfi, nel qual caso soltanto potrebbe essere danneggiato questo Comune. Possono e debbono coesistere i due uffici del registro, come coesistettero per moltissimi anni, fino al 1923;

3°) l’Ispettorato di Palermo del Ministero delle finanze diede parere favorevole per il ripristino dell’ufficio del registro a Santa Margherita;

4°) il comune di Montevago dista soltanto quattro chilometri da Santa Margherita, mentre ne dista venti da Menfi. Inoltre da Montevago si va a Menfi passando per Santa Margherita. È quindi una vera assurdità affermare che Montevago ha maggiore possibilità di comunicazioni con Menfi, anziché con Santa Margherita;

5°) il comune di Sambuca è collegato con Santa Margherita con diversi servizi automobilistici e col treno. Invece è collegato con Menfi soltanto con servizi automobilistici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Montalbano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se – allo scopo di venire incontro alle legittime aspirazioni di numerosi reduci – non ritenga opportuno prorogare almeno di un mese il termine, scadente il 9 febbraio 1948, per la domanda di ammissione al concorso per 230 posti di segretario negli istituti di istruzione media, per rendere possibile la partecipazione al medesimo di coloro che conseguiranno il richiesto titolo di studio nella prossima sessione straordinaria di esami, (L’interrogante chiede la risposta scritta)

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se, nella divisione in categorie degli uffici provinciali del lavoro, che si dice imminente, l’ufficio di Salerno sarà assegnato alla prima categoria, siccome merita l’importanza di quella provincia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se, nell’interesse dell’Erario, non creda necessario promuovere un provvedimento legislativo che sostituisca, nella tabella A della legge 21 dicembre 1947, contenente le «Norme per la elezione della Camera dei deputati», alla città di Benevento, quale sede dell’ufficio centrale circoscrizionale del Collegio XXIII (Benevento-Avellino-Salerno), la città di Salerno.

«Invero, a prescindere dalla maggiore importanza storica e demografica della detta città di Salerno, che pur reclama la cennata sostituzione, è innegabile che lo Stato realizzerebbe con essa, data la posizione topografica di Salerno, una economia per lo meno di 20 milioni nella spesa per le operazioni elettorali. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Rescigno, Lettieri, De Martino».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno trasmesse ai ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 21.50.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 11 e alle 16:

  1. – Domande di autorizzazione a procedere in giudizio.
  2. Discussione del disegno di legge costituzionale:

Statuto speciale per la Valle d’Aosta.