Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 29 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLXX.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 29 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BOSCO LUCARELLI

indi

DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Comunicazione del Presidente:

Presidente

Domande di autorizzazione a procedere in giudizio:

Presidente

Di Giovanni, Presidente della Commissione

Bellavista

Colitto

Condorelli

La Rocca, Relatore

Tonello

Uberti

Foresi

Monterisi

Zanardi

Giua

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Targetti

Mastino Pietro, Relatore

Fabbri

Disegno di legge (Discussione):

Modificazioni alla legge 7 ottobre 1947, n. 1058, per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (66)

Presidente

Micheli, Relatore

Scelba, Ministro dell’interno

Disegno di legge (Discussione):

Norme per la formazione delle liste elettorali nella provincia di Bolzano (67)

Presidente

Micheli, Relatore

Disegno di legge costituzionale (Seguito della discussione):

Statuto speciale per la Sardegna (62)

Presidente

Perassi, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali

Murgia

Marinaro

Condorelli

Mastino Pietro

Einaudi, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio

Uberti

Ambrosini, Relatore

Fabbri, Relatore

Bertone

Chieffi

Balduzzi

Spano

Dominedò

Mannironi

Pella, Ministro delle finanze

Mastino Gesumino

Laconi

Presentazione di relazioni:

Di Giovanni

Presidente

La seduta comincia alle 10.

TOZZI CONDIVI, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Comunicazione del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea che l’onorevole Preziosi, che faceva parte del Gruppo parlamentare della Democrazia del lavoro, si è iscritto a quello dell’Unione democratica nazionale.

Domande di autorizzazione a procedere in giudizio.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca un elenco di domande di autorizzazione a procedere in giudizio.

La prima è contro il deputato Zappelli, per il reato di cui all’articolo 595, 2° capoverso, del Codice penale (diffamazione a mezzo della stampa). (Doc. I, n. 5).

La Commissione conclude che non debba essere accordata l’autorizzazione.

Poiché nessuno chiede di parlare, pongo in votazione le conclusioni della Commissione.

(Sono approvate).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere contro i deputati Longhena e Zanardi, per il reato di cui all’articolo 595 commi 1° e 2°, del Codice penale (diffamazione a mezzo della stampa). (Doc. I, n. 15).

La Commissione conclude che non debba essere accordata l’autorizzazione.

Poiché nessuno chiede di parlare, pongo in votazione le conclusioni della Commissione.

(Sono approvate).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere contro il deputato Gonella, per il reato di cui all’articolo 595, commi 1° e 3°, del Codice penale (diffamazione a mezzo della stampa). (Doc. 1, n. 18).

La Commissione conclude che non debba essere accordata l’autorizzazione.

Poiché nessuno chiede di parlare, pongo in votazione le conclusioni della Commissione.

(Sono approvate).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere contro il deputato Patrissi, per il reato di cui all’articolo 341 del Codice penale (oltraggio ad un pubblico ufficiale). (Doc. 1, n. 26).

La Commissione conclude per la concessione dell’autorizzazione a procedere.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Commissione.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Mi rimetto a quanto è stato unanimemente deciso dalla Commissione in senso favorevole all’autorizzazione a procedere.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Non mi rendo conto del deliberato della Commissione e penso che essa non dia sufficiente spiegazione per la diversità di trattamento tra i casi precedentemente esaminati e quest’ultimo. Quando, in punto di fatto, c’è materia obiettiva di reato, o le considerazioni valgono per tutti o, per ragioni di giustizia, non valgono per alcuno.

Per questo motivo penso che non bisogna concedere l’autorizzazione.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Il concetto al quale si è ispirata la Commissione è questo: quando incidono ragioni di natura politica, le quali possono dare la sensazione che contro il deputato si tenti una persecuzione giudiziaria per arrestare, paralizzare o deviare la sua funzione, altamente apprezzabile, nell’esercizio del mandato parlamentare, allora la Commissione ha opinato – anche in conformità alla tradizione quasi costante in materia – di doversi negare l’autorizzazione a procedere.

Quando si tratti, invece, di un reato comune, nella valutazione del quale non incidono speciali ragioni, della natura di quelle cui ho accennato, la Commissione, che non ha se non un potere esclusivamente delibatorio del merito e non può quindi né esaminarlo fondamentalmente né pregiudicare l’azione del giudice competente ha ritenuto di non dover arrestare il corso dell’azione penale e di demandarla al giudizio di merito del magistrato competente.

Questo è il motivo per cui, ad esempio, quasi generalmente, la Commissione ha negato l’autorizzazione a procedere per i reati di diffamazione a mezzo della stampa, per i quali i deputati dovrebbero rispondere nella quasi totalità dei casi, semplicemente per una responsabilità indiretta, quale quella attribuita al direttore del giornale; mentre, in altri casi – limitatissimi, per fortuna – la Commissione ha dovuto proporre che si concedesse l’autorizzazione, trattandosi di reati comuni, sui quali non incide la speciale ragione politica della quale ho fatto cenno.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. I chiarimenti del Presidente della Commissione somigliano ad un sillogismo, nel quale la premessa non corrisponde alla conseguenza.

L’onorevole Patrissi è stato imputato del reato di cui all’articolo 341 del Codice penale, oltraggio ad un pubblico ufficiale; nella specie un Prefetto, non so se dell’ex regno o della Repubblica.

Ora, se c’è un reato che abbia in sé il carattere, la natura politica, è proprio questo.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Desidero aggiungere qualche rilievo a quello che ho già detto: si tratta, nella specie, di oltraggio ad un pubblico ufficiale, commesso per corrispondenza telefonica e poi telegrafica; oltraggio che ha la sua specifica configurazione di una violazione di legge personale.

Da quanto emerge da tutto il carteggio, che è allegato alla domanda di autorizzazione a procedere, e che rimane a disposizione dell’Assemblea, non sembra si possa negare l’autorizzazione chiesta: affermo che la Commissione ha ponderatamente valutato il caso, prima di prendere le esposte conclusioni.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Mi associo pienamente a quanto ha detto l’onorevole Bellavista. Effettivamente il concedere l’autorizzazione in questo caso, significherebbe adottare due pesi e due misure. Dichiaro che voterò contro la proposta di concedere la richiesta autorizzazione.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Io mi associo alle dichiarazioni degli onorevoli Bellavista e Colitto. Si tratta di un reato strettamente politico, perché sarebbe stato commesso nell’esercizio di quella funzione strettamente parlamentare che è il controllo della pubblica amministrazione.

MASTINO PIETRO. Ma se non era ancora deputato, in quel momento!

CONDORELLI. Agiva comunque a scopo politico.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI GIOVANI, Presidente della Commissione. L’onorevole Patrissi agiva non a scopo politico, ma come un qualsiasi cittadino: non essendo allora deputato, egli non era coperto dall’immunità parlamentare. L’onorevole Patrissi era in quel tempo funzionario e credo anche rappresentante un’organizzazione assistenziale, e come tale ebbe occasione di una conversazione telefonica col Prefetto della Provincia, conversazione nella quale sembra egli abbia adottato un linguaggio oltraggioso, ripetuto in un lungo telegramma, alligato al processo. Ripeto che la Commissione non ha inteso giudicare del merito; se lo avesse fatto, avrebbe invaso il campo riservato all’autorità giudiziaria. Ma in seguito all’esame sommario e delibatorio, cui la Commissione ha potuto procedere, è apparsa fondata la doglianza per cui il Prefetto ha chiesto al proprio Ministro l’autorizzazione a procedere alla denuncia per oltraggio a carico dell’onorevole Patrissi; e poiché egli successivamente venne eletto deputato, è sorta la necessità di sottoporre l’esercizio dell’azione penale all’autorizzazione parlamentare. Ecco perché, nella specie, la Commissione ha dovuto proporre all’Assemblea che sia concessa la richiesta autorizzazione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta della Commissione di concedere l’autorizzazione a procedere nei confronti del deputato Patrissi.

BELLAVISTA. Onorevole Presidente, faccio la proposta di non concedere l’autorizzazione a procedere in giudizio: credo quindi che la mia proposta debba avere la precedenza nella votazione.

PRESIDENTE. Senza dubbio. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Bellavista che non sia concessa l’autorizzazione a procedere a giudizio nei confronti del deputato Patrissi.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo in votazione la proposta della Commissione di concedere l’autorizzazione. (Commenti).

(È approvata).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere contro il deputato Motolese, per il reato di cui all’articolo 559 del Codice penale (correità in adulterio). (Doc. I, n. 30).

La Commissione conclude per la concessione dell’autorizzazione.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.

LA ROCCA, Relatore. Credo che non vi sia nulla da aggiungere alla relazione scritta: i fatti sono di un’estrema semplicità.

Nel luglio scorso il signor Caroli presentò querela contro la moglie e contro l’onorevole Motolese, sospettato di correità in adulterio. A sostegno di questa tesi egli espose determinati fatti, che qui non è il caso di rievocare.

La Commissione è stata unanime nel ritenere che in questo caso non si possa non concedere l’autorizzazione a procedere, in primo luogo perché l’istituto dell’immunità parlamentare si riduce a questo: a garantire il deputato nell’esercizio delle sue funzioni, cercando di impedire che egli appunto possa essere ostacolato nell’espletamento di questo suo compito da motivi politici. In secondo luogo, nel caso in esame, si tratterebbe di calpestare o perlomeno non tenere alcun conto del diritto di un terzo, cioè del marito, di veder riconosciute o quanto meno valutate le sue ragioni nell’apposita sede: quella giudiziaria.

Per queste ragioni la Commissione ha ritenuto di dover concedere l’autorizzazione a procedere.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Io sono perfettamente contrario al parere della Commissione per quel tanto che io posso apprendere del fatto dalla relazione che ho qui davanti a me. A me pare che il reato di cui è imputato il collega Motolese sia molto problematico e molto relativo, stando alla lettura dei documenti, perché potrebbe trattarsi anche di qualche trappola politica. Questo marito che nomina un suo rappresentante presso la moglie, dalla quale è separato, e poi dà querela, non mi pare che faccia una cosa tanto bella. Credo che si tratti di uno di quegli avvenimenti per cui non c’è da scandalizzarsi, specialmente tra i colleghi democratici cristiani (Commenti) perché, ricordatevi del proverbio: «Una volta a te, un’altra a me». Mi sembra che qui il peccato non sia ancora proprio stabilito né confessato, e siccome un processo di questo genere significherebbe per il deputato la sua morte politica, e sarebbe un premio per i suoi concorrenti, proprio alla vigilia delle elezioni, dichiaro che, per quanto mi riguarda, voterò contro la concessione dell’autorizzazione a procedere.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Dichiaro che voterò a favore della concessione dell’autorizzazione a procedere, in modo che il nostro collega abbia la possibilità di dimostrare la sua innocenza (Approvazioni).

FORESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FORESI. Dichiaro anche personalmente di associarmi alla dichiarazione fatta dall’onorevole Uberti. Desideriamo tutti che sia fatta luce intorno a questa grave accusa che è piovuta sopra uno dei nostri colleghi.

Il Motolese è conosciuto al di sopra di ogni partito, nella sua zona, come un uomo non soltanto pieno di grande cultura scientifica e di altissimo valore professionale, ma anche pieno di grande bontà e di immensa rettitudine.

Perciò il negare l’autorizzazione a procedere potrebbe significare volerlo far trincerare dietro un istituto che in qualche modo possa mascherare e coprire qualche sua colpa.

Per questo voterò a favore dell’autorizzazione a procedere.

MONTERISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONTERISI. Mi associo a quanto ha detto l’onorevole Uberti. Siamo d’accordo sulla opportunità che si faccia piena luce sulla questione. L’onorevole Motolese gode nella sua zona di ottima fama, sia come professionista, sia come uomo di cuore, che ha beneficato sempre tanta gente e che ha sempre aiutato i poveri.

È necessario che sia fatta piena luce: io sono sicuro della sua innocenza.

PRESIDENTE. Poiché l’onorevole Tonello si è limitato ad una dichiarazione di voto e non ha fatto una proposta contraria a quella della Commissione, come nel caso precedente aveva fatto l’onorevole Bellavista, non resta che procedere alla votazione.

Metto in votazione la proposta della Commissione di concedere l’autorizzazione a procedere contro il deputato Motolese.

(È approvata).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Zanardi, per il reato di cui all’articolo 595, 2° capoverso, in relazione all’articolo 57, n. 1, del Codice penale (diffamazione a mezzo della stampa). (Doc. 1, n. 35).

La Commissione propone di non concedere la chiesta autorizzazione.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Commissione.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Niente da aggiungere a quello che è stato esposto nella relazione. Siamo di fronte ad uno dei casi accennati in principio, nel quale sarebbe evidente la ragione politica. Quindi la Commissione, all’unanimità, ha ritenuto di non dover concludere per la proposta di autorizzazione a procedere.

ZANARDI. Avverto che mi asterrò dalla votazione.

GIUA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUA. Io voto secondo il deliberato della Commissione, ma devo fare una dichiarazione. La Commissione dei probiviri del Partito socialista aveva preso in esame le accuse fatte contro il compagno Tolloy da parte dei deputati Longhena e Zanardi, e aveva riconosciuto infondate queste accuse. Il compagno Zanardi, da me interpellato, ha dichiarato di non saper nulla e quindi di non essere responsabile delle frasi pubblicate da un giornale di Bologna, essere cioè il Tolloy un fascista antemarcia, esaltatore di Mussolini ecc.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Ma questa è un’altra domanda.

GIUA. Allora chiedo scusa, ma poiché verrà in esame anche quest’altra richiesta, io dichiaro che accetto il risultato della Commissione, perché il compagno Zanardi ha dichiarato non essere responsabile della frase pubblicata dal giornale di Bologna.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta della Commissione di negare l’autorizzazione a procedere contro il deputato Zanardi.

(È approvata).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere contro il deputato Laconi, per il reato di cui all’articolo 18 del testo unico della legge di pubblica sicurezza (riunione pubblica non autorizzata). (Doc. I, n. 42).

La Commissione conclude perché non sia concessa l’autorizzazione a procedere.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Commissione.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Onorevole Presidente, a me pare che basti enunciare l’oggetto della richiesta di autorizzazione a procedere, per concludere sulla esattezza e fondatezza della proposta della Commissione di negare l’autorizzazione.

Si tratterebbe di una semplice contravvenzione per aver parlato in pubblico senza una preventiva autorizzazione della pubblica sicurezza.

La Commissione ha ritenuto che in questo caso, prescindendo dall’esame del merito, si presentava così futile il motivo della denuncia contro il deputato Laconi, che, all’unanimità, ha proposto di respingere la richiesta autorizzazione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione da proposta della Commissione di negare l’autorizzazione a procedere contro l’onorevole Laconi.

(È approvata).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere contro il deputato Labriola per il reato di cui all’articolo 595, secondo capoverso, del Codice penale (diffamazione a mezzo della stampa). (Doc. I, n. 44).

La Commissione conclude perché sia negata l’autorizzazione.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Commissione.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Si tratterebbe di un caso di responsabilità indiretta.

L’onorevole Labriola dovrebbe rispondere, secondo la querela, in quanto direttore del giornale che aveva pubblicata la corrispondenza ritenuta diffamatoria.

Anche a volere esaminare, nel rapporto dell’autore, il contenuto dell’articolo, in base alla delibazione sommaria fattane dalla Commissione, è sembrato che anche la responsabilità di costui sarebbe coperta egualmente dalla buona fede, in quanto il caso di cui si faceva pubblicazione aveva dato luogo effettivamente ad un’inchiesta amministrativa, che aveva sortito risultati favorevoli alla tesi dello scrittore. Comunque, l’onorevole Labriola, chiamato a rispondere per responsabilità indiretta, non sembra possa avere alcuna responsabilità, nella specie. La Commissione, quindi, è d’avviso, all’unanimità, che sia negata l’autorizzazione a procedere.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta della Commissione di negare l’autorizzazione a procedere contro l’onorevole Labriola.

(È approvata).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Tomba, per il reato di cui all’articolo 595, in relazione all’articolo 57, n. 1, del Codice penale (diffamazione a mezzo della stampa). (Doc. I, n. 46).

La Commissione ha dato parere favorevole all’autorizzazione a procedere.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Commissione.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Per questa domanda, contrariamente a quello che si è fatto per altre, la Commissione è stata d’avviso di consentire l’autorizzazione a procedere. Nella specie, si tratta di una diffamazione a mezzo della stampa, a contenuto delicato nella quale il querelante ha consentito ampia facoltà di prova. Sembra che in questo caso, anche nell’interesse dello stesso deputato, che è stato esposto alla persecuzione giudiziaria, convenga dar luogo all’autorizzazione. In sede di giudizio si potrà dimostrare l’attendibilità o meno dei fatti denunciati, ed ove il deputato, accennando a fatti precisi e determinati, sarà per provarne in giudizio la realtà, la di lui assoluzione ritengo potrebbe servire meglio la causa della giustizia ed avvantaggiare la legittimità della censura della pubblica stampa. Per queste ragioni la Commissione, all’unanimità, ha opinato di proporre che sia consentita l’autorizzazione a procedere.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Molte volte il deputato è il direttore del giornale locale, ma egli ha il suo mandato da espletare e quindi non è responsabile realmente. Di fronte alla legge, sì, è responsabile, ma di fatto non lo è. Non credo che Tomba abbia scritto l’articolo incriminato. Del resto mi pare che il reato in sé non rivesta quella gravità di diffamazione che gli si vuole attribuire ed è molto dubbio che le frasi dette abbiano il contenuto diffamatorio loro attribuito. Bisogna poi vedere in quale occasione è stata detta questa frase. Certo è che con questa querela si vuole colpire un collega, il quale naturalmente deve essere tutelato. Mentre i nostri avversari ci scagliano sui loro giornali tutte le violenze che vogliono, per una frase infelice o arrischiata deve essere sempre pronta la querela. Qui non c’è diffamazione: si tratta di una reminiscenza della lotta fascista, e niente altro. Domando che sia respinta la domanda di autorizzazione a procedere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Vorrei fare una osservazione a titolo puramente personale. Non ho ben compreso lo spirito con cui la Commissione ha fatto questa discriminazione, proponendo cioè di non concedere l’autorizzazione per i casi precedenti per lo stesso capitolo di imputazione, e facendo proposta diversa per questo caso. L’onorevole Di Giovanni ha detto: perché metteremmo in condizione il nostro collega, che ha tutte le prove per dimostrare che ha detto il vero, di non poterlo fare. A me pare un principio molto strano, perché verremmo a dire che i nostri colleghi di poco fa non avevano le prove. Quindi, diremmo che abbiamo tutelato una accusa fatta a vuoto o senza sufficiente documentazione. Credo, in conformità con quanto abbiamo stabilito per gli altri casi, che non dobbiamo concedere anche in questo caso.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione. Devo dare ragione del diverso apprezzamento della Commissione nei vari casi. Come ho accennato, la Commissione non può fare, e non crede di dover fare, un esame di merito. Quindi, sulla fondatezza o meno del contenuto sostanziale della querela, la Commissione non può che fare un esame di semplice delibazione, per non sostituirsi al magistrato competente a giudicare del merito. Appare talvolta da questo esame delibatorio la assoluta infondatezza della querela; od appare evidente il motivo di persecuzione politica. In questi casi la Commissione ha negato senz’altro la autorizzazione, o meglio ha proposto che l’Assemblea neghi l’autorizzazione.

Dei casi specifici si sono presentati a contenuto diverso, come quello dell’onorevole Tomba. In questo caso il querelante è il signor Mora, contro il quale sarebbe stata fatta la pubblicazione ritenuta diffamatoria sul Popolo di Verona. Il Mora, prima di presentare la querela, si rivolse direttamente all’onorevole Tomba, dandogli ampia dimostrazione della infondatezza della pubblicazione e del contenuto erroneo di quello che il giornale assumeva, pregandolo di rettificare nel giornale stesso la fatta pubblicazione che non corrispondeva a verità ed aveva contenuto diffamatorio. Questa lettera rimase senza risposta. Ci fu un nuovo invito diretto e pressante: anche questo rimasto senza risposta. L’invito era stato preceduto dalla dichiarazione che, in caso di mancata risposta, il Mora si sarebbe rivolto all’autorità giudiziaria con regolare querela di diffamazione, consentendo al querelato ampia facoltà di prova. Poiché il secondo invito rimase senza risposta, il Mora provvide alla presentazione della querela. È sembrato ovvio in questo caso, nell’interesse stesso dell’onorevole Tomba, che negare l’autorizzazione a procedere non sarebbe stato utile alla di lui probità morale, mentre il procedimento penale gli avrebbe offerto il mezzo di provare la fondatezza della pubblicazione, qualificata diffamatoria, e nella quale egli ha mostrato di voler insistere. Ecco perché in questo, come in altri analoghi casi eccezionali, la Commissione ha mutato le sue direttive, informate di massima al concetto di negare l’autorizzazione a procedere.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Non mi pare che le spiegazioni della Commissione ai giusti rilievi dell’onorevole Andreotti siano da considerare sodisfacenti

Poco fa, per bocca del suo autorevole Presidente, la Commissione ci ha segnalato questo criterio discriminatorio: tutte le attività che obiettivamente possono costituire reato, ma che sono determinate dall’esercizio di un’azione politica di censura connesso con il mandato parlamentare, devono, secondo il saggio criterio della Commissione, essere considerate sotto questo profilo, e perciò doveva essere negata l’autorizzazione a procedere. Ora qui la Commissione somiglia alla Cassazione unica con contraddittorietà di giudicato, perché anche in questo caso si tratta di un atto, che può o non può costituire reato, ma che ha la forma di reato di diffamazione nei confronti di un terzo, connesso all’esercizio dell’attività politica. Ed intanto in quest’ultimo caso arriva a conclusioni diverse.

Né vale, onorevole Di Giovanni, dire che la Commissione si limita a deliberare.

La Commissione non soltanto ha delibato ma è entrata nelle anfrattuosità del merito. Si parla di fatti specifici che la Commissione ha esaminato; si parla di una richiesta del querelante, signor Mora, di rettifica, che non avvenne. La Commissione ha avuto modo di esaminare la cosa completamente.

Dobbiamo evitare, per la stessa esigenza di giustizia, che vuole soluzioni eguali a casi identici, che ci sia imputata una contraddittorietà, che sarebbe sospetta, per lo meno nei confronti di quei colleghi, verso i quali si è negata l’autorizzazione a procedere, mentre per questo si verrebbe concedere.

Pertanto, faccio proposta formale che non sia accolta la proposta della Commissione di concedere l’autorizzazione a procedere contro l’onorevole Tomba.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Mi associo a quanto hanno detto gli onorevoli Andreotti e Bellavista.

Ma c’è un altro rilievo da fare: la imprecisione con la quale la fattispecie è presentata al giudizio della Commissione.

È detto: Il signor Alberto Mora si è querelato contro l’onorevole Tomba, quale Direttore responsabile del giornale Verona del Popolo, col quale (a chi si riferisce questo quale?), riferendosi a un gruppo di persone, fra cui esso Mora, che si davano convegno nel campo sportivo di Legnago, col pretesto di procurare fondo per scopi sportivi, lo qualificava (chi?) «organizzatore della propaganda radiofonica repubblichina».

Mi parrebbe più opportuno chiedere l’autorizzazione a procedere contro queste imprecisioni di linguaggio. (Si ride).

Questa imprecisione così strana in materia tanto delicata mi pare che dovrebbe essere un argomento di più per indurre a respingere la proposta della Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta fatta dall’onorevole Bellavista di non concedere l’autorizzazione a procedere contro l’onorevole Tomba, restando nell’intesa che, se approva la proposta Bellavista, l’Assemblea intende respingere la proposta della Commissione.

(È approvata).

Segue la domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Covelli, per il reato di cui all’articolo 290 del Codice penale (Vilipendio delle istituzioni costituzionali). (Doc. I, n. 47).

La Commissione propone di concedere l’autorizzazione.

L’onorevole Relatore ha facoltà di parlare.

MASTINO PIETRO, Relatore. Occorre accennare brevemente al fatto, che è questo. L’onorevole Covelli, in un comizio tenuto a Benevento il 25 maggio 1947, definì la Repubblica: «una Repubblica di ignominia e di fango, di barattieri, di contrabbandieri e di falsari…, nata perché le calcolatrici di Romita hanno voluto farla nascere». (Commenti a sinistra).

Sul fatto materiale, che cioè queste parole siano state pronunciate (dico ciò con riferimento al fascicolo trasmesso alla Commissione) non vi sono dubbi. Ciò che la Commissione doveva proporre a se stessa era questo: se ragioni di indole politica potessero aver influito sulla formulazione dell’accusa. Ciò, però, era da escludere, in quanto il fatto, nei termini materiali, era di consenso comune.

Ciò premesso, la Commissione dice e ripete quanto è scritto nella relazione: che di fronte alla manifesta gravità delle frasi attribuite al Covelli – che non possono dar luogo ad incertezza d’interpretazione – il magistrato deve essere ammesso a poter dare un giudizio che stabilisca se concorrano gli estremi necessari per la configurazione del delitto di vilipendio delle istituzioni repubblicane. La Commissione ha cioè detto: il giudizio giuridico non lo dobbiamo dar noi, ma è necessario che venga dato. Da ciò discende la conseguenza della proposta della concessione dell’autorizzazione a procedere.

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Pregherei gli onorevoli colleghi di negare l’autorizzazione a procedere (Approvazioni). Se nel tempo delle frasi grosse ed esagerate, onorevoli colleghi, su questi stessi banchi ed in tutti i giornali ci sono queste esagerazioni, che il collega Covelli in un comizio molto movimentato (in cui vi furono applausi e fischi) abbia pronunciato queste parole, non fa caso. Se si dovessero condannare tutti quelli che hanno la lingua lunga, nessun uomo porterebbe più la lingua. (Si ride). Me compreso. Onorevoli colleghi, neghiamo questa autorizzazione a procedere: non si salva la Repubblica né la si offende, facendo così. (Applausi).

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Mi associo alle parole nobilissime pronunziate dal collega Tonello. Aggiungo che, a mio modesto avviso, l’autorizzazione non può essere concessa per una ragione di carattere strettamente giuridico. L’accusa, che si muove all’onorevole Covelli, è quella di violazione dell’articolo 290 del Codice penale, cioè di vilipendio delle istituzioni costituzionali. Dalla relazione, però, risulta ch’egli avrebbe recato offesa alla Repubblica e che il fatto si sarebbe verificato in Benevento il 25 maggio 1947, vale a dire in epoca anteriore alla modifica del Codice penale compiuta da questa Camera, con la quale al vilipendio alle «istituzioni costituzionali» si aggiunse il vilipendio «alla Repubblica». Solo questa Assemblea ha stabilito che costituisce reato l’offesa alla Repubblica in genere: ma, prima della legge votata dall’Assemblea e, quindi, il 25 maggio 1947, epoca del fatto, una offesa alla Repubblica non costituiva reato, tale essendo solo l’offesa alle istituzioni costituzionali dello Stato.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Mi associo a quanto ha detto l’onorevole Tonello.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Prego l’Assemblea di considerare che nella richiesta del Procuratore della Repubblica è detto esplicitamente che «le proposizioni del Covelli erano state improvvisate in un clima fatto rovente dalle opposizioni clamorose e ingiuriose di alcuni ascoltatori». Saremmo quasi nel campo della ritorsione delle ingiurie nel clamore di un comizio, ed in queste condizioni… (Interruzioni a sinistra)

Mi rendo conto che riconoscete trattarsi di un episodio che non deve esser trascinato in un’aula giudiziaria.

MASTINO PIETRO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO, Relatore. Non ho motivo di respingere senz’altro, non dico la proposta formulata dall’onorevole Tonello, ma la linea di argomentazione da lui seguita. Però, l’onorevole Tonello ammetterà che questa linea porta alla soppressione della Commissione per le autorizzazioni a procedere, od all’esclusione dalla sua competenza di quell’insieme di reati che rientrano nel campo della diffamazione e dell’ingiuria. Ora, credo che nessuno voglia arrivare a questo, soprattutto quando questa tesi è sostenuta non in linea pregiudiziale, ma nei confronti di una specifica concessione di autorizzazione a procedere. L’onorevole Fabbri, d’altra parte, ha detto come nel caso in questione è sostenibile forse a favore del Covelli una tesi di compensazione d’ingiurie, o per lo meno la concessione di una provocazione, in quanto egli avrebbe agito in quel determinato clima per influenza di precedenti ingiurie lanciate contro di lui.

Questo, onorevoli colleghi, è un entrare in merito della questione. Ora, noi nel merito non dobbiamo entrare e se insisto dicendo queste cose è solo per una ragione di giustizia, in quanto altrimenti finiremmo coll’occuparci del merito esaminando la posizione proprio dell’onorevole Covelli, mentre in genere così come è a mio avviso opportuno fare, nel merito delle altre richieste di autorizzazione a procedere non siamo entrati.

Quindi, proporrei, per una ragione di giustizia tratta dal funzionamento della Commissione, tratta dall’esame obbiettivo dell’emendamento, tratta dal normale metodo di comportamento della Commissione di fronte a casi del genere, di concedere l’autorizzazione a procedere.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta della Commissione di concedere l’autorizzazione a procedere.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Discussione del disegno di legge: Modificazioni alla legge 7 ottobre 1947, n. 1058, per la prima elezione della Camera dei deputati e del-Senato della Repubblica. (66).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Modificazioni alla legge 7 ottobre 1947, n. 1058, per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Ha facoltà di parlare il Relatore onorevole Micheli.

MICHELI, Relatore. Sono evidenti le ragioni che raccomandano l’approvazione di questo progetto di legge il quale, spostando opportunamente i termini stabiliti nelle leggi elettorali recentemente approvate, consente che nelle elezioni prossime per la Camera e per il Senato possano votare coloro che risultano dagli ultimi elenchi riveduti dalle Commissioni comunali e provinciali. In tal modo vengono anche compresi fra i votanti coloro che avranno compiuto il ventunesimo anno di età, stabilito dall’articolo 48 della Costituzione, nel giorno delle elezioni.

La Commissione quindi ha dato unanime la sua approvazione al progetto, salvo un piccolo emendamento relativo ad un elenco, del quale parleremo a suo tempo.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale. Non essendovi oratori iscritti e nessuno chiedendo di parlare, dichiaro chiusa la discussione generale. Passiamo all’esame degli articoli.

Si dia lettura dell’articolo 1.

RICCIO, Segretario, legge:

«Per la prima elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, il termine previsto dal primo comma dell’articolo 24 e dall’articolo 32 della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, è anticipato al 15 marzo 1948. Il deposito nella Segreteria comunale, di cui all’ultimo comma dell’articolo 24 sopra citato, delle liste rettificate e degli elenchi approvati dalla Commissione elettorale mandamentale, si effettua dal 1° al 15 aprile 1948».

PRESIDENTE. Non essendo stati presentati emendamenti e nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 2. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Entro dieci giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del decreto di convocazione dei comizi elettorali, la Commissione elettorale comunale compila un estratto, in duplice copia, dei cittadini che, pur essendo compresi nell’elenco di cui all’articolo 13 della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, non avranno compiuto, al giorno fissato per le elezioni, il ventunesimo anno di età.

«Un esemplare dell’estratto è immediatamente trasmesso dal sindaco alla Commissione elettorale mandamentale, che depenna dalla copia delle liste di sezione, destinata alla votazione, i nominativi compresi nell’estratto».

PRESIDENTE. La Commissione ha proposto il seguente emendamento:

«Alla fine del primo comma, aggiungere le seguenti parole: e altro elenco di quelli che alla stessa data non avranno compiuto il venticinquesimo anno di età».

Invito l’onorevole Ministro dell’interno ad esprimere l’avviso del Governo su questo emendamento.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo non può accettarlo, perché il requisito dell’elettorato attivo per il Senato non risulta da un elenco particolare, ma da un timbro speciale che viene apposto se l’elettore ha raggiunto i venticinque anni di età.

MICHELI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI, Relatore. Io credo che la nostra proposta lungi dal complicare le cose, le semplifichi, perché dà un elemento di controllo ai seggi che devono fare la verifica per i votanti pel Senato che debbono avere venticinque anni. Lei comprende, onorevole Ministro, come la caratteristica di avere o di non avere compiuto il venticinquesimo anno di età implichi un accertamento che non può essere soltanto comprovato da un foglietto di carta che viene inviato da un determinato ufficio e che può eventualmente essere falsificato.

Se domani dovesse avvenire un qualche contrasto intorno allo stato civile di uno dei votanti, è evidente che è opportuno avere a portata di mano un punto di riferimento, né si può mandare un incaricato a consultare lo stato civile del Comune perché consulti all’uopo lo schedario né, tanto meno, è possibile che dal foglietto risulti anche la data di nascita.

Ecco perché, una volta che noi disturbiamo gli uffici elettorali del comune perché forniscano un primo elenco, mi pare non vi sarebbe nulla di male che dovessero compilare anche quest’altro. Nel primo si aggiunge, col secondo si toglie; parmi opportuno che l’uno sia fatto insieme all’altro, per questo la Commissione ha creduto di fare questa proposta. Se il Governo insiste nel non accettarla, vi rinunceremo, ma le ragioni alle quali ho fatto riferimento credo che abbiano un reale ed effettivo fondamento.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Pregherei l’onorevole Relatore di non insistere sullo emendamento. Sarebbe troppo lungo spiegare le ragioni per le quali il Governo non lo può accettare. Noi le abbiamo valutate però esattamente: esso modificherebbe un sistema già votato, mentre questa leggina ha soltanto il compito di ridurre i termini e non quello di modificare il meccanismo già stabilito.

PRESIDENTE. Allora, la Commissione ritira l’emendamento?

MICHELI, Relatore. Sì.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 2, testé letto.

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma, testé letto.

(È approvato – L’articolo 2 è così approvato).

Passiamo all’articolo 3. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

La presente legge sarà poi votata a scrutinio segreto.

Discussione del disegno di legge: Norme per la formazione delle liste elettorali nella provincia di Bolzano. (67).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Norme per la formazione delle liste elettorali nella provincia di Bolzano.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.

MICHELI, Relatore. La Commissione esprime parere favorevole per l’approvazione anche di questo disegno di legge che è stato determinato dal fatto che l’imminente emanazione della legge sull’opzione ha reso opportuno di far sì che nelle prossime elezioni possano votare e portare il loro contributo anche le popolazioni dell’Alto Adige che avessero optato per la cittadinanza italiana.

Mi pare che la cosa sia quindi molto semplice. Tutte le disposizioni per lo spostamento dei termini, e conseguenti, sono state congegnate tecnicamente per poter raggiungere questo scopo, che la Commissione ritiene opportuno e lodevole.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

Non essendovi oratori iscritti e nessuno chiedendo di parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.

Passiamo all’esame degli articoli. Si dia lettura dell’articolo 1.

AMADEI, Segretario, legge:

«Per la formazione delle liste elettorali in provincia di Bolzano si osservano le disposizioni della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, e della legge 23 dicembre 1947, n. 1453, con le modificazioni di cui agli articoli seguenti».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 2. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Gli elenchi delle persone aventi titolo alla iscrizione nelle liste elettorali, predisposti dai comuni a termini del decreto legislativo 28 settembre 1944, n. 247, del decreto del Ministro dell’interno 24 ottobre 1944 e successive disposizioni, sono depositati nell’ufficio comunale dal 6 al 20 febbraio 1948. Dell’avvenuto deposito il sindaco dà notizia al pubblico con manifesto, invitando tutti coloro che, sebbene in possesso dei requisiti prescritti, siano stati omessi dagli elenchi, a presentare entro detto termine domanda di iscrizione nelle liste.

«Non oltre il 29 febbraio la Giunta municipale provvede all’istruttoria delle domande, alla compilazione delle liste generali, alla ripartizione del comune in sezioni elettorali ed alla compilazione delle liste di sezione.

«Dal 1° al 5 marzo le liste generali e sezionali e la deliberazione di cui all’articolo 27 della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, sono depositate nell’ufficio comunale. Dell’avvenuto deposito il sindaco dà notizia al pubblico mediante apposito manifesto, con invito a produrre, non oltre il 10 marzo, alla Commissione elettorale mandamentale i ricorsi previsti dagli articoli 15 e 31 della legge sopracitata.

«Gli atti di cui al comma precedente sono trasmessi entro il 10 marzo alla Commissione elettorale mandamentale, che decide sui ricorsi ed approva le liste non oltre il 25 dello stesso mese. Nel medesimo termine la Commissione comunica le determinazioni adottate al comune, che provvede per le conseguenti variazioni negli esemplari delle liste in suo possesso.

«Le liste generali definitive sono depositate nell’ufficio comunale dal 1° al 15 aprile 1948, ed ogni cittadino ha diritto di prenderne visione. Dell’avvenuto deposito il sindaco dà pubblico avviso».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 3. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il prefetto provvede con decreto alla prima costituzione delle Commissioni elettorali mandamentali e delle eventuali Sottocommissioni che rimarranno in carica sino al 30 giugno 1948.

«Su proposta dei presidenti delle Commissioni elettorali mandamentali possono essere costituite Sottocommissioni anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 19 della legge 7 ottobre 1947, n. 1058».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 4. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Non oltre il 10 marzo 1948 il prefetto trasmette alle Commissioni elettorali mandamentali competenti per territorio l’elenco delle persone deferite alla Commissione prevista dall’articolo 6 della legge … recante le norme per la revisione delle opzioni.

«Le Commissioni elettorali mandamentali, in sede di approvazione delle liste generali e sezionali, effettuano la cancellazione dalle liste medesime dei nominativi compresi nell’elenco di cui al comma precedente».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione intendendosi che l’articolo sarà coordinato con la legge recante le norme per la revisione delle opzioni.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 5. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Per le spese inerenti alla formazione delle liste elettorali previste dalla presente legge si applicano le disposizioni del decreto legislativo 8 febbraio 1945, n. 55».

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 6. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La presente legge entra in vigore lo stesso giorno dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

PRESIDENTE. Nessun chiedendo di parlare, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Questo disegno di legge sarà poi votato a scrutinio segreto.

Presidenza del Presidente TERRACINI

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: Statuto speciale per la Sardegna. (62).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: Statuto speciale per la Sardegna.

Nella seduta di ieri fu rinviato a stamane l’esame del Titolo III dello Statuto speciale sardo, concernente le finanze, il demanio e il patrimonio della Regione della Sardegna.

Fu ieri approvato soltanto il primo articolo, il 7, di questo Titolo. La Commissione propone ora la soppressione dell’articolo 10 e il seguente nuovo testo dell’articolo 8:

«Le entrate della Regione sono costituite:

dai nove decimi del gettito delle imposte erariali sui terreni e sui fabbricati situati nel territorio della Regione e dell’imposta sui redditi agrari dei terreni situati nello stesso territorio;

dai nove decimi dell’imposta di ricchezza mobile riscossa nel territorio della Regione;

da nove decimi del gettito delle tasse di bollo, sulla manomorta, in surrogazione del registro e del bollo, sulle concessioni governative e dell’imposta ipotecaria, dell’imposta di fabbricazione dei gas e dell’energia elettrica, percette nel territorio della Regione;

dai nove decimi della quota fiscale della imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella Regione;

da una quota dell’imposta generale sull’entrata di competenza dello Stato, riscossa nella Regione, da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d’accordo fra lo Stato e la Regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere le funzioni normali dalla Regione, di cui all’articolo 8;

dai canoni per le concessioni idroelettriche;

da contributi di miglioria ed a spese per opere determinate, da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri, che la Regione ha facoltà di istituire con legge in armonia coi principî del sistema tributario dello Stato;

da redditi patrimoniali;

da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazioni fondiarie».

Ha facoltà di parlare l’onorevole Perassi per riferire brevemente sopra questa nuova formulazione.

PERASSI, Presidente delta Sottocommissione per gli Statuti regionali. In seguito alla decisione di ieri dell’Assemblea Costituente sulla proposta fatta dal Ministro del bilancio per le comprensibili preoccupazioni che egli deve far valere, si è tenuta una riunione fra una rappresentanza della nostra Commissione, il Ministro dei bilancio, onorevole Einaudi, ed il Ministro delle finanze, onorevole Pella, durante la quale la questione è stata esaminata a fondo.

Da parte nostra si è anzitutto spiegato quali sono state le idee che avevano guidato la Commissione nel formulare il testo che era stato presentato, cioè di indicare alcune imposte erariali, il cui gettito sarebbe devoluto quasi interamente alla Regione, ed indicare poi alcune imposte erariali per le quali si farebbe annualmente la determinazione di una quota per coprire il fabbisogno del bilancio della Regione. La Commissione era partita da questa idea anche in relazione all’articolo 119 della Costituzione che, in fondo, si ispira a questi concetti.

Abbiamo esaminato il testo anche in relazione alle presumibili esigenze finanziarie della Regione; ed in definitiva, si è arrivati a questa conclusione: di indicare anzitutto alcune imposte erariali il cui gettito viene devoluto per la massima parte alla Regione. Queste sono in primo luogo quelle imposte che concernono redditi nettamente localizzati o localizzabili; così si è stabilito di assegnare alle Regioni i nove decimi del gettito dell’imposta erariale sui terreni e fabbricati situati nel territorio della Regione e dell’imposta sui redditi agrari sui terreni ivi situati. In secondo luogo, si è convenuto, in seguito ad ampia discussione, di assegnare alla Regione i nove decimi del gettito di ricchezza mobile riscosso nella Regione. Qui vi è una differenza rispetto al testo primitivo della Commissione, in quanto per ragioni tecniche o su particolare insistenza del Ministro delle finanze, si è ritenuto necessario, allo stato attuale delle cose e della legislazione italiana, di limitarci a considerare l’imposta di ricchezza mobile riscossa nella Regione.

Poi vi sono altri tributi minori statali, che vengono attribuiti alla Regione: i nove decimi del gettito della tassa di bollo, e di quelle sulla mano morta, di surrogazione del registro e del bollo, sulle concessioni governative, dell’imposta ipotecaria, dell’imposta di fabbricazione del gas e dell’energia elettrica nel territorio della Regione.

Alcune di queste imposte erano già prevedute nello schema della Commissione; altre sono state aggiunte su proposta del Ministro delle finanze. Viceversa, si è tolta da questa elencazione un’imposta che ha sollevato qualche discussione in questa sede, l’imposta sui pubblici spettacoli e sui cinematografi. Quindi, coloro i quali avevano presentato emendamenti a questo riguardo, sono sodisfatti, in quanto non si parla più di queste imposte. Inoltre, fra le imposte per le quali si stabilisce l’assegnazione dei nove decimi del gettito, figura anche l’imposta erariale di consumo sul tabacco, consumato nella Regione.

A questo punto segue una clausola, la quale si può dire che contempli una variante, che consiste in una quota, da stabilirsi annualmente di intesa fra lo Stato e la Regione, in vista del bilancio futuro della Regione, quota la quale sarà presa sul gettito dell’imposta generale sull’entrata riscossa nella Regione.

Quale sia l’ammontare di questa quota, appunto perché questa parte costituisce una variabile, non è indicato; questo dipenderà dalle esigenze accertate, mediante intese fra Stato e Regione. Il punto di riferimento, al fine di accertare questa quota variabile, che costituisce l’integrazione necessaria per coprire il bilancio, concerne le attività normali della Regione; in quanto si dice – ripetendo la formula della Costituzione – che questa quota è stabilita in relazione alle spese necessarie ad adempiere alle funzioni normali della Regione, di cui all’articolo 6. Infatti, dall’articolo 6, così com’è formulato, si può desumere quali sono le funzioni amministrative, che passano alla Regione, e conseguentemente quali sono le spese corrispondenti.

L’ultima parte del testo non presenta nulla di nuovo. In esso si prevede che la Regione percepirà i canoni per le concessioni idroelettriche od i contributi che essa potrà stabilire per spese per opere determinate, ed altri tributi propri, che la Regione è autorizzata a stabilire, con il limite che questi tributi si conformino a principî generali dell’ordinamento tributario dello Stato.

Infine si prevede, e questo corrisponde ad una disposizione della Costituzione, che lo Stato assegnerà alla Regione dei contributi straordinari per spese di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria.

Questo è il testo uscito dalle laboriose ed utili conversazioni di ieri sera.

PRESIDENTE. All’articolo 8 del testo primitivo erano stati presentati emendamenti, alcuni dei quali non hanno più ragione di essere, dato che il loro contenuto è stato assorbito dalla nuova formulazione. Così l’emendamento proposto dall’onorevole Proia, poiché non si parla più nel nuovo testo dell’imposta sopra l’attività teatrale e cinematografica; così l’emendamento degli onorevoli Mannironi e Chieffi, che proponevano di aggiungere ai piani di opere pubbliche anche quelli di trasformazione fondiaria, dato che il nuovo testo ha accettato appunto questo suggerimento.

Restano tuttavia alcuni dei vecchi emendamenti e ne sono stati già presentati altri sopra la nuova formulazione.

L’onorevole Murgia ha proposto di sopprimere al quinto alinea dell’articolo 8 le parole: «di cui all’articolo 6».

Ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

MURGIA. La ragione del mio emendamento è molto chiara. Se si dovesse mantenere la dizione: «di cui all’articolo 6», la Regione si vedrebbe gravata da un onere fiscale insopportabile, in quanto dovrebbe provvedere direttamente, non solo alle materie di sua competenza diretta (di cui agli articoli 3 e 4), ma anche a quelle che le venissero eventualmente delegate dallo Stato, come, ad esempio, la scuola ed altri servizi, che comporterebbero una grande spesa. Per questo chiedo la soppressione della dizione: «di cui all’articolo 6».

PRESIDENTE. L’onorevole Marinaro ha proposto il seguente emendamento sostitutivo:

«Fino a quando non sarà provveduto definitivamente all’ordinamento finanziario delle Regioni, lo Stato, all’inizio di ogni esercizio, assegnerà alla Regione i fondi necessari per la gestione dei servizi che, per lo statuto, le sono attribuiti».

Devo fare osservare all’onorevole Marinaro che questo emendamento si sostanzia in una proposta di rinvio e sarebbe stato valido anche nei confronti del vecchio testo. Ma in questo caso deve essere considerato come emendamento nuovo al vecchio testo, e pertanto dovrebbe avere 15 firme.

MARINARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINARO. Sono stato in attesa di conoscere il risultato degli accordi che la Commissione ed il Governo avevano stabilito di prendere, con l’approvazione dell’Assemblea, nella seduta di ieri. In questo momento vengo a conoscenza del testo di questo accordo, ma io ritengo che l’accordo raggiunto non risolva la questione, così come l’aveva posta, in termini precisi e perentorî il Vice presidente del Consiglio, onorevole Einaudi, nella seduta di ieri. L’onorevole Einaudi aveva dimostrato soprattutto le sue preoccupazioni per il fatto che non trovava la possibilità di formulare «una norma generale» – così è detto nel resoconto sommario – che valesse per la ripartizione dei redditi fra Stato e Regione, il che significa che il problema non è maturo e che l’Assemblea sta per compiere un grave errore nello stabilire nello statuto Sardo quelle norme specifiche, che dettano la competenza della Regione sarda a riscuotere determinate imposte. In questa situazione di cose, la mia proposta non è un vero e proprio rinvio, ma detta una nuova soluzione, che consiste in questo: fino a quando non sarà provveduto definitivamente all’ordinamento finanziario delle Regioni, lo Stato, all’inizio di ogni esercizio, assegnerà alla Regione i fondi necessari per la gestione dei servizi che per lo Statuto le sono attribuiti.

Mi sembra, onorevoli colleghi, che questo non pregiudichi nulla. Lo statuto può trovare la sua piena applicazione; tutti i servizi assegnati alla Regione possono funzionare; la legge non subisce nessuna variante, soltanto è il sistema che cambia ed è lo Stato che con i suoi poteri assegna alla Regione quei fondi che ritiene necessari per il funzionamento e la gestione dei servizi. E questo sistema dura fino a quando non si sarà provveduto, in via definitiva, all’ordinamento finanziario delle Regioni.

Mi sembra che questa proposta possa trovare il consenso dell’intera Assemblea.

Una voce al centro. Questa è la negazione dell’autonomia finanziaria!

PRESIDENTE. Onorevole Marinaro, mi pare che questo suo emendamento, oltre all’osservazione alla quale può dare luogo e che ho già fatto presente, provochi quest’altra osservazione: che lei non tiene presente che si tratta di uno Statuto speciale, per il quale, pertanto, non c’è da riferirsi all’ordinamento finanziario delle Regioni. Noi siamo di fronte ad uno Statuto speciale per il quale, evidentemente, occorre indicare un particolare ordinamento finanziario.

Mi pare quindi che questa sua formulazione implichi in sé la negazione della questione stessa che stiamo esaminando.

MARINARO. Signor Presidente, mi permetto di dissentire da questa opinione. Indubbiamente, l’ordinamento finanziario delle Regioni sarà esaminato e nulla vieta che in quella occasione si possa anche esaminare l’ordinamento della Regione sarda. Non vedo un ostacolo preciso per la presa in considerazione della mia proposta, sulla quale, ad ogni modo, io gradirei conoscere il parere del Governo.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Perassi di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti presentati.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione insiste sul testo concordato col Governo. Osservo all’onorevole Marinaro che resta sempre l’articolo 56, di cui già si è parlato, il quale prevede che queste norme che ora vengono adottate, sono suscettibili di revisione con una procedura più snella di quella richiesta per le leggi costituzionali. Per conseguenza, le preoccupazioni dell’onorevole Marinaro, possono in parte ritenersi sodisfatte. Qualora si arrivasse ad una riforma generale dell’ordinamento finanziario dello Stato, in vista della instaurazione degli ordinamenti regionali, è evidente che anche queste norme che oggi si inseriscono negli Statuti speciali potranno essere suscettibili di revisione. Ma, allo stato attuale delle cose, dovendo dar vita concreta alla Regione sarda, a noi sembra che sia necessario assicurare ad essa una consistenza finanziaria sicura. La formula che noi preferiamo è quella che è stata concordata col Governo.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Io torno ad insistere sulla preghiera fatta ieri. Noi qui ci troviamo di fronte ad aliquote di distribuzione di spese e di entrate fra Stato e Regione, e ci troviamo anche di fronte ad una elencazione di imposte e di contributi sui quali avviene la partecipazione dei due enti.

Noi abbiamo immensa deferenza per il Governo e per la Commissione che hanno concordato questo emendamento, ma evidentemente il nostro voto deve essere informato, perché esso non può ridursi a un atto di pura e semplice deferenza verso i compilatori dell’emendamento. Desidereremmo quindi sapere in base a quali dati e a quali criteri esso è stato redatto, perché altrimenti non potremmo che astenerci dal voto.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. All’onorevole Marinaro osservo, molto brevemente – perché la mia osservazione è il presupposto di quanto ha detto il Presidente dell’Assemblea – che noi abbiamo già votato dover essere la Sardegna costituita in Regione autonoma, le abbiamo conferito determinate competenze: esclusiva, integrativa etc. Tutto ciò impone dunque, anche la necessità di provvedimenti che ne stabiliscano e regolino le finanze.

L’onorevole Marinaro non è che intenda negare questa necessità; egli però vorrebbe accantonarne la pratica effettuazione, mediante una provvisoria gestione da parte dello Stato. Io mi permetto di osservargli che già questa materia è stata regolata in un altro statuto speciale che è già in applicazione e soggiungo che, in definitiva, ove venisse accolta la proposta dell’onorevole Marinaro, noi finiremmo col rimettere il funzionamento della Regione come ente autonomo, a un periodo di tempo che non sappiamo quale potrà essere.

Circa poi le incertezze dell’onorevole Condorelli, osservo che ieri, giustamente, abbiamo creduto di dover sospendere ogni nostra decisione, perché si procedesse ad una riunione presieduta dal Ministro del bilancio, che ci ponesse in condizioni di poter esaminare concretamente la questione. Ora, tutto questo è stato fatto ed io non comprendo quindi quando, secondo l’onorevole Condorelli, potrebbe sorgere la possibilità di una decisione.

CONDORELLI. Ma i dati dovremo pure conoscerli: siete d’accordo soltanto voialtri.

PRESIDENTE. Onorevole Condorelli, la prego.

MASTINO PIETRO. All’onorevole Condorelli che si sorprende che io sia d’avviso diverso dal suo, dirò che, se fossi stato del suo parere, avrei taciuto.

PRESIDENTE. Desidero osservare ancora all’onorevole Marinaro che abbiamo votato ieri un articolo 7, il quale mi pare debba considerarsi preclusivo, nei confronti della possibilità di accogliere il suo emendamento. Tale articolo 7 è infatti del seguente tenore: «La Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principî della solidarietà nazionale, nei modi stabiliti dagli articoli seguenti».

È accaduto ieri che alcuni colleghi, proprio perché avevano in animo di fare la stessa proposta che ha presentato ora lei, chiedessero la soppressione delle ultime parole: «nei modi stabiliti dagli articoli seguenti». Ma poiché questa proposta non è stata accettata e poiché inoltre sono stati votati anche gli articoli seguenti, è evidente che l’Assemblea ha con ciò – implicitamente, ma in modo molto chiaro – votato anche il modo come intendeva che questa finanza fosse amministrata.

Pertanto porre ora in votazione il suo emendamento, onorevole Marinaro, significherebbe annullare tutto quanto è stato votato ieri.

MARINARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINARO. Di fronte all’osservazione del signor Presidente, non insisto nel mio emendamento, però lo trasformo fin da questo momento in una proposta per una disposizione transitoria. E a questo sono indotto soprattutto perché le dichiarazioni fatte ieri sera in quest’Aula dall’onorevole Einaudi, che hanno posto un problema di gravità eccezionale e dimostrato effettivamente che la questione non è matura per una giusta soluzione, hanno commosso l’opinione pubblica (Commenti). Questa è la mia impressione. È necessario che si giunga alla definizione di questa materia a ragion veduta e dopo un approfondito esame. Ora, mentre non si nega la possibilità di un’immediata attuazione dello Statuto, l’Assemblea, a mio avviso, ha il dovere di trovare una soluzione transitoria che consenta di approfondire tutta la complessa materia che è sottoposta al nostro esame.

PRESIDENTE. Sta bene. Allora, quando avremo esaminato tutto il Titolo III, prenderemo in esame la proposta dell’onorevole Marinaro come disposizione transitoria.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Devo spiegare perché non sono d’accordo con l’onorevole Marinaro sulla proposta che è stata da lui formulata. Perché la proposta formulata dall’onorevole Marinaro consiste in ciò: che lo Stato dovrebbe far fronte con un proprio sussidio e contributo, a tutte le spese che sono state assegnate alla Regione.

Sono contrario a questo sistema anche in via transitoria, perché lo ritengo pericoloso. Sarebbe una continuazione del sistema infausto che si usa per le provincie e per i comuni, di sovvenire con un contributo statale ai loro bisogni eccedenti il provento delle imposte proprie. Il sistema ha incoraggiato la dissipazione, togliendo la responsabilità agli amministratori locali. Credo perciò che non si possa accettare l’emendamento, perché, anche in via transitoria, produrrebbe un effetto moralmente non buono.

E se questa mattina – e non ieri sera, perché ieri sera, di fronte al martellamento dell’amico onorevole Uberti, al quale rendo sotto questo aspetto, il massimo omaggio per aver saputo stancarmi (Commenti) di guisa che alle dieci e un quarto o alle dieci e mezzo me ne sono andato, privo di ogni volontà di resistenza – se questa mattina io posso non votare contro questo articolo 8 così come è stato modificato, ciò dipende esclusivamente dalla circostanza che all’articolo 56 vi è una disposizione per la quale io suppongo che vi sia già l’accordo per modificarla…

AMBROSINI, Relatore. L’accordo non c’è; è meglio essere chiari.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro del bilancio. …perché se così non fosse, non potrei essere d’accordo neppure con le proposte che sono state questa mattina presentate. La disposizione alla quale mi riferisco è quella del penultimo comma dell’articolo 56, il quale dice:

«Le disposizioni del Titolo III del presente Statuto possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta della Regione».

Condizione essenziale per l’accettazione della nuova formula dell’articolo 8 è che questo penultimo comma dell’articolo 56 sia votato in modo diverso da quanto è scritto nel testo. Il testo dice «su proposta della Regione». A parer mio, si dovrebbe dire invece «sentita la Regione», perché in questa maniera l’articolo 8 diventa, come chiede l’onorevole Marinaro, un articolo transitorio, il quale potrà essere modificato dopo l’esperienza che si sarà fatta dell’applicazione della legge.

Sono d’accordo con l’onorevole Condorelli nel suo desiderio di ottenere dei dati.

Purtroppo credo che questi dati non possono essere forniti, malgrado la fatica dell’amico Uberti, che anche a questo riguardo si è prodigato, rintracciando documenti finanziari che potessero stabilire le entrate e le spese della Sardegna.

Ma i dati, quali sono conosciuti, non pongono nessun fondamento per prevedere le spese e le entrate della Regione, e non potendo prevederle, è necessaria una disposizione come quella dell’articolo 56 che permette, con una legge ordinaria, e non con una legge costituzionale, di poter modificare il sistema che oggi si vorrebbe istituire. Il quale sistema, mi si permetta di dire a titolo puramente personale, dev’essere provvisorio, perché non risolve la questione fondamentale. Esso si ispira ad un concetto che è razionale, quello di iniziare la Regione su una base di sufficienza, di tentare che le Regioni inizino la loro vita con un sistema d’imposte sufficiente a pagare le spese.

Questo è certamente un ideale, ma esso dovrebbe essere contemperato con un precetto relativo alle finanze statali che vige già, perché è entrato in vigore il 1° gennaio con la nuova Costituzione. L’articolo 81 della Costituzione dice che ogni legge che importa nuove spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. Questo è un comandamento al quale non possiamo disubbidire, e quindi bisogna fare tutto il possibile perché le entrate e le spese dello Stato si equilibrino.

Quando leggo nell’articolo 8, così come è modificato, che si dà un quinto di un’imposta, i nove decimi di un’altra, un’altra quota di un’altra ancora, io mi chiedo come sia possibile ottemperare alla norma, obbligatoria per noi, che anche lo Stato abbia un bilancio in equilibrio.

Possiamo, data l’urgenza dell’ora e l’impossibilità di prorogare la discussione, anche approvare l’articolo 8. Ma condizione essenziale è che ci sia l’articolo 56 e che il suo ultimo comma abbia il tenore che ho detto: «sentita la Regione». In questo modo il Parlamento potrà tornare sul tema e, ottenuti i dati che oggi non possediamo, potrà rivedere la materia, senza ricorrere alla procedura straordinaria di una legge costituzionale.

L’articolo 56 così modificato e l’articolo 8 messi insieme sono concepibili; ma l’uno senza l’altro sono in contraddizione.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Come membro della Commissione, vorrei pregare i colleghi della Commissione e dell’Assemblea di accettare la proposta abbinata dell’onorevole Einaudi. Effettivamente, anche sostituendo alla formula «d’intesa», quella «sentita la Regione» non v’è nella realtà delle cose una così sostanziale differenza, ché nella discussione concreta la Regione ha modo di esporre le sue ragioni, di difendere le sue posizioni, e lo Stato, pur controbattendo i suoi punti di vista e salvaguardando le sue esigenze dovrà arrivare a riconoscere quanto v’è di sostanzialmente legittimo nelle richieste della Regione.

Se si mettesse «d’intesa», si darebbe un valore costituzionale alla norma, e sono d’accordo col Ministro Einaudi che non si può dare valore costituzionale ad una norma che ha bisogno di essere esperimentata, di essere vagliata alla luce delle risultanze concrete, di non essere, nello stesso interesse della Regione, cristallizzata.

La formula Einaudi non impedisce pertanto le nostre preoccupazioni fondamentali in materia, e cioè di realizzare ciò che è supremamente indispensabile: una finanza autonoma, da conquistare col metodo delle successive approssimazioni; di individuare concretamente i tributi che per la loro aderenza alla Regione e per la loro minore trasferibilità più convengono ad essa; di raggiungere con la riforma regionalistica per il Governo locale autonomo il massimo di responsabilità. Non vogliamo creare degli istituti autonomi, delle Regioni, che siano ogni giorno postulanti dello Stato, ma delle Regioni che effettivamente siano autonome, vivano da sé, con mezzi proprî, con senso di responsabilità da parte delle popolazioni, così da realizzare l’optimum della amministrazione e la massima economicità.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ambrosini ad esprimere il parere della Commissione.

AMBROSINI, Relatore. Io credo che – dal rapido scambio di idee avvenuto fra i membri della Commissione – non possa parlare come Relatore perché, a quanto sento, la grandissima maggioranza dei colleghi della Commissione accetta la proposta del Ministro del bilancio.

Con molto rammarico, dichiaro che non posso accettare questa proposta, malgrado l’incitamento che viene dall’egregio e caro amico onorevole Uberti.

Non posso accettarla, per una ragione di valutazione psicologica concernente la popolazione sarda, e (lo dico subito, perché bisogna parlare onestamente, senza giuocare a furberia e senza riserve mentali) anche perché la questione avrebbe un riflesso sullo Statuto siciliano.

Io capisco benissimo quello che l’illustre onorevole Einaudi ha detto: non si può dare alla sola Regione l’iniziativa. Questo l’abbiamo previsto per la Sicilia, in quanto l’iniziativa deve naturalmente darsi anche allo Stato. Sarebbe assurdo pensare diversamente.

Ma, data la particolare situazione psicologica delle Isole e date tutte le diffidenze che – non voglio dire se fondatamente o infondatamente – si vanno creando, adoperando le parole «sentita la Regione», si potrebbe credere che la Regione fosse esposta alla influenza maggiore (e taluno poi, speculando, potrebbe dire alla prepotenza) del Governo centrale; una tale formula non mi sembra in questo momento corrispondente alla felice soluzione di tutta questa questione.

Quindi io mi permetto di offrire questo suggerimento: che si sopprima «su proposta della Regione» ma si aggiunga: «di intesa con la Regione».

Io ritengo che questa intesa sicuramente si otterrà.

Pensi l’illustre onorevole Ministro del bilancio che, quando sarà passato il periodo delle elezioni, tutti, i gruppi e i singoli individui, valuteranno le cose con una calma maggiore.

La Sardegna ha il suo destino indissolubilmente legato, come la Sicilia, a quello di tutta l’Italia e di essa ha bisogno anche dal punto di vista economico. Non è da pensare quindi che potrà sabotare qualsiasi proposta che giudiziosamente viene fatta per arrivare ad una equa soluzione. L’importante è che in tutta questa materia non si parta da una diffidenza reciproca, dello Stato che teme che le Regioni vogliano strappare privilegi, e delle Regioni che, d’altra parte, per pregiudizio considerano il Governo centrale quasi come un nemico e quindi tentano con tutti i modi di strappare quanto più è possibile.

Credo che, quando ci sarà serenità per tutti, sarà possibile discutere di questo argomento come di un argomento che non sia di interesse dello Stato o di interesse della Regione da punti di vista contrapposti, ma di interesse assolutamente comune, perché l’interesse dello Stato è legato a quello della Regione e l’interesse della Regione è legato ancora maggiormente a quello dello Stato.

Quindi, anche se fossi solo nella Commissione (me ne dorrebbe moltissimo e prego i colleghi della Commissione di scusarmi), sarei costretto a distaccarmi dal loro parere ed a proporre per conto mio che quest’ultimo inciso dell’articolo 56 sia mutato nel senso che si dica: «d’intesa con la regione».

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Io dico inaccettabile la dizione proposta dall’onorevole Ambrosini «d’intesa con la regione» inquantoché queste parole finirebbero per dare all’articolo 56 un contenuto a cui l’articolo 56 ripugna. L’articolo 56 dice che le disposizioni del Titolo III del presente Statuto possono essere modificate con leggi ordinarie. Il dire «d’intesa con la regione», farebbe sì che il comma, invece di facilitare una riforma in un ordinamento tributario che oggi noi dobbiamo approvare in via transitoria, senza quasi sapere quali sono le condizioni nelle quali dovrà essere applicato, sia come entrate e sia come spese, la renderebbe assai aleatoria, in quanto l’espressione «d’intesa» presuppone che ci sia un accordo fra le due parti. Daremmo un valore alla disposizione che io non oso definire, perché non sono un giurista, ma che certamente, nonché attenuare aggraverebbe il significato di questa disposizione.

Si può accettare, come del resto ha già detto l’onorevole Ambrosini che, come l’iniziativa può venire dalla regione, essa possa venire anche dal Governo e quindi invece dell’espressione «sentita la Regione» si potrebbe adottare l’altra «su proposta del governo o della Regione». L’iniziativa potrebbe venire da ambedue le parti e quindi non sarà né il Governo né la regione a decidere, ma il Parlamento, il quale è espressione della volontà nazionale. Credo che questa formulazione sia l’estremo limite al quale si possa arrivare, per giungere ad un’approvazione che non sia un salto nel buio.

FABBRI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI, Relatore. Per conto della maggioranza della Commissione vorrei osservare che forse la questione ha in pratica minor importanza di quello che non appaia dalle parole, perché in sostanza con questo ordinamento i gettiti a favore della Regione constano di una parte rigida e di una mobile. Ora, mi pare che sia un concetto comune, tanto al Governo quanto alla Commissione, che la parte rigida è sostanzialmente insufficiente al fabbisogno della Regione, relativamente ai servizi indispensabili, tanto è vero che viene prevista tutta una serie, direi così, elastica, una quota che resta indeterminata e che deve essere oggetto delle discussioni e degli accordi da farsi annualmente fra il Governo e la Regione. Ora, se noi teniamo conto di questa circostanza, questa parte – diremo così – di natura contrattuale non ha bisogno di un ulteriore regolamento, perché il regolamento di carattere convenzionale e bilaterale c’è già.

Noi dobbiamo vedere solo quella che è la parte rigida; ma per questa vi è l’ammissione implicita che è insufficiente. D’altra parte, relativamente a questa quota assolutamente non flessibile, se lo Stato non è d’accordo, ha in definitiva l’ultima parola con lo strumento della legge di carattere costituzionale. Quindi, mi parrebbe che le espressioni che sono state adoperate nel disegno di legge, potrebbero essere soddisfacenti per i due punti di vista, senza introdurre delle modificazioni forse un po’affrettate, e sulle quali l’onorevole Ambrosini non consente, per preoccupazioni forse estranee al problema strettamente sardo di cui ci stiamo occupando. Io non credo di avere la necessità di fare delle dichiarazioni personali di principio, perché il mio orientamento è abbastanza noto. Ma, ormai che abbiamo deciso con delle irrevocabili deliberazioni di attuare questo sistema, bisogna che ne curiamo le conseguenze. Quindi, la Commissione sostanzialmente ritiene che le diciture attuali possano essere mantenute senza gravi inconvenienti di sorta.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di esprimere il suo parere.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Credo che bisogna essere molto chiari a questo riguardo. Il Ministro del bilancio ha posto nettamente una questione: bisogna che prendiamo una posizione netta, assumendo tutte le responsabilità. Egli dice che l’articolo 3, così come è stato concordato, si può adottare a condizione che non soltanto resti l’articolo 56, ma che l’articolo 56 sia ritoccato nel senso di dire che questa parte dello Statuto è suscettibile di essere modificata con legge ordinaria, sentita la Regione, o su proposta della Regione.

Riferendomi ad una frase detta incidentalmente dall’onorevole Einaudi, osservo anzitutto che è fuori dubbio che la modifica di questa parte dello Statuto con legge costituzionale si potrebbe sempre fare, qualunque cosa si dicesse nell’articolo 56, anche se per ipotesi vi si dicesse che la legge ordinaria esige il consenso dello Stato e della Regione. Quell’articolo, anche se fosse formulato in tal modo, importerebbe solo che, quando si sia intesa per lo Stato e la Regione la modifica delle norme dello Statuto relativo all’ordinamento tributario della Regione, può farsi con legge ordinaria dello Stato, ma esso non potrebbe essere mai inteso nel senso che resti preclusa la possibilità di modificare quella parte dello Statuto, come le altre, con legge costituzionale. Su ciò, ripeto, non vi può essere dubbio.

Senonché, vi è un altro problema che mi sono posto. Mi sono fatto questa domanda: è logico che nel testo di una legge costituzionale, quale quella che stiamo facendo, si inserisca una norma nella quale si prevede che qualche parte di questa legge costituzionale si possa modificare con un procedimento diverso da quello che è previsto per le leggi costituzionali? Problema delicato dal punto di vista costituzionale. Ora, ritengo che questa domanda debba essere risolta, in concreto, avuto riguardo ad una disposizione precisa della Costituzione, la quale dice all’articolo 119: «Le regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica». Si noti: stabilito da leggi della Repubblica, cioè da leggi ordinarie.

Per conseguenza, in realtà, quando noi facciamo il Titolo III, per questa parte, in relazione all’articolo 119, noi facciamo delle norme, che hanno un valore di legge ordinaria. Dal punto di vista costituzionale è perciò corretto prevedere che queste norme, pur essendo inserite nello Statuto, si possano modificare con legge ordinaria.

Per queste considerazioni di ordine giuridico ritengo che si possa aderire alla domanda del Ministro del bilancio che l’articolo 56 si mantenga con la modifica da lui suggerita, e cioè, che la legge ordinaria si possa fare, sentita la Regione.

AMBROSINI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMBROSINI, Relatore. Le considerazioni fatte dall’onorevole Perassi sono esattissime e posso sottoscriverle in pieno, per quanto si riferisce ad una valutazione giuridica della questione.

L’articolo 8, in effetti, crea un sistema quasi di legge ordinaria ed è connesso con l’articolo 56.

Ma è sull’ultima parte di quanto ha detto l’onorevole Perassi che non posso essere d’accordo.

Ritengo che alla stessa mia conclusione, forse per motivi diversi, è arrivato l’onorevole Fabbri, quando ha detto: manteniamo l’articolo 56 così com’è. Ed io dico all’Assemblea: manteniamo l’articolo 56 così com’è; ma nel caso che passi questo articolo con l’aggiunta proposta dall’onorevole Einaudi, io sarei obbligato a fare proposta formale che si aggiunga anche la clausola «di intesa con la Regione».

Né con questo – prego vivamente l’onorevole Einaudi di tenere presente questa mia ultima osservazione – né con questo si indebolisce lo Stato, né si trasforma questa norma dell’articolo 56 in una norma intangibile o modificabile soltanto con procedimento di revisione costituzionale; né, tanto meno, può essere assimilata ad una norma internazionale.

Ho capito quello che l’onorevole Einaudi ha pensato ma non ha detto: cioè, che questa norma potrebbe quasi, indirettamente, portare tutto l’edificio sul piano del sistema federale.

Io mi permetto di acchetare queste preoccupazioni con questa semplice osservazione: noi stiamo studiando una procedura eccezionale per modificare la norma dell’articolo 8, la quale essendo formalmente norma di una legge costituzionale, non potrebbe essere modificata se non con una nuova legge costituzionale.

Orbene noi prevediamo all’articolo 56, per facilitare la soluzione della questione, la possibilità di apportare un cambiamento con una diversa procedura ma, se questo cambiamento si apporta con una procedura che offre garanzie minori per la Regione (perché la legge ordinaria dà alla Regione garanzia minore rispetto alla legge costituzionale) allora è necessario che la legge ordinaria sia fondata sull’intesa con la Regione.

Né c’è nulla da temere. Credo che l’ipotesi non si verificherebbe, ma se ci trovassimo per caso di fronte alla cocciutaggine di una Regione, che, avvalendosi di questa norma, volesse mettere il potere centrale con le spalle al muro e creare una situazione di disagio, non soltanto nel campo economico e finanziario, ma anche in quello politico, l’organo supremo legislativo dello Stato si potrebbe avvalere del suo normale diritto ed apportare le modifiche col procedimento della revisione della legge costituzionale. Io credo quindi che gli inconvenienti – qualcuno ce n’è, ma, illustre onorevole Einaudi, ella sa meglio di me navigare fra gli scogli – io credo, ripeto, che gli inconvenienti si possano superare; e per ciò supplico l’Assemblea di procedere in modo da giungere alla riva, evitando qualsiasi disarmonia e disaccordo.

Io credo che con la proposta del Ministro del bilancio si darebbe adito a suscettibilità.

Credetemi, si tratta di suscettibilità, ma nella vita politica (me lo hanno insegnato i maggiori) le suscettibilità spesso soverchiano gli stessi interessi materiali, e poiché dobbiamo tener conto di queste suscettibilità, accettiamo la richiesta della Consulta sarda, e credo, dei deputati sardi.

Accettiamo l’emendamento giudizioso proposto dall’onorevole Einaudi, ma aggiungiamo quest’altra clausola: «di intesa con la Regione».

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Io voterò, con cuore tranquillo, la nuova formulazione concordata fra Governo e Commissione. Indubbiamente, non vi è nessuno di noi che non si rammarichi di dover risolvere un problema di tanta importanza nella strettoia di un tempo tanto limitato. Vi è un problema di tecnica ed un problema finanziario.

Il problema di tecnica, evidentemente, non ha ricevuto che una soluzione assolutamente provvisoria: non è con questo sistema che si può stabilire definitivamente l’organizzazione finanziaria della Regione. Su ben altre basi questa si dovrà fare e si farà certamente, e presto, con leggi ordinarie.

Vi è viceversa un problema finanziario, che ha destato in alcuni, forse in molti, la preoccupazione circa l’onere che può venire allo Stato dall’attuazione di questa formula concordata. Orbene, sotto questo aspetto, credo di poter dire una parola che valga a tranquillizzare l’Assemblea. Io ho esaminato i risultati dell’esercizio finanziario 1946-47 e rilevato i dati che riguardano la Sardegna.

La Sardegna ha avuto, in questo esercizio incassi di bilancio per 5 miliardi e 758 milioni. Se anche si dessero alla Sardegna quei nove decimi di tutte le entrate – di cui parla l’articolo concordato – si darebbe 5 miliardi di 183 milioni. Non si danno i nove decimi, perché, per quanto concerne l’imposta sull’entrata, sarà stabilita successivamente la quota da lasciare alla Regione. Ora, la differenza fra gli incassi di bilancio ed i pagamenti per la Sardegna, nello stesso esercizio, è stata di 5 miliardi e 75 milioni. In sostanza lo Stato verrà a dare, in base a quest’articolo concordato, nulla di più di quanto ha dato nell’esercizio scorso, tanto che io penso che sarà la stessa Regione a farsi parte diligente, perché questo metodo di organizzazione finanziaria venga mutato. Infatti è prevedibile che queste entrate, così come sono stabilite, non saranno sufficienti al funzionamento della Regione. Non andremo molto più in su, ma il metodo diverso dovrà supplire a questa lacuna; ciò che importa ora è che preoccupazione finanziaria per il bilancio dello Stato, non credo vi debba essere, perché lo Stato per ora non verrà a dare più di quello che ha dato nell’esercizio scorso sotto forma di integrazione del bilancio della Sardegna.

Per questo, ripeto, io che ieri avevo proposto un emendamento, nel senso di demandare ad una legge ordinaria l’ordinamento finanziario della Regione sarda, ho ritirato questo emendamento in seguito alla nuova formula proposta. Ritengo, per conto mio, che l’Assemblea possa votare tranquillamente questa formula, collegata evidentemente con l’emendamento dell’articolo 58, per quanto riguarda la potestà dello Stato di intervenire e suggerire modificazioni.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 8 nel nuovo testo della Commissione concordato col Ministro. L’onorevole Murgia ha proposto di sopprimere al quinto alinea le parole: «di cui all’articolo 6».

Onorevole Murgia, conserva l’emendamento?

MURGIA. Lo conservo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione i primi cinque alinea senza le parole: «di cui all’articolo 6».

«Le entrate della Regione sono costituite:

dai nove decimi del gettito delle imposte erariali sui terreni e sui fabbricati situati nel territorio della Regione e dell’imposta sui redditi agrari dei terreni situati nello stesso territorio;

dai nove decimi dell’imposta di ricchezza mobile riscossa nel territorio della Regione;

dai nove decimi del gettito delle tasse di bollo, sulla manomorta, in surrogazione del registro e del bollo, sulle concessioni governative e dell’imposta ipotecaria, dell’imposta di fabbricazione dei gas e dell’energia elettrica percette nel territorio della Regione;

dai nove decimi della quota fiscale della imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella Regione;

da una quota dell’imposta generale sull’entrata di competenza dello Stato, riscossa nella Regione, da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d’accordo fra lo Stato e la Regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere le funzioni normali della Regione».

(Sono approvati).

Passiamo ora alla votazione delle parole «di cui all’articolo 6», di cui l’onorevole Murgia propone la soppressione.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Insisto per la conservazione delle parole «di cui all’articolo 6», perché rileggendo il testo dell’articolo 6 si è rilevato che potrebbe nascere poi qualche dubbio, o almeno potrebbero sorgere questioni, che è inutile di far sorgere se ciò non è assolutamente indispensabile. L’articolo 6 dice:

«La Regione esercita le funzioni amministrative nelle materie nelle quali ha potestà legislativa a norma degli articoli 3 e 4, salvo quelle attribuite agli enti locali dalle leggi della Regione».

Nulla è detto per quanto si riferisce alle spese relative. L’indicazione «di cui all’articolo 6» ha per scopo di chiarire che si tratta di spese necessarie ad adempiere la funzione normale della Regione. Tutti i dubbi che sono nati nel proponente l’emendamento si riferiscono al secondo periodo, là dove è detto che «essa esercita altresì le funzioni amministrative che le siano delegate dallo Stato».

Siamo d’accordo tutti, ma è bene che sia detto che le spese relative alle funzioni amministrative assunte dalla Regione in virtù degli articoli 3 e 4 siano a carico della Regione. Nulla è detto per quello che si riferisce alle funzioni delegate dallo Stato, perché è implicito ed è evidente che la Regione accetterà solo quelle funzioni delegate dallo Stato, in seguito ad una convenzione stipulata con lo Stato, che stabilisca qualche cosa intorno all’onere di tali spese: nessuno può pensare che lo Stato possa attribuire alla Regione funzioni che la Regione non vuole e per le quali essa non ha i mezzi necessari a farvi fronte.

CHIEFFI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIEFFI. Dichiaro di votare per la soppressione del riferimento all’articolo 6, proprio per le parole pronunciate dall’onorevole vicepresidente del Consiglio, in quanto egli fa preciso riferimento alle funzioni che derivano alla Regione per l’articolo 3 e per l’articolo 4.

Ora, nell’articolo 3 è indicato l’esercizio del diritti erariali e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, ed il vicepresidente del Consiglio sa bene che, se noi dovessimo addossare alla Regione le spese di esercizio dell’attività mineraria della Regione stessa, verremmo con ciò a condannare questa attività. Non è chi non veda come ciò sarebbe veramente esiziale, soprattutto per le miniere del Sulcis, le quali, come tutti sappiamo, interessano non solo l’Isola, ma tutta la Nazione.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Io dichiaro che mi asterrò anche questa volta dal votare, come mi sono astenuto per le precedenti votazioni, perché, come ho precedentemente dichiarato, io non sono sufficientemente informato su ciò che è posto in discussione, talché mi trovo nell’impossibilità così di assentire come di dissentire.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione le parole del quinto alinea «di cui all’articolo 6».

(Dopo prova e controprova, non sono approvate).

L’onorevole Balduzzi ha proposto di sopprimere al settimo alinea le parole «e da altri tributi proprî».

Onorevole Balduzzi, mantiene l’emendamento?

BALDUZZI. Tenuto conto delle autorevoli dichiarazioni fatte dall’onorevole Vicepresidente del consiglio nel suo breve intervento, rinuncio a questo e ad ogni altro emendamento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la restante parte dell’articolo 8:

«dai canoni per le concessioni idroelettriche;

da contributi di miglioria ed a spese per opere determinate, da imposte e tasse sul turismo, e da altri tributi proprî, che la Regione ha facoltà di istituire con legge in armonia coi principî del sistema tributario dello Stato;

da redditi patrimoniali;

da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazioni fondiarie».

(È approvata).

Passiamo all’articolo 9. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«La Regione può affidare agli organi dello Stato l’accertamento e la riscossione dei propri tributi.

«Le operazioni di accertamento relative ai tributi erariali vengono effettuate con la collaborazione di rappresentanze locali».

PRESIDENTE. Non essendo stati presentati emendamenti lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 10. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Nell’accertamento dei redditi delle imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi».

PRESIDENTE. La Commissione, d’accordo col Ministro del bilancio, ha proposto la soppressione di questo articolo.

Gli onorevoli Murgia, Spano, Chieffi, Mannironi, Mastino Pietro hanno proposto il seguente emendamento sostitutivo:

«Lo Stato verserà alla Regione una quota dell’imposta di ricchezza mobile riscossa fuori della Regione sui redditi di imprese industriali e commerciali, che abbiano stabilimenti, impianti o esercizi nella stessa Regione. Tale quota sarà concordata fra lo Stato e la Regione».

FABBRI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI, Relatore. Ritengo che ci sia un motivo di preclusione, in quanto se questo emendamento fosse votato sarebbe stato perfettamente inutile aver variato il testo primitivo dell’articolo 8, che tendeva a mantenere alla Regione la quota del tributo di ricchezza mobile che fosse stato prodotto nella Regione. Si è creduto che questo sistema, per le ragioni tecniche esposte dall’onorevole Ministro del bilancio, non fosse accettabile, e quindi si è adoperata una formula forfettaria relativa all’imposta riscossa nella Regione, per la quale l’imposta di ricchezza mobile anche sui redditi che siano prodotti fuori della Sardegna da parte di un ente, il quale nella Sardegna abbia la sua sede e ivi paghi le imposte, viene ad essere attribuita alla Regione.

Considero questa deliberazione del tutto preclusiva della proposta attuale, che è la rivendicazione del sistema abolito.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Desidero giustificare il perché della nostra insistenza nel formulare quest’articolo, anche dopo l’approvazione dell’articolo 8. Basterà accennare a qualche caso, ad esempio, all’esercizio della Sita, che svolge in Sardegna una intensa attività ma non vi ha però il domicilio fiscale, e quindi non paga in Sardegna la ricchezza mobile.

Di fronte a questa ingiustizia noi formuliamo, col nuovo articolo, una richiesta per cui non passano alla Sardegna i nove decimi della ricchezza mobile prodotta nel territorio della Regione, ma passa una quota di quello che in materia fu riscosso.

L’onorevole Fabbri oppone una tesi di preclusione, dicendo che non è possibile votare una formulazione nuova, in quanto, sotto altra forma, si ristabilirebbe lo stesso concetto.

Questo però non è, poiché quanto noi proponiamo è praticamente possibile senza violare il concetto del domicilio fiscale.

L’eccezione fatta dall’onorevole Ministro Einaudi è stata, invece, questa: che, in pratica, non si può procedere all’accertamento, perché non è possibile farlo al centesimo, e perché si capovolgerebbe l’attuale sistema vigente in materia. Ma col nostro sistema si chiede soltanto che una quota dell’imposta, e precisamente quella che sarà concordata fra lo Stato e la Regione, in conseguenza di quella precisa valutazione che gli organi competenti crederanno di poter fare, quella passi alla Sardegna.

Non è che si ripetano i principî già inclusi nella prima parte dell’articolo 8, e si sostenga che i nove decimi del prodotto devono passare alla Regione. Se così fosse la preclusione sarebbe insuperabile. Non si chiede che passino alla Regione i nove decimi dell’imposta, basata sulla produzione, ma si chiede quella quota del riscosso – non del prodotto – fissata in base ad un accordo fra Stato e Regione.

Quindi noi abbiamo con questo articolo la possibilità di riparare ad una ingiustizia profonda, che non è l’ultimo motivo dei malumori dell’Isola, con un sistema basato su accordi fra il potere centrale e il potere regionale.

Quindi non vi è nessuna eccezione preclusiva, ma soltanto la possibilità di riparare ad un torto, di eliminare una ingiustizia, e noi invitiamo l’Assemblea a votare il nostro articolo.

SPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPANO. Vorrei fare osservare che la proposta contenuta nel nostro emendamento è estremamente moderata, perché essa non corrisponde – e devo anche confessare che non abbiamo trovato il modo di farla corrispondere – alle esigenze dell’economia della Sardegna.

L’esigenza nostra fondamentale è questa: poter fare una politica fiscale, determinare nel quadro della Regione una tale politica fiscale che costringa le aziende che hanno impianti a rinvestire i loro utili per le sviluppo economico della nostra Isola. Non abbiamo trovato effettivamente, nelle conversazioni fra parlamentari sardi, il modo di arrivare a una conclusione di questo genere. Si tratta tuttavia di abolire o di attenuare, come ha detto l’onorevole Mastino, questa enorme ingiustizia per la quale delle aziende che hanno impianti e stabilimenti in Sardegna pagano le imposte al di fuori della Regione.

Mi pare dunque che l’osservazione dell’onorevole Fabbri non sia pertinente. Si tratta di due questioni diverse. Vi sono imposte percepite nel quadro della Regione, vi sono imposte percepite per attività economiche esercitate dentro la Regione, ma al di fuori del quadro della Regione stessa. Quindi l’articolo 8 risolve il primo problema e non risolve il secondo.

Noi ripresentando l’articolo 10 in forma adatta – con l’accordo dei parlamentari sardi – abbiamo inteso risolvere questo secondo problema: cioè, fare in modo che la Sardegna si avvantaggi di una quota parte di imposta pagata fuori della Sardegna sull’attività economica che si svolge in Sardegna, nel caso di industrie che abbiano sede fiscale al di fuori dell’Isola.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Oltre alla ragione preclusiva addotta dall’onorevole Fabbri e oltre ai motivi di merito desunti dalle esigenze dell’unità economica nazionale, devo osservare che costituisce un assurdo giuridico il contemplare la possibilità che il reddito sia pertinente come titolarità ad un impianto o ad uno stabilimento il quale non costituisce se non un oggetto o uno dei beni pertinenti all’impresa, unico titolare soggetto nei cui confronti può far capo il reddito.

Quindi voterò contro l’emendamento, il quale avvalora quella frattura dell’unità statuale che intendo qui, come altrove, condannare.

MANNIRONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANNIRONI. Volevo fare rilevare all’Assemblea, in aggiunta a quello che hanno dichiarato i colleghi Mastino e Spano, che nello Statuto siciliano esiste un analogo articolo – l’articolo 37 – per il quale per le imprese industriali e commerciali che hanno la loro sede centrale fuori del territorio della Regione ma che in essa hanno stabilimenti o impianti, nell’accertamento dei redditi viene determinata la quota di reddito da attribuire allo stabilimento o all’impianto medesimi.

Questo articolo 37, che l’Assemblea esaminerà domani, dello Statuto siciliano prevede già tutta una ipotesi più grave e più complicata di quella che prospettiamo noi.

Noi abbiamo, in sostanza, premesso e ammesso che le industrie e le imprese che esercitano una attività produttiva in Sardegna siano tenute a corrispondere un’aliquota dei loro redditi di ricchezza mobile alla Regione; ma non chiediamo che la Regione provveda per suo conto a fare l’accertamento di tali redditi. Ci accontentiamo di chiedere e ottenere che lo Stato corrisponda alla Regione una aliquota dell’imposta realizzata: aliquota che si determinerà – ripeto – d’accordo, pro borio pacis, e che rappresenti il contributo di quelle imprese all’equilibrio delle entrate e delle spese della Regione. Se è ricchezza che si produce in Sardegna, pare troppo giusto che l’imposta relativa, almeno in parte, sia corrisposta nell’Isola: non fuori.

Ora io prego l’Assemblea di volere considerare questo: che per la Sicilia questo principio è stato già ammesso e domani l’Assemblea lo esaminerà. Non vorrei però che si usassero due pesi e due misure nel caso che la disposizione fosse approvata per la Sicilia e non per la Sardegna.

La Sardegna, per il suo bilancio autonomo, ha bisogno di entrate quanto e più della Sicilia. Ciò dico non per fare un torto alla Sicilia, ma perché mi sembra doveroso prospettare fin d’ora all’Assemblea la necessità politica di usare per le due Isole un criterio uniforme di autonomia.

PRESIDENTE. Ritengo che non sussista affatto una preclusione in merito alla proposta, la quale riguarda beni che sono fuori della regione, mentre la norma cui si è richiamato il Relatore riguarda beni nell’interno delle regioni.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Desidero far presente le ragioni per le quali: 1°) non si tratta di un problema di notevole importanza; 2°) il Governo ritiene che non possa essere risolto nel senso indicato dall’emendamento.

Che non sia un problema di notevole importanza credo che lo si possa dire, soprattutto se ricordiamo che esiste una legge approvata pochi mesi or sono, secondo cui in quei casi anomali in cui il domicilio fiscale si trovi nella zona di un ufficio distrettuale delle imposte nella cui circoscrizione non esistono stabilimenti principali o non esistono sedi della società, il contribuente deve essere tassato là dove ha lo stabilimento principale o là dove ha la sede amministrativa. Quindi io non vorrei che questo emendamento fosse la riesumazione di tutta una serie di osservazioni che furono fatte negli anni scorsi quando questa legge, che è stata emanata appunto per eliminare questi inconvenienti, ancora non esisteva. Perciò vorrei ricordare ai miei amici della Sardegna che esiste un rimedio sufficiente per poter riparare a questo inconveniente. Può darsi che esista ancora qualche caso in cui effettivamente non sia possibile tassare in Sardegna qualche società che ha la sede amministrativa fuori, ma io vorrei ricordare che effettivamente vi era a disposizione la scelta fra l’uno e l’altro dei due sistemi: o dare una partecipazione sui redditi prodotti nella circoscrizione territoriale o dare una partecipazione sui redditi riscossi nella circoscrizione territoriale. Per ragioni tecniche, che attengono alla semplificazione del sistema, si è ritenuto opportuno adottare la formula di partecipazione alle imposte riscosse nella Regione, in quanto se si adottasse l’altra formula, sarebbe necessario non soltanto provvedere a delle separazioni di imponibile che sono molto difficili, ma anche in relazione alla necessità di iscrivere in ruoli diversi l’unico imponibile.

Inoltre mi si consenta di tener presente che con la formula riscossione, può succedere a favore della Sardegna il fenomeno inverso. Io mi auguro che il Governo della Regione sarda sappia creare condizioni ambientali tali per cui diversi contribuenti sentano l’opportunità di andare a stabilire il domicilio fiscale in Sardegna. Può darsi che in relazione al reddito di categoria A, ed al reddito di categoria C 2, e forse anche in relazione al reddito di categoria B questo fenomeno possa verificarsi, ed allora ci troveremo davanti a questa situazione che, col criterio della riscossione, avremmo accordato il diritto a partecipare sopra redditi che non sono prodotti in Sardegna, ma che pagano l’imposta in Sardegna ed in relazione invece a questo emendamento accorderemmo il diritto di andare a riscuotere una partecipazione sopra redditi che pagano altrove. Evidentemente avremmo adottato un sistema non armonico che implica delle complicazioni e per questo vorrei pregare veramente i presentatori dell’emendamento di non insistere.

SPANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPANO. Mi pare che in questa discussione, che si svolge in termini puramente tecnici, si dimostra di voler ignorare un problema storico che pertanto esiste.

Onorevole Pella, noi sardi rivendichiamo dei torti che la Sardegna, storicamente, ha subito da parte di forze capitalistiche continentali. Non vi sono altre regioni che possano porre lo stesso problema nei confronti della Sardegna. Il Piemonte o la Lombardia non sono state sfruttate dal capitale sardo.

Io ammetto che per ragioni tecniche non sia possibile oggi stabilire qual è la quota parte di imposta che spetterebbe alla Sardegna prendendo in considerazione i beni prodotti in Sardegna. D’accordo su questo punto. Quindi nell’articolo 8 abbiamo stabilito di prendere come base di partenza non già l’attività economica in Sardegna ma le imposte riscosse in Sardegna. Perfettamente d’accordo. Questo riguarda una certa parte di attività economiche che hanno sede in Sardegna e che hanno sede fiscale in Sardegna. Restano altre numerose attività economiche che, pur svolgendosi in Sardegna, hanno sede fiscale fuori. È il caso di quasi tutte le miniere sarde che spesso costituiscono – me lo permetta l’onorevole Dominedò – non una parte di attività economica, ma tutta l’attività economica di quelle società. Vi sono parecchie società sarde, ed altre che sono collegate con altre società con diverse attività, è vero, ma che hanno una fisionomia bene individuabile. La sede fiscale è fuori, e le imposte sono riscosse fuori. Perché la nostra Regione deve rinunciare a percepire una imposta su queste attività che si svolgono in Sardegna? Per questo credo che la preclusiva non esista e che, essendosi giustamente stabilito per ragioni tecniche di devolvere alla nostra Regione una quota parte delle imposte percepite in Sardegna, deve rimanere salva l’altra parte di imposte che, pur essendo percepite fuori della Sardegna, riguardano ciononostante attività economiche che sono svolte in Sardegna.

Per questo insistiamo sull’emendamento firmato dall’onorevole Murgia, da me e da altri.

DOMINEDÒ. Ma le imposte si riscuotono in Sardegna se lo stabilimento principale è in Sardegna.

SPANO. Allora bisognerebbe che lo Stato potesse costringerle a spostare la loro sede fiscale in Sardegna.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Vorrei dire all’onorevole Spano che lo strumento legislativo esiste, verificandosi determinati presupposti di fatto. Se cioè in Sardegna vi è lo stabilimento principale o la sede amministrativa, esiste la possibilità di chiedere che domicilio fiscale sia considerata non la città dove è la sede legale, ma dove è lo stabilimento principale o la sede amministrativa.

Credo che, applicando questa disposizione, si riduca veramente ad una ristretta zona il complesso di quei casi. Ad ogni modo, desidero sottolineare che esiste veramente lo strumento per riparare, entro certi limiti, all’inconveniente.

MASTINO PIETRO. È uno strumento che ha bisogno di ipotesi di fatto, che fino ad ora o non esistono o non sono state riconosciute.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione. Poiché il nuovo testo della Commissione non contiene più la formulazione del primitivo articolo 10, la proposta degli onorevoli Mannironi, Spano, Mastino Pietro, Chieffi e Murgia si considera come articolo aggiuntivo.

Pongo in votazione l’emendamento Mannironi ed altri di cui è già stata data lettura.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Passiamo all’articolo 11. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La Regione, al fine di favorire lo sviluppo economico dell’Isola, può disporre, nei limiti della propria competenza tributaria, esenzioni e agevolazioni fiscali per nuove imprese».

PRESIDENTE. L’onorevole Mannironi propone di trasferire all’articolo 11, per connessione di materia, il quarto comma dell’articolo 13, sopprimendo le parole: «tecnicamente organizzali nell’Isola», cioè:

«Sono concessi, per un periodo di cinquant’anni, esenzioni ed agevolazioni fiscali ventennali per nuovi impianti industriali».

Pongo intanto in votazione l’articolo 11.

(È approvato).

L’onorevole Fabbri ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sulla proposta aggiuntiva Mannironi.

FABBRI, Relatore. La Commissione si oppone: il concetto non è nuovo, ma è ripreso in sostanza dalla stessa legislazione fiscale; per cui una agevolazione, nel senso di esonero, si concede precisamente per favorire il nuovo impianto, che deve avere determinate caratteristiche di organizzazione tecnica. Se si sopprime questo concetto, che è il presupposto dell’esonero, l’esonero non è più giustificato.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Mannironi se insiste nella sua proposta.

MANNIRONI. Non insisto anche per non dilungarci in discussioni che potrebbero intralciare il nostro lavoro.

PRESIDENTE. Sta bene.

BALDUZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BALDUZZI. Propongo che si sopprima tutto il quarto comma dell’articolo 13, in quando è già compreso nell’articolo 11.

FABBRI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI, Relatore. V’è un equivoco. L’articolo 11 si riferisce ai tributi di spettanza della Regione, mentre questo esonero ventennale per nuovi impianti tecnicamente organizzati si riferisce all’imposta di ricchezza mobile erariale. Non facciamo confusione fra le due cose.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. La recente legge sul Mezzogiorno, che si estende anche alla Sardegna, tratta ampiamente il problema delle esenzioni per le nuove attività industriali e per l’ampliamento di attività già esistenti.

A prescindere dalla durata, la portata delle agevolazioni contenute nella legge del Mezzogiorno è maggiore di quelle contemplate dall’articolo 13. Per queste considerazioni penso che si debba essere perplessi davanti ad enunciazioni di periodi cinquantennali, ventennali ecc.; la soluzione migliore consiste nella soppressione oltre che del quarto anche del terzo e quinto comma dell’articolo 13, perché superflui.

Che la portata delle agevolazioni contenute nella legge del Mezzogiorno sia maggiore, risulta da questo: che non solo è concessa esenzione dai tributi doganali e di ricchezza mobile, ma è concessa anche la riduzione alla metà della imposta sull’entrata.

PRESIDENTE. Sta bene. Comunque di ciò si tratterà in sede di esame dell’articolo 13.

Passiamo intanto all’articolo 12. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La Regione ha facoltà di emettere prestiti interni da essa esclusivamente garantiti, per provvedere ad investimenti in opere di carattere permanente, per una cifra annuale non superiore alle entrate ordinarie».

PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 13, Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato.

«Saranno istituiti nella Regione punti franchi.

«Sono esenti, per venti anni, da ogni dazio doganale le macchine, gli attrezzi di lavoro ed i materiali da costruzione destinati sul luogo alla produzione ed alla trasformazione dei prodotti agricoli della Regione ed al suo sviluppo industriale.

«Sono concessi, per un periodo di cinquant’anni, esenzioni ed agevolazioni fiscali ventennali per nuovi impianti industriali tecnicamente organizzati nell’Isola.

«Su richiesta della Regione potranno essere concesse esenzioni doganali per merci ritenute indispensabili al miglioramento igienico e sanitario dell’Isola».

MASTINO GESUMINO, Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO GESUMINO. Onorevole Presidente, desideravo osservare al Ministro delle finanze che il suo ragionamento è in gran parte esatto, ma parzialmente errato. È esatto che la legge 14 dicembre 1947, n. 1598, contiene agevolazioni maggiori di quelle contemplate dall’articolo 13 che noi ora discutiamo, ma ad ogni modo rimane come dato essenziale giuridico che le disposizioni della legge 14 dicembre 1947 rimangono ferme, anche dopo l’approvazione dell’articolo 13 del nostro statuto.

Vi è però una circostanza di fatto, sulla quale richiamo l’attenzione dell’onorevole Ministro delle finanze, questa: che il nostro articolo 13 contiene disposizioni che non sono contenute nel decreto 14 dicembre 1947. Questo è un fatto che ne rende indispensabile l’approvazione. Per esempio, il decreto più volte citato non contiene l’indicazione che è, invece, nell’articolo 13: «Sono esenti, per venti anni…». Pertanto il termine dell’articolo 13 dello statuto è maggiore di quello contenuto nel decreto citato. Inoltre è detto: «…le macchine, gli attrezzi di lavoro ed i materiali da costruzione destinati sul luogo alla produzione ed alla trasformazione dei prodotti agricoli della Regione ed al suo sviluppo industriale», dizione questa che non è contenuta nel decreto, in cui è contenuto il riferimento allo sviluppo industriale, ma non è indicato affatto l’estremo necessario per quanto ha rapporto con l’economia della Sardegna, e cioè quanto attiene alla produzione ed alla trasformazione dei prodotti agricoli della Regione.

Mi pare, poi, che l’onorevole Pella sorvoli molto elegantemente sul terzo comma, laddove è detto: «…per un periodo di cinquant’anni sono concessi ecc.». Egli ritiene, senza dare una motivazione, che questo termine non sia necessario; io, che vivo in Sardegna e che delle circostanze speciali nelle quali l’economia sarda si svolge ho una conoscenza molto più precisa ed esatta di quella che l’onorevole Pella non possa avere, so che il termine di cinquant’anni sarà utilissimo per la nostra Sardegna.

Perciò insisto perché l’articolo 13 sia votato. Naturalmente, dato che non si può negare che le disposizioni del decreto 14 dicembre 1947 abbiano autonomo vigore, esse saranno autonomamente osservate, qualunque sia il risultato della nostra votazione.

PRESIDENTE. L’onorevole Murgia ha presentato il seguente emendamento:

«Al terzo comma, dopo la parola: macchine, aggiungere: e i carburanti per esse necessari».

Ha facoltà di svolgerlo.

MURGIA. Il mio emendamento tiene conto del fatto che anche i carburanti vengono dall’estero, e, pertanto, un’agevolazione doganale sarebbe di grande ausilio all’economia dell’Isola.

PRESIDENTE. L’onorevole Pella ha facoltà di dichiarare se insiste nella proposta di soppressione del terzo, quarto e quinto comma.

PELLA, Ministro delle finanze. Sì, insisto.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.

MANNIRONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANNIRONI. Dichiaro che voterò contro la proposta del Ministro Pella per una ragione di cui egli particolarmente dovrebbe rendersi conto, perché, cioè, ammesso anche in ipotesi che tutte queste agevolazioni che sono previste nell’articolo 13 fossero anche contenute nel decreto del 14 dicembre 1947, il Ministro non può dimenticare che noi stiamo qui votando una legge di carattere costituzionale che deve quindi dare alla Sardegna le maggiori garanzie, a differenza di quelle che sono concesse invece con una legge ordinaria della Repubblica. Parlo di garanzie costituzionali in quanto amo e voglio credere che se tutte le disposizioni finanziarie di questo Statuto, secondo quanto è detto nel progetto, potranno essere modificate con legge ordinaria della Repubblica, debbano costituire non un atto unilaterale dello Stato, ma il punto di un’intesa tra lo Stato e la Regione. Se così non fosse, verrebbe meno totalmente ogni vera garanzia per la Regione e la sua autonomia resterebbe insidiata in partenza e alla radice.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. In seguito a questo scambio di vedute sull’articolo 13, poiché è stato fatto cenno al decreto legislativo del 14 dicembre 1947 ed è sorta la questione del come si coordinano queste due leggi, credo che sarebbe opportuno, in sede di coordinamento, fare un’eventuale riserva a questo riguardo e, ad esempio, dire: «senza pregiudizio delle concessioni derivanti da legge generale dello Stato». Così, se per ipotesi c’è qualche cosa che deriva dalla legge del 14 dicembre 1947 e che non deriva dall’articolo 13 dello statuto, la Sardegna non sarà privata del beneficio risultante da quella legge generale. Credo che il Ministro non abbia difficoltà al riguardo.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Volevo soltanto aggiungere alle osservazioni fatte dall’onorevole Pella un’altra relativa al quarto comma dell’articolo 13. A me pare che in lingua italiana questo comma significhi ben poco, o che abbia una portata di cui oggi non possiamo avere nessuna idea. Il comma dice che sono concessi, per un periodo di venti anni, esenzioni ed agevolazioni fiscali. Quali? Da quali imposte? E se non specifichiamo le imposte, che significato ha questo articolo se non l’arbitrio più assoluto?

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Una legge dello Stato dirà in che cosa consistono le esenzioni e le agevolazioni fiscali.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Se si dice allora che una legge dello Stato potrà concedere in avvenire esenzioni fiscali, non si dice nulla, perché la facoltà dello Stato di stabilire esenzioni mediante legge vi è sempre. Questo comma, così come è formulato, non dice nulla o è qualcosa di molto pericoloso, di cui ignoriamo il valore.

MASTINO PIETRO. Si stabilisce una norma generale in una forma positiva e non ipotetica.

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Ma è una norma generale che non dice nulla, è una norma generale che ci impegna per cinquant’anni e per scopi incerti che non sono dichiarati, perché non si sa quali siano le imposte per le quali è concessa l’esenzione. Se si vogliono dire cose senza senso, diciamole: in fondo non è proibito.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Onorevoli colleghi, la legge del 1947 cui ha fatto riferimento l’onorevole Ministro delle finanze non prevede l’esenzione per attrezzi di lavoro destinati alla trasformazione di prodotti agricoli della Regione, vale a dire non prevede una delle necessità più sentite nell’Isola. Io so – mi si consenta l’accenno – che nei lavori relativi alla preparazione dello statuto fummo tutti d’accordo su questa richiesta; io so del pari che è grande l’attesa della nostra Regione relativamente alla richiesta stessa: mi permetto quindi di dire che una ripulsa dell’Assemblea su ciò costituirebbe localmente un motivo di giusta e sentita protesta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo e il secondo comma dell’articolo 13, al quale non sono stati presentati emendamenti, e di cui do nuovamente lettura:

«Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato.

«Saranno istituiti nella Regione punti franchi».

(Sono approvati).

Pongo in votazione la proposta di soppressione del terzo comma, fatta dal Ministro delle finanze. Do nuovamente lettura del terzo comma:

«Sono esenti, per venti anni, da ogni dazio doganale le macchine, gli attrezzi da lavoro ed i materiali da costruzione destinati sul luogo alla produzione ed alla trasformazione dei prodotti agricoli della Regione ed al suo sviluppo industriale».

(Dopo prova e controprova, la proposta soppressiva non è approvata).

Onorevole Murgia, mantiene ella il suo emendamento aggiuntivo?

MURGIA. Lo ritiro.

PRESIDENTE. Il terzo comma rimane allora approvato nel testo della Commissione.

Passiamo al quarto comma:

«Sono concessi, per un periodo di cinquant’anni, esenzioni ed agevolazioni fiscali ventennali per nuovi impianti industriali tecnicamente organizzati nell’Isola».

Pongo in votazione la proposta soppressiva dell’onorevole Balduzzi, cui si è associato il Ministro delle finanze.

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Passiamo all’ultimo comma:

«Su richiesta della Regione potranno essere concesse esenzioni doganali per merci ritenute indispensabili al miglioramento igienico e sanitario dell’Isola».

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Avevo proposto la soppressione dei tre ultimi commi, soppressione globale per ragioni di armonia relativa all’articolo. Ma, siccome dalla votazione è risultato che resta in vita il terzo comma, ritiro la proposta di soppressione dell’ultimo comma che ha un contenuto quanto meno di principio.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’ultimo comma.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 14. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Lo Stato col concorso della Regione dispone un piano organico di opere pubbliche per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Mastino Gesumino, Murgia, Carboni Enrico, Chieffi, Spano, Mastino Pietro, Mannironi e Laconi hanno proposto la seguente formulazione sostitutiva:

«In affermazione del principio della solidarietà nazionale, consacrato nell’articolo 119 della Costituzione, lo Stato col concorso della Regione dispone e finanzia un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola».

L’onorevole Mastino Gesumino ha facoltà di svolgere questo emendamento.

MASTINO GESUMINO. Rinunzio a svolgerlo, riservandomi di rispondere alle eventuali obiezioni.

PRESIDENTE. Sta bene. La formulazione è d’altronde molto chiara. Qual è il pensiero della Commissione?

FABBRI, Relatore. È stato detto che non era abbastanza preciso il concetto delle esenzioni e delle agevolazioni fiscali per nuovi impianti industriali tecnicamente organizzati. Crediamo che la formulazione dell’articolo 13 fosse assai più prudente e conclusiva di quanto non sia quella ora proposta, che prevede l’onere dello Stato di «disporre e finanziare» un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola.

La Commissione si era accontentata di molto meno e credeva di aver detto qualcosa di tecnicamente preciso. Chi voleva impiantare un nuovo stabilimento nell’Isola poteva chiedere per un massimo di venti anni una riduzione dell’imposta di ricchezza mobile ed eventualmente dell’imposta di produzione, se, per esempio, avesse voluto impiantare una fabbrica di seta artificiale. Qui invece c’è il generico e l’indefinito, perché si parla di un piano organico finanziato dallo Stato per favorire la rinascita economica dell’Isola.

Data la deliberazione precedente dell’Assemblea, la Commissione ritiene di non poter aderire, nella sua maggioranza, a questa formulazione generica, di contenuto così indeterminato.

MASTINO GESUMINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO GESUMINO. Evidentemente non si è tenuta presente la premessa con la quale l’emendamento da me proposto ha inizio e virtualmente anche si conclude.

Questo emendamento è determinato da uno stato di necessità, perché l’Assemblea, in una delle affrettate votazioni di ieri sera, ha negato il suo consenso all’emendamento col quale proponevamo all’articolo 7 del nostro statuto l’esclusione dell’ultima frase: «nei modi stabiliti dagli articoli seguenti».

Come si ricorderà, nell’articolo 7 era contenuta una formulazione che riferiva genericamente ai principî di solidarietà nazionale la finanza regionale e il coordinamento con la finanza dello Stato. Se l’articolo 7 fosse rimasto fermo all’ultima parola «nazionale», e fosse stato escluso il finale «nei modi stabiliti dagli articoli seguenti», forse non avremmo sentito la necessità di proporre la nuova formulazione dell’articolo 14.

Ma, ristretto il significato della solidarietà nazionale alle formulazioni finanziarie degli articoli seguenti, necessariamente noi, senza accattonaggio alcuno (perché, se mi è permesso nuovamente di dirlo, lo stesso Presidente della Sottocommissione onorevole Perassi ha dichiarato fermamente ieri che l’unica Regione la quale aveva chiesto di esser messa in condizione di poter autonomamente provvedere a se stessa è stata la Sardegna), noi che facciamo e vogliamo far parte – e abbiamo tenuto a riaffermarlo con energia nelle premesse del nostro Statuto – della compagine nazionale, abbiamo diritto di far presente che una norma generale costituzionale afferma il dovere nazionale di provvedere nazionalmente alle deficienze delle singole Regioni. Credo che anche coloro che hanno con tanta parsimonia misurato le formule per l’autonomia sarda debbano riconoscere che almeno questo diritto generico deve essere affermato e riconosciuto alla Sardegna.

Quando diciamo che nell’ambito della solidarietà nazionale lo Stato predispone i piani per favorire la rinascita economica dell’Isola, praticamente noi deferiamo al Governo di questa nostra Italia la pratica attuazione del principio; e non mi pare ci sia proprio da dire, come dice l’onorevole Fabbri, che, essendo stato concesso con tanta larghezza alla Sardegna l’esonero da vari dazi doganali, i sardi non hanno più niente da chiedere. (Interruzione dell’onorevole Moro).

FABBRI, Relatore. Non ho detto questo!

MASTINO GESUMINO. Press’a poco un concetto analogo.

Ad ogni modo, dichiaro anche al protestante onorevole Moro (protestante solo quando protesta!) questo: che se l’Assemblea crede di dovere negare anche la partecipazione dello Stato alla rinascita della Sardegna attraverso la formula della solidarietà nazionale, la neghi pure. Certo si è che noi non chiediamo nulla di più di quello che a tutte le Regioni è stato promesso e che a tutte le Regioni deficitarie è dovuto. D’altra parte, ci siamo attenuti a una formulazione generica proprio perché non desideriamo chiedere, attraverso una formulazione precisa, precisi impegni.

Credo di avere esposto quali sono state le ragioni che hanno indotto la deputazione sarda, unanime e concorde, a chiedere che questo articolo rimanga nello statuto così come da noi formulato. Invitiamo l’Assemblea a decidere con coscienza e con senso di responsabilità.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Mi sembra che le argomentazioni opposte dall’onorevole Fabbri contengano una critica contro la reiezione del penultimo comma dell’articolo 13. Ma ciò non scalfisce il fondamento dell’articolo che noi abbiamo formulato e che presentiamo all’Assemblea.

Aggiungo che mi sorprende l’opposizione da parte dell’onorevole Fabbri, il quale fa parte della Commissione, in quanto l’articolo che noi proponiamo ripete in certo senso l’articolo 14 della stessa Commissione: il quale dispone che «lo Stato, col concorso della Regione, dispone un piano organico di opere pubbliche per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola».

Che cosa c’è di nuovo nell’articolo ora proposto? Che, mentre l’articolo 14 precisa e in certo senso limita l’intervento dello Stato ad un piano organico nel solo campo delle opere pubbliche, secondo la nuova formulazione questa limitazione non c’è. Si tratta di un piano per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola. Vale a dire, il nostro nuovo articolo è diretto a far sì che, se in seguito lo Stato e la Regione riterranno che la rinascita economica e sociale dell’Isola debba consistere – anziché nell’esecuzione di un piano organico di opere pubbliche – in interventi in altro campo, questi interventi possano essere attuati senza trovare ostacoli nella formulazione dell’articolo 14.

Quindi, l’intendimento con cui abbiamo formulato il nuovo articolo è in perfetta rispondenza con quello con cui la Commissione ha presentato all’Assemblea l’articolo 14.

Osservo che, d’altra parte, quando si chiede che l’Assemblea consenta allo Stato d’intervenire per la rinascita economica e sociale della Sardegna, se è vero, come tutti affermate che riconoscete, che noi tendiamo non ad un’affermazione di separatismo sibbene a riaffermare l’unione dell’Isola all’Italia, dovete essere voi i primi a riconoscere che un programma diretto alla rinascita dell’Isola è un programma che giova a tutta la Nazione.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. Credo che si potrebbe trovare una formula conciliativa, soprattutto se noi traduciamo in disposizione ciò che ha detto molto bene da ultimo l’onorevole Mastino. In sostanza egli ha detto: che cosa c’è di nuovo nella formulazione proposta rispetto a quella del progetto della Commissione? Anziché parlare di un piano di opere pubbliche parliamo di un piano per la rinascita. Non so se sia proprio esatto che c’è solo questa differenza, ma comunque, se così è, la Commissione non ha nulla in contrario a che nell’articolo 14, come è stato proposto da essa, si tolgano le parole «di opere pubbliche» e cioè si dica «piano organico per la rinascita dell’Isola».

PRESIDENTE. Cosa pensano di questa proposta i presentatori dell’emendamento?

MURGIA. A nome anche degli altri firmatari, accetto la formulazione dell’onorevole Perassi e ritiro l’emendamento sostitutivo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 14 nel testo seguente:

«Lo Stato col concorso della Regione dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 15. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La Regione, nell’ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato e su quelli demaniali, escluso il demanio marittimo.

«I beni e diritti connessi a servizi di competenza statale ed a monopoli fiscali restano allo Stato, finché duri tale condizione.

«I beni immobili situati nella Regione, che non sono di proprietà di alcuno, spettano al patrimonio della Regione».

PRESIDENTE. I Ministri Einaudi e Pella propongono di aggiungere al primo comma, dopo le parole «beni e diritti patrimoniali», le altre: «di natura immobiliare».

PERASSI, Presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali. La Commissione è d’accordo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo con l’emendamento aggiuntivo Einaudi-Pella:

«La regione, nell’ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali di natura immobiliare dello Stato e su quelli demaniali, escluso il demanio marittimo».

(È approvato).

Pongo in votazione i due commi successivi di cui ho dato testé lettura e ai quali non sono stati presentati emendamenti.

(Sono approvati).

Dobbiamo esaminare il quarto comma dell’articolo 56, di cui già si iniziò l’esame in sede di discussione dell’articolo 8. Il testo è il seguente:

«Le disposizioni del Titolo III del presente statuto possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta della Regione».

Vi sono due emendamenti. Il Relatore onorevole Ambrosini propone di sostituire le ultime parole con le seguenti: «di intesa con la Regione»; mentre il Ministro Einaudi propone le seguenti altre: «in ogni caso sentita la Regione», oppure «su proposta del Governo o della Regione». Quale di queste due sue formulazioni mantiene, onorevole Einaudi?

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. La seconda: «su proposta del Governo o della Regione».

AMBROSINI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMBROSINI, Relatore. La Commissione è divisa. L’espressione «d’intesa» è, siccome dissi avanti, opportuna per sopire le diffidenze isolane. Secondo il progetto l’iniziativa doveva spettare soltanto alla Regione; le dichiarazioni dell’onorevole Einaudi ci hanno però convinti della opportunità di concedere al Governo centrale l’iniziativa per la revisione del Titolo III con il procedimento della legge ordinaria. Per evitare che la Regione possa avere preoccupazioni in proposito, ritengo assolutamente opportuno che si aggiunga: «d’intesa con la Regione».

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Voto per la proposta formulata dall’onorevole Ambrosini, poiché non intendo la possibilità di vita dello statuto sardo se questo non ha, come presupposto fondamentale, una sistemazione d’indole finanziaria. E poiché, in base all’articolo alla cui votazione stiamo procedendo, la materia finanziaria che riguarda la Regione può essere modificata senza necessità di seguire le forme stabilite per le riforme costituzionali, non è giusto che la Sardegna possa vedere modificate le disposizioni di cui al Titolo III, cioè quelle d’indole finanziaria, senza che ciò avvenga col suo accordo.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Propongo, per salvaguardare in parte gli interessi della Sardegna, che la proposta Einaudi venga così modificata: «Su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione».

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Accetto la proposta Uberti, nel senso che il Governo può, come la Regione, fare la proposta, ma che deve agire d’intesa con la Regione.

PRESIDENTE. E lei, onorevole Einaudi?

EINAUDI, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio. Accetto.

PRESIDENTE. E lei, onorevole Ambrosini?

AMBROSINI, Relatore. Insisto sulla formula: «d’intesa con la Regione».

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Non tutti possono essere sodisfatti di questa modificazione. «Sentita» non ha nessun significato. L’onorevole Uberti non ha scoperto l’uovo di Colombo. Altra cosa è parlare di una intesa fra Stato e Regione, in cui il parere della Regione è vincolante in qualche misura per il Governo, altra cosa è dire che la Regione deve essere sentita. Noi respingiamo questa proposta e chiediamo che venga messa in votazione anche la proposta dalla quale si è partiti.

Abbiamo stabilito una procedura per la modificazione dello statuto, che è legge costituzionale; abbiamo stabilito una procedura normale che figura in un determinato articolo. A questo punto stiamo per stabilire una procedura eccezionale che può essere adottata soltanto in determinati casi, cioè quando vi sia l’accordo delle parti. Non è possibile che sia consentita l’eccezione, in violazione di tutte le garanzie stabilite sia per lo Stato che per la Regione, senza l’accordo dei due interessati. Ciò significherebbe ammettere la violazione della parte centrale dello statuto, quella concernente l’economia e la finanza, ad unico vantaggio dello Stato, senza nessuna garanzia per la Regione.

Una decisione di questo genere da parte dell’Assemblea equivale a togliere a questo statuto qualsiasi carattere costituzionale.

Prego, pertanto, l’Assemblea di considerare con maggiore attenzione i motivi che militano in favore della nostra tesi.

PRESIDENTE. Pongo anzitutto in votazione la prima parte del quarto comma dell’articolo 56 sulla quale non vi è contestazione alcuna:

«Le disposizioni del Titolo III del presente Statuto possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione».

(È approvata).

Ed ora vi sono le due formule conclusive: «in ogni caso sentita la Regione», proposta dal Ministro Einaudi; «d’intesa con la Regione», proposta dall’onorevole Ambrosini.

Pongo per prima in votazione la formulazione conclusiva: «In ogni caso sentita la Regione», proposta dall’onorevole Einaudi.

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Poiché l’onorevole Marinaro non è presente, si intende che abbia rinunciato alla proposta di trasformare in norma transitoria l’emendamento da lui a suo tempo presentato e all’emendamento stesso.

Passiamo all’ultimo articolo, il 60. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione, avvertendo che non vi sono stati presentati emendamenti.

(È approvato).

Il disegno di legge sarà poi votato nel suo complesso a scrutinio segreto.

Presentazione di relazioni.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere. Mi onoro di presentare le relazioni sulle domande di autorizzazione a procedere in giudizio

contro il deputato Giannini per il reato di cui all’articolo 595, comma terzo, del Codice penale (diffamazione a mezzo della stampa). (Doc. I, n. 21);

contro il deputato Tonetti, per il reato di cui all’articolo 342 dello stesso Codice (offesa al prestigio di un Corpo amministrativo). (Doc. I, n. 55).

PRESIDENTE. Queste relazioni saranno stampate e distribuite.

La seduta termina alle 14.