Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI LUNEDÌ 26 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLXIV.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI LUNEDÌ 26 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica (61).

Presidente

Mortati, Relatore per la minoranza

Micheli, Presidente della Commissione

Scelba, Ministro dell’interno

Bosco Lucarelli

Martino Gaetano

Morelli Renato

Gullo Rocco

Laconi

Candela

Lucifero

Schiavetti

Dossetti

Gullo Fausto, Relatore per la maggioranza

Mastino Pietro

Bellavista

Persico

La seduta comincia alle 10.10.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).

Dobbiamo esaminare l’articolo 20 nel testo governativo, che è del seguente tenore:

«L’ufficio elettorale regionale, costituito presso la Corte di appello od il tribunale a termini dell’articolo 8, appena in possesso dei verbali o delle comunicazioni di avvenuta proclamazione trasmessi da tutti gli uffici elettorali circoscrizionali, procede, con l’assistenza del cancelliere ed alla presenza dei rappresentanti dei gruppi dei candidati, alle seguenti operazioni:

1°) effettua la somma dei voti validi attribuiti a tutti i candidati nei collegi in cui non è avvenuta la proclamazione;

2°) divide tale somma per il numero dei predetti collegi più uno e stabilisce il quoziente regionale;

3°) effettua la somma dei voti validi attribuiti a ciascun gruppo dei candidati collegatisi e la divide per il quoziente regionale: il risultato della divisione, esclusa l’eventuale frazione decimale, rappresenta il numero dei seggi da attribuire al gruppo dei candidati.

«Qualora rimangano dei seggi vacanti essi sono attribuiti ai gruppi di candidati collegatisi per i quali la divisione avrà dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, al gruppo che, nell’insieme dei collegi, ha avuto maggiori voti validi.

«Se con il quoziente regionale, calcolato come sopra, il numero dei seggi da attribuire ai vari gruppi supera quello dei seggi della Regione nei quali non è avvenuta la proclamazione, le operazioni si ripetono con un nuovo quoziente ottenuto diminuendo di una unità il divisore;

4°) stabilisce la graduatoria dei candidati presentatisi nei collegi in cui non è avvenuta la proclamazione, in base ai voti validi loro attribuiti e nell’ambito di ciascun gruppo;

5°) proclama quindi eletti, in corrispondenza dei seggi attribuiti a ciascun gruppo, candidati del gruppo stesso che, secondo la graduatoria di cui al numero precedente, hanno avuto il maggior numero di voti validi; dà notizia della proclamazione alla segreteria del Senato ed alle prefetture della Regione perché, a mezzo dei sindaci, ne rendano edotti gli elettori, e rilascia attestazione ai senatori proclamati.

«Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti esuberanti sono attribuiti agli altri gruppi secondo l’ordine decrescente dei resti.

«Se soltanto in un collegio non abbia avuto luogo la proclamazione a termini dell’articolo 18, il Presidente dell’ufficio elettorale regionale proclama eletto il candidato che in detto collegio ha avuto il maggior numero di voti validi e, in caso di parità di voti validi, il più anziano di età».

L’onorevole Mortati ha proposto il seguente nuovo testo, a partire dall’alinea 1°):

«…..

1°) effettua la somma dei voti validi attribuiti a tutti i candidati non proclamati eletti;

2°) divide tale somma per il numero dei collegi nei quali non è avvenuta la proclamazione «più due», se tale numero è inferiore ad otto, «più tre» se è inferiore a quattordici e «più quattro» se è di quattordici o più, e stabilisce il quoziente regionale;

3°) effettua la somma dei voti validi attribuiti a ciascun gruppo di candidati e divide tale somma per il quoziente regionale; il risultato della divisione, esclusa l’eventuale frazione decimale, rappresenta il numero dei seggi da attribuire a ciascun gruppo.

«Qualora rimangano dei seggi vacanti, essi sono attribuiti ai gruppi per i quali la divisione avrà dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, al gruppo che ha avuto maggiori voti validi.

«Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, non compresi coloro che siano stati già proclamati eletti in base all’articolo 18, i posti esuberanti sono distribuiti fra gli altri gruppi in ragione di uno per gruppo, secondo l’ordine decrescente dei voti validi riportati.

«Se con il quoziente regionale, calcolato come sopra, il numero complessivo dei seggi da attribuire ai varî gruppi supera quello dei collegi della regione, nei quali non è avvenuta la proclamazione, le operazioni si ripetono con un nuovo quoziente regionale ottenuto diminuendo di uno il divisore;

4°) stabilisce la graduatoria di gruppo dei singoli candidati che non siano stati proclamati eletti in base alla cifra individuali relativa. Tale cifra è determinata moltiplicando per cento il numero dei voti validi riportati da ciascun candidato nei collegi in cui si è presentato e dividendo il prodotto per il numero degli elettori iscritti nel collegio stesso. Nel caso di candidature plurime, agli effetti della graduatoria di gruppo, si tiene conto del collegio dove il candidato ha riportato la maggiore cifra individuale relativa;

5°) proclama, quindi, eletti, in corrispondenza dei seggi attribuiti a ciascun gruppo, i candidati del gruppo stesso che, secondo la graduatoria di cui al numero precedente, hanno avuto la maggiore cifra individuale relativa; dà notizia ecc.

«Penultimo comma: Soppresso».

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgere l’emendamento.

MORTATI, Relatore per la minoranza. I punti che mi pare opportuno illustrare sono i seguenti.

Per quanto riguarda il primo comma c’è una proposta che io, pur senza insistervi troppo, sottopongo all’Assemblea, rimettendomi alla sua decisione. Nel primo comma, infatti, si afferma, in contrasto con la proposta del progetto governativo, che si utilizzano anche i voti non attribuiti nel primo scrutinio, nel senso che, se vi sono candidati nel collegio nel quale è stato proclamato un eletto col 65 per cento dei voti, i voti non attribuiti vengono utilizzati nello scrutinio a base proporzionale. Nella proposta, l’utilizzazione dei voti è limitata a quelli dei candidati non proclamati, ma è evidente che, se si ammette il principio, è opportuno procedere al computo anche dei voti ottenuti da coloro che sono stati proclamati, in eccedenza al 65 per cento.

Ma, ripeto, su questo punto non insisto: mi rimetto all’Assemblea, anche perché, a quanto so, la Commissione, nella sua maggioranza, è di parere contrario. Per quanto riguarda il numero 2, in esso è proposto il collocamento dei seggi residuati all’assegnazione col primo scrutinio con il metodo del quoziente depresso, conosciuto con il nome di metodo Hagenbach-Bischoff e, data la notevole differenza di composizione demografica dei collegi, è sembrato opportuno graduare la diminuzione del quoziente secondo l’ampiezza dei collegi. È per questo che ho proposto di aumentare di due il numero dei seggi per i collegi inferiori ad otto seggi; a tre, se inferiore a quattordici; a quattro, se più di quattordici. Il progetto governativo aumentava invece di uno, in ogni caso, il numero dei seggi, con il risultato di aumentare notevolmente le assegnazioni sulla base dei più alti resti, cioè secondo un criterio di carattere puramente fortuito.

Un punto sul quale richiamo l’attenzione è quello relativo alla determinazione proporzionale dei voti riportati dai candidati. Ciò è un esigenza determinata dal fatto della sperequazione demografica dei vari collegi, che pone in una situazione di inferiorità i candidati dei collegi più piccoli. Per la rimanente parte dell’articolo non mi pare vi sia nulla di rilevante da osservare.

Se occorressero altri chiarimenti, li darò durante la discussione.

PRESIDENTE. Chiedo il parere della Commissione sull’emendamento Mortati.

MICHELI, Presidente della Commissione. Salvo che per il n. 1), la Commissione esprime parere favorevole all’accettazione dell’emendamento Mortati.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’Interno ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Sono d’accordo col Presidente della Commissione in ordine all’emendamento Mortati.

Io insisterei sul progetto governativo, per quanto riguarda il numero 1), perché l’emendamento Mortati su questo punto è in certo senso irrazionale e potrebbe avere conseguenze aberranti, a meno che non venisse completato nel senso che tutti i voti, sia di quelli proclamati a maggioranza sia di quelli non proclamati, vengano calcolati nelle liste collegate.

Accetto tutte le altre modifiche apportate dall’emendamento Mortati.

PRESIDENTE. L’onorevole Bosco Lucarelli ha proposto il seguente emendamento:

«All’alinea quarto, aggiungere:

«In caso di parità di voti è graduato primo il più anziano di età».

Ha facoltà di svolgerlo.

BOSCO LUCARELLI. Il mio emendamento non ha bisogno di chiarimenti; esso fa una ipotesi, che forse nel caso pratico non si verificherà; ma potendosi verificare, è bene prevederla. Nel caso che due candidati abbiano riportato un uguale numero di voti, bisogna determinare chi avrà la precedenza in graduatoria. Il mio emendamento, colmando una lacuna del progetto, stabilisce che la precedenza è determinata dalla maggiore età.

PRESIDENTE. L’onorevole Martino Gaetano ha proposto il seguente emendamento al testo dell’onorevole Mortati:

«Al numero 4°) sopprimere le parole da: Tale cifra è determinata sino a: elettori iscritti nel collegio stesso».

Ha facoltà di svolgerlo.

MARTINO GAETANO. Credo che questa legge, che noi stiamo elaborando, si segnali per una evidente coerenza delle varie norme, che sono state via via approvate. Tale coerenza io la vedo nella assoluta mancanza di logica in tutte le disposizioni particolari finora discusse ed approvate.

Noi abbiamo stabilito, per esempio, che abbia luogo l’elezione a collegio uninominale solo nel primo scrutinio. Ebbene, che io sappia, nel collegio uninominale viene eletto colui che ha la maggioranza dei voti: o la maggioranza assoluta o la relativa o qualcosa che stia di mezzo fra la maggioranza assoluta e relativa, cioè un quorum stabilito per legge. Ebbene, secondo questa legge, nemmeno chi ha la maggioranza assoluta viene eletto. Il quorum rappresenta – e credo che questo sia universalmente riconosciuto – appunto una quota della maggioranza assoluta, rappresenta cioè qualche cosa che è al disopra della maggioranza relativa ed al disotto della assoluta. Ebbene, nel nostro progetto, il quorum si trasforma addirittura in una maggioranza qualificata, anzi in una maggioranza altamente qualificata, e cioè oltre i due terzi del numero dei voti validi.

Altro esempio: il collegamento fra i candidati, che era obbligatorio, a norma del progetto ministeriale, è stato reso facoltativo con la modifica apportata dalla Commissione.

MORTATI, Relatore per la minoranza. Non è esatto; è stato mantenuto il collegamento obbligatorio.

MARTINO GAETANO. Allora rinunzio a questo esempio e passo ad un altro.

È permesso presentarsi in tre collegi nella stessa regione. Erroneamente si parla di «collegi», perché il collegio in realtà è unico, il collegio è la regione. Diciamo dunque più esattamente: tre circoscrizioni. Ma i voti riportati dal candidato nei tre collegi possono essere tutti da lui utilizzati al fine della determinazione del voto personale e quindi della comparazione tra i candidati di una stessa lista? Non pare. È permesso presentarsi in tre collegi, ma poi non è permesso utilizzare i voti riportati nei tre collegi della regione. C’è un ostacolo, forse, che verrà presumibilmente prospettato quando si discuterà un apposito emendamento presentato dall’onorevole Morelli e da me. L’ostacolo è questo: che le condizioni non sono uniformi per tutti i candidati di una stessa lista, perché chi si è presentato in tre collegi, anziché in uno, verrà a trovarsi in condizioni di vantaggio rispetto a chi si è presentato in un solo collegio. Ma allora, perché proibire, ad esempio, che due candidature da uno stesso soggetto vengano presentate in due regioni diverse? Quell’ostacolo non ci sarebbe nel caso in ispecie, cioè per la presentazione della propria candidatura in due collegi di due diverse regioni. Ebbene, l’emendamento Scelba, da noi già approvato, vieta la presentazione di due candidature da parte di uno stesso individuo in due diverse regioni, mentre consente la presentazione di più candidature nella stessa regione, dove questa presentazione non ha nessun valore pratico, dato che i voti non possono essere sommati.

Altro esempio: i voti vengono utilizzati nell’ambito regionale, ma chi vota in una circoscrizione non può votare per gli altri candidati della regione che non siano candidati di quella circoscrizione. Questo è un assurdo evidente: deve essere necessariamente, con ogni sistema elettorale, consentito all’elettore di eseguire la scelta fra tutti i candidati del collegio. Ora, se il collegio è la regione, come si può ammettere questo assurdo, che l’elettore non possa votare per un candidato, per uno qualsiasi, per una lista di candidati, se volete, della stessa regione, cioè dello stesso collegio?

Altra assurdità: noi abbiamo stabilito che, qualora al primo scrutinio nessuno raggiunga il sessantacinque per cento dei voti, si procede col sistema proporzionale. Orbene, noi abbiamo il caso del Molise, dove esistono due soli collegi. Ammettete per ipotesi che in uno dei collegi venga da un candidato raggiunto il sessantacinque per cento dei voti e spiegatemi voi come si applicherà il principio della proporzionale…

MORTATI, Relatore per la minoranza. Il caso è previsto nell’ultimo comma dell’articolo 20.

MARTINO GAETANO. È prevista la maggioranza relativa, cioè per questo caso specifico del Molise è tradito il principio stesso al quale si informa tutto il progetto che stiamo discutendo.

Una voce al centro. C’è anche l’eccezione per la Val d’Aosta.

MARTINO GAETANO. Sì, c’è anche l’eccezione della Val d’Aosta. Evidentemente questo è un sistema che non può essere applicato in modo uniforme in tutto il Paese.

Queste premesse servono a dimostrare che una coerenza c’è, nella mancanza di logica di tutte le disposizioni da noi adottate, e quindi io trovo perfettamente giusto che le parole di cui chiedo la soppressione siano inserite nell’emendamento dell’onorevole Mortati. Che cosa dice esattamente al comma quarto l’emendamento Mortati? «Tale cifra è determinata moltiplicando per cento il numero dei voti validi riportati da ciascun candidato nei collegi in cui si è presentato e dividendo il prodotto per il numero degli elettori iscritti nel collegio stesso».

Evidentemente, non è sfuggito all’acume dell’onorevole Mortati il fatto elementare e fondamentale che, col sistema che noi abbiamo escogitato, si viene ad eseguire una comparazione, nell’ambito regionale, fra elementi disparati. Ad evitare questo viene suggerito il suddetto artificio matematico. Si vuole, in altri termini, eliminare l’intervento di fattori estrinseci. È evidente che, per esempio, con la legge per l’elezione dei deputati alla Camera, noi abbiamo la comparazione fra i candidati di una stessa lista in condizioni uniformi. Questi candidati hanno riportato i loro voti tutti nella stessa circoscrizione. Nel caso, invece, dell’elezione del Senato, i fattori estrinseci non sono uniformi, e noi non possiamo eseguire la comparazione tra elementi disparati. Se, per esempio, l’onorevole Medi avrà riportato i suoi voti nella circoscrizione di Palermo e l’onorevole Martino li avrà riportati invece nella circoscrizione di Messina, si hanno evidentemente due condizioni diverse. Innanzi tutto per numero di elettori, e cioè per numero di votanti; poi anche per altri fattori, non previsti dalla formula matematica escogitata dall’onorevole Mortati. Se noi vogliamo effettivamente, con un mezzo matematico, eliminare questi fattori estrinseci, i quali non consentono logicamente la comparazione fra elementi disparati, noi non possiamo trascurare tutte quelle altre cause estrinseche che turbano, che impediscono la comparazione fra elementi disparati.

Quali sono queste altre cause? In primo luogo, il numero dei votanti in relazione al numero degli inscritti. Infatti la percentuale delle astensioni può essere diversa, per svariate ragioni, fra una circoscrizione e l’altra.

Ma c’è un altro fattore, che ha la sua importanza, e che deve essere esaminato, se noi vogliamo correggere questa incongruenza della legge. Questo altro fattore è il numero dei candidati. Se in una circoscrizione i candidati sono pochi ed in un’altra invece sono molti, evidentemente la condizione non è uniforme e la comparazione non è possibile: infatti, quando i candidati sono molti la dispersione dei voti è maggiore e quando essi sono pochi la concentrazione dei voti è maggiore.

Io credo che sia inutile ricorrere a formule matematiche, cioè ad artifici che dovrebbero servire a corregger quello che non si può in nessun modo correggere. Onorevoli colleghi, riconosciamolo onestamente, chiaramente: per quanto possa essere grande la versatilità dell’ingegno di coloro che in pratica hanno elaborato ed elaborano questa legge, non è possibile fare che essa diventi quello che non è e che non può assolutamente diventare: una cosa seria.

PRESIDENTE. L’onorevole Morelli Renato unitamente all’onorevole Martino Gaetano ha proposto il seguente emendamento:

«Al numero 4), all’ultima parte sostituire:

«Nel caso di candidature plurime, agli effetti della graduatoria di gruppo, si sommano i voti riportati dal candidato nei singoli gruppi».

Ha facoltà di svolgerlo.

MORELLI RENATO. La spiegazione di questo mio emendamento è come un codicillo alle dichiarazioni che ha già fatto l’onorevole Martino Gaetano.

È noto che noi liberali abbiamo avversato questa legge, perché siamo degli uninominalisti convinti, e potrà meravigliare che sia proprio io l’autore di questo emendamento che, in fondo, tiene in maggior conto la proporzionale. In realtà noi obbediamo alla logica, siamo degli spiriti logici, e quindi vogliamo trarre la conseguenza da un principio, quando è consacrato nella legge.

Ora, l’Assemblea ha approvato ieri il concetto della pluralità delle candidature, che è connesso alla possibilità di fare la somma dei voti. Vero è che questo progetto non è una cosa seria, perché, mentre ha una vernice di uninominalismo, in realtà pone il suo fondamento sulla proporzionale, che d’altra parte smentisce, come quando, nel caso in discussione, vuole evitare che si sommino i voti dei candidati in più collegi.

Ma io vorrei richiamare l’attenzione dell’Assemblea sugli inconvenienti di quest’ultimo sistema, che danneggia i grandi partiti, i piccoli partiti e, quel che è peggio, il Paese.

Danneggia i grandi partiti, perché, quando stabilisce che non si possono sommare i voti, espone una persona, che goda di una grande popolarità, e quindi raccolga vasti consensi, e che si presenti in due o tre collegi, al rischio di non essere eletto senatore e di vedere eletto al suo posto, nel gruppo dei candidati collegati, una persona che sia nota soltanto in un collegio, localmente, e che raccolga consensi molto più limitati.

Esemplifico. Ammettiamo l’esistenza di tre collegi in una sola regione: in questa regione un candidato ha riportato trentamila voti in un collegio e trentamila in un altro ossia in entrambi sessantamila, mentre il candidato a lui collegato ha riportato nel terzo collegio trentacinquemila. Ebbene a quest’ultimo può essere attribuito il quoziente che è stato conquistato con i voti dell’altro candidato, presentatosi in due collegi.

Sicché, colui che ha riportato una larga messe di consensi, che supera i limiti territoriali di un solo collegio, e che avrebbe più diritto di essere eletto perché, se vogliamo essere democratici, dobbiamo tenere conto anche di questo elemento, si vede sostituito da altro candidato, che ha riportato sostanzialmente un minor numero di voti. Questo inconveniente aumenta il rischio, grave in ogni caso, delle candidature. Debbo osservare in proposito che sarebbe molto facile, viceversa, ai grandi partiti, se si sommassero i voti, graduare la presentazione di candidature plurime secondo l’importanza ed il rilievo che hanno singoli candidati, dato che con la proporzionale nessun partito può aspirare a prendere il posto in tutti i collegi della regione.

Per i piccoli partiti il danno è più grave: essi saranno costretti (e questo è anche un inconveniente per la loro organizzazione, per le spese elettorali ecc.) a presentare, se vogliono raccogliere voti per il quoziente, un candidato in tutti i collegi, anche dove siano deboli, per poi veder preferita a qualche personalità maggiore, che possono avere nella regione, una persona di nessun valore, comunque quasi sconosciuta, che, presentata per non perdere anche i pochi voti di quel collegio, sia stata poi favorita, rispetto agli altri, da un certo sentimento campanilistico.

Tutto questo giuoco si risolve in un danno per gli interessi del Paese, perché si presenteranno candidate alle elezioni per il Senato soltanto quelle persone che possono affrontare a cuor leggero la lotta elettorale, esponendosi anche a insuccessi, che possono tuttavia danneggiare se stessi e il partito, che le presenta perché non ne trova altre disposte a correre il grave rischio e d’altra parte è nella necessità di non perdere voti per il quoziente. Io mi associo quindi a quanto ha sostenuto l’onorevole Martino, per notare come l’unica opposizione che, secondo me, può essere fatta al mio emendamento, è quella formulata da qualche collega della Commissione ed è una obiezione di carattere tecnico: siccome, cioè, si adotta, nel progetto che il Ministro ha accolto, un sistema fondato su un calcolo di rapporti e non di voti, si dovrebbe fare una somma di rapporti e non di voti. Ma, se venisse accolto l’emendamento Martino, questa obiezione verrebbe eliminata, perché rivivrebbe il progetto Scelba, che è molto più semplice.

Viceversa, se rimanesse nel progetto questa complicazione di calcoli, dirò (senza venir meno al rispetto verso gli ideatori del sistema, dei quali conosco l’ingegno e la preparazione) che si verificherebbero tali incongruenze dal punto di vista politico, e potremmo anche dire democratico, da dover concludere che purus mathematicus, purus asinus.

PRESIDENTE. L’onorevole Gullo Rocco ha proposto il seguente emendamento:

«Al numero 1°), dopo la parola: candidati, aggiungere: esclusi quelli attribuiti ai candidati eletti a primo scrutinio».

Praticamente l’onorevole Gullo Rocco riprende l’emendamento Mortati, che la Commissione e il Governo hanno dichiarato di non accettare.

L’onorevole Gullo Rocco ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

GULLO ROCCO. Avrei ritirato il mio emendamento se fosse rimasto quello dell’onorevole Mortati, con cui il mio coincide. Ma dopo le dichiarazioni fatte dalla Commissione e dal Ministero, sento il dovere di insistere su questo emendamento e di richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulle conseguenze che avrebbe il mancato accoglimento dell’emendamento stesso.

Il progetto della Commissione non poteva tener conto dell’attribuzione dei voti riportati nei collegi dove già si era ottenuta la proclamazione di uno dei candidati a primo scrutinio, perché il progetto prevedeva il sistema uninominale puro maggioritario.

Il primo progetto Mortati non poteva occuparsi neppure della questione, perché prevedeva il sistema proporzionale.

Ora, noi ci troviamo in quella tale condizione che è stata così acutamente messa a punto dall’onorevole Martino, del quale io – pur partendo da un punto di vista diverso per quello che riguarda questa legge – condivido perfettamente il giudizio sulla assoluta coerenza che questa legge ha raggiunto nell’incoerenza. Per cui mi domando se non sarebbe il caso, da parte di chi di ragione, di fare appello all’articolo 96 del Regolamento per eliminare quelle incongruenze e quelle illogicità, di cui veramente qui abbiamo raggiunto il diapason.

Ma, per ritornare al mio emendamento, dirò che condivido perfettamente il pensiero, o almeno il primo pensiero che ha ispirato l’onorevole Mortati, quando nel suo emendamento ha scritto: «effettua la somma dei voti validi attribuiti a tutti i candidati non proclamati eletti». Se noi eliminiamo queste ultime parole, se noi vogliamo cioè eliminare dal computo dei voti quell’influenza che questi voti dovrebbero avere nella formazione del quoziente regionale, noi verremmo a creare con ciò una condizione di grave svantaggio per alcune minoranze.

È ben vero che il caso di un candidato che riporti al primo scrutinio il 65 per cento dei voti validi non è molto probabile, ma è pur sempre possibile e, se è possibile, la legge non può non prevederlo, perché la legge deve in ogni caso prevedere tutte le possibili conseguenze.

Se dunque l’emendamento Mortati non dovesse venire accolto, accadrebbe che, in quei collegi dove vi sia un candidato che abbia raggiunto il 65 per cento dei voti validi, noi verremmo ad eliminare completamente l’altro 35 per cento che è stato dato ad altri candidati. Ora, dichiaro francamente che non ho ben compreso per quale motivo il Ministro e la Commissione si siano dichiarati contrari; si tenga presente che noi stiamo adottando un sistema il quale, anche a volerlo chiamare uninominale, ha però indubbiamente per lo meno i tre quarti del suo fondamento nella proporzionalità. (Commenti – Interruzione del deputato Fuschini).

Io non voglio fare adesso, onorevole Fuschini, delle disquisizioni su questa questione, ma è certo che noi teniamo conto, ai fini dell’attribuzione dei posti, dei voti riportati nella Regione; ora, con il sistema che si vuole adottare da parte del Ministro e della Commissione, respingendo cioè il primo comma dell’emendamento Mortati, noi verremmo a lasciar fuori, come ho già detto, dall’attribuzione dei posti, quei voti riportati dagli altri candidati nei collegi dove sia stato raggiunto da un candidato il 65 per cento al primo scrutinio ed io non vedo assolutamente perché si voglia far ciò.

Ho detto che non intendo il perché si voglia far ciò, in quanto questo perché non è stato detto; si deve forse pensare che eravamo questa mattina così poco numerosi per cui si è giudicato non valesse la pena di illustrare quello che sarebbe stato forse di buon grado spiegato ad una più imponente Assemblea; ma è pur certo che il candidato eletto o, per meglio dire, la lista cui si è agganciato il candidato eletto, ha già ottenuto il suo posto attraverso il sistema maggioritario che è stato stabilito; è evidente quindi che bisognerebbe anche tener conto dei voti riportati dai candidati eletti.

Ma si dice ancora che si dovrebbe tener conto almeno di quel di più di voti che può eventualmente avere un candidato eletto al primo scrutinio, oltre il 65 per cento: ma qui entriamo addirittura nel campo dell’assurdo. Comunque, anche a voler seguire per questa strada coloro che hanno una siffatta opinione, penso che non è esatto neanche questo. Vi prego infatti di fermarvi, per un momento, su un semplice dato aritmetico. E vi rivolgo questa preghiera anche perché, non essendo io un matematico, non è escluso che possa anche avere bisogno dei vostri lumi e delle vostre obiezioni. Ritengo che un candidato il quale raggiunga il 65 per cento dei voti validi e venga perciò eletto al primo scrutinio, pone per ciò stesso la propria lista in condizioni di vantaggio, in quanto questo 65 per cento, pure essendo una cifra indubbiamente alta, è però in senso assoluto una cifra inferiore al quoziente regionale, perché – a meno che i miei ricordi matematici non mi traggano in inganno – il quoziente regionale corrisponde, a un dipresso, alla somma di tutti i voti di un collegio.

E con questo, dunque, chi ha riportato il 65 per cento dei voti al primo scrutinio è eletto e sta bene; ma sarebbe veramente assurdo che poi tutti gli altri voti dello stesso collegio pesino ancora ai fini della formazione del quoziente regionale. Non parliamone neppure. Chi ha avuto il 65 per cento o anche il 70, 1’80, il 101 per cento – perché con questa legge potremmo arrivare anche a computi di questo genere – dei voti del proprio collegio, ottiene il suo bravo posto; l’ottiene per sé e per la lista a cui è agganciato; ma questi voti, è chiaro, non devono pesare ulteriormente nella somma dei voti per la formazione dei quozienti in sede regionale.

Ma qual è il motivo per cui il 35 per cento o poco meno dei voti residuali ottenuti negli stessi collegi in cui vi è stata la proclamazione di eletti nel primo scrutinio, non deve pesare ai fini del computo del quoziente regionale? Noi abbiamo voluto rispettare le minoranze; e se una giustificazione ha la proporzionale e l’ha indubbiamente, è il rispetto dei diritti e degli interessi delle minoranze. Ora noi, in tal modo, verremmo, in questo sistema già tanto ibrido, a creare un aspetto ancora più ibrido del sistema, perché verremmo a falsare la volontà del corpo elettorale regionale. E dico per inciso, che noi dobbiamo tener conto della norma costituzionale per cui i collegi senatoriali sono a base regionale; e quindi non abbiamo diritto di escludere dal computo dei voti per la formazione del quoziente regionale e per la formazione dei posti di risulta, oltre quelli già coperti a primo scrutinio, non abbiamo diritto di non tenere conto dei voti riportati dalle minoranze nei collegi dove è stato già proclamato uno dei candidati a primo scrutinio.

Per questi motivi io, che avevo intenzione di ritirare il mio emendamento, in quanto avevo trovato nell’emendamento Mortati una sistemazione più organica di tutta la complessa materia, dichiaro che, ove l’onorevole Mortati ritirasse per questa parte il proprio emendamento, sarei costretto a mantenere il mio.

PRESIDENTE. L’onorevole Laconi ha proposto il seguente emendamento sostitutivo:

«…..

1°) determina la cifra elettorale per ogni singolo gruppo di candidati;

2°) determina la cifra individuale dei singoli candidati di ciascun gruppo.

«La cifra elettorale di ogni gruppo di candidati è data dal totale dei voti validi ottenuti dai candidati del gruppo stesso, presentatisi nei collegi per i quali non è avvenuta la proclamazione.

«La cifra individuale viene determinata moltiplicando il numero dei voti validi ottenuto da ciascun candidato per cento e dividendo il prodotto per il numero degli elettori iscritti nel collegio. Nel caso di candidature presentate in più di uno dei collegi suddetti, si assume ai fini della graduatoria la maggiore cifra individuale relativa riportata dal candidato.

«L’assegnazione del numero dei seggi da coprire si fa nel modo seguente:

«Si divide ciascuna cifra elettorale successivamente per uno, due, tre, quattro… sino alla concorrenza del numero dei senatori da eleggere; e quindi si scelgono fra i quozienti così ottenuti i più alti in numero eguale a quello dei senatori da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. I seggi saranno assegnati ai gruppi in corrispondenza ai quozienti compresi in questa graduatoria.

«A parità di quoziente il posto è attribuito al gruppo che ha ottenuto la minore cifra elettorale.

«Se a un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti esuberanti sono distribuiti secondo l’ordine della graduatoria di quoziente.

«L’Ufficio elettorale regionale proclama quindi eletti in corrispondenza ai seggi attribuiti ad ogni gruppo i candidati del gruppo stesso secondo la graduatoria determinata dalla loro cifra individuale».

Ha facoltà di svolgerlo.

LACONI. Dopo la lettura e la illustrazione che ne ha dato il Presidente, non credo che vi sia ragione di spendere maggior numero di parole intorno a questo emendamento.

In sostanza, esso è caratterizzato da tre sue particolarità. Innanzi tutto si distingue dal progetto dell’onorevole Mortati per quanto riguarda i collegi da valutarsi ai fini della ripartizione dei diversi seggi. Il progetto dell’onorevole Mortati calcola anche i voti ottenuti dalle minoranze nel collegio nel quale sia stato già proclamato l’eletto. Il mio emendamento, invece, calcola unicamente i voti validi ottenuti da tutti i candidati nei collegi nei quali l’eletto non è stato proclamato. Questa è la prima distinzione.

La seconda riguarda il metodo per l’assegnazione dei collegi, per cui viene qui proposto il metodo D’Hondt nella sua forma pura; e quindi si divide la cifra degli elettori per uno, due, tre, quattro, fino alla concorrenza necessaria.

Questa è la seconda caratteristica del mio emendamento.

Quanto poi alla graduatoria individuale, io concordo con l’onorevole Mortati nel chiedere che essa debba essere fatta in base alla percentuale dei voti anziché in base alla cifra assoluta ottenuta da ciascun candidato.

CANDELA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANDELA. Signor Presidente, sono stato io ieri a chiedere che l’emendamento dell’onorevole Mortati fosse restituito alla Commissione, soprattutto per questo: perché, ex prima facie, avevo visto che con questo emendamento non è rispettato il principio della uninominalità del collegio, nel senso che più collegi possono restare senza alcun rappresentante mentre altri collegi possono avere diversi rappresentanti.

Ai molti inconvenienti lamentati dall’onorevole Martino io aggiungo questo e la Commissione non ha trovato – e non può trovare – una soluzione.

Perciò mi permetto di insistere sulla domanda di preclusione che avevo fatto ieri all’onorevole Conti, che presiedeva, perché tutto ciò che urta con la uninominalità del collegio e con la volontà dell’Assemblea si dichiari precluso e non si discuta nemmeno.

E in ogni caso, faccio appello all’Assemblea perché con più coraggio e più decisione si metta su una via di coerenza: d’accordo tutti, bocciamo anche questo progetto e stabiliamo la proporzionale; ma battiamo la via della serietà, soprattutto, e del rispetto di noi stessi! (Applausi).

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Salvo tutte le riserve già fatte in materia e ripetute dall’onorevole Candela, faccio presente che la Commissione per questo articolo, se è possibile inquadrarlo nel sistema, lo faccia essa.

Una cosa dobbiamo assicurare, se proprio non vogliamo arrivare addirittura all’estremo degli assurdi, e cioè che ogni collegio abbia la sua rappresentanza; perché, altrimenti, noi abbiamo completamente rinunciato anche a quel trucco dei collegi uninominali, che potrebbe ancora rimanere.

Perciò, visto che né l’emendamento dell’onorevole Mortati, né l’emendamento dell’onorevole Laconi, né la proposta della Commissione tengono conto di questa esigenza fondamentale, bisogna restituire alla Commissione questo articolo perché lo esamini accuratamente e trovi una forma che consenta la sicurezza che, in un modo o in un altro, ogni collegio abbia il suo rappresentante, perché, se no, anche questa ultima parvenza di uninominalità viene definitivamente cancellata.

Noi potremmo avere domani in una Provincia un collegio elettorale con tre rappresentanti e un altro collegio, o due o tre collegi, che non ne hanno nessuno. Potremmo arrivare all’assurdo che, in una Provincia dove ci sono sei collegi elettorali, due siano rappresentati e gli altri quattro no e io non so veramente come questo potremo giustificare né di fronte all’opinione pubblica, né di fronte alla nostra coscienza.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI, Presidente della Commissione. Questa mattina, per un equivoco, io non ho preso parte all’adunanza della Commissione, quindi non ho potuto dire quanto dirò ora, esclusivamente a titolo personale, perché la Commissione non ha preso una delibera specifica sopra l’eccezione mossa dall’onorevole Candela e ora rincalzata dall’onorevole Lucifero. La obiezione ha la sua importanza, senza dubbio, però non mi pare che debba essere soverchiamente sopravalutata, in quanto ci siamo già trovati anche in altre situazioni simili. Nelle elezioni dei deputati alcune province sono rimaste senza deputati oppure ne hanno avuto un numero molto minore di quello che sarebbe stato di loro competenza. Ricordo ad esempio che nelle elezioni del 1919 Parma, che ha sempre avuto cinque collegi, ebbe tre deputati, e Piacenza che ne aveva quattro ottenne invece sei deputati…

SCHIAVETTI. Non c’era collegio in quel caso…

MICHELI, Presidente della Commissione. Il collegio c’era. Io ho sufficientemente buona memoria per ricordare anche questo. Questo è il punto di partenza di tutto un mio ragionamento che ella potrà controbattere quando crede, ma la sua interruzione ora è prematura e quindi inutile.

Lo stesso è successo anche nei collegi di Brescia e di Bergamo e anche recentemente, e se l’onorevole Malagugini fosse presente potrebbe dire che Pavia ha avuto un numero di deputati in questa occasione molto maggiore di quello che le spettava nei riguardi di Milano, della cui circoscrizione faceva parte.

Ora, perché questo? Perché siamo in tema proporzionale i cui risultati non sono collegati sempre colla configurazione topografica. Se l’argomento avversario poteva valere di fronte al collegio uninominale puro, non vale più di fronte al collegio, non dico misto, perché non voglio che l’onorevole Bellavista se ne abbia a male, ma congegnato in quella forma scelta dall’onorevole Mortati e prima ancora dal Ministro Scelba.

Nel progetto Scelba, in una prima parte sussisteva il concetto della territorialità (per i candidati che avevano la metà più o uno dei voti) nella seconda abbiamo l’elezione che viene fatta secondo le correnti, ed i gruppi elettorali che le rappresentano. Ecco la diversità della situazione alla quale intendo alludere, situazione la quale ulteriormente è agevolata da due fatti e forse anche da tre. Noi abbiamo ammesso le candidature multiple, il che attenua la cosa. Ora un candidato non può rappresentare tutti e tre i collegi: ne rappresenterà uno ma se per avventura l’altro collegio restasse senza rappresentanti diretti, egli in fondo rappresenterà i due collegi. Non c’è nulla che contrasti questo. Del resto sono casi eccezionalissimi.

Le leggi elettorali sono leggi umane e non possono essere perfette e quindi qualche inconveniente lo portano sempre. (Interruzione del deputato Martino Gaetano). A che cosa vuole arrivare lei, all’estrazione a sorte? Va bene. Anche per l’estrazione a sorte, ricordo che Giano della Bella, il suo caso storicamente viene citato in tutte le discussioni elettorali, ebbe rimbrotti perché c’era stato un rione di Firenze che aveva avuto tre eletti, ed un altro vicino che non ne aveva avuto nessuno. E allora Giano Della Bella rispose che gli estratti dei rioni fortunati, avrebbero tutelato anche gli interessi degli altri. Quello che si risponde anche adesso. Ripeto, si tratta di una cosa di dettaglio e non si può sopravvalutare questa eccezione.

SCHIAVETTI. Questi casi sono eccezionali.

MICHELI, Presidente della Commissione. Questa è una sua opinione. Ella ha minor pratica di queste cose; noi abbiamo tolto una limitazione.

Per il progetto Scelba i candidati dovevano appartenere alla Regione. Oggi non c’è più bisogno di questo, e allora succede che avremo una estensione più facile delle rappresentanze attraverso persone che non appartengono più alla Regione, e che quindi possono più facilmente rappresentare anche varî collegi.

E tutti coloro che abitano fuori dei loro collegi? Cosa diciamo poi delle grandi città divise in molti collegi. Forse che gli eletti sono legati alle strade ed ai borghi che limitano il loro collegio?

Ricordo il mio caso. Sono stato deputato della montagna reggiana e parmense per tanti anni. Abitavo a Parma.

Anche ora si vanno a ricercare le persone dove sono; e quindi può succedere benissimo che in una città vi siano parecchi senatori, mentre in un’altra non ve ne sia nessuno. Così a Roma ve ne sarà sempre più che altrove. Quindi, non vedo effettivamente come questa ragione possa essere così grave da provocare le frasi drastiche dell’onorevole Lucifero. È uno degli inconvenienti che si riscontrano nella formazione delle leggi elettorali, le quali per quanto si dica e si faccia, non riescono mai ad essere perfette.

Qualche difficoltà maggiore affiora quando effettivamente due sistemi, per voler accontentare tutti ed usufruire di tutte le possibilità, si sono uniti formandone uno solo. Lo scrutinio regionale, voluto dall’Assemblea, ha causato questa situazione, che non mi sembra modificabile.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. A sostegno delle osservazioni fatte dai colleghi onorevoli Candela e Lucifero, vorrei far notare che questo inconveniente, della possibilità che vi siano collegi che avranno più senatori e collegi che non ne avranno nessuno, sarà frequentissimo. Lo desumo da calcoli fatti nella giornata di ieri. Io non mi preoccupo tanto della coerenza intrinseca e logica della legge, quanto delle ripercussioni politiche che un atto di questo genere potrà avere. Esistono questi collegi senatoriali. Sono documentati nell’allegato accluso alla legge. Avremo, per esempio, il collegio di Spoleto, quello di Perugia, di Ancona, di Jesi ecc. Gli elettori vorranno avere naturalmente i loro senatori; non c’è infatti nessuna ragione per cui gli elettori di Ancona, che costituiscono una circoscrizione, non abbiano il loro senatore. Invece, applicando questa legge avremo moltissimi casi in cui non esisteranno questi senatori. E si ripeterà proprio il caso di certe figurine in cui c’è il cacciatore e bisogna cercare la lepre, o c’è la lepre e bisogna cercare il cacciatore. Ma in questo caso non si troveranno, relativamente, né le lepre né il cacciatore.

Ora, se si pensa che vi sono interessi particolaristici in giuoco e problemi di carattere locale da difendere al Senato dai rappresentanti di questi collegi a cui voi avete dato un’esistenza, voi capite che è necessario, per la tutela degli interessi e per la stessa serietà della legge, che ogni circoscrizione abbia il suo senatore; altrimenti si confermerà ancora una volta, anche da questo punto di vista, l’opinione dell’onorevole Martino che questa legge apparirà a tutti una cosa non seria e che noi ci squalificheremo come legislatori dinanzi al Paese.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare per aggiungere qualche cosa a quanto ho già detto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI, Presidente della Commissione. Ho dimenticato di ricordare che in questa prima legislatura vi sarà un altro maggiore contemperamento: quello determinato da quel centinaio di senatori di diritto, che sono sparsi per tutta Italia.

Questo darà maggiori possibilità di fronteggiare la difficoltà prospettata dall’onorevole Schiavetti.

MAFFI. A maggior ragione.

PRESIDENTE. Credo che, arrivati a questo punto, ogni proposta e iniziativa di preclusione non avrebbe più fondatezza e neppure quel carattere di serietà, da tutti desiderato ed invocato. Arrivati al quartultimo articolo ed agli articoli 7 ed 8 di questa legge che, approvati, decidono la strada da percorrere, non si può ancora una volta parlare di preclusione.

Il Vicepresidente che mi sostituì nelle passate sedute, ha agito secondo coscienza e secondo necessità, stabilendo la preclusione nei confronti di un determinato progetto e di determinate formulazioni.

Ma successivamente – e l’Assemblea non gli ha dato torto, perché ha camminato proprio sulla strada indicata – ha ritenuto che di fronte ad altre formulazioni non vi fosse possibilità di preclusione; e l’Assemblea ha accettato ed avallato questa decisione, non soltanto non opponendosi, ma dando contributo concreto, da tutti i settori, alla migliore redazione degli articoli.

E riserve possono essere accampate correntemente, ma ciascuno sa che così esposte non riescono ad avere efficacia.

L’obiezione fondamentale avanzata in questo momento e nel cui contesto si è usato il termine di preclusione, doveva se mai apparire molto prima, sin dal primo momento, quando è stata accolta una disposizione di questa legge che non era rigidamente uninominalista, in quanto, come si poteva comprendere – e credo, che tutti l’abbiano compreso anche se nessuno ha formulato il pensiero…

MARTINO GAETANO. L’ho detto anch’io.

PRESIDENTE. …in conseguenza della quale qualche circoscrizione sarebbe rimasta senza un proprio diretto rappresentante al Senato. Fin da quel momento si sarebbe dovuto reclamare oppure formulare qualche emendamento, che riuscisse a sanare questo punto debole.

Ma la legge è già complicata e penso che, se la si complicasse con emendamenti ispirati al desiderio di sanarne i punti deboli, non diverrebbe migliore di quanto riuscirà con i nostri attuali lavori.

Comunque è sempre possibile formulare proposte aggiuntive; non sta a me suggerirle; alcuni colleghi hanno detto di averne già preparate. Se saranno presentate, saranno messe in discussione.

Poiché penso che desiderio dei sostenitori del sistema elettorale prevalso, non è già quello di impedire che ogni singolo collegio abbia il proprio rappresentante, ma quello di dare possibilità della rappresentanza proporzionale a tutte le forze politiche che si manifestano, ritengo che, se sarà presentato un emendamento che serva a superare la debolezza segnalata, non vi sarà altra battaglia per accoglierlo.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Faccio subito una riserva sulle ultime parole dell’onorevole Presidente. È esatto quanto il Presidente dice che nell’eventualità di questa proposta mancherebbe una ragione sostanziale di carattere politico per contendere, ma faccio presente che la proposta di cui il Presidente fa ora parola è stata oggetto di un esame preventivo da parte di alcuni di noi, già da molto tempo, perché precisamente è con riferimento ad essa che, se fosse stato possibile, avremmo cercato di eliminare preventivamente le principali obiezioni formulate al sistema che noi proponevamo. Una meditazione approfondita di questa eventualità e di questo correttivo ci ha convinti – e questo non soltanto per valutazione personale, ma ricorrendo a tecnici e ad autori classici di sicura fede – che le complicazioni che ne nascerebbero ben difficilmente potrebbero essere valutate da questo consesso, se non in una maniera vorrei dire sommaria, e verrebbero ad aggravare ulteriormente gli stessi inconvenienti che, con una simile proposta, si vorrebbero correggere. Mi riservo, riguardo alle ultime parole dell’onorevole Presidente, qualora una simile proposta fosse fatta, di dare ai proponenti un’ampia dimostrazione al riguardo.

PRESIDENTE. È evidente che non ci può mai essere preclusione del diritto di discutere. (Commenti).

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. A proposito di questa osservazione, per cui addirittura si fa una preclusione per tutto il progetto, e cioè che non tutti i collegi avrebbero una rappresentanza col sistema adottato, debbo rilevare agli oratori che l’obiezione è già contemplata nella relazione che accompagna il disegno governativo. (Approvazioni al centro). Non è una novità, di oggi. Accettando di discutere sul disegno di legge governativo, si accettavano le conseguenze che il disegno di legge già indicava attraverso la relazione. All’obiezione la relazione ministeriale risponde, non dirò adeguatamente, ma razionalmente dicendo che non sussiste, dovendosi considerare la rappresentanza sul piano regionale, così come è prevista dalla Costituzione.

L’argomento della preclusione mi pare quindi assolutamente fuori luogo, anche per le ragioni esposte dal Presidente. Vorrei aggiungere una cosa a proposito di rappresentanza del collegio e del modo d’intenderla. La legge adottata per l’elezione della Camera che è poi quella usata per l’elezione della Costituente stabilisce che si deve avere un rappresentante ogni ottantamila abitanti. L’esperienza fatta in occasione della elezione per la Costituente ci ha dato che intere provincie sono rimaste senza rappresentanti.

MARTINO GAETANO. Abbiamo violato la Costituzione!

SCELBA, Ministro dell’interno. Ora, io non capisco perché questo fatto, tanto importante, sia stato trascurato in sede di legge elettorale della Camera dei deputati, mentre deve diventare elemento di tragedia per l’elezione del Senato.

MARTINO GAETANO. Continuiamo pure a violare la Costituzione! (Rumori al centro).

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. A conferma di quanto è stato detto dall’onorevole Dossetti, vorrei far noto che effettivamente, per rimediare all’inconveniente lamentato, non c’è alcun mezzo tecnico, ma c’è soltanto un altro inconveniente da affrontare: vedrà la Camera se ritiene opportuno di farlo preferendo un inconveniente grave ad un altro gravissimo. L’inconveniente è che in un collegio possa essere eletto un candidato che riporti un numero di voti minore di un altro candidato. Si tratta di vedere se questo inconveniente è meno grave di quell’altro che risulta dal fatto che una circoscrizione resti senza senatore. Io lo ritengo meno grave. Dovendo scegliere fra i due inconvenienti in questa legge io sceglierei il secondo e scarterei il primo.

PRESIDENTE. L’onorevole Lucifero propone il seguente emendamento:

«Al numero 4 dell’articolo 20 aggiungere:

«Nella graduatoria di cui al comma precedente saranno saltati i candidati i cui collegi abbiano già trovato la rappresentanza e si procederà fino a che ogni collegio avrà trovata la sua rappresentanza».

Ha facoltà di svolgerlo.

LUCIFERO. Devo innanzi tutto far osservare al Ministro che la sua osservazione, in merito alla questione che nelle elezioni della Camera dei deputati vi siano state delle intere provincie rimaste senza rappresentanti, non ha valore, in quanto le circoscrizioni erano regionali, e quindi la circoscrizione la sua rappresentanza l’aveva; perché non è la città o il paese di provenienza del candidato che stabilisce la sua rappresentanza locale, ma la circoscrizione alla quale egli appartiene. Quindi, il deputato che è stato eletto in Lombardia, quando la Lombardia è una circoscrizione, è il deputato della circoscrizione, anche se per combinazione la provincia di Pavia non avesse rappresentanti.

Quindi, questa obiezione andrebbe benissimo se non avessimo le circoscrizioni uninominali che poi si raggruppano al centro; ma laddove la circoscrizione è una (e qui poi si valuta in sede di seconda istanza, in sede di raggruppamento) evidentemente l’osservazione non va. Noi possiamo – io riconfermo tutte le riserve e tutte le azioni che da queste riserve possano provenire – nel caso specifico raggruppare i candidati al centro per questa valutazione dei voti, ma non possiamo, secondo un sistema, il quale stabilisce delle circoscrizioni, lasciare le circoscrizioni senza rappresentanti.

Ogni circoscrizione deve avere il suo rappresentante. Evidentemente questo crea difficoltà grandissime, fra le quali c’è anche quella prospettata dall’onorevole Schiavetti. Ed io sono perfettamente convinto che scandaloso sarà vedere, ad un certo momento, in un collegio, un individuo che ha avuto il 60 per cento dei voti, e quindi è stato veramente eletto, ma non ha raggiunto quel 65 per cento, che per noi è più del 70 per cento, che non può essere proclamato; e debba essere preceduto da chi ha avuto il 15 per cento dei voti, come può succedere. Ma sarebbe ancora più scandaloso se quella circoscrizione non fosse rappresentata nemmeno da quello che ha avuto il 15 per cento. Si verificherebbe ciò: che praticamente quel seggio è occupato al Senato, ma non nella circoscrizione. Noi arriveremmo all’assurdo di vedere il collegio A con tre rappresentanti ed i collegi B e C con nessuno.

DOSSETTI. Non è possibile!

LUCIFERO. Il mio emendamento è indubbiamente un palliativo, ma è un palliativo che risolve il sistema, in quanto dice che, stabilita la graduatoria, si saltano coloro il cui collegio ha avuto un rappresentante, e si va avanti fino a quando ogni collegio abbia avuto il suo rappresentante. Noi potremmo saltare degli uomini che hanno avuto un numero di voti maggiore ma risolveremmo il problema della rappresentanza in ogni circoscrizione, e non avverrà l’assurdo che un capoluogo (questo avviene sempre ai danni della periferia) avrà due, tre, quattro rappresentanti, mentre i collegi più umili e più modesti, che più hanno bisogno di una cura assidua, verrebbero abbandonati a se stessi.

DOSSETTI. Queste sono cose avventate!

LUCIFERO. Ognuno ha le sue avventatezze. Le vostre ci portano a questa discussione!

PRESIDENTE. L’onorevole Gullo Fausto ha presentato il seguente emendamento:

«Se per morte, dimissione, opzione o per altro motivo si rende vacante durante la legislatura un collegio in cui la proclamazione dell’eletto si era avuta in base al raggiungimento del sessantacinque per cento dei votanti, si procede nel termine degli ottanta giorni dalla dichiarata vacanza a nuova votazione nella quale viene dichiarato eletto il candidato che ha raccolto il maggior numero dei voti».

Ha facoltà di svolgerlo.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. In realtà, l’ipotesi che può ricorrere è questa: che un candidato risulti eletto per avere raggiungo il 65 per cento dei voti in due collegi; oppure che un candidato risulti eletto in un collegio senatoriale raggiungendo il 65 per cento dei votanti, e risulti eletto anche come deputato.

Evidentemente c’è la possibilità che, in seguito alla opzione per la carica di deputato, o in seguito alla opzione per uno dei due collegi, resti vacante un collegio senatoriale, in cui la proclamazione si è avuta in dipendenza del raggiungimento del 65 per cento dei votanti.

In questo caso è chiaro che non si può disporre che il posto sia preso da colui che viene subito dopo nella lista, perché il candidato è stato eletto singolarmente per avere raggiunto il 65 per cento dei voti. Bisogna quindi disciplinare questo possibile caso di vacanza, e altri casi similari, stabilendo, in analogia all’ultimo capoverso dell’articolo 20, che si proceda a nuova elezione, nella quale verrà dichiarato eletto il candidato che avrà raccolto il maggior numero dei voti validi.

Vorrei ora sottoporre all’Assemblea – perché la materia non è facile – un quesito, perché a me sorge un dubbio a proposito della possibilità che qualche collegio resti senza rappresentanza: io credo (posso anche sbagliare) che ciò sia impossibile. È vero che si è di fronte alla lista, siamo d’accordo, ma non bisogna dimenticare che si vota per la lista votando il simbolo di essa, che, in questo caso, è costituito dal nome del candidato.

Quindi, se la lista comunista, poniamo, fa raggiungere il traguardo a tre candidati, evidentemente non possono essere se non tre candidati di collegi diversi. E non è possibile che si dia il caso di due di uno stesso collegio, appunto perché il simbolo della lista è costituito dal nome del candidato. Quindi l’elettore vota la lista, ma nel contempo non può votare che per un solo candidato per ogni collegio.

Poniamo che in una circoscrizione regionale risultino tre socialisti, tre democristiani ed un qualunquista. Sono sette i collegi in cui è necessario proclamare il rispettivo eletto. Non possono essere che sette persone, quindi, di sette diversi collegi. Posso sbagliare, lo dico apertamente, e perciò vorrei che qualcuno dimostrasse che io mi sbaglio, ma se non sbaglio, è chiaro che l’inconveniente non ha bisogno che sia ovviato, per la semplice ragione che l’inconveniente non c’è. Io non so se sia così, onorevole Presidente, ma ho creduto di porre questo quesito.

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. L’onorevole Gullo Fausto non ha tenuto conto, però, del giuoco della proporzionale, che porta a questo: che ad un certo momento, raccolti i voti, che non sono del contrassegno, ma che sono delle persone, perché possono essere collegati anche a dei contrassegni diversi, si stabiliscono i quozienti che spettano alla lista e non alle persone.

Ed allora può accadere che, per il giuoco dei quozienti e dei voti avuti nel singolo collegio, entrino nella graduatoria un democristiano ed un comunista i quali sono dello stesso collegio, ma che, per il giuoco della proporzionale e dei voti avuti nel loro collegio, si trovano ad essere al terzo e al secondo posto della loro lista regionale, e quindi vengono ad essere eletti tutti e due.

Ecco che abbiamo quel tale collegio che ha un rappresentante democristiano e uno comunista, mentre il collegio vicino non ha né il democristiano né il comunista.

PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il proprio parere sugli emendamenti proposti.

MICHELI, Presidente della Commissione. L’onorevole Gullo Fausto risponderà, per quanto si riferisce alla proposta dell’onorevole Gullo Rocco; l’onorevole Mortati per quanto si riferisce agli emendamenti Morelli e Martino e l’onorevole Dossetti desidera di fare una breve esposizione di carattere piuttosto matematico, in risposta alle osservazioni dell’onorevole Lucifero.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Gullo Fausto.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. L’emendamento del mio quasi omonimo collega si riferisce alla prima parte dell’articolo 20. Egli vorrebbe che nel computo ai fini del sistema proporzionale venissero anche inclusi i voti dei candidati non eletti in quella circoscrizione, in cui c’è stato un proclamato.

Dobbiamo partire da questa premessa: che evidentemente siamo di fronte ad un sistema che ha da una parte l’uninominalità e dall’altra la proporzionalità; da una parte la regione e dall’altra i collegi, attraverso i quali la base regionale dovrebbe esprimersi.

Non possiamo prescindere da questa premessa. Sono elementi antitetici che vengono a giuocare sullo stesso piano. Bisogna che andiamo alla ricerca della risultante, perché si abbia una legge che abbia almeno una parvenza di logicità.

Io vorrò ricordare all’onorevole Gullo Rocco questo: che la base su cui ci muoviamo (parlo da un punto di vista teorico, prescindendo da ogni riflesso pratico) la base su cui ci muoviamo in teoria è indubbiamente l’uninominalità, perché non avrebbe senso, altrimenti, la disposizione del Presidente con la quale egli pose la preclusione.

Allora, la parte del sistema che obbedisce alla proporzionalità si può spiegare, data questa preclusione, in una sola maniera: che essa è eccezionale e rappresenta soltanto un mezzo per ovviare agli inconvenienti del ballottaggio. Tanto vero che il sistema proporzionale, per questa seconda fase, venne fuori proprio in seguito alla votazione con cui si respinse la soluzione del ballottaggio.

Bisogna aver presente questo, che mi pare teoricamente a posto, ossia che il progetto si basa sul concetto dell’uninominalità: il singolo collegio, quindi, acquista un’importanza preminente. Ora, noi siamo di fronte ad un collegio in cui è avvenuta la proclamazione per aver raggiunto uno dei candidati il 65 per cento. Quel collegio, cioè, si è sistemato secondo la regola che sta a fondamento della legge. Per gli altri collegi della circoscrizione occorre far ricorso all’eccezione.

È vero che in realtà, nella pratica, l’eccezione diventerà la regola, perché è ben difficile che venga raggiunto il 65 per cento. Ma questa non è una ragione, non distrugge la premessa, ossia che il sistema voluto dalla legge è il sistema uninominale.

Sistemato un collegio in questo modo, è evidente che di esso non si può più tener conto nel momento in cui è necessario ricorrere all’eccezione.

L’eccezione non può riguardare se non quei collegi in cui la regola non ha potuto trovare posto; non credo che si possa ricorrere a soluzioni diverse. È poi esatto teoricamente l’altro principio, che cioè colui il quale è eletto dalla maggioranza e, nella specie, da una maggioranza del 65 per cento, dal momento in cui è eletto, rappresenta tutti gli elettori della circoscrizione.

Ciò mi premeva far considerare all’amico Rocco Gullo. È questo, onorevoli colleghi, un principio elementare dal quale non si può evidentemente prescindere. E poiché dunque gli elettori hanno il loro rappresentante, e lo hanno, ripeto ancora, non soltanto coloro che lo hanno votato, ma tutti, anche cioè coloro che hanno votato per altri candidati, io non vedo in nessun modo come questi elettori possano poi concorrere al secondo conteggio in base alla proporzionale.

Con ogni probabilità sarebbe quasi una punizione, questa, nei riguardi della lista che vedesse uno dei suoi proclamato eletto, perché, mentre le altre liste vedrebbero giocare sul piano regionale tutti i voti raccolti nei vari collegi, la lista che ha avuto invece un candidato proclamato in uno dei collegi vedrebbe esclusa una massa considerevole di voti, quella appunto che è servita per la proclamazione dell’eletto.

La Commissione quindi è del parere che vengano esclusi dal conteggio regionale tutti i voti raccolti da tutti i candidati nel collegio in cui si è avuta la proclamazione in base al raggiungimento del 65 per cento dei votanti.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti presentati dagli onorevoli Martino Gaetano e Morelli Renato.

MORTATI, Relatore per la minoranza. L’onorevole Martino Gaetano ha affermato che questa non è una legge seria. (Commenti).

Devo rilevare che si sarebbe potuto giungere alla formulazione di un sistema elettorale più soddisfacente, se i colleghi del partito cui appartiene l’onorevole Martino, lungi dall’irrigidirsi in una pregiudiziale che non ha nessun fondamento giuridico-costituzionale, e che è sommamente inopportuna sotto l’aspetto economico, avessero collaborato con noi nella ricerca rivolta a superare le difficoltà inerenti ad ogni contemperamento di principî diversi e fra loro eterogenei, come quelli del sistema uninominale e del sistema proporzionalistico. È quindi prevalentemente per le sterili opposizioni incontrate che si è stati costretti a qualche soluzione che può sembrare poco soddisfacente…

Per quanto riguarda gli obiettivi particolari cui mirano gli onorevoli Martino e Morelli coi loro emendamenti, faccio osservare che si è stabilito di calcolare i voti dei singoli candidati in modo non assoluto, ma relativo. E perché ciò?

Semplicemente perché i collegi, nonostante tutta la buona volontà di renderli numericamente uniformi, hanno finito invece col presentare delle differenze demografiche abbastanza gravi.

Come ho notato anche nella mia relazione, ci sono delle differenze che raggiungono il 50 e perfino il 100 per cento fra un collegio e l’altro. Allora, in presenza di questa situazione, è sembrato opportuno pareggiare in qualche modo (naturalmente non in modo assoluto) la situazione dei vari candidati, per mettere in una posizione migliore i candidati dei collegi meno favoriti, cioè più piccoli demograficamente.

Dice l’onorevole Martino: questa è una correzione parziale, perché ci sono altri fattori: quello della frequenza alle urne, quello del numero dei candidati, ecc. Tutto questo è vero: è una correzione relativa. Ma si tratta di determinare l’obietto da conseguire: o si opta per la correzione, onde perequare la situazione dei candidati di collegi diversamente consistenti dal punto di vista demografico, ovvero si opta per la somma dei voti riportati dallo stesso candidato in vari collegi. Le due cose insieme non si possono ottenere, per una ragione di ordine matematico, perché, se si fanno le percentuali dei voti riportati dai singoli candidati nei vari collegi, e si sommano tali cifre percentuali nel caso delle candidature plurime, si avrebbero conseguenze ben diverse da quelle sperate dall’onorevole contraddittore. Ripeto che occorre decidersi alla scelta: se si vuole ottenere il calcolo percentuale, bisogna rinunciare alla somma dei voti; se si vuole la somma dei voti nelle candidature plurime, bisogna rinunciare alla percentuale.

Per rinunciare alla percentuale, come l’onorevole Martino stesso afferma, bisognerebbe raggiungere questo ideale: di portare i collegi alla maggiore possibile parità di composizione numerica, cioè raggiungere la cifra di 200.000 per tutti, o con uno scarto minimo, non maggiore del 5 per cento. Qui bisogna chiedere all’onorevole Ministro dell’interno se egli crede che gli studi fatti dall’Ufficio elettorale possano far pervenire a questi risultati.

Non bisogna dimenticare che, accogliendo il sistema da noi proposto, l’entità del singolo collegio uninominale perde di importanza, non però del tutto, perché abbiamo già accolta la prima parte del progetto del Governo che prevede le elezioni uninominalistiche – e c’è una proposta dell’onorevole Lucifero che tenderebbe ad accentuare ancora di più questo carattere uninominalistico delle elezioni. E allora bisognerebbe tener conto del fattore omogeneità, non solo demografica, ma geografica e strutturale e sociale, perché il collegio uninominale deve avere una sua unità economico-sociale e deve rappresentare qualche cosa di omogeneo. Quelle differenze che io notavo nella composizione dei collegi ubbidivano precisamente a questa esigenza. Si sono creati, ad esempio, i collegi Torino-Fiat, Voghera, ecc. con considerazioni, appunto giustamente tenute presenti, di carattere economico e sociale, onde dar loro una fisonomia unitaria.

Se si vuole perseguire questo intento – e mi pare che gli uninominalisti dovrebbero tendere al raggiungimento di queste finalità – è inevitabile incorrere nella necessità di operare differenziazioni demografiche dei collegi, anche per ragioni di viabilità e geografiche in genere, ecc., che sono insopprimibili.

Allora, permanendo questa necessità di mantenere dei collegi differenziati dal punto di vista demografico, mi pare che la conseguenza di accettare la percentuale sia inevitabile. E questo importa, come ho detto, l’esclusione della somma dei voti. La Commissione si rimette, per la scelta fra i due metodi, all’Assemblea. A me sembrerebbe più conseguente, proprio dal punto di vista uninominalistico, di mantenere il sistema della percentuale e quindi di escludere la proposta degli onorevoli Martino e Morelli.

PRESIDENTE. L’onorevole Dossetti ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti Schiavetti e Lucifero.

DOSSETTI. Io vorrei far presente ai colleghi Schiavetti e Lucifero che la difficoltà che li impressiona è – lo posso dire onestamente – la difficoltà che ha impressionato me dal momento in cui ho cercato di occuparmi di questa materia.

Se fosse stato possibile risolvere il problema – che essi propongono di risolvere coll’emendamento affrettato testé proposto dall’onorevole Lucifero su un’istintiva intuizione della sua intelligenza certo brillante, ma che non mi pare in questo campo abbia effettuato un approfondimento serio della questione – se fosse stato possibile, dico, risolvere così d’istinto il problema, naturalmente tutta la grossa questione che ci divide da qualche settimana non sarebbe nemmeno nata, perché avremmo certamente trovato facilmente un espediente per provare la perfetta compatibilità del sistema uninominale puro, classico, tradizionale, col sistema proporzionale nelle elezioni regionali.

Invece, di fatto, questo non è possibile.

Analizziamo innanzitutto l’inconveniente al quale l’onorevole Lucifero vuole ovviare. Egli vuole assicurare che ogni collegio abbia un suo rappresentante. Ma noi non ci dobbiamo preoccupare che ogni collegio abbia un suo qualsiasi rappresentante, anche quello eletto col 5 per cento dei voti (in ipotesi teorica); ci dobbiamo invece preoccupare che ogni collegio abbia un suo rappresentante politicamente qualificato. Perché dare a un collegio un rappresentante eletto col 2 o col 5 per cento dei voti e non dargliene nessuno, non solo è la stessa cosa, ma è – direi – più grave ancora, perché viene ad essere un più evidente e palese contrasto con quella che è stata la volontà politica di quel collegio isolatamente considerato.

Perciò noi ci troviamo di fronte a questo dilemma: o considerare il collegio singolo come facente parte di una più vasta entità, e allora è perfettamente razionale (o per lo meno non è incongruente) che in quel collegio non ci sia un rappresentante, perché si verificano delle compensazioni interne di colore e di rappresentanti attraverso gli altri collegi della regione; oppure vogliamo considerare il collegio isolato, e allora non possiamo arrivare all’assurdo di dare a quel collegio isolatamente considerato precisamente il suo rappresentante meno qualificato e che si è presentato unicamente per ricevere una violenta e aperta sconfessione dal corpo elettorale.

Ora, che questo inconveniente si possa verificare, ho cercato di dimostrare all’onorevole Lucifero privatamente con qualche esempio.

È certo che l’onorevole Schiavetti ha già esplicitamente ammesso che con questo sistema noi possiamo essere costretti a dover raggiungere l’ultimo eletto di un determinato gruppo di candidati.

Basta fare l’esempio più semplice – quello di una Regione piccolissima, di sei o sette collegi – e noi vediamo che subito ci si viene a trovare nella necessità di dovere per uno (almeno per uno, supposto che si tratti di un solo caso) eleggere proprio l’ultimo della lista.

Ma c’è di più. Io ho mostrato l’architettura del sistema, ed ora vorrei fare osservare all’onorevole Schiavetti e all’onorevole Lucifero alcune altre cose.

Non è esatto quello che ha detto l’onorevole Gullo Fausto, e cioè che non si possa verificare. Lei, onorevole Gullo, l’ha detto così, a prima impressione. Di fatto si può verificare, ma certo non si può verificare, o è assolutamente improbabile che si verifichi, quanto ha detto l’onorevole Lucifero: che in un collegio si abbiano tre rappresentanti e in un altro nessuno.

L’ipotesi limite che può in qualche caso accadere è che si abbiano due in uno e nessuno in un altro, perché dobbiamo tener conto che ad un certo punto gioca la proporzionale, la quale (come abbiamo visto dalla esperienza elettorale precedente) una certa eguaglianza distributiva finisce per darla.

Quindi, non che si abbiano tre eletti in un collegio (il che presupporrebbe che uno abbia avuto il 50 per cento, l’altro il 40 e l’altro il 35 per cento, e andremmo fuori, evidentemente, dai limiti proporzionali) ma che si abbiano in un collegio due eletti.

In secondo luogo, a ridurre le proporzioni di quanto ha detto l’onorevole Lucifero, non è esatta, anzi è infondata l’obiezione ultima, e che dal tono con cui è stata pronunciata mi è sembrato fosse la più grave: e cioè che con questo si venisse a favorire particolarmente le grandi città e si lasciassero le unità minori di una determinata circoscrizione senza collegio. Non è affatto esatto, anzi probabilmente è il contrario, perché l’onorevole Lucifero non ha avuto il tempo di valutare tutti gli emendamenti che sono stati proposti nella linea del nostro sistema, cioè sia l’emendamento dell’onorevole Mortati, sia l’emendamento dell’onorevole Laconi, e considera che l’adozione della cifra individuale relativa viene ad escludere la possibilità che egli ci prospetta, in quanto non è il peso demografico del collegio quello che fa verificare l’accumularsi o meno di candidati nel collegio stesso, ma è piuttosto la diversa densità politica del collegio, per cui è ragionevole presumere che eventualmente le accumulazioni non si avranno nei collegi delle grandi città, dove si ha un rapporto di proporzione politica relativamente compensato, ma piuttosto in periferia, dove si ha un maggiore addensamento di determinati colori politici.

Quindi questa obiezione cade. Di fatto, invece, c’è una preoccupazione che, mi pare, l’onorevole Lucifero, con il suo emendamento, non riesce a distruggere, ed è questa, che l’emendamento, così com’è stato formulato, vuole risolvere – di primo acchito – un problema sul quale hanno meditato a lungo tutti gli autori classici dei sistemi elettorali, non arrivando ad una adeguata soluzione. Quanto meno avrebbe dovuto l’onorevole Lucifero cominciare ad effettuare tutta una serie di precisazioni complementari, che non ha fatto e che quando egli comincerà a fare gli faranno intendere il groviglio di complicazioni nelle quali egli si mette. Il suo emendamento, in ogni caso, è insufficiente. Egli dovrebbe stabilire il criterio con cui si procede all’assegnazione dei collegi singoli, ad esempio dando la precedenza ai gruppi secondo l’entità dei voti riportati, perché è evidente che dobbiamo stabilire il criterio con cui si comincia l’assegnazione. Solo per questo si vede come l’emendamento dell’onorevole Lucifero sia evidentemente arretrato. Le assegnazioni poi dovranno essere fatte per successive approssimazioni, poiché può darsi che resti per ultimo un collegio ove si trovino tutti candidati di gruppo che non hanno ottenuto nessun seggio. Quindi proprio l’inconveniente che si vorrebbe correggere rischia di essere, attraverso questo sistema, ulteriormente aggravato.

Il sistema, dunque, è da respingere, perché grossolano ed empirico, e perché porta non ad una semplificazione ma ad una moltiplicazione degli inconvenienti che con esso si vorrebbero risolvere. (Applausi).

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Vorrei fare una brevissima osservazione a proposito dell’emendamento dell’onorevole Lucifero.

Io non conosco i classici dei sistemi elettorali e sono digiuno della dottrina elettorale, di cui così spesso qui si è parlato (senza peraltro citare nomi di sorta); però mi meraviglia come all’ingegno «quasi matematico» (per dirla con l’onorevole Micheli) dell’onorevole Dossetti sia sfuggito che è possibile pervenire allo scopo che vuole raggiungere l’onorevole Lucifero in una maniera semplicissima. Se due senatori dovranno essere assegnati ad una circoscrizione, uno poniamo democristiano ed un altro comunista, sarà dei due soltanto colui che ha avuto più voti nella circoscrizione. Ecco che così si elimina l’inconveniente lamentato dall’onorevole Dossetti e si raggiunge lo scopo voluto dall’onorevole Lucifero.

CARONIA. E il 65 per cento dove va?

MARTINO GAETANO. Ella, onorevole collega, non ha seguito l’andamento della discussione. L’ipotesi si verifica soltanto per il caso in cui due candidati di liste diverse riescono senatori in una circoscrizione mentre l’altra circoscrizione resta senza senatori. Propone l’onorevole Lucifero che in questo caso uno solo dei due sia proclamato e l’altro no. In tal modo, in definitiva, tutte le circoscrizioni avranno il loro senatore. Egli propone che sia «saltato» (così si esprime) il candidato di una circoscrizione, qualora in quella circoscrizione sia stato già assegnato un senatore.

Ciò porterebbe, come giustamente rilevava l’onorevole Dossetti, a quell’inconveniente di dover stabilire da dove si comincia. Si comincia dalla lista che ha avuto più voti, dal partito più autorevole, dal partito al Governo o dal partito all’opposizione?

DOSSETTI. Dall’ordine dei candidati.

MARTINO GAETANO. Ebbene: supposto che due candidati siano tutti e due eletti in una circoscrizione con sistema proporzionale, sarà solo proclamato quello dei due che ha avuto più voti nella circoscrizione. Noi avremo così eliminato l’inconveniente senza bisogno di ricorrere né alla dottrina né ai classici dei sistemi elettorali né alle loro meditazioni.

Concludo constatando, e con soddisfazione, che anche a parere della Commissione, come ha detto testé l’onorevole Mortati, questa legge non è una cosa seria.

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Mi permetta la sottigliezza dell’onorevole Dossetti di portare qualche chiarimento alla mia grossolanità, facendo notare che certe volte le sottigliezze sono proprio quelle che conducono a certi gineprai dove forse gli uomini più semplici e grossolani non si ficcano, perché vedono i gineprai che gli uomini sottili non vedono. Faccio notare all’onorevole Dossetti che io non sono un classico delle leggi elettorali, e non pretendo affatto che egli abbia letto i miei libri. Ma una certa conoscenza l’ho; ed un modesto libro su questa materia l’ho scritto anch’io. Quindi, se crede che io venga qui ad improvvisare, si sbaglia. (Commenti). Il problema è stato approfondito, ed io ho detto, quando ho presentato l’emendamento, che si trattava, come si dice nel mio dialetto, di un malu rimediu, cioè di un correttivo. Non ne sono affatto entusiasta.

L’onorevole Dossetti dice – e lo dissi anch’io – che il candidato eletto potrebbe essere quello che ha avuto un minor numero di voti nella circoscrizione. Ad ogni modo la qualifica politica verrebbe al candidato proclamato non certamente dalla bassa percentuale di voti avuti nella sua circoscrizione, ma da quella disgraziata applicazione della proporzionale che l’avrebbe messo in un posto inferiore in graduatoria. Il posto è stabilito dai voti personali. Probabilmente non sarebbe l’ultimo. Adeguate soluzioni in questa materia non si possono avere. Si può avere soltanto una soluzione di ripiego, ed è questa: che se per combinazione fra gli eletti secondo il sistema proporzionale non vi fosse nessuno di quella circoscrizione, si sceglierà quel candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti anche se non ha raggiunto il quoziente di collegamento. Ma la circoscrizione avrà la propria rappresentanza, anche se il rimedio è empirico ed infelice. Ma non possiamo pretendere in un sistema, che è tutto un capolavoro di infelicità, che proprio un correttivo possa essere una soluzione felice.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di esprimere il parere del Governo sugli emendamenti.

SCELBA, Ministro dell’interno. Per quanto riguarda l’emendamento Martino, che tenderebbe a sopprimere la proposta presentata dall’onorevole Mortati, per la perequazione dei collegi, devo precisare questo: nelle istruzioni date ai prefetti per la suddivisione dei collegi, fu detto che, per quanto riguardava la popolazione, la differenza fra i vari collegi non doveva superare il 10 per cento in più o in meno.

È stato assolutamente impossibile contenere la differenza nell’ambito del dieci per cento, in più o in meno. Tutti i prefetti hanno fatto osservare che concretamente, per una ragione o per altra, era impossibile creare circoscrizioni, che si aggirassero, per quanto possibile, intorno a duecentomila abitanti; e non so se l’Assemblea o la Commissione possano correggere le proposte.

Se la sperequazione è determinata dalla legge, ritengo che l’Assemblea abbia il dovere di cercare un correttivo, che metta tutti i candidati in condizioni di parità.

Per queste considerazioni, accetto l’emendamento proposto dall’onorevole Mortati mentre non posso accettare quello proposto dall’onorevole Martino Gaetano.

Per quanto riguarda il problema posto dall’onorevole Lucifero, come accennavo nel precedente mio intervento, esso fu posto alla Commissione da me chiamata a studiare e preparare il progetto. Nella relazione che accompagna il progetto, è detto che col sistema misto adottato dal disegno di legge può accadere che siano proclamati candidati con diverso contrassegno appartenenti al medesimo collegio, come può accadere che nessuno dei candidati presentati in un collegio rientri nella graduatoria dei vincitori del gruppo. Peraltro è da considerare che molto probabilmente ciò si verificherà proprio in quei collegi, nei quali non è stato possibile avere una sufficiente designazione, perché nessun candidato ha ottenuto la metà più uno.

Si è cercato di studiare la possibilità di un correttivo che garantisse ad ogni collegio un rappresentante. È stato assolutamente impossibile trovare un correttivo logico, razionale, e soprattutto che non creasse inconvenienti molto più gravi di quelli che non creerebbe l’attuale sistema, per poter assicurare ad ogni collegio il suo rappresentante.

E noi abbiamo risolto la questione dicendo che, in sostanza, la rappresentanza deve considerarsi sul piano regionale, anziché sul piano della singola circoscrizione, la quale, peraltro, non ha nessuna base solida e concreta; ma è soltanto una coacervo di comuni presi da diverse province, senza base e concretezza storica, economica, tradizionale e amministrativa, per raggiungere la cifra voluta. Ogni espediente tentato aveva questo inconveniente veramente grave che lasciava i candidati al buio circa la probabilità di successo.

Nessun candidato saprebbe qual è la sua sorte, per quanti sforzi facesse per ottenere il massimo dei votanti in quel collegio, perché potrebbe essere battuto per altre ragioni e per altre situazioni determinatesi in altri collegi. Nascerebbe quindi la impossibilità per il candidato di fare il calcolo delle proprie probabilità. Questo è un assurdo, perché il candidato deve sapere le probabilità della sua riuscita, operando in un determinato settore. Qui nessuna qualità personale e nessuna attività di propaganda, nessuno sforzo reclamistico od organizzativo potrebbero assicurare in partenza al candidato la sua elezione.

Considerare l’elezione sul piano regionale mi pare l’unica soluzione logica ed è quella adottata dal progetto ministeriale. Ripeto, ogni altra soluzione od espediente che è stato studiato e vagliato col proposito di venire incontro alle esigenze più naturali di assicurare ad ogni collegio un rappresentante, non fa che creare mali peggiori e serie sperequazioni; la soluzione adottata è quella che in ogni caso produce danni minori ed inconvenienti meno gravi, mentre sul piano razionale e logico si presenta più aderente al testo della Costituzione.

Per queste ragioni di carattere obiettivo, non possiamo accogliere la proposta dell’onorevole Lucifero.

PRESIDENTE. L’onorevole Laconi mi fa ora pervenire il seguente emendamento aggiuntivo:

«Il candidato eletto col sessantacinque per cento dei voti, secondo l’articolo 18, può rinunciare entro quarantott’ore a questa elezione. In tal caso la designazione dell’eletto nella circoscrizione ha luogo secondo le norme dell’articolo 20».

Ha facoltà di svolgerlo.

LACONI. La mia proposta tende ad ovviare, una eventuale difficoltà, che si potrà verificare nel sistema che stiamo definendo. La questione è questa: può accadere che il raggiungere il sessantacinque per cento dei voti per un determinato partito, in qualche circoscrizione, anziché essere un vantaggio, sia un danno, in quanto quel particolare partito utilizzerebbe male, attraverso questo sistema, il grande numero di voti ottenuti in un solo collegio mentre, se gli stessi voti fossero computati con la proporzionale, se ne gioverebbe per compensare eventuali deficienze di altri collegi.

In questo caso, mi pare evidente che debba essere riconosciuto al partito e al candidato la facoltà di rinunciare a questo presunto privilegio – che si è rivelato in realtà un danno – e di rientrare nella regola generale. A tal fine, deve essere consentita al candidato la facoltà di dimettersi entro quarantotto ore senza danni né per la lista, né per sé, e di vedere i propri voti calcolati secondo il sistema proporzionale che verrà adottato.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Non come membro della Commissione, ma a titolo puramente personale, mi dichiaro contrario alla proposta formulata e alla tesi svolta dal collega Laconi, poiché questa tesi se fosse accettata finirebbe con l’aumentare ancora di più quell’ibridismo che infetta questo progetto, e finirebbe anche con l’attribuire ai partiti anche la possibilità di porre nel nulla la decisione del corpo elettorale. Noi, cioè, praticamente, aumenteremmo la confusione, stabiliremmo una possibilità, in certo senso, di maggiore arbitrio, anche se questo arbitrio possa apparentemente non esistere in quanto rimesso alla volontà della direzione dei partiti. Soprattutto finiremmo con l’annullare anche quella parvenza di uninominalità, che ancora è rimasta in questo infelice progetto.

LACONI. Chiedo di parlare per chiarire il mio pensiero.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Vorrei dare un chiarimento all’onorevole Mastino, perché forse non sono stato abbastanza chiaro. Io non intendo dire che il candidato rinunci al suo posto; il candidato non rinuncia al suo posto, ma ad un determinato modo di valutazione dei suoi voti. Il pericolo che l’onorevole Mastino prospetta non esiste, perché non esiste da parte del partito la possibilità di utilizzare per determinati fini il candidato, ma esiste la possibilità del candidato di chiedere che i suoi voti siano computati secondo un sistema invece che un altro.

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Io credo che non si possa discutere questo problema senza tener conto anche delle considerazioni che sono state fatte, a proposito di un emendamento presentato da me e, contemporaneamente a me, dall’onorevole Mortati, circa l’utilizzazione dei voti oltre il 65 per cento. Al riguardo debbo ricordare all’onorevole Laconi, finissimo giurista, ma che in questa occasione potrebbe anche non essere altrettanto matematico quanto giurista, quello che ho detto un momento fa e che non ha avuto e non poteva avere smentite.

Ripeto che il 65 per cento dei voti validi, pur bastando ad attribuire un posto al candidato che li ha riportati, rappresentano molto meno delle cifre assolute che occorrono per il quoziente regionale, perché il quoziente regionale, grosso modo, è rappresentato, in cifra, dalla media dei voti dei collegi in tutta la regione, vale a dire dal 100 per cento per votanti di un solo collegio. (Interruzione del deputato Laconi).

Se non è il 100 per cento sarà il 98 per cento, ma è sempre una percentuale di molto superiore al 65 per cento. È chiaro che dividendo tutti i voti di una Regione per un divisore, che è rappresentato dal numero dei collegi, noi avremo la media dei voti di ogni collegio, e questa media costituisce il 100 per cento dei voti e presso a poco dei votanti di un solo collegio.

Ed allora è chiaro che il candidato che ha riportato il 65 per cento dei voti in un collegio viene ad avere un posto, mentre questo posto probabilmente non avrebbe apportato alla propria lista se non avessimo adottato questo sistema del 65 per cento.

Questo è un punto di carattere aritmetico, il quale dovrebbe avere qualche maggiore chiarimento.

DOSSETTI. È sbagliato. Ci vuole la lavagna!

GULLO ROCCO. Ed allora io mi permetto di rispondere a quanto ha detto prima l’onorevole Gullo Fausto parlando a nome della Commissione, e, per evitare che qualcuno dei colleghi possa essere impressionato dall’autorità che al maggior Gullo deriva anche come esponente della Commissione, per cui si potrebbe pensare che egli possa avere – essendo seduto al banco della Commissione – ragione in confronto dell’altro Gullo seduto al banco dei deputati, osservo che il mio emendamento coincide perfettamente, con l’emendamento dell’onorevole Mortati, che è stato distribuito questa mattina, e che al primo comma dice appunto: «effettua la somma dei voti validi attribuiti a tutti i candidati non proclamati eletti».

Ora, è chiaro che, per decidere su questo mio emendamento, occorrerebbe aver deciso anche su una questione proposta dall’onorevole Lucifero, perché le due questioni hanno un certo collegamento.

L’unica obiezione che si potrebbe fare, e che è stata fatta dall’onorevole Gullo Fausto, è che nel collegio dove v’è stato il 65 per cento dei voti attribuiti ad un determinato candidato, quel collegio ha già avuto la sua rappresentanza, Se andassimo all’idea che ogni collegio deve avere un rappresentante, l’argomento dell’onorevole Gullo Fausto avrebbe valore, ma ancora non abbiamo deciso al riguardo, ed io credo che anche la stessa Commissione sia di parere diverso.

In poche parole vorrei esprimere il mio parere in proposito: indubbiamente le ragioni addotte prima dall’onorevole Schiavetti e poi dall’onorevole Lucifero sono veramente gravi e importanti; ma anche essi hanno parlato di inconvenienti dell’uno e dell’altro sistema. Hanno creduto che i minori inconvenienti derivassero dal sistema di attribuire ad ogni collegio un senatore.

Sono stati prospettati anche altri inconvenienti, tra cui quello della possibilità che risultasse eletto un candidato che avesse riportato un minor numero di voti rispetto ad un altro, per rispettare il criterio della circoscrizione.

Io penso che con il sistema da noi adottato – e per cui non ripeterò tutte le critiche che sono state fatte, perché non vorrei poi che le nostre critiche fossero moltiplicate dagli elettori che dovranno votare – credo che il minore inconveniente sia quello di tener conto non tanto dell’attribuzione di un senatore per ogni collegio quanto di evitare che siano eletti dei senatori con minor numero di voti di altri candidati. D’altra parte, sia col sistema che abbiamo adottato, sia per quella che è la vita politica attuale, possiamo noi ancora pensare seriamente che un collegio elettorale sia rappresentato dalle strade, dalle case, dalle botteghe di quel determinato collegio e non già dalle correnti politiche?

Io chiedo tanto all’onorevole Lucifero quanto all’onorevole Schiavetti cosa ne penserebbero di un collegio dove vi fosse una prevalenza di voti comunisti o di estrema sinistra, che poi – per la necessità di andare a ritrovare l’eletto per quel determinato collegio – avesse come esponente un senatore monarchico; e, viceversa, di un collegio nella sua maggioranza democristiano che avesse come senatore il carissimo amico e collega Tonello. Per quanto questo sia un esempio che non possiamo fare perché il nostro collega è già senatore di diritto. Credete voi sul serio che questo collegio sarebbe sodisfatto perché ha il suo rappresentante al Senato, quando questo rappresentante non rappresenta affatto la corrente politica che vi è in maggioranza?

Nei tempi antichi, in cui il deputato veniva alla Camera, o il senatore andava al Senato, solo per chiedere il botteghino del lotto o la strada intercomunale, ciò poteva avere qualche importanza. Ma oggi si viene al Parlamento soprattutto a rappresentare grandi correnti di pensiero politico, e io ritengo che ridurre un po’ troppo in termini campanilistici la questione, preoccupandoci che il collegio di Frosinone o di Roma I non abbia il proprio rappresentante e che viceversa il collegio di Roma II ne abbia due, sia fuori della realtà.

Quindi la mia opinione (nonostante la serietà degli argomenti addotti dagli onorevoli Schiavetti, Lucifero e altri) è che non si possa non andare incontro su questo punto al pensiero della Commissione, anche per quegli inconvenienti di carattere tecnico per cui è stato riconosciuto che non era facile trovare una formula.

E allora, se l’Assemblea si pronunzierà contro la tesi della ripartizione dei seggi per ogni collegio senatoriale, mi domando perché in questo sistema – che ormai possiamo senza ipocrisia chiamare proporzionale per quattro quinti o per nove decimi (Commenti al centro) – non dobbiamo tener conto delle vaste correnti rappresentate da quel trentacinque per cento di voti che sono stati espressi anche nei collegi dove vi è stato un candidato proclamato eletto.

Non avevo bene percepito questa mattina, dalle poche parole pronunziate dal Ministro, il suo pensiero in ordine a un’ipotesi subordinata: della collocazione anche del sessantacinque per cento o della più forte maggioranza di voti riportata dal candidato proclamato eletto. Ma, dopo averci pensato meglio, credo che il pensiero del Ministro dell’interno sia stato, invece, questo (e desidererei avere un cenno di assenso): si potrebbe tener conto ai fini della formazione del quoziente regionale anche di quel 65 o più per cento dei voti riportati dal candidato eletto.

Ma è chiaro che con questo non si dovrebbe mai attribuire un premio con un posto in più a quella lista cui appartiene il candidato. Col sistema proposto faremmo qualche cosa di ancor più proporzionalistico – ed ormai ci siamo tutti adagiati a questo – ma otterremmo veramente un risultato di giustizia assoluta e verremmo anche incontro alle preoccupazioni dell’onorevole Laconi; cioè, in sede di formazione del quoziente regionale, terremmo conto di tutti i voti attribuiti a tutti i candidati, anche a quelli proclamati eletti al primo scrutinio, e verremmo poi ad attribuire questi quozienti alle varie liste. S’intende bene che per quella lista cui appartenga il candidato che è già stato proclamato eletto si dovrà tener conto del posto già ottenuto.

In tal modo noi avremo sempre un vantaggio. È giusto – ed anche se non fosse giusto, noi lo abbiamo ormai già votato – che il candidato che ha ottenuto il quorum del 65 per cento venga proclamato eletto. Ma, per una maggiore giustizia proporzionale, se così si può dire, noi dovremmo tener conto di tutti i voti ed attribuire poi alle varie liste i quozienti che spettano ad esse secondo il divisore che si andrà a stabilire. La situazione personale del candidato proclamato eletto è evidente che debba giovare soltanto allo stesso candidato eletto, come persona, mentre non può né deve giovare ancor di più alla sua lista.

Ritengo che con questo sistema si verrebbe decisamente ad ovviare a tutti gli inconvenienti, anche a quello prospettato dall’onorevole Laconi, il quale si è preoccupato dell’eventualità del candidato il quale per ipotesi riportasse non soltanto il 65 per cento, ma, poniamo, il 70 o più per cento. Egli si preoccupava che questi voti ottenuti oltre il 65 per cento non dovessero venire utilizzati, mentre è chiarissimo che col sistema proposto tale suo timore viene completamente a cadere.

In questo modo, onorevoli colleghi, noi andremo veramente incontro ad una giustizia proporzionale. In questo momento non ho ancora tradotto in termini precisi la mia proposta e del resto non vorrei sottopormi a questa fatica ove non fossi confortato dall’assenso della Commissione o del Ministro. Penso d’altronde che ognuno di noi, anche se, con l’ausilio della propria modesta esperienza, può portare un modesto contributo alla discussione, non è però sempre il più adatto ad enunciare in termini tecnici la questione.

È perciò quindi che io ho inteso semplicemente di proporre un criterio di giustizia, il quale sia soprattutto atto ad evitare malcontenti o lamentele. Vi insisto anche perché, come or ora dicevo, esso vale a tranquillizzare pure l’onorevole Laconi e vale anche ad ovviare a quegli inconvenienti che potrebbero derivare dalla possibile circostanza di un candidato che venga proclamato eletto e che ha raggiunto più del 65 per cento dei voti.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero del Governo sulla proposta dell’onorevole Gullo Rocco?

SCELBA, Ministro dell’interno. Attraverso le proposte formulate dagli onorevoli Gullo Rocco, Laconi e Mortati e da altri, possiamo sintetizzare la questione ponendo tre ipotesi.

La prima è quella prevista dal progetto governativo, il quale stabilisce che il candidato che abbia riportato un determinato quorum – nella specie, il 65 per cento – viene proclamato eletto; e in tal modo si viene ad esaurire l’elezione nel collegio, il quale, ad ogni altro effetto, viene stralciato. La proporzionale – chiamiamola proporzionale o uninominale proporzionale – si applica, cioè, esclusivamente per i collegi nei quali nessun candidato abbia riportato il 65 per cento di voti.

Seconda proposta, dell’onorevole Mortati e dell’onorevole Gullo: ferma restando la proclamazione dell’eletto che abbia riportato il 65 per cento, calcolare i voti residui riportati dagli altri candidati in questo collegio, a favore dei candidati o delle liste di candidati collegati esistenti nella regione.

Terza proposta, che può considerarsi emendativa della precedente, è quella dell’onorevole Laconi, secondo la quale, sia pure in via facoltativa, il 65 per cento dei voti del candidato che li ha ottenuti in un collegio può andare a favore di tutte le liste, Si farebbe ossia funzionare il collegio uninominale esclusivamente per la persona che ha riportato il 65 per cento dei voti, ma, nella ripartizione dei voti dei quozienti da attribuirsi alle singole liste, si terrebbe conto dei voti riportati da tutti i candidati collegati nella circoscrizione, compreso l’eletto col 65 per cento.

C’è un inconveniente in questa proposta la quale va esclusa. Il candidato che riporta il 65 per cento viene proclamato eletto; se si fa poi la ripartizione anche di questo 65 per cento e lo si aggiunge alla lista dei nomi collegati, può venir fuori un altro candidato il quale nel complesso della circoscrizione regionale riporti qualche cosa di più anche dello stesso 65 per cento, senza riuscire eletto. Non so se questo inconveniente, per il quale potrebbe essere eletto un candidato che in via assoluta riporti un numero di voti inferiore ed altro candidato collegato sia superabile per giustificare l’introduzione del sistema proposto dall’onorevole Laconi.

Se dovessi esprimere un’opinione personale, io penserei che tutto sommato la proposta si potrebbe accettare. Con questo noi aderiremmo ancora meglio al concetto regionalistico che è alla base della Costituzione.

Vedo l’onorevole Bellavista che sorride. Ma questa non è una conseguenza del mio progetto. Il mio progetto, onorevole Bellavista, ha una sua logica; se la Camera introduce degli emendamenti che possono modificarlo o snaturarlo, non posso rispondere io delle modifiche di cui è responsabile l’Assemblea. Ma, dovendo esprimere un’opinione sul problema che ci è stato sottoposto, da un punto di vista generale e di razionalità, mi sembra migliore la proposta di calcolare i voti che sul piano regionale vengono riportati da tutti i candidati ed attribuire alle liste collegate il numero che spetta loro in base ai voti riportati.

Ciò corrisponde al mio ideale politico, che è proporzionalistico, ma, ad ogni modo, lascio all’Assemblea di decidere in merito.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Un breve intervento di adesione all’emendamento dell’onorevole Laconi, sotto il profilo della logica conseguenzialità dell’emendamento allo spirito del sistema, che è stato chiamato del Minotauro, in omaggio al connubio della Pasifae democristiana col toro comunista, e che si è venuto formando qui in questa discussione degli ultimi due giorni. C’è, infatti, ormai, uno spirito del sistema, che è soltanto nella corteccia uninominalistico, ma che nella sua intrinseca sostanza (lo ha dovuto ammettere l’onorevole Ministro or ora) è proporzionalistico al cento per cento.

SCELBA, Ministro dell’interno. Al cento per cento no.

BELLAVISTA. Nella sostanza, sì, al cento per cento.

Il mio cuore si spaurisce delle ricerche di dottrina che dovrà fare il collega Mortati e delle sue trapezoidali acrobazie per poter chiamare questo sistema un sistema misto, mentre è chiaro che è un sistema proporzionale puro ed assoluto.

E allora facciamo sì che un privilegio non possa essere privilegium odiosum, e cioè che chi ha riportato il 65 per cento dei voti non abbia a risentire danno, per sé e suoi. Si abbia il coraggio di arrivare fino alle estreme conseguenze. Con ciò intendo sottolineare – me se ne dia atto – questi tre punti, che allineo in progressione criminosa e cronologica.

Una voce al centro. Criminosa?

BELLAVISTA. Sì, criminosa e lo dimostro subito. Quando avete portato il quorum al 65 per cento avete fatto quello che si chiama tentativo di procurato aborto del collegio uninominale; quando avete respinto il ballottaggio ne avete celebrato l’infanticidio; oggi, coll’emendamento Laconi, arrivate al vilipendio di cadavere. E non ne parliamo più. (Ilarità – Commenti).

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Onorevoli colleghi, ritengo che l’emendamento Laconi non possa esser messo in discussione, perché noi abbiamo già approvato l’articolo 18 dopo lunghissimo dibattito, e l’articolo 18 è rimasto come un organo teratologico che non ha più che una modestissima funzione superstite, perché è l’unico avanzo nella legge del collegio uninominale.

Il Ministro Scelba, nel suo progetto, aveva creato un collegio uninominale abbastanza logico, cioè con l’elezione a primo scrutinio in base al 51 per cento dei voti validi.

La votazione fatta in quest’Aula sulla proposta dell’onorevole Dossetti elevò il quorum al 65 percento dei votanti, cioè in pratica al 72 per cento circa di voti validi, cioè rese eccezionalissima, se non impossibile, l’elezione a primo scrutinio. Io credo che, a conti fatti, non più di una dozzina di senatori potranno essere eletti a primo scrutinio. Comunque rimane almeno in questo modo un ricordo del sistema uninominale, che, in una prima cernita di voti, potrà dare da dieci a dodici senatori eletti come rappresentanti di un vero e proprio collegio uninominale.

L’emendamento Laconi va quindi contro il testo già approvato dell’articolo 18. A parte l’inconveniente gravissimo, messo testé in luce dal Ministro Scelba, per cui potrebbe darsi che anche quei pochissimi senatori, veri campioni nazionali, che hanno ottenuto il 72 per cento dei voti non fossero poi eletti e al loro posto venissero eletti altri con un numero maggiore di voti, noi avremmo che in questo modo il primo scrutinio non si farebbe più, perché i candidati eletti, o per loro volontà o perché così consigliati dai loro partiti, avrebbero la possibilità di rinunziare all’elezione per ridare al partito la somma dei voti che hanno ottenuto. E allora si potrebbe dire molto più semplicemente che nessuno verrà eletto a primo scrutinio, ma che si faranno subito e senz’altro le operazioni richieste dall’articolo 20. Sarebbe più logico, più onesto e più chiaro. Aboliamo cioè ogni traccia di questa specie di dito di cavallo rimasto appeso alla legge, e facciamo la proporzionale pura con tutte le sue conseguenze. Soltanto così ovvieremo ad ogni inconveniente.

Quindi ritengo che l’emendamento Laconi non si debba neanche mettere in votazione, perché urta contro una votazione già fatta, che ha stabilito che almeno un certo numero di senatori venga eletto col sistema uninominale.

Non posso neanche accettare l’emendamento dell’onorevole Rocco Gullo, perché anch’esso presenta un altro gravissimo inconveniente, e cioè: se noi riversiamo nella massa dei calcoli proporzionali anche i voti di quei candidati che sono rimasti soccombenti nel collegio che ha dato un senatore eletto, noi alteriamo la votazione, perché dovremmo allora calcolare anche i voti del senatore eletto, cioè dovremmo sommare i voti di tutti. Ma allora noi cambiamo profondamente i risultati, perché quel collegio, che ha già avuto il suo rappresentante eletto a collegio uninominale a primo scrutinio, rimesso con tutti i suoi voti nel giuoco della proporzionale, turba la situazione degli altri collegi. Invece, quel collegio è già a posto, la sua funzione elettiva è completamente esaurita, esso ha dato il suo completo risultato ed il senatore è stato eletto da quei duecentomila elettori, dagli elettori di quella zona, chiusa nel cerchio geografico di quel collegio, che ha raggiunto così completamente il suo scopo.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. È sistemato.

PERSICO. È sistemato per sempre. Quindi è inaccettabile la proposta dell’amico Rocco Gullo.

E vorrei dire anche una sola parola (se mi consente il Presidente) all’amico Lucifero. Fui proprio io, in Commissione, che sollevai la questione della necessità di eleggere un senatore per collegio; ma ho riflettuto moltissimo e, per quanto mi sia scervellato, mi sono dovuto convincere che non c’è un sistema per risolvere il problema. Non c’è che un sistema: quello di proclamare l’ingiustizia! Quindi a questo effetto il collegio uninominale diventa collegio regionale; cioè, dopo l’elezione di quei pochissimi senatori che verranno subito proclamati, il collegio uninominale si fonde con tutti gli altri collegi della Regione in un solo collegio. E allora è indifferente che il senatore eletto vada attribuito all’uno o all’altro collegio, perché è la Regione che nomina i senatori, non sarà più Caserta o Santa Maria o Sessa Aurunca che avrà il suo senatore, ma sarà la Regione campana che avrà nel suo complesso un certo numero di senatori.

L’onorevole Lucifero ha scritto un libro in materia elettorale, che ho letto molto attentamente. Questo problema non è trattato nel suo libro, perché allora non sorgeva. Ma anche se egli se lo fosse proposto, col suo altissimo ingegno e con la sua esperienza specifica, non avrebbe mai potuto trovare una soluzione al problema, perché il problema è insolubile. Non c’è che una soluzione: legalizzare l’ingiustizia, e questa non possiamo accettarla!

Quindi sono nettamente contrario agli emendamenti presentati dai colleghi Gullo Rocco e Laconi, che sconvolgono tutti e due i criteri fondamentali della legge in discussione.

PRESIDENTE. La Commissione ha qualcosa da aggiungere?

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione ha già esposto il suo avviso sopra i vari punti. Non credo quindi di avere nulla da aggiungere.

Per il progetto dell’onorevole Laconi, la Commissione non è concorde e quindi si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha da aggiungere qualcosa?

SCELBA, Ministro dell’interno. No.

PRESIDENTE. Si può allora passare alla votazione di questo lunghissimo articolo e degli emendamenti proposti. Data l’ora tarda e la complessità delle votazioni, le rinvio alla seduta pomeridiana.

La seduta termina alle 12.50.