ASSEMBLEA COSTITUENTE
CCCLXIII.
SEDUTA DI DOMENICA 25 GENNAIO 1948
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI
INDICE
Disegno di legge (Seguito della discussione):
Norme per l’elezione del Senato della Repubblica (61).
Presidente
Scelba, Ministro dell’interno
Reale Vito
Russo Perez
Martino Gaetano
Dossetti
Mazzei
Bellavista
Condorelli
Dominedò
Basile
Candela
Morelli Renato
Gullo Fausto, Relatore per la maggioranza
Mortati, Relatore per la minoranza
Caroleo
Lucifero
Micheli, Presidente della Commissione
Uberti
Persico
Gullo Rocco
Leone Giovanni
Stampacchia
Scoccimarro
Votazione segreta:
Presidente
Risultato della votazione segreta:
Presidente
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 9.
MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.
(È approvato).
Seguito della discussione del disegno di legge: «Norme per l’elezione del Senato della Repubblica». (61).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: «Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica». (61).
SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare per una mozione d’ordine.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. A me pare che, in via preliminare e pregiudiziale, sia da risolvere questa questione: se, nessuno raggiungendo al primo scrutinio la percentuale di voti prevista dall’articolo 18, già approvato, si debba procedere al ballottaggio, salvo a precisare poi se vi debbano partecipare i due candidati con maggior numero di voti o tutti i candidati, o se si debba adottare altro sistema.
Questa è una questione di carattere generale, che, secondo me, deve essere affrontata e risolta prima delle questioni di carattere particolare. (Commenti).
PRESIDENTE. Gli onorevoli Candela, Reale Vito e Villabruna hanno presentato il seguente articolo 18-bis:
«Qualora nessun candidato sia stato eletto nella prima votazione, il Presidente dell’ufficio elettorale centrale proclama il ballottaggio tra i due candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti validi. Nel caso in cui due o più candidati abbiano conseguito lo stesso numero di voti validi, entra in ballottaggio il più anziano di età.
«Alla elezione di ballottaggio si procede nella seconda domenica successiva a quella della votazione».
In assenza dell’onorevole Candela, primo firmatario, ha facoltà di svolgerlo l’onorevole Reale Vito.
REALE VITO. Il sistema del collegio uninominale ha per presupposto il ballottaggio, qualora non si raggiunga il quorum stabilito. L’Assemblea non è stata invitata a modificare sostanzialmente il progetto ministeriale, perché questo, che consentiva la elezione a primo scrutinio colla maggioranza dei votanti del 51%, creava una situazione evidente per il ballottaggio.
Si trattava di stabilire se al ballottaggio bisognava arrivare soltanto coi due primi candidati, oppure con tutti i candidati. La Commissione proponeva un ballottaggio speciale, cioè la ripetizione dell’elezione fra tutti i candidati, deformando così la concezione semplice e tradizionale del collegio uninominale. La Commissione propose questo emendamento. Avverso questo emendamento il collega Candela ed io, assieme ad altri, abbiamo voluto tentare di ripristinare il ballottaggio tradizionale tra i due primi candidati, tra quelli cioè che avevano raggiunto il maggior numero di voti. È su questo che richiamo l’attenzione dell’Assemblea: attraverso l’emendamento che ieri sera l’Assemblea ha votato, si tenta di toglier vita ed esistenza al collegio uninominale, perché un collegio uninominale senza l’esperimento del ballottaggio, praticamente è inesistente e non può aver efficacia. Con un quorum del 65 per cento, la votazione a primo scrutinio è una votazione puramente platonica e quindi è inevitabile il ballottaggio su tutta la vasta scala dei collegi senatoriali. Si vorrà arrivare al ballottaggio classico (cioè tra i due primi candidati) ed accettare l’elezione di quel candidato che abbia riportato la maggioranza dei votanti, oppure si vorrà arrivare, attraverso quell’espediente, ad un nuovo e diverso sistema di votazione? Se la prima ipotesi è l’esatta, se io interpreto nel senso che si è voluto elevare il quoziente, per poter ripetere, in un’atmosfera più serena, la seconda elezione, non rimane che adottare il ballottaggio classico e consentire che la votazione si ripeta soltanto fra i due primi candidati. Se, diversamente, si vuole arrivare, attraverso questo espediente, a svisare completamente l’istituto del collegio uninominale, è evidente che noi ci troviamo di fronte ad una proposta la quale deforma ciò che l’Assemblea aveva deliberato, ciò che ieri sera l’illustre nostro Presidente ha ritenuto preclusivo ad ogni altro tentativo; se cioè si vuole arrivare ad istituire – attraverso l’impossibilità dell’elezione a primo scrutinio – lo scrutinio successivo sotto forma di scrutinio di lista, noi ci troveremmo di fronte di nuovo ad una situazione che l’Assemblea ha, con due successive e solenni votazioni, riprovato. (Commenti al centro).
CINGOLANI. Il «solenni» lo lasci nel vocabolario!
REALE VITO. I democratici cristiani trovano solenni solo le manifestazioni e la deliberazioni che fanno loro comodo; (Commenti al centro); le altre deliberazioni non sono tali.
Io voglio richiamare l’attenzione dei miei egregi amici sulla gravità della nostra votazione. Io voglio ricordare loro che il fascismo è sorto soprattutto dalla violazione del diritto costituzionale.
PICCIONI. È sorto attraverso il collegio uninominale!
REALE VITO. È sorto soprattutto perché o il re non ha voluto consentire a firmare il decreto di assedio, o ha ritirato la sua firma ad un decreto di assedio. Ieri sera un personaggio, al quale ho avuto l’onore di rivolgerei la parola, ha dimostrato la diversità di regime del 1922, rispetto a quello del 1948, quando cioè ha sentito la gravità della deliberazione a cui era chiamato ed ha pensato che violare la Costituzione significa aprire la via a soluzioni rivoluzionarie ed impensate.
Io voglio ricordare ai miei egregi amici che, qualunque cosa si dica delle votazioni solenni o non solenni, noi ora ci troviamo in questa situazione: l’Assemblea ha ripudiato, per l’elezione del Senato, il sistema di lista ed il sistema proporzionale. Li ha ripudiati in modo sicuro. Ma, se questo non fosse veramente certo e sicuro, di un fatto non si può discutere e non si può dubitare e cioè che vi sono larghe correnti in questa Assemblea e nel Paese che vogliono, che pretendono che quella votazione sia valida, che quella preclusione sia esistente.
Io ricorderò che in tal senso ha parlato l’onorevole Targetti, che non rappresenta una corrente trascurabile nella vita del Paese; in tal senso ha parlato l’onorevole Giannini, che rappresenta una corrente rispettabile nel Paese; nello stesso senso ha parlato l’onorevole Lucifero. Ciò significa che una larga, un’imponente formazione politica del Paese pensa che se noi adottiamo il suffragio a scrutinio uninominale col sistema proporzionale incominciamo molto discutibilmente, la nostra vita costituzionale. E noi compiamo un atto di una gravità eccezionale se iniziamo la nostra esistenza con una violazione della Carta costituzionale, su cui ancora l’inchiostro della stampa è fresco.
Voglio richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla gravità della situazione presente. Noi ci troviamo con poteri limitatamente prorogati, nella impossibilità di prorogarli o di modificarli, ci troviamo nella condizione di un’Assemblea che, per aver votato la Costituzione, ha cessato di vivere e sopravvive soltanto per compiti ben delimitati e ben circoscritti. Noi abbiamo soltanto il compito di attuare ciò che l’Assemblea, nella pienezza delle sue funzioni, ha deliberato ed ha deciso. Noi non possiamo violare quelle deliberazioni, non possiamo violare quelle norme che l’Assemblea ha indicato a noi di concretare. Se noi il contrario facessimo, se volessimo con un tratto di penna cancellare il collegio uninominale e sostituirlo attraverso parole di discutibile valore morale, se questo facessimo, noi precipiteremmo in una situazione rivoluzionaria (Commenti al centro). Signori, domani, chi non gradirà il risultato dell’elezione, avrà un’arma giuridica e morale nelle mani per far saltare tutta la vita costituzionale del Paese. La Costituzione prevede l’esistenza di un Senato, ma prevede l’esistenza di un Senato eletto legittimamente, in base ad una legge legittima. Se il Senato, che è un organo fondamentale della vita del Paese, dovesse sorgere illegittimamente, in base ad una legge che contraddice a principî fondamentali da noi accettati tutta la vita costituzionale ne sarebbe profondamente scossa. (Commenti al centro).
Coloro i quali credono di avere facili previsioni e soluzioni, si mettano davanti a questo problema e lo esaminino con serenità di coscienza ed in tutta la sua gravità ed importanza.
Io ho compiuto il mio dovere nel richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla gravità del problema e sulla responsabilità che essa deve assumere. L’Assemblea ha una via soltanto: quella di regolare, di reggimentare il sistema del ballottaggio in modo che la sua deliberazione sia conforme e adeguata alle deliberazioni precedenti.
Ho compiuto il mio dovere; la Presidenza prima, l’Assemblea dopo, compiranno il loro, e noi andremo alle urne per ridare alla nuova vita democratica e costituzionale del Paese quegli organi legittimi che noi abbiamo voluto che essa avesse per poter compiere il suo cammino e per poter raggiungere quelle mete di libertà di democrazia che sono in cima ai nostri pensieri. (Commenti al centro – Approvazioni).
RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO PEREZ. Io desidero dire che quanto affermai nel mio breve discorso dell’altro giorno è stato considerato da taluni come un atteggiamento poco riguardoso per gli amici della Democrazia cristiana. Credo che questo non sia esatto. Io mi soffermai sul quesito se il sistema del Collegio uninominale possa aprire, come diceva in un suo recente articolo Don Luigi Sturzo, delle prospettive rosse a Palazzo Madama.
Io dico che questo è possibile, ma soltanto in funzione di un altro elemento, che è in mano vostra. Per esempio, prospettavo questa ipotesi: blocco dei partiti di estrema sinistra, che presentano ed appoggiano un solo candidato; dall’altra parte un candidato della Democrazia cristiana e candidati di almeno tre o quattro altri partiti. In questo caso il sistema uninominale aprirebbe delle rosee prospettive ai rossi… (Commenti al centro – Interruzione del deputato Cingolani). Facciamo un’altra ipotesi: blocco delle sinistre, che presentano ed appoggiano un candidato; dall’altra parte la Democrazia cristiana, la quale, accorgendosi che un candidato appartenente ad altro partito, o anche a nessun partito, è degno di essere appoggiato, non presenta candidati propri e decide di appoggiare quel candidato. Allora si sarebbe in parità di condizioni. Io dicevo: suppongo che la Democrazia cristiana abbia tale amore per il Paese, tale spirito di sacrificio da saper fare questo; in tal caso il Collegio uninominale può essere sostenuto, perché esso non apre delle prospettive rosse a Palazzo Madama.
Ma se, viceversa, dalla Democrazia cristiana mi si confessa qui, pubblicamente, non nei privati conversari, che di sacrifici non son capaci, debbo essere io stesso pronto a sacrificarmi nell’interesse del Paese, e voterei, secondo il loro desiderio, per la proporzionale, in una o in un’altra forma.
Veniamo adesso al lato pratico della questione. Questa battaglia, ricca di finte, di accorgimenti, di aggiramenti…
MORO. Soprattutto di aggiramenti…
RUSSO PEREZ. …s’è già svolta in seno alla Commissione.
L’onorevole Persico ricorda perfettamente quella giornata in cui si era stabilito il 25 per cento come quorum sufficiente per la proclamazione del candidato. Poi, dopo l’episodio che non desidero ricordare, perché non sarebbe di buon gusto, si arrivò al 40 per cento. Quindi gli amici della Democrazia cristiana e l’onorario democristiano Lami Starnuti si affidarono all’acrobatismo giuridico dell’onorevole Dossetti per cercare di arrampicarsi oltre il 40 per cento, ma la Commissione disse: basta! Perché si comprende che, nella serie degli esperimenti, si possa salire oltre, ma soltanto sino a quando non sia intervenuta una decisione positiva; è logico che, quando questa ci è stata, sia assolutamente esclusa la possibilità di andare avanti. Quando ci fummo messi d’accordo su questo punto, fu posta la questione: quando il candidato non avrà raggiunto a primo scrutinio il quorum del 40 per cento, che cosa si farà? Nuovo tentativo dei proporzionalisti; i quali sostennero che allora si dovrebbe passare all’agganciamento. Ma era facile rispondere, e fu risposto, che ciò non era possibile perché si sarebbe scivolato dal collegio uninominale al sistema di lista. Non vi sono, si rispose, che due sistemi: quello del ballottaggio tra i due candidati che hanno riportato il maggior numero di voti, oppure il sistema, proposto dall’onorevole Persico, cioè una nuova votazione tra tutti i candidati che hanno partecipato alla prima elezione.
Richiamo questo precedente per dirvi: nel momento in cui vi accingete a votare pro o contro il ballottaggio, non fatevi illusioni, non crediate che, respingendo il ballottaggio, potrete tornare all’agganciamento. Ci potrete tornare con la prepotenza, con l’accordo con quelli che sono stati più furbi, perché avete loro regalato il voto obbligatorio e non avete ricevuto il corrispettivo, tanto che un giurista potrebbe annullare questo contratto, appunto per mancata corresponsione della contropartita… Non fatevi illusioni e votate pensando che, se escludete il ballottaggio, non avrete altra via d’uscita decente da prendere.
Nel collegio uninominale ci siamo, e bisogna rimanerci. Quando in commissione si decise questo problema, non era stata proclamata la preclusione, da parte della Presidenza; vi era l’ostacolo costituito dal fatto che i lavori dell’Assemblea ormai erano chiusi e non si poteva in essa riprendere la questione. Adesso il problema non è stato risolto soltanto dal punto di vista sostanziale, ma anche dal punto di vista formale, procedurale, ed è stato risolto anche in relazione al Regolamento della Camera, il quale, mediante l’articolo 89, rettamente interpretato ieri dall’onorevole Presidente Conti, vieta che comunque venga riproposto all’esame dell’Assemblea.
Per conseguenza, attenti ai mali passi! Voi potrete fare quello che vorrete, un colpo di prepotenza, di forza; ma badate che questi colpi di forza si scontano nella storia! (Commenti al centro). È vero che può sembrare esagerato quello che qualcuno ha detto, che, cioè, venga minata alla base la Costituzione, ma un fiero colpo, voi della Democrazia cristiana, certamente glielo avete inferto. Potrei sorriderne io, che ho votato, nella votazione finale, contro il nuovo Statuto, ma voi dovreste preoccuparvene.
Ripeto concludendo: attenti ai mali passi: se voi respingete il sistema del ballottaggio, non potete tornare decentemente, per ovvie ragioni giuridiche e, soprattutto, morali, al sistema a voi caro dell’agganciamento, che è un sistema nettamente proporzionalistico.
MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARTINO GAETANO. Onorevoli colleghi, ascoltando il discorso dell’onorevole Reale e le parole ora pronunciate dall’onorevole Russo Perez, a me è venuto un sospetto: il sospetto che io abbia sognato, che cioè non sia stata già decisa con l’autorevole parola del Presidente la questione di cui ora nuovamente ci occupiamo (Interruzione dei deputati Moro e Dominedò).
Io credo che il Presidente dell’Assemblea non avrebbe deciso illegalmente una questione; se egli dunque l’ha decisa, è certo che la sua decisione ha valore di legge. Del resto, non è a giuristi del valore dell’onorevole Moro e dell’onorevole Dominedò che un non giurista come me deve preoccuparsi di dimostrare che il Presidente non solo ha il diritto, ma il dovere di impedire che una questione risolta venga riproposta.
Dicevo, onorevole Presidente, che quel sospetto mi era venuto. Senonché io mi sono fornito del resoconto sommario della seduta pomeridiana di ieri ed ho potuto con soddisfazione constatare che il Presidente effettivamente ieri una soluzione adottò sulla questione, che ora vedo, non so perché, risollevata dagli onorevoli Reale e Russo Perez.
Che cosa disse ieri il Presidente? Dopo aver fatto la storia delle varie fasi dei lavori dell’Assemblea intorno a questo problema e delle decisioni dalla medesima Assemblea adottate, egli si espresse nei termini seguenti:
«Devo ottemperare al disposto dell’articolo 89 del Regolamento e risolvere la questione. Vi ho pensato molto: ho ascoltato con grande attenzione i discorsi di tutti coloro che sono intervenuti e mi sono fatto carico della gravissima responsabilità che assumo. Ritengo che sussista la preclusione e che sia necessario passare senz’altro all’esame dell’articolo 7 del Testo presentato dal Governo».
La questione dunque è stata risolta ed è stata definitivamente risolta: io non ho su questo, onorevole Presidente, alcun dubbio. Tutta la sua vita, onorevole Presidente, è un fulgido esempio di nobilissima coerenza che rappresenta per noi la massima garanzia che quanto la Presidenza ieri sera decise sarà da questa Assemblea oggi e domani rispettato.
DOSSETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOSSETTI. Ancora una volta si è tornati su problemi che hanno formato oggetto di vivaci discussioni e solo in apparenza, onorevole Martino, di risoluzione. Io non starò qui a manifestare il mio stupore, sia per le affermazioni fatte ieri in questa Assemblea, sia per la decisione presa, sia per la montatura giornalistica, di cui danno un significativo esempio alcuni giornali questa mane, in ordine a un problema che ha carattere giuridico ben preciso e su cui, modestamente, mi riserbo di tornare in tempo non sospetto e in sede meramente dottrinale.
Accennerò ora soltanto al motivo del mio stupore e cioè al fatto che si voglia continuare a sopravalutare un atto dell’Assemblea, indubbiamente significativo ed importante quale può essere un ordine del giorno, e si trascuri completamente la portata di un articolo della Costituzione, e cioè dell’articolo 57.
Io sono, non soltanto dal punto di vista di uomo di partito e di interessato a questa questione, ma da un punto di vista assolutamente obiettivo di modesto studioso, perfettamente convinto che nelle decisioni di ieri sera è stata assolutamente trascurala la portata dell’articolo 57 e il significato che dall’articolo 57, per la espressa menzione della base regionale e soprattutto della nuova configurazione del collegio nelle dimensioni dei duecentomila abitanti, veniva al collegio uninominale.
Si continua ad insistere su un concetto di collegio uninominale, come se questo concetto fosse definito su un archetipo ormai per tutti i secoli consacrato, e invece non si rileva che il collegio uninominale è un genere, non una specie nettamente individuata; non è un concetto, ma è un dato storico, il quale, quindi, consente le più varie applicazioni concrete. (Commenti – Interruzioni del deputato Bellavista).
Ma non potete ricostruirlo unicamente sul dato storico!
Ad ogni modo, ora è sicura una cosa: che il concetto del collegio uninominale – come voi volete – sia pure partendo da un dato storico, è stato in linea di principio accettato nelle nostre deliberazioni. Noi abbiamo preso ieri una deliberazione, per la quale c’è in linea teorica e in linea di fatto la possibilità di elezione di candidati a collegio uninominale. Resta ora da risolvere un problema, che noi dobbiamo in questa sede risolvere, senza naturalmente lasciarci troppo impressionare dai dati empirici da noi conosciuti, sulla situazione politica concreta del nostro Paese. Noi non dobbiamo ora andare ad esaminare in concreto le singole situazioni circoscrizionali; perché questo potrà farci avere una idea circa i risultati pratici del sistema adottato, ma non sposta neppure di una virgola il significato e la portata della norma legislativa.
Noi abbiamo adottato il concetto storico, come volete, del collegio uninominale, e ora si tratta soltanto di decidere, non quale debba essere il sistema che noi adottiamo nelle elezioni, ma di decidere quali saranno le sorti dei collegi vacanti e dei voti non assegnati, in seguito al quorom da noi prescritto. (Commenti). È quindi soltanto una destinazione di resti e di seggi vacanti quella su cui noi dobbiamo deliberare.
Ora, per questa destinazione ci possono essere varie soluzioni. La soluzione del ballottaggio non è in alcun modo una soluzione necessaria. Gli onorevoli Martino, Reale, Russo Perez mi devono dimostrare preventivamente questa assoluta connessione, che del resto è smentita da altri esempi storici di collegio uninominale.
RUSSO PEREZ. Lei deve dimostrare che l’agganciamento sia compatibile con il collegio uninominale.
DOSSETTI. La soluzione del ballottaggio è solo una delle soluzioni possibili, tanto è vero che la maggioranza della Commissione ha trovato un’altra soluzione: quella della ripetizione delle elezioni. Quindi, con questo si dimostra che vi è già la possibilità di una altra soluzione; e poi ce n’è una terza che è quella conforme – vi prego di ricordarvi di questo benedetto articolo 57 della Costituzione – la sola conferma alla portata dell’articolo 57 della Costituzione: cioè l’utilizzazione in sede regionale dei resti e dei seggi non assegnati.
Ora, troppo già si è insistito in questa Assemblea – e chiaramente vi allude la relazione del Governo – in ordine agli innegabili inconvenienti pratici del sistema del ballottaggio, perché io vi possa convenientemente ancora insistere.
Quanto poi all’altra soluzione, alla soluzione adottata dalla maggioranza della Commissione, essa contiene tutti gli inconvenienti pratici del ballottaggio; ed in più contiene l’inconveniente ancora più grave di riprodurre nella sua integrità la lotta elettorale e non dar luogo a risultati che siano in qualche modo congruenti e compatibili colle deliberazioni di ieri.
Perché sarebbe assurdo che dopo aver prescritto ieri che per la proclamazione a primo scrutinio è necessario il sessantacinque per cento di voti, si addivenisse poi ad una soluzione che attribuisse il seggio a chi raggiungesse una maggioranza relativa di bassissimo tenore.
Quindi non resta altro, come unica soluzione logica, coerente e praticamente rispondente alla situazione politica – quindi tale da non determinare incresciosi inconvenienti nella lotta elettorale – che adottare la soluzione di utilizzare i seggi e i resti vacanti non in contraddizione, ma finalmente in applicazione dell’articolo 57 della Costituzione in sede regionale. (Applausi al centro).
MAZZEI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAZZEI. Poiché è in atto una discussione generale, io devo anche a nome del Gruppo repubblicano fare alcune considerazioni.
Il dibattito ha preso un rilievo di notevole importanza politica, non è stato semplicemente un dibattito tecnico, e perciò le considerazioni che farò non possono limitarsi a rilievi di ordine tecnico.
Quale è stato il motivo fondamentale che reggeva le argomentazioni dei sostenitori del collegio uninominale?
A prescindere dalle argomentazioni di carattere costituzionale, dalle argomentazioni di ordine giuridico formale relative alle precedenti deliberazioni dell’Assemblea, come l’ordine del giorno Nitti e altre deliberazioni già adottate, la tesi di fondo dei sostenitori del collegio uninominale era esattamente questa: che il collegio uninominale poteva servire, oltre che a differenziare la seconda Camera, soprattutto a mettere un po’ in movimento la situazione politica italiana, nel senso di sbloccare la cosiddetta «partitocrazia».
Si ritiene cioè, che il collegio uninominale possa avere la straordinaria virtù di correggere forse quello che è un difetto del sistema democratico, di avere troppe forze organizzate, e di vedere qualche volta sacrificata la più ampia libertà e lo sviluppo dell’autonomia individuale alle esigenze di partito.
Ora io osservo che alla base di questo ragionamento c’è un vizio: non è la proporzionale che crea il sistema partitocratico; è la realtà irrevocabile dei grandi partiti organizzati, caratteristici nella democrazia contemporanea, che generalizza l’esigenza proporzionalistica.
La proporzionale è l’effetto della mutata situazione sociale, ed è subentrata quando il regime dei partiti era già diffuso, quando esistevano e c’erano già i partiti di massa, per cui non si poteva non tener conto di questa nuova realtà, e sorgeva la nuova esigenza di differenziare le minoranze da queste forze organizzate. Da questo concetto è nata l’esigenza proporzionalistica.
Quando si dice che noi abbiamo qui un punto fermo, cioè che dobbiamo adeguare il sistema elettorale per il Senato al principio del collegio uninominale da noi precedentemente accolto, allo scopo di caratterizzare in modo diverso le due Camere, ciò non significa che il sistema del collegio uninominale debba essere sempre quello del 1870.
Ci può essere un collegio uninominale tipo ’800, e ci può essere un sistema di collegio uninominale diverso nel 1948.
E non può non essere così, onorevoli colleghi, perché la realtà dei partiti è un fatto indiscutibile, storicamente irreversibile al quale non ci possiamo sottrarre. Quindi la importanza di questo problema va al di là della discussione tecnica. Se vi fate questa illusione: che col collegio uninominale voi smontate la formidabile macchina dell’organizzazione dei partiti, io vi dico che voi non tenente conto di una realtà profondamente vera. I partiti sono oggi qualche cosa che è base ed è presupposto della vita democratica; e allora, in questa situazione, l’esigenza di difendere le minoranze è esigenza preminente, perché, se i piccoli partiti vengono schiacciati – come accadrebbe fatalmente nel sistema uninominale tradizionale – se questo avvenisse, noi avremmo proprio sacrificato la preminente esigenza democratica, che è quella di vedere rappresentate nelle Assemblee legislative tutte le possibili opinioni che sono nel Paese.
E allora dico che dobbiamo creare un sistema di collegio uninominale che abbia la possibilità di garantire le minoranze.
Accadeva in passato, che col vecchio sistema uninominale le minoranze venissero garantite e rispettate, perché allora le personalità avevano un peso ben maggiore che non oggi, gli individui che si presentavano al giudizio degli elettori avevano un peso di per sé. Ma oggi che ci sono i partiti organizzati, se i partiti organizzati, se i grossi partiti – per ipotesi, in un collegio X – non hanno un uomo adeguato, ma tireranno fuori un uomo qualsiasi, anche di scarso valore, e questi si troverà ad avere il suffragio perché è di quel determinato colore politico.
Perciò, non basta mutare il sistema elettorale per mutare lo spirito politico che sta alla base delle democrazie contemporanee, così come sono attualmente costituite.
Io mi auguro quindi, che l’introduzione di questo sistema che ha qualche cosa dell’uninominale, possa far reagire l’opinione pubblica nel senso di confrontare le varie personalità che si presentano, e possa fare reagire le masse fluttuanti anche nei confronti di quei partiti che non sentono eventualmente la responsabilità di presentare candidati all’altezza della situazione. E questo può giovare a quelle formazioni, a quei partiti che sanno scegliere uomini più degni.
Ma io credo che questo risultato si sarà già sufficientemente ottenuto quando noi avremo adottato il piano che si riporta nelle sue linee fondamentali al progetto del Ministro Scelba, perché vi sarà un individuo che si presenterà alla lotta in persona propria, e poi avremo l’utilizzazione dei voti in un secondo tempo.
Avremo questa lotta, imperniata su un individuo, che ha la possibilità di introdurre questa utile modificazione (se ne è capace e nella misura in cui ne è capace) nel nostro sistema democratico.
Io sono piuttosto scettico circa i risultati in questo senso (e questi sarebbero i risultati profondi che si vorrebbero veder discendere dalla adozione del collegio uninominale), ma se anche ci saranno noi ce li saremo assicurati in precedenza, con un sistema come questo.
D’altra parte la utilizzazione dei resti, col sistema che proponiamo (che è, in sostanza, il sistema ministeriale con qualche modificazione), consente la garanzia delle minoranze ed evita quella lotta politica polarizzata, a cui noi partiti intermedi ci siamo sempre opposti, perché non abbiamo affatto piacere di vedere diviso il Paese in bianchi e neri. L’ha detto più volte il nostro Pacciardi e noi abbiamo ragione di ripeterlo: non vogliamo vedere sistemi che possono condurre ad una lotta di questo genere, e anche il sistema elettorale può contribuire a creare uno schieramento di questo tipo. Il sistema elettorale che conduce ad una forma di lotta politica di questo tipo è indubbiamente il collegio uninominale tradizionale col ballottaggio, che vorrebbero i nostri amici, i quali, ancorati ancora ad un tradizionalismo liberale, che può essere apprezzabile e rispettabile, ma che qualche volta non guarda a fondo le cose, non vedono le più gravi ripercussioni del sistema da loro patrocinato.
Con questo, ho detto le ragioni politiche profonde che ispirano l’adesione dei repubblicani al sistema misto; non è una adesione di mera utilità elettorale, ma è una adesione basata su una valutazione realistica della situazione politica che effettivamente non può essere modificata dal sistema elettorale, ma in cui indubbiamente la scelta di un sistema elettorale può influire per far valere certe esigenze che sono esigenze indistruttibili, o per sopprimere queste esigenze.
Io concludo e spero che l’Assemblea si sarà resa conto che noi nel sistema misto non vediamo un espediente comodo, per fini di partito, ma l’unico, possibile sistema di collegio uninominale nella situazione presente. (Applausi).
BELLAVISTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELLAVISTA. Onorevoli colleghi. Brevi osservazioni di replica a quanto ha sostenuto – questa volta non con l’acutezza che gli è propria – l’assente collega Dossetti. Qui bisogna pigliare le mosse da qualche cosa che dovrebbe essere molto famigliare a un giurista della fama e del valore di Dossetti. Si sa che una norma non nasce tutto ad un tratto, come Minerva armata dalla testa di Giove, dai bernoccoli del legislatore, ed, in questo senso, grande aiuto – anche se spesso ci si dimentica di ciò – ci offrono i lavori preparatori.
L’onorevole Dossetti ha dato oggi un interpretazione non perfettamente conforme a quella che alcuni mesi fa – precisamente nella seduta pomeridiana dell’8 ottobre 1947 – lui stesso, come vi dimostrerò ed altri del suo partito, hanno dato sull’inequivocabile posizione dei giuristi in fatto d’interpretazione dell’articolo 57 a seguito dell’ordine del giorno preapprovato Nitti-Togliatti.
Disse in tale seduta l’onorevole Gronchi (pagina 1020 del resoconto stenografico): «Quelli che, come noi, pensano che gli ordini del giorno Nitti e Giolitti siano vincolativi soltanto per questa Assemblea, e cioè che le elezioni, rispettivamente per la Camera dei deputali e per la Camera di senatori debbano avvenire l’una col sistema proporzionale, l’altra col sistema uninominale, sostengono il principio che non sia utile includere né l’una norma del sistema proporzionale, né l’altra del sistema uninominale nella Costituzione. Gli altri che sostengono di introdurre nella Costituzione le due norme, pensano che si debba costringere le future Camere ad una revisione della Costituzione in sede di pura e semplice discussione della legge elettorale.
«La questione – diceva l’onorevole Gronchi – è così: non ci sono né truffe, né retro pensieri, né altre diavolerie che durante la discussione sono apparsi come fantasmi contro cui si combatte con la stessa illusione con la quale Don Chisciotte combatteva contro i mulini a vento. Questa è la questione – diceva l’onorevole Gronchi – la quale andrebbe mantenuta puramente e semplicemente nei suoi termini che sono così chiari». Il resoconto registra: «approvazioni al centro» (Interruzione del deputato Uberti).
Non si parla qui dell’onorevole Uberti; però il partito era altamente rappresentato da un giovane che correva in soccorso del leader del gruppo parlamentare del centro, dando altri validi argomenti alla tesi sostenuta dall’onorevole Gronchi. Su questo punto non c’era equivoco. Ma ora l’equivoco risorge.
Riecheggia il quid est veritas di Gesù Cristo davanti a Ponzio Pilato. La verità è questa. L’onorevole Dossetti è assente. Farei torto a lui che è un dogmatico e che ha il culto della logica formale, credendo che lui ritenga che quello del collegio uninominale non sia un concetto. E cos’è allora? Non so se sia sogliola o pesce spada. (Si ride). A me pare un concetto dal punto di vista della logica formale. Ma qual è il concetto del collegio uninominale? C’è un modo semplicissimo per delineare il «concetto».
ANGELINI. Il vecchio concetto del collegio uninominale non ha più valore.
BELLAVISTA. C’è un elemento base. Un concetto non può rappresentare il suo «reciproco contrario». Un «concetto» non può, cioè, tramutarsi in «anti-concetto». Io vi dico: quando avete elevato il quorum al 65 per cento, lo avete fatto soltanto por porre in valore l’anti-concetto dell’uninominalismo. Voi volevate con questo sistema mettere praticamente nel nulla il concetto che è racchiuso dal collegio uninominale. Se non che, le due cose potevano benissimo conciliarsi. Si poteva elevare il quorum, e rimanere fino a questo punto perfettamente nell’ambito della tecnica del collegio uninominale. Purché si fosse pervenuti poi alla conseguenza logica del collegio uninominale, che è il ballottaggio, che si riattacca… alla tradizione uninominalista. (Interruzioni al centro). Un giurista come l’onorevole Mortati ha sostenuto che il suo progetto era un sistema misto; ed ha parlato di dottrina. Noi abbiamo chiesto di citarci un autore, e non ha fatto nemmeno come quell’avvocato di Corte d’Assise che ha citato Kodak inventando anche la marca delle macchine fotografiche. Non ha citato nessun Kodak.
DOSSETTI. Il tavolo è pieno di autori.
BELLAVISTA. Io rivolgo questo perentorio invito, rimasto ieri in aria per l’interruzione dell’onorevole Rubilli. Portateci gli autori che classificano misto questo progetto dell’onorevole Dossetti; non esistono. La verità è una sola: voi siete dei forti Antei, che nella lotta con Ercole, il quale non rappresenta la forza fisica, ma la forza del buon diritto e della ragione, pigliate forza ogni volta che toccate terra. Ma vi arrendete a questo; perché c’è una dommatica confessionale e c’è una dommatica, direi, confessionale laica. Di questo vostro mondo fa parte la proporzionalo. Guai a chi la tocca! È il Sillabo! Non si può discutere. (Commenti al centro).
DOSSETTI. Questo non ha niente a che vedere con la preclusione e con l’articolo 57 della Costituzione.
BELLAVISTA. Lei era assente, quando io leggevo le parole dell’onorevole Gronchi, pronunziate nella seduta dell’8 ottobre 1947, come risulta dal resoconto stenografico, a pagina 1020.
In sostanza, io so della relativa utilità di questi nostri conati. C’è un vecchio adagio: quando la forza con la ragion contrasta, c’è poco da fare. E non condivido, per quanto si è verificato, le preoccupazioni pessimistiche del collega Vito Reale. No, ma una piccola frattura c’è; non c’è dubbio: un piccolo atto «guappo» c’è; un piccolo atto di prepotenza c’è: non c’è dubbio. (Commenti al centro).
UBERTI. Quello del Presidente di ieri.
BELLAVISTA. A me dispiace che questa anima non mantovana, ma certamente gentile, anche se veronese, creda che un atto di prepotenza possa giustificare ed ammetterne un altro; mi rifiuto di crederlo; di fatto non c’è stato.
Dunque, io vi dico questo: voi avete portato con un colpo di maggioranza il quorum al 65 per cento; avete con ciò ipotizzata una «condizione impossibile»; giuristi come voi sono coscienti di questo: nel mettere in vita la creatura, ne avete celebrato contemporaneamente l’infanticidio; cosciente e volontario infanticidio.
Io vi dico: limitatevi; abbiate il senso della moderazione, che nasce dalla consapevolezza pudica di quello che si fa.
Voi, se con altro colpo di violenza e di forza contraddicete all’impegno, che l’onorevole Gronchi ed altri hanno proclamato esistente od al vincolo del quale hanno prestato solenne giuramento presso questa Assemblea, dovete far sì che il collegio uninominale si possa risolvere nell’unica e necessaria maniera, perché esso rimanga tale: cioè, il ballottaggio.
Se non c’è il ballottaggio, non c’è collegio uninominale; a meno che le vostre definizioni logiche non ricordino quella del filosofo greco, al quale fu buttato un gallo spennato, dicendogli che quello era un animale bipede, e dunque era un uomo.
Se non consentite il ballottaggio, voi tradite quello che avete giurato di rispettare.
DOSSETTI. Ci fa piacere questa imputazione.
BELLAVISTA. Lei confonde il farsi onore con prestar turibolo; e si sbaglia. Io dico quello che penso. Dico ed affermo parole che saranno registrate e mantenute come voi avete affermato parole, che sono affidate alla storia parlamentare e che sono state smentite.
Quando il nostro diritto pubblico andrà a frugare nei lavori preparatori e nella dottrina, andrà invano a ricercare la «communis opinio», proclamata, ma non dimostrata, dall’onorevole Mortati, ed andrà invano a ricercare i falsi concetti espressi dall’onorevole Dossetti; ma troverà nei resoconti stenografici le dichiarazioni dell’onorevole Gronchi, capo del Gruppo parlamentare democristiano, e le dichiarazioni dogli onorevoli Moro e Dossetti.
Voi siete in piena responsabilità davanti alla vostra coscienza.
Questa è la Carta. Ora vedremo il voto. (Applausi a sinistra e a destra).
Voci. Chiusura!
PRESIDENTE. Domando se la proposta di chiusura è appoggiata.
(È appoggiata).
La pongo in votazione riservando la facoltà di parlare all’onorevole Condorelli, precedentemente iscritto.
(È approvata).
Ha facoltà di parlare l’onorevole Condorelli.
CONDORELLI. Onorevole Presidente, il dibattito di oggi richiama alla memoria una cara lettura infantile: le storie di Bertoldo. Bertoldo, essendo stato condannato ad essere impiccato chiese una sola grazia, di scegliere lui l’albero. Condotto nella foresta non trovò nessun albero adatto alla bisogna. Però i nostri amici democratici cristiani nella loro immaginazione e nelle loro trovate hanno battuto anche Bertoldo, perché essi sono andati oltre: hanno scelto, per essere appesi, un ramoscello. In sostanza hanno ripetuto esattamente lo stratagemma. Così, nel collegio uninominale vincerà chi raggiungerà il 65 per cento dei voti, cioè una quota irraggiungibile: quindi arriviamo di fatto, forse per tutti i collegi, alla proporzionale. (Rumori al centro). Però, se lo stratagemma di Bertoldo è riuscito nell’atmosfera rosea della favola, evidentemente non può riuscire, io penso, nell’Assemblea Costituente italiana presieduta da Giovanni Conti, che ieri ha dimostrato di aver piena coscienza delle proprie responsabilità e dei propri doveri. A me pare che questo quarto o quinto tentativo di realizzare, fuori dei precedenti preclusivi, il progetto della proporzionale, cozzi contro gli stessi precedenti, contro i quali cozzò ieri, che oggi però sono alimentati di uno, cioè della decisione presa da lei, onorevole Presidente, decisione che oggi certamente si degnerà di confermare. Perché non c’è dubbio che noi ci troviamo nella medesima situazione di ieri. Qui si è creato un meccanismo con cui, illusoriamente, si ripresenta il collegio uninominale, ma realmente si va alla proporzionale, una proporzionale intera, che è già totalmente scartata dalle nostre precedenti votazioni. Se si volesse una prova di questo tentativo di cozzare contro questa quadruplice barriera di precedenti, lo avremmo proprio nelle argomentazioni dei colleghi Dossetti e Mazzei, i quali oggi, come se le discussioni che si sono fatte da quattro mesi a questa parte non ci fossero state, tornano alla carica, dimostrando i pregi della proporzionale e dicendo che non c’è altro mezzo, per uscire da questa situazione, che la proporzionale: dunque non tengono minimamente conto di quanto in contrario si è deciso. Si torna così all’origine della questione: è preferibile il collegio uninominale o la proporzionale? Questo dimostra che essi non tengono conto dei precedenti che si ergono contro di loro.
Mi pare venuto il momento di giocare a carte scoperte e queste votazioni, che oggi si fanno su un sistema o sull’altro, per colmare i vuoti della prima elezione, sono un poco prive di meta possibile. Dove si vuole giungere?
Se si scartasse col voto prossimo il ballottaggio, se si scartasse la proposta dalla maggioranza della Commissione di assegnare il seggio al candidato che nella seconda prova conseguisse il maggior numero di voti, si dovrebbe arrivare alla proporzionale. Ma bisogna che noi sappiamo, prima di incominciare queste successive prove di voti, se alla proporzionale ci si può arrivare. Insomma, io chiedo che si decida, adesso, sulla soglia della discussione, se quel voto ultimo, sul quale ci attendono gli amici democristiani, è possibile.
Perciò, io formalmente pongo, onorevole Presidente, il quesito che ella dovrebbe, col suo giudizio, decidere: si può o non si può mettere ai voti quella terza proposta che sarebbe contenuta nell’articolo 20 del progetto governativo? Noi adesso stiamo in sede di discussione dell’articolo 18, ma in realtà qui si prepara la votazione dell’articolo 20. Si potrà o non si potrà votare poi sulla proposta di cui all’articolo 20 del progetto? Essa è preclusa da tutti quei precedenti, ai quali si aggiunge la sua decisione di ieri sera? A me pare fuori dubbio, perché qui si tratterebbe di instaurare un sistema totalmente proporzionale, perché il 65 per cento, è inutile ripeterlo, fu scelto proprio per rendere impossibile l’elezione a primo scrutinio. Anzi, da questo punto di vista ci dovremmo congratulare con gli avversari che non sono arrivati al 99 per cento o al 100 per cento. Ieri abbiamo visto che si voleva il 51 per cento, poi il 60 per cento e poi si ritirarono tutti gli emendamenti e si andò al 65 per cento, che in realtà sarebbe il 75 per cento, perché nascerebbe la questione dei voti validi. È assolutamente impossibile per il frazionamento dei partiti italiani, che un candidato, anche il più autorevole, consegua il 75 per cento dei voti. È stato un espediente per arrivare alla proporzionale. Ora, potrà giovare questo espediente? Io credo che qui un minimo di serietà dovrà essere rispettato e sono sicuro che sarà Lei, onorevole Presidente, a far rispettare questo minimo di serietà. Quello che è stato trovato è un mezzo un po’ fiabesco, simile a quello di Bertoldo, per invanire quello che ormai è chiaramente deciso. Io le chiedo, onorevole Presidente, che sia sgomberato subito il campo di questa questione. È o non è preclusa la votazione sull’articolo 20 del progetto?
DOSSETTI. Chiedo di parlare per fatto personale.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOSSETTI. Sono dolentissimo di dover affliggere i colleghi per la seconda volta, ma poiché stiano per prendere delle decisioni di grande gravità e poiché comunque gli elementi della discussione potrebbero essere determinanti, io penso che sia bene dare un chiarimento.
Ho chiesto la parola per fatto personale, perché durante una mia assenza sono stato nominato dall’onorevole Bellavista. Debbo chiarire la posizione mia e dei colleghi Gronchi e Moro nella seduta pomeridiana dell’8 ottobre.
Per quanto riguarda me, se l’onorevole Bellavista avesse detto le parole che egli dice che io ho pronunciato, avrebbe dimostrato all’Assemblea che io non ho nemmeno nominato il collegio uninominale e mi sono semplicemente limitato a fare una discussione sull’articolo 87 del Regolamento.
Quanto ai colleghi Gronchi e Moro, essi non sono entrati nel merito del sistema, ma discutevano soltanto su una questione che si poteva dire preliminare, se cioè indipendentemente dal sistema che si ritenesse adottare, questo sistema dovesse essere consacrato formalmente in una norma costituzionale oppure no; ma io non vorrei insistere ulteriormente su questo dato, che ha una scarsissima importanza.
Vorrei chiarire invece meglio la posizione comune del centro, non citando interi brani e discorsi, ma leggendo soltanto alcune righe di quanto è stato detto a questo riguardo.
Nella seduta dell’8 ottobre 1947 l’onorevole Mortati, discutendo a proposito dell’ordine del giorno Nitti, circa la sua incompatibilità o meno con la formula adottata per il Senato a base regionale, disse, tra l’altro:
«Non è esatto ritenere che senza una espressa formulazione nella Costituzione della base regionale, per lo meno della circoscrizione regionale, sia pacifico che i nuovi collegi uninominali saranno contenuti nell’ambito di una stessa Regione, perché nulla toglierebbe al futuro legislatore di fare collegi che comprendano elettori di due Regioni. Basterebbe questa sola eventualità a giustificare la menzione della base regionale del Senato. Ma, in via più generale, è da ribadire che si tratta di un principio direttivo suscettibile di applicazioni varie, applicazioni che possono essere imprevedibili oggi, ma potrebbero trovare nel legislatore di domani degli svolgimenti verso singole concretizzazioni che, ripeto, oggi sarebbe opportuno non discutere o rinviare.
«È un’affermazione di principio, è una direttiva che, essendo – come dicevo – suscettibile di applicazioni varie, sia in questa sede, sia nella sede legislativa futura, ha una ragion d’essere ecc.».
Fu in conseguenza della possibilità di questa interpretazione della base regionale che l’onorevole Reale propose un emendamento inteso a sostituire la frase «base regionale» con l’altra «nell’ambito della Regione» appunto per circoscrivere il significato della norma, non più al concetto di connessione organica, ma di sola determinazione territoriale. Si votò quell’emendamento per appello nominale e l’emendamento fu respinto. Questo particolare io avrei voluto ricordare ieri sera, quando si decise la preclusione.
L’onorevole Presidente Terracini, nel porre in discussione la sostituzione della frase «ambito regionale» all’altra «base regionale», si riferì al concetto di base regionale espresso nella interpretazione che ebbe a dare appunto l’onorevole Mortati nella seduta ricordata. Si legge appunto a pagina 1002 che l’onorevole Terracini disse: «All’onorevole Nitti desidererei far presente che la votazione di ieri sul suo ordine del giorno, come del resto è stato sostenuto anche da altri colleghi questa mattina stessa, non ci impedisce di votare il primo comma dell’articolo 55. È stato pure sottolineato ieri dal collega onorevole Mortati, quando sedeva al banco della Commissione, in qual forma, anche applicando il criterio del collegio uninominale, si possa tuttavia dare un carattere regionale alla formazione del Senato».
Di fronte a queste affermazioni io non so come l’onorevole Bellavista possa continuare non soltanto come uomo politico, ma anche in onesta coscienza di studioso, a sostenere che adottare il sistema uninominale significa necessariamente adottare il ballottaggio. (Vivi applausi al centro – Interruzione del deputato Bellavista).
REALE VITO. Chiedo di parlare per fatto personale.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
REALE VITO. L’onorevole Dossetti, accennando alla votazione di una parte dell’articolo 55, ora 57, ha ricordato un mio emendamento. Ma io vorrei rammentare a mia volta all’onorevole Dossetti che egli, facendo questo richiamo e questo rilievo, ha dimenticato l’aspetto più importante della questione, e cioè che io proponevo quell’emendamento precisamente per non dar luogo all’interpretazione che oggi a quel problema e a quella dizione si vorrebbe dare; ha dimenticato altresì che il voto fu chiaramente spiegato dall’onorevole Togliatti, quando egli affermò che la formula della Commissione non conteneva alcun attacco al collegio uninominale, così come era stato precedentemente votato.
DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Anche lei, onorevole Dominedò, per fatto personale?
DOMINEDÒ. Signor Presidente, chiusa la discussione generale, non v’è da far parola sul merito, ma v’è da ricordare, sul modo di votazione, quanto ho detto ieri sulla esclusiva competenza dell’Assemblea a risolvere il problema.
PRESIDENTE. Ma, onorevole Dominedò, io non ho ancora detto nulla sul modo di votazione; non solo, ma sul modo di votazione cercherò di regolarmi io, studiandomi naturalmente di osservare il Regolamento e le esigenze dell’Assemblea.
Cerchiamo, piuttosto, di andare avanti. Debbo anzitutto rispondere all’onorevole Condorelli, il quale si è appellato ai miei poteri, riferendosi alla decisione di ieri. Dico subito all’onorevole Condorelli che la mia decisione di ieri non toccava il progetto governativo; io ho ritenuto che la preclusione non potesse estendersi alla proposta dell’onorevole Ministro dell’interno, perché nella proposta del Governo il principio del collegio uninominale appare rispettato.
Dobbiamo, pertanto, passare alla votazione degli emendamenti proposti, i quali presentano all’Assemblea la questione del ballottaggio. L’onorevole Ministro dell’interno ha in un primo tempo chiesto che si ponesse per prima a partito la questione di principio: ballottaggio o meno. Io ritengo invece che la votazione debba avvenire sugli emendamenti, che appunto pongono il principio del ballottaggio.
Come l’Assemblea ricorda, gli onorevoli Candela, Reale Vito e Villabruna hanno presentato il seguente articolo 18-bis:
«Qualora nessun candidato s:a stato eletto nella prima votazione, il Presidente dell’ufficio elettorale centrale proclama il ballottaggio tra i due candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti validi. Nel caso in cui due o più candidati abbiano conseguito lo stesso numero di voti validi, entra in ballottaggio il più anziano di età.
«Alla elezione di ballottaggio si procede nella seconda domenica successiva a quella della votazione».
A sua volta l’onorevole Basile ha presentato il seguente emendamento:
«Aggiungere il seguente comma:
«Qualora nessun candidato raggiunga il numero dei voti necessari per la proclamazione, si procede al ballottaggio fra i due candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti validi».
Domando pertanto agli onorevoli presentatori se insistano nei loro emendamenti.
Onorevole Basile, lo mantiene?
BASILE. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Onorevole Candela?
CANDELA. Lo mantengo.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 18-bis dell’onorevole Candela, di cui ho dato testé lettura, e che è il più ampio. Su questo articolo è stata chiesta la votazione scrutinio segreto dagli onorevoli Martino Gaetano, Quintieri Quinto, Rubidi, Reale Vito, Fusco, Bellavista, Paratore, Candela, Villabruna, Nasi, Mastino Pietro, Basile, Castiglia, Giannini, Bencivenga, Marinaro, Condorelli, Fabbri, Cannizzo, Tumminelli, Colitto, Colonna, Mazzoni, La Malfa, Bonino.
Votazione segreta.
PRESIDENTE. Indico la votazione segreta sull’articolo 18-bis.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione, e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Risultato della votazione segreta.
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:
Presenti e votanti 342
Maggioranza 172
Voti favorevoli 79
Voti contrari 263
(L’Assemblea non approva).
Hanno preso parte alla votazione:
Abozzi – Adonnino – Alberganti – Alberti – Allegato – Ambrosini – Amendola – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini.
Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Basile – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellavista – Belotti – Benvenuti – Bernamonti – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Bitossi – Bolognesi – Bonino – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bruschi – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.
Caccuri – Caiati – Calosso – Camangi – Campili – Camposarcuno – Candela – Cannizzo – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Enrico – Carignani – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiarini – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppi Alessandro – Corsanego – Cortese Pasquale – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Olindo.
D’Amico – D’Aragona-– De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Di Giovanni – Di Vittorio – Dominedò – Dossetti – Dozza.
Ermini.
Fabbri – Fabriani – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Fiore – Fioritto – Firrao – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini – Fusco.
Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gatta – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Ghislandi – Giacchero – Giolitti – Giordani – Gonella – Gorreri – Gortani – Gotelli Angela – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Imperiale – Iotti Leonilde.
Jervolino.
Laconi – La Malfa – Laudi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Leone Giovanni – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Lozza – Lucifero – Luisetti – Lussu.
Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Maltagliati – Mancini – Mannironi – Manzini – Marazza – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Mazzei – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Monticelli – Montini – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Mùrdaca – Murgia – Musolino.
Nasi – Negarville – Negro – Nicotra Maria – Nitti – Nobili Tito Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.
Orlando Camillo.
Pacciardi – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pella – Pellegrini – Perassi – Perlingieri – Persico – Pertini Sandro – Pesenti – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pollastrini Elettra – Ponti – Pratolongo – Priolo – Proia – Pucci.
Quarello.
Raimondi – Rapelli – Ravagnan – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Roselli – Rubilli – Rumor.
Saccenti – Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Francesco – Secchia – Sereni – Sicignano – Siles – Silipo – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi.
Targetti – Taviani – Tega – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Turco.
Uberti.
Valenti – Valmarana – Venditti – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Vilardi – Villabruna – Villani.
Zaccagnini – Zanardi – Zerbi – Zotta – Zuccarini.
Sono in congedo:
Cairo – Costa.
Lombardi Riccardo.
Orlando Vittorio Emanuele.
Valiani.
Si riprende la discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).
PRESIDENTE. L’emendamento dell’onorevole Basile si intende così assorbito.
L’onorevole Martino Gaetano ha presentato il seguente emendamento:
«Qualora nel primo scrutinio nessun candidato raggiunga il sessantacinque per cento dei voti, si ripeterà la votazione nella domenica successiva, limitata ai tre candidati che hanno ottenuto più voti».
Ritengo che questo emendamento contrasti con la votazione fatta or ora e che sia pertanto inammissibile.
MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARTINO GAETANO. Io mi permetterei di dissentire. La votazione che è stata fatta or ora avveniva sulla proposta di limitare la seconda votazione ai due candidati che hanno riportato più voti. Diceva giustamente l’onorevole Dossetti poco fa che esistono varie forme di collegio uninominale, che esistono vari modi per procedere alla designazione del senatore, nel caso che nessuno al primo scrutinio raggiunga il numero di voti voluto dalla legge. La mia nuova proposta è una prova che altri mezzi esistono. Pregherei quindi il Presidente di consentirmi di svolgere brevemente il mio emendamento e di metterlo poi in votazione.
PRESIDENTE. Onorevole Martino, l’emendamento aggiuntivo è molto chiaro. Io mi permetto ricordarle che quando ho posto in votazione l’emendamento Candela, ho spiegato all’Assemblea che si poneva in votazione il principio del ballottaggio.
MARTINO GAETANO. Vi è una proposta della maggioranza della Commissione, in base alla quale dovrebbero essere ripetute le elezioni con tutti i candidati che hanno partecipato al primo scrutinio. Lei chiamerebbe questo un ballottaggio? Evidentemente no. Ella ritiene che, essendo stata respinta la proposta di ballottaggio dell’onorevole Candela, ciò implichi che sia respinta necessariamente anche la proposta della maggioranza della Commissione? Questo mi sembrerebbe assai strano.
PRESIDENTE. Siamo rimasti perfettamente d’accordo su questa linea. Mi dispiace contraddirla, ma non posso ammettere discussioni su questo punto.
Passiamo all’esame dell’articolo 20.
MORELLI RENATO. Chiedo di parlare per una mozione d’ordine.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORELLI RENATO. Il ritmo sollecito dei nostri lavori non deve impedirci di esaminare bene gli emendamenti proposti. Sono a conoscenza del fatto che all’articolo 20 è stato proposto dall’onorevole Mortati un emendamento estremamente complesso.
Ritengo quindi che sia più opportuno ritornare all’esame degli articoli 9 e 10, che abbiamo lasciato da parte e che sono da approvarsi prima dell’articolo 20; altrimenti mancherebbe il naturale coordinamento delle disposizioni che stabiliscono la contemporaneità delle candidature ed il numero minimo dei candidati in collegamento.
PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di esprimere il parere del Governo sulla proposta formulata dall’onorevole Morelli.
SCELBA, Ministro dell’interno. Non ho difficoltà.
PRESIDENTE. Ritengo che l’Assemblea concordi in questo ordine di idee: cioè, di esaminare gli articoli 9 e 10, in modo che nel frattempo l’emendamento proposto dall’onorevole Mortati sull’articolo 20 possa esser stampato e distribuito.
(Così rimane stabilito).
Passiamo all’articolo 9. Se ne dia lettura.
MOLINELLI, Segretario, legge:
Titolo III.
DELLE CANDIDATURE, DEI DELEGATI, DEI RAPPRESENTANTI DEI CANDIDATI E DEI RAPPRESENTANTI DI GRUPPO DI CANDIDATI
Art. 9.
«La candidatura è accettata per un solo collegio della Regione.
«La dichiarazione di accettazione deve contenere l’indicazione di due delegati effettivi e di due supplenti, autorizzati a fare la dichiarazione di collegamento di cui all’articolo 12 e le designazioni di due rappresentanti, uno effettivo e l’altro supplente, presso l’ufficio di ciascuna sezione e l’ufficio elettorale circoscrizionale».
PRESIDENTE. La maggioranza della Commissione ha proposto di sostituire il testo governativo col seguente:
«Si può essere contemporaneamente candidati in più collegi.
«La dichiarazione obbligatoria di accettazione deve contenere l’indicazione di due delegati effettivi e di due supplenti autorizzati a fare le designazioni di due rappresentanti, uno effettivo e l’altro supplente, presso l’ufficio di ciascuna sezione e l’ufficio elettorale centrale.
«Il candidato eletto in più collegi senatoriali deve esercitare la facoltà di opzione nel termine di cinque giorni dall’ultima convalida; in mancanza, l’opzione s’intende esercitata per il collegio nel quale ha raccolto il maggior numero di voti».
GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Evidentemente la Commissione mantiene l’emendamento solo per quanto riguarda il primo e l’ultimo comma. Per quanto riguarda il secondo, bisogna far capo invece al testo governativo.
PRESIDENTE. Sta bene.
L’onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«La candidatura è accettata per non più di tre collegi di una Regione».
Ha facoltà di svolgerlo.
MORTATI, Relatore per la minoranza. Io penso che sia opportuno accedere al parere della maggioranza della Commissione, nel senso di consentire delle candidature multiple. Non mi pare ci sia ragione di limitare ad un solo collegio la presentazione di candidati, ma ritengo opportuno limitare il numero delle candidature plurime a non più di tre. Questo lo spirito del mio emendamento.
PRESIDENTE. Pertanto lei insiste nel suo emendamento.
L’onorevole Colitto ha proposto il seguente emendamento all’articolo 9 del testo della Commissione:
«Nel terzo comma, dopo le parole: in più collegi, sopprimere la parola: senatoriali».
L’onorevole Colitto non è presente.
MORELLI RENATO. Faccio mio l’emendamento e rinunzio a svolgerlo.
PRESIDENTE. Quale è il parere della Commissione sull’emendamento Mortati?
GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. La maggioranza della Commissione accetta l’emendamento Mortati.
CAROLEO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAROLEO. Vorrei sapere se l’onorevole Mortati mantiene nel suo emendamento anche le parole: «di una Regione».
PRESIDENTE. Prego l’onorevole Mortati di rispondere a questo quesito.
MORTATI, Relatore per la minoranza. Mantengo anche le parole: «di una Regione».
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Ritengo opportuno trovare una formulazione più chiara, la quale definisca che si può essere candidati in tre collegi della stessa Regione e soltanto in quella.
MORELLI RENATO. Ma è implicito.
LUCIFERO. È bene essere espliciti in materia di legge, perché le cose implicite diventano tanto difficili che non si comprendono più. (Commenti).
La formula potrebbe essere questa: «In non più di tre collegi della stessa Regione».
PRESIDENTE. Avverto che l’onorevole Ministro dell’interno propone la seguente dizione:
«La candidatura è accettata in una sola Regione e in non più di tre collegi».
MORTATI, Relatore per la minoranza. L’accetto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 9 nella formulazione del Ministro dell’interno.
«La candidatura è accettata in una sola Regione e in non più di tre collegi».
(È approvato).
Passiamo al secondo comma. La Commissione dichiara di ritirare il suo emendamento. Resta quindi il testo del Governo, del seguente tenore:
«La dichiarazione di accettazione deve contenere l’indicazione di due delegati effettivi e di due supplenti, autorizzati a fare la dichiarazione di collegamento di cui all’articolo 12 e le designazioni di due rappresentanti, uno effettivo e l’altro supplente, presso l’ufficio di ciascuna sezione e l’ufficio elettorale circoscrizionale».
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Passiamo al terzo comma nel testo della Commissione. Esso è del seguente tenore:
«Il candidato eletto in più collegi deve esercitare la facoltà di opzione nel termine di cinque giorni dall’ultima convalida; in mancanza, l’opzione s’intende esercitata per il collegio nel quale ha raccolto il maggior numero di voti».
SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. Non mi pare che regga più l’emendamento della Commissione. Esso potrà essere messo in discussione solo dopo che sarà approvato l’articolo 20, perché, se viene accettato l’emendamento Mortati, non c’è la possibilità di essere eletti in più di un collegio. Non ho capito bene l’emendamento Mortati all’articolo 20, ma mi pare che esso preveda questo caso. Se crede, l’onorevole Mortati potrebbe dare un chiarimento.
MORTATI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTATI, Relatore per la minoranza. Io credo che una possibilità astratta ci sia, per le elezioni a primo scrutinio.
Piuttosto io penso – è una mia opinione personale questa – che, essendovi un articolo generico di rinvio nella legge sulla Camera dei deputati, e cioè l’articolo 25, non si capisca perché si debba, in questa ipotesi, derogare a quel principio generale.
Per la Camera dei deputati v’è la regola per cui i deputati eletti in più collegi debbono esercitare l’opzione nel termine di otto giorni, in mancanza della quale si procede al sorteggio.
Quindi, mi pare più razionale di procedere secondo il criterio del maggior numero dei voti. Non mi pare utile fare una disposizione derogativa a quella disposizione più generale che già esiste. Quindi non mi pare che sia il caso di insistere per trovare diverse formulazioni.
GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. È più giusto questo.
PRESIDENTE. S’intende, allora, che la Commissione mantiene il suo testo del terzo comma.
L’onorevole Morelli Renato ha fatto proprio l’emendamento dell’onorevole Colitto tendente a sopprimere, dopo le parole: «in più collegi», la parola: «senatoriali».
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Pongo in votazione il terzo comma così modificato:
«Il candidato eletto in più collegi deve esercitare la facoltà di opzione nel termine di cinque giorni dall’ultima convalida; in mancanza, l’opzione s’intende esercitata per il collegio nel quale ha raccolto il maggior numero di voti».
(È approvato).
Passiamo all’articolo 12, identico nei testi governativo e della Commissione. Se ne dia lettura.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«Entro il trentesimo giorno antecedente quello della votazione i candidati, personalmente o per mezzo dei delegati di cui all’articolo 9, debbono dichiarare all’ufficio elettorale regionale, con atto autenticato da notaio, con quali candidati di altri colleghi della Regione aventi io stesso contrassegno intendono collegarsi. Tale dichiarazione si deve riferire ad almeno altri due candidati».
PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento sostitutivo:
«…debbono dichiarare all’ufficio elettorale regionale, con atto autenticato da notaio, con quali candidati di altri collegi della Regione intendano collegarsi. Tale dichiarazione si deve riferire ad almeno altri due candidati se il numero dei collegi assegnati alla Regione non superi i 6, ad almeno altri tre candidati se il numero non superi i 10, ad almeno altri quattro candidati se non superi i 15, ad almeno altri cinque candidati se il numero dei collegi assegnati alla Regione sia di 16 o più.
«È ammesso il collegamento tra candidati aventi diversi contrassegni».
Ha facoltà di svolgerlo.
MORTATI, Relatore per la minoranza. In ordine alla possibilità di collegamento tra candidati aventi diversi contrassegni, come ho accennato anche ieri, l’emendamento serve ad eliminare quel carattere di lista di partito che si potrebbe attribuire al collegamento.
Per quanto riguarda il numero dei candidati da collegare, si è creduto opportuno stabilirlo per evitare quelle piccole coalizioni che possono portare a dispersioni eccessive di voti.
Queste sono le ragioni che consigliano di mantenere il mio emendamento.
PRESIDENTE. Prego il Presidente della Commissione di esprimere il proprio parere.
MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione si rimette all’Assemblea: non ha niente in contrario.
PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ministro dell’interno di esprimere il proprio parere al riguardo.
SCELBA, Ministro dell’interno. Aderisco al punto di vista della Commissione, rimettendomi all’Assemblea.
UBERTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UBERTI. Dichiariamo che voteremo a favore dell’emendamento Mortati.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Io credo che, per quanto la strana deliberazione di stamattina abbia falsato il sistema, possa rispondere più ad una obiettiva realtà il testo del Governo, integrato con quella proposizione dell’onorevole Mortati, che dice che possono collegarsi dei candidanti anche presentati con diversi contrassegni. E questo, perché si darebbe la possibilità a uomini indipendenti di collegarsi anche in numero esiguo; se si collegano in parecchi, avranno maggiore probabilità, se si collegano in pochi avranno maggior rischio.
Ma cerchiamo di lasciare almeno una parvenza di indipendenza dai partiti in questa elezione, che dovrebbe essere una elezione di uomini meno vincolati ad una determinata disciplina.
Proporrei quindi l’approvazione del testo del Governo con l’aggiunta della proposizione dell’onorevole Mortati, in cui è detto che possono collegarsi tra loro coloro che hanno diversi contrassegni, senza limite di numero o quorum obbligatorio.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte dell’emendamento Mortati:
«Entro il trentesimo giorno antecedente quello della votazione i candidati devono dichiarare all’Ufficio elettorale regionale, con atto autenticato da notaio, con quali candidati di altri collegi della Regione intendono collegarsi».
(È approvata).
Passiamo alla seconda parte dell’emendamene Mortati:
«Tale dichiarazione si deve riferire ad almeno altri due candidati se il numero dei collegi assegnati alla Regione non superi i sei, ad almeno altri tre candidati se il numero non superi i dieci, ad almeno altri quattro candidati se non superi i quindici, ad almeno altri cinque candidati se il numero dei collegi assegnati alla Regione sia di sedici o più».
L’onorevole Scelba ha facoltà di esprimere il pensiero del Governo.
SCELBA, Ministro dell’interno. Io non vedo – dico la verità – una volta che sia stabilito un minimo di collegamento perché la base non sia troppo ristretta, la ragione di questo emendamento, che mi pare eccessivo. Insisto quindi per il testo governativo, anche perché mi sembra che l’emendamento proposto si concilierebbe ancora meno con il collegio uninominale.
PRESIDENTE. La Commissione ha facoltà di esprimere il proprio parere.
MICHELI, Presidente della Commissione. Signor Presidente, si tratta di una questione controversa e che si presenta, per taluni aspetti, nuova per la Commissione. Noi quindi, pur essendo propensi ad aderire al punto di vista espresso dal Ministro, essendo in ventiquattro è difficile potersi consultare seduta stante su questioni che sorgono all’improvviso; ciascun membro della Commissione voterà come crederà meglio: io, a titolo personale, mi dichiaro favorevole alla proposta dell’onorevole Ministro.
MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARTINO GAETANO. Onorevoli colleghi, io ritengo che l’opinione espressa dall’onorevole Ministro debba essere condivisa da noi, se non altro per il fatto che il collegamento viene ad essere già imposto dal meccanismo elettorale e non è quindi necessario che esso sia ulteriormente imposto da un articolo della legge.
A conti fatti, il quoziente in base al quale verranno assegnati i seggi elettorali corrisponderà ad un dipresso all’unanimità dei voti della circoscrizione, nella presunzione naturalmente che il numero dei voti sia uniforme nella Regione. Ora, è assurdo che vi sia uno sciocco il quale si presenti da solo, senza collegarsi, presumendo di raccogliere l’unanimità dei consensi.
PRESIDENTE. L’onorevole Renato Morelli propone il seguente emendamento:
«Sostituire le parole: Tale dichiarazione si deve riferire ad almeno altri due candidati, con le altre: Tale dichiarazione si deve riferire ad almeno un altro candidato».
Ha facoltà di svolgerlo.
MORELLI RENATO. Onorevoli colleghi, ne spiego la ragione che è semplice e, in certo senso, perentoria. Nelle disposizioni transitorie della Costituzione, ve n’è una che stabilisce che il Molise fa collegio a sé. Le ipotesi quindi sono due: o ammettere l’eccezione in via diretta, cioè contemplare espressamente questo caso, oppure ammettere in generare che ci si possa collegare anche ad un solo candidato.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la seconda parte dell’emendamento dell’onorevole Mortati, non accettata né dal Governo né dalla Commissione, di cui ho dato testé lettura.
(Dopo prova e controprova, non è approvata).
Passiamo allora alla seconda parte del testo ministeriale:
«Tale dichiarazione si deve riferire ad almeno altri due candidati».
PERSICO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERSICO. Invece dell’emendamento Morelli, che aprirebbe l’adito a tutta una nuova situazione, cioè al collegamento con un solo candidato, si potrebbe accettare questa aggiunta:
«con eccezione per il Molise, per il quale il collegamento si deve riferire ad un solo candidato».
PRESIDENTE. Il Ministro dell’interno ha facoltà di esprimere il parere del Governo sull’emendamento Morelli.
SCELBA, Ministro dell’interno. L’emendamento Morelli, per quanto riguarda il Molise, mi pare superfluo, perché la legge stabilisce che il collegamento deve essere fatto con almeno altri due candidati della Regione, e per il Molise questa situazione non esiste.
Con questo chiarimento, mi sembra che l’onorevole Morelli potrebbe rinunziare al suo emendamento.
MORELLI RENATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORELLI RENATO. Avevo presentato l’emendamento perché potrebbe sorgere il dubbio sull’ammissibilità del collegamento con un solo altro candidato della Regione.
Ma se l’onorevole Ministro ritiene che questo dubbio non possa sorgere, dopo il chiarimento da lui dato e messo a verbale, non ho motivo per insistere.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Faccio mio l’emendamento dell’onorevole Morelli, per questa ragione: che nella suddivisione regionale dello Stato, il Molise non è Regione a sé. Il Molise fa parte della Regione Abruzzi e Molise e soltanto per una disposizione transitoria della Costituzione è considerato come Regione a sé per la prima elezione del Senato
È esatta l’interpretazione del disegno di legge che, dovendo essere il collegamento fatto con altri due candidati, i due candidati del Molise non devono essere collegati con quelli di altra Regione e quindi bisogna fare una precisazione per il Molise.
PERSICO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERSICO. Io insisto nel mio emendamento.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione la seguente formulazione del testo ministeriale:
«Tale dichiarazione si deve riferire ad almeno altri due candidati».
(È approvata).
Pongo in votazione l’emendamento Persico:
«con eccezione pel Molise, per il quale il collegamento si deve riferire ad un solo candidato».
(È approvato).
Passiamo all’ultimo comma dell’emendamento Mortati, accettato dalla Commissione e dal Governo:
«È ammesso il collegamento tra candidati aventi diversi contrassegni».
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 13, identico nei testi governativo e della Commissione. Se ne dia lettura.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«Non oltre il venticinquesimo giorno antecedente quello della votazione, l’ufficio elettorale regionale:
1°) elimina la candidatura di coloro che si siano presentati in più di un collegio della Regione;
2°) verifica se i candidati abbiano presentato la dichiarazione di collegamento a termini dell’articolo precedente; se la dichiarazione si riferisca ad almeno altri due candidati; se il collegamento sia reciproco e se i candidati collegatisi abbiano il medesimo contrassegno;
3°) ammette la candidatura di coloro che si siano collegati ai sensi del numero precedente e ne dà comunicazione agli uffici elettorali circoscrizionali».
PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:
«Sostituire le parole: in più di un collegio della Regione, con le altre: in più di tre collegi della Regione; al n. 2°) sostituire l’ultimo periodo col seguente: se le dichiarazioni di collegamento fatte a termini dell’articolo precedente siano reciproche e ne dà comunicazione all’ufficio elettorale circoscrizionale».
Ha facoltà di svolgerlo.
MORTATI, Relatore per la minoranza. Si tratta semplicemente di un coordinamento con l’articolo già approvato e di una semplificazione formale.
PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione la prima parte, sino al numero 1°) compreso, dell’articolo 13, con l’emendamento Mortati:
«Non oltre il venticinquesimo giorno antecedente quello della votazione, l’ufficio elettorale regionale:
1°) elimina la candidatura di coloro che si siano presentati in più di tre collegi della Regione;»
(È approvata).
MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELI, Presidente della Commissione. Signor Presidente, la Commissione fa osservare che con questa formula noi veniamo ad eliminare la candidatura completamente.
Ora sarebbe bene che, se uno si è presentato per quattro collegi, sarà eliminato per quello che è in più, ma negli altri resterà.
Così come è detto pare invece che colui che ha commesso questa specie di contravvenzione viene punito gravemente, perché resta eliminato da tutti quanti i collegi.
Ora, bisognerebbe esprimersi in modo che non avvenisse; e cioè fosse eliminato il collegio in più e – se non è detto – per sorteggio.
PRESIDENTE. Faccia una proposta precisa, la prego.
MICHELI. Presidente della Commissione. «…si siano presentati in più di tre collegi, rimangono esclusi per sorteggio dai collegi in più».
Una voce. Quali?
MICHELI. Presidente della Commissione. Ho detto: per sorteggio. Ed il sorteggio stabilisce quale o quali.
PERSICO. Io propongo che siano validi i primi tre nell’ordine. Gli altri si annullano.
MICHELI, Presidente della Commissione. Allora bisogna stabilire un ordine di preferenza nell’accettazione.
MORTATI, Relatore per la minoranza. V’è un precedente nella legge per l’elezione della Camera dei deputati nella quale è detto che, in caso di candidature plurime, l’ufficio elettorale cancella il nome dei candidati compresi in altre liste.
GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GULLO ROCCO. Io ritengo che sarebbe bene lasciare le cose come stanno, così come ha fatto la votazione che è avvenuta poco fa. La preoccupazione del Presidente della Commissione mi sembra fuor di luogo. In sostanza verremmo a punire – egli dice – un candidato il quale non conosce la legge, un futuro senatore il quale non si è neppure preoccupato di conoscere la legge elettorale.
L’onorevole Mortati ha già ricordato un precedente; io ne ricordo un altro. Si è stabilito che quando la lista dei candidati eccede un certo numero, viene considerata non valida. Anche quella è una contravvenzione. Io ritengo che sia opportuno fare ciò che del resto abbiamo già votato e cioè stabilire che quel candidato che ha avuto la leggerezza e l’ignoranza di presentarsi in più di tre collegi sia eliminato da tutti i collegi. Questo praticamente non porta nessuna conseguenza perché un candidato che ignori la legge non credo che vi sarà.
PRESIDENTE. Il Governo ha facoltà di esprimere il proprio pensiero in merito.
SCELBA, Ministro dell’interno. Su questo punto il Governo si rimette alla Assemblea.
MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELI, Presidente della Commissione. Si tratta effettivamente di un caso eccezionale e quindi non sembra il caso di dovercene preoccupare soverchiamente.
Peraltro, io devo rispondere al collega Gullo Rocco che il caso che egli ha citato non calza nella discussione attuale perché noi nella legge politica abbiamo voluto impedire che un numero stragrande di elettori faccia una clamorosa dichiarazione la quale venga ad eliminare la segretezza del voto, oppure che vi sia una affermazione notevole che possa riuscire una pressione sul corpo elettorale. In questo caso vi è effettivamente qualche cosa che merita di essere punito. Nel caso nostro ci troveremmo solo di fronte all’ignoranza della legge. Ora, può essere ammissibile che qualcuno ignori la legge anche se può domani, in un secondo tempo, essere chiamato dalla volontà degli elettori a formarla. Ma questo non mi sembra sufficiente per una punizione così grave perché le candidature multiple si concretano sopra persone di grande valore. I capi-partito non cadono certamente in questa ignoranza perché non possono ignorare la legge ed hanno i loro uffici che preparano ogni pratica relativa, ma i cittadini di qualche cospicuo rilievo, i soli che possono avere la richiesta di candidature multiple, si possono trovare assillati contemporaneamente da vari comitati di una Regione.
Può darsi che uno che si trovi di fronte a varie richieste firmi qualche accettazione di più pensando che non tutte arrivino in porto, anche senza ignorare soverchiamente la legge. Ora io non vorrei che questa brava persona la quale verso di sé ha già avuto la dimostrazione di fiducia di tanti elettori in tanti collegi (quattro almeno e questo meriterebbe, mi pare, qualche particolare riguardo verso di lui) sia eliminato completamente. Eliminiamolo solamente per il collegio o collegi in più nei quali solo resterà libero il campo alle altre candidature, che avranno facilitato il loro cimento.
PRESIDENTE. Se insiste in questo concetto, è necessario che gli dia la forma.
MICHELI, Presidente della Commissione. Non è possibile l’eliminazione completa perché l’esclusione sarebbe troppo drastica. Io direi:
«elimina per sorteggio le candidature presentate in numero superiore ai tre collegi».
La maggioranza della Commissione insiste su questo concetto.
SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. Presento questo emendamento aggiuntivo:
«Le candidature presentate in più di tre collegi vengono ridotte a tre, secondo l’ordine di tempo delle dichiarazioni di accettazione».
Siccome bisogna fare le dichiarazioni di accettazione delle candidature, e poiché in ciascun atto di accettazione è indicata l’ora, con questo emendamento si elimina ogni dubbio.
PRESIDENTE. Qual è il pensiero della Commissione?
MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione accetta la proposta del Ministro che corrisponde al criterio da essa esposto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta del Ministro dell’interno, così coordinata:
«L’eliminazione ha luogo secondo l’ordine delle dichiarazioni di accettazione».
(È approvata).
SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. Perché non sorgano equivoci nella interpretazione della formula adottata, chiedo che sia dato atto a verbale che secondo l’intenzione dell’Assemblea saranno eliminate le ultime candidature in ordine di tempo. Ossia, nella eliminazione si procederà a ritroso.
PRESIDENTE. Assicuro che di questa precisazione sarà dato atto a verbale.
Pongo in votazione il punto secondo, con l’emendamento Mortati:
«2°) verifica se i candidati abbiano presentato la dichiarazione di collegamento a termini dell’articolo precedente; se la dichiarazione si riferisca ad almeno altri due candidati; se le dichiarazioni di collegamento fatte a termini dell’articolo precedente siano reciproche e ne dà comunicazione agli uffici elettorali circoscrizionali».
(È approvato).
L’ultimo alinea del testo del Governo rimane così assorbito.
Pongo in discussione l’articolo 14. Se ne dia lettura.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«L’ufficio elettorale circoscrizionale ricevuta la comunicazione di cui all’articolo precedente:
1°) assegna il numero definitivo a ciascun candidato ammesso, secondo l’ordine di presentazione;
2°) comunica ai singoli candidati collegati la definitiva ammissione della loro candidatura;
3°) procede, per mezzo della prefettura competente per territorio, alla stampa del manifesto contenente l’elenco nominativo dei candidati con i relativi contrassegni e numero d’ordine ed all’invio del manifesto ai sindaci dei comuni del collegio i quali ne curano l’affissione all’albo pretorio ed in altri luoghi pubblici entro il quindicesimo giorno antecedente quello della votazione;
4°) trasmette, per la stampa delle schede, all’autorità designata dal Ministero dell’interno le generalità dei candidati, i contrassegni ed il relativo numero d’ordine.
«Le schede sono di carta consistente, di identico tipo e colore per ogni collegio; sono fornite a cura del Ministero dell’interno, hanno le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle C e D allegate alla presente legge e riproducono le generalità dei candidati ed i contrassegni, secondo l’ordine di cui al numero uno.
«Le schede devono pervenire agli uffici elettorali debitamente piegate».
PRESIDENTE. L’onorevole Mortati propone di sopprimere all’alinea 2°) la parola «collegati».
Pongo in votazione, pertanto l’articolo 14 nel suo complesso, senza la parola «collegati».
(È approvato).
Pongo in discussione l’articolo 15. Se ne dia lettura.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«Non oltre le ore 12 del giorno stabilito per la votazione, ogni gruppo di candidati collegatisi ha facoltà di designare due propri rappresentanti presso l’ufficio elettorale regionale».
PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati proposti emendamenti. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Ricordo all’Assemblea che gli articoli non ancora approvati sono i seguenti: 2, 7, 8, 11, ultimo comma dell’articolo 18 e articolo 20.
Poiché l’articolo 2 concerne le tabelle, dovrà essere posto in discussione per ultimo.
Pongo pertanto in discussione l’articolo 7, nel testo ministeriale. Se ne dia lettura.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«Il tribunale nella cui giurisdizione si trovino collegi previsti dall’unita tabella B si costituisce in tanti uffici elettorali circoscrizionali quanti sono i collegi medesimi».
«Ogni ufficio elettorale circoscrizionale esercita le sue funzioni con l’intervento di tre magistrati, di cui uno presiede, nominati dal presidente entro dieci giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi».
PRESIDENTE. A questo articolo l’onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:
«Dopo il primo comma, aggiungere il seguente:
«Ove in un collegio si trovino le sedi di due o più tribunali, l’ufficio si costituisce nella sede avente maggiore popolazione».
LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEONE GIOVANNI. Faccio mio questo emendamento dell’onorevole Colitto, che è assente. Data la sua chiarezza, ritengo superfluo svolgerlo.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 7:
«Il tribunale nella cui giurisdizione si trovino collegi previsti dall’unita tabella B si costituisce in tanti uffici elettorali circoscrizionali quanti sono i collegi medesimi.
(È approvato).
Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo Colitto, fatto proprio dall’onorevole Leone Giovanni:
«Ove in un collegio si trovino le sedi di due o più tribunali, l’ufficio si costituisce nella sede avente maggiore popolazione».
(Dopo prova e controprova, è approvato).
Pongo in votazione il secondo comma:
«Ogni ufficio elettorale circoscrizionale esercita le sue funzioni con l’intervento di tre magistrati, di cui uno presiede, nominati dal presidente entro dieci giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi».
(È approvato).
Pongo in discussione l’articolo 8. Se ne dia lettura.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«La Corte d’appello o il tribunale del capoluogo della Regione si costituisce in ufficio elettorale regionale con l’intervento di cinque magistrati dei quali uno presiede, nonché di quattro esperti con attribuzioni esclusivamente tecniche, nominati dal primo presidente o dal presidente entro dieci giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi».
PRESIDENTE. A questo articolo non sono stati presentati emendamenti.
LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEONE GIOVANNI. Poiché vi sono casi di Corti di appello non regionali, propongo il seguente emendamento aggiuntivo:
«Si applica per le circoscrizioni regionali il secondo comma dell’articolo precedente».
STAMPACCHIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STAMPACCHIA. Si può dare anche l’ipotesi di Regioni nuove. Nelle Puglie, vi sono già due Corti di appello.
PRESIDENTE. Quanto propongono gli onorevoli Leone Giovanni e Stampacchia risulta già evidente dal testo approvato. Comunque, se essi insistono, porrò ai voti l’emendamento aggiuntivo.
STAMPACCHIA. Rinunzio.
LEONE GIOVANNI. Non insisto.
PRESIDENTE. Pongo allora in votazione l’articolo 8, di cui ho dato testé lettura.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 11. Se ne dia lettura.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«Entro il trentacinquesimo giorno antecedente quello della votazione, l’ufficio elettorale circoscrizionale verifica se le candidature siano state depositate in termine e nelle forme prescritte.
«Entro ventiquattro ore dal compimento delle operazioni previste nel comma precedente, l’ufficio elettorale circoscrizionale invia all’ufficio elettorale regionale l’elenco dei candidati ammessi corredato da un esemplare del modello di contrassegno di ciascun candidato».
PRESIDENTE. Su questo articolo non sono stati presentati emendamenti. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Ora si dovrebbe passare all’articolo 20, al quale l’onorevole Mortati ha proposto un emendamento sostitutivo, che è stato distribuito.
MORELLI RENATO. Chiedo una sospensione della seduta per dar tempo ai deputati di rendersi esatto conto della portata dell’emendamento Mortati.
CANDELA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CANDELA. Mi associo alla richiesta del collega Morelli. È necessario esaminare questo articolo con ponderazione, da parte dell’Assemblea o anche da parte della Commissione, perché con esso si rischia di avere collegi con due rappresentanti e collegi senza rappresentanti. Evidentemente, la formulazione Mortati ferisce profondamente il criterio dell’uninominalità.
PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione per questa proposta di sospensiva?
MICHELI, Presidente della Commissione. Evidentemente la questione prospettata dall’onorevole Candela è nuova o almeno si presenta sotto forma nuova.
Come abbiamo fatto altre volte, possiamo anche dichiarare di rimetterci all’Assemblea. Possiamo anche procedere ora all’esame, oppure aderire al rinvio. Ma ci rimettiamo all’Assemblea: se essa vuole discutere noi della Commissione discuteremo come semplici deputati e non come commissari.
SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCOCCIMARRO. L’obiezione che è stata sollevata, e cioè che vi possono essere collegi che rimangano senza senatori, solleva un problema tecnico sul quale la Commissione non può rimettersi all’Assemblea.
PRESIDENTE. Devo richiamare una disposizione del regolamento la quale dice che la discussione di un articolo aggiuntivo o di un emendamento proposto nella stessa seduta sarà rinviato all’indomani quando lo chiedano il Governo, o la Commissione competente, o dieci deputati, non tra i proponenti dell’articolo aggiuntivo o dell’emendamento.
In queste condizioni, poiché è evidente che la richiesta di rinvio sarebbe appoggiata da più di dieci deputati, non rimane che rinviare la discussione alla seduta antimeridiana di domani.
Se non vi sono obiezioni, così resta stabilito.
(Così rimane stabilito).
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
SCHIRATTI, Segretario, legge:
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, per conoscere quali decisioni si intende prendere per i marinai greci della nave Micos arrestati ieri, 24 gennaio, a Messina, il cui atteggiamento determinato da evidenti ragioni politiche rientra in quei casi per i quali in tutti i paesi sono riconosciute e concesse garanzie particolari. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Secchia, Moscatelli».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se sia stata inviata circolare ai tribunali per l’applicazione dell’articolo 6 del decreto 13 novembre 1946, n. 391, relativo alla confisca dei beni in caso di estinzione dei reati di cui al decreto stesso; e se, comunque, intenda promuovere l’abolizione di quella disposizione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Riccio Stefano».
«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, sui seguenti fatti:
- a) durante la scorsa settimana l’autorità politica e di pubblica sicurezza di Cremona è direttamente intervenuta nella vertenza esistente fra i lavoratori della terra e i datori di lavoro per l’istituzione dei Consigli di cascina, chiesta dai lavoratori in applicazione dei principî sanciti dall’articolo 46 della Costituzione della Repubblica democratica italiana fondata sul lavoro.
«Nei locali stessi della Questura si è fatta firmare al proprietario agricoltore Galli Aristide una denuncia per violenza privata, risaputa inesistente, contro alcuni suoi dipendenti facenti parte del Consiglio di cascina ed a tale scopo sono stati artatamente travisati alcuni piccoli incidenti sorti tra le parti.
«In base a tale denuncia la forza pubblica ha fatto irruzione nella cascina di proprietà del Galli in frazione San Felice del comune di Cremona, malmenando le prime persone che incontrava, senza badare che fossero donne e bambini, e procedendo all’arresto dei denunciati.
«Sembra che alla prima denuncia contro gli stessi se ne sia aggiunta una seconda per oltraggio alla forza pubblica, altrettanto infondata, allo scopo evidente di giustificare l’arresto arbitrario e intimidatorio.
«Successivamente l’organizzazione sindacale proclamava lo sciopero dei lavoratori della terra per protesta e indiceva un comizio nella piazza del comune di Cremona: il prefetto, adducendo motivi di ordine pubblico, proibiva il comizio, e in seguito la forza pubblica sospingeva nella piazza del Comune e caricava violentemente gruppi di lavoratori che sostavano sotto i portici del palazzo municipale, in attitudine assolutamente pacifica e senza che alcuno avesse tentato di iniziare il comizio arbitrariamente proibito. Altra carica veniva effettuata sulla piazza Marconi, dove i lavoratori si erano raggruppati allo scopo di udire le disposizioni che doveva dare il segretario della Camera del lavoro. Questi veniva fermato, insieme con l’autista della macchina che lo trasportava, e più tardi rilasciato.
«Che i motivi di ordine pubblico addotti per la proibizione del comizio fossero privi di fondamento, lo ha dimostrato l’atteggiamento sempre pacifico e perfino remissivo dei lavoratori, sia sulla pubblica via che nella riunione numerosissima che è stata successivamente tenuta nel cortile della Camera del lavoro, sicché l’ordine pubblico e la legalità sono stati turbati soltanto dalle disposizioni e dall’azione di quelle autorità e di quelle forze che li avrebbero dovuti tutelare.
«E stato impedito dalle autorità il ritiro della denuncia da parte dell’agricoltore Galli Aristide;
- b) una relazione evidente esiste fra i summenzionati atti dell’autorità e l’atteggiamento ostile ai Consigli di cascina assunto dalla locale Associazione agricoltori, specialmente dopo che è salito alla presidenza un noto ex deputato fascista, il quale si è pubblicamente vantato di sapere impedire ad ogni costo la realizzazione di questa legittima richiesta dei contadini ed ha minacciato di gravi rappresaglie quegli agricoltori che eventualmente fossero condiscendenti;
- c) evidentemente l’atteggiamento di aperto intervento favoreggiatore per una delle parti in vertenza effettuato da parte delle autorità locali corrisponde a ordini precisi impartiti dai Ministeri. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Bernamonti, Pajetta Gian Carlo, Bianchi Bruno, Pressinotti».
PRESIDENTE. Queste interrogazioni saranno trasmesse ai Ministri competenti, per la risposta scritta.
La seduta termina alle 12.40.
Ordine del giorno per le sedute di domani.
Alle ore 10 e alle 16:
Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).