Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI VENERDÌ 23 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLX.

SEDUTA POMERIDIANA DI VENERDÌ 23 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Congedo:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica (61).

Presidente

Assennato

Scelba, Ministro dell’interno

Micheli, Presidente della Commissione

Cevolotto

Fuschini

Clerici

Mastino Pietro

Lucifero

Franceschini

Gullo Rocco

La Rocca

Perassi

Bubbio

Martino Gaetano

Gullo Fausto, Relatore per la maggioranza

Mortati, Relatore per la minoranza

Dominedò

Nitti

Carpano Maglioli

Moro

Cianca

Togliatti

Piccioni

Targetti

Molinelli

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.10.

RICCIO, Segretario, legge il verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Cairo.

(È concesso).

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica (61). Dobbiamo procedere alla votazione dell’emendamento aggiuntivo al quarto comma dell’articolo 26, presentato dall’onorevole Assennato, del seguente tenore:

«È consentita, durante la notte dalla domenica al lunedì, la permanenza nell’aula delle sezioni degli scrutatori e dei rappresentanti di lista».

Su questo emendamento è stata chiesta, dall’onorevole Assennato e da altri, la votazione per appello nominale.

Onorevole Assennato, insiste nella richiesta?

ASSENNATO. La ritiro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione lo emendamento dell’onorevole Assennato.

(Dopo prova e controprova non è approvato).

Pongo in votazione il quarto comma dell’articolo 26, identico nei testi del Governo e della Commissione:

«Le operazioni di votazione proseguono fino alle ore 22 in tutte le sezioni elettorali: gli elettori che a tale ora si trovino ancora nella sala sono ammessi a votare».

(È approvato).

Pongo in votazione il quinto comma, identico nei due testi:

«Il presidente rinvia quindi la votazione alle ore 7 del giorno successivo e, dopo aver provveduto a sigillare le urne, la cassette o scatole recanti le schede ed a chiudere il plico contenente tutte le carte, i verbali ed il timbro della sezione, scioglie l’adunanza e provvede alla chiusura ed alla custodia della sala a termini dell’articolo 51 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74».

(È approvato).

Passiamo al sesto comma così formulato nel testo governativo:

«Alle ore 7 del giorno successivo, il presidente, ricostituito l’ufficio e constatata l’integrità dei mezzi precauzionali apposti agli accessi della sala e dei sigilli delle urne e dei plichi, dichiara riaperta la votazione che prosegue fino alle ore dodici: decorsa quest’ora, nessuno può più votare».

La Commissione l’ha così modificato:

«Alle ore 7 del giorno successivo, il presidente, ricostituito l’ufficio e constatata, l’integrità dei mezzi precauzionali apposti agli accessi della sala e dei sigilli delle urne e dei plichi, dichiara riaperta la votazione che prosegue fino alle ore quattordici; gli elettori che a tale ora si trovano ancora nella sala sono ammessi a votare».

Domando al Governo se accetta la modificazione della Commissione.

SCELBA, Ministro dell’interno. Accettiamo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il comma di cui ho dato lettura.

(È approvato).

Pongo in votazione il settimo comma, identico nei due testi:

«Le operazioni di cui all’articolo 59, primo comma, numeri 1, 2 e 3, del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74, devono essere effettuate immediatamente dopo la chiusura della votazione».

(È approvato).

Passiamo all’ottavo comma che dal Governo era stato così formulato:

«Il presidente procede quindi alle operazioni di scrutinio, con precedenza per quelle relative all’elezione della Camera dei deputati. Tali operazioni devono svolgersi senza interruzione ed essere ultimate entro le ore dodici del secondo giorno successivo a quello di inizio della votazione; ove non siano compiute entro tale ora, si applicano le disposizioni dell’articolo 55 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74».

La Commissione l’ha così modificato:

«Il presidente procede quindi alle operazioni di scrutinio, con precedenza per quelle relative all’elezione del Senato. Tali operazioni devono svolgersi senza interruzione ed essere ultimate entro le ore diciotto del secondo giorno successivo a quello di inizio della votazione; ove non siano compiute entro tale ora, si applicano le disposizioni dell’articolo 55 del decreto legislativo 10 marzo 1946, n. 74».

Domando al Governo se accetta questa formulazione.

SCELBA, Ministro dell’interno. Non trovo il motivo sufficiente per giustificare la precedenza nello spoglio elettorale, da darsi al Senato. Il testo del Governo prevedeva che la precedenza fosse data alla Camera dei deputati. La Commissione propone l’inversione. Ripeto, non trovo un motivo plausibile e sufficiente che possa giustificare questa modificazione; mentre ne troverei uno logico e razionale, che è quello per cui la Camera va, in ordine logico, prima del Senato, e quindi anche lo spoglio dovrebbe farsi prima. Per mio conto, insisto sul testo governativo.

PRESIDENTE. Le differenze sarebbero due. La prima è quella relativa allo scrutinio. Secondo la Commissione deve darsi la precedenza al Senato. L’altra differenza riguarda la durata delle operazioni: nel testo del Governo è prevista fino alle ore 12; nel testo della Commissione fino alle ore 18.

Chiedo alla Commissione se insiste nel suo testo.

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione non ha effettivamente sopravalutato le ragioni, che il Ministro in fondo non ha esposto, e che metterebbero nelle affermate condizioni di privilegio la Camera dei deputati. Effettivamente noi non abbiamo ancora stabilito quale sia la forma di scrutinio per il Senato; ma se per avventura dovesse essere approvato il sistema dello scrutinio regionale, è evidente che l’esame delle schede votate per il Senato deve precedere, dato che deve seguire un secondo scrutinio, per il quale devono essere approntati al più presto gli elementi. Non solo, ma siccome sembra che il decreto del Capo dello Stato, che proclamerà i senatori di diritto, debba ragionevolmente venire dopo che siano stati proclamati gli eletti, è evidente che anche questo porta qualche ragione di preminenza per far sì che le due Camere possano funzionare subito insieme. Queste sono state le ragioni principali; non ne mancano altre di minor conto; ma, dal momento che il Governo non si oppone, mi pare inutile prolungare la discussione.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. La prima ragione, accennata dall’onorevole Micheli, mi convince, ma è subordinata all’esito che darà questa Assemblea al sistema di votazione. Nel caso si accedesse alla proposta della minoranza, il problema non si presenterebbe in questi termini; perché sarebbe un motivo giustificato nella ipotesi del ballottaggio, in quanto l’operazione elettorale successiva consiglierebbe di anticipare lo scrutinio per il Senato.

Comunque, siccome la questione non è di sostanza, mi rimetto all’Assemblea.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI, Presidente della Commissione. Ho fatta una ipotesi, aggiungo l’altra: se sarà accettata la proposta Gullo, si dovrà procedere al ballottaggio; ed allora sarà necessario avere immediatamente il risultato, perché ballottaggio significa nuova elezione e quindi stampa di schede e manifesti; per tutto questo ventiquattro ore in più faranno comodo. Ad ogni modo tanto in un caso come nell’altro, a me pare che sia opportuno far precedere lo spoglio delle schede del Senato.

Ma c’è un’altra ragione: lo scrutinio del Senato è molto più semplice; c’è un nome solo e si procede rapidamente; mentre per lo scrutinio dei deputati si tratta di molti nomi; anche il numero di schede è minore per il Senato, poiché votano solo gli elettori di età superiore ai 25 anni.

Tutto questo induce a far sì che lo scrutinio per il Senato debba essere sbrigato, per queste ragioni, più rapidamente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ottavo comma, testé letto, nel testo della Commissione.

(È approvato).

Pongo in votazione il nono comma, identico nei due testi:

«I verbali delle operazioni per le elezioni del Senato debbono essere compilati distintamente da quelli per le elezioni della Camera dei deputati e redatti in duplice esemplare».

(È approvato).

Pongo ai voti l’ultimo comma, identico nei due testi:

«Ove non sia possibile l’immediato recapito, i plichi contenenti i verbali e i documenti allegati devono rimanere nella sala della votazione, che viene chiusa e custodita secondo le prescrizioni di cui all’articolo 51 sopra richiamato, per essere recapitati, con ogni urgenza, a cura del presidente, al mattino».

(È approvato).

Abbiamo esaurito l’esame dell’articolo 26.

Passiamo all’articolo 27, identico nei due testi. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Nell’ipotesi prevista dall’articolo precedente, la Commissione elettorale comunale, entro quindici giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di convocazione dei comizi, appone sull’esemplare della lista di sezione depositato presso il Comune apposita annotazione mediante stampigliatura a fianco dei nominativi degli elettori che possono votare soltanto per le elezioni della Camera dei deputati. L’elenco di detti nominativi è trasmesso, a cura del sindaco, immediatamente alla Commissione elettorale mandamentale che provvede ad apporre analoga annotazione stampigliata sull’esemplare della lista destinato all’ufficio elettorale di sezione».

PRESIDENTE. Poiché non vi è alcun emendamento lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 27-bis proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Nel caso di contemporaneità della elezione dei deputati e di quella dei senatori, si può essere candidati in entrambe. Il candidato che sia proclamato eletto tanto per il Senato quanto per la Camera dei deputati, deve optare per l’uno o per l’altra non più tardi del giorno precedente quello della convocazione dei due rami del Parlamento. In mancanza, s’intende che abbia optato per il Senato».

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Mi pare che questo articolo, così come è stato proposto dalla Commissione, non possa andare per una ragione molto semplice che è questa: il candidato che sia stato proclamato sia come deputato che come senatore non può scegliere tra la Camera dei deputati ed il Senato il giorno precedente quello della convocazione del Parlamento, perché deve aspettare, per forza di cose, di essere convalidato. Se fosse convalidato in una delle Camere e non nell’altra, verrebbe meno la necessità dell’opzione. Se avesse scelto prima della convalidazione e venisse poi contestato dalla Camera per la quale ha optato e venisse invece convalidato dell’altra, resterebbe escluso da entrambe, e non sarebbe rispettata la volontà degli elettori che lo avevano validamente eletto. Perciò il sistema proposto nel progetto non può andare, e la Commissione, tenendo presente questa obiezione dovrebbe modificare il testo.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Onorevoli colleghi, su questo punto è opportuno che la Camera si soffermi un istante, per considerare le conseguenze di questo articolo.

Per norma costituzionale non si può essere contemporaneamente deputato e senatore. Se quindi una persona, nominata deputato, viene contemporaneamente nominata senatore, è evidente che deve scegliere fra le due nomine. Ma questa scelta non si può fare – ed è giusto il rilievo fatto or ora – se non vi è una convalidazione, se cioè l’eletto sia stato convalidato come deputato e come senatore. Infatti potrebbe accadere il caso che, mentre si è scelta la carica di senatore, proprio la nomina a senatore venga contestata dal Senato, e avendo optato per il Senato, si abbia l’assurdo, pur essendo stati eletti per tutte due le Assemblee, di non diventare né membri della Camera dei deputati, né membri del Senato.

Il problema è alquanto intricato e per cercare di risolverlo bisogna scegliere una via di mèzzo. Non si può pretendere, come dice l’articolo, che venga dichiarata l’opzione il giorno precedente alla convocazione del Parlamento, perché questa è una pretesa ingiusta che non ha nessuna base di diritto, dato che la scelta si può fare soltanto quando si sia stati convalidati in tutti e due i rami del Parlamento.

Ora, bisogna trovare una via di uscita e, secondo me, questa via potrebbe essere la seguente: quando si è eletti deputati e sonatori si può ammettere che la scelta sia rimandata alla convalida: però, siccome non può una persona partecipare contemporaneamente ai lavori delle due Assemblee, e deve partecipare ad una sola Camera, bisogna stabilirlo in precedenza. Io oserei proporre che fino a tanto che non sia avvenuta la convalida, chi è nominato deputato e senatore si deve ritenere, per tutte quelle attività che si devono svolgere, appena convocato il Parlamento fra le quali una molto importante, quella cioè della nomina del Presidente della Repubblica, come se avesse optato per il Senato.

Per quale ragione io propongo questa provvisoria soluzione? Per una ragione molto semplice: perché, nonostante che noi possiamo preferire che venga adottato il sistema proposto dalla minoranza, dobbiamo pensare che, alla sua base, il sistema di elezione per il Senato è uninominale, e quindi anche nella scelta provvisoria fra le due Assemblee dobbiamo indicare quella che crei meno difficoltà futura. Così, in attesa della convalida, proporrei che provvisoriamente debba considerarsi l’eletto come eletto per il Senato, Quindi, questi potrebbe partecipare e ai primi lavori del Parlamento come senatore, salvo poi, una volta convalidato come deputato e come senatore, a scegliere egli stesso, di sua libera volontà, quale è l’Assemblea alla quale intende partecipare.

Questa mia è una indicazione. Certamente, ci vuole una disposizione che ponga il futuro eletto ad ambedue le Camere in una posizione chiara perché possa partecipare alle prime decisioni che dovranno prendere le Assemblee in seduta comune.

Per queste considerazioni prego la Commissione di prendere in esame le modifiche che occorre portare a questo articolo che stiamo discutendo.

CLERICI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLERICI. Onorevoli colleghi, io faccio anzitutto un rilievo e poi una proposta di rinvio.

Le osservazioni di cui alla proposta dell’onorevole Cevolotto, perfezionate dal collega onorevole. Fuschini, mi sembrano urtare contro due disposizioni basilari del diritto costituzionale: la prima è quella che è scritta nella nostra Costituzione, cioè la incompatibilità assoluta tra l’ufficio di senatore e quello di deputato; la seconda è quella che è scritta nel Regolamento della Camera dei deputati, come pure nel Regolamento del Senato: che, cioè, il deputato, come anche il senatore elettivo, si presumono, fino a convalida avvenuta, legalmente ricoprenti l’ufficio; tanto è vero che taluno persino è deputato, non dal giorno che è proclamato tale, ma dal giorno in cui è eletto, avendo la proclamazione valore ed effetto retroattivi. Dal momento in cui è eletto, il deputato, oppure il senatore, esercita le proprie funzioni ed ha tutti i privilegi delle funzioni stesse. Invece noi verremmo ad avere – contro la Costituzione, che stabilisce la impossibilità di essere contemporaneamente deputato e senatore – delle persone che, sia pure provvisoriamente, sarebbero e deputato e senatore. Dico inesattamente «provvisoriamente», perché non è che il deputato e il senatore prima della convalida siano tali sotto condizione sospensiva; cioè resti sospeso il loro ufficio sino a quando non sarà convalidata la elezione; al contrario essi sono già deputati e senatori fin dall’inizio. Tanto è vero, che annullata la loro nomina, non restano annullati affatto i voti e ogni altra azione che il non convalidato abbia dato ed esercitato. La negata convalida ha valore di condizione risolutiva soltanto.

Il collega Fuschini arriva a un compromesso: questo deputato e senatore insieme, nella votazione dell’Assemblea, e niente di meno che nella elezione del Presidente della Repubblica, agirebbe come senatore soltanto; peggio che mai! perché avremmo con ciò a tutti gli effetti (così a quello di ogni votazione, come della elezione del Presidente della Repubblica) un posto scoperto nel numero dei deputati della Camera. Il che è anche un assurdo pratico.

Io ritengo poi che, se dovessimo istituire per i senatori il Collegio uninominale, inteso nel senso rigoroso, secondo le proposte dell’onorevole Nitti e di altri, noi ci troveremmo di fronte a delle difficoltà. Se chi è eletto deputato e senatore, opta per la carica di deputato, costringe a rifare la elezione senatoriale nel suo Collegio con grave dispendio, non dico dei partiti politici (il che ha pure il suo valore e che merita pure una certa considerazione) ma anche dello Stato, per il quale ogni elezione di senatore rappresenta un dispendio di diversi milioni.

Questo inconveniente sarebbe attenuato qualora, invece, fosse votato o il progetto del Ministro Scelba, o il progetto così detto della minoranza della Commissione, perché allora ad un senatore mancante subentrerebbe un altro dello stesso contrassegno.

Ed io allora chiedo che, siccome questa questione è intimamente collegata col modo di elezione del Senato, essa sia rimandata a dopo che la Costituente avrà deciso la questione di principio sul modo di elezione dei senatori.

Nel caso di collegio uninominale puro, mi parrebbe logico disporre che l’elezione duplice di diritto fa optare (è una opzione o meglio una prevalenza ope legis) per la carica di senatore. Già c’è un caso analogo nella legge elettorale per la Camera, così come in quello per questa Assemblea; che l’elezione contemporanea in un Collegio territoriale e nel Collegio nazionale fa sì che prevalga l’elezione nella lista nazionale.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. L’articolo 27-bis, del quale attualmente si discute, stabilisce nella prima parte la possibilità della candidatura tanto per l’elezione a deputato come per quella a senatore, da parte della stessa persona.

Premesso questo punto, sul quale nessuno degli oratori precedenti ha creduto di dover sollevare obiezioni, pare anche solo la soluzione proposta dalla Commissione ponga riparo, per quanto possibile, agli eventuali inconvenienti.

In definitiva, si è detto da parte dell’onorevole Cevolotto che non è possibile procedere, nel giorno precedente la convocazione del Parlamento, alla rinunzia ad una delle due elezioni, in quanto prima che si abbia la convalida l’elezione non è valida. Ciò si ridurrebbe, in certo senso, all’affermazione secondo la quale non si può rinunziare ad una cosa che non si ha; solo quando si è definitivamente deputati o senatori si può procedere alla rinuncia.

Ma è anche vero, d’altra parte, che se non si procede ad una dichiarazione di opzione prima che siano convocati i rami del Parlamento, si consente di fatto la possibilità dell’eletto nelle due Camere di frequentare l’una Camera e l’altra: il che urta con la norma costituzionale che vieta il cumulo delle due cariche.

Contro questa possibilità, che ho definito inconveniente, l’onorevole Fuschini propone invece una soluzione in via provvisoria, la quale porterebbe però a quest’altro inconveniente, che è anche di indole estetica, se mi è lecito dire; che per un certo periodo l’eletto partecipi ai lavori di una delle due Camere e, poi, d’improvviso cessi di appartenere a quel ramo del Parlamento, ai cui lavori ha già partecipato, per diventare membro dell’altra Camera; il che mi pare una nuova incongruenza.

Quindi, poiché noi abbiamo stabilito il diritto della candidatura tanto per una Camera quanto per l’altra, dobbiamo accogliere la soluzione che la Commissione ha proposto, la quale in definitiva si riduce a questo: fa correre all’eletto l’alea che gli proviene dal fatto che gli si è data la possibilità ed il vantaggio di presentarsi candidato tanto per un ramo del Parlamento quanto per l’altro.

Non ho altro da aggiungere.

PRESIDENTE. Chiedo alla Commissione di esprimere il proprio parere.

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione ha avuto come interprete del suo pensiero, in modo preciso e concreto, l’onorevole Mastino e aderisce a quanto egli ha dichiarato.

Rimane la eccezione presentata dall’onorevole Clerici, alla quale non ha accennato il collega Mastino; egli ha detto che tanto la Costituzione, quanto il Regolamento della Camera non consentono che un cittadino possa essere contemporaneamente deputato e senatore; ed è appunto per questo che la Commissione si è data carico di questa eccezione, stabilendo che il cittadino sia tenuto, prima dell’apertura del Parlamento, a dichiarare a quale delle due Camere esso intenda appartenere. Ciò la Commissione ha fatto appunto in omaggio alla precisa disposizione contenuta nella Costituzione e nel Regolamento della Camera dei deputati.

A me non pare quindi, stando così le cose, che sia il caso di rinviare. È evidente che la Camera può stabilire il rinvio se essa lo creda opportuno, ma qui in effetti si tratta di una modesta questione che è stata ormai discussa, ed esaminata a sufficienza. Si può quindi essere d’avviso che convenga o meno di consentire la duplice candidatura; ma, dal momento che si è ritenuto che sia un concetto di maggior libertà e larghezza il lasciar libero il cittadino di poter presentare la propria candidatura tanto all’una Camera che all’altra. Non vedo come rinviando si eliminino i piccoli inconvenienti che possono pure determinarsi, dal momento che essi vengono indubbiamente ad essere sminuiti con l’articolo che propone la Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Ministro, vuole esprimere anche lei il suo parere?

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevoli colleghi, l’argomento non è di quelli per cui il Governo possa esprimere, come tale, una propria opinione. Se non ci fosse l’articolo 65 della Costituzione, il Governo potrebbe anche tenere su questa questione, diverso atteggiamento: ma dall’articolo 65 io deduco la conseguenza – che potrà anche non essere accolta, ma che io sono fermamente convinto esser tale – dell’impossibilità della contemporanea candidatura a deputato e a senatore.

Noi ammettiamo questa possibilità per un motivo meramente estrinseco, per il solo fatto cioè che le due elezioni si svolgono contemporaneamente. Ma, poiché si tratta di un fatto estrinseco, è evidente che esso non ha niente a che fare con il diritto soggettivo.

Ritengo quindi, che la proposta non meriti accoglimento. Mi dichiaro, pertanto contrario alla proposta della Commissione.

È evidente poi che, essendo io per la pregiudiziale contro la proposta del Governo, il problema del rinvio non me lo pongo neppure, né me lo porrò in un secondo momento, perché anche in un secondo momento non potrei se non riconfermare questo mio punto di vista.

MICHELI, Presidente della Commissione. Ma esiste un’incompatibilità, non una ineleggibilità. Noi la discipliniamo quindi in questo modo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Insomma, dopo lunga ponderazione, ritengo che sia veramente una mostruosità questa di presentarsi candidati e come deputati e come senatori nello stesso momento. (Applausi – Approvazioni).

PRESIDENTE. Onorevole Clerici, insiste nella sua proposta di rinviare la votazione su questo articolo? Tenga presente che si sono espressi tutti contro.

CLERICI. La ritiro e mi associo alla proposta di far decidere preliminarmente se siano compatibili le contemporanee candidature a deputato ed a senatore.

PRESIDENTE. L’onorevole Lucifero, ha presentato un emendamento del seguente tenore:

«Dopo le parole: per la Camera dei deputati, aggiungere: deve optare ope legis».

Ha facoltà di svolgerlo.

LUCIFERO. Voterò per la soppressione di questo proposto articolo 27-bis, in quanto concordo pienamente con quanto ha detto l’onorevole Ministro dell’interno. Mi sembra infatti non solo un assurdo costituzionale, ma un assurdo logico. Quindi il mio emendamento ha un valore di subordinata; cioè, qualora la Camera, contrariamente a quello che mi sembrerebbe l’avviso accettabile, deliberasse che ci si possa presentare candidato e all’elezione della Camera e a quella del Senato, io ritengo che si debba stabilire il principio che l’opzione deve essere automatica per il Senato.

E con questo non introduco niente di nuovo – se si può parlare di introdurre qualche cosa di nuovo in una cosa nuova – perché, in fondo, mi richiamo a quel principio che c’è già nella legge per l’elezione della Camera dei deputati, per gli eletti nella lista nazionale.

Il mio emendamento ha poi anche un significato pratico: cioè serve ad evitare che i leaders più autorevoli dei partiti si presentino in x collegi per la Camera ed in x collegi per il Senato, unicamente per una speculazione elettoralistica, per assicurare i seggi ai loro partiti, e poi siano liberi di andare dove vogliono. Ciò porterebbe a chi sa quante elezioni suppletive per il Senato, dovendosi fare queste elezioni per ogni cittadino che, essendo stato eletto per il Senato e per la Camera, optasse per la Camera. Mentre se optasse per il Senato, non si farebbe luogo ad elezioni suppletive, perché la successione sarebbe automatica. Quindi se si lasciasse la possibilità di optare per la Camera, si correrebbe il rischio di dover fare un numero notevole di elezioni suppletive.

Per tutte queste considerazioni, ritengo che chi già commette l’atto di infrazione costituzionale, direi quasi di usurpazione costituzionale, di presentarsi candidato per le due Camere contemporaneamente nelle quali la sua presenza è incompatibile, almeno sia vincolato a scegliere quella per la quale sorgono meno complicazioni e per il Paese e per il bilancio, e anche per la situazione generale, perché questa molteplicità di candidature, che poi si sa per quali ragioni sono fatte, fa una certa impressione.

PRESIDENTE. L’onorevole Franceschini, insieme ad altri colleghi, ha presentato il seguente emendamento:

«Nel caso di contemporaneità della elezione dei deputati e di quella dei senatori, non si può essere candidati in entrambe».

Ha facoltà di svolgerlo.

FRANCESCHINI. A noi sembra così chiara la non convenienza di due candidature simultaneamente presentate (Commenti) che rinunziamo addirittura a svolgere l’emendamento, perché ci affidiamo alla comprensione dei colleghi.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Vorrei far rilevare come l’articolo 65, al quale si è fatto riferimento, disponga quanto segue:

«Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere».

L’articolo 27-bis, del quale si discute, è quindi proprio diretto ad impedire l’appartenenza contemporanea alle due Camere. Vale a dire, è proprio diretto a regolare l’eventualità che taluno sia eletto alle due Camere: in tal caso deve decidersi, deve optare per una di esse. Vale a dire, esiste un’incompatibilità, non un’ineleggibilità.

Gli oppositori all’articolo dovrebbero, quindi, negare la possibilità delle due candidature e non sostenere una preclusione costituzionale che non esiste.

PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il proprio parere.

MICHELI, Presidente della Commissione. Credo di essermi già espresso aderendo alle dichiarazioni fatte dall’onorevole Mastino, che ha parlato d’accordo con noi.

Ad ogni modo, siccome il Ministro dichiara di sostenere la tesi che non sia ammessa la doppia candidatura, coloro che saranno d’accordo con lui voteranno contro il nostro articolo. La Commissione lo ha presentato, lo ha sostenuto e lo mantiene.

PRESIDENTE Onorevole Micheli, abbia la cortesia di esprimere il parere della Commissione sull’emendamento Franceschini.

MICHELI, Presidente della Commissione. È evidente che, dopo quello che ho dichiarato due volte, la Commissione non può consentire nella proposta dell’onorevole Franceschini, ed è quindi contraria al suo emendamento.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ministro dell’interno di esprimere il parere del Governo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Ritengo che si debba mettere in votazione l’emendamento Franceschini che afferma positivamente che non si può essere candidati contemporaneamente per il Senato e per la Camera. Mentre se si mettesse in votazione la proposta della Commissione, si lascerebbe aperta la questione.

Quindi, chiedo che preliminarmente sia messo in votazione l’emendamento Franceschini, e aderisco alla proposta soppressiva.

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Noi stavamo per votare pacificamente questo articolo, che non sembrava dovesse far sorgere alcuna contestazione e per cui non erano stati presentati né emendamenti, né ordini del giorno.

Senonché si è affacciata la preoccupazione dell’onorevole Cevolotto per ciò che riguarda il termine dell’opzione, in quanto egli riteneva pericoloso fissare questo termine entro il giorno precedente alla convocazione delle Camere: un deputato o un senatore che avesse scelto per l’uno o per l’altro ramo del Parlamento avrebbe potuto eventualmente trovare a veder contestata la propria elezione, e a vederla eventualmente annullata per quel ramo del Parlamento per cui avesse in precedenza optato.

Questa osservazione dell’onorevole Cevolotto, che poteva trovare sostenitori od avversari, ha suscitato un vespaio, ed ha portato ad una votazione su altra questione in un momento in cui non ce l’attendevamo. Questo è bene dir chiaramente, perché eravamo qui per una seduta di ordinaria amministrazione, mentre poi è capitato all’improvviso un argomento di particolare importanza. (Commenti).

Nel merito dichiaro che non vedendo alcun inconveniente nella doppia votazione, non vedo neppure motivi di preclusione costituzionale, perché lo stesso testo della Commissione ha stabilito la condizione della contemporaneità delle elezioni. Onde è chiaro che se le elezioni in avvenire non fossero contemporanee, noi avremmo solo in quel caso quel tale inconveniente a cui non si presterebbe il testo della legge.

E allora, stando così le cose, dichiaro di votare pel testo della Commissione.

LA ROCCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. Non credo che sia possibile votare in questo momento, in assenza di quasi tutti i deputati socialisti.

PRESIDENTE. Si tratta di un emendamento, onorevole La Rocca.

LA ROCCA. È una questione seria.

Possiamo andare avanti senza votare su questa questione. (Commenti).

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Se fosse posta in votazione la proposta Franceschini, io voterei contro perché ritengo che non sia conforme all’articolo 65 della Costituzione. Mi spiace a questo riguardo di non essere dell’avviso del Ministro dell’interno. Mi pare che l’onorevole Mastino Pietro abbia già in maniera precisa dimostrato che il secondo comma dell’articolo 65 stabilisce una incompatibilità, la quale non si può tradurre, con una legge ordinaria, in una ineleggibilità.

Ora, l’emendamento Franceschini in realtà stabilisce una ineleggibilità, quindi ritengo che non sia costituzionale.

Ad ogni modo, mi pare – come ha sostenuto il collega Gullo Rocco – che, dato che la discussione si è allargata e dalla questione di dettaglio sull’applicazione della proposta si è passati a sollevare questa delicata questione dell’emendamento Franceschini, che riguarda la sostanza dell’articolo 65 della Costituzione, mi pare che convenga tornare alla saggia proposta fatta da diversi colleghi: ossia che quest’articolo venga rinviato alla Commissione per un accurato esame.

Siccome la legge non sarà finita oggi, non ci sarà nulla di male se si ritarda di 12 ore la decisione.

LA ROCCA. Siamo tutti d’accordo!

BUBBIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUBBIO. Quando si tratta di materia tecnica o di alta politica posso comprendere di rinviare la proposta alla Commissione perché la studi, ma in una materia come l’attuale, in cui si tratta soprattutto di sensibilità, ritengo che si debba senz’altro passare alla votazione, senza altre sospensioni, in modo che ciascuno assuma subito le proprie responsabilità! (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di rinvio dell’onorevole Perassi.

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione si astiene.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Franceschini.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare, per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Voterò a favore dell’emendamento dell’onorevole Franceschini, perché, ignorante come sono di questioni giuridiche, ho l’impressione che l’argomento addotto dall’onorevole Perassi non sia che un sillogismo. Il fatto che la Costituzione dica che sono incompatibili le due funzioni di deputato e di sentore non esclude, a parer mio, che in sede di legge elettorale si determini anche la incompatibilità delle due candidature. Così come l’affermare la incompatibilità delle due candidature non significa, a parer mio, violare il principio della incompatibilità delle due cariche, sancito dalla Costituzione. Solo qualora ci fosse questo contrasto, cioè solo qualora raffermare che non è possibile la doppia candidatura rappresentasse una violazione del principio sancito nell’articolo 65 della Costituzione, potrei io comprendere l’argomento addotto dall’onorevole Perassi. Qui si tratta, in verità, non tanto di questione giuridica, quanto di questione squisitamente politica e, vorrei dire, squisitamente morale (Commenti al centro). È per me un argomento sul piano etico importante questo che è stato sollevato dall’onorevole Ministro dell’interno. Non è concepibile che noi si debba incoraggiare l’avventura di coloro che tentano in ogni modo di assurgere ad un posto di responsabilità nella vita pubblica, qualunque esso sia, e perciò tentano contemporaneamente e l’elezione alla Camera e l’elezione al Senato; così come non è concepibile che, per ottenere il successo maggiore del proprio partito, uomini notoriamente molto autorevoli abbiano a presentarsi candidati e per la Camera e per il Senato, e contemporaneamente in parecchi collegi.

Io penso che, considerata la cosa sul piano etico oltre che sul piano politico, la proposta dell’onorevole Franceschini abbia un serio fondamento e meriti di essere votata. (Applausi all’estrema destra).

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento Franceschini:

«Nel caso di contemporaneità della elezione dei deputati e di quella dei senatori,; non si può essere candidati in entrambe».

(Dopo prova e controprova, e votazione per divisione, non è approvato).

L’onorevole Mortati, ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire le parole: in mancanza di opzione si intende che hanno optato per il Senato, con le altre: deve optare entro cinque giorni dalla proclamazione; in mancanza si intende che abbia optato per il Senato».

L’onorevole Lucifero ha così modificato l’emendamento inizialmente proposto:

«Il candidato che sia proclamato eletto tanto per il Senato quanto per la Camera dei deputati sarà considerato eletto ope legis per il Senato».

Domando il parere della Commissione su questi due emendamenti.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. La Commissione insiste sul suo testo, perché la parola «proclamazione» potrebbe dar luogo ad equivoci e incertezze. Invece, il termine che coincide con la giornata precedente quella della convocazione dei rami del Parlamento non può dare luogo a nessun equivoco. Non vedo, poi, la ragione sostanziale che dovrebbe giustificare la sostituzione.

Necessario è che l’opzione venga prima che i due rami del Parlamento siano convocati. Che venga prima di questa data di 5 o di dieci giorni, non so a quale risultato possa portare. È meglio scegliere il testo della Commissione, che appunto fissa una data precisa.

Quanto all’altro emendamento, con il quale si stabilirebbe una opzione obbligatoria per il Senato, la Commissione non lo approva. Si creerebbe una condizione giuridica delle più strane e ingiustificate, ossia l’elezione a deputato sarebbe in partenza invalida, sempre che fosse accompagnata con l’elezione a senatore. Ora, ammessa come principio la possibilità che la candidatura sia duplice, non c’è una ragione giuridica che possa giustificare questa anticipata menomazione di una delle due elezioni.

Se la candidatura è duplice, è chiaro che si deve avere come conseguenza la possibilità che sia duplice l’elezione. Ed essendo duplice l’elezione, non si intende perché una di esse debba essere in partenza menomata.

Quindi, la Commissione insiste per il suo testo, con il quale si lascia al proclamato la libertà di optare per l’uno o per l’altro ramo del Parlamento. Si sono fatte delle obiezioni circa la condizione in cui, colui che è proclamato per i due rami del Parlamento, verrebbe a trovarsi, se fosse costretto ad optare prima della convalida.

Vorrei rispondere all’onorevole Cevolotto questo: che la posizione individuale di colui che viene proclamato per entrambi i rami del Parlamento sia non la più lieta, possiamo essere d’accordo. Ma, nel momento in cui pensa di porre la candidatura sia per la Camera dei deputati sia per il Senato, egli sa bene che non può neanche per un momento rivestire entrambe le cariche, perché c’è la ragione d’incompatibilità fissata in maniera perentoria della Costituzione. Del resto, la cosa è resa necessaria da un’ulteriore esigenza giuridica. Non c’è possibilità (e con ciò rispondo anche all’onorevole Fuschini) che, essendosi proceduto alle elezioni generali, resti una circoscrizione senza il suo rappresentante.

La. legge ammette la molteplicità della rappresentanza, nel senso che uno possa rappresentare più circoscrizioni. Questo deriva come conseguenza necessaria dal fatto che un cittadino può porre la candidatura in più circoscrizioni. Ma non è concepibile giuridicamente che, fatte le elezioni generali, una circoscrizione resti senza rappresentante. Ora, se si ammettesse l’ipotesi dell’onorevole Fuschini, ossia che provvisoriamente si dia al proclamato il diritto di partecipare ad una Camera (egli diceva che doveva essere la Camera dei deputati) avverrebbe questo: che, lasciando a questo proclamato la possibilità, avvenute in seguito le convalide, di optare per l’una o per l’altra Camera, un ramo del Parlamento avrebbe intanto una circoscrizione senza rappresentante; appunto perché, per la disposizione statutaria, non sarebbe possibile che lo stesso proclamato rivestisse contemporaneamente entrambi i mandati. È dunque più che evidente che, ammessa la molteplicità delle candidature, occorre senz’altro subordinare l’interesse individuale del proclamato all’interesse di sistemare giuridicamente la sua situazione, conformemente alla norma statutaria.

Per queste ragioni, la Commissione è contraria sia all’uno sia all’altro emendamento.

PRESIDENTE. Mi si fa osservare che c’è una ragione tecnica, che riguarda gli uffici del Senato e della Camera.

L’onorevole Gullo ha considerato l’ipotesi che l’eletto faccia la sua opzione. Ma gli uffici del Senato e della Camera come devono considerare quell’eletto, se non hanno la sua dichiarazione?

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Se il proclamato non esercita la facoltà di opzione, s’intende che l’opzione sia fatta pel Senato; è sempre una presunzione di opzione; ma una opzione ci deve essere.

È detto nello stesso articolo 27-bis, all’ultimo comma: «in mancanza (dell’opzione volontaria) s’intende che abbia optato per il Senato».

PRESIDENTE. Onorevole Lucifero, le faccio osservare che il suo emendamento può essere considerato assorbito dall’ultima parte dell’articolo. In mancanza di dichiarazione, s’intende che abbia optato per il Senato.

LUCIFERO. È presunta, se il proclamato non opta; ma per il mio emendamento è obbligato ad optare.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento proposto dall’onorevole Lucifero:

«Il candidato che sia proclamato eletto tanto per il Senato quanto per la Camera dei deputati sarà considerato eletto ope legis per il Senato».

(Non è approvato).

Passiamo alla votazione l’emendamento Mortati:

«Il candidato che sia proclamato eletto tanto per il Senato quanto per la Camera dei deputati deve optare entro 5 giorni dalla proclamazione».

MORTATI, Relatore per la minoranza. Vi rinunzio.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 27-bis nel testo proposto dalla Commissione:

«Nel caso di contemporaneità della elezione dei deputati e di quella dei senatori, si può essere candidati in entrambe. Il candidato che sia proclamato eletto tanto per il Senato quanto per la Camera dei deputati deve optare per l’uno o per l’altra non più tardi del giorno precedente quello della convocazione dei due rami del Parlamento. In mancanza, s’intende che abbia optato per il Senato».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 27-ter proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Ove le due elezioni per il Senato e per la Camera dei deputati non siano contemporanee, il membro della Camera ancora in funzione che accetta la candidatura per l’altra Camera, decade dal mandato».

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l’articolo col seguente:

«Il membro di una Camera che sia eletto a far parte dell’altra Camera decade dal mandato dal giorno della proclamazione».

Ha facoltà di svolgerlo.

PERASSI. Il testo della Commissione è stato letto or ora dal Presidente. Il voto che è stato dato, poco fa, dall’Assemblea Costituente, mi rende più agevole il compito. Vorrei soltanto ricordare, ancora una volta, che dal primo gennaio 1948 è entrata in vigore la Costituzione, la quale per ciascuno dei membri dell’Assemblea Costituente comporta la conseguenza che, di fronte a qualsiasi legge e a qualsiasi articolo ed emendamento da chiunque proposto, si ponga questa domanda: «questo articolo è compatibile con la Costituzione?». Già abbiamo avuto occasione, in una legge recente, di applicare questo concetto di fronte ad un emendamento che presentava aspetti interessanti, dal punto di vista morale e politico. L’Assemblea Costituente ha dovuto constatare che vi era un impedimento ad accoglierlo. Ora, la stessa domanda mi sono posta quando, per la prima volta, ho letto questo articolo, ed avevo allora semplicemente accennato la questione, limitandomi a rilevare il problema di ordine procedurale; in un secondo tempo ho creduto bene di cercare di trovare una formula che superasse la questione costituzionale e mantenesse l’essenza della disposizione. Il testo che io propongo è questo: «Il membro della Camera, che sia eletto a far parte dell’altra Camera, decade dal mandato che aveva dal giorno della proclamazione». In altri termini il deputato che è eletto senatore decade da deputato; il senatore che è eletto deputato decade da senatore, automaticamente. Ritengo che la disposizione debba essere allargata nel testo da me proposto; non basta prevedere soltanto le ipotesi in cui le due elezioni, per il Senato e per la Camera dei deputati, non siano contemporanee, ma occorre anche vedere il problema in termini più generali, tenendo conto che secondo il sistema della legge, è possibile anche avere elezioni parziali durante il corso della legislatura. Per conseguenza bisogna approfondire la questione. Cioè, una volta riconosciuto che, secondo la Costituzione, non vi è ineleggibilità, ma solo incompatibilità, bisogna regolare la norma relativa all’incompatibilità, cioè: se un deputato è eletto senatore, che cosa avviene?

Occorre una disposizione perché, secondo la Costituzione, questa persona, che è eletta a far parte contemporaneamente delle due Camere, non possa esercitare le funzioni nell’una e nell’altra. Non si può aspettare che questa persona sia convalidata in una Camera o nell’altra, perché poi faccia opzione fra le due cariche: contro questa ipotesi c’è l’obiezione, che è stata già fatta precedentemente, che questa persona non può simultaneamente esercitare le due funzioni.

Occorre quindi una disposizione particolare, la quale risolva automaticamente il cumulo delle due cariche. E perciò io propongo, che, se un deputato si presenta come candidato al Senato e riesce, entro lo stesso giorno in cui viene proclamato senatore, decade dalla carica di deputato, e viceversa. Questa è la portata della disposizione.

Mi pare che questa formula, la quale risponde alle stesse esigenze costituzionali alle quali si è ispirato l’onorevole Mortati, che pure ha avuto la sensazione che l’articolo così com’è non sia interamente accettabile, risponda meglio all’ipotesi che stiamo esaminando.

L’articolo proposto dalla Commissione incontra delle difficoltà: esso dice che il semplice fatto di accettare la candidatura comporta decadenza dal mandato. Questo è incostituzionale. Si viene, in altra maniera, a stabilire una ineleggibilità, il che non è ammissibile. Bisogna pensare invece l’ipotesi che la stessa persona sia effettivamente eletta alle due Camere, e che cioè vi sia un cumulo momentaneo delle due funzioni. È necessario quindi che vi sia una norma, che collochi questa persona al posto che essa ha scelto: ossia, dal giorno della proclamazione a deputato decade da senatore, e dal giorno della proclamazione a senatore decade da deputato. Questa è la portata dell’articolo.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati, ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire alle parole: decade dal mandato, le altre: deve optare nel caso di elezione all’altra Camera, ai sensi del precedente articolo».

Ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI, Relatore per la minoranza.

Mi associo alle considerazioni svolte dall’onorevole Perassi.

PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il proprio parere sugli emendamenti Perassi e Mortati.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. L’onorevole Perassi, per sostenere il suo emendamento fa capo alla disposizione costituzionale che sancisce la incompatibilità fra le due cariche. Ora, se si parte da questa premessa, non mi spiego come poi si arrivi alla conseguenza di cui all’emendamento. Data la premessa, intendo meglio l’emendamento Mortati, che giustamente riconosce al proclamato il diritto di optare. Ma, non è possibile che, partendo da questa premessa, si arrivi dove arriva l’onorevole Perassi, ossia che si riconosca il diritto ad una persona di presentare la sua candidatura e la si obblighi poi ad abbandonare la carica, che riveste nel momento in cui interviene la proclamazione. Non vedo che vi sia una logica giuridica fra la premessa e la conseguenza.

Ma, in realtà, gli emendamenti vanno respinti per la stessa ragione per cui si sostiene il testo della Commissione. La ragione è questa: qui non si fa capo alla incompatibilità o ineleggibilità, così come è inteso attraverso gli emendamenti stessi, ma vi è una ragione che giustifica una nuova causa di ineleggibilità che noi creiamo. Noi vediamo bene che non è un caso di incompatibilità. In realtà, fissiamo un caso di ineleggibilità e diciamo che, colui che riveste la carica di deputato non può presentare la candidatura al Senato, e viceversa.

E ciò si giustifica con la stessa ragione che giustifica tanti altri casi di ineleggibilità, ossia che il deputato, che rimane in carica durante la lotta elettorale, è in grado di esercitare una influenza attraverso la quale la libertà degli elettori può essere pregiudicata.

È questa la ragione per la quale noi riteniamo che il deputato e il senatore in carica, che presenta la candidatura al Senato o alla Camera dei deputati debba cessare per questo dalla carica che riveste, appunto perché, continuando a rivestirla, eserciterebbe, o si pensa che potrebbe esercitare, una influenza illecita sulla libertà del voto.

Questa è la ragione giustificatrice del caso di ineleggibilità, che noi creiamo con questa disposizione. Pertanto la maggioranza della Commissione insiste nel testo proposto.

MORTATI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI, Relatore per la minoranza. A mio avviso la disposizione proposta dalla maggioranza della Commissione non è soltanto incostituzionale, perché trasforma in eleggibilità ciò che ai sensi dell’articolo 65 è una incompatibilità, ma per un’altra ragione, che si riferisce precisamente alla obiezione sollevata per ultimo dall’onorevole Gullo Fausto.

Noi abbiamo ammesso l’istituto della prorogatio, consentendo che il deputato rimanga in carica fino al giorno in cui si indicono le nuove elezioni.

Ora, questa ipotesi, che noi abbiamo prevista e consacrata nella Costituzione, creerebbe (se fosse esatta la premessa posta dall’onorevole Gullo Fausto) la impossibilità della presentazione di candidatura di tutti i deputati in carica, perché i deputati rimangono tali fino al giorno delle elezioni, e conseguentemente non potrebbero accettare la candidatura.

Ritengo quindi che la proposta della Commissione di cui si discute sia in disarmonia, non solo con l’articolo 65, ma anche con l’articolo 58 della Costituzione, e per questo non può essere accolta.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Io concordo con l’osservazione fatta dall’onorevole Gullo. La proposta dell’onorevole Perassi mette i candidati in condizioni di inferiorità, e crea inoltre una sperequazione evidente, con tutti gli svantaggi di ordine morale e politico che una sperequazione crea. Noi ammetteremmo che un senatore si possa presentare candidato nel Parlamento, mentre lo abbiamo negato per una categoria limitata. Nel caso specifico noi urteremmo contro le ragioni che hanno indotto il Parlamento di stabilire una causa di ineleggibilità per i deputati regionali.

Poi c’è una considerazione di carattere politico: un senatore si presenta candidato come deputato, viene bocciato, ma rimane senatore, cioè a rappresentare il Paese al Senato.

Mi pare che politicamente metteremo questo senatore in condizioni di non esercitare il suo mandato. Ma vorrei ricordare anche una disposizione della Costituzione: la norma delle disposizioni finali transitorie della Costituzione stabilisce: «Al diritto di essere nominati senatori si può rinunciare prima della firma del decreto di nomina. L’accettazione della candidatura alle elezioni politiche implica rinuncia al diritto di nomina a senatore».

Noi verremmo quindi a contraddire palesemente questa disposizione, nel caso che accettassimo questo emendamento. Sono d’accordo pertanto con la proposta della Commissione e mi dichiaro contrario all’emendamento dell’onorevole Perassi.

PRESIDENTE. Onorevole Perassi, mantiene il suo emendamento?

PERASSI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento Perassi, del seguente tenore:

Art. 27-ter.

«Il membro della Camera ancora in funzione che sia eletto a far parte dell’altra Camera decade dal mandato a datare dalla proclamazione».

(Non è approvato).

Onorevole Mortali insiste nel suo emendamento?

MORTATI. Non insisto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 21-ter nel testo della Commissione:

«Ove le due elezioni per il Senato e per la Camera dei deputati non siano contemporanee, il membro della Camera ancora in funzione che accetta la candidatura per l’altra Camera, decade dal mandato».

(È approvato).

Gli onorevoli Dominedò e Moro, hanno proposto il seguente articolo 25-quater:

«L’esclusione dalle cause di ineleggibilità prevista a termini dell’articolo 1 n. 2, della legge 23 dicembre 1947 n. 1453, per i deputati delle legislature XXVII, XXVIII e XXIX, i quali fecero parte della Consulta nazionale, deve ritenersi applicabile anche a coloro che fecero parte della Consulta regionale».

L’onorevole Dominedò ha facoltà di svolgerlo.

DOMINEDÒ. Basterà qualche parola di illustrazione. Questo emendamento tende, attraverso una disposizione transitoria inserita dopo l’articolo 25, a completare la norma per i casi di ineleggibilità dei deputati delle legislature dalla XXVII alla XXIX – casi che vengono meno nell’ipotesi che successivamente tali deputati abbiano fatto parte della Consulta Nazionale – nel senso che la stessa esclusione della causa di ineleggibilità possa operare là dove essi abbiano fatto parte della Consulta regionale, e più precisamente della Consulta regionale siciliana, la quale in atto fu costituita ed operò nello stesso periodo storico in cui operò la Consulta nazionale.

Le ragioni dell’emendamento sono palesi, nel senso che, qualitativamente, la partecipazione ad una Consulta di competenza nazionale ovvero regionale può essere posta su una posizione di equiparabilità agli effetti di cui si parla. Nell’un caso e nell’altro vi fu infatti una selezione politica prima dell’ammissione dei membri nella Consulta. Nell’un caso e nell’altro si venne a partecipare ad organi per i quali anche successivamente la Costituzione (per quanto attiene alla funzione legislativa) istituisce un rapporto di equipollenza qualitativa, come avviene nell’articolo 122, dove l’incompatibilità è contemplata in modo reciproco.

Pertanto per ragioni politiche e costituzionali di diritto e di equità, riteniamo di poter proporre all’Assemblea l’approvazione dell’articolo aggiuntivo 25-quater, di carattere transitorio.

FUSCHINI. Ma questo non può valere per la Camera! (Commenti).

DOMINEDÒ. Al contrario, questa disposizione, come quella sulla obbligatorietà del voto ed altre, può valere per entrambi i rami del Parlamento.

PRESIDENTE. Prego la Commissione di esprimere il proprio parere.

MASTINO PIETRO. L’emendamento proposto dall’onorevole Dominedò equipara, agli effetti dell’esclusione dalle cause di ineleggibilità, coloro i quali, avendo fatto parte della Consulta nazionale, diventano eleggibili, nonostante rientrino nelle disposizioni delle precedenti leggi proibitive, a quelli che fecero parte di Consulte regionali.

Mi sembra pertanto che una ragione di giustizia ci consigli ad ammettere l’emendamento proposto dall’onorevole Dominedò.

PRESIDENTE. Onorevole Ministro, la prego di esprimere il suo parere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo si rimette all’Assemblea.

NITTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Vorrei sapere per chi vale questo emendamento. A chi si applica.

PRESIDENTE. Onorevole Dominedò, vuol chiarire di nuovo all’onorevole Nitti e all’Assemblea la portata di questo suo emendamento?

DOMINEDÒ. Volentieri, onorevole Presidente. Ma non potrò se non riferirmi a quanto ho detto poc’anzi in sede di svolgimento della proposta. A noi pare chiaro, in definitiva, che politicamente e giuridicamente il fatto di avere appartenuto alla Consulta nazionale o alla Consulta regionale siciliana o sarda possa e debba essere equiparato. Il problema che qui sorge è infatti di natura qualitativa e non quantitativa: tanto basta per istituire una doverosa analogia agli effetti dell’esclusione di una causa di ineleggibilità.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI, Presidente della Commissione. Desidero avvertire che, pur mantenendo la dichiarazione fatta or ora dall’onorevole collega Mastino, sorge il dubbio se si possa in questo momento stabilire una disposizione di indole generale che modifichi quanto stabilisce al riguardo un’altra legge. Caso mai potremo soltanto farlo nei confronti del caso particolare della nostra legge, che stiamo ora discutendo, e cioè solo per la elezione dei senatori.

Mi pare si debba quindi dare alla proposta dell’onorevole Dominedò il riferimento puro e semplice alla nostra legge e non oltre, come parrebbe invece dal testo dell’emendamento Dominedò. Se infatti noi andassimo in diversa sentenza, potrebbe facilmente eccepirsi la incostituzionalità del nostro deliberato.

DOMINEDÒ. Non si tratterebbe mai di incostituzionalità, ma, in ultima analisi, non avrei difficoltà ad aderire alla proposta del Presidente della Commissione.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Mi pare, di fronte alla mia coscienza, che questo emendamento dell’onorevole Dominedò violi la Costituzione. Comunque, l’osservazione dell’onorevole Micheli, cioè che l’emendamento non possa applicarsi (e non potrebbe essere diversamente) che alla legge per l’elezione del Senato, porterebbe all’incongruenza, se approvato, che, coloro che si trovano nelle condizioni in esso previste, potrebbero essere eletti al Senato ma non alla Camera.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Dominedò se mantiene il suo emendamento.

DOMINEDÒ. Si, signor Presidente, perché non è anticostituzionale.

PRESIDENTE. Sta bene. Allora pongo in votazione l’emendamento degli onorevoli Dominedò e Moro, non accettato né dal Governo né dalla Commissione.

(Non è approvato).

CARPANO MAGLIOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARPANO MAGLIOLI. Ho chiesto di parlare per riproporre alla cortesia della Presidenza e dei colleghi dell’Assemblea la domanda fatta stamane, cioè che la seduta sia rinviata a domani. (Commenti al centro). Concedeteci queste due ore; sono ormai le 18!

UBERTI. E un continuo rinvio!

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, la prego, non interrompa.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Noi crediamo di aver dato molte prove di comprensione delle esigenze dei colleghi del Partito socialista impegnati nel loro Congresso. Ma debbo appena ricordare che si era stabilito – ed il Presidente dell’Assemblea ne aveva preso formale impegno – che entro la giornata di oggi si sarebbe, comunque, proceduto alla votazione. (Commenti all’estrema sinistra).

Noi potremmo, proprio per venire incontro alla richiesta dei colleghi socialisti, accettare di tenere seduta notturna, in modo che domani si possa condurre a termine il nostro lavoro, senza essere costretti a restare qui in seduta non solo per tutta la giornata di domani, ma anche per quella di domenica.

COSTANTINI. Per il Congresso del vostro Partito (Indica il centro) abbiamo sospeso le sedute per quattro giorni, senza lesinare col contagocce! (Rumori al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è evidente che io non posso mancare all’assicurazione data all’Assemblea dal Presidente Terracini che nella giornata di oggi si sarebbe esaurito la discussione sui punti maggiormente controversi.

Tuttavia ritengo che la proposta dell’onorevole Moro possa essere tenuta in considerazione, dal momento che essa va incontro al desiderio dell’onorevole Carpano Maglioli, che propone il rinvio a domani il seguito dei lavori.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Ringrazio l’onorevole Moro per la prova di cortesia che ci ha offerto… (Commenti al centro).

PICCIONI. Ma se ogni giorno ve ne stiamo dando di queste prove; quindi lasciamo stare la cortesia! (Rumori all’estrema sinistra).

CIANCA. Ritengo che sarebbe di pessimo gusto fare raffronti tra il trattamento riservato a noi e quello riservato a voi della Democrazia cristiana. (Proteste al centro).

Comunque, mi permetto di far rilevare al Presidente, il quale cortesemente ha aderito alla proposta dell’onorevole Moro, di fare una seduta notturna, che noi saremmo costretti a parteciparvi, mentre, con grande probabilità, il voto politico al nostro congresso si avrà precisamente questa notte. (Commenti al centro).

È veramente strano che io debba far presente ad uomini che hanno partecipato a congressi politici come il voto politico del congresso rappresenti la conclusione del dibattito politico, e che ciascun appartenente al partito ha il dovere di parteciparvi. (Commenti).

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Io vorrei dire una parola che distendesse un poco l’atmosfera così tesa in cui si discute questo problema, che mi pare del resto non abbia un’importanza così grande.

Io vorrei dire ai colleghi della Democrazia cristiana di ricordare un precedente. Di ricordare che un’altra volta, alle sei di sera, dopo che si era deliberato di tenere seduta notturna, io mi rivolsi ai colleghi della Democrazia cristiana e al Presidente facendo presente che vi era una riunione del comitato centrale del nostro Partito, e l’Assemblea fu concorde nella opportunità di rimandare i lavori.

In sostanza, i colleghi del Partito socialista credo che avessero, non dico il diritto, ma la facoltà di chiedere la sospensione dei lavori per quattro giorni, recuperando il tempo perduto con doppie sedute o con sedute notturne. E credo che la maggior parte di noi, per lo meno quelli che sentono profondamente la vita di partito, avrebbero appoggiato la proposta.

Si tratta di uno dei più grandi partiti dell’Assemblea. Nella giornata di domani abbiamo la possibilità di concludere l’esame di questa legge e di votarla.

Non è dunque il caso di esasperare la questione, mentre è in giuoco non dico l’interesse, ma la convenienza di un partito che il suo Gruppo parlamentare sia presente al congresso che decide della vita politica del partito per un lungo periodo di tempo. Mi pare che l’opporsi a questa convenienza sarebbe un esasperare troppo i rapporti fra i settori dell’Assemblea.

Vorrei quindi pregare i colleghi della Democrazia cristiana di desistere dalla loro opposizione e di accettare il rinvio a domani.

PICCIONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PICCIONI. I lavori dell’Assemblea, durante questa settimana, sono stati nettamente dominati dalla giusta esigenza dei lavori del congresso socialista. Nessuno vorrà contestare che si sono svolti con un ritmo molto rallentato, perché abbiamo tenuto alcune sedute piuttosto ridotte e non ci siamo affaticati eccessivamente; e ciò, non perché avessimo uno spazio di tempo tale da consentire questo ritmo ai nostri lavori, ma unicamente ed esclusivamente per consentire ai colleghi del Gruppo socialista di partecipare al loro congresso.

Ieri l’altro sera, quando si dovette decidere sull’ordine del giorno della seduta successiva, su proposta dell’onorevole Togliatti, con una motivazione particolare che teneva evidentemente conto anche delle esigenze del congresso socialista, si discusse sul modo come si sarebbe dovuto procedere ulteriormente nei lavori. E voi tutti ricorderete che fu stralciata la parte fondamentale e sostanziale della legge. E io, prendendo la parola per associarmi alla proposta di rinvio, sollecitai dal Presidente la possibilità di riprendere la discussione sulla parte sostanziale nella seduta di ieri pomeriggio, anziché nella seduta di oggi.

Vi fu l’insistente richiesta dei colleghi socialisti di rimandare ad oggi la discussione di questa parte sostanziale, con l’assicurazione (me lo consentano) che i lavori del loro congresso si sarebbero svolti e conclusi in modo da consentire che veramente oggi si sarebbe potuto concludere e votare su questa parte della legge, tanto che lo stesso onorevole Presidente Terracini, con gesto anche – ricordo – molto solenne, disse che prendeva su di sé la responsabilità di fare in modo che nella seduta di oggi si sarebbe svolta la discussione e la votazione sulla parte fondamentale della legge.

Questo non è avvenuto.

Comprendo le condizioni in cui i colleghi del Gruppo socialista si possono trovare e comprendo d’altra parte la posizione complessa in cui si svolgono i lavori del congresso medesimo, ma i colleghi socialisti devono pur capire l’imbarazzo in cui si trova gran parte dell’Assemblea Costituente, fino al punto da ritenere che non si possano subordinare più o meno indefinitamente i lavori dell’Assemblea ad un congresso, sia pure rispettabile, come quello del Partito socialista.

E a questo proposito mi piace chiarire un punto particolare, perché si valuta (non dico si specula) su una questione diversa che riflette il mio partito.

Quando noi abbiamo tenuto il congresso di Napoli, abbiamo chiesto alla cortesia del Presidente dell’Assemblea di sospendere possibilmente la seduta per due soli giorni, includendo in questi due giorni quel lunedì che, per prassi ormai antica, non costituisce certo una delle giornate più lavorative dell’Assemblea, Il congresso non finì il martedì sera; non avanzammo nessuna richiesta di nessun genere; dovemmo rimanere a Napoli, e il mercoledì la seduta della Costituente si tenne regolarmente. Ora, i colleghi socialisti, dato il prolungarsi dei lavori del loro congresso, dovrebbero mettersi nelle condizioni di favorire anche l’ulteriore corso dei lavori dell’Assemblea e la conclusione dei lavori stessi.

Loro si trovano nella particolare favorevole situazione di tenere il congresso a Roma. Sono qui, possono partecipare, come mi pare in definitiva abbiano partecipato con una rappresentanza cospicua e ben qualificata, alla discussione degli articoli. Alla votazione non v’è nessuna difficoltà materiale da parte loro per parteciparvi. Non è quindi questione di scortesia, è questione di coordinare i lavori del congresso socialista con i lavori dell’Assemblea Costituente e non viceversa, evidentemente, perché la sproporzione delle due posizioni è evidentissima e non richiede nessuna particolare sottolineatura.

Ora, la cortesia noi l’abbiamo usata. Allora, ripeto, senza appellarmi alla lettera dell’impegno preso dal Presidente l’altra sera, credo che noi potremo continuare i nostri lavori; possono parlare i relatori, anche se la votazione non avvenga stasera.

Per concludere, onorevole Presidente, credo che si possa andare avanti questa sera stessa nel corso ulteriore dei lavori per chiarire eventualmente delle posizioni.

Se il voto si deve rimandare a domani mattina, non abbiamo difficoltà.

Il termine conclusivo dei nostri lavori si approssima e non ci possiamo permettere il lusso di procedere con questo ritmo tanto lento e stanco.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Chiedo la parola per richiamare l’attenzione dell’Assemblea su questo: l’onorevole Piccioni è stato esatto nel ricordare che l’altra sera il nostro amato Presidente Terracini si era impegnato a mandare avanti la discussione nella giornata di oggi. Questo impegno il Presidente Terracini lo prese dietro anche la nostra assicurazione che oggi noi saremmo stati a disposizione dell’Assemblea.

È accaduto quello che non deve sorprendere nessuno di coloro che hanno un po’ di pratica di congressi, perché non v’è stato mai un congresso che abbia svolto i suoi lavori secondo le previsioni. Abbiamo subito un certo ritardo. Mentre la votazione conclusiva avrebbe dovuto avvenire ieri, avverrà, sta avvenendo, questa sera stessa. Ecco la ragione per la quale noi ci permettiamo di chiedere alla cortesia dei colleghi di rinviare il seguito della discussione a domani.

In quanto ai precedenti, onorevoli colleghi, non è il caso, non è cosa simpatica fare un conto di dare ed avere in tema di cortesia.

PICCIONI. Siete voi che fate sempre questi conti.

TARGETTI. Onorevole Piccioni, le sue interruzioni non possono riuscire stasera a farmi alzare la voce, perché le mie corde vocali questa sera non me lo permettono. Noi vi diciamo soltanto questo: non abbiamo chiesto alla cortesia dell’Assemblea di sospendere i lavori almeno per un paio di giorni, mentre se avessimo avanzato questa richiesta io credo che nessuno si sarebbe rifiutato di accoglierla. Ma non l’abbiamo avanzata, in considerazione che abbiamo ancora pochi giorni a disposizione per concludere i nostri lavori e non abbiamo voluto creare difficoltà alla loro conclusione. Ma se oggi ci permettiamo di chiedere che si prolunghi ancora per poco quel rallentamento dei lavori che si è avuto nei due giorni scorsi, come l’onorevole Piccioni ha ricordato, non ci sembra che si vada al di là di quella che è la più modesta delle richieste. Volevo fare poi un’ultima osservazione: la politica ha le sue esigenze e nessuno deve fingere una ingenuità che non può avere. Vi sono alle volte domande di rinvio che hanno uno scopo politico, e se l’hanno a favore di chi le avanza, è più che naturale che trovino una certa contrarietà da parte di chi le dovrebbe accogliere. Ma in questo caso nessuno può trovare o sospettare nulla di malizioso nella nostra istanza. Noi siamo stasera nell’impossibilità di partecipare ancora ai lavori dell’Assemblea e quindi domandiamo di rinviarli a domani. Vuol dire che domani lavoreremo una o due ore di più per recuperare il tempo che perdiamo oggi.

CARPANO MAGLIOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARPANO MAGLIOLI. Noi abbiamo chiesto alla cortesia dell’Assemblea un rinvio. Si tratta di concederci un’ora e mezzo perché sono le 18.30 e alle 20 la seduta sarebbe tolta.

Quest’ora e mezzo può essere benissimo recuperata domani.

PRESIDENTE. Per quel che mi riguarda io non posso direttamente accettare la sua richiesta perché sono vincolato dalla promessa fatta dalla Presidenza di concludere entro oggi la discussione sui punti principali. Se ella insiste, porrò ai voti la sua proposta di rinvio.

CARPANO MAGLIOLI. Io insisto: ritengo che nessuno negherà il rinvio per un’ora e mezzo soltanto di differenza.

PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta Carpano Maglioli di rinvio della discussione a domani, avvertendo che, se non sarà approvata, resta inteso che la seduta proseguirà senza però che si addivenga a votazioni.

(Non è approvata – Vivaci proteste all’estrema sinistra – Commenti – Rumori).

Proseguiamo nei nostri lavori.

Invito l’onorevole Targetti a svolgere il seguente ordine del giorno, presentato insieme con l’onorevole Amadei:

«L’Assemblea Costituente delega la Commissione parlamentare per la legge sulla elezione del Senato della Repubblica a formare, d’intesa col Governo, la tabella delle circoscrizioni territoriali secondo i seguenti criteri:

1°) attenersi il più rigorosamente possibile alla norma costituzionale per la quale deve essere eletto un senatore per ogni duecentomila abitanti;

2°) rispettare le unità provinciali;

3°) mantenere, in linea di massima, intatte le unità cittadine;

4°) suddividere le città con popolazione superiore ai 400.000 abitanti, tenendo conto della loro particolare configurazione topografica e, in mancanza di questa, procedendo a suddivisioni con criteri omogenei».

TARGETTI. Mi permetto far rilevare all’onorevole Presidente ed all’Assemblea il legame che esiste fra il mio ordine del giorno ed il sistema di votazione che sarà adottato.

Col mio ordine del giorno si propone che, nella impossibilità materiale in cui si trova l’Assemblea di procedere direttamente alla determinazione delle singole circoscrizioni, l’Assemblea deleghi questo potere alla Commissione per la legge sul Senato, la quale, d’intesa col Governo, formi le tabelle, in base ai criteri dettati dall’Assemblea.

La ragione del mio ordine del giorno sta nella importanza straordinaria che, in una votazione per collegio uninominale, ha la formazione delle circoscrizioni. È inutile che mi dilunghi a dimostrarla.

A me sembra molto più logico che lo svolgimento di questo ordine del giorno sia rimandato a dopo aver risolto la questione del sistema elettorale; perché potrebbe avvenire che l’Assemblea deliberasse a torto od a ragione di adottare un sistema elettorale per il quale, per ragioni intuitive, la composizione delle circoscrizioni perderebbe molta della sua importanza. In questo caso lo svolgimento del mio ordine del giorno potrebbe essere contenuto in limiti molto diversi che in altri casi.

Se il Presidente e l’Assemblea lo desiderano, io posso svolgere l’ordine del giorno, ma temo di fare oggi una illustrazione prematura.

PRESIDENTE. L’onorevole Micheli ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sulla proposta di rinvio ad altro momento della trattazione del problema posto dall’ordine del giorno Targetti.

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione ha discusso nella sua ultima adunanza anche questo problema e si è dato carico di esaminare l’ordine del giorno Targetti, il quale teoricamente è basato sopra criteri che possono ritenersi opportuni. Per altro sono criteri generali, che non possono essere applicati costantemente e sempre; sono criteri che evidentemente ammettono eccezioni. Nelle stesse categorie accennate, alcuni criteri non possono essere applicati contemporaneamente, perché nella pratica applicazione si troverebbero in contrasto. Cito a caso un esempio: mentre il concetto dei 200.000 abitanti stabilito nella Costituzione deve essere applicato nella misura maggiore possibile, è evidente che, quando esso sia abbinato al rispetto delle unità provinciali, spesso metterebbe di fronte ad impossibilità materiali, perché abbiamo unità provinciali, come Sondrio ed Imperia, in cui due collegi uninominali di 200.000 abitanti sono assolutamente impossibili.

Così anche il mantenimento in linea di massima di tutte le unità cittadine affermato nel punto terzo deve essere contemperato col punto quarto dell’ordine del giorno stesso, nel quale si deve tener conto della particolare configurazione topografica e, in mancanza di questa, si giunge ad ammettere la possibilità di suddivisioni con criteri omogenei, parole, queste, di largo respiro. Ora, effettivamente, il concetto è largo e conciliante, ma nella pratica applicazione non so che cosa potrà effettivamente avvenire. La Commissione, poi, avrebbe creduto di aggiungere anche un quinto punto di riferimento, proposto dal nostro relatore onorevole Fausto Gullo, che cioè si tenesse conto anche delle antiche circoscrizioni dei collegi uninominali, cercando, si capisce, di abbinarle, perché i collegi uninominali antichi, come i colleghi ben sanno, erano 508, mentre questi sono poco più di 230. Questo nuovo criterio va così contemperato con questa necessità di diminuzione di oltre il cinquanta per cento. Con queste osservazioni la Commissione, in massima, è favorevole a che vengano fissati criteri di questo genere. Peraltro ritiene sia opportuno, se l’Assemblea darà ad essa il mandato espresso nell’ordine del giorno Targetti, che l’obbligo di seguire le direttive esposte sia consentito con una maggiore larghezza, perché effettivamente queste sono teorie belle, buone, alle quali si deve fare tanto di cappello, ma che spesso nella pratica applicazione vengono ad incontrare situazioni particolari alle quali non si possono applicare. Quindi si deve essere d’accordo di aggiungere sempre: «per quanto sia possibile». Questo il concetto che ha animato la Commissione nel seno della quale, pur essendovi diversi criteri (perché quando si vengono ad esaminare poi le singole circoscrizioni non se ne trova mai una che corrisponde a tutti quanti i requisiti che teoricamente sarebbero desiderabili), è stata d’avviso nell’esprimere parere favorevole all’emendamento in questione quando si sia d’accordo che l’applicazione dei criteri segnati debba essere fatta in quanto sia possibile.

Lo stesso dicasi anche del particolare riguardo dovuto all’antica topografia dei collegi uninominali. Con queste dichiarazioni, io ripeto, la Commissione accetta l’ordine del giorno Targetti, in quanto, essendo un ordine del giorno che esprime direttive generali, può essere approvato tenendo presenti i larghi criteri di applicazione che ora ho esposti.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Concordo con l’osservazione fatta dall’onorevole Targetti. Sono perfettamente convinto che l’importanza delle circoscrizioni potrà variare a seconda del sistema elettorale che verrà adottato. Vi è comunque la difficoltà di formare circoscrizioni che siano, vorrei dire, razionali. Infatti le circoscrizioni con 200.000 abitanti non hanno precedenti storici, né amministrativi, né economici, né etnici: è assolutamente impossibile trovare una base concreta. Questo per me rappresenta forse l’argomento più decisivo per sollecitare dall’Assemblea un determinato indirizzo.

PRESIDENTE. L’articolo 2, al quale è legata la questione della formazione dei collegi, fu a suo tempo rinviato. Ritengo pertanto che l’ordine del giorno Targetti potrà essere preso in esame allorché si discuterà dell’articolo 2.

PICCIONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PICCIONI. Poiché la discussione sul punto principale della legge, di cui all’articolo 7, fu troncata l’altro giorno, mentre avrebbero dovuto parlare i relatori, mi pareva opportuno che si utilizzasse un’ora, un’ora e mezzo, per sentire i relatori, rinviandosi poi le dichiarazioni di voto e le votazioni a domani mattina.

Questa è stata la mia proposta concreta nel mio precedente intervento. Insisterei su di essa e rivolgerei all’onorevole Presidente la preghiera di chiedere ai relatori se sono disposti a prendere ora la parola.

LUCIFERO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Vorrei far presente che la discussione fu sospesa su questo argomento. Ci fu anzi una dichiarazione dell’onorevole. Togliatti, il quale fece un accenno a trattative in corso per trovare una soluzione; in quella circostanza io mi permisi di dirgli che non vedevo questa soluzione.

Ad ogni modo, prima di andare avanti, bisognerebbe sapere dall’onorevole Togliatti o da altri se questa soluzione è stata trovata, se c’è qualche cosa di nuovo, o se dobbiamo riprendere la discussione al punto in cui l’abbiamo lasciata; e, visto che noi l’abbiamo interrotta su una proposta specifica, dobbiamo pur sapere se questa proposta ha avuto esito.

PRESIDENTE. Evidentemente la richiesta dell’onorevole Lucifero ha un fondamento: se ci sono state trattative è naturale che si debba avere notizia delle conclusioni.

MOLINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. Prima di passare all’esame della questione fondamentale, si potrebbero discutere intanto i due articoli aggiuntivi rimasti ancora da esaminare.

PRESIDENTE. Non ho al riguardo nessuna difficoltà, se l’Assemblea consente. (Segni di consenso).

Passiamo, allora, agli articoli aggiuntivi.

Gli onorevoli Vigna, Cosattini e Piemonte avevano presentato il seguente articolo aggiuntivo:

«Gli emigrati per motivi di lavoro, che rimpatriano per le elezioni, hanno diritto al trasporto ferroviario gratuito dalla stazione di confine al Comune in cui votano e viceversa».

Constato che nessuno dei firmatari è presente.

PICCIONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PICCIONI. Onorevole Presidente, non credo che si possa considerare decaduta la proposta, se i suoi firmatari non sono in questo momento presenti.

PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione?

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Sia per l’ora, sia perché è assente uno dei relatori, chiederei che la seduta sia rinviata a domani mattina.

PRESIDENTE. Date queste condizioni, rinvio il seguito della discussione alle ore 9.30 di domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere quanti prigionieri di guerra risultino ancora non rimpatriati e come siano distribuiti fra i diversi Stati d’Europa del mondo; e per conoscere inoltre quali azioni e provvidenze siano in corso in favore delle loro famiglie e come si stia provvedendo per facilitare e affrettare il loro ritorno in patria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Braschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se è a sua conoscenza che la Commissione centrale preposta al servizio elenchi nominativi lavoratori e contributi unificati agricoltura, istituita con l’articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale 8 febbraio 1945, n. 75, ha, in deroga al disposto di cui all’articolo 6 del citato decreto, provveduto ad un inquadramento provvisorio del personale in servizio.

«Nel caso in cui tale inquadramento sia stato debitamente autorizzato, l’interrogante chiede di conoscere quali siano stati i criteri informatori e le norme di valutazione che hanno regolato tale inquadramento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellavista».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere per quale motivo a molti militari reduci dai campi di concentramento americani non è stato ancora liquidato il credito loro riconosciuto come compenso per l’attività prestata durante la prigionia, dopo che li si è obbligati a restituire gli anticipi loro accordati al rientro in Patria con la promessa che sarebbero stati soddisfatti per intero e al cambio corrente. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Preti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se è a conoscenza che le ditte concessionarie coltivazione tabacchi d’Abruzzo (A.T.I.; S.A. Tito Buccolini; S.A.L.T.O.; Ricci; Pardi; Piattelli; Sabucchi e Donati), nel ritirare i tabacchi sciolti della campagna 1947, non hanno praticati i prezzi determinati dal Ministero e riportati nella circolare n. 9475 del 6 novembre 1947 della Direzione compartimentale coltivazione tabacchi di Roma.

«Affermativamente, se è lecito che le predette ditte, riunitesi in Pescara il 9 novembre 1947, senza aver consultato il Sindacato provinciale tabacchicoltori di Lanciano, che aveva in precedenza comunicato l’adesione di oltre 6000 coltivatori, abbiano potuto determinare e, quindi, corrispondere prezzi inferiori a quelli stabiliti dalla predetta circolare; e se i prezzi corrisposti ai coltivatori sono stati resi noti alla Direzione generale dei monopoli di Stato; se è lecito, altresì, che le stesse ditte concessionarie abbiano omesso di verbalizzare le quantità di tabacco classificate come scarti, fuori classe e fuoco e quindi omesso di bruciarle in presenza del coltivatore e se lo Stato acquista tali partite di tabacco, classificate nella quinta classe, ed in caso affermativo se è lecito ed onesto che le ditte beneficino di un guadagno non spettante, vendendo allo Stato una merce che hanno ottenuta senza corrispondere alcun compenso al produttore; se non ritenga necessario nominare un ispettore, il quale abbia la facoltà di riesaminare le modalità di valutazione e di pagamento adottate da ciascuna ditta concessionaria; di modificare le bollette singole in rapporto alle inesattezze ed agli errori che saranno riscontrati, di completare i pagamenti del tabacco, per ciascun conferente, secondo le risultanze che saranno accertate prendendo in esame i bollettari presso le ditte concessionarie, ricavare da detti bollettari i prezzi medi di acquisto per quintale, al netto di calo, fuori classe e fuoco, verifica da effettuarsi in contraddizione con periti di parte; se, al precipuo scopo di evitare un movimento che tornerebbe a danno della produzione, non intenda adottare provvedimenti onde evitare che si ripetano per gli anni futuri gli inconvenienti lamentati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Simonini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per conoscere se non ritenga urgente estendere i beneficî di cui al decreto legislativo 25 gennaio 1947, n. 14 – che prevede la concessione di un assegno temporaneo di caro vita a tutti i titolari di rendita vitalizia per infortunio – anche a quegli invalidi del lavoro infortunatisi, vigendo il testo unico 31 gennaio 1904, n. 51, i quali, per avere percepito l’intero indennizzo in seguito a provvedimento del pretore (articolo 15 del testo unico del 1904), non sono oggi titolari di alcuna rendita di infortunio, pure essendo incapaci a qualsiasi lavoro rimunerativo e si trovano quindi nelle più dolorose condizioni economiche. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pastore Giulio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere i motivi per i quali – mentre altre sedi giudiziarie non importanti sono state ricostituite in Calabria – nonostante tutti i pareri favorevoli e gli affidamenti dati, si ritarda ancora a ricostituire il tradizionale ed importante ufficio giudiziario della pretura di Polistena (Reggio Calabria), iniquamente soppresso il 30 gennaio 1923 per scopi di politica fascista. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Turco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dei trasporti, per conoscere se risponde al vero la sorprendente notizia che, da parte dell’Amministrazione ferroviaria, si vogliano allestire a Foggia dei capannoni metallici residuati di guerra per dare alloggio a famiglie di agenti ferroviari da sfrattare dalle «Case ferrovieri».

«Il provvedimento, se vero, oltre a significare una soluzione precaria, che non risponde ad alcuno dei canoni tecnici fondamentali per alloggio sia d’estate che d’inverno, oltre a suonare offesa per una città semidistrutta dai bombardamenti ed il Mezzogiorno, nonché incomprensione ed inumanità per le necessità più elementari di vita domestica di agenti, i quali in guerra ed in pace, dopo avere onestamente servito il Paese con stipendi di fame sono ridotti, da insufficienti misure di quiescenza alla più squallida miseria, sta, ancora una volta, a denunziare un altro inutile spreco di somme in soluzioni di ripiego, le quali, integrate, potrebbero invece dare luogo alla costruzione ad hoc di alloggi popolari.

«Per conoscere, inoltre, se stante la crisi degli alloggi, specialmente nelle città bombardate, qual è Foggia, e l’attuale blocco del rilascio di abitazioni private, non ritenga doveroso e giusto estendere ai pensionati agenti ferroviari le provvidenze del Capo del Governo intese a sospendere ogni intimazione di sfratto nei confronti di pensionati o vedove di statali alloggiati nelle case dell’Incis.

«La prospettata sospensione, oltre che costituire la eliminazione di disparità di trattamento nei confronti dei ferrovieri rispetto a privati ed altri funzionari, appare più giustificata dal fatto che le «Case ferrovieri» sono costruite sul fondo pensione degli agenti stessi, mentre quelle dell’Incis trovano la loro origine in finanziamenti dello Stato, in attesa che il Governo escogiti i più acconci provvedimenti per avviare a razionale e reale soluzione la grave crisi degli alloggi in tutto il Paese e specialmente nel Meridione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Miccolis».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere i motivi per i quali non si è data esecuzione a quanto deciso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che, nell’intento di risolvere le sperequazioni lamentate in merito alla liquidazione degli assegni arretrati agli ufficiali ex prigionieri di guerra (ivi compresa la questione del cambio), stabilì la concessione di una indennità di svalutazione assegni, con l’intesa che il provvedimento legislativo sarebbe stato emanato a cura di codesto Ministero.

«Poiché più di un anno è trascorso senza che il provvedimento legislativo promesso sia stato adottato, si chiede di conoscere le ragioni di tale ritardo, che danneggia in modo evidente i sacrosanti diritti degli ufficiali caduti in prigionia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Castiglia».

«La sottoscritta chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per avere notizia sugli incidenti di violenza da parte di appartenenti alle forze di polizia verificatisi a Firenze in occasione di una pacifica dimostrazione di disoccupati e per sapere se e quali provvedimenti abbia adottati o intenda adottare a carico degli agenti resisi responsabili di eccesso. (La interrogante chiede la risposta scritta).

«Bianchi Bianca».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro degli affari esteri, per sapere cosa intende fare per permettere agli emigranti italiani in Francia del periodo 1920-40 di trasferire in Italia i risparmi realizzati col loro lavoro e con le loro economie.

«I nuovi emigranti possono giustamente spedire in Italia una quota forte del loro salario in forza dell’accordo intervenuto con la Francia.

«Per conoscere, altresì, che cosa intende fare il Ministro per rimediare alla situazione d’inferiorità così creata ai vecchi emigranti fra i quali una forte percentuale è composta di perseguitati politici, che hanno trovato asilo in Francia.

«Permettendo a questi emigranti di trasferire in Italia i loro risparmi, si metterebbe a disposizione del nostro Paese la valuta estera di cui abbisogna e si compirebbe nei confronti dei perseguitati politici un atto di elementare giustizia. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Bianchi Costantino, Vischioni, Li Causi».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere quali misure intenda disporre per imprimere alla Direzione generale degli Istituti di prevenzione e di pena una ispirazione più umana dell’esecuzione penale, mirando in particolare a:

  1. a) sollecitare il corso delle pratiche di liberazione condizionale, le quali, già di per sé lente, spesso indugiano per lunghi periodi nell’ufficio del direttore generale, che, invece, avrebbe il dovere di riferirne sollecitamente al Ministro o al Sottosegretario, traducendosi l’indugio in un vero atto di arbitrio e di inumanità;
  2. b) sollecitare, con più particolare riguardo, le pratiche di liberazione condizionale relative a condanne per reati in danno delle forze armate alleate;
  3. c) ispirare l’esecuzione ai canoni dell’articolo 27 della Costituzione che – come nel deplorato caso del carcere di Poggioreale – minaccia di rimanere vaga affermazione programmatica. Sarebbe, a tal fine, molto più pratico e più serio attuare con scrupolo le norme del vigente regolamento penitenziario piuttosto che procedere a pompose nomine di Commissioni di studi di dubbia opportunità. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Leone Giovanni, Bettiol, Bellavista, Riccio Stefano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere perché i dipendenti statali, con sede di servizio nel comune di Druento (posto a 5 chilometri dalla periferia di Torino) pur essendo nelle condizioni previste dall’articolo 1 del decreto legislativo 29 maggio 1946, n. 488, e dall’articolo 14 del decreto legislativo 5 agosto 1947, n. 778, sono stati esclusi dall’elevazione di indennità caro vita, concessa ad altri Comuni a carattere meno industriale, con decreti ministeriali del 17 maggio 1947 e dell’11 settembre 1947.

«Giova ricordare che i piccoli Comuni posti alla periferia delle maggiori città (Genova, Milano, ecc.), sono stati conglobati con le città stesse, godendo tutti i diritti di queste, ad eccezione di Torino, che ha la stessa cinta daziaria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Corbi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere quando verrà formulato il disegno di legge relativo al riordinamento del casellario giudiziario penale, riordinamento richiesto dalla dottrina e dalla pratica per orientare le leggi penali alle esigenze della nuova civiltà democratica. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gatta».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere perché finora non sia stato formulato il disegno di legge per la riforma del Codice civile, vivamente atteso dagli avvocati e dai magistrati, affinché l’amministrazione della giustizia, tanto danneggiata dal Codice fascista, possa attuarsi con la necessaria rapidità e sicurezza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gatta».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se ritenga opportuno – date le contrastanti decisioni tra la Corte suprema di cassazione ed il Consiglio di Stato, relative alla competenza a decidere sulle controversie dei rapporti di impiego dei dipendenti degli Enti pubblici di natura economica prevalente od esclusiva – proporre norme legislative che stabiliscano tassativamente i criteri di discriminazione tra la competenza del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, da inserire nel riformando Codice di procedura civile, in modo che l’attività della pubblica amministrazione, anche se discrezionale, sia sottoposta ad efficace controllo di legittimità e di merito per la tutela dei diritti e degli interessi legittimi degli impiegati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Gatta».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli affari esteri, per conoscere quali provvedimenti siano in corso per ottenere dal Governo degli Stati Uniti il pagamento dei crediti in dollari di spettanza degli ex prigionieri italiani; e se non si ritenga necessario sollecitare la liquidazione di dette pendenze, che rappresentano il frutto del lavoro prestato dai reduci in qualità di «cooperatori» durante gli anni di prigionia; e ciò anche in considerazione che a parte dei reduci venne in un primo tempo fatta la liquidazione, creando così una diversità di trattamento, che è causa di giustificato malcontento negli interessati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’industria e commercio, del lavoro e previdenza sociale e del tesoro, per sapere se non ravvisino l’urgente necessità di aumentare il fondo stanziato per il finanziamento delle piccole e medie industrie (articolo 6 decreto legislativo 15 dicembre 1947, n. 1419) e di togliere nel contempo il limite massimo del finanziamento stesso per ogni singola ditta (articolo 13 del decreto legislativo succitato). Tali emendamenti vengono consigliati in ordine ai seguenti fatti:

1°) l’enorme richiesta di finanziamenti da parte delle numerosissime piccole e medie industrie esistenti;

2°) la particolare situazione di ogni singola azienda che può richiedere i più svariati provvedimenti di aiuto finanziario sui quali, in definitiva, possono deliberare soltanto gli organi incaricati dell’istruttoria delle pratiche e della decisione di finanziarle. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Gloria».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere da quali criteri di pubblica utilità e di oculata amministrazione è diretta l’attività dell’Istituto per le case popolari in Perugia se:

1°) ha fatto recentemente acquisto di una rata di palazzo in Perugia per il prezzo di 8 milioni (pagato sei mesi fa 3 milioni) inadatto in modo assoluto alle necessità e finalità dell’Istituto;

2°) si propone ora di spendere altri 15 milioni almeno per destinare lo stabile acquistato a lussuosi uffici e poche abitazioni per i dipendenti dell’Istituto;

3°) ritiene compatibile un impiego così rilevante per uno scopo tanto limitato, mentre la somma avrebbe potuto impiegarsi nella costruzione di 20 quartieri di cinque vani ciascuno, venendo così incontro alla sete di alloggi lamentata non solo a Perugia, ma in tutti i minori centri vicini e non irridendo alle angosciose necessità dei senza tetto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Santi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per conoscere se vi siano in corso trattative con la Repubblica jugoslava per ottenere la facoltà di pesca su alcuni tratti del mare territoriale jugoslavo, a qual punto siano dette trattative e se si può assicurare che ad esse venga impresso quel ritmo urgente corrispondente agli interessi dei pescatori pugliesi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Assennato».

«Le sottoscritte chiedono di interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere se non ritengano necessario ed urgente estendere alle mogli dei militari, dichiarati dalle competenti autorità dispersi dell’ultima guerra, le disposizioni che consentano alle vedove di guerra l’entrata nei ruoli magistrali senza concorso. (Le interroganti chiedono la risposta scritta).

«Montagnana Rita, Bei Adele, Minella Angiola».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri del lavoro e previdenza sociale e degli affari esteri, per conoscere se non ritengano di togliere le difficoltà che attualmente ostacolano e praticamente paralizzano l’emigrazione temporanea in Svizzera dei lavoratori specialmente della provincia di Novara, proponendo:

1°) che si favoriscano per tale emigrazione i lavoratori della provincia di Novara che, da secoli, hanno l’abitudine a questa emigrazione stagionale, e che siano già in possesso di un regolare contratto di lavoro con ditte o imprese svizzere;

2°) che si sveltiscano le pratiche concernenti la registrazione da parte del Commissariato all’emigrazione dei relativi contratti di lavoro. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Zappelli, Fornara, Jacometti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare ¡il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno disporre che, per i prossimi concorsi di abilitazione per il magistero professionale per la donna, analogamente ai concorsi magistrali, siano sede di esami tutti i Provveditorati agli studi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«De Mercurio»

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno e l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, per chiedere, di fronte al persistere dell’epidemia colerica in Egitto ed al suo diffondersi nei paesi del vicino e Medio Oriente:

1°) che si accentuino e si potenzino le attuali misure di sorveglianza e di profilassi sui viaggiatori provenienti per le diverse vie (marittime, aeree, ecc.) da tali paesi e sulle merci – con particolare riguardo per i generi alimentari (datteri, ecc.) – della stessa provenienza;

2°) che si inizi una conveniente e non allarmistica campagna (con comunicazioni al pubblico per via radio, per mezzo di comunicati ai giornali, ecc.) e si diano disposizioni ai medici provinciali allo scopo di indurre la popolazione a sottoporsi volontariamente alla vaccinazione anticolerica nei prossimi mesi, data la relativamente breve durata, ma la sicura efficacia della immunità da essa provocata, imponendola per legge a quelle categorie, che hanno diretti contatti con viaggiatori e con merci provenienti dai Paesi infetti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fornara».

PRESIDENTE. Queste interrogazioni saranno trasmesse ai Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 18.50.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 9.30 e alle 16:

Seguito della discussione del disegno di legge:

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).