Come nasce la Costituzione

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GIOVEDÌ 22 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLVIII.

SEDUTA DI GIOVEDÌ 22 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

INDICE

In morte di Ermanno Wolff-Ferrari:

Ponti

Tonello

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica (61).

Presidente

Fioritto

Scelba, Ministro dell’interno

Gullo Fausto, Relatore per la maggioranza

Micheli, Presidente della Commissione

Colitto

Mortati, Relatore per la minoranza

Gavina

Dominedò

Grieco

Bosco Lucarelli

Costantini

Scoccimarro

La Rocca

Uberti

Maffi

Ghidini

Musotto

Patricolo

Assennato

Gullo Rocco

Piccioni

Martino Gaetano

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 17.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

In morte di Ermanno Wolff-Ferrari.

PONTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PONTI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, ieri alle 18.30 moriva improvvisamente a Venezia, sua città natale, il Maestro Ermanno Wolff-Ferrari, uno dei nostri grandi musicisti, che ha tenuto alto e onorato il nome del nostro Paese all’estero.

Nato 72 anni fa da padre tedesco e da madre veneziana, si dedicò fin da giovanetto al culto delle arti e specialmente della musica. Giovanissimo, assunse la direzione del Liceo musicale nella sua città e, passato a Monaco di Baviera, acquistò ben presto celebrità come compositore di opere che ebbero largo successo. Dal 1900 al 1936 egli compose ben undici opere, fra le quali le quattro di soggetto goldoniano che lo resero tanto noto e popolare in Italia e presso tutte le nazioni amanti della musica, e ancora oratori, sonate e sinfonie. La grazia, l’arguzia, la tenue emotività lirica che pervadono le sue composizioni, lo hanno dovunque reso celebre e caro. Anche recentemente, allorché egli mi intratteneva su problemi musicali, ho avvertito la nobiltà di un’anima innamorata dell’arte sua, desiderosa di lavorare ancora per dare agli uomini il conforto e la gioia delle sue opere. E infatti aveva appena terminato il suo ultimo lavoro sinfonico: Le chiese di Venezia. Egli ha portato il gusto e il sentimento musicale italiano ed ha fatto musicalmente rivivere il nostro mondo in mezzo ai popoli nordici e noi nelle sue opere abbiamo ritrovato l’anima popolare italiana, espressa con originale gusto e freschezza in quell’insieme di burlesco, di patetico, di vivace e sentimentale che egli seppe trasferire nel ritmo così spontaneo e delicato nell’opera sua. Salutiamo questo creatore di melodie, questo grande compositore di opere che conchiude forse un ciclo della nostra tradizione musicale, passato ora nel mondo degli spiriti immortali: auspichiamo, come egli auspicava, che nuovi degni creatori di melodie e di canti sappiano esprimere questo nostro popolo, per dare gioia e dolcezza alle anime umane oppresse dal peso e dal grigiore di questa nostra vita senza sorrisi e anelanti «a più spirabil aere», confortate dall’armonia e dalla bellezza dell’arte. (Applausi).

TONELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONELLO. Onorevoli colleghi, come deputato di Venezia e di Treviso, mi associo al cordoglio per la morte di Wolff-Ferrari.

Noi veneti amavamo questo musicista che aveva saputo interpretare l’animo veneto attraverso l’immortale opera di Goldoni. Egli ebbe una vita molto combattuta. Nei lontani anni della mia giovinezza io ricordo Wolff-Ferrari quando, di modesta fortuna, tentava il primo cammino nell’arte.

Animo profondamente popolano era Wolff-Ferrari, e se tale non fosse stato non avrebbe potuto intuire così profondamente, come seppe intuire, nella sua musica, l’animo del popolo veneto. In lui rivisse, attraverso lo splendore dell’armonia, la creazione goldoniana.

Egli ebbe una vita di continuo ed aspro lavoro. Il suo cammino fu difficile e quando ormai il sorriso della gloria gli arrideva, quando egli poteva dire di aver vinto la sua battaglia per l’arte, ecco che la morte lo ha colpito.

A questo nobile artista che ci lascia, vada il saluto di tutto il popolo veneto, che egli ha fatto rivivere sulla scena melodica d’Italia, vada il saluto nostro e vadano le condoglianze alla sua famiglia. (Applausi).

PRESIDENTE. Sono sicuro che i sentimenti espressi dagli onorevoli Ponte e Tonello sono condivisi da tutta la Camera. Wolff-Ferrari onorò il nome d’Italia, in Italia e all’estero, col suo genio musicale.

Come ricordava l’onorevole Ponti, forse al Maestro occorse quello che accade sovente cioè che nelle tendenze, nelle attitudini, nel sentimento molto si ritragga da chi ci ha dato alla luce. Di padre non italiano, gli bastò l’essere nato da madre veneta per sentire la musica italianamente. Egli ebbe facile l’ispirazione e per questo non fu costretto, come purtroppo sembra che molti compositori modernissimi ed anche moderni costretti siano, a nascondere questa aridità di inspirazione attraverso arabeschi armonici o elucubrazioni dottrinarie. Egli fu un benefattore, egregi colleghi, dell’umanità, perché forse nessuno come l’artista, forse fra gli artisti pochi come i musicisti, sono dispensatori di gioie alla umana gente. (Applausi).

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).

In seguito alla decisione presa ieri sera, l’Assemblea oggi deve passare alla discussione di quegli articoli che non presentano possibilità di dissensi fondamentali, perché in nessun modo, né direttamente né indirettamente, sono collegati alla questione fondamentale ancora da risolvere.

Per comodità di discussione, credo utile accennare agli onorevoli colleghi, che, a parere della Presidenza, gli articoli che si possono discutere in base alla deliberazione presa ieri sera sarebbero i seguenti: 10, 16, 17, 23, 24-bis, 25, 25-bis, 26, 27-bis, 27-ter e 28.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’articolo 10. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

Art. 10.

«La candidatura è presentata da non meno di trecento e non più di cinquecento elettori iscritti nelle liste elettorali del collegio; nessun elettore può sottoscrivere per più di un candidato.

«Unitamente agli atti di presentazione della candidatura deve essere depositato, in triplice esemplare, un modello di contrassegno, anche figurato».

PRESIDENTE. La Commissione propone di lasciare immutato il primo comma, sostituendo il secondo con il seguente:

«Unitamente agli atti di presentazione della candidatura deve essere depositato, in duplice esemplare, un modello di contrassegno, anche figurato».

L’onorevole Fioritto ha presentato il seguente emendamento:

«Modificare la prima parte come segue:

«La candidatura, accompagnata dall’accettazione, è presentata non oltre il 40° giorno precedente i comizi, da non meno di trecento, ecc.».

Ha facoltà di svolgerlo.

FIORITTO. L’emendamento scaturisce da una necessità che non ho trovato né nel progetto del Governo né nelle modifiche della Commissione (sia della maggioranza che della minoranza); non ho trovato cioè mai indicato quale è il termine per il candidato di presentare l’accettazione della sua candidatura.

L’articolo 12 parla di un’termine, che non è stabilito in antecedenza.

Ora, questa dimenticanza va corretta, perché altrimenti si dovrebbe ritornare alle disposizioni generali, le quali dicono che, quando non c’è una disposizione speciale per questo progetto, bisogna ricorrere alle disposizioni speciali della legge che riguarda le elezioni di deputati.

Questo è un po’ troppo vago, infatti, e non mi pare che, facendo di getto la legge, sia opportuno riferirsi ad un’altra legge come rimedio.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. L’articolo 25 del disegno di legge in esame stabilisce quanto segue:

«Per tutto ciò che non è disciplinato dalla presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del testo unico della legge per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto presidenziale … gennaio 1948, n. …».

Quindi è chiaro che questa disposizione vale anche per il termine della presentazione della candidatura per il Senato. Questo per quanto riguarda la questione del termine, che è previsto dalla legge, sia pure con riferimento ad un’altra legge.

La proposta dell’onorevole Fioritto contiene un termine diverso da quello previsto dalla legge per la elezione della Camera dei deputati.

Mi permetterei di far osservare al presentatore dell’emendamento, che noi abbiamo esaminato la possibilità di stabilire un termine diverso; ma abbiamo visto che gli inconvenienti cui si può andare incontro sono superiori ai vantaggi ipotetici che potrebbe presentare un termine diverso, ragione per cui insisterei sullo stesso termine, soprattutto se le elezioni per il Senato e per la Camera – come è prevedibile – saranno fatte nello stesso giorno. Allora è opportuno, pratico, conveniente ed economico che la presentazione della candidatura avvenga nello stesso termine.

Quindi, per quanto si riferisce al termine, è inteso, in base all’articolo 25, che è lo stesso per la Camera.

Insisterei per il mantenimento di questo termine, per evitare gli inconvenienti di un termine diverso.

PRESIDENTE. L’onorevole Fioritto ha facoltà di dichiarare se mantiene l’emendamento proposto.

FIORITTO. Dichiaro che aderisco alla proposta del termine rilevato dall’onorevole Ministro; ma vorrei che questo si dicesse nella legge; mi sembra pietoso fare una legge nuova e riferirsi ad una legge già fatta.

PRESIDENTE. La differenza sostanziale del suo emendamento consiste in cinque giorni, perché mentre per l’articolo 16 della legge che regola la nomina dei deputati al Parlamento il termine è di 45 giorni, secondo il suo emendamento sarebbe di 40.

L’onorevole Ministro osserva che la fissazione del termine si desume dal contenuto dell’articolo 25. Quindi una disposizione esiste già.

FIORITTO. Lo so, ma noi stiamo facendo una legge nuova.

PRESIDENTE. Mi permetto di osservarle che, se non ricorriamo al sistema di richiamarci alla legge già esistente, bisognerà infarcire tutto questo disegno di legge di disposizioni, che saranno il duplicato di altrettante disposizioni già esistenti.

FIORITTO. È un atto di rispetto verso il Senato nascente porre tutte le condizioni che lo creano, nella legge che lo riguarda.

PRESIDENTE. Quale è il parere della Commissione?

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. La Commissione insiste nel termine.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento proposto dall’onorevole Fioritto.

(Non è approvato).

L’onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Gli atti di presentazione della candidatura, unitamente ad un modello di contrassegno, anche figurato, in duplice esemplare, devono essere depositati non più tardi delle ore sedici del quarantacinquesimo giorno antecedente quello della votazione, presso la cancelleria dell’ufficio elettorale circoscrizionale (o centrale)».

Poiché l’onorevole Perassi non è presente, l’emendamento si intende decaduto.

Pongo in votazione l’articolo 10, testé letto, nel testo del Governo.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 16, nel testo del Governo. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge.

Titolo IV.

DELLA VOTAZIONE

Art. 16.

«All’elezione dei senatori partecipano gli elettori che hanno compiuto il venticinquesimo anno di età.

«Gli elettori di cui all’articolo del testo unico della legge per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto presidenziale … gennaio 1948, n. … e gli appartenenti alle forze armate ed a corpi organizzati militarmente per il servizio dello Stato, sono ammessi a votare nella sezione presso la quale esercitano le loro funzioni o nel comune in cui si trovano per cause di servizio, sempre che siano iscritti nelle liste elettorali di un comune della Regione».

PRESIDENTE. La Commissione propone di sostituire il secondo comma col seguente:

«Gli elettori di cui all’articolo 7 della legge e gli appartenenti alle forze armate e a corpi organizzati militarmente per il servizio dello Stato, sono ammessi a votare nella sezione presso la quale esercitano le loro funzioni o nel comune in cui si trovano per cause di servizio, sempreché risulti dal loro certificato elettorale che siano elettori nella Regione».

Invito la Commissione a pronunziarsi sul testo del Governo.

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione mantiene il proprio testo e prega il Governo di aderirvi.

PRESIDENTE. Onorevole Scelba, vuole esprimere il parere del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo accetta il testo della Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il testo della Commissione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 17 nel testo del Governo. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il voto si esprime tracciando un segno con la matita copiativa sul contrassegno del candidato prescelto: il voto è valido anche se il segno è apposto sul nominativo del candidato anziché sul contrassegno».

PRESIDENTE. La Commissione ha proposto il seguente testo:

«Il voto si esprime tracciando un segno con la matita copiativa sul contrassegno o sul nominativo del candidato prescelto.

«Ove il voto sia espresso in entrambi i modi, il voto stesso non è nullo».

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo accetta il testo della Commissione.

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto, ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma con il seguente:

«Il voto è valido anche se espresso in entrambi i modi».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. È un emendamento di pura forma che però mi pare opportuno: vi insisto.

PRESIDENTE. Anche la forma, alle volte, ha la sua importanza. Qual è il parere della Commissione?

MICHELI, Presidente della Commissione. Accediamo.

PRESIDENTE. Quale è il parere del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Tecnicamente, pare anche a me che sia più esatto.

MORTATI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI, Relatore per la minoranza. Osservo che questo articolo si ricollega all’articolo 17 della legge per l’elezione della Camera dei deputati, o meglio, riproduce una norma analoga. Ora, credo che per ragioni di armonia, per evitare possibili inconvenienti, che potrebbero essere anche gravi dal punto di vista pratico, sia il caso di riprodurre testualmente la dizione dell’articolo 17 della legge per la Camera dei deputati, il quale consente che il segno sia fatto, oltre che sul contrassegno, anche sul rettangolo che lo contiene.

Mi pare sia opportuno introdurre questa specificazione anche nel testo che stiamo discutendo, riproducendo testualmente l’articolo 17 della legge per l’elezione della Camera dei deputati già votata dall’Assemblea.

Propongo pertanto, a titolo personale, il seguente emendamento:      

«Aggiungere, nel primo comma, dopo la parola: contrassegno le parole: o comunque sul rettangolo che lo contiene».

PRESIDENTE. La Commissione lo accetta?

MICHELI, Presidente della Commissione. Sì.

PRESIDENTE. Il Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Lo accetta.

GAVINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAVINA. Noi facevamo l’ipotesi dei due segni di croce, sul contrassegno e sul nominativo. Se adesso ammettiamo che si possa fare un segno anche sul rettangolo, avremo tre ipotesi.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il voto è validamente espresso anche se il segno di croce viene fatto sul rettangolo anziché sul contrassegno.

GAVINA. Se è fatto su tutti e due e sul nominativo, allora le possibilità sono tre.

SCELBA, Ministro dell’interno. In fondo l’onorevole Mortati propone di adottare la stessa formula già adottata per la Camera dei deputati. Non mi pare che vi siano difficoltà ad accettare questa proposta, anche per ragioni di euritmia.

GAVINA. Se il segno viene fatto sul rettangolo, sul nominativo e sul contrassegno, il voto è valido?

SCELBA, Ministro dell’interno. Io direi di sì.

GAVINA. Secondo me, allora per non escludere o l’uno o l’altro, dovremmo dire che sono ritenuti validi tutti e tre i modi.

PRESIDENTE. Mi sembra che non vi sia dissenso. Finora i modi erano due, e ora diventano tre perché si riconosce anche il segno fatto sullo spazio in cui è contenuto il contrassegno.

GAVINA. E allora aggiungiamo: «o comunque sul rettangolo».

PRESIDENTE. D’accordo. Piuttosto mi sembra che occorra modificare la parola «entrambi» che figura nell’ultimo comma, visto che i modi non sono più due, ma tre.

MORTATI, Relatore per la minoranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI, Relatore per la minoranza. A me pare che non ci sia ragione di dubbio, né che si debba modificare la parola «entrambi». Perché dicendo entrambi s’intendono i due modi possibili: il contrassegno o il rettangolo dove va collocato il contrassegno, e questo è un modo; e poi il nome del candidato, che è l’altro modo. Dovrebbe esser chiaro che il segno sullo spazio che contiene il contrassegno è un terzo modo di espressione, ma è un surrogato di quello consistente nel segno sul contrassegno.

PRESIDENTE. Mi permetta, onorevole Mortati, a me sembra che quando ella ammette il surrogato ad uno dei modi, questi modi diventino tre.

MORTATI, Relatore per la minoranza. Ma poiché si ammette la validità del segno anche se fatto nel rettangolo considerandolo come fatto sul contrassegno, i modi rimangono sempre due, e cioè: o sul contrassegno, o sul nominativo.

PRESIDENTE. Comunque invece di «entrambi», si potrebbe dire «in uno dei modi».

MORTATI, Relatore per la minoranza. Ma se i modi sono più di due si può dar luogo alla possibilità di segni di riconoscimento.

PRESIDENTE. Invito il Presidente della Commissione ad esprimere il suo parere.

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione mantiene il suo testo aggiungendo la parola «rettangolo». In questa materia però la Commissione è molto restia a stabilire criteri di nullità, perché non bisogna dimenticare che spesso ci troviamo di fronte ad analfabeti che non hanno l’abitudine di tenere in mano la matita, sicché facilmente possono fare a caso dei segni senza pensare nemmeno limitatamente ad alcun riconoscimento. I segni di riconoscimento vengono fatti da persone esperte, ma non certo dalla maggior parte degli elettori delle campagne o delle montagne. Questa gente anche se viene istruita con una lezione sul modo come comportarsi quasi certamente la dimentica. Ecco perché, una volta aderito al concetto dell’onorevole Mortati di consentire la validità del segno anche se fatto nel cerchio o nel quadrato, mi pare si siano predisposte le cose in modo che l’elettore possa votare con tranquillità.

Diversamente succederà che coloro che vanno ad insegnare il modo di votare confonderanno la testa ai meno esperti. Cominceranno a dire: si può segnare il rettangolo, si può segnare il cerchio ecc. Ora, cominciamo quasi quasi noi stessi ad essere un po’ imbrogliati in questa materia, figurarsi quando si tratterà di far votare agli analfabeti.

Quindi io dico: semplifichiamo quanto più possibile. Abbiamo il cerchio e abbiamo il rettangolo; nel rettangolo c’è il nome. Consentiamo che si possa segnare l’uno e l’altro. Non diamo carattere di nullità a quella che può essere domani l’impensata vergatura di una mano inesperta, e abbiamo una certa larghezza in questo, ritenendo che, data questa possibilità essa possa e debba essere più che sufficiente allo scopo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma con l’emendamento dell’onorevole Mortati accettato dalla Commissione e dal Governo:

«Il voto si esprime tracciando un segno con la matita copiativa sul contrassegno o comunque sul rettangolo che lo contiene o sul nominativo del candidato prescelto».

(È approvato).

Passiamo al secondo comma nella formulazione dell’onorevole Colitto, accettata dalla Commissione e dal Governo:

«Il voto è valido anche se espresso in entrambi i modi».

GULLO FAUSTO. Relatore per la maggioranza. La parola «entrambi» ora non va più. Andava quando non si parlava di rettangolo; ma, ora che si aggiunge anche quest’altro particolare, la parola «entrambi» evidentemente non va più, ma andrebbe sostituita con la parola «più», «in più modi», perché altrimenti il voto sarebbe nullo ove l’elettore avesse tracciato un segno sul contrassegno, uno sul nome e poi uno sul rettangolo, che pure è ricordato nella prima parte dell’articolo, la quale pone come espressione lecita del voto anche il segno nel rettangolo, ossia né sul nome, né sul contrassegno. Quindi è un modo valido di esprimere il voto. Ora, nel capoverso non si può dire a «entrambi», perché i modi validi sono tre: il segno nel rettangolo, il segno sul nome, il segno sul contrassegno. Sono dunque tre e non più due. Quindi la parola «entrambi» verrebbe ad escludere uno dei tre modi.

PRESIDENTE. Entrando nel suo ordine di idee, mi permetto di farle osservare che forse non è esatta la formula «in più modi», senza un riferimento ai modi indicati, perché non vorrei che si lasciasse adito a qualche nuovo sistema.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Si capisce: in uno dei modi indicati dalla prima parte dell’articolo.

PRESIDENTE. Allora, per essere precisi, la formula che lei propone sarebbe questa:

«Il voto è valido anche se espresso in più di uno dei modi predetti».

L’onorevole Colitto si associa?

COLITTO. Sì.

PRESIDENTE. Allora pongo in votazione il secondo comma nella seguente formulazione:

«Il voto è valido anche se è espresso in più di uno dei modi predetti».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 23. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

Titolo VII.

DISPOSIZIONI SPECIALI

PER IL COLLEGIO DELLA VALLE D’AOSTA

Art. 23.

«L’elezione uninominale nel collegio della Valle d’Aosta è regolata dalle disposizioni dei precedenti articoli, in quanto applicabili, e dalle norme seguenti:

1°) la candidatura deve essere proposta con dichiarazione sottoscritta da non meno di cento e non più di 200 elettori del collegio;

2°) la dichiarazione di candidatura è depositata, insieme con il contrassegno, non più tardi delle ore sedici del quarantacinquesimo giorno antecedente quello della votazione, presso la cancelleria del tribunale di Aosta».

PRESIDENTE. La Commissione ha proposto di sopprimere al primo comma le parole: «in quanto applicabili».

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Noi ritiriamo l’emendamento ed aderiamo al testo del Governo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione lo articolo 23 testé letto.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 24-bis proposto dalla Commissione. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

Titolo VIII.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 24-bis.

«La votazione per l’elezione dei senatori deve avvenire entro settanta giorni da quello della pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro, ha facoltà di esprimere il parere del Governo su questo articolo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo lo accetta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 24-bis nella formulazione testé letta.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 25, identico nel testo della Commissione. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Per tutto ciò che non è disciplinato dalla presente legge, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del testo unico della legge per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto presidenziale … gennaio 1948, n. …».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Dominedò e Uberti, hanno presentato il seguente emendamento:

«Premettere all’articolo le parole:

Per l’adempimento del dovere del voto, ecc.».

L’onorevole Dominedò a facoltà di svolgerlo.

DOMINEDÒ. Non mi pare che occorra una illustrazione esplicita dell’emendamento. In sede di approvazione della legge elettorale sulla Camera, deliberata da questa Assemblea, il problema della determinazione del dovere del voto è stato affrontato, ma rinviato in sede di discussione della legge elettorale sul Senato. Di qui la ragione dell’emendamento, con cui si riafferma l’obbligatorietà del voto con le conseguenti sanzioni amministrative previste dalla legge del 1946.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero della Commissione?

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. La Commissione accetta.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo accetta.

GRIECO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRIECO. Dichiaro a nome del mio Gruppo che voteremo a favore dell’emendamento Dominedò-Uberti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 25 con l’emendamento Dominedò-Uberti.

(È approvato).

L’onorevole Bosco Lucarelli ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere i seguenti commi:

«Per i senatori di diritto i casi di ineleggibilità per pubblico ufficio previsti dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 5 della legge contenente norme per l’elezione della Camera dei deputati sono considerati casi di incompatibilità.

«I detti senatori, precedentemente alla prima riunione del Senato, debbono dimettersi dall’altro ufficio ricoperto».

L’onorevole Bosco Lucarelli ha facoltà di svolgere il suo emendamento:

BOSCO LUCARELLI. Onorevoli colleghi, la Carta costituzionale ha delegato al Presidente della Repubblica la facoltà di nominare senatori di diritto alcuni determinati cittadini purché posseggano i requisiti di legge; per cui, per costoro non vi è elezione diretta del corpo elettorale. L’articolo 6, già votato, della legge in esame per la elezione del Senato dice: «Sono eleggibili a Senatori gli elettori che, al giorno delle elezioni, hanno compiuto il 40° anno di età e non si trovino in alcuna delle condizioni d’ineleggibilità previste dal Decreto legislativo ecc.».

Ora, per i senatori di diritto non è possibile parlare di ineleggibilità e di eleggibilità: non si può parlare che di compatibilità o di incompatibilità non essendoci elezione diretta del corpo elettorale. Quindi, a me sembra che o debba ritenersi che per i senatori di diritto non vi sia in nessun caso ineleggibilità – che porterebbe un contrasto fra quelli che sono eletti dal popolo e quelli nominati in seguito ad una designazione dell’Assemblea Costituente – ovvero bisogna che i casi d’ineleggibilità siano convertiti in casi d’incompatibilità. E siccome per i senatori eletti è stabilito che le condizioni di ineleggibilità devono cessare al giorno delle elezioni, l’incompatibilità per i senatori di diritto a me sembra debba cessare al momento in cui entrano effettivamente a far parte del Senato.

Ora, nel mio emendamento, che forse è anche un po’ imperfetto, mi riporto semplicemente a coloro che hanno cariche elettive, vale a dire ai deputati regionali, ai presidenti delle deputazioni provinciali, ai sindaci dei capoluoghi di provincia, che si trovano nella condizione di essere senatori di diritto e per i quali si stabilisce l’obbligo di dimettersi da questi uffici prima della riunione del Senato.

Però ci sono altri casi d’ineleggibilità, per i magistrati e gli impiegati dello Stato, che non so se si ripercuotano sulla nomina dei senatori di diritto. La Commissione vedrà se non debba approfondire il problema in modo da evitare equivoci, che potrebbero provocare contestazioni.

Credo che il mio emendamento sia chiaro e non abbia bisogno di ulteriori delucidazioni.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. Non mi posso dichiarare d’accordo con l’onorevole Bosco Lucarelli a proposito del raffronto in linea di fatto e giuridica fra l’ineleggibilità e l’incompatibilità della carica di sindaco con quella di senatore. Noi abbiamo stabilito, è vero, l’ineleggibilità per i sindaci dei capoluoghi di provincia ai fini della nomina a deputato; ma questa ineleggibilità aveva una ragione e quindi un carattere tutto affatto particolari e specifici, in quanto si aveva motivo di ritenere che un candidato, ricoprendo la carica di sindaco, avesse modo di agire sul corpo elettorale in maniera diversa e più efficiente da quella degli altri candidati. Il pretendere di estendere ora questa particolare posizione al caso dei senatori di diritto, i quali sono stati nominati per quella molto discussa disposizione adottata in linea transitoria ed eccezionale dall’Assemblea, è lievemente assurdo, in quanto che l’essere stati nominati dall’Assemblea determina una condizione tutto affatto particolare di fronte a coloro che dovranno venire nominati dal corpo elettorale. Non credo che fra i senatori di diritto nominati cioè dall’Assemblea, vi sia qualcuno che ricopra contemporaneamente la carica di sindaco. Vale pertanto la pena di stabilire con una norma specifica, tale incompatibilità per una categoria di senatori, la quale è temporanea oltre ad essere eccezionale?

Mi sembra d’altronde pericoloso confondere il caso di ineleggibilità con quello di incompatibilità, anche perché alla base della condizione che determina la norma è la suspicione che il candidato possa servirsi della carica ricoperta ai fini della sua elezione.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. La Commissione accetta l’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Bosco Lucarelli.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Mi rimetto alla decisione dell’Assemblea per quanto riguarda il merito dell’emendamento, pregherei però che l’emendamento fosse formulato in articolo separato, da collocare nelle disposizioni transitorie.

PRESIDENTE. Onorevole Bosco Lucarelli, accetta la proposta fatta dal Governo?

BOSCO LUCARELLI. Accetto.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Richiamo l’attenzione dell’Assemblea sul voto che stiamo per dare in questo momento.

Vi sono dei sindaci che sono contemporaneamente senatori di diritto. Ora, nella legge per la elezione dei deputati la ineleggibilità è stata giustificata con motivi che non esistono assolutamente per i senatori di diritto.

Non vedo per quali ragioni si voglia estendere ai senatori di diritto la posizione dei candidati alla elezione a senatore di fronte al corpo elettorale.

Credo che la proposta presentata dall’onorevole Bosco Lucarelli non possa essere accettata, altrimenti si viene a vulnerare il principio che ha ispirato la disposizione della nomina dei senatori di diritto. Tanto vale allora annullare quella disposizione.

Perciò, prego l’Assemblea di respingere l’emendamento proposto, per non dare un voto sostanzialmente contradittorio al voto dato per la nomina dei senatori di diritto.

Dichiaro pertanto che noi, non solo voteremo contro l’emendamento Bosco Lucarelli, non potendo fare nulla di più, ma dovremo poi, denunziare al Paese in quale modo i voti dell’Assemblea vengono maneggiati e deformati per interessi particolari di Gruppo.

BOSCO LUCARELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCO LUCARELLI. Io ho voluto porre il problema all’Assemblea, perché chiarisse la situazione.

I colleghi dell’estrema sinistra sostengono che non vi è questione di ineleggibilità per i senatori di diritto. Ma questo non risulta dal testo del disegno di legge.

Se il mio emendamento non venisse votato, bisognerebbe comunque dichiarare che non vi sono casi di ineleggibilità per i senatori di diritto, andando chiarita la loro particolare posizione. (Rumori a sinistra). Ed, essendo io presidente di deputazione provinciale, anche per ragioni di delicatezza, questa chiarificazione ho creduto di fare con la presentazione del mio emendamento.

Mi rimetto pertanto all’Assemblea; ma se non si accetta il mio emendamento, è necessario che sia chiarito che non vi sono casi di ineleggibilità per i senatori di diritto. (Commenti).

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Mi pare che nel discorso dell’onorevole Scoccimarro vi sia un equivoco, con riferimento all’emendamento del collega Bosco Lucarelli. Infatti poteva sorgere il dubbio che un senatore, sia pure di diritto, in quanto coprisse una carica che è prevista dalla legge del Senato come causa di ineleggibilità, non potesse essere senatore, ma questo sarebbe un assurdo evidente. Ma è anche un assurdo pensare che un senatore di diritto possa ricoprire contemporaneamente una carica che da altri senatori, eletti dal popolo, non può esser ricoperta: così il sindaco di una grande città, se vuol presentarsi candidato alle elezioni del Senato deve dimettersi prima; mentre il senatore di diritto avrebbe contemporaneamente la possibilità di essere sindaco e senatore. Questo mi pare contraddittorio. Dal momento che non possiamo accettare il criterio di considerare motivo di ineleggibilità a senatore di diritto il fatto di rivestire una carica per cui la legge stabilisce l’ineleggibilità a senatore, stabiliamo che l’ipotesi di ineleggibilità debbonsi ridurre a motivo di incompatibilità; in modo da consentire ai senatori di diritto di essere eletti anche se sindaci o presidenti di deputazione provinciale, previa dimissione dalla carica. Ed in questo senso l’emendamento Bosco Lucarelli è favorevole alla tesi dell’onorevole Scoccimarro. Ma l’Assemblea non può sancire l’assurdo che il senatore di diritto possa ricoprire determinate cariche che non possa ricoprire invece un senatore eletto dal popolo. Dobbiamo riconoscere che il senatore di diritto può essere nominato, anche se ricopre una carica prevista come causa d’ineleggibilità per i senatori eleggibili dal popolo, ma deve, appena nominato, rinunciare

LA ROCCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. Mi pare che il Ministro degli interni confonda i concetti di incompatibilità e di ineleggibilità. (Commenti al centro). Non è il caso di infastidire l’Assemblea, ricordando qual è il fondamento giuridico che sta alla base del concetto di ineleggibilità. In fondo la legge stabilisce che sia ineleggibile chi si trova in determinate condizioni, perché in quelle condizioni può esercitare, in conseguenza della carica che riveste, una certa influenza o pressione sul corpo elettorale: si stabilisce, perciò, che non è eleggibile il sindaco, o il prefetto, ecc., appunto per impedirgli che durante la campagna elettorale egli possa avvantaggiarsi della sua situazione. Ma qui siamo in un caso completamente diverso. Il senatore di diritto non deve compiere alcuna campagna elettorale, non ha bisogno di servirsi della influenza che eventualmente gli deriva dal posto che occupa, per raggiungere più agevolmente il suo obiettivo, perché è già eletto, di diritto. E allora, perché si vuole costringere chi si trova già a ricoprire cariche a cui è stato eletto dalla volontà popolare dal crisma e dal suffragio popolare, a rinunciare a questo mandato e a rinunciare all’esercizio di un diritto che gli viene conferito per legge? Questa è una contraddizione in termini. Senza aggiungere che non vale insistere sul concetto che si è voluto creare un legame, un rapporto tra l’ordinamento delle Regioni e il Senato. Nessuno più dei sindaci può veramente rappresentare l’interesse delle Regioni e dei centri maggiori delle Regioni nel Senato. Chiedo, perciò, che l’Assemblea respinga l’emendamento proposto dall’onorevole Bosco Lucarelli, infondato in fatto e in diritto. (Commenti al centro).

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. A me sembra che ci sia un grosso equivoco nella richiesta fatta dall’onorevole Bosco Lucarelli, perché se si afferma che una persona è ineleggibile, allora bisogna che, venti giorni dopo la pubblicazione della legge, dia le dimissioni, diversamente non potrà essere nominata senatore di diritto. Invece, la tesi La Rocca è molto più estensiva, perché dice che in questo caso non solo non esiste ineleggibilità, ma neppure incompatibilità. L’onorevole Bosco Lucarelli dice che non esiste la ineleggibilità per chi non deve essere eletto, ma che invece esiste la incompatibilità, cioè, ad esempio, il Presidente di una deputazione provinciale deve dare le dimissioni il giorno in cui sarà nominato senatore di diritto, e non venti giorni dopo la pubblicazione della legge elettorale.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. A me pare, signor Presidente, che l’emendamento Bosco Lucarelli e l’invito fatto dall’onorevole Scoccimarro non si muovano sullo stesso piano.

La questione è nei seguenti termini: la legge stabilisce dei motivi di ineleggibilità, e tace per i senatori nominati di diritto. Che governo si deve fare, di fronte a costoro, della norma? Ora, è discutibile se il silenzio porti alla conseguenza di cui parlava l’onorevole La Rocca o se non porti invece alla conseguenza opposta. Nel silenzio della legge si può accettare la proposta Bosco Lucarelli e considerare i casi di ineleggibilità come casi di incompatibilità; ma se si vuole andare incontro alla proposta Scoccimarro, bisogna, secondo me, che la legge lo dica espressamente, ossia dica che per i senatori nominati di diritto i casi di ineleggibilità non solo non valgano come tali, ma non valgano nemmeno come casi di incompatibilità. Io ricordo all’onorevole La Rocca che l’ineleggibilità gioca per entrambe le cariche. Egli ha fatto il caso del sindaco che sia nominato senatore di diritto, ma non ha fatto il caso inverso: il senatore nominato di diritto può essere eletto sindaco?

Bisogna che ci sia una norma esplicita che regoli il caso, perché nel silenzio della legge non si sa quale sia la versione giusta: se quella avvisata dall’onorevole Bosco Lucarelli o quella avvisata dall’onorevole Scoccimarro. Io potrei anche essere del parere dell’onorevole Scoccimarro, ma sostengo che bisogna dirlo esplicitamente.

PRESIDENTE. Onorevole Bosco Lucarelli, insiste nel suo emendamento?

BOSCO LUCARELLI. Insisto.

MAFFI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAFFI. Voterò contro la proposta Bosco Lucarelli, perché mi sembra fondata sopra una gravissima confusione. La ineleggibilità dà come conseguenza immediata la incompatibilità. È evidente che chi non è eletto non può assolvere quella determinata funzione, e quindi c’è conflitto fra la sua carica di sindaco e la sua carica di senatore.

Ma, l’Assemblea non ha ancora studiato la questione se, indipendentemente dall’eleggibilità, esista di fatto la incompatibilità fra le due funzioni. Questo problema non è stato ancora affrontato, perché l’onorevole Gullo prescinde dal fatto che la ineleggibilità pei candidati determini la incompatibilità di fatto e invece si limita a considerare la questione per ciò che riguarda i senatori di diritto.

Noi dovremmo prima affrontare la questione se fra la carica di sindaco e la carica di senatore esista incompatibilità. Bisogna decidere questo punto. Io sono di avviso che si può essere sindaco di un grande centro e contemporaneamente senatore, e credo che tutti siano di questo parere.

Ora, ci si impunta sopra una proposta, per appoggiarla o per respingerla; ma c’è una questione di fatto che non è stata vagliata abbastanza, e sulla quale la Commissione non si è pronunciata. La Commissione dovrebbe dire se essa ritiene che tra la funzione di senatore e quella di sindaco (a parte la eleggibilità) esista una incompatibilità.

PRESIDENTE. L’onorevole Micheli ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MICHELI, Presidente della Commissione. Io volevo ricordare semplicemente questo: che nella penultima seduta abbiamo discusso la questione della incompatibilità dei sindaci dei capoluoghi di provincia. Abbiamo, anzi, respinto una proposta dell’onorevole Cosattini a questo riguardo. Fu allora che abbiamo deciso la questione che ora è stata esposta dall’onorevole Maffi; non possiamo quindi rientrarci ora indirettamente.

L’onorevole Maffi forse non ricorda questo, ma ne abbiamo già discusso. Io ho già dichiarato le ragioni per le quali la Commissione manteneva il suo testo, l’Assemblea ha approvato e su questo punto non ci può essere dissenso.

Quello che ha detto l’onorevole Maffi, va benissimo, però la parte seconda del suo intervento si riferisce ad un dato di fatto che non è più discutibile, in quanto l’Assemblea ha già stabilito – tanto per i deputati come per i senatori – questa incompatibilità. (Interruzione dell’onorevole Maffi).

Tanto è vero che, precipuo argomento della discussione fu questo: che c’era il termine per dimettersi dalla carica e poter diventare eleggibile. Questo è stato il fulcro della discussione. Io mi richiamo ai colleghi che erano presenti.

MAFFI. Ma, se uno è eletto senatore, è stabilita la incompatibilità che egli sia poi sindaco?

MICHELI, Presidente della Commissione. Sicuro, l’abbiamo già stabilito.

PRESIDENTE. Onorevole Maffi, debbo dare atto all’onorevole Micheli della esattezza di quanto ha esposto, poiché è vero che l’Assemblea ha respinto un emendamento Cosattini, con il quale si proponeva di fare eccezione alla norma di ineleggibilità dei sindaci già stabilita dalla Camera dei deputati.

MICHELI, Presidente della Commissione. Per i capoluoghi di provincia, s’intende.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. La ineleggibilità ha un significato letterale che è alla portata di tutti: significa che uno non può essere eletto dal corpo elettorale. Incompatibilità ha un altro significato letterale, che è del tutto diverso: significa che uno non può coprire contemporaneamente due cariche, nel caso di deputato e sindaco. Ma, se uno non è eletto senatore, perché lo è di diritto, noi dovremmo stabilire la esistenza di una incompatibilità, perché non possiamo riferirci alla ineleggibilità, e lo dobbiamo dire nella legge. In questo caso spostiamo completamente la Sostanza del problema: non è più questione di ineleggibilità, è un problema di incompatibilità alla coesistenza delle due funzioni.

Questo avevo già ritenuto di dire nel mio primo intervento; adesso mi permetto di invitarvi a meditare su questa situazione.

Non importa che si sia stabilito che i sindaci dei capoluoghi di Provincia non possono essere eletti deputati; non importa che si sia stabilito che i sindaci dei capoluoghi non possono essere eletti senatori: noi dobbiamo stabilire, cioè determinare con una legge, che esiste una incompatibilità a ricoprire contemporaneamente la carica di senatore di diritto e quella di sindaco.

Su questi termini io porto il problema, perché fino adesso ho sentito girare sull’incompatibilità e l’ineleggibilità senza arrivare a capo di nulla. Ecco perché nel mio primo intervento avevo detto: vale proprio la pena, tenuto anche presente che i senatori di diritto sono stati nominati per una sola volta e non potranno esserlo più, perché vi si oppone la Costituzione, vale proprio la pena, dicevo, che perdiamo gran tempo per discutere se si possa essere senatori di diritto e sindaci di capoluogo di Provincia stabilendo un motivo di incompatibilità che, secondo me, non avrebbe una ragion d’essere?

Questo l’interrogativo che pongo ai colleghi che hanno proposto l’emendamento in discussione.

GHIDINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GHIDINI. Mi limito ad esprimere una opinione strettamente personale. In verità io trovo esatta l’osservazione fatta dall’onorevole Ministro, che vi sarebbe una stonatura nel fatto che coloro che sono senatori di diritto potrebbero contemporaneamente essere sindaci, mentre invece quelli che sono eletti senatori dal popolo non potrebbero essere sindaci: realmente ci sarebbe nella stessa categoria dei senatori una disparità di trattamento che, in qualche modo, offende la nostra sensibilità intellettuale.

Però mi permetto di osservare che questa considerazione ha un valore più formale che sostanziale.

L’onorevole Cosattini aveva proposto un emendamento in forza del quale si sarebbe dovuto eliminare la ineleggibilità a senatore dei sindaci, ma l’Assemblea nella sua maggioranza l’ha respinto.

L’osservazione che è stata fatta poi, mi pare dall’onorevole Fausto Gullo, che cioè l’ineleggibilità comprende anche l’incompatibilità, è pure una verità. Però in linea di stretto diritto, quante volte ci troviamo di fronte a limitazioni dei diritti dei cittadini, queste limitazioni devono risultare espressamente dalla legge. Quando la legge, invece, non la richiama in modo espresso non può la stessa essere estesa a casi diversi.

In sostanza a seguito del rigetto dell’emendamento proposto dall’onorevole Cosattini, fu decisa la ineleggibilità ma non la incompatibilità che, pur essendovi compresa, è pur sempre una cosa diversa. Aggiungo poi che non è stata menomamente presa in considerazione la posizione particolarissima di coloro che sono senatori di diritto, né quando fu votato l’articolo né quando fu discusso e respinto l’emendamento Cosattini.

Noi quindi, attraverso questa, che non è un’interpretazione capziosa delle deliberazioni già prese dall’Assemblea, ma semplicemente in base al principio che le limitazioni nell’esercizio dei diritti devono essere sempre espresse e mai presunte, possiamo deliberare che si possa fare un’eccezione, anche, se occorre, mediante una disposizione transitoria, come chiedeva, mi pare, l’onorevole Gullo.

Per conto mio dunque, poiché ritengo che si possa, nell’interesse del Paese, essere contemporaneamente senatore e sindaco, e non essendovi stata al riguardo una categorica preclusione da parte dell’Assemblea, per questo motivo auspico e propongo che almeno per i senatori di diritto la incompatibilità non venga sancita.

MUSOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUSOTTO. Onorevole Presidente, noi presentiamo un emendamento in conformità con quello che ha detto il collega Ghidini, al fine cioè di far sì che le ragioni di incompatibilità sancite dalla legge non abbiano a funzionare nei confronti dei senatori di diritto.

PRESIDENTE. Va bene: restiamo in attesa della presentazione formale di questo emendamento.

L’onorevole Patricolo ha proposto di premettere al testo dell’emendamento Bosco Lucarelli:

«La carica di sindaco è incompatibile con quella di senatore».

L’onorevole Patricolo ha facoltà di svolgere l’emendamento.

PATRICOLO. Ho ascoltato con molto interesse lo svolgimento di questo argomento, e sarei d’accordo con l’onorevole Bosco Lucarelli sul suo emendamento, se noi precisassimo con un comma precedente che l’incompatibilità esiste per tutti i senatori, sia di diritto che eletti. Se noi ammettiamo questa incompatibilità, allora possiamo accettare la proposta dell’onorevole Bosco Lucarelli, che dà un significato diverso all’ineleggibilità per quanto riguarda i senatori di diritto.

Forse non avrei dovuto prendere la parola in quanto sindaco, ma desidero comunque precisare il mio pensiero. Anch’io, da sindaco, ritengo che sia necessario chiarire nella legge questo concetto di incompatibilità che non esiste. Noi parliamo di ineleggibilità, ma questa non impedisce che, dopo due mesi dall’elezione a senatore, un ex-sindaco possa ripresentarsi. Quindi è bene che la legge stabilisca tassativamente se esiste o meno questa incompatibilità. Se esiste, deve esistere per gli uni e per gli altri, anche per i senatori di diritto. Se invece quest’incompatibilità non esiste, allora l’emendamento Bosco Lucarelli dovrebbe, secondo me, avere un’altra dizione, e precisamente: «Per i senatori di diritto non sono applicabili le norme relative all’ineleggibilità». Perché, se noi non chiariamo questo concetto, non possiamo introdurre nella legge un concetto nuovo, cioè quello della incompatibilità, che non ha precedenti nella legge per l’elezione della Camera dei deputati.

Ecco perché insisto sull’inserzione di questo primo comma o subordinatamente, sulla modifica dell’emendamento Bosco Lucarelli.

PRESIDENTE. L’onorevole Assennato ha proposto il seguente testo:

«Le cause di ineleggibilità e di incompatibilità stabilite per la elezione dei deputati non hanno valore per i senatori di diritto». (Commenti).

Ha facoltà di svolgere l’emendamento.

ASSENNATO. Mi pare che l’intervento dell’onorevole Scelba abbia indotto l’onorevole Bosco Lucarelli a recedere da una posizione che egli stava preannunziando. Dopo aver chiarito il suo emendamento, essendo stato successivamente interpellato dall’onorevole Maffi, avendo egli manifestato una certa perplessità, sembrava quasi che egli dovesse ritirarlo; in sostanza l’onorevole Bosco Lucarelli riconosceva l’inesistenza di ogni testo che affermi la incompatibilità per un senatore di diritto di ricoprire la carica di sindaco, concludendo soltanto per la necessità di un chiarimento.

Questa era la posizione presa dall’onorevole Bosco Lucarelli, quando, a tal punto, è intervenuto di rincalzo il Ministro Scelba. Cosa ha detto il Ministro? In verità egli ha manifestato una sensibilità eccessiva, della quale bisogna dargli atto; ha avuto proprio una specie di scrupolo, quando ha detto: «non possiamo mandare al Senato due tipi diversi di senatori: gli uni che possono essere sindaci e gli altri che non lo possono». Ma è davvero straordinaria la sua sensibilità, onorevole Scelba! E non si è accorto lei – e tutti quanti, appartenendo al suo Gruppo, hanno votato questa norma – che provenendo da diverse fonti, necessariamente questi due tipi di senatori dovevano in qualche modo riflettere tale diversità d’origine?

Non sono diversi quelli che entrano al Senato per nomina di diritto da quelli che vi entrano per mandato elettorale? Molte ragioni dovevano consigliare di non creare questa diversità, ma tuttavia è stata creata e nel Senato coesistono e stanno insieme tali due tipi di senatori perché ve li abbiamo mandati. E dal momento che è stata riconosciuta questa diversità così fondamentale, non si capisce perché dallo stesso Gruppo del Ministro ora si affermi la impossibilità di far coesistere due tipi di senatori, differenziati soltanto da quella che è la conseguenza della diversità prima affermata. Ci deve essere dunque qualche altra ragione, che la intelligenza o la malizia mia non riesce a percepire, ma che dev’essere presente al Ministro ed al suo Gruppo.

Non dimentichiamo che qui si tratta di limitare i diritti della persona, e che pertanto è indispensabile una norma che dica esplicitamente: il senatore di diritto non può esercitare la funzioni di sindaco.

Nel testo non v’è nulla che affermi tale incompatibilità e pertanto dovremmo dichiararla oggi, ma il motivo non può consistere nella pretesa diversità fra i due tipi di senatori: non può essere, perché lei stesso, onorevole Ministro Scelba, ha preso l’iniziativa di fare entrare nel Senato elementi che non provengano dalla fonte elettorale. Né può esistere incompatibilità funzionale fra il senatore di diritto e il sindaco: nessun atto amministrativo del sindaco che sia senatore di diritto riflette necessariamente, neppure in minima misura, la funzione senatoriale, e nessun atto di un senatore di diritto che sia candidato sindaco riflette necessariamente, neppure in minima misura, gli atti amministrativi del comune o del sindaco; anzi il corpo elettorale e il corpo degli amministrati ricevono maggior decoro dal fatto che il primo magistrato della città ricopra anche la funzione di senatore di diritto.

Non v’è dunque ragione di procedere a questa decapitazione del diritto del cittadino, tanto più che lo stesso onorevole Bosco Lucarelli si era già dimostrato perplesso e aveva avvertito che nei testi finora approvati non era affatto dichiarata espressamente questa incompatibilità.

Ora io credo che l’Assemblea non possa stabilire questa incompatibilità, senza prima convincersi che vi siano delle vere ragioni per dichiararla.

È perciò che io ritengo che il mio emendamento possa essere approvato.

PRESIDENTE. Se Ella, onorevole Assennato, limita il suo emendamento alle cause di incompatibilità, ha ragione di essere, ma se intende estenderlo anche alle cause di ineleggibilità, andrebbe contro le disposizioni già approvate, per le quali l’elezione di senatori di diritto è sottoposta al verificarsi delle condizioni di eleggibilità.

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Questa seduta, che si annunciava come una seduta di ordinaria amministrazione, ha trovato invece un ostacolo nella discussione sorta un po’ improvvisamente in questo momento. E poiché siamo tutti d’accordo che questo articolo non va inserito dopo l’articolo 25 ma è una norma transitoria in quanto riguarda una categoria di senatori di diritto che noi non avremo più nella successiva legislatura, penso che non dobbiamo avere nessuna fretta e possiamo attendere almeno fino a domani per affrontare la questione, perché in questo momento potremmo rischiare di improvvisare.

Infatti è accaduto che l’onorevole Bosco Lucarelli, col suo emendamento, intendeva in fondo proporre un correttivo ed evitare che fosse adottata la medesima norma per i senatori di diritto, la norma della ineleggibilità, che non aveva le stesse ragioni, che viceversa poteva avere ed ha per i senatori eletti.

Senonché, strada facendo, qualcuno ha pensato che non solo fosse opportuno tradurre l’incompatibilità in ineleggibilità, ma che fosse addirittura bene eliminare l’incompatibilità; ed è stata messa avanti la questione dei sindaci, questione che è un po’ diversa perché anche noi abbiamo votato ieri a favore dell’emendamento Cosattini.

Però, se non ho inteso male, mi sembra che l’emendamento Assennato non riguardi soltanto i sindaci, ma riguardi tutte le altre categorie di incompatibilità, e ve n’è qualcuna (come osserva l’onorevole Martino) che è addirittura in contrasto con la Costituzione, perché all’articolo 122 della Costituzione abbiamo sancito casi specifici di incompatibilità fra le funzioni di deputato o di senatore e quelle di facente parte di un consiglio regionale.

Quindi, ad evitare che si facciano delle discussioni improvvisate, che si confonda fra ineleggibilità e incompatibilità, e che possano sorgere dubbi, come ne sono sorti, perché da parte di qualcuno si pensava che non si fosse stabilita l’incompatibilità oltre all’ineleggibilità (mentre mi pare fuori dubbio che l’ineleggibilità comprenda anche l’incompatibilità); ad evitare che non si ricordi da parte di qualcuno le ragioni per cui la maggioranza di quest’Assemblea ha stabilito l’ineleggibilità, ne ricordo le più importanti; primo che, attraverso la carica di sindaco o di consigliere regionale o altra carica, si possono esercitare influenze sugli elettori; l’altra che riguarda l’incompatibilità: la difficoltà di potere ben esercitare cumulativamente le funzioni delle due cariche.

Vi sono tante altre ragioni che non possiamo in questo momento aver presenti, cosicché rischieremmo, con una votazione improvvisata, di andare anche contro precise norme della Costituzione.

Concludo dunque affermando che, trattandosi di una norma di carattere transitorio che avrebbe dovuto esser presentata a titolo di emendamento o articolo aggiuntivo in altro momento, alla fine della discussione di questa legge (Interruzioni al centro), la gravità del pericolo di incorrere in improvvisazioni è tale che sarebbe bene che la Commissione esaminasse anche stasera stessa la questione e riferisse con maggiore chiarezza, affinché tutti avessimo esattamente dinanzi la questione, a cominciare da me.

PRESIDENTE. L’onorevole Gullo propone di rimandare a domani la decisione su questa questione.

Comunico intanto all’Assemblea, prima di porre in votazione questa proposta, che gli onorevoli Musotto, Merighi, Pieri e Costantini hanno presentato la seguente proposta:

«Le funzioni di sindaco di capoluogo di provincia e quella di senatore non sono incompatibili per i senatori di diritto».

L’onorevole Assennato ha facoltà di dichiarare se, di fronte a questa proposta, insiste ancora nella sua.

ASSENNATO. Ritiro la mia proposta e aderisco a quella dell’onorevole Musotto.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo ora in votazione la proposta di rinvio formulata dall’onorevole Gullo Rocco.

(Non è approvata).

PICCIONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PICCIONI. Vorrei ricordare i precedenti della questione per vedere se si può chiarire in maniera sufficiente il problema attuale andando incontro al desiderio espresso anche dall’onorevole Gullo. Ora, il testo della Costituzione nelle disposizioni transitorie e finali quando parla della prima composizione del Senato della Repubblica ed accenna ai senatori di diritto dice espressamente che sono nominati senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i deputati dell’Assemblea Costituente che posseggono i requisiti di legge per essere senatori e che ecc.

Ora è evidente che quando si indagherà, prima di emanare il decreto presidenziale per la nomina dei senatori di diritto, sorgerà la questione in ordine alla posizione di quei candidati senatori di diritto che ricoprono la carica di sindaco di capoluogo di provincia, di presidente della Deputazione provinciale o di deputato regionale, perché il testo che noi abbiamo già approvato, l’articolo 6, richiama per i senatori elettivi le incompatibilità già fissate per i deputati in ordine alle cariche di sindaco, di presidente della Deputazione provinciale o di deputato regionale. Chi dovrà emettere il decreto di nomina di un senatore di diritto, il primo quesito che si deve porre è questo: se mi trovo di fronte a dei candidati che rivestono la carica di sindaco o di presidente della Deputazione provinciale o di deputato regionale, cosa faccio? Devo nominarli senatori di diritto se per disposizione di un articolo di legge costoro non sarebbero eleggibili se si presentassero alle elezioni a senatore? Di qui la necessità, l’opportunità della proposta dell’onorevole Bosco Lucarelli; di qui la necessità di un chiarimento definitivo da parte dell’Assemblea in questa sede.

Ora io domando: si può sottilizzare quanto si vuole, ma sta di fatto che l’ineleggibilità costituisce una condizione più radicale nei confronti di coloro ai quali si deve applicare, cioè costituisce un vizio in radice, insanabile per coloro che sono caduti nei casi di ineleggibilità. Dichiarato che un sindaco di capoluogo di provincia è ineleggibile, non v’è possibilità di sanare una situazione di questo genere. Se si presenta ed è eletto, poiché era ineleggibile, la sua elezione è annullata definitivamente.

L’incompatibilità non pone questo vizio in origine, in radice; pone soltanto l’impossibilità di esercitare contemporaneamente le due funzioni, e come si risolve? Si risolve rinunciando all’esercizio di una di queste funzioni con la propria iniziativa; cioè basta che il soggetto dell’incompatibilità dichiari di rinunciare ad una delle due funzioni incompatibile con l’altra perché la cosa sia sanata ed il soggetto sia senz’altro ammesso ad esercitare la sua funzione.

Ora, nel caso che ci riguarda, l’ineleggibilità di senatori elettivi che cosa vuol dire? Vuol dire che non possono essere eletti e vuol dire conseguentemente una incompatibilità di funzioni perché (vi faccio l’altro caso) altrimenti, se si riferisse solo alla condizione antecedente all’elezione, il sindaco di una grande città dimessosi potrebbe partecipare alle elezioni a senatore e appena eletto senatore potrebbe ripresentarsi per essere eletto di nuovo sindaco della stessa città. Questo non è consentito. Non si può concepire la sua ineleggibilità come una vacanza nell’esercizio della sua funzione per il periodo elettorale, per poi riassumere anche l’altra carica dopo che l’elezione sia avvenuta. Il che, se questo non è, ed effettivamente non è, dimostra chiaramente come la ragione dell’ineleggibilità non sia soltanto quella invocata dall’onorevole La Rocca; vuol dire che v’è una diversa anche più profonda ragione che incide nella possibilità di aggravare il contrasto d’interesse pubblico che vi può essere fra la carica pubblica ricoperta dal sindaco e quella che è la funzione dello Stato nella quale il senatore o il deputato partecipi direttamente e attivamente. Questo spiega ancora di più come nel concetto di ineleggibilità sia implicito il concetto d’incompatibilità; altrimenti, superato il momento elettorale, si potrebbe tornare senz’altro ad esercitare le funzioni di sindaco o di presidente della deputazione provinciale, il che è da escludere.

Ora, se questi principî sono esatti, non è possibile creare nello stesso testo legislativo una disarmonia giuridica di questa entità, disarmonia giuridica che si esprimerebbe in termini concreti in questo modo: mentre i senatori eletti devono dimettersi dalla carica di sindaco per partecipare alla elezione, ed anche eletti non possono riassumere la funzione di sindaco, invece i senatori di diritto sarebbero mantenuti nell’esercizio di una carica di questo genere. È assolutamente impossibile che si consenta anche ai senatori eletti – una volta eletti – di riassumere le loro funzioni di sindaco o di presidente della Deputazione provinciale. Non è possibile, perché i testi già approvati, sia per quanto si riferisce alla Camera dei deputati che al Senato, lo vietano nella maniera più esplicita. E poiché due giorni fa, attraverso l’emendamento Cosattini, vi è stato un voto esplicito dell’Assemblea che non ha accettato nemmeno un criterio restrittivo di questa ineleggibilità, riducendo cioè il fatto della ineleggibilità soltanto alla circostanza di essere sindaco del capoluogo del collegio in cui il candidato si presenta, evidentemente ciò vuol dire che attraverso le deliberazioni già prese l’ineleggibilità, e quindi l’incompatibilità, è fissata in modo che non si può derogare a tale principio facendo un trattamento di favore ai senatori di diritto. Non v’è alcun motivo né giuridico né morale per una deroga di questa entità e gravità a favore dei senatori di diritto. Non si può dire in Senato: tu perché sei entrato come senatore di diritto fai il senatore e il sindaco; io che sono entrato elettivamente non posso fare il sindaco o il presidente della Deputazione provinciale, ma devo limitarmi a fare il senatore. Sarebbe una disarmonia giuridica – per non dir peggio – tale che l’Assemblea Costituente mi pare non debba in alcun modo consacrare. Per queste ragioni dichiaro di votare a favore dell’ordine del giorno Bosco Lucarelli.

ASSENNATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ASSENNATO. Il ragionamento dell’onorevole Piccioni posa sul criterio della incompatibilità sostanziale fra la funzione di senatore e quella di sindaco. Faccio rilevare che tale criterio è errato, perché la legge consente apertamente il contemporaneo esercizio delle funzioni di sindaco e di senatore, limitandolo soltanto per i sindaci dei capoluoghi di provincia, il che significa che l’incompatibilità dalla legge è considerata soltanto quale ineleggibilità del sindaco a senatore per il timore che un tale candidato al Senato possa giovarsi della sua qualità di sindaco e influire così sul corso dell’elezione.

PRESIDENTE. Rimangono tre emendamenti: dell’onorevole Bosco Lucarelli, dell’onorevole Musotto e dell’onorevole Patricolo. Chiedo all’onorevole Patricolo se aderisce all’emendamento Bosco Lucarelli, dato che il suo consiste nella aggiunzione di una premessa implicitamente confermata dal testo dell’onorevole Bosco Lucarelli, che chiede l’estensione a questa legge del principio della ineleggibilità accolto dalla legge per la elezione dei deputati.

PATRICOLO. Il mio emendamento parla di incompatibilità, non di ineleggibilità.

PRESIDENTE. Quando vi è ineleggibilità, non sorge il problema della incompatibilità.

PATRICOLO. Un senatore può essere eletto sindaco o no? Esiste incompatibilità? Non conosco la norma che lo vieti. Se vogliamo fare questa affermazione, essa deve essere esplicita.

PRESIDENTE. La legge impedisce la elezione di un sindaco a senatore.

PATRICOLO. Ma la legge non impedisce a un senatore di diventare anche sindaco. Se vogliamo affermare una norma nuova, tassativa, facciamolo; ma oggi non esiste. Esiste l’ineleggibilità del sindaco a senatore, ma non del senatore a sindaco. Per quanto io sia sindaco, ho presentato l’emendamento appunto perché sia chiarita la situazione.

PRESIDENTE. La questione da lei posta non trova forse la sua sede opportuna in questa legge, perché in essa non si tratta delle condizioni di eleggibilità a sindaco. Quando rivedremo la legge comunale e provinciale, ella potrà proporre la ineleggibilità del senatore a sindaco.

PATRICOLO. Nell’emendamento Bosco Lucarelli si afferma il principio della ineleggibilità. Io chiedo che in questo articolo si inserisca anche quello della incompatibilità, e ciò soprattutto allo scopo di ottenere che si dica chiaramente se esista o meno incompatibilità tra le due cariche.

BOSCO LUCARELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCO LUCARELLI. Il mio emendamento comprende non soltanto i sindaci dei capoluoghi di Provincia ma anche i presidenti delle Deputazioni provinciali. Per i deputati regionali vi è già un divieto fatto dalla Costituzione.

PRESIDENTE. Siccome l’emendamento proposto dall’onorevole Bosco Lucarelli fa riferimento alle lettere a), b) e c) dell’articolo 5 della legge per la elezione della Camera dei deputati, sarà forse opportuno, prima di passare alla votazione, ricordare all’Assemblea quali sono le categorie per le quali l’onorevole Bosco Lucarelli chiede sia stabilita una incompatibilità. Sono precisamente: i deputati e consiglieri regionali, i presidenti delle Deputazioni provinciali e i sindaci dei capoluoghi di provincia.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Ho votato a favore della proposta di sospensiva soprattutto perché, nonostante abbia seguito con grande attenzione questa interessante discussione, non mi è stato possibile rendermi esatto conto dell’essenza della questione, dato che non ho avuto la ventura di ascoltare il testo preciso proposto dall’onorevole Bosco Lucarelli. Vorrei pregare pertanto l’onorevole Presidente di rileggere questo testo. Eventualmente chiederò dopo la parola per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. È un piacere per me, onorevole Martino, rileggere la proposta Bosco Lucarelli, ma a mia giustificazione mi permetto ricordarle che l’ho testé letta. Essa è del seguente tenore:

«Per i senatori di diritto i casi di ineleggibilità per pubblico ufficio previsti dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 5 della legge contenente norme per l’elezione della Camera dei deputati sono considerati casi di incompatibilità.

«I detti senatori, precedentemente alla prima riunione del Senato, debbono dimettersi dall’altro ufficio ricoperto».

A questa proposta l’onorevole Patricolo vorrebbe far precedere il comma:

«La carica di sindaco è incompatibile con quella di senatore».

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Voterò contro la proposta Bosco Lucarelli, perché è contraria apertamente alla III disposizione transitoria e finale della Costituzione. Si può discutere se le disposizioni transitorie e finali facciano parte del testo costituzionale dunque se è possibile, con una legge, violarle, mentre evidentemente la violazione non è possibile per il testo vero e proprio della Costituzione. Ma io ritengo che Costituzione sia tutto il testo, ivi comprese le disposizioni transitorie e finali. La III disposizione finale recita: «Per la prima composizione del Senato della Repubblica sono nominati senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i deputati dell’Assemblea Costituente che posseggono i requisiti di legge per essere senatori». E coloro i quali rientrano in quelle tali disposizioni della legge elettorale per la Camera (a, b, c) citate nell’emendamento Bosco Lucarelli non posseggono i requisiti per essere eletti senatori. Noi abbiamo infatti già stabilito che le medesime cause di ineleggibilità le quali valgono per la Camera dei deputati abbiano a valere anche per il Senato, Di modo che noi non possiamo oggi, dopo aver sancito nella Costituzione che coloro i quali non posseggono quei requisiti non possono essere eletti senatori di diritto, stabilire che essi lo possono. Penso che dobbiamo evitare la votazione sull’emendamento Bosco Lucarelli o – qualora egli esistesse ancora ed esso venisse posto in votazione – votare contro questa proposta, che, secondo me, costituirebbe aperta violazione del testo costituzionale.

PRESIDENTE. Passiamo alle votazioni. Pongo anzitutto in votazione il comma proposto dall’onorevole Patricolo:

«La carica di sindaco è incompatibile con quella di senatore».

(Non è approvato).

Pongo in votazione il primo comma dell’emendamento Bosco Lucarelli, che rileggo:

«Per i senatori di diritto, i casi di ineleggibilità per pubblico ufficio previsti dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 5 della legge contenente norme per la elezione della Camera dei deputati sono considerati casi di incompatibilità».

(Dopo prova e controprova, e votazione per divisione, è approvato).

Pongo in votazione il secondo comma dell’emendamento Bosco Lucarelli, che rileggo:

«I detti senatori, precedentemente alla prima riunione del Senato, debbono dimettersi dall’altro ufficio ricoperto».

(È approvato).

Pongo ora in discussione il seguente articolo 25-ter proposto dal Governo:

«Per le aperture di credito inerenti al pagamento delle spese per la elezione del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è autorizzata la deroga alle limitazioni previste dall’articolo 56 del regio decreto-legge 18 novembre 1923, n. 2440».

L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di svolgerlo.

SCELBA, Ministro dell’interno. In base all’articolo 56 del regio decreto-legge 18 novembre 1923, n. 2440, le aperture massime di credito a favore delle prefetture possono essere di lire 2.500.000. Ma per le elezioni le prefetture hanno bisogno di avere tempestivamente i fondi occorrenti; di qui la necessità di elevare questo limite, che sarebbe assolutamente insufficiente ai bisogni. Pertanto il Governo propone che per le imminenti elezioni sia elevato il limite di apertura di credito a favore delle prefetture.

PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione?

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione è d’accordo.

PRESIDENTE. Pongo allora in votazione l’articolo 25-ter proposto dal Governo di cui ho dato testé lettura.

(È approvato).

Il seguito della discussione è rinviato alle ore 11 di domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritenga rispondente a criteri di equità e di giustizia emanare un provvedimento legislativo, per il quale possano essere richiamati in servizio gli impiegati delle pubbliche amministrazioni, che furono dichiarati dimissionari di ufficio per non avere riassunto servizio dopo il 1° giugno 1944 per circostanze indipendenti dalla loro volontà o per altri giustificati motivi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e del lavoro e previdenza sociale, per conoscere se consti loro lo stato di viva agitazione suscitato fra i piccoli coltivatori diretti della montagna spoletina dalla notifica degli avvisi di pagamento per i contributi supplementari dell’anno 1947 e per quelli principali del 1948; e se, tenuti presenti i modestissimi redditi di quelle zone appenniniche poverissime (per cui fu ritenuto necessario lo sgravio totale della imposta erariale) ed il fatto che allorché furono istituiti i contributi unificati la tassazione, in base alla legge 13 giugno 1942, veniva applicata secondo tabelle per ettaro e questa provvida legge fu abolita e sostituita con quella 21 agosto 1945, che di tale criterio non tiene conto, mentre nessun nuovo elemento era intervenuto a consigliarne l’abolizione, non ritengano urgente e indispensabile – allo scopo di impedire il crescente esodo dei coltivatori dalle zone montagnose – di:

1°) abrogare la legge 21 agosto 1945, numero 576, e restituire vigore alla legge 13 giugno 1942, n. 1063;

2°) tener conto, nella imposizione dei tributi unificati, del genere di coltura dei terreni;

3°) assicurare ai lavoratori agricoli l’assistenza medico-farmaceutica in pratica oggi inesistente;

4°) nominare un rappresentante degli agricoltori di montagna a far parte della Commissione incaricata della erogazione dei contributi al fine di un’equa ripartizione delle provvidenze a favore dei lavoratori agricoli. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Santi».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere in quale misura intenda provvedere alle impellenti necessità di manutenzione, completamento e integrazione delle sistemazioni montane in provincia di Udine, al duplice scopo:

  1. a) di impedire la rovina delle opere già eseguite, la inutilizzazione dei lavori iniziati lo scorso anno, e la ulteriore rovina delle zone bisognose di più urgente sistemazione;
  2. b) di venire incontro tempestivamente alla disoccupazione nella parte montana del Friuli, dove è minima la proporzione dei lavori pubblici di prossima esecuzione, e dove la crisi del legname fa prevedere il licenziamento di un forte numero di lavoratori.

«Sì fa presente, al riguardo, che l’ufficio forestale di Udine ha già un complesso di progetti approvati, ma non finanziati, per l’importo di 54 milioni, ed ha in corso di ultimazione prossima un gruppo di progetti per altri 30 milioni; mentre a disposizione dell’Ispettorato compartimentale di Venezia sono stati messi 100 milioni da ripartirsi fra le 8 provincie della montagna veneta, tridentina e goriziana.

«Si ricorda che la montagna friulana ha subito depredazioni e devastazioni non comparabili a quelle di nessun’altra parte delle Alpi nei due anni della lotta di liberazione; e che dopo il maggio 1945 fu obbligata a fornire in pochi mesi una quantità di legname pari alla normale produzione di un triennio; immiserita e spogliata, vede quindi ridotte di molto, e per un lungo periodo, le sue possibilità di produzione. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Gortani, Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non ritenga giusto ed opportuno emanare anche per l’anno 1948 un provvedimento che ristabilisca il contributo del 35 per cento, da parte dello Stato a favore di quei proprietari che hanno proceduto all’impianto degli olivi, nonostante il perdurare della crisi olivicola. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Gloria».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per conoscere le «particolari condizioni» dell’esattoria di Messina, che lo hanno indotto «in via del tutto eccezionale» a derogare dalle norme vigenti e consentire che la data di cessazione di appalto, per denuncia del contratto fatta dalla Soc. An. Gestioni Esattoriali, sia fissata al 31 febbraio 1948, anziché, come legge, al 31 dicembre 1947; poiché dipendenti dell’esattoria e cittadini ravvisano in tale provvedimento del Ministero un atto di aperto favoritismo, specie dopo che in una riunione presso l’Assessorato alle finanze del Governo regionale, presente l’intendente di finanza di Messina, si dimostrò, con cifre alla mano, che con la gestione del delegato governativo si sarebbe eliminato il deficit annuale che si aggira sui 35 milioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fiore».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non ritenga il caso di proporre un provvedimento col quale si estenda il disposto dell’articolo 345 del testo unico della legge sull’edilizia economica e popolare 28 aprile 1938, n. 1265 (che stabilisce che l’Istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato (I.N.C.I.S.) svolga la sua attività nei Comuni capoluoghi di provincia, salvo casi eccezionali, ivi previsti, ai Comuni più popolosi non capoluoghi di provincia, e particolarmente a quelli per i quali, per gli eventi bellici, maggiormente difettano gli alloggi.

«Alcune di queste città sono di parecchie volte più importanti di alcuni capoluoghi di provincia e trovansi in particolari condizioni di disagio dal punto di vista demografico ed economico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Clerici».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri della difesa e del tesoro, per sapere se non ritengano giusto ed equo, al fine di eliminare immeritate sperequazioni e differenziazioni, estendere il trattamento economico previsto e regolato dalla legge sullo sfollamento del 13 maggio 1947, n. 500, anche a tutti i sottufficiali collocati a riposo nel periodo intercorso tra la pubblicazione della predetta legge (10 giugno 1947) e la data del primo sfollamento (30 novembre 1947). (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Guerrieri Filippo».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno trasmesse ai Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 19.20.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 11 e alle 16:

Seguito della discussione del disegno di legge:

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).