Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI MARTEDÌ 20 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLVI.

SEDUTA POMERIDIANA DI MARTEDÌ 20 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Per la morte del generale Ernesto Coop:

Boldrini

Bencivenga

Chatrian

Rubilli

Persico

Cevolotto

Macrelli

Cianca

Scelba, Ministro dell’interno

Votazione a scrutinio segreto del disegno di legge:

Disposizioni sulla stampa (15).

Presidente

Risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presidente

Disegno di legge (Seguito ella discussione):

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica (61).

Presidente

Rubilli

Stampacchia

Micheli, Presidente della Commissione

Scoccimarro

La Rocca

Dossetti

Scelba, Ministro dell’interno

Gullo Fausto, Relatore per la maggioranza

Mastino Pietro

Cevolotto

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Per la morte del generale Ernesto Coop.

BOLDRINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOLDRINI. Ho chiesto la parola per commemorare il generale Coop, caduto in un incidente che ha sollevato nel Paese costernazione e sdegno.

Credo sia doveroso, da parte dell’Assemblea Costituente, ricordare un cittadino che ha dato la parte migliore di se stesso al proprio Paese, che ha saputo lottare per le proprie idee, non dimentico che in tempi difficili l’idea la si sostiene sacrificando la propria carriera. Il generale Coop, uomo dedito agli studi, portò nel campo dell’aeronautica tutta la sua passione di studioso e di militare, dopo aver superato brillantemente la scuola della marina, dalla quale proveniva. Quando nella aeronautica, nel 1933, come nelle altre forze armate, ma in modo più accentuato e deciso, i fascisti iniziarono la loro politica di corruzione per agganciare le più alte gerarchie militari al carro del fascismo, l’allora colonnello Coop si schierò con il generale De Pinedo contro i carrieristi ed i fascisti, capeggiati da Balbo.

Con tale presa di posizione mise a duro repentaglio tutta la sua carriera militare. La vita del tecnico, dello studioso, dell’appassionato, divenne estremamente difficile: venne allontanato dall’aeronautica e dal 1933 al 1940 conobbe le ristrettezze economiche, il disprezzo di molti colleghi, l’amarezza delle ingiustizie. Nel 1940 fu richiamato in servizio militare, ma mantenne un contegno di decisa opposizione alla guerra fascista. Durante la guerra di liberazione, fu oppositore accanito contro i tedeschi e contro le risorte bande del fascismo.

Nel 1945 gli fu riconosciuto il diritto di ricostruire la carriera militare e perciò venne promosso generale di brigata. In questi giorni è morto per opera di alcuni elementi, che dovrebbero servire lo Stato democratico, e quindi avere per prima cura il rispetto dei diritti del cittadino, così solennemente sanciti dalla Carta costituzionale.

Non può quest’ultima tragedia non sollevare lo sdegno di noi e di tutti.

Gli informatori già al servizio della polizia fascista continuano ad essere gli informatori della polizia dello Stato democratico italiano. Organi della polizia agiscono senza mandato della Magistratura o con un tacito accordo della stessa. Si ignora l’articolo 14 della Costituzione a danno di un alto ufficiale. (Commenti al centro). Ma, allora, cosa sarà dei cittadini comuni? Si adoperano sistemi che ricordano perfino altri tempi, come se la democrazia fosse una vuota parola ed il diritto dei cittadini uno specchietto per gli ingenui.

Signori, ricordiamo il generale Coop. Sia la sua tragica morte un solenne monito per chi ha la responsabilità del dovere; sia fatta luce sulla tragedia che ha colpito un generale dell’Aeronautica italiana. Vada alla famiglia, così duramente colpita, il cordoglio dell’Assemblea Costituente; vada all’Aeronautica italiana il saluto commosso e la solidarietà dei democratici italiani; vada a chi ha la responsabilità, la protesta più vibrata per i mezzi che si adoperano ancora, e per i modi che servono, anziché tutelare il diritto, a sostituire questo con l’arbitrio e con la forza. (Applausi).

BENCIVENGA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENCIVENGA. Mi associo alle parole di compianto per la tragica fine del Generale Coop, che fu un valoroso soldato e che certamente non meritava la tragica fine che ha fatto. Sia di conforto per la famiglia un pensiero, che io credo d’interpretare da parte di tutta l’Assemblea, di compianto e di cordoglio. (Applausi).

CHATRIAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. No ha facoltà.

CHATRIAN. A nome del Gruppo democristiano, astenendomi da ogni spunto politico, formulo l’espressione del vivo rammarico, nonché mio personale, per la perdita di questo soldato valoroso nel suo servizio militare e valoroso nella espressione ferma, sincera e convinta delle sue idee. (Applausi).

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. A nome del Gruppo liberale mi associo alle nobili parole che sono state pronunciate per la improvvisa e tragica morte di questo Generale dell’aeronautica. Abbiamo sentito da ogni parte quale era la sua carriera, quali i suoi sentimenti politici e patriottici, quali le sue grandi benemerenze come cittadino e come militare.

È un fatto inaudito, senza dubbio dolorosissimo, quello che si è verificato ieri nel centro di Roma, in privato e sacro domicilio, senza ragione plausibile audacemente violato nel cuore della notte, quando ogni legittima difesa era assolutamente impossibile. Per infrenabili sentimenti di umanità, senza distinzione di partiti, dobbiamo essere unanimi in un commosso, profondo cordoglio per una nobile vita improvvisamente, tragicamente distrutta.

Noi siamo altresì certi che il Governo farà intero il suo dovere, e specialmente lo faranno i magistrati; senza dubbio se, come pare, delle responsabilità vi sono, saranno accertate e severamente punite. (Applausi).

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Onorevoli colleghi, a nome del Gruppo socialista dei lavoratori italiani, mi associo, con animo profondamente commosso al cordoglio che tutti qui hanno espresso polla tragica dipartita del generale Coop.

Valoroso soldato, cittadino esemplare, patriota indiscutibile, egli aveva dinanzi a sé un fulgido avvenire, e la sventura che lo ha spento è veramente cosa che intrinsecamente rattrista ed atterrisce.

Noi siamo sicuri che il Governo farà le indagini più severe ed accurate per stabilire le eventuali responsabilità, e per punirle, se del caso.

Comunque, non è questa la sede per tali indagini: noi vogliamo ora soltanto esprimere il nostro sentito e sincero compianto. (Applausi).

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Il Gruppo demolaburista si associa al cordoglio dell’Assemblea per la morte del generale Coop che, in un ambiente difficile, come quello dell’aviazione, ha saputo dimostrare che anche fra gli aviatori vi erano dei democratici, degli antifascisti, degli italiani. (Applausi).

MACRELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MACRELLI. Noi ci associamo con cuore commosso alle parole che da ogni parte della Camera sono venute per ricordare la figura eroica del generale Coop.

A queste parole, profonde di commozione, noi vogliamo aggiungere un rilievo che ha un valore squisitamente politico: è doloroso che si sia violata in pieno una disposizione di quella legge costituzionale a cui noi abbiamo dato tutta la nostra fede e tutta la nostra passione. (Approvazioni all’estrema sinistra).

Ci auguriamo che le responsabilità siano chiarite, fissate, ed i colpevoli siano perseguiti dal rigore delle leggi repubblicane.

Ecco perché noi ci associamo alla commemorazione del generale Coop, che ricordiamo per il suo passato, per la sua attività, per il suo eroismo. Alla sua memoria un saluto, alla famiglia l’espressione del nostro cordoglio. (Applausi).

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Ci associamo anche noi alle parole con cui è stata rievocata la memoria di un generale che ha dato prove di coraggio e di dignità anche nel campo civile; ma sentiamo che in questa Assemblea politica l’omaggio reso alla sua memoria non avrebbe senso se non esprimesse anche una ferma protesta contro i metodi della polizia, culminati in un episodio sul quale il Governo dovrà dire una parola all’opinione pubblica, inquieta e indignata (Applausi).

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. A nome del Governo e come Ministro dell’interno, mi associo alle espressioni di cordoglio indirizzate alla memoria del generale Coop. Le circostanze che hanno causato questa tragedia saranno rese note rapidamente al popolo italiano.

L’intervento immediato della Magistratura, sollecitata dagli organi di polizia, è garanzia che sull’episodio la giustizia dirà la sua parola definitiva.

E questa è la garanzia che do all’Assemblea e al popolo italiano. (Applausi).

Votazione a scrutinio segreto del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa. (15).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Votazione a scrutinio segreto del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa (15).

Indico la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano dei voti).

Risultato della votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione:

Presenti                       383

Votanti                        382

Astenuti                         1

Maggioranza                192

Voti favorevoli            226

Voti contrari                156

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Adonnino – Alberganti – Alberti – Aldisio – Allegato – Amadei – Ambrosini – Amendola – Andreotti – Angelucci – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Azzali – Azzi.

Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basso – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Bennani – Bergamini – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertone – Bettiol – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonino – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bovetti – Bozzi – Braschi – Brusasca – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Cairo – Campilli – Camposarcuno – Candela – Canevari – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli –Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chiarini – Chieffi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Colombi Arturo – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsi – Cortese Pasquale – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo.

 

Damiani – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dozza.

Ermini.

Fabriani – Faccio – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Ghislandi – Giacchero – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grieco – Grilli – Gronchi – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Iotti Leonilde.

Jervolino.

Laconi – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Razzati – Leone Francesco – Leone Giovanni – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Carlo – Longhena – Lozza – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Mannironi – Manzini – Marchesi – Marconi – Mariani Enrico – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Mazza – Mazzoni – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Moranino – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Mùrdaca – Murgia – Musolino – Musetto.

Nasi – Nicotra Maria – Nitti – Nobili Tito Oro – Noce Teresa – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pajetta Gian Carlo – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Parri – Pastore Giulio– Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Pellegrini – Perassi – Perlingieri – Persico – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Pratolongo – Pressinotti – Preti – Priolo – Proia – Pucci.

Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Raimondi – Rapelli – Ravagnan – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Ugo – Romita – Rossi Maria Maddalena – Roveda – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo – Rumor – Russo Perez.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Santi – Sapienza – Saragat – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Secchia – Segni – Siles – Silipo – Simonini – Spallicci – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tripepi – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Venditti – Veroni – Viale – Vicentini – Vigna – Vigo – Villabruna – Villani – Vischioni.

Zaccagnini – Zagari – Zanardi – Zerbi – Zotta.

Si è astenuto:

Abozzi.

Sono in congedo:

Colombo Emilio – Costa.

Orlando Vittorio Emanuele.

Valiani.

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica (61).

Stamane avevamo interrotto i nostri lavori in attesa della distribuzione del testo dell’ordine del giorno Targetti, affinché tutti i colleghi lo conoscessero prima di discuterlo, e ciò anche per le obiezioni sollevate dall’onorevole Mortati, secondo le quali ogni decisione in merito all’articolo 7 del disegno di legge avrebbe presupposto l’esame e la decisione in relazione al problema fondamentale che interessa l’Assemblea e cioè il meccanismo dell’applicazione del principio del collegio uninominale.

Ora l’ordine del giorno Targetti è stato distribuito; ma l’onorevole Rubilli ha fatto presente che, secondo il suo avviso, l’ordine del giorno Targetti sarebbe stato più opportunamente discusso dopo risolta la questione di principio accennata poco fa; poiché, come gli onorevoli colleghi ricordano, l’ordine del giorno Targetti mira a stabilire i criteri ai quali deve attenersi la Commissione che l’Assemblea dovrebbe incaricare dell’esame delle tabelle delle circoscrizioni.

A parere dell’onorevole Rubilli questi criteri possono variare secondo la soluzione che si dà alla questione di principio in ordine al collegio uninominale. E pertanto, riconoscendo la validità di queste osservazioni, io ritengo che sia opportuno affrontare senz’altro la discussione di principio, conclusasi la quale, speriamo senza troppo ritardo, potremo esaminare l’ordine del giorno Targetti e incaricare i colleghi che faranno parte della Commissione di arrivare ad una conclusione.

Ora la questione di principio che deve essere risolta, come ho già detto, è quella che si riferisce al meccanismo elettorale.

I colleghi hanno di fronte a sé tre testi, ciascuno dei quali presenta un determinato meccanismo: il testo governativo, quello della maggioranza della Commissione, e poi il complesso degli emendamenti presentati dall’onorevole Mortati.

Fin dall’articolo 7, del quale abbiamo iniziato stamane la discussione, che riguarda gli uffici elettorali circoscrizionali e regionali, si pone un problema che porterà, a seconda della sua soluzione, alla scelta di uno dei tre meccanismi che sono stati presentati.

La Commissione che ha congegnato un meccanismo elettorale diverso da quello del testo governativo, propone infatti di chiamare tali uffici elettorali non circoscrizionali, ma centrali. È per l’appunto nell’adozione di questo aggettivo che viene già data una prima soluzione al problema generale che dobbiamo affrontare.

Se si accetta la formulazione della Commissione, ciò significa che il sistema elettorale resterà – direi – strettamente uninominale, e cioè l’elezione si risolverà nell’ambito esclusivo delle circoscrizioni uninominali, che saranno tali e per il voto che si dà, e per il candidato che viene eletto.

Se, per ipotesi, l’Assemblea, alla fine di questa discussione sull’articolo 7, votasse perché resti la formulazione del testo del Governo, essa accetterebbe il principio che un certo numero di candidati possa non essere eletto nella ristretta cerchia della circoscrizione, ma possa essere eletto in base al trasferimento o unificazione di voti, dati nelle diverse circoscrizioni, nell’interno della stessa Regione.

Giunti a questo punto, si tratterà di stabilire come dovrà essere congegnato il meccanismo idoneo a permettere questo trasferimento dei voti, e quindi la scelta dei candidati da dichiarare eletti.

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Credo opportuno, prima di tutto, dichiarare che io non parlo a nome mio e per mio conto, ma parlo per delega e incarico del Gruppo parlamentare liberale.

Premesso ciò, credo inutile spendere parola per richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla questione di cui ora ci occupiamo, perché essa racchiude il concetto fondamentale della legge per l’elezione al Senato. Anzi, è tutta la legge, poiché, dopo che avremo esaminato e deciso questo punto importantissimo non ci rimarrà che qualche ritocco di frasi o di parole. O ci decidiamo in un senso o in un altro, il resto non darà luogo a perdite di tempo e non creerà alcun fastidio.

Quindi, è ora soltanto che dobbiamo intendere a risolvere la questione proposta e sollevata attraverso i tre progetti che abbiamo dinanzi; perché noi abbiamo non meno di tre progetti: uno del Governo, uno della Commissione di maggioranza e un altro della Commissione di minoranza. Può darsi pure che si moltiplichino ma finora ne conosco tre e di questi parlo.

Dunque, dicevo, accingiamoci a trovare una soluzione. Per quanto riguarda l’elezione del Senato, non ci rimane più gran che da fare, tranne che rimetterci alle decisioni di già prese dall’Assemblea, e concretare le norme che debbano metterle in attuazione.

Io ho sentito quello che si è vociferato nei giorni scorsi a proposito di questi argomenti, qui nei corridoi, ed anche fuori per la strada. Ho letto altresì con deferente attenzione articoli pubblicati da uomini illustri e senza dubbio autorevoli. Cito per esempio, l’articolo del professore Sturzo apparso in grande evidenza qualche giorno fa sul giornale Il Popolo – il quale certo non è piccola parte della grande massa democristiana. Ora, dai commenti, dalle voci, da quello che si dice, io raccolgo che qui non si agita che un solo pensiero, un solo concetto, una sola preoccupazione: che sarà, che diverrà nei suoi più o meno prevedibili risultati la cabala elettorale con un progetto o con un altro progetto? Non ho sentito altro che questo.

Di ciò io non mi preoccupo. Non è veramente che non me ne preoccupi, ma me ne preoccupo molto relativamente per due ragioni: anzitutto perché la mia lunga esperienza in questa materia mi ha fatto comprendere che per i casi dubbi in materia elettorale si verifica proprio completamente il contrario di quello che si prevede; le statistiche si fanno dopo le elezioni e non prima; ora si fanno solo dei calcoli di probabilità che sono più o meno insignificanti, perché poggiati sugli interessi e sulle passioni dei partiti.

In secondo luogo io credo che il nostro dovere non sia quello di avere preoccupazioni di parte, preoccupazioni elettorali; il nostro dovere è uno solo: quello di dare al popolo delle savie leggi. Quando abbiamo compiuto questo dovere, noi usciamo da ogni responsabilità, le responsabilità ulteriori spettano al popolo, e se il popolo non vuole comprendere, non vuole sentire la nostra parola che bene lo indirizza, e preferisce invece, come purtroppo talora avviene, la sua rovina, non sappiamo che fare; la responsabilità è sua e non nostra. Ma per ora, è nostro dovere di dare al popolo i mezzi per salvarsi; e questi mezzi non possono essere rappresentati che dalle savie e buone leggi.

Tale è il pensiero che mi guida nel convincimento che avrò l’onore di esporre davanti all’Assemblea. Ed allora rimane ancora da risolvere, che specie di metodo elettorale noi vorremmo per l’elezione al Senato, perché al riguardo è sorta imprevedutamente una grande incertezza attraverso le varie relazioni che ci sono state presentate. Sebbene l’Assemblea abbia detto al riguardo la sua parola decisiva non una ma parecchie volte.

Io credo che dobbiamo tener presenti in special modo tre sedute dell’Assemblea: la seduta del 7 ottobre, la seduta dell’8 ottobre, la seduta del 16 dicembre.

Il 7 ottobre venne votato un ordine del giorno, l’ordine del giorno Nitti, ed io avevo avuto prima l’onore di presentare un ordine del giorno completamente identico, ben lieto di trovarmi senza saperlo in pieno accordo con un uomo politico tanto autorevole.

Ora, si votò quell’ordine del giorno che suonava così: che l’elezione al Senato sarebbe stata fatta a suffragio universale e diretto col collegio uninominale. Non vi poteva essere una espressione più chiara, più precisa, più indiscutibile, più inequivocabile di questa accolta e deliberata dall’Assemblea.

Ma non passarono che 24 ore di tregua, perché dopo 24 ore (tutti quanti sapevamo di già che c’era il collegio uninominale, deliberato, pubblicato nel resoconto sommario proclamato a parole e per iscritto) cominciò il primo assalto al collegio uninominale ed il primo assalto si ebbe proprio nella seduta seguente a quella in cui l’Assemblea si era pronunziata. Mi pare che a torto questo episodio sia stato dimenticato persino nella relazione di maggioranza della Commissione. (Interruzione a sinistra). Dunque 7 ottobre, votazione sull’ordine del giorno relativo al collegio uninominale: 8 ottobre, la seduta del primo assalto al collegio uninominale dopo che era stato regolarmente deliberato.

Ora, sebbene non vi sia stata alcuna votazione in quel giorno, 8 ottobre, da parte dell’Assemblea, pure, sulla questione di cui ci occupiamo si può dire che trattasi di una seduta più importante, assai importante, perché l’onorevole Moro presentò un ordine del giorno col quale voleva che si ritornasse sull’argomento e sulle deliberazioni prese, ritenendo che l’ordine del giorno, in fondo, non era legge, poteva cioè rappresentare una semplice raccomandazione, una indicazione che poi sarebbe stata tenuta presente dalla Commissione elettorale.

Chiesta ed ottenuta la parola dal Presidente, io feci rilevare che noi non eravamo nella Consulta ma eravamo nell’Assemblea Costituente. Nella Consulta abbiamo dato per mesi e mesi il nostro parere, abbiamo fatto delle raccomandazioni al Governo, ma qui in Assemblea Costituente noi prendiamo delle deliberazioni, ed i mezzi con cui si esprimono le nostre deliberazioni, che poi hanno valore di legge, sono appunto gli ordini del giorno. Con un ordine del giorno venne deliberata la proporzionale per l’elezione alla Camera dei deputati, con un ordine del giorno si stabilì il Collegio uninominale per l’elezione dei senatori. Feci questa osservazione, ed allora intervenne nel dibattito anche il nostro Presidente il quale come si rileva dai resoconti stenografici, ci spiegò la natura degli ordini del giorno.

Una voce. Non ci persuase!

RUBILLI. Ma il fatto è che voi non vi persuadete mai! (Applausi a sinistra). Ed invece tante volte bisogna pur persuadersi per forza. Se io, come avvocato, perdo una causa, non mi persuado, però la causa rimane quella che è, ed io l’ho perduta! (Si ride). Dunque, dicevo, il Presidente spiegò che l’ordine del giorno non è legge per i cittadini e non vincola i privati, però è legge per l’Assemblea e per il Governo.

Dopo questa dichiarazione precisa, autorevole del nostro Presidente, intervenne opportunamente ed autorevolmente anche l’onorevole Gronchi, ed allora per le parole del Presidente e per quelle di Gronchi, l’onorevole Moro ritirò l’ordine del giorno, che non venne posto in votazione. Non bisogna quindi dimenticare questa seduta in cui venne stabilito il valore dell’ordine del giorno, in cui venne riconosciuta la deliberazione presa il giorno precedente, che stabiliva il collegio uninominale per l’elezione al Senato.

MORO. Ma quale ordine del giorno Moro!…

RUBILLI. Prendete i resoconti. Io non li ho portati perché credevo che voi li ricordaste, o, per lo meno, che bastasse che li ricordassi io. Sono nell’archivio.

Dopo Moro venne Perassi e dopo Perassi ora Mortati. Certo è che in quel giorno si tentò, con una qualsiasi forma regolamentare, di inficiare il valore dell’ordine del giorno e delle deliberazioni già prese, ma, ad ogni modo, chi fece questo inutile tentativo, prudentemente capì che non era il caso di insistervi.

MORO. Ma non è vero!

RUBILLI. Se non è vero, correggerete dopo prendendo la parola.

Ma vi sono i verbali, c’è il resoconto stenografico che documenta l’esattezza di ciò che ho affermato.

Ad ogni modo non è questa una questione che debba farci perdere troppo tempo, perché nessuno può mettere in dubbio i verbali delle nostre discussioni.

Si arrivò alla seduta del 16 dicembre, ed avemmo il secondo assalto al collegio uninominale. Ordine del giorno Perassi: su questo ordine del giorno si propose la pregiudiziale, e si chiese che di fronte ad una questione già risolta dall’Assemblea non si potesse ritornare sull’argomento. L’Assemblea accolse la pregiudiziale, di modo che ammise ed approvò questo concetto: che la deliberazione rimaneva ferma, e non era il caso di ritornarci sopra, dato il valore dell’ordine del giorno, secondo l’interpretazione fattane dal Presidente ed accettata dall’Assemblea. Dopo di questo, possiamo dire che l’Assemblea non si è pronunciata in modo chiaro e preciso?

DOSSETTI. Su che cosa?

RUBILLI. Sul collegio uninominale. (Commenti).

DOSSETTI. Macché!

RUBILLI. Voi interrompete a caso, e fate perdere tempo a voi ed a noi. Sentite prima il ragionamento. La discussione non termina con le mie parole; vi sarete anche voi: abbiate pazienza. Sentiamo da tutte le parti quello che si pensa, e così ognuno avrà il modo di confutare le diverse ed opposte opinioni.

Secondo il mio avviso e quello dei miei colleghi liberali, riteniamo che la deliberazione sia già evidente e definitiva. E voglio anche aggiungere che oggi la questione si presenta in modo diverso dall’aspetto che poteva avere sino al 16 dicembre, anzi fino al 22 dicembre, giorno in cui si concluse definitivamente la legge costituzionale.

Prima, bene o male, si poteva ancora cavillare, perché era sempre in corso la discussione di detta legge, e con audacia si poteva pure sostenere che l’ordine del giorno è uno scherzo qualsiasi e che ci si può ritornar sopra, salvo a vedere se l’Assemblea accolga una nuova proposta.

Ma adesso la discussione è chiusa. La legge costituzionale è fatta, decisa, promulgata. Che cosa volete fare di più? Di fronte ad una legge che non è più in discussione la questione si presenta in modo diverso. Bisogna rispettare una legge discussa, ed approvata, e mi pare chiaro che non sia possibile, per nessun verso, mutare quelle deliberazioni che precedentemente sono state prese e ripetutamente confermate.

Ed allora si tratta di vedere soltanto che cosa veramente sia stato deliberato. Da una parte si stabilì che rimanesse fermo il concetto del collegio uninominale e dall’altra si aggiunse che l’elezione sarebbe stata fatta nell’ambito della Regione. Perché su questa aggiunta i sostenitori di una tesi opposta si fondano specialmente per inficiare il valore indiscutibile della deliberazione presa per il collegio uninominale. Senza dubbio come debbo riconoscere che si è deliberato il collegio uninominale, devo riconoscere altresì che si è affermata la base regionale.

Ma in che senso deve ciò intendersi? Nel senso che rimanga distrutta la deliberazione del collegio uninominale? Non mi parrebbe: non può intendersi in questo senso.

La Regione entrerà in tutte le disposizioni di legge, che dovremo tener presenti, fin dove il concetto di Regione è compatibile col concetto del collegio uninominale. Ma si capisce benissimo che l’aver deliberato prima che l’elezione deve essere a collegio uninominale e l’aver detto poi che deve essere a base regionale non significa che questa seconda affermazione debba eliminare la prima. Questo mi pare chiaro. E la relazione di maggioranza ha appunto spiegato bene questo concetto ed ha indicato non uno, ma parecchi casi, in cui ricorre e trova applicazione il concetto della elezione a base regionale.

Non si tratta solamente di stabilire se un comune nelle tabelle possa uscire o meno dalla propria regione, come dice la relazione di minoranza, che vedrebbe così ridotto il concetto della base regionale, in concorso col collegio uninominale, in troppo angusti limiti.

Invece, nella relazione di maggioranza sono elencati tutti i casi, e non sono pochi, in cui il concetto della base regionale, anche di fronte al collegio uninominale, deve essere tenuto presente e considerato in non poche norme legislative.

Punto essenziale della discussione adunque, è che il collegio uninominale è stato per tre volte deliberato ed affermato. In secondo luogo, deve rimanere anche fermo il concetto che la base regionale, su cui deve svolgersi l’elezione per il Senato, non può distruggere la deliberazione precedente, in ordine all’istituzione del collegio uninominale. Affermati questi due concetti, bisogna tenere presenti le ragioni per cui abbiamo creduto di fare ricorso al collegio uninominale per le elezioni del Senato, perché anche questo a me sembra importantissimo.

Noi non abbiamo deliberato il collegio uninominale in odio alla proporzionale. Se la deliberazione la avessi presa io, sarebbe stato legittimo il sospetto che l’avessi presa in odio al metodo della proporzionale. Questo metodo è passato per la elezione della Camera dei deputati completamente inosservato. Nessuno se ne accorse.

COSTANTINI. C’era un ordine del giorno Giolitti.

RUBILLI. Non sapevo nemmeno che era stato votato; nessuno lo sapeva. Vi ricordo come venne votata la proposta Giolitti. Questi nel pomeriggio aveva presentato un emendamento; gli si fece rilevare che non si trattava di materia di emendamento e che invece bisognava formulare un ordine del giorno. L’onorevole Giolitti prese del tempo per formulare l’ordine del giorno. La seduta stava per chiudersi alle 20 e un quarto dopo una votazione a scrutinio segreto; e quando avviene la votazione a scrutinio segreto, a tarda ora, ognuno prende il cappello e se ne va a cena dopo aver votato, mai prevedendo che dopo la votazione la seduta continui.

CINGOLANI. Peggio per lui!

RUBILLI. Lo so. Nell’Aula, dunque, erano rimasti pochi deputati che soltanto seppero di un ordine del giorno tanto importante approvato in un attimo, di sorpresa e senza discussione; gli altri lo ignoravano e lo ignorai anche io, che pure tenevo pronto un terzo discorso contro la proporzionale.

Comunque, sappiamo bene che non per ostilità alla proporzionale si votò il collegio uninominale per le elezioni al Senato. L’Assemblea, nella sua grande maggioranza purtroppo, si mantiene fedele alla prediletta proporzionale, e, se non fosse stata approvata, sarebbe sempre pronta ad accoglierla. Non varrebbe quindi la pena di inficiare l’ordine del giorno Giolitti; sarebbe completamente inutile. Potrei fare un altro discorso, ma pure egualmente inutile: l’Assemblea si terrebbe ferma nella sua fede alla proporzionale, ad onta dei gravissimi inconvenienti cui ha dato e dà luogo. Quindi se si passò per il Senato al collegio uninominale, ciò si fece unicamente perché non si poteva creare una seconda Camera come ripetizione, doppione e copia della Camera dei deputati. E si pensò – su questo siamo stati concordi – che non c’era altro mezzo, che modificare e cambiare il metodo elettorale. Si era pensato, in un primo momento, di dare al Senato poteri diversi da quelli conferiti alla Camera dei deputati; ma poi si capì che, trattandosi di due Camere legislative, esse non potevano avere che gli stessi poteri. Allora si disse che l’unico mezzo per cui si potesse differenziare il Senato dalla Camera dei deputati era costituito dal metodo elettorale. Per questa ragione soltanto, non perché fu respinto il concetto della proporzionale, che è sempre amato e desiderato dalla quasi totalità dell’Assemblea, tranne qualche rarissima e modestissima eccezione, si accolse il collegio uninominale: si volle evitare che il Senato riproducesse la stessa figura, la stessa conformazione della Camera dei deputati, per cui ogni partito si sarebbe rimesso a quello che il proprio partito aveva fatto nella Camera precedente e non si sarebbe avuta nessuna seria revisione, nessun serio riesame delle leggi, ed una seconda Camera si sarebbe ridotta ad un’inutile superfetazione; questa la ragione a cui si è informata la triplice deliberazione dell’Assemblea nello stabilire il collegio uninominale. Se dunque non vi è dubbio che deve trattarsi di collegio uninominale, la discussione ora diventa diversa. Che cosa ha inteso l’Assemblea? Ecco il quesito. Ha inteso collegio uninominale sul serio, oppure collegio uninominale per burla? Domanda semplicissima, quasi ingenua, e che pure tanto si discute. Siamo dei deputati, ma talora parrebbe che fossimo, quasi quasi, in una scuola elementare, tanto il dominio delle passioni di parte. (Si ride). Attraverso una serie di elucubrazioni e di relazioni ci dibattiamo per vedere se le nostre consapevoli deliberazioni abbiano o meno quell’autorità e quel valore che meritano. Questa è la grande questione che richiama l’attenzione dell’Assemblea. Ed allora, colleghi, parliamoci chiaro. È questione di sincerità e di lealtà (Approvazioni e commenti). A me così sembra; posso anche sbagliarmi, non lo metto in dubbio, ma non credo che da nessuna parte si possa sostenere che l’Assemblea, pure avendo seriamente deliberato il collegio uninominale, non l’abbia voluto nella sua vera portata. Ed allora, qual è, dei tre progetti – ecco la conseguenza offerta dalle premesse – quello che risponde davvero alle deliberazioni della Assemblea? Qual è quello che prende sul serio il collegio uninominale e non si balocca intorno ad esso? Ecco come si viene alla soluzione in modo semplice, facilissimo. Perciò, prima di ogni altra cosa, bisogna metter da parte completamente la relazione ed i concetti della minoranza della Commissione. Molti avevano avuto l’idea di sollevare stamattina ancora una pregiudiziale, perché fosse eliminato dalla discussione il progetto della minoranza della Commissione. In verità qualche proposta fu fatta anche a me in questo senso, ed io ho detto che non mi pareva opportuno. Qui si trattava di affrontare il dibattito, di discutere, esaminare nel merito: non era il caso di ricorrere ad una formalità puramente regolamentare e risolvere il quesito con una pregiudiziale, pur riconoscendone però il fondamento, se si considera che l’onorevole Mortati, relatore della minoranza, si svela così apertamente, da dedicare più di tre colonne di stampa a combattere il collegio uninominale, enumerando e creando difetti inesistenti o di poco conto, e cioè proprio quello che è stato voluto ed affermato dall’Assemblea.

D’altronde, in una questione così importante, che deve decidere delle sorti della legge, era inopportuno affidarne il compito solo ad un deputato che parlava in favore e a due che parlavano contro la pregiudiziale. È tutta l’Assemblea che ha il diritto ed il dovere di intervenire, con la parola, con gli argomenti, con dichiarazioni di voto o poi col voto, in un punto fondamentale della legge per l’elezione al Senato della Repubblica.

Ma, ad ogni modo, balenava l’idea perfino di una pregiudiziale, si voleva mettere da parte il progetto della minoranza anche senza una qualsiasi discussione. Non è sembrato opportuno, ed è meglio che sia stato così; ma, innegabilmente, il progetto della minoranza è un progetto di legge proporzionale. L’onorevole Dossetti, quando io dicevo che bisognava mantenere il collegio uninominale, approvava ed era d’accordo (ha un’immensa abilità ed un immenso valore), ma cercava di affermare che, niente di meno, il progetto della minoranza mantiene il concetto del collegio uninominale. Ed avete capito mai un collegio uninominale con la distribuzione dei quozienti? Ditemi voi se è possibile questo! Distribuzione e assegnazione dei seggi? Seggi assegnati con ripartizione di voti ai vari candidati eletti? È collegio uninominale questo?

Sono stranissimi ed anche poco abili i dubbi che si vogliono sollevare su ciò che volle l’Assemblea. Quando l’Assemblea parlò di collegio uninominale, in fondo che cosa intese? L’ordine del giorno Nitti è troppo laconico; si dice collegio uninominale, ma non si dice altro. Non c’era bisogno di dire altro in un’Assemblea Costituente, perché ognuno sa che cosa è il collegio uninominale. Quello di prima, sino al 1913, era collegio uninominale e al di fuori di quello non vi sono altri collegi uninominali (Commenti).

Volete dire che il collegio uninominale può essere anche plurinominale? Signori miei, c’è una contradizione persino nelle parole! (Commenti) Se l’Assemblea parlò di collegio uninominale, come pretendete trasformarlo proprio nell’opposto, cioè in collegio plurinominale? Se fate l’assegnazione dei seggi per mezzo dei quozienti, come per la Camera dei deputati, e fate la divisione dei voti validi pel numero dei posti più uno e poi per questo numero più due ecc., come vi viene in mente di dire che sia collegio uninominale questo? È collegio uninominale, direbbe l’onorevole Dossetti, perché si può presentare anche un solo candidato e non si presenta una lista. Basta questo, secondo lui, perché il collegio sia uninominale. Ma, se si presenta, di forma soltanto, un candidato, nella sostanza si forma una lista attraverso i collegamenti, per cui si ha la lista dei collegati. Non manca niente adunque, lista, quoziente, suddivisione di voti, distribuzione di seggi, persino assegnazione dei resti; in tutto e per tutto coi criteri della proporzionale, come per i deputati.

Io ho un’esperienza che mi viene dall’età – a voi viene dalla dottrina, dalla cultura e da tanti studi che fate e che avete il tempo di fare – ma pure basta soltanto un’esperienza elementare e rudimentale, per dire che nessuno ha mai sentito parlare d’un collegio uninominale di tal genere.

Il popolo dirà: ma, che specie di guazzabuglio è questo, che vogliono chiamare collegio uninominale? (Commenti).

La verità è che la Commissione, che doveva soltanto mettere in atto i deliberati dell’Assemblea, con metodi e criteri rivoluzionari si è posta al disopra dell’Assemblea medesima ed ha fatto a modo suo.

Dal progetto della Commissione di minoranza passiamo al progetto governativo, pel quale bisogna riconoscere che, con una certa e quasi maggiore sincerità e lealtà il Ministro dell’interno nella sua relazione, semplice e chiara, senza tralasciare nulla, e notando anche gl’inconvenienti del suo sistema, afferma esplicitamente che egli non presenta un progetto di collegio nominale, ma vuole offrire soltanto un sistema misto.

Ora, si tratta di vedere se l’Assemblea ha inteso di domandare una elezione a collegio uninominale oppure a sistema misto ed ibrido come quello che vien proposto.

Quindi il progetto governativo potrebbe essere posto anche esso da parte solo alla stregua di questa considerazione: che l’Assemblea ha inteso di preferire e di deliberare una elezione a collegio uninominale. Nient’altro. Niente sistemi misti o peregrini, tratti chi sa da quali archivi o da quali legislazioni.

Se avesse voluto ricorrere, o a liste proporzionali, o anche a sistemi misti, l’avrebbe detto; invece ha detto diversamente e ripeto, in forma tassativa, inequivocabile.

Dunque, se davvero l’ordine del giorno vincola, come disse il Presidente, Assemblea e Governo, non occorre altro per concludere che con o senza pregiudiziali nella forma, in sostanza debba respingersi anche il progetto presentato dal Governo. Non so poi quali rapporti siano interceduti ed intercorsi tra il Ministro dell’interno e la Commissione nominata dal Presidente per l’esame di questi disegni di legge. Io non lo so, non posso fare indagini al riguardo.

Da una parte io non metto in dubbio le parole e la sincerità dell’onorevole Ministro dell’interno, quando questa mane ha dichiarato che egli, previa relativa richiesta, ha dato soltanto elementi tecnici alla Commissione. La Commissione ha sentito il bisogno di avere chiarimenti, con elementi tecnici, ed egli, ossequiente alla richiesta della Commissione, avrebbe dato questi elementi.

Ora, io non metto in dubbio la sincerità di quanto ha affermato il Ministro; ma d’altra parte io ho sentito anche i componenti della Commissione, ho raccolto la loro opinione, per cui credo che ci debba essere un equivoco reciproco tra il Ministro ed i componenti della Commissione.

Questi, forse anche un poco indignati, mi hanno detto: ma insomma, siamo deputati, componenti di una Commissione parlamentare oppure siamo degli scolaretti? Avevamo proprio bisogno di essere guidati ed eruditi dai funzionari del Ministero dell’interno dipendenti dall’onorevole Ministro? Noi credevamo di essere deputati, e quindi abbiamo fatto appello al Ministro per dirgli che questo progetto non ci persuadeva e non rispondeva ai nostri sentimenti, per cui ritenevamo che dovesse essere mutato, anche perché meglio rispondesse alle deliberazioni adottate dall’Assemblea al riguardo.

Il Ministro ci ha mandato altri articoli in sostituzione di quelli che non potevamo accogliere, articoli che rappresentavano modificazioni al progetto. Non volendo dubitare delle affermazioni che vengono dall’una e dall’altra parte, è evidente che Ministro e componenti della Commissione o non si son compresi o non si son voluti comprendere, senza escludere però, che, come avviene spesso in politica, dopo una prima spontanea adesione del Ministro, possono essere intervenute nuove vicende che abbiano fatto sostituire all’adesione un diniego.

MICHELI, Presidente della Commissione. Vuol dire che mi sarò spiegato male io.

RUBILLI. Voi volete che io sappia troppe cose: io so quello che scrivete e quello che si dice dall’una e dall’altra parte, quello che leggo e quello che ascolto; voglio astenermi da indagini ed apprezzamenti personali; giudico i fatti, per se stessi eloquentissimi.

Ad ogni modo, prescindendo da ciò, fermiamoci al progetto.

Ora, se il progetto di minoranza distrugge e sopprime brutalmente nella sostanza e nella forma il collegio uninominale, il Ministro pure lo distrugge e lo sopprime, ma con maggior garbo, come si conviene ad un Ministro, ad un rappresentante del Governo, in una forma un poco diversa, pur di giungere almeno con una certa abilità alle stesse conseguenze, perché anche il progetto dell’onorevole Ministro dell’interno si riduce, in fondo, ad una applicazione del sistema proporzionale. Quando avete stabilito il quorum del 50 per cento o anche del 40 per cento, secondo la proposta della Commissione di maggioranza, chi mai potrà raggiungerlo, per essere eletto a primo scrutinio? (Commenti – Interruzioni al centro). Ed allora si passa immediatamente alla proporzionale, che rappresenta l’unico metodo per cui si può giungere ad essere eletti.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. La verità è che la Commissione trovò che il progetto dell’onorevole Scelba non rispondesse al principio del collegio uninominale. Una volta che si è sollevata la questione, è bene che si metta nei suoi veri termini.

Subito, al primo esame, vedemmo che il progetto non rispondeva al principio del collegio uninominale e chiedemmo al Ministro che inviasse varianti tali per cui il progetto si intonasse al predetto principio.

Ora, il Ministro avrà potuto interpretare quella richiesta nel senso che riguardasse anche aspetti tecnici, ma questo non era lo spirito della Commissione. (Commenti).

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare, perché io sono il Presidente della Commissione ed ho la responsabilità tecnica della cosa.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ascoltino l’oratore senza interrompere, ed eventualmente chiedano la parola alla fine.

Onorevole Rubilli, prosegua, la prego.

RUBILLI. Onorevoli colleghi, al di sopra del pensiero sinceramente espresso dal Ministro e dai componenti della Commissione, credo che, se anche tale questione possa avere una certa importanza (perché se effettivamente il Ministro avesse compreso che la Commissione voleva la modificazione del progetto ed avesse mandato i nuovi articoli, avrebbe quasi aderito alla richiesta della Commissione) tuttavia ci si può intrattenere ben poco con polemiche inutili, tanto più che non ne conosciamo abbastanza i particolari ed i dettagli. Del resto al disopra delle opinioni individuali ci devono essere i verbali: io non li ho visti fino a questo momento, ma se qualcuno ha la vaghezza di approfondire le divergenze, potrà prendere i verbali e vedere come siano andate le cose.

Ad ogni modo, comunque sia, stamattina il Ministro ha dichiarato che mantiene il progetto: basta questo perché noi dobbiamo esaminarlo e deliberare.

Ora, dicevo che il progetto non è che un altro mezzo, un altro elemento, con il quale si cerca, sia pure con diversa forma, di distruggere la precedente deliberazione dell’Assemblea, di abbandonare il sistema del collegio uninominale. Se s’impone un quorum del 40 o del 50 per cento, nessuno avrà la possibilità di essere eletto a primo scrutinio.

Una volta, in tempi ben diversi, nell’ambito d’un ristretto collegio uninominale vi erano degli uomini che raccoglievano consenso quasi unanime; quando si presentavano alle elezioni nessuno sapeva votare contro di loro. Ma adesso uomini elevati non contano niente, anche se ce ne sono. Non contano niente, perché contano i partiti, le masse e non gl’individui; perciò si vota assai facilmente anche contro persone che per i loro meriti e le loro qualità raccolgono unanime stima e simpatia.

Io ho visto persone a me devote, a me vincolate dalla maggiore amicizia, dal più grande affetto, che mi hanno votato contro, hanno votato per altri, sol perché erano legate al loro partito, perché erano vincolate ai rigori di una disciplina.

Ora, noi ben sappiamo quale sia la moltiplicazione dei partiti in Italia; noi ben sappiamo come ogni partito presenti la sua lista o il suo candidato; non ci è dunque difficile prevedere che avremo tanti candidati al Senato per quante sono le liste che si presentano per le elezioni alla Camera dei deputati. Chi dunque può conseguire, con tanta dispersione di voti, il 40 per cento? Anche nelle precedenti elezioni, non c’è stato alcun partito, che io sappia, il quale abbia raggiunto una simile percentuale.

Voci. Gli accordi.

RUBILLI. Eh, gli accordi, gli accordi! Ma quando c’è il collegio uninominale, quando c’è il vero collegio uninominale, come e con chi volete voi prendere accordi? Ognuno presenterà il suo candidato. Ora dunque, senza la elezione a primo scrutinio, il che sarà inevitabile, perché nessuno potrà raggiungere il 40 per cento, si passerà fatalmente alla proporzionale e quella che funzionerà sul serio ed in concreto sarà la proporzionale.

Ora, io vi dico la verità: per quanta ripugnanza io nutra, ed abbia sempre nutrito per la proporzionale – ripugnanza che mi deriva da quello che io ho visto, da quanto ho io stesso constatato per la fisonomia che assunse la Camera dei deputati dal 1919 in poi – se l’Assemblea dovesse riconoscere la possibilità di mutare le deliberazioni prese, direi: prendiamoci la proporzionale e non pensiamoci più: sapremo almeno ad onta degli inconvenienti che ne derivano, di che si tratta, ed eviteremo di lanciarci a metodi ignoti, più confusi e senza dubbio peggiori.

E che cosa volete far voi con questi collegamenti! Sarà facile ai grandi partiti dare ordini e stabilire accordi di reciproca utilità, piazzare e collegare bene i proprii aderenti, imporre a ciascuno la via da seguire, e distribuire le parti per la Camera e pel Senato. Ed allora facciamo le elezioni per due o tre partiti ed il resto rimane fuori. Le elezioni per voi soltanto, e l’Italia non conta più niente.

Ora dunque, mentre la proporzionale non dà l’ostracismo ai piccoli partiti, ed è forse questo l’unico suo vantaggio, voi mi venite a togliere anche quel poco che vi è di bene. E volete che i piccoli partiti vengano ad essere assorbiti ed annullati? Andate a trovare uno che si colleghi con me, quando si è in dubbio se in due o anche in tre piccole forze su grandi circoscrizioni si possa riuscire ad avere un posto. Come mai si può collegare? (Ilarità). Voi discorrete bene, perché siete dei ricchi in fatto di voti, voi non pensate alle condizioni dei poveri, che pure hanno innegabili e non trascurabili diritti.

Se dunque si dovessero mutare le cose in questa maniera, secondo il progetto governativo, arriverei anche io ad accettare piuttosto la proporzionale. Ma andiamo! Che cos’è mai questo intruglio che si vuol fare, misto di proporzionale e di collegamenti?

Una voce. La maschera e il volto.

RUBILLI. E dove mai siete andato a pescarlo, donde l’avete tratto questo nuovo inconcepibile sistema, che del resto non è stato accolto con favore da nessuna parte. Non vedete? In una Commissione pure composta di tanti membri il progetto governativo non è piaciuto a nessuno; è stato respinto dalla maggioranza e dalla minoranza, come si vede dalle rispettive relazioni. Dobbiamo fare leggi sane e semplici che non impongano lotte incresciose e sleali, oppure accordi poco encomiabili e poco dignitosi; non può essere in alcun modo accettato un sistema di facili insidie o di prepotenza e monopolio di partiti, anche per un provvido risanamento della vita politica ed elettorale. (Commenti al centro). Scegliamo almeno la linea diritta, contro la quale non si può dire niente.

PICCIONI. C’è il collegamento anche con il collegio uninominale.

RUBILLI. No, se c’è il collegio uninominale, non c’è più collegamento, Sono termini inconciliabili cotesti. (Commenti al centro). Voi l’avete letto nei libri, il collegio uninominale, o ne avrete sentito parlare, ma non sempre si digerisce bene quello che si legge. Quando c’era il collegio uninominale in atto o voi non eravate ancora nati o stavate alle scuole liceali appena: ed ecco perché non sapete orientarvi bene su quello che è il concetto vero e proprio del collegio uninominale.

Col collegio uninominale non ci sono collegamenti; non c’è che la presentazione sincera del candidato agli elettori. E se gli elettori sapranno scegliere fra i vari candidati speriamo di poter fare finalmente un Senato di nomi, di persone, non già di numeri e di simboli. (Commenti al centro). Avremo così sempre un Senato migliore per le qualità personali, individuali dei singoli componenti.

CAPPA. Ma allora non c’erano trenta milioni di elettori.

RUBILLI. Ma il collegio è appena di 200 mila elettori. Lei mi vuole sbalordire con i milioni, ma qui si tratta di 200 mila soltanto!

Insomma il Collegio uninominale è quello in cui uno è il candidato, distinto ed a sé per ogni partito, ed uno sarà eletto. Quindi in queste condizioni, come dobbiamo a priori respingere, perché esclusivamente proporzionale, il progetto della minoranza della Commissione, dobbiamo – sempre secondo l’avviso mio e dei miei colleghi liberali – egualmente respingere il progetto di legge governativo, perché è in sostanza una proporzionale peggiorata e solo appena larvata, nel modo e nella forma, ma nemmeno troppo, perché è troppo chiaro che si tratta di proporzionale. E allora non rimarrà che accettare, con lievi modificazioni il progetto della maggioranza della Commissione. A tempo debito vedremo, se, come speriamo, rimane fermo il collegio uninominale, quali siano le modificazioni da apportare, ed esamineremo poi altre due questioni, che non è il caso di discutere in questo momento; meglio attendere le prossime decisioni, perché, in verità, dall’Assemblea io non so mai che cosa può uscire. E come non posso fare calcoli di probabilità più o meno precisi in materia elettorale, tanto meno saprei farli per le conclusioni e le deliberazioni in genere dell’Assemblea.

Ma se l’Assemblea manterrà ferme le deliberazioni adottate e rimarrà ancora una volta riconosciuto il collegio uninominale, allora vi saranno principalmente altre due questioni che ci dovremo proporre a tempo opportuno, quella del quorum e quella della seconda votazione. Per quanto riguarda la seconda votazione, voglio appena accennarlo sin da ora, per me non vi può essere altra soluzione che quella del ballottaggio; tutte le altre sono assolutamente peggiori. Ma di questo si parlerà al momento opportuno. Per ora dobbiamo occuparci dell’unica questione che stiamo discutendo e che è stata proposta dal Presidente: vedere, cioè, se debba rimanere fermo, non solo nel nome, ma anche nel concetto, nella esplicazione, nella sostanza, insomma nel fatto e nella realtà, il collegio uninominale deliberato dall’Assemblea. Io, onorevoli colleghi, come vedete, ho parlato da un punto di vista puramente obiettivo, senza preoccupazioni di conseguenze e di calcoli elettorali.

Credo di avere esposto le questioni con quella chiarezza e quella precisione che alle mie forze potevano essere consentite: voi poi delibererete come meglio vi sembrerà secondo la vostra coscienza.

Per conto mio non credo di dover aggiungere altro.

Se ho accettato l’incarico di parlare a nome del Gruppo parlamentare a cui ho l’onore di appartenere, voi potete ben comprendere e credere alla mia sincerità: io non ho parlato né per interessi di persona né per interessi di partito. Io mi sono informato ad un’idea soltanto, che rappresenta per me in questo momento l’unica e grande preoccupazione. Io ho sempre dinanzi il ricordo del 1922, e so per esperienza, che la decadenza ed il discredito del Parlamento sono la principale causa della rovina della democrazia.

Ora considerate: il 7 ottobre si deliberò il collegio uninominale, il giorno 7 sera, il giorno 8 mattina uscirono per l’Italia tutti i giornali con titoli in grande evidenza, per estensione sull’intera prima pagina, con lettere cubitali su tutte le colonne: l’elezione del Senato sarà fatta col collegio uninominale. Il popolo l’ha letto, l’ha saputo, lo sa: il popolo sa ancora che sono sorti dubbi, ma che le deliberazioni precedenti sono state confermate, e crede sempre alla vigilia delle elezioni nel collegio uninominale. Quindi io mi preoccupo della figura che facciamo noi, della figura che fa l’Assemblea, se si distrugge quello che legalmente, definitivamente si è deliberato e poi confermato.

Abbiamo votato una legge costituzionale con uno studio ed un lavoro di un anno e mezzo, e sin dal primo momento di applicazione sorgono dubbi sui poteri del Capo dello Stato; e si polemizza, si discute da comitati di sapienti e dalla stampa per sapere quali poteri veramente al Capo dello Stato noi abbiamo concessi, e se gli abbiamo consentito un qualsiasi intervento nella facoltà legislativa o l’abbiamo posto completamente da parte.

Ora esce un’altra deliberazione: il collegio uninominale è stato uno scherzo! Ah no! Io non sono sospinto da altro interesse se non da quello di veder salvaguardata la dignità ed il prestigio dell’Assemblea. E perciò io vi prego, vi raccomando, o colleghi, di mantener fede alle solenni deliberazioni ripetutamente confermate da quest’Assemblea per il Collegio uninominale. (Vivi applausi a sinistra e a destra – Molte congratulazioni).

STAMPACCHIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STAMPACCHIA. Ho chiesto di parlare non per interloquire sulla questione, che in questo momento è in discussione, ma soltanto per pregare l’Assemblea di voler soprassedere oggi, e domani nelle prime ore, da qualsiasi deliberazione, sia pure continuando a discutere della materia, perché, come è risaputo, vi è il congresso socialista, il quale impegna molti nostri colleghi fino a domani mattina. (Interruzioni al centro).

Non è il caso di fare interruzioni. Io mi sto richiamando a quello che abbiamo fatto altre volte. Abbiamo sospeso per quattro giorni i nostri lavori perché vi era il congresso della Democrazia cristiana. (Applausi a sinistra) e li abbiamo sospesi con piacere, volentieri e senza eccezioni.

Per quanto attiene al nostro congresso, rilevo che noi ci siamo dato conto delle necessità in cui si trova l’Assemblea, di dovere esaurire i suoi lavori entro il 31 gennaio, onde non abbiamo insistito perché si dovessero sospendere le sedute, come dissi si è fatto per il congresso della Democrazia cristiana. Io domando semplicemente questo: che domattina non si tenga seduta.

PRESIDENTE. Onorevole Stampacchia, le proposte formali le faccia in fine di seduta, la prego.

STAMPACCHIA. No, siccome la discussione – come ho visto ed è evidente – entra nel merito della questione, toccandone il punto principale ed essenziale, io chiedo pure che si sospenda questa seduta (tanto non sacrifichiamo che poche ore) e che domani si riprenda ma solo nelle ore pomeridiane.

Questa è la mia domanda e chiedo che anche la Democrazia cristiana intenda la necessità che un Gruppo come il socialista (Interruzioni al centro) e non comunista – è poco serio che qualcuno di quei banchi (Indica il centro) faccia insinuazioni…

PRESIDENTE. Onorevole Stampacchia, la prego!

STAMPACCHIA. L’abbiamo fatto e lo faremo anche per i comunisti, mi dice l’amico Cappa volendo riparare all’inopportunità dell’interruttore. Concludendo, io chiedo che l’Assemblea sospenda ora il suo lavoro per riprenderlo domani nel pomeriggio.

PRESIDENTE. L’onorevole Micheli ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

MICHELI, Presidente della Commissione. Per parte mia aderisco senz’altro, ma non sta a me aderire. Ma, se la mia adesione vale qualche cosa, essa vien data con tutta la cordialità possibile e immaginabile.

Io non voglio adesso far diventare grossa una questione di dettaglio che è di scarsa importanza. Mi posso essere sbagliato quando ho fatto da ambasciatore dei desideri della Commissione presso l’onorevole Ministro.

Quel che mi preme far rilevare è questo: che un voto non v’è stato. Quello invece di chiedere al Ministro una modifica degli articoli che rappresentassero il collegio uninominale puro, è stato votato all’unanimità, compreso il mio voto; e quindi, o non ci siamo bene intesi allora, o non ci intendiamo bene adesso.

Ad ogni modo, il Ministro ha avuto da me la richiesta in questo senso: non che egli dovesse presentare un nuovo progetto rinunciando al suo, ma che egli volesse fornirci – attraverso le possibilità tecniche del suo ufficio – una modifica a quegli articoli che la Commissione riteneva nella sua maggioranza di sostituire a quelli che egli aveva presentato. Su questo mi pare che siamo d’accordo.

Ora il Ministro ha inviato detti articoli con questa lettera che io vi leggo perché elimina da parte sua ogni dubbio che possa essere nato attraverso le parole dell’onorevole Rubilli, il quale non ne ha nessuna responsabilità perché queste cose non conosceva. Qualche volta questo succede parlando di cose del quale non si è bene informati, ma ciò non conta, perché questo può succedere a tutti.

Ecco la lettera: «In adesione al desiderio da lei espresso, mi pregio rimetterle il testo degli articoli redatti dall’ufficio legislativo di questo Ministero, per l’ipotesi che al sistema previsto nello schema di disegno di legge per l’elezione del Senato volesse sostituirsi quello del ballottaggio».

Questo ho ritenuto doveroso di comunicare per lealtà, nella mia posizione di presidente che ha fatto da intermediario fra la Commissione e il Ministro per avere la stesura degli articoli richiesti.

Nient’altro da aggiungere.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Io credo che si debba accettare la proposta dell’onorevole Stampacchia. Il problema in discussione è di grande importanza per la legge che dobbiamo votare e non si può fare, al partito socialista, l’affronto di continuare la discussione e di arrivare ad un voto, senza che esso possa essere presente con tutto il suo gruppo parlamentare. Perciò preghiamo l’Assemblea di accettare la proposta dell’onorevole Stampacchia.

LA ROCCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. Desidero intervenire unicamente sulla questione sollevata dal Presidente della Commissione speciale per l’esame della legge sul Senato.

MICHELI, Presidente della Commissione. Credo di avere detto il meno che fosse possibile.

LA ROCCA. A sostegno pieno di ciò che ha detto l’onorevole Gullo (Interruzione del deputato Micheli). Per la cronaca, la Commissione dopo avere esaminato il progetto dell’onorevole Scelba ha ritenuto che esso non rispondeva alla volontà espressa dall’Assemblea.

MICHELI, Presidente della Commissione. Non l’ha esaminato affatto.

LA ROCCA. D’altra parte, la Commissione era arbitra di formare essa il disegno di legge e di ricevere dal Ministro soltanto dei suggerimenti di natura tecnica. La Commissione, quando si riunì per discutere sul disegno dell’onorevole Scelba, poiché constatò, come ho detto, che questo disegno non traduceva la volontà dell’Assemblea sul modo di formazione del Senato sulla base del sistema uninominale, per differenziarlo dalla Camera dei deputati, con molto garbo cercò di fare intendere al Ministro dell’interno che era necessario presentare un nuovo progetto, aderente al voto dell’Assemblea. Non è esatto, perciò, che non vi sia stata questa richiesta da parte della Commissione, la quale, nella sua maggioranza, ritenne appunto che il progetto dell’onorevole Scelba non rappresentava questa volontà espressa, né parlava del sistema uninominale ormai accolto, ma che il sistema uninominale praticamente si convertiva nell’applicazione della proporzionale. Questo per la verità dei fatti.

DOSSETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOSSETTI. Mi dispiace di dover ritornare su questo argomento, ma vi sono costretto dal fatto che anche in Commissione questa questione è stata sollevata più volte nonostante che più volte si sono dati chiarimenti che potevano essere decisivi.

A me pare che ora si possa portare solo un argomento ed è questo: indubbiamente la Commissione ha richiesto al Governo delle varianti al progetto per l’ipotesi che la Commissione stessa si fosse orientata per un sistema nettamente differenziato da quello contenuto nel progetto governativo, ma la scelta definitiva – e questo vale a qualificare il carattere delle varianti proposte dal Governo – fu fatta successivamente alla richiesta e successivamente all’arrivo delle proposte da parte del Governo, perché, come l’onorevole Presidente ha ricordato stamani, fu nella seduta di martedì scorso, esattamente il 13 gennaio, che fu votato l’ordine del giorno proposto da me e da altri miei colleghi, mentre la richiesta è stata fatta prima; precisamente in data 7 gennaio il Ministro dell’interno mandava le varianti che furono allegate agli atti della Commissione con questo titolo: «Varianti al disegno di legge recante norme per l’elezione del Senato della Repubblica per l’ipotesi del sistema del ballottaggio».

Dunque soltanto nella forma della collaborazione di carattere tecnico il Ministro dell’interno ha elaborato le proposte di cui tanto si discute.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà:

MICHELI, Presidente della Commissione. Dopo quanto ho detto rinunzio a rispondere alle osservazioni fatte dall’onorevole La Rocca. Le sue parole «non è vero» non possono riferirsi certamente ad alcune delle mie affermazioni, perché io non sono abituato a dire cose non vere né altrove e tanto meno in questa Assemblea.

LA ROCCA. Quello che ho detto risulta dai verbali. La Commissione era d’accordo nel ritenere che il progetto governativo non rispecchiava la volontà dell’Assemblea, e i verbali lo dicono chiaramente.

MICHELI, Presidente della Commissione. Cosa vuole! Nomineremo una Commissione di inchiesta!

LA ROCCA. Non ve n’è bisogno. Basta leggere i verbali.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo ai parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Debbo fare osservare che dalle varianti presentate dal Ministero dell’interno alla Commissione si è voluto trarre l’illazione che il Governo abbia fatto proprie queste varianti. Oggi si rimprovera il Governo perché ritornerebbe sul suo progetto originario in contrasto con l’accettazione delle varianti.

Desidero chiarire le questioni. Il Governo, come ha dichiarato nella relazione presentata al primitivo disegno di legge, si è limitato a predisporre un progetto per consentire all’Assemblea Costituente di poter discutere, rimanendo tuttavia riservato all’Assemblea Costituente di decidere. Che questo progetto corrispondesse o meno ai voti dell’Assemblea spettava all’Assemblea stessa di giudicare. Successivamente la Commissione richiese al Ministro dell’interno di voler predisporre alcuni articoli per l’ipotesi – che sembrava accettata dalla Commissione, o su cui si orientava la maggioranza della Commissione – del ballottaggio, ritenuto più aderente al sistema del collegio uninominale.

Ho pregato quindi gli uffici del mio Ministero di redigere per questa ipotesi gli articoli relativi, che ho trasmesso al Presidente della Commissione. A questo si è limitata l’attività del Ministero dell’interno.

Ma devo aggiungere qualche cosa di più, e cioè che è assurdo imputare al Ministero dell’interno di aver fatto proprie le variazioni del disegno di legge, perché il disegno presentato dalla Commissione parlamentare non corrisponde affatto alle varianti che il Ministero dell’interno per suo incarico aveva elaborato. Per esempio, ho visto che all’articolo 18 la Commissione ha introdotto il quorum del quaranta per cento, cosa che non era prevista dal testo della variante mandato da me alla Commissione. Ho visto che all’articolo 20 la Commissione ha deciso il sistema del ballottaggio, ma consentendo la ripetizione delle elezioni per tutti i candidati, mentre la variante del Ministero dell’interno prevedeva il ballottaggio secondo le tradizioni classiche e cioè limitato ai due candidati che avessero riportato il maggior numero di voti. Ed allora come si può pretendere di considerare accettate dal Governo varianti elaborate dalla Commissione e in pieno contrasto con quelle elaborate, a puro titolo tecnico, dagli uffici del Ministero dell’interno?

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Ma nessuno ha detto questo!

PRESIDENTE. Occorre prendere in considerazione la proposta dell’onorevole Stampacchia. Ritengo che si possa accedere alla richiesta di non tenere seduta domani mattina, ma che ora potrebbe essere udito almeno uno dei quattro deputati ancora iscritti a parlare.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. I due colleghi socialisti che fanno parte della Commissione hanno avuto l’impressione che la sospensiva sarebbe stata accolta; e sono andati via con questa opinione. Mi parrebbe ora curioso che la seduta continuasse.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Dato che entro il 31 di questo mese dovremo improrogabilmente chiudere i nostri lavori e dopo l’attuale discussione vi sarà la trattazione degli statuti speciali, mi preoccupo dell’eventualità che non si abbia tempo, o tempo sufficiente, per trattare quest’ultimo argomento. L’assenza della maggior parte dei colleghi socialisti da questa seduta non porta conseguenze. Quindi, propongo che si prosegua la seduta per consentire almeno ad un altro oratore di parlare.

PRESIDENTE. Pongo in votazione questa proposta.

(È approvata).

È iscritto a parlare l’onorevole Cevolotto. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Desidero prospettare un mio punto di vista, che probabilmente non sarà condiviso dalla maggior parte dei colleghi; ma, siccome risponde ad una mia precisa e meditata convinzione, credo di doverlo esporre.

Noi abbiamo votato un ordine del giorno col quale abbiamo deciso e affermato che le elezioni del Senato si faranno col sistema del collegio uninominale; abbiamo aggiunto: nell’ambito della Regione. Che significato ha questa seconda espressione? Significato chiaro ed evidente: che non vi possono essere collegi a cavallo di due Regioni. Per esempio, nel caso della Basilicata, che ha sei collegi, e che quindi deve comporre questi sei collegi sulla base di appena centomila abitanti per ogni collegio, non può avvenire che, per aumentare il numero degli abitanti che costituiscono la circoscrizione di un collegio, si vada oltre i limiti della Regione.

Poi abbiamo votato contro un ordine del giorno Perassi, il quale proponeva che alla prima elezione per il Senato si procedesse col sistema della proporzionale. Dunque: le elezioni devono avvenire col sistema del collegio uninominale, anche e soprattutto per il primo Senato.

La conseguenza, secondo me evidente, è una sola: che tutti quei progetti i quali attraverso vari espedienti mirassero a tornare al sistema della proporzionale non possono essere né discussi né messi in votazione; perché, se si ammettesse che, dopo una decisione definitiva confermata da altra in senso negativo, che esclude la eccezione transitoria, si potesse ancora tornare sui nostri passi, oltre alla incoerenza, commetteremmo un errore dal punto di vista del regolamento e del diritto e non faremmo certo, permettete che lo dica, cosa seria.

Prospettato questo punto di vista, rilevo che il progetto della minoranza consiste proprio nel tornare al sistema proporzionale; non c’è niente in quel progetto che giustifichi la pretesa di avere regolato la elezione col collegio uninominale. Ed allora: o si ha la sincerità di dire che si vuole revocare le due votazioni fatte su questo punto o, altrimenti, non si può nemmeno prendere in considerazione il progetto della minoranza.

Il progetto governativo, se venisse accettato, ferirebbe anche esso il principio dei collegio uninominale. È evidente, soltanto a scorrere quel progetto, che la maggioranza dei senatori verrebbe nominata con un particolare sistema di proporzionale, sistema che – si badi bene – non è neanche plausibile. Basta ricordare le statistiche delle elezioni a deputato, quando si facevano col sistema del collegio uninominale: una buona metà dei deputati veniva eletta in ballottaggio; e anche riducendo la percentuale per la elezione a primo scrutinio al quaranta per cento (Commenti al centro – Interruzione del deputato Fuschini) la conclusione non sarebbe diversa.

È evidente che oggi, con la moltiplicazione delle candidature per la moltiplicazione dei partiti, la maggioranza dei senatori non verrebbe eletta al primo scrutinio. Per tutti i non eletti a primo scrutinio, si dovrebbe adottare un sistema di proporzionale, che non ha nemmeno una logica sicura, perché sarebbe basato sul maggior numero di voti riportato dal candidato di ciascuna lista (si perdoni l’espressione imprecisa che adopero per intenderci). Se si pensa che per esempio nella Lombardia vi sono collegi che sono basati su 229.000 abitanti (come il collegio di Gallarate) e vi è un collegio, quello di Sondrio, basato su 153.000 abitanti, è facile rilevare che non è giusto tener conto del maggior numero di voti riportato da ciascun candidato, perché il candidato di Sondrio avrà in partenza una minore probabilità di voti nello stesso partito rispetto al candidato che si presenterà nel collegio di Gallarate. Accenno questa difficoltà riservandomi eventualmente di tornare sull’argomento nella discussione degli articoli. Ma per me è sostanziale la questione che ho posto prima: si può discutere oggi di un progetto di legge che propone il sistema proporzionale? Non lo credo. Prospetto la questione al Presidente ed all’Assemblea. Nemmeno l’articolo 8 del progetto governativo può essere posto in votazione; e neanche il progetto della minoranza, secondo me, deve essere messo in votazione. Per il fatto che oggi possa essersi spostata la maggioranza, in relazione a una differente composizione del nuovo Governo, la maggioranza non è autorizzata e non ha il diritto di imporre sulla questione, che è stata già definitivamente decisa dell’Assemblea, la propria superiorità numerica: questa sarebbe una sopraffazione e – permettetemi di dirlo – una prepotenza contro la quale abbiamo ragione di protestare. (Applausi a sinistra – Commenti al centro).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato alla seduta pomeridiana di domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, sugli incidenti verificatisi domenica 18 gennaio alle ore 12 in Piazza Dante a Napoli ai danni del giornale Italia Nuova, danni consistenti nella parziale distruzione della macchina del predetto giornale e nella distruzione delle copie del giornale, provocati da facinorosi facilmente individuabili, e sui provvedimenti che il Governo intende prendere perché simili incidenti non abbiano a ripetersi e la forza pubblica intervenga per impedire simili atti di sopraffazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Selvaggi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere:

  1. a) le ragioni per le quali alla provincia di Caserta – una delle più danneggiate dalla guerra e lasciata in completo abbandono (tanto che venne addirittura soppressa!) dal regime fascista – siano stati assegnati soltanto 300 milioni per le opere di ricostruzione e per la disoccupazione;
  2. b) se è possibile, di fronte a tale somma veramente irrisoria rispetto alla immensità dei bisogni, provvedere alla assegnazione di un ulteriore più adeguato fondo a titolo integrativo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per chiedere se gli è noto come da dieci anni – per mancati concorsi e non intervenuti avanzamenti – il personale medico della previdenza sociale ha visto bloccata la sua carriera, che nello stesso periodo di tempo avrebbe dovuto svolgersi, invece, quasi totalmente.

«Per conoscere, inoltre, se non appaia doveroso procedere all’avanzamento di grado del personale medesimo ai posti che praticamente già ricopre, in considerazione anche del senso di sacrificio e di responsabilità dimostrato nel difficile periodo trascorso, nel quale la retribuzione del personale manuale e salariato si è pressoché adeguata a quella del personale sanitario.

«Di questa anormale situazione avrebbe dovuto preoccuparsi la Direzione generale dell’Istituto, la quale, invece, attraverso tergiversazioni vane, ha dimostrato assoluta incomprensione delle elementari esigenze dell’alto personale dell’Istituto, che, nella sua dignità, non ha mai neppure acceduto alla minaccia di agitazioni. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Di Fausto, Condorelli».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno trasmesse ai Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 18.45.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

Seguito della discussione del disegno di legge:

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica.