Come nasce la Costituzione

GIOVEDÌ 15 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLI.

SEDUTA DI GIOVEDÌ 15 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente

Verifica di poteri:

Presidente

Sostituzione di un deputato:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Disposizioni sulla stampa (15)

Presidente

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Cevolotto, Relatore

Manzini

Cingolani

Schiavetti

Fabbri

Perassi

Treves

Dominedò

Uberti

Russo Perez

Colitto

Titomanlio Vittoria

Guerrieri Filippo

Miccolis

Siles

Bertone

Maffi

Mazzoni

Molinelli

Villani

Bettiol

Bellavista

Bartalini

Mattarella

Gavina

Corbi

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

AMADEI, Segretario, legge il verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo l’onorevole Martinelli.

(È concesso).

Verifica di poteri.

PRESIDENTE. La Giunta delle elezioni, nella riunione di ieri, ha verificato non essere contestabili le elezioni dei seguenti deputati:

onorevole Giammatteo Matteotti per la lista del Partito socialista italiano nel Collegio unico nazionale;

Onorevole Ezio Bartalini per la lista del Partito socialista italiano nella Circoscrizione di Pisa (XVI);

onorevole Giuseppe Chiostergi per la lista del Partito repubblicano italiano nel Collegio unico nazionale;

onorevole Oddo Marinelli per la lista del Partito repubblicano italiano nella Circoscrizione di Ancona (XVIII).

Do atto alla Giunta di queste comunicazioni e, salvo i casi di incompatibilità preesistenti e non conosciuti sino a questo momento, dichiaro convalidate queste elezioni.

Sostituzione di un deputato.

PRESIDENTE. Comunico che, in seguito alla morte, avvenuta il 23 dicembre scorso, dell’onorevole Bruno Bernabei, deputato nella lista del Partito repubblicano italiano per la Circoscrizione di Roma (XX), la Giunta delle elezioni, nella riunione di ieri, ha deliberato, a termini dell’articolo 64 della vigente legge elettorale politica, di proporne la sostituzione col candidato Leone Azzali, primo dei non eletti nella lista medesima.

Pongo ai voti questa proposta della Giunta.

(È approvata).

Avverto che da oggi decorrono i 20 giorni per la presentazione di eventuali reclami.

Seguito del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa. (15).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa (15).

Ricordo che nella seduta di ieri fu rinviato l’esame degli emendamenti all’articolo 7, per dar modo ai vari presentatori di mettersi d’accordo con l’onorevole Schiavetti per un testo comune.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Avrei preparato un nuovo testo, sul quale peraltro non ho avuto modo di consultare il Relatore:

«Un documento da cui risulti l’iscrizione nell’albo dei giornalisti nei casi in cui questa sia richiesta dalla legge sull’ordinamento professionale».

Potrei esprimere il mio pensiero dopo aver sentito le obiezioni del Relatore.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.

CEVOLOTTO, Relatore. La ragione per la quale io non concordo in tutto con questa formulazione è la seguente:

Si dice: «sia richiesto dalla legge sull’ordinamento professionale». Ed allora sorge subito la questione della legge fascista del 1928: questa legge è ancora in vita o non è ancora in vita? Infatti, l’onorevole Schiavetti sostiene che è ancora in vita, ma che viceversa alcune disposizioni – ad esempio quelle dell’articolo 5 – non si applicano o non sono applicabili.

Ho visto che l’Associazione della stampa ha pubblicato un suo comunicato, lamentando, in certo senso, che all’Assemblea Costituente si sia detto che non esiste una legge sull’albo, mentre essa sostiene che la legge del 1928 è ancora in vigore. Ora non mi pare che la lamentela abbia base, perché della legge del 1928 si è discusso lunghissimamente in questa sede. Soltanto io espressi questo avviso: che la legge del 1928 non sia praticamente più in vita, sia in certo modo, caduta in desuetudine dopo il decreto transitorio del 1944. L’onorevole Schiavetti ha sostenuto invece il contrario. Su questo, dunque, abbiamo discusso. Senonché l’onorevole Schiavetti disse: noi, però, quella legge non l’applichiamo, non applichiamo l’articolo 5, non applichiamo altri articoli. Ed allora l’obiezione è facile. O ho ragione io, e la legge del 1928 si deve ritenere abrogata tacitamente, ed allora si arriva a determinate conclusioni; o ha ragione l’onorevole Schiavetti, e la legge, invece, non è tacitamente abrogata, è in pieno vigore, ed allora il fatto che una determinata Commissione non ne applichi un articolo non significa che un’altra Commissione, domani, non potrebbe applicare quell’articolo e tutti gli altri articoli.

Se la legge è in vigore, domani una Commissione potrà applicarla in tutta la sua estensione e portata.

È possibile in questo momento ammettere che la legge del 1928 (che si riconosce da tutte le parti non debba essere applicata, almeno in alcuni suoi articoli) e il decreto transitorio del 1944 regolino la professione giornalistica, in modo che si possa fare riferimento a questa legislazione nella legge sulla stampa che stiamo votando? Io dico di no, tra l’altro, per una ragione: il decreto del 1944 affida l’albo esclusivamente ad una Commissione unica, nominata dal Ministro di grazia e giustizia, e così toglie persino quelle garanzie, sia pure illusorie, che erano nella legge del 1928, che contemplava una commissione superiore alla quale si poteva appellarsi sul giudizio della prima commissione. La commissione è nominata dal Ministro di grazia e giustizia, sentita la Federazione della stampa. L’attuale commissione dà pienissimo affidamento. Ma chi vi dice che domani un Ministro di grazia e giustizia (noi non dobbiamo guardare le persone, ma i fatti) di un Ministero ben differente da questo, che non abbia nessuna tinta democratica, non possa nominare una commissione, la quale provveda in un determinato senso, applicando la legge del 1928 anche nell’articolo 5, che voi non applicate, ed escludendo quindi i giornalisti che non fanno comodo, con la scusa che sono anti-nazionali? Questo è il contenuto dell’articolo 5: questa è la situazione.

D’accordo che praticamente oggi, per la commissione che è stata nominata, per le tendenze del Governo, non ravvisiamo un pericolo imminente di sopraffazioni; ma noi dobbiamo vedere come stanno legislativamente le cose. Benché questa nostra legge sulla stampa sia transitoria (il transitorio in Italia dura spesso molto a lungo) non c’è da pensare che questa transitorietà duri soltanto fino alle elezioni o fino a pochi giorni dopo. Probabilmente, durerà qualche anno. Noi non dobbiamo fare riferimento all’albo ed alla legge sull’albo, ma alla futura legge, a quella del resto preannunciata e prevista dal decreto del 1944.

Credo di essere stato chiaro nella mia esposizione; credo di aver detto quale è il fondo della questione, che non è contro le aspirazioni dei giornalisti, né contro l’organizzazione professionale della classe giornalistica, ma che è relativa ad una situazione legislativa che è quella che è, e che dobbiamo vedere nella sua realtà.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Andreotti.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. La formulazione importa poco. Secondo me, non essendocene attualmente un’altra in discussione, quella che ho presentato potrebbe servire di base. Desideravo solo fare due osservazioni, nei confronti di quanto ha detto l’onorevole Cevolotto. Innanzi tutto, la legge sull’albo, nei limiti in cui – direi – è applicabile, perché inquadrata negli attuali principî generali, esiste; e non solo non è stata abrogata, ma anzi è stata esplicitamente richiamata dalla disposizione del decreto luogotenenziale del 23 ottobre 1944 che regolava anche la tenuta dell’albo. Anche il Ministro di giustizia stamani stesso, per troncare una discussione e non lasciare dubbi su questo punto, ha diramato un comunicato ufficiale in cui dice che l’albo dei giornalisti non è stato mai abolito. Perché non vorremmo che fosse detto semplicemente: «successive leggi sull’ordinamento professionale»? Perché questo potrebbe creare equivoci sulla permanenza o meno dell’attuale albo, cioè sul vigore che ha in questo momento l’albo.

Le organizzazioni rappresentative dei giornalisti ne hanno fatto una questione di principio, in quanto avvertono tutta la importanza che, una discussione del genere, può rappresentare per la loro categoria. È vero che domani – come ha detto l’onorevole Cevolotto – un Ministero reazionario potrebbe servirsi di questo strumento, ma io obietto semplicemente questo: noi qui stiamo facendo una legge ordinaria, non una legge costituzionale. Se si formasse un Ministero di reazionari, che non desse più queste garanzie, ebbene questo Ministero potrebbe, con gran semplicità, modificare od abolire in tutto o in parte quello che noi stiamo facendo oggi. Oserei dire un’altra cosa: che potremmo in fondo, in qualche modo, dare una prova di fiducia nei confronti della stessa categoria, la quale, se potesse essere messa in pericolo nella sua stessa libertà dalla ipotesi di un governo reazionario, sarebbe essa stessa ad insorgere e ad impedire il crearsi di queste condizioni.

Se si dovesse ipotizzare una modificazione radicale della situazione politica attuale, tutto ciò che noi abbiamo fatto, non soltanto in materia di legislazione ordinaria, ma anche in materia costituzionale, verrebbe ad essere posto in discussione e forse cadrebbe nel nulla. Questa forma: «nei casi in cui sia richiesta» mi pare sia tale da non destare preoccupazioni di chi si è prospettato i casi dei piccoli giornali (di commercio o tecnici). Questo è previsto dalle disposizioni, non abrogate, sull’elenco speciale annesso all’albo ed è anzi una disposizione larghissima, perché nel criterio di stampa non concettuale, come è detto nella legge sull’albo, è stato sempre incluso – come è noto – un gran numero di pubblicazioni anche di carattere concettuale (sociologico e culturale). Non mi pare quindi legittima la preoccupazione, che taluni colleghi hanno, di votare questa formula. Prego il presentatore, se lo ritiene, di voler mettere in discussione la formula stessa.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. Ieri sera, con l’onorevole Treves abbiamo presentato un’aggiunta all’emendamento Schiavetti. Ora ci associamo pienamente alla proposta dell’onorevole Andreotti, perché troviamo che essa risponde alle esigenze dei giornalisti e nello stesso tempo dà le garanzie che sono state richieste dalla categoria. Pertanto ritiriamo quel nostro emendamento.

CINGOLANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CINGOLANI. Potrà sembrare forse fuori tema una breve parola che sento il dovere di dire.

Ho inteso parlare qui di riferimento alla futura legge sugli ordinamenti professionali. A nome degli ordini professionali italiani, i quali mi hanno dato incarico di esprimere alla prima occasione il loro pensiero, vorrei pregare l’onorevole Sottosegretario di Stato alla Presidenza perché si faccia parte diligente presso il Ministro del lavoro, affinché si affretti la legge sugli ordini professionali. Oggi gli ordini hanno o Commissioni o Presidenze provvisorie elette dagli iscritti. In questi giorni un Commissario, non eletto dagli ordini, che presiede ad un complesso di attività finanziarie, appartenenti già agli antichi ordini professionali, sta per porre in liquidazione un asse cospicuo: il grande palazzo degli ordini professionali in Via Sicilia. Prego il Sottosegretario di dire al Ministro Fanfani che metta un fermo, per lo meno, ad una alienazione che se varrebbe a pagare gli asseriti 80 milioni di debito, comprometterebbe i 200 milioni e più di attivo, che appartengono a tutti gli ordini professionali finora riconosciuti nel nostro Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Schiavetti aveva presentato il seguente emendamento:

«Inserire fra il n. 2°) e il n. 3°) del secondo comma il numero seguente:

«2°-bis) un documento attestante l’iscrizione del generale responsabile nell’albo professionale dei giornalisti».

Lo mantiene?

SCHIAVETTI. Lo ritiro e aderisco al nuovo testo presentato.

PRESIDENTE. L’onorevole Cappa aveva presentato il seguente emendamento:

«Allorquando la legge professionale avrà regolato l’albo dei giornalisti professionisti, dei direttori dei giornali quotidiani occorrerà la presentazione del documento comprovante la iscrizione all’albo».

Non essendo presente, si intende che vi abbia rinunziato.

L’onorevole Fuschini aveva presentato il seguente emendamento:

«2-bis) Un documento attestante che il direttore o vice-direttore responsabile dei giornali quotidiani sia iscritto nell’albo professionale dei giornalisti non appena questo sarà costituito».

Non essendo presente, si intende che vi abbia rinunziato.

La Commissione ha poi proposto il seguente emendamento:

«2-bis) Ogni altro documento che venga richiesto da successive leggi relative all’albo dei giornalisti».

Onorevole Relatore, ella insiste?

CEVOLOTTO, Relatore. Insisto.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 7 per divisione.

Pongo in votazione il primo comma:

«Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi».

(È approvato).

Pongo in votazione la prima parte del secondo comma:

«Per la registrazione occorre che siano depositati nella cancelleria:

1°) una dichiarazione, con le firme autenticate, del proprietario e del direttore responsabile, dalla quale risultino il nome e il domicilio di essi e della persona che esercita l’impresa giornalistica, se questa è diversa dal proprietario, nonché il titolo e la natura della pubblicazione».

(È approvata).

Pongo in votazione la successiva parte del secondo comma:

«2°) i documenti comprovanti il possesso dei requisiti indicati negli articoli 5 e 6».

(È approvata).

Passiamo alla votazione dell’emendamento proposto dalla Commissione.

«2-bis) Ogni altro documento che venga richiesto da successive leggi relative all’albo dei giornalisti».

FABBRI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Voterò contro perché, dal punto di vista tecnico, non capisco molto bene come si possa fare una disposizione di legge attuale regolatrice della libertà di stampa, la quale si rimetterebbe poi, sul punto essenziale della direzione di giornali e riviste varie, a future leggi, relative all’albo dei giornalisti.

Come ebbi occasione di dire ieri, l’argomento è di una estrema importanza per una quantità di riviste e di giornali che non rientrano fra quelle categorie per le quali potrebbero pensarsi quelle tali esigenze, a cui accennavano gli onorevoli Schiavetti e Manzini, ed il dire che le leggi future sull’albo dei giornalisti potranno tener conto di queste esigenze, mi pare che sia un mettere il carro avanti ai buoi, perché si capisce che una legge successiva sarà innovatrice rispetto ad una legge anteriore. Ma il disporre, in una legge attuale, requisiti fondamentali restrittivi che dovranno poi essere discussi in futuro, mi pare che sia un pregiudicare il principio essenziale, stabilito nella Costituzione, della libertà di pensiero e della manifestazione del medesimo attraverso la stampa. Mi pare che queste considerazioni dovrebbero far riflettere molto, prima di votare una disposizione di questo genere; che rimette poi ad una legge di carattere professionale l’attuazione di una facoltà generale e fondamentale per quelli che sono i diritti elementari dei cittadini.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Mi associo alle dichiarazioni dell’onorevole Fabbri e richiamo l’attenzione dell’Assemblea Costituente su questo problema delicato: se cioè una disposizione che, comunque, prevede la iscrizione in un albo come requisito indispensabile per esercitare la qualità di direttore di un giornale, sia conciliabile con l’articolo 51 della Costituzione. Questo è un problema delicatissimo. Ora, siccome le formulazioni proposte sono tutte formulazioni che rinviano a leggi successive, mi sembra opportuno non pregiudicare il problema. Quando verrà il momento opportuno si dovrà anzitutto esaminare se la disposizione prevista sia conciliabile con la Costituzione, ed allora si potrà decidere.

Per queste ragioni io voterò contro. Ieri ho sentito da un collega un’interruzione, quando parlavano coloro che si opponevano alla disposizione di cui trattiamo. Si è detto cioè: vogliamo ritornare allo stato liberale? Questa interruzione mi ha sorpreso, direi quasi, sbigottito, quando si pensa che è stata pronunciata nel momento in cui si sta facendo la legge che ha per scopo di garantire l’esercizio della libertà di stampa. Abbiamo fatto un articolo nella Costituzione che afferma in modo preciso la libertà di stampa, e non dobbiamo, in questa prima legge che facciamo dopo l’entrata in vigore della Costituzione, menomare questo principio.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Non ho bisogno di dichiarare che voterò a favore dell’emendamento Andreotti, perché ho già dato la mia firma ad esso. Vorrei aggiungere, con tutto il rispetto per un giurista come l’onorevole Perassi, che l’articolo 51 della Costituzione non è contraddetto da queste disposizioni di legge; perché l’articolo 51 sancisce per ogni cittadino il diritto di manifestare il suo pensiero con qualunque mezzo – il che è una cosa – ma il fatto di essere direttore di un quotidiano è un’altra cosa, perché chiunque può essere direttore di una qualsiasi rivista o periodico senza avere bisogno della qualifica di giornalista professionista, che si richiede invece per un giornale politico.

RUSSO PEREZ. E se vuole diffondere il suo pensiero con un organo suo? Non può farlo, perché deve iscriversi all’albo dei giornalisti.

TREVES. Se avrà i requisiti potrà sempre iscriversi. Se egli fa il giornalista di professione si iscriverà all’albo, ma senza avere un suo giornale e tramutarsi in professionista. Il cittadino ha i mezzi per poter esporre e diffondere il suo pensiero.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la formulazione della Commissione, testé letta.

(Non è approvata).

Pongo in votazione la formulazione dell’onorevole Andreotti:

«Un documento da cui risulti l’iscrizione nell’albo dei giornalisti nei casi in cui questa sia richiesta dalla legge sull’ordinamento professionale».

(È approvata).

Pongo ai voti il numero successivo:

«3°) copia dell’atto di costituzione o dello statuto, se proprietario è una persona giuridica».

(È approvata).

Passiamo al terzo comma, che l’onorevole Schiavetti ha proposto di sostituire col seguente:

«Il cancelliere, constatata la regolarità dei documenti prodotti, ne prende atto in apposito registro e ne rilascia ricevuta, attestando l’avvenuta registrazione».

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Nella discussione generale ho già esposto le ragioni per le quali la Commissione aveva preferito affidare l’esame dei documenti al Presidente del Tribunale o a un giudice da lui delegato, in luogo del cancelliere. Ho detto anche che la ragione per cui, invece, l’onorevole Schiavetti chiede che sia il cancelliere a compiere questa registrazione, consiste nel dar maggiore rilievo al fatto che si tratta di un atto che non implica un’indagine di merito, ma soltanto una constatazione formale dell’esistenza dei documenti.

Niente in contrario da parte della Commissione, se questa è la preoccupazione dell’onorevole Schiavetti, di sostituire il cancelliere al Presidente del Tribunale o al giudice delegato, perché si tratta realmente – nell’intenzione della commissione, del Governo, dei proponenti della legge – di una registrazione puramente meccanica.

Però osservo che, quando manchi la garanzia che è data dal Presidente del Tribunale o da un giudice e la registrazione sia affidata ad un semplice cancelliere, bisognerebbe provvedere, quanto meno, alla possibilità di un reclamo contro il rifiuto del cancelliere di compiere l’iscrizione. Lasciare al cancelliere soltanto – sia pure per lo scrupolo di voler fare apparire anche esteriormente che non è consentita un’indagine di merito – il fatto della registrazione, senza alcun rimedio contro l’atto negativo, mi pare pericoloso.

La ragione per la quale i giornalisti tengono molto che si dica «cancelliere» e non «Presidente del Tribunale», è perché hanno paura che questo fatto di nominare il presidente del tribunale o il giudice implichi il riconoscimento della possibilità di un’indagine di merito. Se si tratta di dissipare questa preoccupazione, la Commissione può anche aderire alla richiesta dei giornalisti. Essa fa tuttavia presente che occorrerebbe allora, consentire un rimedio contro l’eventuale errore del cancelliere.

PRESIDENTE. Quale è il parere del Governo?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. La preoccupazione dell’onorevole Schiavetti, come giustamente ha osservato l’onorevole Cevolotto, è che il cancelliere, per influenze più o meno nascoste, possa in qualche maniera compromettere o ritardare un’operazione la quale dovrebbe svolgersi secondo una prassi meramente meccanica.

Sul merito della questione, mi pare vi sia da osservare che il rimedio proposto dall’onorevole Schiavetti non sarebbe sufficiente, in quanto sarebbe più facile influenzare un cancelliere, che un presidente di tribunale. Ma a me pare che sussista invece, sotto altro riguardo, una preoccupazione consistente appunto nel fatto che si affiderebbe tale verifica al cancelliere.

Tale verifica, anche se non importa un esame di merito, richiede infatti per lo meno un esame accurato per accertare se concorrano o meno le condizioni che escludono la mancanza del requisito dell’elettorato attivo. È un esame, quindi, che comporta una certa esperienza ed una certa responsabilità.

Se potesse comunque sembrare che il Governo, insistendo per la forma del progetto ministeriale, avesse un qualche pensiero nascosto, nutrisse un qualche proposito meno che chiaro sull’applicazione di fatto di questo articolo, noi non insisteremmo. A me sembra tuttavia, che con raggiunta apportata dalla Commissione, stabilendosi, cioè, che vi sia un termine di 15 giorni entro il quale il tribunale deve evadere questa pratica, venendo così a cadere praticamente l’ipotesi di quel piccolo boicottaggio per cui la pratica giace inevasa per un periodo di tempo più o meno lungo, a me sembra, dicevo, che ogni preoccupazione debba venire a cadere.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Debbo dichiarare che, pur non potendo aderire all’emendamento dell’onorevole Schiavetti, ritengo si debba restare ben fermi sul principio che la presenza del magistrato non significa affatto controllo di merito, bensì di legalità, e cioè mero controllo del concorso di tutti i requisiti richiesti dalla legge.

D’altra parte, anche l’espediente suggerito dall’onorevole Relatore, per cui si verrebbe incontro alla proposta Schiavetti attraverso un ricorso al magistrato contro il cancelliere, è inaccettabile, perché non si inquadra, nei principî del nostro ordinamento processuale. Voteremo pertanto a favore del testo della Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Schiavetti, mantiene il suo emendamento?

SCHIAVETTI. Vorrei mantenerlo, perché questo emendamento si riferisce ad un problema che è stato trattato da quella Commissione cui il Governo affidò la prima elaborazione del disegno di legge sulla stampa, Commissione di cui facevano parte uomini politici, tecnici, giuristi.

E questa Commissione fu, a mio parere, legittimamente preoccupata del pericolo che la prassi da seguire per ottenere di far uscire un giornale non si esplicasse in modo del tutto automatico, ma che invece, in qualche modo, potessero verificarsi boicottaggi.

Invito, pertanto, l’Assemblea a voler accettare questa proposta la quale, ripeto, è mia soltanto formalmente, perché i primi a formularla furono precisamente i tecnici e i giuristi che per la prima volta elaborarono il testo di questa legge.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento proposto dall’onorevole Schiavetti:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Il cancelliere, constatata la regolarità dei documenti prodotti, ne prende atto in apposito registro e ne rilascia ricevuta, attestando l’avvenuta registrazione».

(Dopo prova e controprova non è approvato).

Passiamo al terzo comma del testo proposto dalla Commissione:

«Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, verificata la sussistenza dei requisiti prescritti, ordina, entro 15 giorni, l’iscrizione del giornale o periodico in apposito registro tenuto dalla cancelleria».

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Vorrei domandare ai colleghi che sono stati contrari all’approvazione del mio emendamento, se consentissero di modificare il testo sostituendo la frase: «verificata la regolarità dei documenti presentati», all’altra «verificata la sussistenza dei requisiti prescritti» in modo che risulti ben chiaro che non si tratta di un esame di merito.

PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione?

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento Schiavetti, che chiarisce forse meglio l’automaticità di questa verifica.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. A me sembra che l’emendamento proposto dall’onorevole Schiavetti non migliori la formulazione del testo perché con esso non si richiede soltanto che debbano sussistere dei requisiti, ma anche che i documenti siano regolari. Così si domandano due cose invece di una. Comunque, credo che si debba votare prima l’emendamento Schiavetti e poi il testo della Commissione.

PRESIDENTE. Pongo dunque, in votazione la prima parte del terzo comma con la modificazione proposta dall’onorevole Schiavetti:

«Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, verificata la regolarità dei documenti presentati».

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Pongo in votazione la seconda parte di questo comma:

«ordina, entro 15 giorni, l’iscrizione del giornale o periodico in apposito registro tenuto dalla cancelleria».

(È approvata).

Pongo in votazione l’ultimo comma:

«Il registro è pubblico».

(È approvata).

L’articolo 7 risulta così approvato.

Passiamo all’articolo 8. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Dichiarazione dei mutamenti.

«Ogni mutamento che intervenga in uno degli elementi enunciati nella dichiarazione prescritta dall’articolo 7 deve formare oggetto di nuova dichiarazione da depositarsi, nelle forme ivi previste, entro quindici giorni dall’avvenuto mutamento, insieme con gli eventuali documenti.

«L’annotazione del mutamento è eseguita nei modi indicati nel terzo comma dell’articolo 7.

«L’obbligo previsto nel presente articolo incombe sul proprietario o sulla persona che esercita l’impresa giornalistica, se diversa dal proprietario».

PRESIDENTE. Non essendo stati presentati emendamenti e nessuno chiedendo di. parlare lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 9. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Decadenza della registrazione.

«L’efficacia della registrazione cessa qualora, entro sei mesi dalla data di essa, il periodico non sia stato pubblicato, ovvero si sia verificata nella pubblicazione una interruzione di oltre un anno».

PRESIDENTE. Non essendo stati presentati emendamenti e nessuno chiedendo di parlare lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 14. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Risposte e rettifiche.

«Il direttore responsabile è tenuto a far inserire nel periodico, integralmente e gratuitamente, le risposte, rettifiche o dichiarazioni delle persone che siano state nominate o indicate nel periodico, purché le risposte, rettifiche o dichiarazioni non abbiano contenuto che possa dar luogo a incriminazione penale e non superino il doppio dello scritto al quale si riferiscono.

«La pubblicazione prevista nel comma precedente deve farsi nella medesima parte del periodico e con i medesimi caratteri dello scritto che l’ha determinata».

PRESIDENTE. L’onorevole Russo Perez ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere:

«Il rifiuto di ottemperare all’obbligo anzidetto è punito con la reclusione sino a mesi sei e con la multa sino a lire cinquantamila».

Ha facoltà di svolgerlo.

RUSSO PEREZ. Devo ricordare un altro mio emendamento all’articolo 22, in cui si dice che il sequestro dei giornali può avvenire anche nel caso in cui il direttore responsabile si sia rifiutato di ottemperare all’obbligo sancito dall’articolo 14.

Tutti quanti siamo concordi nel ritenere che la diffamazione a mezzo della stampa debba essere severamente punita, poiché è invalso l’uso di servirsi dei giornali per calunniare, per ingiuriare, per diffamare…

Una voce a destra. E per ricattare.

RUSSO PEREZ. …e per ricattare. Naturalmente, non parlo della grande massa dei giornalisti, che sono – come ognun sa – onesti, ed è anche naturale che – come leggiamo negli schermi dei cinematografi – quanto io dico non ha riferimento a fatti o persone determinate. Ma è necessario che i diffamatori, i quali agiscono a mezzo della stampa, siano duramente colpiti.

C’è il rimedio della querela. Come diceva l’altro giorno un collega, io do querela oggi, il processo si discuterà fra un anno; e, anche quando c’era il sistema della citazione diretta, si riusciva a portare entro un mese in giudizio il responsabile, ma per la prima volta. Poi c’era il differimento a richiesta dell’altra parte, l’impedimento del giudice, l’impedimento del difensore, e poi sopravveniva l’amnistia, su cui i criminali intelligenti possono sempre contare in Italia!

Certamente, quando il responsabile sarà raggiunto dalla sentenza penale, ci sarà la condanna; ma quello che più interessa il diffamato non è tanto la condanna del diffamatore, quanto il potersi purgare dall’accusa che gli è data pubblicamente fatta.

Ora, molte volte accade che il giornale che ha pubblicato la diffamazione o l’ingiuria, nonostante invitato nelle forme di legge a pubblicare la rettifica, non rettifica. E allora occorre che ci sia la sanzione.

Ecco il perché dell’emendamento che ho proposto io, col quale si determinano le forme e i limiti della sanzione.

Ma può darsi che il diffamatore, specialmente il diffamatore abituale, che non trema per le querele, mentre il galantuomo ne trema, non si preoccupi neanche della pena da me prevista, che, come tutte le pene, è sempre lontana e aleatoria. Ed allora occorre, perché egli sia costretto a pubblicare nel suo giornale la rettifica del diffamato, che egli sappia che, se non la pubblica, vi sarà il sequestro del giornale. Ma di ciò parleremo poi.

Credo intanto, di avere illustrato il mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Schiavetti ha presentato i seguenti emendamenti.

«Sostituire la prima parte del primo comma, sino alle parole: nominate o indicate nel periodico, con le parole seguenti: Il gerente responsabile è tenuto a far inserire nel periodico, integralmente e gratuitamente, le risposte, rettifiche o dichiarazioni delle persone cui siano stati attribuiti atti o pensieri lesivi della loro dignità o ritenuti contrari a verità.

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«La pubblicazione prevista nel comma precedente deve farsi nella medesima pagina o rubrica del periodico e con i medesimi caratteri dello scritto che l’ha determinata».

SCHIAVETTI. Il mio primo emendamento senza porre in questione il diritto fondamentale di rettifica e di risposta tende a renderlo più attuabile nel senso che il giornale non sia tenuto a inserire le rettifiche delle persone che siano soltanto nominate, perché mi sembra che questo sia eccessivo e servirebbe a porre il giornale in una specie di servitù che sarebbe per esso molto pesante. Si tratta quindi, a mio parere, di stabilire il dovere da parte del giornale di inserire le rettifiche che si riferiscono ad affermazioni relative ad atti o pensieri lesivi della dignità e ritenute contrarie alla verità da parte della persona interessata.

Nel secondo emendamento ho proposto che il giornale deve pubblicare la rettifica non nella medesima parte come è imposto dalla norma della Commissione, ma nella medesima pagina. Mi pare che sia sufficiente. O nella medesima rubrica, perché stabilire proprio l’obbligo di pubblicare la rettifica nella medesima parte del giornale, potrebbe costituire un ostacolo per il giornale stesso dal punto di vista tecnico. E credo e mi faccio io stesso proponente in questo momento di un emendamento aggiuntivo al mio emendamento, che bisognerebbe stabilire anche il limite di tempo in cui dovrebbe avvenire questa rettifica. La legge francese, che è molto compiuta e perfetta, stabilisce un limite di tempo di tre giorni e stabilisce anche, quando si tratta di indicare la lunghezza della rettifica, che questa deve essere pari a quella del pezzo a cui si riferisce; e nel caso si tratti. di un’allusione contenuta in poche righe, la rettifica deve disporre di un minimo di venti righe. Mi pare che tutto questo sia molto ragionevole e giusto perché ci può essere una allusione offensiva contenuta in due, tre righe ed allora non si può pretendere che la rettifica sia fatta in tre o quattro righe. Sono piccole questioni pratiche per cui non credo ci sarà bisogno di una votazione per appello nominale.

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere, all’emendamento Schiavetti, al primo comma, alle parole: o pensieri, le parole: o affermazioni».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. Il mio emendamento costituisce nient’altro che una adesione all’emendamento dell’onorevole Schiavetti. A questa adesione io aggiungo la preghiera di voler aggiungere alle parole: «atti o pensieri», le parole: «o affermazioni».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Riccio Stefano, Titomanlio Vittoria e Schiratti, hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere i commi seguenti:

«La omissione della pubblicazione va punita con l’ammenda da lire 1000 a lire 20.000.

«La sentenza di condanna va pubblicata per estratto nel periodico stesso».

In assenza dell’onorevole Riccio, ha facoltà di svolgerlo l’onorevole Titomanlio Vittoria.

TITOMANLIO VITTORIA. Mi associo a quanto ha detto poc’anzi l’onorevole Colitto e ritengo che l’omissione della pubblicazione debba essere punita con una ammenda da 1000 a 20 mila lire.

PRESIDENTE. L’onorevole Manzini ha presentato il seguente emendamento:

«Il direttore responsabile è tenuto a far inserire nel periodico, integralmente e gratuitamente, le risposte a rettifiche o dichiarazioni delle persone che sono state nominate o indicate a fine di diffamazione o per attribuire opinioni o fatti contrari a verità».

Ha facoltà di svolgerlo.

MANZINI. Avevo presentato l’emendamento quando non ero a conoscenza della formulazione Schiavetti alla quale intendo aderire.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Mi sembra che l’emendamento dell’onorevole Riccio Stefano sia perfettamente giustificato, ma vorrei che il minimo di ammenda fosse aumentato da mille a cinque mila lire, perché oggi mille lire purtroppo non significano molto.

PRESIDENTE. Vi è la proposta Russo Perez che è assai più rigorosa. L’onorevole Russo Perez propone la reclusione fino a sei mesi e la multa fino a cinquantamila lire.

TREVES. Mi associo allora, a questa proposta.

GUERRIERI FILIPPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUERRIERI FILIPPO. Volevo chiedere un chiarimento in rapporto a questo articolo 14: la Commissione intende che, una volta adempiuto l’obbligo della pubblicazione della risposta e della rettifica, sia esaurita tutta la vertenza fra l’offensore e l’offeso, oppure, come io credo, rimane sempre viva la possibilità di agire per legge penale nei confronti dell’offensore da parte dell’offeso?

CEVOLOTTO, Relatore. Naturalmente questa legge non può sopprimere il diritto di querela.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

CEVOLOTTO, Relatore. Per quanto si riferisce all’emendamento Schiavetti, la Commissione non ha nessuna difficoltà ad accettarlo, anzi è lieta di accettarlo. Nella discussione generale ho messo in rilievo che la formulazione della prima Commissione giornalistica, mantenuta senza un preciso esame da parte della Commissione, era in fondo la vecchia formulazione dell’editto sulla stampa rimasta in questo nuovo progetto di legge quasi per forza di inerzia. Essa certamente non risponde alla situazione attuale perché non si può pretendere che perché una persona è stata nominata o semplicemente indicata in un giornale, questa persona abbia il diritto di fare inserire una risposta che superi il doppio dello scritto al quale si riferisce. Se, per esempio, quindi, una persona fosse nominata in un articolo di fondo, avrebbe diritto di inserire una risposta lunga il doppio dell’articolo di fondo e nello stesso punto del giornale. Basterebbe pensare a questo per riconoscere che questo testo non può sussistere. Quindi l’emendamento Schiavetti, nella prima e seconda parte, la Commissione lo accetta. Accetta pure la proposta dell’onorevole Colitto di aggiungere le parole «o affermazioni».

Quanto agli emendamenti dell’onorevole Russo Perez e dell’onorevole Riccio, evidentemente essi hanno un movente comune, cioè l’intenzione di punire la mancata pubblicazione della rettifica. Anche questo sembra opportuno; perché è invalso, in una parte della stampa, l’uso di non tenere nessun conto forse in parte anche per il fatto che oggi i giornali hanno pochissimo spazio delle rettifiche che vengono mandate: mentre è evidente il diritto di chi è offeso di veder pubblicata la risposta o il chiarimento che intende dare. Quindi, noi accettiamo il principio. Quanto alla misura della pena, la Commissione si rimette naturalmente all’Assemblea.

L’emendamento Riccio parla di ammenda da lire 1000 a 20.000. Intanto, noi proporremmo che non si parlasse di ammenda ma di multa, perché non si tratta di una contravvenzione ma di un reato che ha carattere di delitto. Ad ogni modo, sembra anche alla Commissione che l’ammenda da lire 1000 a 20.000 sia oggi poca cosa, col valore attuale della moneta. Probabilmente, qualche giornalista preferirebbe pagare le 5 o 6.000 lire a cui verrebbe condannato, piuttosto che pubblicare la rettifica che gli viene domandata. Quindi, occorre stabilire una pena che sia sensibile, che renda effettivo questo diritto della rettifica. Comunque, per quel che riguarda la misura della pena, la Commissione si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Cevolotto, accetta anche la seconda parte dell’emendamento Riccio?

CEVOLOTTO, Relatore. Sì l’accetto.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Andreotti di esprimere il parere del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Concordo pienamente con l’opinione espressa dall’onorevole Cevolotto, cioè accetto i due emendamenti dell’onorevole Schiavetti, che mi pare rispondano alle due esigenze: all’esigenza di chi si senta ingiustamente nominato nel giornale (e non semplicemente nominato), e all’esigenza tecnica del giornale stesso. Per quanto riguarda la pena stabilita nel caso di mancata inserzione della rettifica, a me sembra che nella fase attuale, che è di formazione di un giornalismo nuovo e quindi presenta maggiori difficoltà, potremmo stabilire anche una pena forte, quale è quella contemplata nell’emendamento Russo Perez, augurandoci che l’uso di questa pena sia il più raro possibile nel nostro Paese.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Noi aderiamo all’emendamento Schiavetti, ma vorremmo che si facessero presenti ambedue le ipotesi lesive della dignità umana, in questa materia estremamente delicata.

La prima, tipicamente intenzionale, mi pare sia considerata adeguatamente con le parole: «atti o pensieri lesivi della loro dignità». Ma resta la seconda, per cui la dignità umana può essere lesa anche senza questa intenzionalità, per esempio a seguito di errore, ipotesi che è contemplata in maniera analoga anche nel regolamento della Camera, ove si disciplina il fatto personale che tocca la onorabilità del deputato. Ora, tale caso mi sembra espresso in maniera eccessivamente restrittiva, quando si dice: «ritenuti contrarî a verità», poiché sembra allora che l’offeso debba fare capo al giudizio corrente, a ciò che è l’opinione media, secondo un criterio di normalità. Viceversa, se noi ci vogliamo porre sul terreno di una effettiva difesa della dignità, dovremo contemplare non solo il caso in cui le persone siano lese da giudizi oggettivamente «ritenuti contrarî a verità», ma anche da apprezzamenti da esse considerati tali. Si potrebbe dire: «o da esse assunti come contrarî a verità».

SCHIAVETTI. Accolgo questa modifica.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Io non direi soltanto «contrarî a verità», perché il direttore di giornale non possa trincerarsi, nel suo rifiuto, dietro l’affermazione che i fatti sono veri o pretendere la previa dimostrazione che sono contrari a verità.

SCHIAVETTI. C’è il procedimento della diffamazione; è altra cosa.

PRESIDENTE. L’onorevole Russo Perez ha presentato una proposta, la quale è analoga a quella presentata dall’onorevole Titomanlio Vittoria. Fra le due, c’è diversità in relazione all’entità delle pene fissate.

Vorrei pregare i due proponenti di cercare di accordarsi, magari su una linea mediana.

TITOMANLIO VITTORIA. Aderisco alla formulazione dell’onorevole Russo Perez per quanto riguarda il primo comma, mantenendo il secondo comma.

RUSSO PEREZ. Accetto di aggiungere al mio emendamento il secondo comma dell’emendamento Titomanlio Vittoria.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Siccome non sono un giurista, desidero un chiarimento: si propone la multa fino a 50.000 lire; ma vi è un minimo iniziale o no?

Io propongo che la multa vada da 5.000 a 50.000 lire.

MICCOLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICCOLIS. Propongo che la multa vada «da 30.000 a 50.000 lire».

SILES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILES. Propongo che si dica: «non inferiore a lire 50.000». Dato il valore attuale della moneta non si tratta di cifra eccessiva.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione si permette di osservare questo: non procediamo adesso, come qualche volta accade, di inasprimento in inasprimento, verso qualche limite che sorpasserebbe quella che è la normalità delle pene nel nostro sistema. Non dobbiamo per questo caso stabilire delle penalità stravaganti rispetto alle pene che si comminano in tutti gli altri casi, altrimenti configureremo questo come il reato più grave e preoccupante che esista non soltanto nella legislazione della stampa, ma in tutta l’analoga legislazione italiana. Non usciamo dai limiti consueti. Mettiamo pure un minimo di cinque mila lire, perché non bisogna dimenticare che a questa pena si aggiunge la reclusione, la quale parte da un minimo di quindici giorni. Il limite di cinquanta mila lire è assolutamente eccezionale nella nostra legislazione.

SILES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILES. Insisto nel far presente all’onorevole Cevolotto che il reato di diffamazione è molto grave.

PRESIDENTE. Non stiamo stabilendo la pena per la diffamazione. È stato spiegato che questa disposizione lascia inalterato il diritto di procedere per diffamazione: si tratta di due cose diverse.

Onorevole Miccolis, mantiene il suo emendamento?

MICCOLIS. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del primo emendamento Schiavetti, accettato dalla Commissione e dal Governo:

«Sostituire la prima parte del primo comma, sino alle parole: nominate o indicate nel periodico, con le parole seguenti: Il gerente responsabile è tenuto a far inserire nel periodico, integralmente e gratuitamente, le risposte, rettifiche o dichiarazioni delle persone cui siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni lesivi della loro dignità o da esse ritenuti contrari a verità».

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Vorrei rilevare una pura questione di forma; le parole: «il gerente responsabile» vanno sostituite con le altre: «il direttore o il vice-direttore responsabile», visto che la figura del gerente responsabile non esiste più.

PRESIDENTE. Sta bene. Allora pongo in votazione la formulazione testé letta con questa modifica.

(È approvata).

Passiamo alla seconda parte del primo comma dell’articolo 14:

«purché le risposte, rettifiche o dichiarazioni non abbiano contenuto che possa dar luogo a incriminazione penale e non superino il doppio dello scritto al quale si riferiscono».

L’onorevole Schiavetti ha proposto di sopprimere le parole: «e non superino il doppio dello scritto al quale si riferiscono».

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Io osservo però che di questo non si è parlato prima; se si fosse accennato a tale «incriminazione penale», io avrei detto che una norma del genere sarebbe pericolosa, perché darebbe al diffamatore la possibilità di eludere la disposizione di legge.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Cevolotto per esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. Questa formula è la vecchia formula tradizionale, ed è sempre stata usata. E per questa ragione: se alcuno, rettificando una notizia o una affermazione lesiva per lui, attribuisse a sua volta fatti disonorevoli, o diffamasse o ingiuriasse altra persona, esporrebbe, per ciò solo, il direttore del giornale che pubblicasse questa rettifica a poter essere perseguito, per diffamazione o per ingiuria; e questo assolutamente non si può permettere.

Dice l’onorevole Russo Perez: badate che in questo modo voi permettete al direttore di non pubblicare la rettifica, adducendo un pericolo di essere perseguito penalmente, pericolo che molte volte potrebbe non esserci. Però io faccio osservare questo: noi abbiamo proprio adesso stabilita una pena abbastanza sensibile per il direttore che non pubblichi la rettifica. Ora, se il direttore si trincerasse in mala fede dietro la formula che noi votiamo, e cioè adducesse di non aver pubblicato la rettifica perché poteva dar luogo a incriminazioni penali, il giudice giudicherà se questa è una scusa; vaglierà cioè se lo scritto che gli viene sottoposto poteva contenere il pericolo di una incriminazione penale. E nel caso che ritenga che questa non sia che una scusa cioè un modo di eludere la pubblicazione della rettifica, condannerà il direttore del giornale per non aver pubblicato la rettifica. Perciò, la garanzia c’è sempre.

Insisto quindi, nel ritenere che non sia il caso di prescindere da questa formula che si è sempre usata.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la seconda parte del primo comma con la soppressione proposta dall’onorevole Schiavetti:

«Purché le risposte, rettifiche o dichiarazioni non abbiano un contenuto che possa dar luogo a incriminazione penale».

(È approvata).

L’onorevole Schiavetti ha anche proposto di sostituire il secondo comma dell’articolo 14 col seguente:

«La pubblicazione prevista nel comma precedente deve farsi entro tre giorni nella medesima pagina o rubrica del periodico e con i medesimi caratteri dello scritto che l’ha determinata».

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il termine di tre giorni per i quotidiani va bene; credo che non possa ammettersi per le pubblicazioni di altra natura, che possono uscire mensilmente o trimestralmente.

Per i periodici si potrebbe dire: «nel secondo o terzo numero successivo».

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Vorrei dire anzitutto che probabilmente converrebbe precisare: «nel numero immediatamente successivo». In secondo luogo vorrei proporre all’onorevole Schiavetti un’aggiunta a questo emendamento, menzionando anche l’obbligo della pubblicazione nella medesima edizione o, più precisamente, nelle medesime edizioni. Anche la Francia ha una norma di questo genere.

PRESIDENTE. Onorevole Schiavetti, accetta la proposta dell’onorevole Dominedò?

SCHIAVETTI. Sì.

PRESIDENTE. Allora, l’emendamento Schiavetti risulterebbe del seguente tenore:

«La pubblicazione prevista nel comma precedente deve farsi entro tre giorni per i quotidiani e nel numero immediatamente successivo per gli altri periodici nella medesima edizione, pagina o rubrica del periodico e coi medesimi caratteri dello scritto che l’ha determinata».

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Io ho dei dubbi sull’espressione: «nel numero immediatamente successivo» per quanto riguarda i giornali non periodici. Supponiamo che il giornale esca la domenica e che si mandi la rettifica il venerdì o il sabato; non ci sarebbe più tempo per la pubblicazione. Bisogna specificare meglio chiarendo che si intende nel numero successivo in cui sarà possibile fare la pubblicazione.

RUSSO PEREZ. Io direi: «nel primo numero che sarà pubblicato dopo l’arrivo della rettifica».

PRESIDENTE. Ritengo pericolosa la sua proposta, onorevole Russo Perez. È capitato a me personalmente di vedermi addurre il fatto che la rettifica non era giunta, o era giunta dopo tre mesi – cosa difficile a documentare – come giustificazione della mancata pubblicazione.

RUSSO PEREZ. Ma, in questi casi, la rettifica si manda per mezzo di ufficiale giudiziario.

BERTONE. Oppure con lettera raccomandata e ricevuta di ritorno.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Mi sembra che se si dice: «nel numero immediatamente successivo all’arrivo della rettifica» ci troviamo proprio nel caso ipotizzato dall’onorevole Bertone. Mentre se diciamo «nel numero successivo» s’intende che questo numero sarà quello nel quale è tecnicamente possibile pubblicare la rettifica. Non occorre dire di più. Quindi riterrei preferibile la formula «nel numero successivo» togliendo la parola «immediatamente».

MAFFI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAFFI. Ritengo che valga la pena di prendere tutti i provvedimenti profilattici per sanare questo grave male della società. Affinché la rettifica avvenga di fatto e perché la gravezza di essa pesi sul colpevole. Io propongo pertanto che la rettifica sia pubblicata per tre giorni consecutivi. (Commenti).

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Mi pare che la proposta dell’onorevole Maffi sia veramente eccessiva. Faccio notare, al riguardo, che qui non si tratta di casi di diffamazione per i quali evidentemente intervengono altri mezzi. Qui si tratta di semplici rettifiche di dati che risultano inesatti: non bisogna attribuire poi troppa importanza a ciò che si scrive sui giornali.

Se ciascuno di noi dovesse inviare rettifiche di questo genere in base a quelli che sono, ad esempio, i nostri resoconti parlamentari, non la finiremmo più. Io – per restare all’esempio – avrei in questi giorni dovuto inviare per lo meno una cinquantina di lettere raccomandate!

PRESIDENTE. L’onorevole Cevolotto ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sulla proposta dell’onorevole Maffi.

CEVOLOTTO, Relatore. Vorrei pregare l’onorevole Maffi di non insistere perché, fra le altre cose, dato il poco spazio che hanno attualmente i giornali quotidiani a sole due pagine, essi non potrebbero evidentemente pubblicare le rettifiche per tre giorni consecutivi: non lo potrebbero tecnicamente e cercherebbero tutti i mezzi per eludere questa disposizione.

Ho l’impressione che – l’Assemblea mi perdoni la franchezza – di aumento in aumento, se continuiamo altri quindici minuti, qui si arrivi alla pena di morte. (Ilarità). Pregherei pertanto l’Assemblea di volersi arrestare a quanto è stato già stabilito, che mi pare abbastanza severo.

PRESIDENTE. Onorevole Andreotti, vuole esprimere il pensiero del Governo su questa proposta?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Concordo anch’io con il pensiero dell’onorevole Cevolotto, poiché ritengo che, data la frequenza dei casi da noi giustamente previsti in modo abbastanza ampio, ciò non sia assolutamente possibile, in quanto, se ciò dovesse risultare in pratica troppo gravoso, si finirebbe molto facilmente con l’instaurare un principio di desuetudine pratica, subito dopo che la legge sarà stata pubblicata.

Io penso quindi che, se noi ci contenteremo e se noi faremo in modo che le rettifiche vengano pubblicate una volta, avremo già raggiunto con ciò un risultato sodisfacente, mentre l’obbligare a pubblicare per ben tre volte semplici rettifiche di notizie di cronaca significherebbe chiedere ai giornali di più di quanto legittimamente non si possa.

PRESIDENTE. Onorevole Maffi, mantiene la sua proposta?

MAFFI. La ritiro.

PRESIDENTE. Pongo allora in votazione il secondo comma dell’articolo 14 nella formulazione Schiavetti così modificata:

«La pubblicazione prevista nel comma precedente deve farsi entro tre mesi per i quotidiani e nel numero successivo per gli altri periodici, nella medesima edizione, pagina o rubrica del periodico e con i medesimi caratteri dello scritto che l’ha determinata».

(È approvato).

L’onorevole Schiavetti ha presentato inoltre il seguente emendamento aggiuntivo:

«La rettifica non può sorpassare la lunghezza dell’articolo o del passo cui essa si riferisce. Essa potrà tuttavia raggiungere le venti righe, qualora l’articolo o il passo da rettificare sia di una lunghezza minore».

Lo pongo in votazione.

(È approvata).

Ora passiamo all’emendamento aggiuntivo concordato degli onorevoli Russo Perez e Titomanlio Vittoria:

«Il rifiuto di ottemperare all’obbligo anzidetto è punito con la reclusione fino a sei mesi e con la multa sino a lire 50.000».

«La sentenza di condanna va pubblicata per estratto nel periodico stesso».

MICCOLIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICCOLIS. Proporrei tre mesi invece di sei e la multa da 30 a 50.000.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Mi accorgo che, dopo un’ondata di severità, c’è ora una ondata di benevolenza per i diffamatori; ma forse non si pensa che molte volte una diffamazione, la quale mette in gioco la vita privata di un uomo o i suoi più delicati sentimenti, è un fatto più grave di un ferimento e talvolta di un omicidio, e si discute se la pena possa arrivare nel massimo sino a sei mesi di reclusione! Ma è inferiore a quella che meriterebbe un libellista abituale!

MICCOLIS. Mantengo la mia proposta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione le seguenti parole dell’emendamento Russo Perez, Titomanlio, con la modificazione dell’onorevole Miccolis:

«Il rifiuto di ottemperare all’obbligo anzidetto è punito con la reclusione fino a tre mesi».

(Non sono approvate).

Pongo in votazione la stessa formula con la modifica:

«sino a sei mesi».

(È approvata).

Relativamente alla pena pecuniaria vi sono tre proposte: quella dell’onorevole Siles: «non inferiore a lire 50.000», quella dell’onorevole Miccolis: «da 30 a 50 mila» e quella dell’onorevole Russo Perez: «50.000».

Pongo in votazione la formulazione dell’onorevole Siles:

«e la multa non inferiore a lire 50.000».

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo in votazione la proposta Miccolis:

«e la multa da trenta a cinquantamila lire».

(È approvata).

Pongo in votazione la seconda parte dell’emendamento Russo Perez-Titomanlio Vittoria:

«La sentenza di condanna va pubblicata per estratto nel periodico stesso».

(È approvata).

L’articolo 14 risulta nel suo complesso così approvato:

«Il direttore o il vice-direttore responsabile è tenuto a far inserire nel periodico, integralmente e gratuitamente, le risposte, rettifiche o dichiarazioni delle persone cui sono stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni lesivi della loro dignità o da esse ritenuti contrari alla verità, purché le risposte, rettifiche o dichiarazioni non abbiano contenuto che possa dar luogo a incriminazione penale.

La pubblicazione prevista nel comma precedente deve farsi entro tre giorni per i quotidiani e nel numero successivo per gli altri periodici nella medesima edizione, pagina o rubrica del periodico e con i medesimi caratteri dello scritto che l’ha determinata.

«La rettifica non può sorpassare la lunghezza dell’articolo o del passo a cui essa si riferisce. Essa potrà tuttavia raggiungere le venti righe qualora l’articolo o il passo da rettificare sia di una lunghezza minore.

Il rifiuto di ottemperare all’obbligo anzidetto è punito con la reclusione sino a sei mesi e la multa da trentamila a cinquantamila lire.

«La sentenza di condanna va pubblicata per estratto nel periodico stesso».

Passiamo all’articolo 15. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Pubblicazioni a richiesta dell’autorità.

«Il direttore responsabile è obbligato a far inserire integralmente, a pagamento, nel periodico da lui diretto gli scritti che, nel pubblico interesse, gli siano inviati dall’autorità per la pubblicazione.

«Nel pronunciare condanna per reato commesso mediante pubblicazione in un periodico, il giudice ordina in ogni caso la pubblicazione della sentenza, integralmente o per estratto, nel periodico stesso. Il direttore responsabile è tenuto ad eseguire gratuitamente la pubblicazione a norma dell’articolo 615, primo comma, del Codice di procedura penale».

PRESIDENTE. Anche in questo articolo per ragioni di coordinamento si deve dire: «il direttore o il vicedirettore responsabile».

Gli onorevoli Titomanlio Vittoria, Riccio Stefano e Schiratti hanno proposto il seguente emendamento:

«Al primo comma sopprimere le parole: a pagamento».

L’onorevole Titomanlio Vittoria ha facoltà di svolgerlo.

TITOMANLIO VITTORIA. Mettere che l’inserzione deve essere a pagamento significherebbe ridurre le possibilità delle pubblicazioni. Perciò chiedo che si sopprimano le parole «a pagamento».

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Relatore di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione ricorda che nella discussione generale da parte di alcuni deputati si è obiettato a questo articolo – sebbene l’obiezione non sia poi stata concretata in un emendamento – che la formulazione, che è quella tradizionale, non è felice.

Si è detto che l’autorità può inviare uno scritto che essa qualifichi a suo arbitrio come scritto da pubblicare nel pubblico interesse, ma che può essere di qualunque natura. Si è persino fatto il caso di un capo di Governo che pretenda di far pubblicare un suo articolo, qualificandolo come scritto nell’interesse generale.

Invece l’obiezione non ha fondamento, perché è evidente la portata di questo articolo, che del resto ha un’applicazione tradizionale, da quando c’è l’editto sulla stampa.

Tuttavia non sarà male chiarire. Proponiamo, intanto, che si sostituiscano nella prima linea alle parole «è obbligato» le altre «è tenuto», per mettere l’articolo 15 in armonia con l’articolo 14, in cui si è usata questa espressione.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Andreotti ad esprimere il parere del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. La discussione di questo articolo è resa molto meno interessante per l’assenza dell’onorevole Labriola, che l’altro giorno vi dedicò gran parte del suo discorso in sede di discussione generale. L’onorevole Labriola disse che questa era la novità più atroce del progetto ministeriale, accettato dalla Commissione, novità, che, in realtà, esiste anche nel testo, finora in vigore, dell’editto albertino.

Ci troviamo, ora, di fronte ad un alleggerimento di questi obblighi.

È giusto parlare di «comunicati» anziché di «scritti», perché questa parola dà maggiormente il senso della finalità di questo articolo. Ma, nonostante la specificazione, rappresenta una specie di pleonasmo, perché non ci sarà mai un Governo che invii ai giornali, per la pubblicazione coattiva, un articolo o un romanzo a puntate di un Ministro o del Presidente del Consiglio.

Credo poi che debba rimanere l’espressione «a pagamento», perché questo rappresenta un atto di rispetto, in qualche forma, per la personalità dei giornali. L’articolo non mi pare che possa in qualche maniera offendere – come diceva l’onorevole Labriola l’altro giorno – la libertà di stampa, e credo che anzi avvenga il contrario: cioè, che molti giornali si potranno augurare di ricevere a pagamento dallo Stato e dalle autorità qualche comunicato per incrementare il proprio bilancio.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. Confesso che l’articolo, anche con la modifica proposta, mi pare che possa lasciare adito a qualche perplessità, perché non si chiarisce abbastanza qual è la natura di queste comunicazioni ufficiali del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Nel pubblico interesse.

MANZINI. Appunto, l’onorevole Sottosegretario ha sottolineato la frase che esprime il concetto dell’interesse pubblico. Ma io credo che, dal punto di vista dei giornalisti, si possa rimanere alquanto incerti di fronte a questa formulazione, perché, che cosa s’intende per un comunicato che abbia interesse pubblico? Per esempio, il Governo promuove un prestito nazionale. Ma è pacifico che tutti i giornali pubblicheranno notizie di questa natura! Un comunicato del Consiglio dei Ministri, anche.

Quindi, non so a quali circostanze ci si possa riferire. Io propongo, quindi, di sospendere la votazione di questo articolo in attesa di una formulazione più sufficiente.

FUSCHINI. Quali sono questi comunicati? In che materia?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Possono essere quelli che attengono all’ordine pubblico.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Io trovo che va benissimo, così come è stata formulata, la proposta, perché, nel fatto della spesa cui deve andare incontro l’ufficio, c’è una autolimitazione. Nessun ufficio pubblico ha interesse di mandare un comunicato e di andare incontro ad una spesa, se non ve ne sia la necessità. Quindi c’è un’autolimitazione, e non hanno ragion d’essere le preoccupazioni del collega Manzini.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Proporrei che alla parola «comunicati» si aggiungesse: «indicati come tali», in modo che il pubblico che legge il giornale sappia che si tratti di comunicati di cui il giornale non è responsabile.

PRESIDENTE. Onorevole Manzini, insiste nella proposta di rinvio?

MANZINI. Insisto, perché non sono persuaso.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Propongo la soppressione di questo articolo.

Il Governo per la polemica politica ha la sua stampa, che è sempre, per ragioni intuitive, abbondante. Quando si tratta, invece, di comunicati di interesse generale, per esempio il caso di un prestito, come è stato già accennato, o il caso di notizie inerenti al funzionamento dei pubblici servizi, o di benessere della popolazione, tutti i giornali hanno piacere, anche per ragioni pubblicitarie, di pubblicare simili cose.

Se si tratta di offesa fatta alle autorità, le autorità possono valersi delle disposizioni votate. Quindi, credo che questo omaggio reso alle autorità sia di vecchio stile, e tradisca uno spirito che ha caratteristiche del regime che abbiamo sostituito.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Siccome è una norma che può benissimo essere staccata nell’economia di questa legge, possiamo anche rinviarla alla futura legge sulla stampa, quando si discuterà di tutto il resto delle disposizioni che oggi abbiamo accantonato.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Faccio rilevare che la proposta si richiama al primo comma, non al secondo, che si può votare.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Concordo.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il primo comma è rinviato alla futura legge sulla stampa.

(Così rimane stabilito).

Sta bene. Pongo in votazione il secondo comma:

«Nel pronunciare condanna per reato commesso mediante pubblicazione in un periodico, il giudice ordina in ogni caso la pubblicazione della sentenza, integralmente o per estratto, nel periodico stesso. Il direttore o vice-direttore responsabile è tenuto ad eseguire gratuitamente la pubblicazione a norma dell’articolo 515, primo comma, del Codice di procedura penale».

(È approvata).

Passiamo all’articolo 15-bis: se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Giornali murali.

«Il giornale murale, che abbia un titolo e una normale periodicità di pubblicazione, anche se in parte manoscritto, è regolato dalle disposizioni della presente legge. Tuttavia non si applicano ad esso le disposizioni di cui agli articoli 10 e 11.

«Nel caso di giornale murale a copia unica, agli effetti dell’articolo 4, è sufficiente che venga dato avviso della affissione al procuratore della Repubblica.

«I giornali murali sono esenti da ogni gravame fiscale».

PRESIDENTE. Faccio presente che il secondo periodo del primo comma, riferendosi ad articoli che non sono stati compresi nello stralcio, va soppresso.

(Così rimane stabilito).

MAZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZONI. Non si è mai così impopolari, come quando ci si mette contro le cattive abitudini dell’ora che passa. Io sono abbastanza vecchio per aver conosciuto questa nostra Italia in momenti diversissimi, quando la gente era più povera di adesso e quando aveva meno mezzi per comperare i giornali. Io considero la cosa dal punto di vista di una assoluta obiettività, di estetica e di decenza. Lasciatemi dire che noi siamo ammalati di alcune perverse abitudini, che disonorano veramente il nostro buon gusto italiano: i muri tutti imbrattati da qualunque affissatore che si crede in diritto di appiccicare i manifesti dove vuole. (Applausi). Spero che non ci sarà nessuno che, in nome della colla o del pennello, voglia contestare l’obiettività di questa mia affermazione. Non basta questo, ma è venuto di moda anche il giornale murale, che è un misto fra l’attività lazzaronistica e l’analfabetismo. (Approvazioni).

MOLINELLI. Ma non sa che i giornali murali hanno servito alla lotta contro il fascismo, in Italia? (Commenti). Gli operai li hanno creati come mezzi di guerra contro il fascismo, e lei non lo sa, perché forse non c’era.

MAZZONI. Io ringrazio l’onorevole Molinelli, il quale ha dato un argomento alla mia tesi. Nel momento dell’impossibilità di agire, quando i giornali non si possono stampare e non si possono vendere, si fa nobilmente e gloriosamente lavorare il poligrafo anche con le lettere a mano, si va nei teatri d’Italia, come nel 1848, con il fazzolettino tricolore della dama in decolleté; ma questi sono mezzi eroici. Nei momenti gloriosi dell’insurrezione, interdetta qualsiasi possibilità, si adoperano tutti gli strumenti che sono a disposizione. Ma spero che l’onorevole Molinelli non vorrà darmi a intendere – benché egli gridi molto forte – che oggi qualunque povero della terra non sia capace di comperare e di leggersi il suo giornale in quella compostezza che si addice ad un popolo civile. Io, queste frecce fatte in lapis blu e rosso, non le capisco. (Rumori all’estrema sinistra). E badate bene: noi tutti abbiamo sulla coscienza di queste magagne, siamo tutti imputati. Però dico che è una cosa da popoli inferiori (Rumori all’estrema sinistra) e propongo formalmente che questi giornali murali non siano più permessi.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzoni, forse sarebbe opportuno che lei sciogliesse un equivoco. Lei ha parlato cumulativamente di due cose diverse. Una cosa sono i giornali quotidiani, che vengono attaccati ai muri, ed un’altra i giornali murali. Vorrei che lei precisasse la sua proposta.

MAZZONI. Non ho particolari ragioni contro l’una o l’altra forma: dico che sono contro gli uni e gli altri. Questi giornali quotidiani appiccicati sui muri e che imbrattano tutte le città d’Italia sono un segno indecoroso. (Commenti all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Allora la proposta dell’onorevole Mazzoni va riferita ai giornali murali, in quanto dell’altro argomento non è fatta parola nel disegno di legge.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. Credo che nella proposta dell’onorevole Mazzoni si debba distinguere una parte di sostanza e una parte di forma. Per quanto riguarda l’inserzione contro gli arabeschi murali, credo che sia argomento che evade dal testo della legge sulla stampa. Comunque, è già contenuto in quell’articolo della Costituzione che assicura la difesa del paesaggio. Quindi, si potrebbe ricorrere eventualmente a questo articolo.

Ma, quello che riguarda in questo momento la nostra discussione, e cioè la legge sulla stampa, credo sia lo spirito della proposta Mazzoni, se non la forma; in quanto non si può certo proibire che possa essere usata, come mezzo di propaganda, la forma decorosa e ordinata di un giornale murale, cioè una targa o una piastra di legno messa su di un crocicchio o in uno stabilimento. Quello che si deve fare è regolamentare (ecco la parte che a me pare accettabile della proposta Mazzoni), disciplinare il giornale murale, il quale diventa, per il suo carattere estemporaneo e popolaresco, la forma di stampa periodica, che assume più facilmente lo stile polemico più acuto e qualche volta diffamatorio, prescindendo da considerazioni di carattere estetico. Ma appunto di questo si preoccupa la legge: regolamentare, o per lo meno sottoporre alla forma di controllo legittima a cui è sottoposta tutta la stampa, cioè il foglio quotidiano, il foglio periodico ciclostilato ecc., anche i giornali murali, che oggi costituiscono una forma molto popolare ed incisiva di propaganda politica. Quindi, direi che in questo senso egli già trova un soddisfacimento della sua esigenza in questa legge sulla stampa, che impone ai giornali murali il limite del decoro e dell’obiettività.

MOLINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. Se avessi parlato prima, dato che avevo chiesto di parlare, l’onorevole Mazzoni avrebbe evitato di dire delle parole, che provano la scarsissima conoscenza che egli ha del problema dei giornali murali, della loro origine e della loro importanza. Tanto questo è vero, che egli scambia i giornali murali con i quotidiani affissi sui muri della capitale o con qualsiasi altro manifesto che imbratti i muri.

MAZZONI. Facevo il giornalista quando lei non era ancora nato.

MOLINELLI. Capisco gli scrupoli estetici dell’onorevole Mazzoni che, se non erro, faceva commercio di arte. (Interruzione del deputato Mazzoni). Non voglio dire cosa offensiva: si occupava di arte. Capisco, ripeto, che i sensi estetici dell’onorevole Mazzoni possano essere offesi da certe forme ancora primordiali, primitive di questi giornali…

MAZZONI. Degne dell’Abissinia.

MOLINELLI. Una delle preoccupazioni da cui era animato chi ha presentato questo articolo, per il quale in seno alla Commissione trovò l’appoggio di altri rappresentanti dei partiti di massa, compreso il democristiano, era appunto di dare anche a questa nuova forma di diffusione del pensiero un suo limite, una sua legalizzazione.

Tuttavia, bisogna che questo limite e questa legalizzazione siano contenuti in maniera tale, da non uccidere il giornale murale. Dopo lo stralcio fatto, una parte di questo articolo verrebbe a cadere; un’altra verrebbe ad essere aggravata, fino a rendere difficile la vita del giornale stesso, con l’approvazione dell’articolo 7, da cui è previsto che il direttore responsabile – anche del giornale murale, che qualche volta è il semplice operaio, il quale, uscendo dall’officina, lo compila a mano, esteticamente male, ma politicamente bene – dovrebbe essere iscritto all’albo dei giornalisti.

Penso che questa materia possa essere meglio esaminata dalla futura legge sulla stampa.

Pertanto propongo che la Commissione voglia accettare che sia tolto quest’articolo dallo stralcio che abbiamo fatto.

VILLANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VILLANI. Io non so se l’amico Mazzoni sia stato mosso, nel fare le sue osservazioni, da motivi prevalentemente o esclusivamente di carattere estetico. Devo però dichiarare, perché non nasca equivoco, che potrebbe essere sgradevole per una parte di noi, che almeno io personalmente e, penso buona parte del nostro Gruppo, non condivide gli apprezzamenti eccessivamente aspri, nella forma, con cui l’onorevole Mazzoni ha condannato in modo implacabile e definitivo il giornale murale.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. Credo che la proposta Molinelli annullerebbe lo spirito della nostra discussione, perché il tema del quale maggiormente si è preoccupata l’Assemblea è quello della diffamazione. Nonostante tutta la buona volontà e l’entusiasmo, con cui vengono composti i giornali murali, proprio in questi avvengono più facilmente attacchi personali e qualche volta tali, da provocare incidenti.

Io vengo dall’Emilia: domenica scorsa sono stati sfasciati a colpi di scure dei giornali murali, perché si riteneva che citazioni in essi fatte offendessero una parte o una persona.

Sarebbe un errore lasciare nell’ombra, senza regolamentazione, questa forma di propaganda organica e continuativa, che va assumendo una grande importanza politica.

Quindi, mi dichiaro contrario alla proposta di rinvio di questo articolo, che ha il suo valore.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione, nell’accettare la proposta Molinelli di inserire l’articolo sul giornale murale, è stata animata appunto dalle considerazioni testé espresse dall’onorevole Manzini: cioè dall’opportunità di cominciare a regolare anche questa forma di propaganda.

Non mi sembra che l’obiezione fatta oggi dallo stesso onorevole Molinelli sia insuperabile. Egli ha fatto cenno alla circostanza che la condizione dell’iscrizione nell’albo per il direttore del giornale murale sarebbe troppo gravosa.

Credo che nessuno muoverebbe eccezione, se si dicesse: al direttore non è riferibile l’obbligo dell’iscrizione nell’albo dei giornalisti.

Sarebbe facile superare quest’ostacolo.

Comunque, la Commissione ritiene che questa novità, una delle poche novità della legge, di cominciare a regolare anche i giornali murali, sia cosa opportuna.

Se l’Assemblea ritiene, invece, di dovere rinviare alla futura legge, vuol dire che i giornali murali continueranno a vivere in una forma, la quale è abusiva ed illegale in questo momento. Sarebbe quindi opportuno legalizzarla ancora per un anno od un anno e mezzo.

PRESIDENTE. Onorevole Molinelli, lei fa proposta formale di rinvio?

MOLINELLI. Sì, e ringrazio l’onorevole Cevolotto di essermi venuto incontro, considerando che questa materia deve essere regolata in sede di discussione della legge sulla stampa.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Vorrei ricordare ad alcuni colleghi, i quali non se ne ricordano, che il codice penale provvede già in parte a risolvere questo problema, perché anche prima che avessimo approvata la nuova Costituzione (in cui si parla della tutela del paesaggio), esisteva l’articolo 734 dell’attuale codice penale, il quale dice: «Chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell’Autorità, è punito con l’ammenda da lire cinquecento a tremila». (Commenti).

C’è poi un altro articolo, il 663, del seguente tenore: «Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, vende o distribuisce o mette comunque in circolazione scritti o disegni, senza avere ottenuto l’autorizzazione richiesta dalla legge ecc».

MOLINELLI. Ma per i giornali murali l’autorizzazione si chiede.

RUSSO PEREZ. «Alla stessa pena soggiace chiunque, senza licenza della Autorità o senza osservare le prescrizioni, in un luogo pubblico, aperto o esposto al pubblico, affigge – badi bene, onorevole Molinelli – affigge scritti o disegni, o fa uso di mezzi luminosi o acustici per comunicazioni al pubblico, o comunque colloca iscrizioni o disegni». Quindi la legge in parte provvede a risolvere già questo problema. (Rumori all’estrema sinistra).

MOLINELLI. Lei non ha capito: l’autorizzazione viene già richiesta. La questione è un’altra.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta Molinelli tendente a rimettere alla futura legge sulla stampa la determinazione delle norme concernenti i giornali murali.

TREVES. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Voterò contro il rinvio, ma intendo con ciò di dare un significato positivo al mio voto, che riconosce il valore che oramai si attribuisce ai giornali murali. Penso quindi sia utile disciplinare, fin da adesso, questa materia.

BETTIOL. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Anch’io voterò contro il rinvio, per il semplice fatto che ormai ci troviamo di fronte ad una consuetudine, la quale regola i giornali murali. È bene che il legislatore cominci a prenderli in considerazione, anche dal punto di vista normativo.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Voterò contro, perché mi sembra improcedurale questo secondo stralcio.

Ieri, mi pare, infatti, uno stralcio fu effettuato, e con esso si voleva significare che determinate materie e determinati argomenti, per loro ragioni intrinseche, dovevano essere trattati senza ulteriore differimento.

Non si concepisce ora una eccezione alla eccezione ed un rinvio alla legge.

PRESIDENTE. Pongo ora in votazione, la proposta di rinvio dell’onorevole Molinelli.

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

L’articolo 15-bis, con le modificazioni suggerite, risulterebbe così formulato:

«Il giornale murale che abbia un titolo ed una normale periodicità di pubblicazione, anche se in parte manoscritto, è regolato dalle disposizioni della presente legge. Tuttavia non è riferibile al suo direttore l’obbligo della iscrizione nell’albo dei giornalisti.

«Nel caso del giornale murale a copia unica è sufficiente che venga dato avviso della affissione al Procuratore della Repubblica.

«I giornali murali sono esenti da ogni gravame fiscale».

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Io credo che il chiarimento che ha proposto l’onorevole Cevolotto sia superfluo, perché noi abbiamo detto che serve la iscrizione all’albo in quei casi in cui è tassativamente richiesta dalla legge. Per il giornale murale non v’è nessuna legge che prevede le iscrizioni all’albo. Quindi mi pare del tutto superflua, ed anzi pericolosa l’aggiunta proposta.

PRESIDENTE. L’onorevole Cevolotto ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. L’unica disposizione che potrebbe essere richiamata in questo caso, è quella dell’articolo 19, mi pare, della legge del 1928, che si riferisce però espressamente al giornale quotidiano. Ora, è evidente che il giornale murale non è confondibile con quello quotidiano; quindi l’osservazione fatta dall’onorevole Andreotti è esatta.

Io avevo proposto la modificazione per una preoccupazione dell’onorevole Molinelli. Se l’onorevole Molinelli crede che questa sua preoccupazione sia caduta, dopo le dichiarazioni dell’onorevole Andreotti, mi sembra che non è più il caso di insistere sull’emendamento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 15-bis nella seguente formulazione:

«Il giornale murale, che abbia un titolo ed una normale periodicità di pubblicazione, anche se in parte manoscritto, è regolato dalle disposizioni della presente legge».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma:

«Nel caso del giornale murale a copia unica, è sufficiente che venga dato avviso della affissione al Procuratore della Repubblica».

(È approvato).

Passiamo all’ultimo comma:

«I giornali murali sono esenti da ogni gravane fiscale».

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il secondo comma ha un senso solo se si sottintende l’articolo 4, cioè la consegna obbligatoria degli stampati. Siccome l’articolo 4 non è stato stralciato, bisognerebbe adottare una formulazione diversa, in quanto non si capirebbe che cosa rappresenti questa necessità di dare avviso.

MOLINELLI. C’è già l’obbligo di consegnare le copie.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Ma non quando si tratta di un giornale a copia unica.

L’ultimo comma, soltanto, mi pare che non dovrebbe aver sede in questa legge, perché si tratta di una disposizione di carattere fiscale, che dovrebbe trovar luogo in leggi di altra natura, nella legge sul bollo o in quella sul registro.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Il secondo comma, che prescrive l’avviso al procuratore della Repubblica, forse, non è del tutto inutile, perché, sebbene in questa legge non si parli della necessità di consegnare le copie del giornale, vi è tuttavia una legge speciale che è ancora in vigore. Questa legge, dice l’onorevole Andreotti, non si applica al giornale a copia unica. Può esser vero; ma è un’interpretazione. Si potrebbe anche dire che, dal momento che viene regolato come un giornale dalla legge sulla stampa, anche di questo giornale murale è necessario fare un certo numero di copie da mandare al procuratore della Repubblica, ecc.

Per togliere ogni dubbio in proposito, forse quel capoverso può essere mantenuto. Quanto all’ultimo comma, è esatto quello che dice l’onorevole Andreotti. Ma osservo che una delle ragioni principali, per la quale si è chiesta la regolamentazione dei giornali murali, è proprio questa, perché altrimenti vengono considerati come affissi e sono quindi soggetti al relativo bollo.

Se sono giornali, se li vogliamo considerare come giornali, non debbono soggiacere a questo sistema di imposizione relativo agli affissi. In questa legge che si riferisce alla stampa, è opportuno chiarire che, dal momento che vengono considerati come giornali, sono sottoposti alla disciplina della stampa e non è ad essi applicabile la norma che stabilisce il bollo per gli affissi.

Si viene così incontro a quello che avviene già ora, perché in realtà, chi li pubblica, li considera come giornali e il bollo non lo paga. Quindi è una situazione irregolare che va regolarizzata, per non creare poi incidenti che potrebbero succedere, qualora il fisco volesse esigere il bollo, che non dovrebbe essere richiesto.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Come prima osservazione, bisogna intendersi su cosa vogliamo, perché il comma, com’era stato redatto dalla Commissione, escludeva la necessità della consegna delle copie d’obbligo e limitava questa disposizione agli altri giornali. Adesso, che è scomparso l’inciso dell’articolo 4, rimane soltanto la frase: «nel caso di giornale murale, è sufficiente che venga dato avviso». Vogliamo dire che non è necessaria la registrazione, o vogliamo conservare una cosa che non può più essere conservata?

CEVOLOTTO, Relatore. Sarebbe bene mettere: «agli effetti della legge 2 febbraio 1939, n. 374».

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Va bene; mi pare però che ciò potrebbe prestarsi ad abusi nei confronti delle leggi fiscali, in quanto, definendosi il giornale murale con una espressione un po’ elastica, potrebbe nascere un ulteriore sgravio, quello della tassa sulla pubblicità. Non ha comunque una grande importanza.

CEVOLOTTO, Relatore. È inoltre da osservare che, siccome i giornali murali devono essere registrati e quindi regolati dalla legge, le sue preoccupazioni non hanno ragione di essere.

PRESIDENTE. Il testo sarebbe dunque il seguente: «Nel caso di giornali murali a copia unica, agli effetti della legge del 2 febbraio 1939, n. 374, è sufficiente che venga dato avviso della pubblicazione al procuratore della Repubblica».

BARTALINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BARTALINI. Propongo che dopo la parola: «avviso» si aggiunga: «una volta tanto», perché mi sembra strano che ogni volta debba venire richiesto questo permesso.

PRESIDENTE. Onorevole Bartalini, in primo luogo non si tratta di un permesso, ma di un semplice avviso al procuratore della Repubblica; in secondo luogo, poiché nella legge del 2 febbraio, cui noi ci richiamiamo è detto che l’avviso deve essere dato volta per volta, è evidente che noi non possiamo derogare da questa norma. Occorrerebbe, quanto meno, che venisse qui data una diversa formulazione, senza il richiamo alla legge 2 febbraio 1939.

MATTARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTARELLA. Desidero semplicemente osservare che non può parlarsi di una segnalazione una tantum, perché se viene prevista l’ipotesi di giornale a copia unica, saremmo di fronte ad una iniziativa, che si rinnova completamente ad ogni occasione e che non avrebbe un carattere di normalità periodica.

PRESIDENTE. Onorevole Mattarella, mi pare che lei sia in errore. Altro è infatti, nel gergo giornalistico, il numero unico, altro la copia unica. Vi possono essere infatti giornali a copia unica che abbiano più numeri o, comunque, una certa periodicità; come vi possono essere numeri unici che abbiano 100.000 copie.

L’onorevole Bartalini propone la seguente formulazione:

«Nel caso di giornale murale a copia unica, è sufficiente venga dato avviso dell’affissione una volta tanto al procuratore della Repubblica».

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Qui vi è evidentemente un equivoco, perché anche il giornale murale a copia unica viene registrato come tutti gli altri giornali, e viene registrato una volta sola, perché è sottoposto alla disciplina della legge sulla stampa.

BARTALINI. Ma questo vuol dire sopprimerlo!

CEVOLOTTO, Relatore. Questa è la formulazione già votata.

Invece l’avviso è sostitutivo della consegna delle copie d’obbligo, che esiste per ogni numero che esce; consegna delle copie d’obbligo che ha due scopi: anzitutto di mettere il procuratore della Repubblica in grado di controllare, agli effetti dell’attività ch’egli può esercitare, il giornale; e in secondo luogo di dare le copie alle biblioteche e agli altri istituti che devono averle.

Ora, per questa seconda parte, per il giornale murale a copia unica evidentemente non vi è nessuna ragione di insistere. Per la prima parte, alla consegna delle copie si sostituisce il semplice avviso.

In sostituzione delle copie d’obbligo, che non ci possono essere, se non se ne tira più di una copia, vi è l’obbligo dell’avviso al procuratore della Repubblica. Quindi l’emendamento che è stato proposto non incide sulla situazione, perché non ha niente a che fare con la registrazione del giornale.

GAVINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAVINA. Io intervengo per far presente ai colleghi, che non è questione di formalità; è questione di impossibilità materiale. Si rappresenta con i giornali murali in una figura, quella che è l’espressione della mentalità e sensibilità degli strati popolari.

È così come, onorevoli colleghi, quando eravamo bambini e abbiamo visto nei cartelloni del burattinaio espressi i nostri sentimenti e le nostre idee. (Commenti al centro).

Volete sopprimere questa attività?

Ecco perché proponevamo che la questione fosse rimandata alla futura legislazione, perché fosse studiata anche questa forma nuova di espressione popolare, la quale ha un substrato sociale e psicologico profondo. È il nuovo modo di espressione di una mentalità nuova…

RUSSO PEREZ. È vecchia, non è nuova.

MAZZONI. È antidiluviana.

GAVINA. Onorevole Russo Perez, è nuova, perché si ispira ad un concetto sociale nuovo. Non potete preventivamente regolare la materia; dovete lasciare che questa materia si esplichi, poi la regolerete.

Questa è la ragione per cui proponevamo il rinvio, e questa è la ragione per cui non possiamo parlare di copie. Perché non vi è che un originale, e l’originale è nella mente del creatore.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Chi ha proposto, e proprio in questa forma, di regolare i giornali murali, è un deputato che appartiene allo stesso settore del collega che ha parlato ora; non sembra quindi che le opinioni in quel Gruppo siano concordi.

Del resto l’articolo 15-bis parla di giornale murale che abbia un titolo e una normale periodicità di pubblicazione. Quello cui accenna il collega è un manifesto (Interruzioni all’estrema sinistra), è un’espressione estemporanea da parte del singolo e quindi non rientra nella disciplina della stampa. Qui parliamo di giornale murale vero e proprio, che ha un titolo, una registrazione, una normalità di pubblicazione. Il resto è una manifestazione individuale che continuerà liberamente anche dopo la legge.

MOLINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. La discussione avvenuta sta a dimostrare come io avessi ragione di chiedere il rinvio di questo articolo, perché questa materia del giornale murale andrebbe maggiormente approfondita, anche in considerazione che la maniera in cui si manifesta oggi è diversa da regione a regione, da luogo a luogo, ed anche da ambiente ad ambiente.

Il proposito al quale io miravo quando ho fatto questa proposta era di sottrarre questa forma elementare e gratuita di diffusione del pensiero agli arbitrî delle autorità locali di pubblica sicurezza e ad una certa anarchia, chiamiamola così, di queste manifestazioni. Naturalmente non si può imbrigliare un giornale murale in tutta quella serie di norme che sono prescritte per i giornali quotidiani a larga diffusione; non si può chiedere al giornale murale di consegnare cinque o dieci copie al procuratore della Repubblica della sua edizione in unica copia; non si può chiedere al giornale murale di avere una periodicità tassativa, né si può chiedere che faccia delle edizioni numerate. La sua edizione è continua. Può avere un titolo, questo sì. In molti luoghi ha un titolo, ma in altri non lo ha, e si tratta di giornali di officine, di aziende.

La ragione principale del mio emendamento era questa: v’è oggi un arbitrio, non soltanto nel senso poliziesco della parola, ma anche un arbitrio fiscale. Un giornale murale costa mille lire. E quando si fa obbligo a piccole località, come al mio paese che conta quattrocento abitanti, di racimolare mille lire per il giornale murale, non vi si riesce.

D’altra parte bisogna riconoscere che il giornale murale rappresenta una forma più diffusa e più diretta per cui il pubblico riesce ad apprendere le notizie che è desideroso di apprendere. Attraverso il giornale murale i partiti arrivano direttamente alle masse organizzate. Per questo nella mia mente era sorta l’idea di dare una sua regolamentazione a questa nuova forma di espressione del pensiero.

Questa regolamentazione si riferiva innanzitutto a tutto il complesso della legge, facendo eccezione per alcuni articoli che non sono riprodotti nello stralcio; e inoltre si riferiva ad un bisogno generalmente sentito, quello di diffondere ciò che Giannini chiamava il sapere, la conoscenza, col mezzo più facile e meno costoso, anche se meno estetico, onorevole Mazzoni. Perché voi ci dite che vi sono stati tempi più difficili di questo. Io non credo. Certo è che oggi in Italia vi sono molto più disoccupati che in ogni altro periodo, ed è certo che in mezzo al nostro popolo non vi è la possibilità di comprare sempre contemporaneamente il pane quotidiano ed anche il giornale. È a costoro che il giornale murale è diretto!

Comunque il problema della regolamentazione v’è. Io avrei preferito che se ne fosse discusso più a lungo in sede di legge sulla stampa, ma non insisto perché è cosa passata. Nella posizione attuale e dato che questo rinvio non è stato accolto, io chiedo che si voglia intendere nel secondo periodo, con chiarezza, che l’avviso è dato per ogni nuova edizione del giornale, il semplice avviso. E questo per una ragione evidente: perché un ufficiale, un agente della pubblica sicurezza possa andare a vedere questo giornale e possa, se vuole, leggerlo.

Insisto poi particolarmente perché in questo articolo sia almeno stabilito il principio della esenzione fiscale, perché questo è uno degli argomenti materiali e solidi per cui l’articolo è stato suggerito.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ritengo che la questione sia stata chiarita abbastanza; tuttavia è da osservare che praticamente abbiamo riaperto la discussione sul secondo comma, già approvato nel seguente testo:

«Nel caso di giornale murale a copia unica agli effetti dell’articolo 4 è sufficiente che venga dato avviso della affissione al procuratore della Repubblica».

La Commissione ora propone di sostituire alle parole «agli effetti dell’articolo 4» le altre: «agli effetti della legge 2 febbraio 1939, n. 374».

Si dovrà, pertanto, considerare come non avvenuta la precedente votazione. Se non vi sono osservazioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

CORBI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBI. Propongo che al posto di «al procuratore della Repubblica» si dica: «all’autorità di pubblica sicurezza»; ciò faciliterebbe le cose in quanto che i rappresentanti dell’ordine pubblico sono in tutti i comuni, in ogni frazione.

Se veramente vogliamo che questo modesto foglio adempia alla sua funzione, che non è solo di polemica politica ma anche di informazione, semplifichiamo le cose.

E allora mi sembra che la dizione: «avviso all’autorità di pubblica sicurezza» sia più che sufficiente a garantire la cittadinanza che questo giornale murale non sia un foglio scandalistico e ricattatorio.

PRESIDENTE, Il Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. L’onorevole Andreotti ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Anche il Governo si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti. Pongo per prima in votazione la formulazione dell’onorevole Bartalini, del seguente tenore:

«Nel caso di giornale murale a copia unica è sufficiente che venga dato avviso dell’affissione una volta tanto all’autorità di pubblica sicurezza».

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo allora in votazione la formulazione della Commissione, del seguente tenore: «Nel caso di giornale murale a copia unica, agli effetti della legge 2 febbraio 1939, n. 374, è sufficiente che venga dato avviso dell’affissione all’autorità di pubblica sicurezza».

(È approvata).

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Io credo, signor Presidente, che manchi la sanzione per questo articolo di legge, perché è vero che v’è un articolo nel Codice penale che parla della disubbidienza generica a un provvedimento dell’autorità, ma è redatto in modo che potrebbe considerarsi da esso non prevista questa violazione. Infatti l’articolo 650 dice: «Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità», ma qui non si tratta di un provvedimento dato legalmente; si tratta di una norma di legge, e quindi si dovrebbe dire: «L’inosservanza è punita ai sensi dell’articolo 650 del Codice penale».

PRESIDENTE. La Commissione ha facoltà di esprimere il proprio parere.

CEVOLOTTO, Relatore. Ritengo che questa aggiunta sia superflua, perché l’articolo 650 è operativo in tutti i casi, senza eccezione alcuna.

Ad ogni modo se si ritiene di dovere meglio specificare, la Commissione non si oppone.

PRESIDENTE. Il Governo ha facoltà di esprimere il proprio parere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. In una parte successiva del disegno originario riguardante le norme penali per tutte le omissioni agli obblighi stabiliti dalla legge sono contenute norme precise. In parte le abbiamo conservate, in parte stralciate.

Eventualmente ci si potrebbe rifare a quegli articoli. Comunque il Governo si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo Russo Perez, del seguente tenore:

«L’inosservanza è punita ai sensi dell’articolo 650 del Codice penale».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo all’ultimo comma:

«I giornali murali sono esenti da ogni gravame fiscale».

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Vorrei pregare il collega Molinelli di non insistere in questa richiesta. Se si trattasse di giornali esclusivamente politici, murali o non, sarebbe forse inutile richiedere una esenzione perché l’esenzione deriva dalla natura stessa del giornale. Il giornale politico non è sottoposto a nessuna tassa. Ma un giornale murale può anche essere non politico. Vi possono essere commercianti, industriali, banchieri, dei sindacati anche che periodicamente, vogliono far conoscere le loro intenzioni, i loro programmi e lo fanno per mezzo del giornale murale. È già accaduto e può accadere. Del resto è buona norma, quando si discutono disposizioni di leggi generiche, di non interferire in provvedimenti di natura finanziaria i quali hanno bisogno di essere regolati specificamente da disposizioni che siano adottate in contradittorio col Ministro delle finanze. Le ultime disposizioni sui tributi locali contemplano precisamente la tassa sulla pubblicità in una forma abbastanza vasta e che è tutta a beneficio dei comuni e delle province e i giornali politici sono esclusi. Ma introdurre qui una disposizione per cui i giornali murali sono esenti da ogni tassa credo che possa portare a conseguenze inaspettate che domani deploreremmo. Comunque proporrei il rinvio di quest’ultima parte.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero della Commissione?

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione insiste nel suo testo.

PRESIDENTE. Il Governo è favorevole?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Ritengo che altrimenti avremmo dovuto avere una intesa precedente col Ministro delle finanze. Ora è vero che il disegno di legge risulta presentato dalla Presidenza di concerto con tutti i Ministri, ma qui si tratta di un articolo che è stato aggiunto dalla Commissione. Comunque mi rimetto all’Assemblea.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’ultimo comma, testé letto, sul quale la Commissione insiste, mentre il Governo si rimette all’Assemblea.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo all’articolo 17. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore».

PRESIDENTE. L’onorevole Schiavetti ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere le parole seguenti: nonché quei sovventori del giornale o periodico, e i rappresentanti legali di quei sovventori, le cui contribuzioni, per la loro continuità od entità, risultino singolarmente tali che senza di esse il giornale o il periodico non avrebbe potuto intraprendere o continuare le proprie pubblicazioni».

Ha facoltà di svolgerlo.

SCHIAVETTI. Questa proposta è desunta dal vecchio progetto Modigliani ed ha lo scopo di colpire i finanziatori di una certa entità.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Crispo, Villabruna, Candela, hanno presentato il seguente emendamento:

«Dopo la parola: l’editore, aggiungere le seguenti: ferme restando le garanzie di cui all’articolo 621 del Codice di procedura penale, anche nel caso di reati commessi per mezzo di stampa non periodica».

Non essendo presenti, s’intende che abbiano rinunciato a svolgerlo.

Gli onorevoli Dominedò e Moro hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere le parole seguenti: a meno che essi dimostrino di non avere potuto impedire il fatto».

L’onorevole Dominedò ha facoltà di svolgerlo.

DOMINEDÒ. In questa norma si stabilisce la responsabilità solidale dell’editore e del proprietario, cioè si contempla un tipico caso di responsabilità per fatto altrui. Ciò rientra nel quadro del nostro sistema giuridico generale, il quale configura varie ipotesi di responsabilità indiretta. Tuttavia, mentre nel sistema giuridico generale le ipotesi di responsabilità per fatto altrui accompagnate dalla solidarietà – quindi ipotesi di responsabilità presunta solidale – consentono la prova in contrario, sia pure circoscritta entro presupposti rigorosi, qui siamo in presenza di una responsabilità assoluta, juris et de jure e non juris tantum. La norma, quindi, è di particolare gravità. A me pare che, pur dovendosi e potendosi aderire al concetto dell’allargamento della responsabilità che investe altri soggetti oltre il principale soggetto responsabile che è il direttore, dovremmo, per ragioni di equilibrio, temperare questo allargamento attraverso l’ammissibilità di una prova in contrario, sia pur rigorosa e quindi tale da rafforzare la presunzione.

La formula che adotterei è quella normale del Codice civile nella generalità dei casi di responsabilità per fatto altrui. Saremo così in presenza di soggetti responsabili, a meno che essi dimostrino – con l’onus probandi a loro carico – di non aver potuto impedire il fatto.

Il Relatore, che si è posto il problema esplicitamente e ha tenuto presente come alcuni commissari abbiano posto questo quesito, fa un rilievo: e se l’editore o il proprietario si è posto nella condizione di non potere impedire il fatto? Ma evidentemente allora verrebbe meno la stessa possibilità della prova in contrario, precisamente perché v’è un elemento di colpabilità: la culpa in eligendo ovvero la culpa in vigilando.

Mi permetto pertanto di superare il dubbio prospettato dal Relatore, il quale peraltro, nel suo scrupolo, ha messo in evidenza la delicatezza del problema ed ha espressamente sottoposto il punto all’Assemblea.

A me pare che, se introducessimo la doverosa possibilità di fare cadere la presunzione, sia pure con una formula rigorosa, anche più rigorosa – se altri colleghi lo proponessero – di quella che io propongo in aderenza alla formula normale del Codice civile, rispetteremmo ad un tempo le esigenze del diritto e dell’equità.

Penso infatti che l’esigenza di attribuire la possibilità della prova in contrario aderisca ad un principio generale del nostro ordinamento, per cui la responsabilità può essere solidale, può essere presunta, ma poggia come regola sul presupposto effettivo della colpa.

BETTIOL. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Apprezzo le considerazioni svolte dall’onorevole Dominedò per giungere a eliminare quelle arcaiche prove legali, quelle presunzioni assolute di colpa che sono ricordo di tempi medioevali.

Però faccio presente che, se noi accettassimo in questo momento l’emendamento che l’onorevole Dominedò propone nel suo nobilissimo intento, verremmo ad avere in seno alla legge, per quanto riguarda le responsabilità della stampa, due discipline giuridiche diverse: una responsabilità penale presunta juris et de jure anche di terzi (ciò che è gravissimo, ed io ho cercato di reagirvi nel mio intervento in sede di discussione generale, che è andato completamente a vuoto, perché abbiamo approvato lo stralcio di quell’articolo) e una responsabilità civile molto attenuata, con un contrasto ideologico notevole tra una massima gravità penale da una parte e una minima gravità civile dall’altra. Sarebbe più logico attenuare la presunzione di responsabilità penale, che continua a trascinarsi nel campo giornalistico in virtù degli articoli 57 e 58 del Codice penale.

Lo spirito dell’emendamento Dominedò è moderno, è adeguato a quello ideologico e giuridico del momento. Ma faccio notare questo contrasto; e fino a quando non saremo riusciti a smantellare la presunzione penalistica di responsabilità personale di terzi, non posso votare per una attenuazione della loro responsabilità civile.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Mi associo a quanto ha detto l’onorevole Bettiol; ma vorrei scendere sul terreno pratico. Quanto ha detto l’onorevole Dominedò è perfettamente esatto. È il nostro diritto, non c’è da discutere.

Ma io mi chiedo se, approvandosi l’emendamento Dominedò, vi sarà un solo caso in cui il direttore dell’impresa giornalistica non riuscirà a sfuggire alla presunzione juris tantum di responsabilità, perché evidentemente il proprietario o l’editore non ha il dovere di recarsi in tipografia al momento dell’impaginazione e di leggere tutti gli articoli scritti. Quindi, quando egli eccepisse l’impossibilità, in cui egli era, di accorgersi che in un determinato numero veniva pubblicato un determinato articolo, il magistrato dovrebbe, in ogni caso, esentarlo da ogni responsabilità. Invece, quando colui che scrive sa che andrebbe incontro a grave responsabilità civile anche il dirigente dell’impresa giornalistica e che questi, quindi, lo caccerebbe via, egli troverebbe un altro freno alla sua cattiva condotta.

Quindi, per ragioni non soltanto giuridiche ma anche pratiche, credo che debba respingersi l’emendamento Dominedò.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione è d’accordo con i colleghi Bettiol e Russo Perez. La responsabilità di cui all’articolo 17 non si basa soltanto sulla culpa in vigilando, la quale, come nel caso dei genitori rispetto agli atti dei minori, ammette la prova del non avere potuto impedire il fatto; ma parte piuttosto da un altro concetto, quello della culpa in eligendo. Cioè il proprietario e l’editore sono responsabili in quanto hanno scelto o accettato un direttore di giornale che non dava sufficiente garanzia di non incorrere in reati. In questo senso la colpa è sempre configurabile e non ammette prova in contrario: è la colpa di aver scelto male, della mala electio. Se vogliamo trovare chi sia perseguibile, dobbiamo restare in questi limiti. Se ammettessimo soltanto la culpa in vigilando e quindi la prova in contrario, tutti i proprietari e tutti gli editori sfuggirebbero, perché riuscirebbe loro facile dimostrare di non aver potuto impedire il fatto. Infatti il proprietario del giornale non può materialmente essere in condizione di impedire la pubblicazione di uno scritto diffamatorio. O ammettiamo la responsabilità del proprietario e manteniamo l’articolo 17, o rinunciamo a questa responsabilità e quindi a una garanzia effettiva per chi è diffamato, garanzia la quale non consiste tanto nella effettiva rifusione dei danni, perché vi è da noi il costume – ed è un errore – di chiedere la riparazione pecuniaria simbolica di una lira, quanto nella certezza di una responsabilità che può portare a notevoli conseguenze di carattere finanziario, il che renderà molto più vigili i proprietari e gli editori; e anche questa sarà una remora al dilagare della diffamazione che purtroppo in questo primo momento della libertà di stampa è imperversata in Italia – e forse era inevitabile che fosse così – e che è bene venga dominata da ostacoli più rigidi e seri.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Aderisco alle considerazioni del Relatore. In linea dottrinaria: quanto ha osservato il collega Dominedò è giusto, ma accettare il suo emendamento significherebbe rendere nulle o quasi le disposizioni di maggior rigore previste appunto come caratteristiche principali della legge.

PRESIDENTE. Non essendo presenti gli onorevoli Crispo, Villabruna e Candela, il loro emendamento si intende decaduto.

Onorevole Dominedò, mantiene il suo emendamento?

DOMINEDÒ. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Poiché l’emendamento Dominedò è aggiuntivo, pongo innanzitutto in votazione l’articolo 17 nel testo della Commissione, del quale do nuovamente lettura:

«Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e tra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Dominedò, non accettato dalla Commissione e dal Governo:

«a meno che essi dimostrino di non aver potuto impedire il fatto».

(Non è approvato).

Passiamo all’articolo 20 nel testo della Commissione. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Riparazione pecuniaria.

«Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 185 del Codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato».

PRESIDENTE. A questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti.

Gli onorevoli Crispo, Villabruna e Candela hanno proposto di sopprimere l’articolo. Poiché nessuno dei presentatori è presente s’intende che abbiano rinunciato a svolgerlo.

Segue l’emendamento dell’onorevole Russo Perez:

«Sostituirlo col seguente:

«La riparazione pecuniaria, che può esser chiesta, ai termini dell’articolo 7 del Codice di procedura penale, deve essere proporzionata alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato e in ogni caso non deve essere inferiore al doppio della somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni».

Poiché l’onorevole Russo Perez non è in questo momento presente nell’aula, si intende che abbia rinunziato a svolgerlo.

L’onorevole Treves ha proposto il seguente articolo 20-bis:

«Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 100.000».

L’onorevole Treves ha facoltà di svolgerlo.

TREVES. Non mi reputo autorizzato a portar via molto tempo all’Assemblea, dati i favorevoli orientamenti che ho potuto constatare durante la discussione della pena per la mancata rettifica di una pubblicazione giornalistica.

In realtà, le ragioni che mi hanno mosso a presentare questo articolo 20-bis mirano proprio a tutelare la libertà di stampa, e a me pare che la migliore tutela della libertà di stampa sia un’efficace legge contro la diffamazione commessa col mezzo della stampa. Il modo migliore per tutelare la dignità del giornalista è quello di colpire quei pochi indegni che si possono annidare nella professione giornalistica, e ciò, nello stesso tempo, è una necessaria tutela dei diritti e delle libertà dei cittadini.

Non credo di aver bisogno di ricordare a questo proposito alla nostra Assemblea le pene, estremamente più gravi di quelle da me proposte, che vigono nelle legislazioni straniere, per esempio in. Inghilterra, per quanto riguarda la diffamazione commessa col mezzo della stampa. Il famoso Libel Act inglese è una vera spada di Damocle sulla testa di ogni giornalista.

Credo inoltre che la disposizione da me proposta, che inasprisce le pene del Codice penale, sia estremamente opportuna, nell’attuale momento, in cui il nostro Paese è vicino alla consultazione elettorale e che vede un pullulare spaventoso e vergognoso di fogli indegni, che disonorano il giornalismo professionale. Ci sono giornalucoli che pullulano e si diffondono, e ciò è veramente indegno per il nostro Paese. Non farò l’onore di nominarli questi giornalucoli, ma molti colleghi sanno quali sono. Ce li troviamo anche nelle nostre caselle delle lettere in questo palazzo. Essi diffondono nel Paese un malcostume giornalistico, che scambia la libertà di stampa con la libertà di offendere la prima libertà, che è la libertà di coscienza, la libertà di essere persone civili.

È contro questa stampa, e proprio per proteggere la vera libertà di stampa, che io chiedo un inasprimento della pena per il reato della diffamazione. Lo chiedo come giornalista, perché ho il culto della mia professione e voglio che si colpiscano gli indegni che si proclamano giornalisti e che sono soltanto dei libellisti; lo chiedo perché vedo altrimenti in pericolo, per colpa di pochi indegni che si debbono eliminare, la civiltà riconquistata dal nostro Paese. Credo di non dovere aggiungere altro per raccomandare questo articolo all’attenzione dell’Assemblea.

BETTIOL. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Mi dichiaro d’accordo con l’onorevole Treves. È stato detto giustamente che la diffamazione a mezzo della stampa è una specie di omicidio morale e spirituale per cui il diffamatore manifesta un animo perverso e cattivo tale da essere paragonato a colui che vuole ammazzare una altra persona. In un momento in cui i reati di diffamazione, purtroppo, si ripetono, si succedono con un crescendo talvolta preoccupante, è bene che noi con questa legge si preveda un aggravamento specifico delle pene, tanto detentive quanto pecuniarie, per coloro che li commettono.

Le pene previste dal Codice penale sono irrisorie, anche perché la pena detentiva è prevista alternativamente con la pena pecuniaria, e i limiti sono troppo bassi. Ritengo opportuno anche politicamente una maggiore severità contro la diffamazione per mezzo della stampa.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione era stata in genere contraria all’idea di modificare nella legge in esame disposizioni del Codice penale, e ciò specie nella imminenza di una riforma dei codici penali. La proposta Treves comporta una modificazione strutturale dell’istituto della diffamazione quale attualmente veduto dal Codice penale. «Chiunque – dice il Codice – fuori dei casi indicati dall’articolo precedente (relativo all’ingiuria), comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa fino a lire diecimila».

Quindi, la differenza fra l’ingiuria e la diffamazione consiste non più – come era invece stabilito dal precedente Codice penale – nella attribuzione di un determinato fatto disonorevole, ma nella circostanza di avere commesso l’ingiuria non direttamente ma comunicando con terzi, con più persone. Quindi l’ingiuria profferita comunicando con più persone diventa diffamazione. Se la diffamazione consiste nella attribuzione di un fatto determinato, la pena è maggiore. Ed allora l’aggravamento di pena che noi, evidentemente, vogliamo per la diffamazione commessa con l’attribuzione di un fatto determinato, se è indicato nella forma generica con cui lo è nell’articolo 20-bis proposto dall’onorevole Treves, potrebbe condurre a risultati non opportuni e non giusti. Ecco perché noi non avevamo pensato di modificare il sistema delle pene in questa legge particolare.

Evidentemente bisognerà tornare a una differenza fra diffamazione e ingiuria quale era stabilita nel codice Zanardelli, che è stato malamente cambiata nel codice Rocco. È chiaro che le penalità per la diffamazione (intesa secondo il codice Zanardelli) sono lievissime, consistendo nella reclusione fino ad un anno o nella multa fino a lire diecimila. (Commenti). E quasi sempre il giudice applica le diecimila lire di multa che sono diventate quasi una tariffa e che oggi – come ho udito dire ora da un collega – rappresentano il valore di due camicie e di una cravatta.

Non mi pare che si possa correggere questo difetto con l’articolo proposto dall’onorevole Treves. Quanto meno, ove si volesse aderire al suo concetto – e, come dicevo, la Commissione sarebbe più propensa ad attendere la revisione del Codice penale – bisognerebbe dire: «Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa consistente nella attribuzione di un fatto determinato».

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Non ho difficoltà ad aderire alla precisazione giuridica dell’onorevole Relatore. Quello che vorrei che fosse tenuto presente è l’urgenza – che chiamerei morale – della disposizione, in questa legge sulla stampa che deve avere applicazione immediata.

Su questo mi permetto richiamare l’attenzione dell’Assemblea. Non mi sentirei moralmente a posto se lasciassi questa norma alla revisione dei codici penali, che potrà avvenire in un termine di anni. Noi siamo davanti a una situazione di emergenza, che spero non continui, che ha cause e ragioni che non illustrerò. Rimane il fatto che dobbiamo prendere provvedimenti di fronte a una situazione di urgenza come l’attuale, e non vale rimandare la questione, come se fosse soltanto e strettamente giuridica, alla revisione dei codici, che avverrà quando avverrà.

Comprendo le ragioni giuridiche esposte dall’onorevole Relatore. Ma vedo anche la necessità morale di una norma come quella che ho proposto nella legge sulla stampa. In questo senso aderisco alla correzione giuridica dell’onorevole Cevolotto e mi permetto di insistere.

PRESIDENTE. Qual è l’opinione del Governo?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il Governo aderisce all’emendamento dell’onorevole Treves nei limiti da lui enunciati nel suo ultimo intervento.

Quanto alla omissione, fatta nel testo della Commissione, della misura minima per la riparazione pecuniaria, nel senso che questa non possa essere inferiore al doppio della somma liquidata per il risarcimento dei danni, il Governo non l’approva: non sarebbe stato forse male lasciare la norma, ad evitare il pericolo che si venga ad avere anche qui una misura puramente simbolica della entità di una o due lire.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Debbo osservare che non possiamo riportare la riparazione pecuniaria, che è quasi come una pena privata, alla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni perché, sebbene il Codice processuale ammetta la liquidazione dei danni nel processo penale, di fatto quasi mai ciò avviene, per la difficoltà di recare davanti al giudice penale le prove dell’entità del danno subito, il che ritarderebbe il processo.

Si è così dimostrato una volta di più che è perfettamente inutile adottare una disposizione che non trova pratica applicazione. Osservo inoltre che molte volte si presenta il caso che colui il quale è stato diffamato, per un certo pudore, a evitare anche il più lontano sospetto che egli voglia fare una speculazione, o rinunzia addirittura al risarcimento, o lo chiede in una misura irrisoria.

Il riferimento alla somma liquidata a titolo di risarcimento di danni non è neppure teoricamente e concettualmente logico, perché una vera e propria pena non può essere riportata alla liquidazione di un danno.

Prego per questo l’onorevole Sottosegretario di Stato di non voler insistere.

PRESIDENTE. Onorevole Andreotti, insiste?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Non insisto.

PRESIDENTE. Poiché gli onorevoli Crispo, Villabruna, Candela e Russo Perez non sono in questo momento presenti nell’Aula, i loro emendamenti si intendono decaduti.

Rimangono pertanto l’articolo 20 proposto dalla Commissione e l’articolo aggiuntivo 20-bis proposto dall’onorevole Treves con la modificazione proposta dal Relatore e accettata dall’onorevole Treves.

Pongo in votazione l’articolo 20 nel testo della Commissione, del quale do nuovamente lettura:

«Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 185 del Codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Treves, con la modificazione del Relatore, che risulta essere del seguente tenore:

«Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nella attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 100.000».

(È approvato).

Il seguito della discussione è rinviato a domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non stimi opportuno istituire un Ispettorato compartimentale delle imposte dirette per le tre provincie calabresi, le quali attualmente dipendono dall’Ispettorato per la Sicilia orientale con sede in Messina; eliminando così antichi lamentati inconvenienti nei rapporti fra i cittadini della Calabria e l’ufficio predetto.

«Tale provvedimento si appalesa opportuno (come già, in altro campo, quello adottato dal Ministro di grazia e giustizia, col trasferimento della Sezione di Corte di appello di Reggio Calabria dalle dipendenze di quella di Messina alle dipendenze di quella di Catanzaro) di fronte alla nuova organizzazione regionale.

«Non potrebbe, d’altra parte, pensarsi ad assegnare il territorio calabrese alla competenza dell’Ispettorato finitimo di Bari, sia per la rilevanza del carico imponibile delle tre provincie di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, sia perché l’Ispettorato di Bari ha una circoscrizione già troppo vasta. D’altra parte, il provvedimento non imporrebbe oneri rilevanti, perché (a causa della distanza delle provincie dalla sede attuale di Messina) si trovano già a Catanzaro ed a Reggio funzionari distaccati dall’Ispettorato messinese e sia perché sarebbe assai facile il trasferimento degli uffici da Messina a Reggio, dove i locali potrebbero anche ricavarsi nel vasto edificio dell’Intendenza di finanza di quest’ultima città. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Sardiello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sollecitare un provvedimento in favore della S.A. Cooperativa per la costruzione ed il risanamento di case per gli operai di Bologna, perché questa antica organizzazione, composta di migliaia di aderenti e costituita sopra basi strettamente cooperativistiche, possa godere i beneficî nella più larga misura prevista dall’articolo 16 della legge 10 aprile 1947, n. 261, per la ricostruzione delle case danneggiate dalle incursioni aeree e dal flagello della guerra, che in forma tanto tragica hanno devastato il patrimonio edilizio della fiorente associazione, frutto del sacrificio dei pionieri del cooperativismo bolognese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zanardi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quale provvedimento abbia inteso di adottare o intenda adottare in merito al ricorso che quattordici padri di famiglia veronesi (Avanzi, Bonazzi, Bressan, Costa, Capra, Crema, Della Cella, Denari, Gasparini, Gelmetti, Micheloni, Munari, Macaccaro ed Ambrosi) – sino dal 28 ottobre 1947 – ebbero ad inoltrare direttamente al Ministro, lamentando nell’interesse dei loro figliuoli gravi irregolarità di carattere sostanziale verificatesi durante la sessione autunnale di esame di maturità classica presso l’istituto «Stimate» di Verona. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caldera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non creda opportuno sollecitare gli uffici competenti per un nuovo speciale impulso alla pratica, da tempo in corso, riguardante il progetto dei lavori per la utilizzazione delle acque del torrente Torbido in Gioiosa Ionica (Reggio Calabria), tenuto presente che, dopo le precedenti assicurazioni e per l’interessamento del Commissario governativo al Consorzio, la ditta assuntrice dei lavori avrebbe già provveduto ad impegnare le forniture del materiale occorrente (cemento, legname, ecc.) e che tali lavori, oltre a rispondere ad una grande permanente necessità dell’agricoltura in quelle contrade calabresi, varranno ad attenuare il grave fenomeno della disoccupazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Sardiello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti ha preso o intende prendere di fronte all’invasione delle terre, che si compie in aperto dispregio dell’articolo 42 della Costituzione, in diverse regioni, e che si tenta giustificare dinanzi all’opinione pubblica con insussistenti e mendaci affermazioni nei riguardi dei legittimi proprietari. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lucifero».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno disporre che, per i prossimi concorsi di abilitazione per il magistero professionale per la donna, analogamente ai concorsi magistrali, siano sede di esame tutti i Provveditorati agli studi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mazzei».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non creda opportuno concedere una breve proroga al termine scaduto il 12 novembre 1947 per chiedere alle Commissioni competenti l’aumento del canone delle locazioni dei fondi rustici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non creda opportuno estendere ai funzionari di cancelleria il provvedimento a favore dei magistrati che hanno compiuto i limiti di età, per mantenerli in servizio fino al 31 dicembre di quest’anno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del tesoro e dei lavori pubblici, per conoscere le ragioni per le quali nel decreto ministeriale 25 luglio 1947 (Gazzetta Ufficiale n. 225 del 1° ottobre 1947), nell’elenco dei Comuni ai quali sono applicabili le disposizioni di cui al decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 261, concernente le disposizioni per l’alloggio dei rimasti senza tetto, in seguito ad eventi bellici e per l’attuazione dei piani di ricostruzione, non siano stati compresi né Messina, né i comuni della provincia di Messina, che subirono gravi danni come Milazzo, Taormina, Cesarò, Patti, ecc., e altri comuni delle provincie di Catania (come Randazzo), Enna e Ragusa, a cui è giustizia estendere i beneficî stabiliti dal citato decreto legislativo del Capo dello Stato 10 aprile 1947, n. 261. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se – autorizzando ed eseguendo sopraelevazioni di fabbricati nella città di Reggio Calabria ed, in genere, nei paesi delle province calabresi considerati dalle leggi speciali pel terremoto – si è provveduto ad assicurare che le parti sopraelevate siano progettate ed eseguite con l’osservanza delle norme speciali ed in modo da non compromettere la sicurezza delle parti preesistenti dei fabbricati che sono stati costruiti – per legge – secondo precisi calcoli tecnici nella determinazione di quantità e proporzioni di materiali (ferro, cemento, ecc.) in base alla ampiezza e profondità delle fondamenta, allo spessore dei muri, all’altezza della costruzione, ecc.

«L’intento nobilissimo di apprestare una maggiore disponibilità di alloggi assolutamente non deve dar luogo a preoccupazioni (che al postutto frustrerebbero il fine ultimo da raggiungere, cioè l’incremento di città e paesi) per la incolumità dei cittadini, in una terra dove il ricordo di catastrofi antiche e recenti (per alcuni paesi del Reggino e del Catanzarese può dirsi recentissime) è tuttavia presente – e dovrà essere sempre ammonitore – pur dopo che la vita ha ripreso il suo pieno ritmo soprattutto per virtù della sicurezza delle costruzioni, che consente di guardare con tranquillità assoluta alla deprecata eventualità di nuovi fatti tellurici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Sardiello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per sapere se non creda necessario evitare altri indugi per la reintegrazione nelle sue funzioni del dottor Marco Aurelio Sansoni, magistrato insigne e di unanime estimazione, già presidente della Corte di appello di Brescia e da questo ufficio rimosso ingiustamente, come fu riconosciuto dagli organi competenti e da parte di tutti i Ministri di grazia e giustizia succedutisi dal 1945 in poi, i quali si mostrarono concordi nel proporre alla Presidenza del Consiglio questa doverosa reintegrazione, che ulteriormente ritardata viene a menomare il prestigio di tutta la magistratura. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bertini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri di grazia e giustizia e del tesoro, per sapere se a riguardo di magistrati pensionati, riassunti temporaneamente e tuttora in servizio, credano finalmente di concretare i provvedimenti già ventilati fra la Presidenza del Consiglio e il Ministro di grazia e giustizia, allo scopo di raggiungere una doverosa perequazione di trattamento verso coloro i quali ebbero la disavventura di venir compresi nella innovazione portante da 70 a 65 anni il limite di età per il collocamento a riposo, limite ripristinato a 70 anni dal decreto legislativo luogotenenziale 21 maggio 1946, n. 511, senza per altro che ad essi tale reintegrazione venga a giovare agli effetti della pensione, sicché la conseguente disparità si è verificata e si verificherà in loro danno sotto il duplice aspetto sia della minore integrazione del trattamento di quiescenza durante il periodo della riassunzione, sia dell’inferiore trattamento che loro verrà mantenuto agli effetti della pensione, allorché cesseranno la loro temporanea riassunzione.

«Diventa quindi evidente e inderogabile la ragione di giustizia per la quale il Ministro del tesoro aderisca alla proposta già fatta dai Ministri competenti e diretta ad assimilare ai soli fini del trattamento economico durante la riassunzione e del trattamento di quiescenza il servizio prestato prima del 70° anno dai richiamati a quello migliore dei magistrati trattenuti in servizio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bertini».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri degli affari esteri e dell’Africa Italiana, per avere notizie precise sui gravissimi e luttuosi incidenti di Mogadiscio e per conoscere i passi già fatti e da farsi da parte del nostro Governo per la tutela dei nostri connazionali in Somalia. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Morini, Sampietro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non si ritenga necessario, per assicurare alla scuola regolarità di funzionamento proficuo, fissare al più presto la data dei concorsi magistrali, di cui nella circolare ministeriale 8 luglio 1947, così che i posti siano coperti da effettivi titolari e non da maestri provvisori o supplenti e molti giovani, meritevoli, possano avere una definitiva sistemazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mastino Pietro».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della difesa, per conoscere se non ravvisi l’opportunità e l’utilità di mantenere in efficienza i servizi di linea dei corrieri aerei militari, e ciò tenendo conto non soltanto che l’addestramento dei piloti richiede quotidianamente il volo degli apparecchi usati per tali servizi, ma che la gestione delle linee fin qui percorse – oltre a neutralizzare ogni spesa per il conseguimento dello scopo primario – ha fruttato allo Stato un utile considerevole. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Cimenti, Sartor, Bastianetto, Pecorari, Lizier».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se, in relazione alle assicurazioni del Sottosegretario di Stato per l’interno, nella seduta dell’11 settembre 1947, in seguito ad analoga interrogazione, non intenda disporre, con la sollecitudine richiesta dalle imperiose necessità dei beneficianti e da motivi di inequivocabile buon diritto, la corresponsione a favore dei funzionari, ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza del compenso pel lavoro straordinario, che venne a detto personale sospeso fin dal 1° gennaio 1947, avendo esso beneficiato da detta data di una indennità di ordine pubblico, allora non cumulabile col detto compenso.

«E poiché con provvedimento del 18 luglio 1947 – come da affermazione del predetto Sottosegretario di Stato – il divieto di cumulo viene abolito, non si spiega il ritardo finora frapposto nel liquidare detta indennità ove si tenga conto sia della particolare delicatissima natura, specialmente nell’attuale momento, dei compiti del personale di pubblica sicurezza, con rischi continui e costante sacrificio, sia del gravosissimo lavoro espletato anche, ormai in via ordinaria, fuori dei normali turni di servizio, e cioè in qualsiasi ora del giorno e della notte ed in tutti i giorni, festivi o no; sia, infine, della circostanza che presso tutte le Amministrazioni dello Stato gli impiegati percepiscono un compenso per 50-75 e, sembra, perfino, 100 ore straordinarie al mese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bruni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Minestro del tesoro e l’Alto Commissario della alimentazione, per sapere se non ritengano necessario ed opportuno mantenere invariato, fino alla prossima stagione granaria, il prezzo del pane così come fissato dall’Amministrazione alleata per le provincie di Gorizia e di Udine e ciò per la loro specifica situazione geografica. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Schiratti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere con quali criteri e con quali procedimenti è stato nominato il Comitato organizzatore della Esposizione internazionale biennale di arte della città di Venezia; con quali garanzie di imparzialità artistica e di pubblico controllo è stata compilata la lista degli invitati ad esporre in quella mostra; e per quali ragioni alla formazione di tale lista non si è sentita l’opportunità di ammettere la presenza di un rappresentante del Sindacato delle arti figurative. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Calamandrei».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste, dell’industria e commercio e delle finanze, per sapere se non ritengano opportuno, giusto, urgente estendere anche alla benzina destinata agli usi agricoli, le agevolazioni fiscali disposte per il petrolio e il gasolio, togliendo così ogni sperequazione di trattamento fra i motori azionati a benzina e gli altri e incoraggiando le più vaste e più economiche applicazioni della meccanizzazione agraria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Braschi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere le ragioni che hanno indotto gli organi di Governo ad escludere nella nuova formazione del Consiglio di amministrazione del Banco di Napoli la rappresentanza della Puglia, che dà il maggiore contributo all’attività dell’Istituto e che per conseguenza ha sempre avuto in esso il suo rappresentante. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Caccuri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri del bilancio e del tesoro, per conoscere come intendano risolvere il problema relativo alla riapertura dei teatri della piccola e grande provincia, che per una lunga tradizione sono stati sempre aperti per le stagioni di inverno e di quaresima.

«Maestri ed artisti di indiscusso valore si trovano in una dolorosa e triste condizione a causa di una legge male impostata, che prevede la erogazione del 12 per cento delle tasse erariali unicamente in favore degli Enti autonomi, e dimentica che esistono in Italia teatri di notevole importanza, quale il Regio di Piacenza, Sociale di Mantova, Municipale di Modena, Petruzzelli di Bari, Ponchielli di Cremona, Coccia di Mantova, Municipale di Reggio Emilia, Verdi di Pisa, Donizzetti di Bergamo, Teatro Grande di Brescia, e molti altri che non sono affatto da meno di quelli delle più grandi città.

«Si impone la modifica della citata legge estendendo la sovvenzione anche ai teatri minori, nei quali potranno trovare lavoro, oltre ad artisti lirici, anche ingente numero di comparse, coristi, complessi orchestrali e maestranze.

«Si domanda se non sia opportuno far partecipare artisti appartenenti alle Confederazioni delle categorie interessate alle Commissioni già esistenti per la modifica della legge e per il controllo delle ripartizioni di sovvenzionamenti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bozzi».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro del tesoro, per sapere se, in seguito alla svalutazione del potere di acquisto della lira, non reputa giusto e necessario – pur tenendo conto delle particolari condizioni del bilancio – elevare la cifra di liquidazione delle polizze rilasciate ai combattenti e reduci della guerra 1915-18, tutt’ora detenute dai legittimi proprietari a cui sono intestate, nella misura di lire 5000 per quelle di lire 1000 e di lire 25.000 per le polizze di lire 5000, e di procedere senz’altro al loro immediato pagamento. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Maltagliati, Saccenti, Barontini Anelito, Bardini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se non ritenga opportuno, in accoglimento dell’ordine del giorno votato dal Consiglio di Presidenza della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani nella seduta del 21 dicembre 1947, disporre che un rappresentante della classe dei farmacisti sia chiamato a coprire una posizione ufficiale nella parte direttiva e rappresentativa dell’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità (un Vice Alto Commissario addetto alle specifiche funzioni di sovraintendenza ai servizi farmaceutici, produzione e distribuzione dei farmaci) e venga costituito un nucleo di funzionari provinciali (farmacisti provinciali), particolarmente dediti alle indispensabili funzioni di disciplina e controllo dei servizi nell’ambito di ogni provincia della Repubblica, con che senza dubbio il Governo acquisterebbe un’organizzazione corrispondente effettivamente alle esigenze, or troppo trascurate o non adeguatamente valutate, di uno dei più grandi settori dell’economia nazionale e del servizio sanitario. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, per conoscere se vi siano motivi, e quali, che possano mai giustificare diversità di trattamento assistenziale fra i cittadini italiani profughi, a seconda dei territori di provenienza, e particolarmente per conoscere le ragioni per le quali ai cittadini profughi della Grecia viene concesso un trattamento del tutto inadeguato, mentre dovrebbesi estendere anche a detti profughi il trattamento e le agevolezze tutte concesse ai profughi della Venezia Giulia, perché tutti possano avvertire, di fronte alla sventura, quella parità di soccorso che è norma conseguente alla proclamata uguaglianza dei diritti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Assennato».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritengano giusto ed opportuno, dopo il provvedimento di amnistia e di condono concesso in materia penale per la promulgazione della Costituzione, promuovere anche un equilibrato provvedimento di clemenza in ordine alle infrazioni amministrative commesse dai dipendenti statali e parastatali, di ruolo e non di ruolo, per le quali i medesimi abbiano subìto punizioni varianti dall’ammonizione al licenziamento, provvedimento che li metta in condizione di riprendere o continuare con la necessaria serenità il proprio lavoro. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei lavori pubblici, dell’agricoltura e foreste, della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere quali provvidenze intendano promuovere nell’interesse e per doverosa giustizia verso il comune di Grottolella (Avellino), il più abbandonato dell’Irpinia, che, sito in collina rocciosa, ha avuto distrutti dalla fillossera i vigneti, unica sua fonte di vita (onde i poveri abitanti hanno dovuto tagliare gli alberi per poter pagare le tasse), ed è stato dalle operazioni belliche gravemente sinistrato, così da avere la chiesa parrocchiale ancora impraticabile, mentre è privo di un edificio scolastico, sia pure modesto, che ripari sufficientemente dal freddo i piccoli scolari. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritenga giusta ed urgente la concessione del prolungamento fino a Salerno dell’autolinea in esercizio Camerota-Centola, in provincia di Salerno, gestita dalla ditta Infante Angelo Raffaele, e ciò per togliere dall’isolamento una vasta e laboriosa plaga del Cilento, della quale fanno parte paesi (Palinuro, Marina di Camerota, ecc.) di notevole interesse turistico nazionale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per sapere se non ritenga urgente svolgere la necessaria azione e dare le relative disposizioni alle nostre rappresentanze all’estero, affinché i beni dello Stato italiano e dei cittadini italiani all’estero vengano, in virtù del Trattato di pace, rapidamente sbloccati e restituiti ai loro legittimi proprietari e, tra questi beni, le «Case d’Italia» vengano restituite alle nostre rappresentanze ufficiali e da queste affidate alle libere e democratiche associazioni degli italiani all’estero, in primo luogo all’Associazione generale degli italiani emigrati: l’«Italia Libera». (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ravagnan».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per sapere se non ritenga doveroso disporre che sia data esecuzione al già deliberato rimborso all’«Italia Libera» di Parigi delle somme che questa, come erede e continuatrice dei C.I.L.N., ha speso onde esercitare specifiche funzioni di tutela dei nostri connazionali (rimpatrio dei prigionieri, assistenza, riapertura delle scuole italiane, servizio pensioni di guerra, ecc.) nell’intervallo tra la liberazione della Francia e l’arrivo colà delle nostre rappresentanze ufficiali.

«Tali somme, il cui elenco giace da oltre due anni presso i servizi del Ministero degli affari esteri, sono state già da tempo riconosciute e stanziate dal Tesoro e sono perciò disponibili.

«Si fa presente che una notevole parte di esse è stata data a titolo di prestito da nostri connazionali, dietro promessa di rimborso.

«Si chiede, inoltre, che, per maggiore speditezza, venga data disposizione alla nostra Ambasciata di Parigi di provvedere al rimborso complessivo con i fondi a sua disposizione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ravagnan».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro del commercio con l’estero, per conoscere se, in considerazione del grave danno apportato ad una rilevante attività esportatrice del Mezzogiorno, e specie della Calabria, dal vigente nuovo accordo commerciale italo-francese, che ha escluso dalle esportazioni italiane verso la zona del franco francese – con regolamento attraverso il conto di compensazione generale – ogni contingente di frutta secca, non ritenga opportuno promuovere delle trattative con il Governo francese, onde giungere ad una modifica, per questo punto, dell’accordo stesso, e così riaprire, sia pure parzialmente, un mercato al quale era tradizionalmente avviata una larga corrente esportatrice di detto prodotto. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Quintieri Adolfo, Turco, Mortati, Galati».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno trasmesse ai Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 19.40.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni sulla stampa. (15).