Come nasce la Costituzione

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VENERDÌ 16 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLII.

SEDUTA DI VENERDÌ 16 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Commemorazione:

Cimenti

Congedo:

Presidente

Comunicazioni del Presidente:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Disposizioni sulla stampa (15).

Presidente

Cimenti

Moro

Villabruna

Bettiol

Schiavetti

Cevolotto, Relatore

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Gullo Fausto

Togliatti

Dominedò

Manzini

Molinelli

Fabbri

Russo Perez

Scoccimarro

Targetti

Treves

Votazione nominale:

Presidente

La seduta comincia alle 16.

RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Commemorazione.

CIMENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIMENTI. Onorevole Presidente, l’altro ieri si è levato in questa Aula alto e solenne il grido di dolore e di protesta per il barbaro, inumano e premeditato eccidio di Mogadiscio.

Dico premeditato, perché il nome della grande maggioranza delle vittime (che io mi auguro possa esser limitato al numero riportato dai giornali, ma che sembra esser di molto superiore) era già designato, con scritte e con manifesti, all’ira dei massacratori.

Fra i caduti, il più rappresentativo per lo spirito di italianità, congiunto ad un amore del tutto particolare per la terra che da oltre un ventennio lo ospitava, figura Ivo Balsimelli, notaio e cancelliere del Tribunale di Mogadiscio, segretario della Democrazia cristiana di Mogadiscio e direttore del giornale Il Popolo, che lui stesso aveva fondato.

Non intendo commemorare il democratico cristiano, bensì l’uomo di profondi sentimenti democratici, che alla causa dell’antifascismo aveva dato tutta la sua opera, mettendo più volte a repentaglio, nel lontano 1921, la incolumità della sua stessa esistenza.

Legato a lui da fraterni vincoli di affetto, scaturiti dalle comuni lotte e sofferenze, ricordo di essere, per ben due volte, nel 1921 sfuggito con lui da pericoli, che potevano essere anche mortali, durante le distruzioni operate dalle squadre di azione agli uffici ed alla tipografia di Palazzo Filodrammatici a Treviso.

Ora – quasi a coronamento di tutta una vita spesa per la fede, per il popolo nelle opere sociali e assistenziali, per la Patria – egli è caduto mentre sosteneva i buoni diritti dell’Italia nella nostra colonia.

Ho sentito il dovere di ricordarlo in quest’Aula, pregando gli onorevoli colleghi di associarsi alle espressioni di cordoglio che intendo inviare alla sua degnissima consorte (forse a quest’ora rinchiusa in un campo di concentramento), ai suoi figlioli, fortunatamente da lei lontani, perché del padre avrebbero potuto subire la stessa sorte, ed al fratello Carlo, perseguitato politico, già tre volte Capitano reggente della Repubblica di San Marino. (Approvazioni).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Valiani.

(È concesso).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che, avendo gli onorevoli Avanzini e Costa rassegnato le dimissioni da componenti della Commissione speciale per il disegno di legge sulla elezione del Senato della Repubblica, ho chiamato a sostituirli gli onorevoli Bovetti e Carpano Maglioli.

Comunico, inoltre, che l’onorevole Mazza, il quale faceva parte del Gruppo parlamentare misto, si è iscritto a quello della Democrazia cristiana.

Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa. (15).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa. (15).

Ricordo che dobbiamo ora esaminare l’articolo 21 nel testo della Commissione che riprende il contenuto dell’articolo 26 del testo governativo, soppresso nel testo della Commissione e del quale l’onorevole Cimenti chiede il ripristino. L’articolo 26 è del seguente tenore:

«Ai fini dell’applicazione degli articoli 528 e 529 del Codice penale, per le pubblicazioni destinate all’infanzia o all’adolescenza si ha riguardo in modo particolare alla sensibilità propria dei fanciulli e degli adolescenti».

Possiamo congiuntamente esaminare i due testi o riassumerli così come la Commissione propone, oppure dare un altro rilievo con una formulazione contenuta nell’antico articolo 26. Ciò deciderà l’Assemblea.

Si dia lettura dell’articolo 21 nel testo della Commissione.

RICCIO, Segretario, legge:

«Pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante.

«Le disposizioni dell’articolo 528 del Codice penale si applicano anche nel caso di stampati periodici prevalentemente rivolti a descrivere od illustrare con particolari impressionanti o raccapriccianti avvenimenti realmente verificatisi od anche soltanto immaginari, in modo da turbare il comune sentimento della morale o l’ordine familiare o da provocare il diffondersi di manifestazioni suicide o delittuose.

«Le pene degli articoli 528 e 529 del Codice penale sono aggravate nel caso di pubblicazioni che non abbiano riguardo alla sensibilità propria dei fanciulli e degli adolescenti».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Moro e Dominedò hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Le disposizioni dell’articolo 528 del Codice penale si applicano altresì nel caso di stampati i quali descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari e siano pertanto idonei a turbare il comune sentimento della morale o l’ordine familiare od a provocare il diffondersi di omicidi o delitti.

«Le disposizioni dell’articolo 528 del Codice penale si applicano anche alle pubblicazioni destinate ai minori degli anni diciotto, quando per la sensibilità propria dei fanciulli e degli adolescenti siano comunque idonee ad offendere il loro sentimento morale o costituire per essi incitamento alla corruzione, al delitto o al suicidio. Le pene in tali casi sono aumentate».

CIMENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIMENTI. Io avevo chiesto il ripristino dell’articolo 26 che in questo caso dovrebbe avere la numerazione 26-bis.

PRESIDENTE. La numerazione è semplicemente un problema di coordinamento. Mi pareva di aver fatto un piccolo preambolo abbastanza chiaro, che cioè noi esamineremo insieme i testi degli articoli 26 e 21.

L’articolo 21, d’altra parte, nella sua seconda parte, riprende integralmente il testo dell’antico articolo 26, e pertanto la sua richiesta era già stata esaurita in precedenza.

CIMENTI. Ho presentato anche un emendamento all’articolo 21.

PRESIDENTE. Tutta la sua proposta si risolve nel ritornare a scindere la materia. Di ciò si potrà parlare dopo. L’importante è la sostanza; che poi si abbiano due articoli separati o un articolo solo, è questione di rilevanza secondaria.

L’onorevole Moro ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

MORO. Le modificazioni da me proposte all’articolo 21 si limitano ad alcuni punti, restando invariata l’intonazione generale dell’articolo. Ora dovrei appunto chiarire brevemente la ragione delle modificazioni da me proposte.

Innanzi tutto, per la prima parte dell’articolo 21, io propongo che si parli non di stampati periodici, come è detto nel testo della Commissione, ma di stampati senz’altro, comprendendo così nell’incriminazione che si compie con l’articolo 21 non soltanto gli stampati periodici, ma anche quelli non periodici, i quali, dal punto di vista della tutela della moralità, che noi abbiamo di mira, possono essere più pericolosi che gli stessi stampati periodici. Faccio notare ai colleghi che, se restasse l’indicazione limitativa contenuta nell’articolo 21, evidentemente sarebbe facile eludere questa norma, stampando numeri unici, supplementi o altri simili, sottraendo così una rilevantissima materia alla giusta incriminazione dell’articolo 21.

Inoltre io propongo si sopprima la parola «prevalentemente» che è stata introdotta nel testo della Commissione, modificando con ciò il testo del Governo. Ciò vuol dire che gli stampati, per incorrere nell’incriminazione di cui all’articolo 21, devono essere prevalentemente rivolti a descrivere o illustrare con particolari impressionanti o raccapriccianti, ecc. e cioè che essi devono con continuità essere rivolti a questo fine? Allora evidentemente la norma diventa inapplicabile, perché bisogna rifare la storia di quella pubblicazione, per vedere se essa è continuamente diretta, e quindi prevalentemente diretta allo scopo di destare quelle ripercussioni morali che vogliamo evitare.

Se poi con l’espressione «prevalentemente» non si volesse considerare il complesso della pubblicazione, ma un solo numero, per limitare l’incriminazione ai casi nei quali esso, nella sua prevalenza abbia effetto impressionante e raccapricciante secondo l’indicazione dell’articolo, evidentemente renderemmo anche in questo modo la norma praticamente inapplicabile e verremmo a dire che non possa essere commesso reato di oscenità ai sensi di questo articolo, se non in quanto esso si manifesti con una consistenza che sia, dal punto di vista materiale nella pubblicazione, di carattere prevalente.

Propongo un’altra modificazione: e cioè nell’ultima parte del primo comma dell’articolo 21, chiedo che si dica che gli stampati costituenti reato ai sensi di questo articolo siano quelli idonei a turbare il comune sentimento della moralità o l’ordine familiare, ecc. Domando cioè che questa incriminazione abbia carattere di reato di pericolo. Non occorre perciò, a mio parere, che, secondo gli accertamenti del giudice, si sia verificato il turbamento del comune sentimento della morale o dell’ordine familiare: si richiede soltanto che nella valutazione del giudice questi stampati siano in astratto idonei a turbare questi beni giuridici. Non si richiede che il bene giuridico della moralità sia in atto turbato, ma si richiede soltanto che vi sia idoneità generica a turbare questi beni giuridici di importanza fondamentale.

Un’altra variante di forma è nell’ultima parte del primo comma dove, invece di dire «manifestazioni suicide o delittuose», domando, per una ragione estetica, che si dica «il diffondersi dei suicidi o delitti».

La seconda parte da me proposta all’articolo 21 intende dare una qualche correzione tecnica alla seconda parte dell’articolo 21, così come fu prospettata dalla Commissione, obbedendo ad una nobile ispirazione della quale si era fatta portatrice la collega signora Merlin. La norma originaria contenuta nell’articolo 26 del testo governativo, poi soppressa, era questa: dare una norma di carattere interpretativo, cioè indicare in quali casi si possa considerare verificato il reato di pubblicazione oscena, avuto riguardo alla particolare sensibilità dell’infanzia e della gioventù. Questa finalità interpretativa sembrò alla Commissione malamente espressa nell’articolo 26; ed è per questo che essa accedette alla formulazione contenuta nell’ultima parte dell’articolo 21, la quale però volle raggiungere un altro obiettivo: non dare soltanto una norma interpretativa del reato di pubblicazione oscena, ma aggravare la pena tutte le volte che fosse in giuoco la moralità dell’infanzia e della gioventù. Mi sembra che entrambe le finalità debbano essere realizzate ed è per questo che mi sono permesso di formulare una norma che io ritengo più chiara e tecnicamente più corretta, Io cito la disposizione dell’articolo 528, perché è il solo che contenga disposizioni incriminatrici. Inoltre affermo che esse sono applicabili, quante volte possa riscontrarsi una oscenità consistente nel turbamento della coscienza dei fanciulli e dei giovinetti in vista della sensibilità propria di essi. Cioè si domanda al giudice, nel fare l’accertamento del reato di pubblicazione oscena, che tenga conto che vi è una sensibilità particolarmente viva e, in alcuni casi, morbosamente viva, tanto che nei confronti di essa si verifica il caso di pubblicazione oscena.

Pertanto io dico: «quando per la sensibilità propria dei fanciulli e degli adolescenti gli stampati siano comunque (ed intendo chiarire che si tratta di una norma interpretativa, la quale vuole allargare la portata della disposizione dell’articolo 528) idonee ad offendere (reato quindi di pericolo) il loro sentimento morale e costituire per essi incitamento alla corruzione, al delitto ed al suicidio». «Le pene – aggiungo – in tali casi sono aumentate». Così si dà una norma interpretativa e si dispone insieme un aumento di pena, per realizzare una più sicura tutela della moralità, così gravemente minacciata, della nostra gioventù. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Cimenti ha presentato i seguenti emendamenti:

«Sostituire l’articolo 21 (testo della Commissione) col seguente:

«Gli stampati che descrivono o illustrano, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti – reali od immaginari – che turbino il comune sentimento della morale e dell’ordine familiare, oppure che diffondano manifestazioni suicide o delittuose, costituiscono reato ai sensi dell’articolo 528 del Codice penale».

«Ripristinare l’articolo 26 del progetto governativo, aggiungendo dopo le parole: alla sensibilità, le seguenti: impressionabilità e suggestione che le medesime possono suscitare nell’animo dei fanciulli e degli adolescenti».

Ha facoltà di svolgerli.

CIMENTI. Anch’io propongo la soppressione della parola «prevalentemente».

Non sono giornalista e tanto meno proprietario di giornale; non sono neppure giurista e forse la presenza di tanti giuristi in quest’Aula mi mette in molta soggezione; però sono padre di famiglia, onorevoli colleghi, e sono profondamente preoccupato della sanità fisica e della sanità morale non soltanto dei miei figli, perché io sento in questo momento la responsabilità di seicentomila padri di famiglia, che rappresentano oltre 5 milioni e mezzo di figliuoli.

Per questa ragione noi siamo profondamente preoccupati, dato che l’aria stessa che respiriamo, mentre contiene da una parte i germi di quella triste malattia, che è la tubercolosi fisica, dall’altra contiene, in una forma spaventosa, i germi di una tubercolosi morale.

Chiedo, quindi, agli onorevoli colleghi di tutti i settori, di voler condividere la preoccupazione, che noi genitori sentiamo, per quel senso di responsabilità, che è innato nell’avere figliuoli, e di volere accettare l’emendamento proposto, così bene illustrato pure dall’onorevole Moro; e non soltanto per le ragioni da lui così bene espresse, ma per quelle che ora mi permetto di aggiungere.

Scopo della legge è anzitutto quello di non creare dubbi di interpretazione e di applicazione. L’avverbio «prevalentemente» si presterebbe magnificamente a diverse interpretazioni ed a diverse valutazioni.

La sussistenza del reato non può essere esclusa semplicemente perché alcuni articoli o pubblicazioni sul medesimo stampato vengono associati a quanto costituirebbe per sé oggetto di reato. La pubblicazione di uno stampato, che, secondo l’intendimento dell’editore, non è diretta prevalentemente a iscrivere l’oggetto del reato, cui si riferisce l’articolo 21, ma contiene anche l’oggetto del reato, è maggiormente pericolosa agli effetti di una buona diffusione, data la buona fede dei lettori, i quali sapendo che la pubblicazione non è tutta immorale, ma che soltanto qualche volta contiene degli articoli immorali, ne consentono più facilmente la lettura ai propri figli.

Anche per questa ragione noi chiediamo la soppressione dell’avverbio «prevalentemente» dal testo della Commissione.

Poiché ho presentato anche l’altra proposta, intesa ad ottenere che il secondo capoverso dell’articolo 21 sia restituito alla articolazione a sé stante, come precedentemente esisteva nel testo governativo, debbo insistere affinché si ritorni allo smembramento dell’articolo come proposto nel testo governativo. Sono qui a dare testimonianza alla collega onorevole Merlin, la quale in sede di Commissione dei Settantacinque ha voluto spendere una parola in difesa della moralità della stampa e quindi trovo un suffragio alla mia richiesta, che oltre alla frase: «la sensibilità propria dei fanciulli» si aggiunga anche: «la impressionabilità e la suggestione dei fanciulli e degli adolescenti». Noi non possiamo fermarci soltanto alla sensibilità, che è una cosa soggettiva nell’animo dei giovani, sviluppata in modo più o meno forte a secondo del loro carattere, quando la visione di pubblicazioni immorali nelle edicole, nei manifesti e nei quadri murali può creare il fermento che è determinato dalla impressione visiva. Per questo, caldeggio non soltanto il ritorno ad una articolazione separata, che sia conseguente all’articolo 26 proposto dal Governo, ma chiedo che sia aggiunta alla frase: «la sensibilità propria dei fanciulli», la frase: «la impressionabilità e la suggestione dei fanciulli e degli adolescenti». Non credo che su questo delicato argomento, di cui sento, per la mia posizione, la profonda responsabilità, troverò il contrasto da parte degli onorevoli colleghi. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Gli onorevoli Crispo, Villabruna e Candela hanno presentato il seguente emendamento:

«Sopprimere tutte le parole successive all’aggettivo: immaginari».

L’onorevole Villabruna ha facoltà di svolgerlo.

VILLABRUNA. Lo conservo, rinunciando a svolgerlo.

PRESIDENTE. L’onorevole Bettiol ha presentato il seguente emendamento:

«Alle parole: in modo da turbare, sostituire le altre: in modo da poter provocare».

Ha facoltà di svolgerlo.

BETTIOL. Mi pare di averlo già svolto nel mio intervento dell’altro giorno, nel senso che ritengo opportuno prospettare la possibilità di trasformare questo reato, da reato di danno, in reato di pericolo.

PRESIDENTE. L’onorevole Schiavetti ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere il comma seguente:

«Le medesime disposizioni si applicano a quei giornali e periodici che comunque si rendano ripetutamente responsabili delle descrizioni o illustrazioni di cui nel comma precedente, nonché ai giornali e periodici destinati all’infanzia, nei quali la descrizione o l’illustrazione di vicende poliziesche e di avventure sia fatta, sistematicamente o ripetutamente, in modo da favorire il disfrenarsi di istinti di violenza e di indisciplina sociale».

Ha facoltà di svolgerlo.

SCHIAVETTI. L’articolo 21 e gli emendamenti aggiuntivi che sono stati proposti, tendono a sostituire gli articoli 26 e 27 del progetto governativo, nei quali era contemplato un duplice caso: il caso della cronaca, che noi chiamiamo raccapricciante, ed il caso delle pubblicazioni che possono offendere e turbare lo sviluppo spirituale dell’animo infantile.

Ora, mi pare che per questi due generi di reato sia necessario l’elemento della continuità, perché se noi crediamo di poter incriminare una pubblicazione una volta tanto, perché desta del raccapriccio, o perché sembra atta a turbare lo sviluppo spirituale dei ragazzi, noi chiediamo troppo e sarà molto difficile che un giudice arrivi a conclusioni positive. L’elemento della continuità, nelle pubblicazioni che tendono a sviluppare certi sentimenti e che offrono certi pericoli, mi sembra necessario ed indispensabile. È per questo che io ho proposto un semplice emendamento aggiuntivo all’articolo 21 formulato dalla Commissione, articolo in cui già si parlava di «stampati periodici prevalentemente rivolti, ecc.». Ci è stato fatto noto da alcuni colleghi giornalisti che l’articolo 21 della Commissione colpirebbe in sostanza soltanto le pubblicazioni dirette per loro natura alla illustrazione dei fatti di cronaca delittuosa, pubblicazioni che sono deplorevoli e traggono la loro sola giustificazione dal desiderio del guadagno, senza nessuna preoccupazione del male sociale e spirituale che esse compiono.

Vi sono però altre pubblicazioni in cui si verifica l’eccesso lamentato: sono quelle inserite nella cronaca dei giornali quotidiani. Orbene, anche questi eccessi, a mio parere, devono essere colpiti; ma perché siano efficacemente e concretamente colpiti è necessario che vi sia l’elemento della continuità, cioè l’abitudine, a cui ho già accennato, così che il giudice possa dare il proprio responso non su una semplice infrazione, ma su una serie di infrazioni che attesti il deliberato proposito, da parte del colpevole, di dedicarsi a descrizioni e ad illustrazioni di carattere pericoloso, dal punto di vista sociale e dal punto di vista educativo.

Finalmente, nella seconda parte del mio emendamento faccio allusione ad un genere particolare di reato. Forse, non si potrebbe nemmeno chiamarlo reato, perché ho parlato dell’illustrazione di vicende poliziesche e di avventure. Voi sapete che c’è tutta una letteratura per i ragazzi, una specie di letteratura gialla infantile, che in questi ultimi tempi è diventata altrettanto pericolosa quanto la stampa oscena. Essa è difficilmente identificabile, ma produce dei guasti morali non meno importanti di quelli che produce la letteratura oscena. Questa letteratura si basa sull’eroico e sull’avventuroso, la cui esigenza è un elemento fondamentale dell’animo di tutti i ragazzi. Ma invece di portare i giovani in quell’ingenuo mondo dell’avventura, che noi abbiamo trovato durante la nostra adolescenza nei romanzi di Verne e di Salgari, questa letteratura porta i giovani in un mondo di delitti e di criminalità, la cui descrizione ed illustrazione sviluppano i peggiori sentimenti antisociali: sentimenti di violenza e di crudeltà nell’animo dei ragazzi.

Questo si ricollega un po’ all’educazione guerriera che era caratteristica del fascismo. Il fascismo non si preoccupava molto di questo, perché pensava che l’esaltazione delle forze istintive nell’animo dei giovani potesse servire domani a creare combattenti e soldati. Noi abbiamo, del coraggio militare dei cittadini, un’idea del tutto diversa. L’esperienza ci dice che per esser buoni soldati, non è affatto necessario avvelenarsi, da ragazzi, con questa letteratura criminale, ma che buoni soldati diventano più facilmente i cittadini che hanno tratto dalle loro letture giovanili, l’esaltazione delle virtù e dei valori morali che sono al fondamento dei sacrifici che, nel momento decisivo della propria storia, la Patria chiede a tutti i cittadini.

Io devo ricordare, ad esempio, che in Russia c’è una letteratura infantile la quale ha saputo risolvere benissimo questa necessità di far leva sul sentimento dell’eroico e dell’avventuroso che è proprio dei ragazzi. Io non sono molto versato nella letteratura russa, ma per quello che ho letto della letteratura infantile di quel paese, posso dire che i russi hanno risolto brillantemente questo problema. Infatti tutte le avventure che sono descritte nei libri che la Russia dedica all’educazione della propria gioventù, si basano sulla devozione alla collettività e sul sacrificio che si deve compiere, da parte dei giovani, piccoli contadini e operai, per la salvezza dei villaggi, per la salvezza del corpo sociale, per correre in aiuto delle persone minacciate.

Quello nostro attuale è invece l’ingiusto sfruttamento di questo sentimento dell’avventuroso e dell’eroico. Noi dobbiamo reagire contro questo sfruttamento. Ed è appunto a questo che tende il mio emendamento. Non vorrei che per perseguire il reato di oscenità o quello della cronaca raccapricciante perdessimo di vista la necessità di porre un freno a questa letteratura per ragazzi, che è tanto perniciosa e pericolosa per la sanità morale del nostro Paese.

PRESIDENTE. L’onorevole Cevolotto ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. Onorevoli colleghi, l’articolo 26 del testo governativo diceva: «Ai fini dell’applicazione degli articoli 528-529 del codice penale per le pubblicazioni destinate all’infanzia e all’adolescenza si ha riguardo in modo particolare alla sensibilità propria dei fanciulli e degli adolescenti».

Niente in contrario da parte della Commissione al concetto qui espresso, ma è sembrato alla Commissione che questa norma fosse imprecisa, avesse un significato non chiaro. Perciò noi l’abbiamo trasfusa in un capoverso dell’articolo 21, che, in fondo, è più severo del testo governativo, in quanto qui si dice che: «le pene degli articoli 528-529 del codice penale sono aggravate». Noi chiediamo un aggravamento di pena per tutte le pubblicazioni, di qualunque genere, che non abbiano riguardo alla sensibilità dei fanciulli e degli adolescenti. Sembrava alla Commissione di avere portato un perfezionamento, proprio nel senso voluto dai pro-ponenti, al testo governativo. Le varie proposte che sono state fatte riguardo all’articolo 21, in sostanza mirano a trasformare quello che è ravvisato come un reato di danno in un reato di pericolo.

Io personalmente, pur essendo favorevolissimo, com’è naturale, alla persecuzione più decisa delle pubblicazioni oscene o contrarie al buon costume, dubito un po’, ho paura, di tutti gli interventi dell’esecutivo in materia di stampa, perché li trovo sempre pericolosi. Non si sa mai dove si può arrivare attraverso queste forme di incriminazione. Avevo ritenuto, come aveva ritenuto la Commissione, che il prospettare l’ipotesi delittuosa come reato di pericolo poteva portare a conseguenze non accettabili. A nostro avviso, è meglio attenersi al reato di danno, alla violazione della norma che avviene quando si commette il reato di danno. Ad ogni modo, l’Assemblea è di fronte a vari testi, i quali mirano tutti ad uno stesso fine. Si deve scegliere anche su un altro punto, che porta a diversità fra il testo governativo e gli emendamenti proposti: il testo governativo parla «di stampati periodici, prevalentemente rivolti a descrizioni, ecc.»; parla di periodici e non di stampati in genere (e quindi non anche dei libri che sono invece compresi nell’emendamento Moro) e parla di periodici prevalentemente rivolti a descrivere o ad illustrare con particolari raccapriccianti fatti avvenuti o immaginari, intendendo di chiedere proprio quella ripetizione, quella abitualità della commissione del reato su cui ebbe ad insistere l’onorevole Schiavetti, perché noi ci preoccupiamo che non sia possibile imputare un giornale semplicemente perché ha pubblicato una fotografia, in occasione di un crimine, che possa sembrare, agli occhi di lince di un procuratore della Repubblica, particolarmente sensibile, orripilante o raccapricciante.

E bene che certi particolari del delitto, che possono essere particolarmente impressionanti, non compariscano nemmeno attraverso la illustrazione dei giornali; ma la possibilità di incriminare anche i singoli fatti sporadici in questa maniera può portare molto in là; può impedire molte volte o rendere particolarmente disagevole il servizio della cronaca fotografica dei giornali.

Però in questa materia, che è delicata, ci rimettiamo a ciò che l’Assemblea crederà di decidere, non mancando di rilevare che a proposito dei «periodici prevalentemente rivolti ad illustrare o descrivere avvenimenti reali o immaginari» abbiamo avuto da parte di alcuni editori di giornali delle proteste molto vivaci, in quanto sembra che così si potrebbe limitare la libertà di stampa anche di giornali seri, i quali pubblichino resoconti giudiziari.

Vi sono (e non è difficile distinguere) in questa materia, periodici che sono veramente intollerabili. Tutti li abbiamo presenti: qualcuno ha anche un contenuto sospetto nello stesso titolo. Ma vi possono essere anche dei periodici seri che si dedicano alla cronaca o alla storia giudiziaria.

L’Assemblea veda se il testo della Commissione, così com’è, appare sufficiente a tutelare il bene giuridico che vogliamo sia protetto.

Sull’emendamento Moro mi permetterei di fare una osservazione riguardo alla seconda parte. Esso dice: «Le disposizioni dell’articolo 528 del codice penale si applicano anche alle pubblicazioni destinate ai minori degli anni 18». Non vi sono pubblicazioni destinate ai minori degli anni 18; non mi pare che sia possibile identificare questa stampa. Vi sono pubblicazioni destinate ai bambini, pubblicazioni destinate ai fanciulli, ai ragazzi; ma pubblicazioni destinate ai minori di anni 18 non ne conosco. Quindi, ove si voglia adottare il testo Moro, la espressione andrebbe, evidentemente, modificata.

BETTIOL. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Vorrei fare soltanto alcune brevissime osservazioni. Anzitutto, per quanto riguarda l’articolo 26, in relazione al capoverso dell’articolo 21 della Commissione, ho la sensazione che si creda che il contenuto di questi due articoli sia in sostanza lo stesso, mentre invece è profondamente diverso, nel senso che con l’articolo 26 si intende allargare il raggio d’azione di una norma del codice penale (art. 528) per colpire penalmente dei fatti che secondo un criterio di morale comune e corrente non sarebbero da considerare delittuosi, mentre divengono delittuosi tenendo presente la sensibilità propria dei fanciulli e degli adolescenti: quindi norma interpretativa autentica, che allarga la sfera di incriminazione dell’articolo 528; mentre invece il capoverso previsto dalla Commissione all’articolo 21 prevede esclusivamente un aumento di pena, ciò che è cosa diversa da quello che può essere l’allargamento del raggio di estrinsecazione di una determinata norma penale.

In secondo luogo, osservo che, per quanto riguarda il problema se i reati di stampa siano reati di danno o reati di pericolo, è nella stessa logica dei reati di stampa di essere sempre reati di pericolo e non reati di danno, dato il carattere proprio della stampa, come mezzo di divulgazione delle idee.

Quindi, credo sia opportuno aderire a quegli emendamenti i quali cercano di trasformare il reato di danno in reato di pericolo.

Per quanto riguarda la formulazione puramente estrinseca del capoverso dell’articolo 21, dove si dice che le pene degli articoli 528 e 529 del Codice penale sono aggravate, ricordo che nell’articolo 529 non sono previste delle pene, ma soltanto un criterio interpretativo in relazione all’articolo 528 del Codice penale. Questo diciamo naturalmente soltanto per amore di chiarezza, per il desiderio che il testo venga appunto emendato, con la eliminazione di una superfluità che non presenta invero alcuna ragione normativa.

CIMENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIMENTI. Vorrei aggiungere, onorevole Presidente, che, con la soppressione dell’articolo 26 proposto dalla Commissione, verrebbe a sparire il titolo: «Pubblicazioni destinate all’infanzia e all’adolescenza». Poiché pertanto il contenuto di questa disposizione verrebbe ad esser posto alla fine dell’articolo 21 proposto dalla Commissione, rimarrebbe soltanto l’intitolazione: «Pubblicazioni a contenuto impressionante e raccapricciante» mentre tutto l’articolo non parla soltanto delle pubblicazioni a contenuto impressionante e raccapricciante, ma anche delle pubblicazioni immorali, che possono turbare la coscienza della fanciullezza.

Io non ho pertanto alcuna difficoltà a modificare il contenuto del mio emendamento, accettando, mediante una variazione che mi riprometto di proporre, il secondo capoverso dell’articolo 21, purché di questo secondo capoverso sia fatto un articolo a sé stante, che riprenda integralmente il vecchio titolo.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Cevolotto a pronunziarsi a nome della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. Signor Presidente, vorrei pregarla di invitare gli onorevoli colleghi di voler intervenire sempre prima che il Relatore presenti le proprie conclusioni, ad evitare che io debba prendere la parola due o più volte, il che non è certo piacevole per gli ascoltatori, anche se a me evidentemente ciò non reca noia.

Quanto ha detto l’onorevole Bettiol non mi sembra esatto. L’articolo 26 allarga la sfera di applicazione degli articoli del Codice penale 528 e 529; ma il nostro capoverso l’allarga lo stesso, giacché in esso si parla di pubblicazioni che non abbiano riguardo alla sensibilità propria dei fanciulli e degli adolescenti.

Ripeto comunque che, in questa materia, la Commissione, poiché, si è, in fondo, mostrata d’accordo, in linea di principio, con quanto è stato detto da tutti gli oratori, sarà del pari sempre d’accordo con l’Assemblea per quel testo che essa vorrà preferire.

PRESIDENTE. Onorevole Andreotti, la prego di esprimere il parere del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Io penso che le due ipotesi vadano distinte, anche dopo le osservazioni dei colleghi onorevoli Bettiol e Cimenti, dato che esse di fatto sono sostanzialmente diverse. Non si tratta infatti tanto di interpretare estensivamente quell’articolo del Codice penale, quanto di menzionare espressamente certi determinati tipi di pubblicazioni, quelli cioè destinati all’infanzia ed all’adolescenza.

È vero che, in effetti, sarebbe più idonea ed efficace la formulazione proposta dalla Commissione; ma a me sembra preferibile individuare, in qualunque tipo di stampato, la sua incidenza sulla sensibilità dei fanciulli e degli adolescenti. Mi sembra poi che accogliendo il testo della Commissione, possa sorgere, in sede interpretativa, il dubbio che la valutazione della ricordata influenza sulla sensibilità dei fanciulli, debba essere limitata alla stampa di cui al primo comma dell’articolo 21. Penso quindi che sia bene lasciare distinte le due ipotesi.

Riguardo all’articolo 21 dello schema della Commissione, concordo nel proporre l’abolizione del «prevalentemente». A tale conclusione si può arrivare non soltanto attraverso le considerazioni, in base alle quali l’onorevole Moro ed altri, hanno rilevato che il mantenimento dell’avverbio sposterebbe il criterio discriminatore da fatti obiettivi, precisi, ad una prevalenza di indirizzo non facilmente accertabile, ma anche per la considerazione inversa, e cioè perché non si pensi che noi indiscriminatamente vogliamo mettere sotto imputazione quei giornali che hanno come loro contenuto specifico le descrizioni di cronaca nera, anche se non incorrono poi in quegli estremi delittuosi da noi qui contemplati. Io mi preoccupo di ciò, perché non dobbiamo dimenticare che la legislazione del periodo fascista contro la cronaca nera, per il suo carattere generico ed assoluto, non colpì soltanto le aberrazioni, cioè le descrizioni raccapriccianti o impressionanti, ma tutta la cronaca nera quotidiana, la cui soppressione non presentava alcuna giustificazione. Credo quindi che, abolendo il «prevalentemente», si compia anche un atto di rispetto verso questo determinato settore della libertà di stampa che, comunque lo si voglia valutare, ha anch’esso bisogno e diritto di essere protetto e salvaguardato.

Mi sembra anche giusto escludere la parole «periodici», perché l’esperienza, tratta dall’esame dei casi in cui le Procure hanno dovuto ordinare il sequestro e hanno dovuto poi procedere penalmente, insegna che forse il maggior numero delle pubblicazioni a contenuto raccapricciante, di quelle pubblicazioni cioè che turbano veramente il sentimento morale comune, non sia da ricercarsi fra i periodici ma proprio in quei «numeri unici», in quei foglietti che non sono giuridicamente e formalmente periodici, anche se poi di fatto escono a periodi fissi. Credo che se la proposta verrà accolta dall’Assemblea, noi avremo contribuito a far applicare questa norma anche a quella stampa che, specialmente in questo momento, richiede la nostra particolare attenzione.

L’emendamento dell’onorevole Moro suona così: «e siano pertanto idonei a turbare il comune sentimento, ecc.». Ora, pur convenendo sull’opportunità di contemplare in sede di formulazione dell’articolo non soltanto il fatto materiale dell’avvenuto turbamento, ma anche la possibilità di esso, temo che l’emendamento Moro e Dominedò ponga in minore evidenza del testo della Commissione il fatto che questo turbamento, sia pure possibile, del sentimento comune della morale o dell’ordine familiare, è una condizione assolutamente indispensabile per l’applicazione di questo articolo. Non basta infatti constatare che i particolari di una illustrazione o descrizione reale od immaginaria, siano impressionanti o raccapriccianti, ma occorre che questa descrizione sia tale da turbare il sentimento morale. Questa condizione va posta anche a tutela di quella parte della cronaca nera e di altra stampa che noi non dobbiamo genericamente condannare.

Riguardo all’ultimo emendamento dell’onorevole Schiavetti, relativo alla stampa destinata all’infanzia e tendente ad impedire la divulgazione delle descrizioni di vicende poliziesche o di avventure, non sono d’accordo con l’onorevole Schiavetti. Non è infatti che io non riconosca la pericolosità che dal punto di vista pedagogico, possono talvolta contenere simili tipi di pubblicazioni, ma penso, nel contempo, a due pericoli che potrebbero derivare dall’accoglimento dell’emendamento: il primo consiste nel mettere nelle mani di un magistrato, che può avere una grandissima esperienza in tutti i settori ma forse pochissima o quasi nulla in fatto di pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti, determinati saggi di pubblicazioni che forse, agli effetti morali, lasciano il tempo che trovano ma che, staccate da tutto quel particolare mondo di pubblicazioni destinate ai ragazzi, potrebbero essere considerate come scuola di delitto, mentre invece non meritano alcuna sanzione di ordine penale.

Lo stesso accenno che ha fatto, molto lealmente, l’onorevole Schiavetti alle pubblicazioni russe destinate all’infanzia, è forse caratteristico di quel mondo. Ed io ho la preoccupazione che si voglia riportare anche questa parte di pubblicazioni, anche questa letteratura di divertimenti per fanciulli e ragazzi, a certi temi obbligati, quali noi abbiamo conosciuto anche in Italia nel periodo fascista. Vi erano allora determinati argomenti che dovevano essere sempre considerati, e considerati in una determinata maniera. Tutti coloro che hanno figliuoli ricordano (e l’onorevole Cimenti si è appellato al diritto dei padri di famiglia) che esistevano alcuni giornali, come Il Balilla destinati appunto a questo scopo. È altresì vero che tutti leggevano il Corriere dei Piccoli, perché certe infiltrazioni di carattere politico erano palesi.

SCHIAVETTI. Ma questa disposizione è di carattere puramente negativo. Ciascuno scriverà poi quello che vuole.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Ma impedendo determinati temi si verranno poi a rendere obbligatori certi altri.

Io non conosco la letteratura russa per ragazzi, ma conosco dei films russi, che hanno tutti questo tono di propaganda e di esaltazione e sono fatti secondo determinati clichés di certi valori. Ora io vorrei non essere corresponsabile dell’imposizione ai nostri figli di una letteratura di divertimento, se non altro, molto noiosa.

SCHIAVETTI. Lei, per diffidenza verso la Russia preferisce che i nostri ragazzi subiscano influenze morali pericolose. Non c’è autonomia nella vostra pedagogia. (Proteste al centro).

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. L’autonomia in fatto di educazione nei paesi totalitari è una cosa molto discutibile.

Concludendo, io aderirei all’emendamento dell’onorevole Moro con quella variazione che spero l’onorevole Moro accetti, e aderirei altresì all’idea di lasciar staccati l’ex articolo 26 (che attualmente dovrebbe essere il 21) e il 21 della Commissione (che diventerebbe 22); non accetterei invece la seconda parte dell’emendamento Schiavetti.

PRESIDENTE. Domando ai presentatori di emendamenti se li mantengano.

Onorevole Moro, mantiene il suo emendamento?

MORO. Vorrei sapere se l’onorevole Andreotti sia disposto ad accogliere la formulazione dell’onorevole Bettiol, alla quale io aderirei.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. L’accetto.

PRESIDENTE. Onorevole Cimenti, mantiene i due emendamenti?

CIMENTI. Aderirei alla formula della Commissione purché si includano nell’articolo le parole: «impressionabilità e suggestione».

PRESIDENTE. Non essendo gli onorevoli Crispo, Villabruna e Candela presenti, il loro emendamento si intende decaduto.

Onorevole Schiavetti, mantiene il suo emendamento?

SCHIAVETTI. Sì, lo mantengo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione le parole dell’articolo 21:

«Le disposizioni dell’articolo 528 del Codice penale si applicano anche nel caso di stampati».

(Sono approvate).

Ora passiamo alla parola «periodici», contenuta nel testo della Commissione di cui l’onorevole Moro propone la soppressione.

Si tratta di decidere se la norma in discussione debba valere per tutti gli stampati oppure soltanto per gli stampati periodici.

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. Io vorrei che i colleghi tutti valutassero bene l’importanza della votazione sull’aggettivo «periodici». (Commenti al centro).

PRESIDENTE. Onorevole Gullo, la prego; abbiamo discusso più di un’ora su questo argomento.

GULLO FAUSTO. Onorevole Presidente, nel momento in cui bisogna votare la soppressione o il mantenimento della parola «periodici», io penso che sia opportuno dichiarare espressamente il proprio voto.

Che cosa vorrà dire «stampati» senza che la parola venga seguita dall’aggettivo «periodici»?

Io ripresento ancora il pericolo a cui si può andare incontro perché non vorrei che, attraverso questa voluta difesa della infanzia, si immettessero nella legge disposizioni che verrebbero a colpire altre diverse manifestazioni. Vorrei a questo proposito dire, specialmente all’onorevole Schiavetti, questo: a me pare che qui si faccia come quel medico che pensa di andar dietro alla febbre e non alla causa che la determina.

Cinquant’anni fa i fanciulli preferivano il Cuore e c’era una ragione. (Commenti al centro).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, penso che il primo esempio da dare ai fanciulli sia quello della tolleranza.

GULLO FAUSTO. Noi insistiamo perché l’aggettivo «periodici» sia mantenuto, altrimenti verrebbe meno la ragione che potrebbe dare una apparente giustificazione alla norma.

Che cosa vuol dire che sono puniti con una grave sanzione gli «stampati rivolti a descrivere od illustrare ecc.»?

Ma anche il libro viene ad essere compreso fra gli stampati. Noi puniremmo il grande artista appunto perché ha la colpa di descrivere con maggior vivezza d’immagini, meglio di quanto non sappia fare io o altri, tutti i particolari di un delitto. A me pare pericolosa l’abolizione dell’aggettivo «periodici» ed anche l’abolizione dell’avverbio «prevalentemente»…

PRESIDENTE. Non è ancora in votazione.

GULLO FAUSTO. I due concetti sono intimamente legati. Comunque noi voteremo contro la soppressione dell’aggettivo «periodici».

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Io vorrei porre una questione preliminare, quasi pregiudiziale, che si riferisce ai poteri che ha l’Assemblea in questo momento.

Abbiamo deciso in dicembre che avremmo nel mese di gennaio discusso e approvato alcuni articoli di una legge sulla stampa, intendendo chiaramente la stampa periodica. Infatti abbiamo parlato di elezioni, di giornali quotidiani e di settimanali. Per questo argomento eravamo d’accordo che l’Assemblea Costituente si riunisse durante il mese di gennaio e dedicasse alcune sue sedute al dibattito di questo tema, ed elaborasse alcuni articoli i quali potessero orientare e regolare in questo campo l’azione del Governo, dell’autorità di pubblica sicurezza e della magistratura, meglio di quanto non possa avvenire con le leggi attualmente ancora in vigore. È ben chiaro però che non abbiamo mai pensato di attribuire all’Assemblea Costituente, in queste sedute del mese di gennaio, il potere di limitare la libertà in genere di espressione. Orbene, questo è il problema che ora viene affrontato. Se sopprimiamo l’aggettivo «periodico», noi passiamo dal giornale quotidiano e dal settimanale, al libro, al dramma, alla commedia, a qualsiasi manifestazione del pensiero. Ritengo che nessuna disposizione autorizzi questa Assemblea, in questo momento, a rivedere o a limitare un diritto che è stato sancito nella Carta costituzionale che abbiamo approvato nello scorso mese di dicembre e che è andata in vigore il primo gennaio. Qui si vorrebbe invece che, sotto il pretesto di sancire una norma sulla «stampa», si deliberasse anche in merito a qualsiasi manifestazione del pensiero per iscritto. Ripeto: ritengo che non siamo assolutamente autorizzati ad una simile discussione e a dare un simile voto, e mi appello a lei, signor Presidente, perché ella faccia osservare quelle disposizioni che abbiamo approvato nel momento in cui abbiamo interrotto il nostro lavoro costituzionale e legislativo ordinario, fissando chiaramente i limiti dell’attività dell’Assemblea nel corso di queste sedute del mese di gennaio.

GULLO FAUSTO. Sono colpiti da questa sanzione anche i Promessi Sposi!

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Io credo di poter rispondere con una semplice considerazione alla pregiudiziale sollevata dall’onorevole Togliatti che dobbiamo prendere immediatamente in esame. Non eccepirò motivi formali, che pure avrebbero il loro peso. Ogni eccezione di carattere pregiudiziale va sollevata in limine e noi siamo già nell’esame addentrato di questa legge. Non mi voglio tuttavia attenere ad un motivo di logica formale, ma esaminando la disposizione transitoria della Costituzione sulla prorogatio e il contenuto del disegno di legge, contenuto che è predeterminato dall’articolo 2 ove si definisce la stampa e gli stampati in modo indiscriminato, io credo di poter rispondere con piena coscienza che la pregiudiziale sollevata non trova fondamento né nella lettera né nello spirito della legge.

PRESIDENTE. Sulla questione sollevata dall’onorevole Togliatti mi pare che ci si debba richiamare alla scelta degli articoli da esaminare. Tra questi vi è l’articolo 21 del testo della Commissione. Ora, nel momento in cui si è proceduto all’elencazione di questi articoli, non si sono sollevate questioni di carattere generale. Da varie parti si sono fatte proposte, sono state valutate e, in definitiva, si è redatto l’elenco.

Ora si pone un problema di carattere generale. Non era stato stabilito che gli emendamenti proponibili dovessero restare in un certo ambito. Pertanto è l’Assemblea stessa, nel momento in cui vota la singole proposte, che procede, semmai, ad una definizione del limite che ha ritenuto di dover dare alla scelta degli articoli. È vero che nel testo dell’articolo 21 è incluso l’aggettivo «periodici», il che fa pensare che è stato prescelto anche in relazione a questa indicazione specifica in esso contenuta. All’infuori di questa constatazione di carattere obiettivo, ritengo che non possano essere messi dei limiti alla presentazione di emendamenti. È l’Assemblea stessa che, valutandoli di volta in volta, stabilisce se debbano esser presi in esame. Pertanto mi sembra che non possiamo non porre in votazione la proposta di sopprimere l’aggettivo «periodici». Secondo quanto ha richiamato anche l’onorevole Dominedò, il termine generico di «stampati» è già incluso in altri articoli e al momento in cui questi sono stati approvati non è stata sollevata alcuna obiezione.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI. Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Io trovo che l’onorevole Togliatti ha sollevato una questione di ordine più generale di quella alla quale ella, onorevole Presidente, si è riferito. L’onorevole Togliatti ritiene che, nel periodo di proroga dei lavori, l’Assemblea non possa affrontare un problema così vasto quale è quello in discussione poiché, sopprimendo l’aggettivo «periodici», si estenderebbe a tutti gli stampati la disciplina delle norma. Volevo osservare che nel testo governativo non si parla di stampati periodici, ma di stampati in generale. E qui si parla nel senso preciso richiamato dall’articolo 2, dove si dà la definizione dello stampato, come abbiamo fatto nei giorni scorsi. Quindi, votando i tre argomenti per cui ci si sarebbe riconvocati nel mese di gennaio, includendo la legge sulla stampa, evidentemente ci si riferiva a quel testo della legge sulla stampa che era presso la Commissione. Quindi, semmai, ci siano mantenuti nei limiti più ristretti di quelli consentiti dai nostri poteri, dal momento che abbiamo deciso uno stralcio.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. Mi sembra utile chiarire, a seguito di quanto ha detto l’onorevole Andreotti, che il testo governativo si ispirava a sua volta a documenti precedenti, vale a dire al decreto legislativo 31 maggio 1946, che è decreto firmato dall’onorevole Togliatti, dove si diceva all’articolo 2, a proposito del sequestro di pubblicazioni oscene od altro: «giornali, pubblicazioni o stampati, che ai sensi della legge penale…». Quindi, la parola «stampati» è richiamata.

MOLINELLI. Chiedo di parlare per illustrare la proposta, da me fatta, e dalla Commissione accettata, di aggiungere al testo governativo l’espressione «periodici prevalentemente rivolti».

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. Nel Codice penale esiste un articolo, il quale punisce il reato di oscenità commesso attraverso la stampa. A questo reato la legge voleva aggiungere anche quelli che, per il loro carattere impressionante o raccapricciante, potessero turbare l’ordine familiare e morale. Fin qui eravamo tutti d’accordo. Senonché, a questo punto è intervenuta un’osservazione giustissima, a mio modo di vedere: cioè, che dando facoltà così ampia al giudice, si potessero perseguire anche coloro che, incidentalmente o per ragione artistica, potessero produrre scritti, disegni o altro che, come opere d’arte, non possono essere giudicate offensive della morale dalla generalità degli uomini, ma possono essere giudicate tali da un determinato giudice.

Per questa ragione ci siamo domandati: cosa vogliamo colpire?

Vogliamo colpire quella stampa periodica, la quale si propone come fine il lucro e come mezzo la eccitazione dei sentimenti meno nobili del pubblico; la cosiddetta stampa gialla o nera, la quale fa commercio di queste notizie impressionanti o raccapriccianti; non quella che pubblica la fotografia di un partigiano impiccato, la quale è raccapricciante sì, ma non offende né la morale né l’ordine familiare.

Per perseguire questo preciso scopo, il carattere offensivo della morale familiare di certa stampa non può essere dedotto che dal carattere stesso della pubblicazione, dal suo perseguimento, attraverso la periodicità, di quel fine di lucro. Per questo avevamo detto che il periodico deve essere colpito, quando prevalentemente dirige la sua azione verso questo fine speculativo.

Togliendo questo carattere di periodicità dello stampato, noi diamo al giudice la possibilità di colpire qualsiasi stampa, qualsiasi notizia di cronaca. E siccome questo articolo era stato esaminato in relazione all’articolo successivo, il 28, sul sequestro, noi arriviamo a questo: che in Italia un giudice potrà sequestrare col minimo pretesto qualsiasi giornale (Commenti al centro) e questo proprio nel periodo elettorale.

Se volete questo, votate pure per la soppressione della parola «periodici».

FABBRI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Dichiaro che voterò contro questa disposizione, la quale si riferisce esclusivamente agli adulti; e voterò contro, perché la ritengo nettamente anticostituzionale, in quanto che con questa disposizione si può proibire agli adulti, ad esempio, di leggere le novelle di Poe o i romanzi di Dostoevskij. Cito questi autori stranieri, per non fare pubblicità incriminabile agli italiani.

Ritengo la disposizione nettamente contraria ai principî stabiliti nella Costituzione e noto che l’Assemblea, dopo aver fatto la Costituzione, si avvia a violarla giorno per giorno. (Commenti).

PRESIDENTE. Pongo in votazione la parola: «periodici».

(Dopo prova e controprova non è approvata).

Gli onorevoli Scoccimarro, Togliatti e altri hanno proposto di aggiungere le parole:

«che non abbiano carattere di opere d’arte». (Commenti).

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Mi pare che l’aggiunta proposta dall’onorevole Scoccimarro sia forse superflua, ma non possa in ogni caso trovare opposizione nel suo concetto, perché è compresa nell’articolo 529 del Codice penale, il quale dice: «Non si considera oscena l’opera d’arte o l’opera di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto». Ora, qui non si tratta soltanto di oscenità, ma si tratta anche di descrizione di fatti raccapriccianti o comunque impressionanti. Il concetto contenuto nell’articolo 529 del Codice penale per l’opera oscena, a maggior ragione non può essere negato per l’opera semplicemente raccapricciante o impressionante. Sarebbe assai strano che la disposizione del Codice penale per l’opera anche oscena, quando sia opera d’arte, non venisse ripetuta quando si parla di pubblicazioni semplicemente raccapriccianti o impressionanti.

Una voce. È pleonastica.

CEVOLOTTO, Relatore. Non è pleonastica, perché l’articolo 529 si riferisce al 528, che parla di pubblicazioni e spettacoli osceni, e qui non parliamo di spettacoli osceni ma di pubblicazioni impressionanti o raccapriccianti. Certamente l’aggiunta precisa l’interpretazione che deve essere data all’articolo 529 del Codice penale.

MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Condividendo le dichiarazioni fatte dall’onorevole Cevolotto e ritenendo che qui non siano da prendere in considerazione le opere d’arte, che sono ad altro titolo escluse, dichiaro che voteremo contro l’emendamento aggiuntivo Scoccimarro.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Se la proposta tende ad escludere dall’incriminazione le vere opere d’arte, come la Fucilazione del Goya o le Bestie squartate del Rembrandt, la disposizione è superflua perché ciò è nella coscienza di tutti. Se viceversa tende a fare sfuggire alla repressione penale giornalisti o pseudo artisti che vogliono violare la legge servendosi di questo stratagemma, la proposta è pericolosa, e perciò voterò contro.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Non vorrei che adesso, attraverso una votazione fatta, diciamolo pure, un po’ per impeto, si venisse a pregiudicare l’applicabilità dell’articolo 529 del codice penale. Poiché noi ci riferiamo all’articolo 528 del Codice penale, è evidente che si deve applicare anche l’articolo 529. Questo mi pare chiaro. La votazione dell’emendamento proposto dall’onorevole Scoccimarro sotto questo aspetto potrebbe anche ritenersi superflua perché, secondo me, non vi è dubbio che dal richiamo dell’articolo 528 discende l’applicabilità anche dell’articolo 529. L’elemento costituisce semplicemente un chiarimento interpretativo. Ma io mi preoccupo che dalla eventuale reiezione dell’emendamento non si possa dedurre una interpretazione che io ritengo certa. Penso che ciò sia pericoloso e perciò prego l’onorevole Scoccimarro di considerare la questione sotto questo aspetto. Se il suo emendamento venisse respinto, il voto della Camera potrebbe avere un significato che toglierebbe la possibilità di quella interpretazione che, secondo me, è evidente.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. L’emendamento presentato avrebbe avuto significato se fosse stato votato all’unanimità dall’Assemblea. Poteva essere superfluo, ma in ogni modo precisava. Poiché si delinea la possibilità di un voto contrario, questo creerebbe equivoci e difficoltà, per cui ritiro l’emendamento.

PRESIDENTE. Seguono le parole del testo della Commissione: «prevalentemente rivolti a descrivere od illustrare». L’onorevole Moro, ha proposto di sostituirle con le seguenti:

«i quali descrivano o illustrino»,

Pongo in votazione questa formulazione. (Dopo prova e controprova è approvata).

Pongo in votazione le parole: «con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi od anche soltanto immaginari».

(Dopo prova e controprova, sono approvate).

Pongo in votazione la formulazione dell’onorevole Bettiol a cui si è associato anche l’onorevole Moro: «in modo da poter turbare il comune sentimento della morale e l’ordine familiare».

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Pongo in votazione le parole della formulazione Bettiol-Moro:

«o da poter provocare».

(Dopo prova e controprova, sono approvate).

Pongo in votazione le parole della formulazione Moro:

«il diffondersi di suicidi o delitti».

(Sono approvate).

Passiamo al secondo comma.

Onorevole Cimenti, la prego di dirmi se mantiene il suo emendamento.

CIMENTI. Potrei anche aderire alla proposta Moro qualora egli accettasse di aggiungere dopo la parola «sensibilità» le altre «impressionabilità e suggestione proprie».

PRESIDENTE. L’onorevole Moro ha facoltà di dichiarare se accetta la proposta dell’onorevole Cimenti.

MORO. Mi pare che l’aggiungere questa ulteriore determinazione sia, in certo senso, un diminuire la portata dell’espressione «sensibilità» che è la più comprensiva. Potrei comunque accettare una sola delle parole che si vorrebbero aggiungere: «impressionabilità»; mentre «suggestione» mi pare che ci porterebbe su un altro piano e renderebbe oscuro il testo.

Secondo poi quanto ha osservato lo stesso onorevole Relatore, accetterei che si dicesse, anziché «destinate ai minori degli anni diciotto» «destinate ai fanciulli ed agli adolescenti, quando ecc.».

PRESIDENTE. Onorevole Cimenti, mantiene l’emendamento?

CIMENTI. Accetto la proposta dell’onorevole Moro.

PRESIDENTE. Sta bene.

Pongo in votazione la prima parte del secondo comma nel testo dell’onorevole Moro, così modificato:

«La disciplina dell’articolo 528 del Codice penale si applica anche alle pubblicazioni destinate ai fanciulli e agli adolescenti».

(È approvata).

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Per ragioni formali, propongo di dire «per la sensibilità e l’impressionabilità ad essi proprie».

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo pertanto in votazione la restante parte del secondo comma con la correzione formale, proposta dall’onorevole Moro:

«quando per la sensibilità e la impressionabilità ad essi proprie siano comunque idonee ad offendere il loro sentimento morale o costituire per essi incitamento alla corruzione, al delitto e al suicidio. Le pene in tali casi sono aumentate».

(È approvata).

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Desidero far presente che, per ragioni di coordinamento, la parola: «idonee», potrebbe sostituirsi con la frase che è stata adoperata anche nell’articolo precedente nella formulazione analoga: «in modo da poter offendere». Si potrebbe cioè usare la stessa espressione perché la legge riesca armonica.

PRESIDENTE. Sta bene. La proposta dell’onorevole Cevolotto potrà essere tenuta presente in sede di coordinamento, nel momento in cui redigeremo il testo definitivo prima della votazione finale.

Ad ogni modo c’è da risolvere adesso la questione posta dall’onorevole Cimenti, se fare due articoli distinti nel testo che abbiamo votato oppure un articolo solo. L’onorevole Cimenti propone di ricostituire, come ho già detto, un articolo a sé stante per le pubblicazioni destinate all’infanzia e all’adolescenza.

Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Cimenti di fare del secondo comma dell’articolo 21 un articolo a parte.

(È approvata).

PRESIDENTE. Passiamo all’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Schiavetti.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Vorrei, a titolo di dichiarazione di voto, se lei crede, dire una parola ai miei colleghi della Democrazia cristiana, per un problema di coscienza; perché mi pare, che essi non abbiano bene capito il valore della mia proposta e si siano fatti turbare da fantasmi di carattere politico.

Tutti noi siamo sensibili ai problemi relativi all’educazione dei nostri ragazzi, ma in particolar modo lo sono i colleghi della Democrazia cristiana, e ciò per vecchie tradizioni. Ora, il problema da me proposto è di importanza fondamentale ed esclude completamente qualsiasi considerazione di carattere politico, anche se io, con una certa ingenuità, avevo fatto cenno del modo con cui la Russia aveva risolto il problema di sfruttare la tendenza dei fanciulli all’eroico e all’avventuroso. Si tratta di una disposizione che è già stata votata all’unanimità dal Congresso dei giornalisti a Palermo nell’ottobre del 1946; si tratta di una disposizione alla quale io ho già accennato nel marzo dello scorso anno, quando presi per la prima volta la parola sui problemi della stampa a proposito dell’articolo 16 e trovai il consenso della maggior parte dei miei colleghi. Vi furono anche delle congratulazioni personali che – come ebbi a dire scherzando – mi fecero correre il pericolo di compromettermi politicamente.

Evidentemente si tratta di un problema che va al di là della politica, e perciò vi prego di pensar bene alla responsabilità che vi assumete, prima di votare contro.

Noi dobbiamo opporci a questa letteratura, consistente soprattutto in giornalini «a fumetti» che portano i nostri ragazzi in un’atmosfera morale che non possiamo assolutamente tollerare. (Approvazioni).

PRESIDENTE. L’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Schiavetti è il seguente:

«Le medesime disposizioni si applicano a quei giornali e periodici che comunque si rendano ripetutamente responsabili delle descrizioni o illustrazioni di cui nel comma precedente, nonché ai giornali e periodici destinati all’infanzia, nei quali la descrizione o l’illustrazione di vicende poliziesche e di avventure sia fatta, sistematicamente o ripetutamente, in modo da favorire il disfrenarsi di istinti di violenza e di indisciplina sociale».

BETTIOL. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Voterò favorevolmente a questo articolo aggiuntivo dell’onorevole Schiavetti, perché ritengo opportuno che sia ucciso in germe il pericolo che i nostri ragazzi e i nostri adolescenti siano educati secondo criteri, diciamo così, militareschi e antidemocratici, che portano indubbiamente alla rovina spirituale. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Pongo in votazione lo emendamento aggiuntivo dell’onorevole Schiavetti testé letto.

(È approvato).

Naturalmente sarà incluso nell’articolo destinato appunto alla stampa per l’infanzia e l’adolescenza.

I due articoli nei quali verrà ridistribuita la materia, che è ora stata votata dall’Assemblea, risultano nel complesso così approvati.

Il primo è del seguente tenore:

«Le disposizioni dell’articolo 528 del Codice penale si applicano anche nel caso di stampati, i quali descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi od anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale o l’ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti».

L’articolo successivo da porre sotto il titolo «Pubblicazioni destinate all’infanzia o all’adolescenza» è del seguente tenore:

«La disciplina dell’articolo 528 del Codice penale si applica anche alle pubblicazioni destinate ai fanciulli e agli adolescenti, quando per la sensibilità e l’impressionabilità ad essi proprie siano comunque idonee ad offendere il loro sentimento morale o costituire per essi incitamento alla corruzione, al delitto o al suicidio. Le pene in tali casi sono aumentate».

Vi sarà poi da coordinare il comma aggiuntivo proposto dell’onorevole Schiavetti e approvato:

«Le medesime disposizioni si applicano a quei giornali e periodici che comunque si rendano ripetutamente responsabili delle descrizioni o illustrazioni di cui nel comma precedente, nonché ai giornali e periodici destinati all’infanzia, nei quali la descrizione o l’illustrazione di vicende poliziesche e di avventure sia fatta, sistematicamente o ripetutamente, in modo da favorire il disfrenarsi di istinti di violenza e di indisciplina sociale».

Passiamo all’articolo 22. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Sequestro.

«Non si può procedere al sequestro delle edizioni dei giornali o di altre pubblicazioni o stampati se non in virtù di una sentenza irrevocabile dell’autorità giudiziaria.

«L’autorità giudiziaria può tuttavia, anche all’inizio dell’azione penale, disporre, con decreto motivato, il sequestro:

1°) delle pubblicazioni non periodiche, quando da esse non risulta il nome dell’editore né quello dello stampatore, ovvero quando questi siano indicati in modo non conforme al vero;

2°) dei giornali e di ogni altro periodico, pubblicati senza che sia stata eseguita la registrazione prevista dall’articolo 7;

3°) dei giornali e di ogni altro periodico pubblicati in violazione delle norme sul riposo festivo;

4°) dei giornali e degli altri stampati, quando in essi si concreti il reato di offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica o del Capo di uno Stato estero, di istigazione a delinquere nell’ipotesi dell’articolo 414, comma primo, n. 1, del Codice penale, ovvero di pubblicazioni oscene o contrarie alla pubblica decenza o, infine, il reato previsto dall’articolo 553 del Codice penale.

«In ogni altro caso l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro di non oltre tre esemplari dei giornali o altri stampati che concretino una violazione della legge penale.

«Nulla è innovato alle norme sulle difese e sulle sanzioni giudiziarie stabilite a tutela del diritto d’autore».

PRESIDENTE. L’onorevole Russo Perez ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente numero 3-bis:

«dei giornali il cui direttore responsabile si sia rifiutato all’obbligo sancito dall’articolo 14».

Ha facoltà di svolgerlo.

RUSSO PEREZ. Onorevoli colleghi, sembra che sulla tesi che convenga reprimere severamente la diffamazione a mezzo della stampa siamo tutti d’accordo. Se dovessi servirmi di una espressione giuridica – come suole fare l’amico Dominedò – direi che sull’argomento si è costituita qui una communis opinio.

Orbene, tutto quello che abbiamo fatto fin qui, compresa quella disposizione che è stata approvata ieri, secondo la quale il diffamatore che si rifiuta di pubblicare la rettifica del diffamato può essere punito con la reclusione fino a sei mesi e con la multa da 30 a 50 mila lire, sarebbe assolutamente vano, se non votassimo anche questo emendamento aggiuntivo.

Pensate che normalmente il libellista abituale non si impressiona neanche della pena comminata dal Codice penale, che è molto superiore al massimo dei sei mesi stabilito ieri, perché, come sanno i giuristi, la diffamazione a mezzo della stampa, secondo il Codice penale vigente, è punita con la reclusione fino a tre anni.

Quindi, colui che non arretra neanche dinanzi alla possibilità di essere condannato a tre anni di reclusione, figuratevi se possa impressionarsi per quella disposizione che commina fino a sei mesi di reclusione, qualora egli si rifiuti di pubblicare la rettifica del diffamato! Tanto più che si è introdotta ieri quella clausola, che io ho definito molto pericolosa: cioè, che egli si può rifiutare di pubblicare la rettifica quando questa potrebbe dar luogo ad incriminazione penale.

Quindi, occorre togliere di mano al libellista i ferri del mestiere, tagliargli le unghie! Ora, qual è il mezzo di cui si serve per compiere il delitto? Il giornale. Quindi egli deve sapere che, ove si rifiuti di pubblicare la rettifica del diffamato, gli sarà tolta di mano l’arma del suo delitto.

La rettifica nel giornale incriminato è l’unica forma seria di riparazione, in quanto, quando il direttore si rifiuta, è vero che il diffamato può ricorrere – come avviene – alla pubblicazione in altri giornali; ma egli non può fare pervenire la rettifica a quel pubblico che ha letto la diffamazione, al pubblico di quel determinato giornale; il che è molto diverso, perché c’è chi legge un giornale e chi ne legge un altro.

Per conseguenza, è necessario che ci sia questa grave sanzione.

Del resto, vi sembra grave, questa disposizione? Vi sembra grave che si sequestri il giornale in questo caso? Dovrebbe sembrare grave al diffamatore abituale! Ebbene, se egli non vuole incorrere in questa sanzione, se egli vuol continuare a possedere l’organo attraverso cui diffama le persone, non ha da fare altro che, o non diffamare, oppure pubblicare la rettifica del diffamato.

TREVES. Il sequestro avverrebbe attraverso la richiesta del diffamato.

RUSSO PEREZ. La proposta fatta ieri da me e approvata, cioè che si stabilisse una sanzione per colui che non pubblica la rettifica e che la sanzione fosse della reclusione e della multa, pene riservate ai delitti, è stata fatta di proposito, perché non nascesse alcun contrasto col testo della Costituzione, giacché voi sapete che, per la Costituzione, il sequestro non può essere disposto che dall’autorità giudiziaria. E siccome il testo dice che l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro quando è iniziata l’azione penale, questa azione penale non si può iniziare se non c’è il delitto; e il delitto è stabilito dal rifiuto di pubblicazione. E quindi sono concatenate le norme da noi approvate ieri e quella che io vi chiedo oggi di approvare.

PRESIDENTE. L’onorevole Schiavetti ha presentato i seguenti emendamenti:

«Aggiungere al n. 2°) del secondo comma le parole seguenti: o che non siano stati eseguiti i depositi e le pubblicazioni previsti dall’articolo 10».

«Sopprimere al n. 4°) del secondo comma le parole: o, infine, il reato previsto dall’articolo 553 del Codice penale».

Ha facoltà di svolgerli.

SCHIAVETTI. Prima di passare allo svolgimento, vorrei dire una parola per fare osservare all’onorevole Russo Perez, se il Presidente me lo consente, che la sanzione da lui proposta del sequestro, sia pure ad opera dell’autorità giudiziaria, per la mancata inserzione di una rettifica, mi sembra sia veramente eccessiva, perché pone i giornali, con l’aiuto della Magistratura, alla mercé di un privato qualsiasi, il quale potrebbe, a protezione dei interessi puramente personali, mandare una lettera e poi con un pretesto o con un altro contestare che questa lettera non è stata pubblicata. Il sequestro avverrebbe immediatamente, prima che si potesse provare, ad esempio, che c’è stato un caso di forza maggiore.

Mi sembra che ci mettiamo per una strada eccessivamente pericolosa.

Detto questo per quanto riguarda l’emendamento dell’onorevole Russo Perez, passo a svolgere il mio emendamento, il quale riguarda la soppressione della facoltà di sequestro preventivo per il reato previsto dall’articolo 553 del Codice penale. Per quei colleghi che non lo sapessero, l’articolo 553 del Codice penale riguarda l’incitamento alle pratiche contro la procreazione. Chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione o a fare propaganda a favore di esse è punito con la reclusione fino ad un anno e la multa fino a 10.000 lire, ecc.

Io propongo, naturalmente, non che questo articolo del Codice sia abolito, perché non sarebbe, in ogni caso, questa la sede, ma propongo che il reato contemplato in questo articolo del Codice non costituisca causa sufficiente per determinare il sequestro preventivo del giornale.

Mi pare che anche qui ci sia un eccesso pericoloso. Perché il fascismo si lasciò indurre a una forma così gelosa, così severa di repressione di questo reato, per cui potevano essere sequestrati anche i giornali che portassero annunzi relativi ai mezzi anticoncezionali? Il fascismo fece questo, come tutti sanno, perché aveva messo in piedi tutto un apparato tendente allo sviluppo di una campagna demografica, campagna demografica, non dimentichiamolo, che era in rapporto con la sua politica internazionale e con i suoi fini di guerra.

Ora, io non faccio una questione di carattere morale o religioso; se ne discuterà in un’altra sede. Io domando all’Assemblea se essa ritiene conveniente che noi dobbiamo mantenere in piedi questo strumento tipico della campagna demografica del fascismo. Questa campagna demografica fu determinata non da ragioni di carattere religioso o filosofico, ma da ragioni contingenti di politica internazionale, che oggi sono venute a decadere, e che hanno anzi determinato una reazione in senso contrario in tutta la Nazione, ammaestrata dalla triste esperienza fatta.

Da questo punto di vista credo che, pur restando la pubblicazione in parola un reato, essa non debba però comportare il sequestro preventivo del giornale. Faccio notare a questo proposito che c’è stato qualcuno che, fin dai primi giorni che seguirono il 25 luglio 1943, si preoccupò di smontare alcuni elementi di questo apparato per la campagna demografica, e questo qualcuno è stata appunto la burocrazia. Se gli onorevoli colleghi andranno a consultare la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 1943, troveranno che alla data del 2 agosto, una settimana dopo il 25 luglio, quando tante altre provvidenze erano ben più necessarie – bisognava pensare a cose molto più importanti – insieme ai decreti-legge che abolivano il Gran Consiglio del fascismo e scioglievano il partito fascista, fu pubblicato anche un regio decreto-legge contenente disposizioni per la soppressione dei privilegi concessi ai coniugati in fatto di carriera e di avanzamento. La burocrazia, alla quale noi rimproveriamo giustamente tante volte di essere torpida e lenta, approfittò della caduta di Mussolini per preparare, pochi giorni dopo il 25 luglio, questo decreto-legge, il quale evidentemente sistemava gli interessi e la carriera di molti burocrati. Evidentemente si sentì allora, ma solo per il raggiungimento di fini particolari, il bisogno di cominciar subito a smontare questo apparato della campagna demografica. Ora credo che noi, da un punto di vista generale, dobbiamo cercare di smontarlo per quel che riguarda un suo eccesso evidente. L’eventuale pubblicazione e propaganda per la vendita di mezzi anticoncezionali non può costituire allo stato attuale delle cose, nelle condizioni attuali dell’Italia, quando ci sono tanti problemi determinati appunto dalla soprapopolazione, un reato di tale pericolosità sociale che si possa minacciare di sequestro preventivo il giornale che se ne rende responsabile.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Moro e Dominedò hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il n. 4°) del secondo comma col seguente:

4°) dei giornali e degli altri stampati, quando in essi si concreti il reato di offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica o del Capo di uno Stato estero, di istigazione a delinquere nell’ipotesi dell’articolo 414, comma primo, n. 1°), del Codice penale, di apologia di reato ai sensi dell’ultimo comma dello stesso articolo, di delitti contro il sentimento religioso nelle ipotesi previste dagli articoli 402, 403 e 406 del Codice penale, ovvero di pubblicazioni oscene o contrarie alla pubblica decenza anche nelle ipotesi configurate nell’articolo 27 della presente legge o, infine, il reato previsto dall’articolo 553 del Codice penale e che comunque divulghino mezzi rivolti a impedire la procreazione o a procurare l’aborto o illustrino l’impiego di essi o diano indicazioni sul modo di procurarseli o contengano inserzioni o corrispondenze relative ai mezzi predetti.

«Reintegrare il quarto comma nel testo del progetto ministeriale.

«Aggiungere infine: L’autorità giudiziaria deve provvedere nelle successive 24 ore».

L’onorevole Dominedò ha facoltà di svolgerlo.

DOMINEDÒ. Con l’emendamento al n. 4° del secondo comma dell’articolo 28, noi proponiamo che si considerino una serie di ipotesi le quali, pur movendo dall’elenco del progetto governativo e della Commissione, lo integrano, prevedendo altre ipotesi, la cui mancanza mal si spiegherebbe innanzi al fatto che, viceversa, casi similari sono già esplicitamente contemplati nella norma in esame. Quindi si tratta di un emendamento che, accogliendo le ipotesi previste; ritiene di completarle opportunamente. Le figure nell’ambito delle quali si crederebbe doveroso di integrare la norma, si concentrano essenzialmente in quattro.

La prima è quella per cui si menziona la stampa mediante la quale si commetta apologia di reato: con ciò si ritorna dal testo della Commissione al testo del Governo. Dobbiamo considerare che già precedentemente erano menzionate delle ipotesi, come quella della istigazione, le quali si avvicinano a quella dell’apologia. Se è vero infatti che ogni apologia porta psicologicamente seco un elemento di istigazione, ne segue l’evidente ragionevolezza dell’allargamento a termini dell’articolo 414 del Codice penale.

Secondo: il comma in esame lascia scoperta una necessità che a noi pare fondamentale, nel senso che, mentre si contemplano le ipotesi in cui attraverso la stampa si vengano a perpetrare delitti che colpiscono esigenze di ordine etico, esigenze che attengono alla coscienza morale, non si fa parola di quelle offensive pubblicazioni attraverso cui si commettono delitti che colpiscono il sentimento religioso. Ci sia pertanto consentito richiamare, accanto all’esigenza morale, l’esigenza religiosa, che spesso può essere considerata la matrice di quella e che certamente attiene alla coscienza generale del popolo italiano. Né con ciò si vuole conferire alla materia carattere di confessionalismo, poiché, attraverso il richiamo degli articoli 402, 403 e 406 del Codice penale, viene altresì compresa l’ipotesi dell’offesa a qualsiasi sentimento religioso, a prescindere da ogni apprezzamento confessionale, dato che il detto articolo 406 estende precisamente il delitto nei confronti dei culti ammessi. Ci sembra quindi, con questa innovazione che oseremmo definire centrale rispetto alla sistematica della norma, di rendere omaggio alla volontà e alla coscienza comune.

Terzo punto: si vuole integrare la norma con l’inclusione della stampa mediante la quale si compiano delitti attinenti a pubblicazioni oscene, di contenuto impressionante o raccapricciante come quelle di cui all’articolo 21 precedentemente votato. Qui ci sembra di essere conseguenziali rispetto alla norma sulla quale l’Assemblea si è già intrattenuta, approvando l’allargamento delle sanzioni previste dall’articolo 528 del Codice penale.

Ultimo punto di integrazione. Noi penseremmo che debba essere anche menzionata l’ipotesi in cui attraverso la stampa si incorra nel delitto previsto dall’articolo 553 del Codice penale sull’incitamento alle pratiche contro la procreazione. Mi permetto a questo riguardo di dissentire dalla impostazione dell’onorevole Schiavetti, mentre precedentemente abbiamo dimostrato il nostro consenso, quando egli invocava altre esigenze di ordine morale che vibrano nel nostro animo al pari che nel suo. Ora qui io debbo fare capo ad un criterio del tutto diverso da quello da lui invocato. Esattamente egli condannava quanto in questa materia attenga a finalità politiche contingenti e di carattere demagogico, quali potrebbero essere quelle costituite da un indirizzo meramente demografico, che voglia piegare il sentimento e l’esigenza morale, o addirittura quella religiosa, ad una sovrastante valutazione di imperio da parte dello Stato. Nessuno, il quale alimenti in sé un autentico senso religioso, può ammettere una visione che faccia della morale o della religione uno instrumentum regni. Piena adesione su questo punto. Ma ciò non esclude che, se è veramente in giuoco una valutazione morale al di sopra della valutazione politica, la quale vorrebbe strumentalmente legare l’etica allo Stato, se è in giuoco un valore morale, questo deve essere, come tale, e non già strumentalmente protetto. E per tale diversa impostazione, la quale ponendo nuove e sovrastanti premesse rispetto a quelle dall’onorevole Schiavetti, deve giungere a diverse conseguenze, non solo conviene qui richiamare l’articolo 553, ma si dovrà altresì allargarlo, come faceva lo stesso decreto del 4 luglio 1946, che porta la firma del guardasigilli del tempo onorevole Togliatti. In tale decreto vi è un’elencazione più ampia e circostanziata, che noi intendiamo fare nostra nell’emendamento che abbiamo l’onore di sottoporre all’Assemblea, colpendo così la stampa che comunque divulghi mezzi rivolti a impedire la procreazione o a procurare l’aborto o ne illustri l’impiego o ne agevoli il modo di fornirsene.

A noi pare che con questa integrazione venga avvalorata l’armonia della norma, onde tutto quello che concerne la tutela di esigenze essenziali di ordine morale sia organicamente tenuto presente, in modo che la disposizione non offra il difetto di lacune, le quali ferirebbero quel supremo sentimento etico che per ipotesi non fosse protetto dalla norma giuridica.

Tutto ciò detto sulla sfera di applicazione del sequestro pendente iudicio, il collega onorevole Moro svolgerà l’ulteriore proposta di ripristinare a termini della Costituzione il 4° comma dell’articolo relativamente al sequestro preventivo, comma al quale noi abbiamo aggiunto un ultimo inciso, secondo cui l’autorità giudiziaria dovrà comunque provvedere alla convalida del sequestro amministrativo, entro le successive 24 ore, sempre in aderenza all’articolo 21 della Costituzione, restando così rigorosamente circoscritto l’esercizio di un eccezionale potere contemplato dalla legge solamente nel caso di delitti che offendano con particolare gravità la coscienza morale del popolo italiano.

PRESIDENTE. L’onorevole Moro ha facoltà di svolgere quella parte dell’emendamento che propone di reintegrare il quarto comma nel testo del progetto ministeriale.

MORO. La nostra proposta si ricollega alla impostazione contenuta nell’articolo della Carta costituzionale, che si occupa della libertà di stampa e della materia dei sequestri.

Anzitutto una considerazione di carattere storico, relativa alla formazione di questa disposizione costituzionale, per la quale vi fu una votazione molto contrastata in questa Assemblea; molto contrastata, ma appunto per ciò molto chiara. Si trattava di stabilire se, accanto alle ipotesi di sequestro disposto dall’autorità giudiziaria al principio dell’azione giudiziaria, si dovesse anche riconoscere una possibilità di sequestro da parte di autorità di polizia in casi di urgenza.

L’Assemblea su questo punto si divise, in quanto alcuni colleghi ritennero che fosse essenziale garanzia di libertà per la stampa che il sequestro fosse ammissibile soltanto ad opera dell’autorità giudiziaria; mentre da altri, fra i quali i colleghi del mio Gruppo, si ritenne che la libertà di stampa potesse essere garantita, al tempo stesso tutelando esigenze di ordine morale e sociale, con lo stabilire, in via eccezionale, in casi di necessità e di urgenza, la possibilità di un intervento da parte della autorità di polizia; possibilità di intervento, per altro, limitata rigorosamente ad ipotesi previste appunto dalla legge sulla stampa; possibilità di intervento limitata dall’obbligo di denunzia entro le 24 ore all’autorità giudiziaria; la quale deve provvedere entro le successive 24 ore.

Comunque, questa votazione molto chiara, nettamente discriminatrice, avvenne, e fu sancito quell’articolo, per il quale, accanto alle forme di sequestro ad opera dell’autorità giudiziaria, erano previste forme di sequestro ad opera degli ufficiali di polizia giudiziaria.

Ora, abbiamo visto una proposta fatta dalla Commissione, che per altro decise a lieve maggioranza, per la quale il comma quarto dell’articolo in discussione dovrebbe essere soppresso, in quanto nell’articolo correlativo della Carta costituzionale sarebbe contenuta una norma facoltativa. Tenderebbe, cioè, questo articolo, semplicemente a rendere possibile alla legge sulla stampa di prevedere queste forme di sequestro ad opera dell’autorità di polizia.

Contro questa tesi, acutamente sostenuta dall’onorevole Cevolotto, mi pare che vi siano molte ragioni da opporre; non le citerò tutte; mi limiterò a un breve cenno.

Anzitutto un cenno di carattere storico. Credo che l’Assemblea conosca che questa questione, secondo una proposta contenuta nella stessa relazione dell’onorevole Cevolotto, fu portata insieme ad altre pochissime dinanzi alla riunione dei capi dei Gruppi parlamentari, nell’intento di stabilire se vi fosse, in ordine a queste questioni, quella unanimità o quasi unanimità – come si diceva – che avrebbe permesso di portare in discussione in Assemblea il problema per una nuova decisione.

Quindi, mentre nella relazione dell’onorevole Cevolotto si tende a far ritenere che sia una questione di interpretazione della norma costituzionale, mi pare che a ciò osti il precedente citato, in quanto si ritenne che le questioni dovessero essere pregiudizialmente esaminate dai capi-gruppo per stabilire se vi era l’unanimità necessaria per revocare la precedente deliberazione. Quindi non si tratta di interpretare, ma si tratta di revocare, e così fu intesa la questione ed in questo senso, non essendosi raggiunta la necessaria unanimità in sede di riunione dei capi dei Gruppi parlamentari, essa non fu portata affatto dinanzi all’Assemblea. Non si può perciò venire oggi a dire all’Assemblea che si tratta di interpretare largamente la norma costituzionale, per intenderla come norma facoltativa e non come norma obbligatoria. Se io volessi fare una piccola malignità, direi che noi potremmo votare favorevolmente all’abolizione del comma 4°, perché questo comma 4°, restando nella norma costituzionale, non ha bisogno di essere ripetuto in una esplicita disposizione di legge, ed ha valore per se stesso. La legge sulla stampa non è chiamata a discutere l’ammissibilità concreta del comma 4°, ma soltanto a definire quali sono i casi, i limitati casi di delitti, per i quali abbiano vigore le norme stabilite dalla Costituzione per il sequestro preventivo.

D’altra parte bisogna che l’Assemblea abbia presente il collegamento che vi è tra questa ipotesi del comma 4° e le precedenti. Questa ipotesi è, evidentemente, un’ipotesi di surrogazione: siamo nei casi in cui, non potendo l’autorità giudiziaria intervenire tempestivamente, sussistendo la necessità e l’urgenza di cui parla la disposizione costituzionale, subentra ad essa, con la garanzia dei termini di cui già si è detto, l’autorità di polizia giudiziaria. Il sistema è unitario, onorevoli colleghi: non si può prenderlo a metà. O noi per ipotesi concepiamo nella legge sulla stampa una disciplina tutta diversa da quella costituzionale, ipotesi assurda, o noi accettiamo – e non possiamo non accettarla – la disciplina costituzionale, così come è data dal relativo articolo, e dobbiamo prenderla integralmente con la sua ipotesi principale e con quella subordinata; perché nel comma 4° non si prevede che una ipotesi, una ipotesi di surrogazione, che non può essere distaccata dalla disposizione principale, cui inerisce. Per queste ragioni non impostiamo qui la questione come di un normale emendamento; noi impostiamo una questione di corrispondenza della legge alla Carta costituzionale e ci auguriamo che tutti i colleghi sentano che qui non è questione di maggioranza o di minoranza, ma di leale adesione alla Carta costituzionale votata.

Quando l’onorevole Cevolotto dice che la Carta costituzionale pone una garanzia della libertà, ma che quando risulti incrementata la libertà il limite da essa fissato può essere sorpassato, io rispondo che né la Costituzione, né la legge sulla stampa tutelano soltanto la libertà. La Costituzione e la legge sulla stampa, tutelano la libertà, sì, ma insieme tutti i valori morali e sociali caratteristici di un ordinamento giuridico. E qui mi richiamo a quanto disse, forse con espressione non molto felice, ma, credo, sostanzialmente esatta, l’onorevole Schiavetti. Se noi dessimo l’interpretazione che ci propone l’onorevole Cevolotto, noi avremmo forse garantito la libertà, ma non avremmo garantito quei valori che la Costituzione intese tutelare quando pose in quella forma l’articolo relativo alla stampa.

PRESIDENTE. L’onorevole Bettiol ha presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Ripristinare il quarto comma del testo ministeriale, sopprimendo la parola: periodiche».

L’onorevole Manzini aveva presentato il seguente emendamento all’articolo 28 del testo ministeriale, corrispondente all’articolo 22 in esame:

«All’articolo 28, comma secondo, n. 4°), invece del richiamo all’articolo 553 del Codice penale, inserire il seguente periodo: …ovvero che divulgano mezzi rivolti ad impedire la procreazione, o a procurare l’aborto, o illustrano l’impiego di essi, o dànno indicazioni sul modo di procurarseli, o contengono inserzioni o corrispondenze relative ai mezzi predetti».

Ha facoltà di svolgerlo.

MANZINI. Vi rinuncio, associandomi a quello Moro-Dominedò, ma desidero aggiungere poche parole.

Siccome il nostro emendamento ha un contenuto perfettamente contrapposto a quello dell’onorevole Schiavetti, desidero sottolineare uno degli argomenti che egli ha qui espresso, e che ha un valore sia morale che politico. L’onorevole Schiavetti ha detto che il suo emendamento, soppressivo dell’inciso che riguarda la pratica abortile e anticoncezionale, si riferiva alla campagna demografica. Ora, io dico che da un lato noi possiamo anche convenire che certi aspetti della campagna demografica avevano un contenuto materialistico, che non ha niente a che fare con quella che è la concezione morale della famiglia e dell’adempimento dei doveri della famiglia cristianamente intesa; però, altro è affermare questo e altro è non tendere ad arginare tutta quella campagna a carattere maltusiano, o comunque disgregatrice dell’elemento morale della famiglia. Noi abbiamo visto che, anche dopo la liberazione, questo ha talmente preoccupato il legislatore che, se abbiamo avuto quegli interventi che Schiavetti ha rilevato, essi si sono avuti soprattutto per quanto riguarda la famosa inferiorità che era stata stabilita sul piano giuridico verso i celibi. Ma, per quanto riguarda invece la campagna contro la famiglia, o quella campagna di stampa che riguarda la pratica anticoncezionistica, noi abbiamo un decreto del 1946 in cui è ammesso il sequestro proprio a questo fine ed a questo titolo. Quindi, credo che rientriamo, anche da questo punto di vista, nel solco dei precetti, già precedentemente stabiliti, anche in regime di democrazia e di libertà.

Con questa aggiunta intendo associarmi all’emendamento Moro.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. Onorevoli colleghi, è forse questo il punto più delicato della nostra discussione e credo che dovrebbe interessare particolarmente. Dico «dovrebbe», perché i banchi vuoti dimostrano che in realtà non l’interessa. Quindi, mi limiterò a pochissime parole.

Quale è sempre stato, da quando la democrazia ha avuto una prima affermazione in questo campo in Italia, cioè dal 1906, il regime del sequestro della stampa, salvo la nefasta parentesi fascista?

La legge Sacchi del 1906 dice: «Il giudice istruttore o anche il pubblico ministero potranno far procedere al sequestro di tutti gli esemplari degli oggetti che riconoscessero offensivi del buon costume e del pudore, ai sensi degli articoli 338 e 339 del Codice penale. Nel qual caso, entro il termine di 24 ore si dovrà da loro promuovere l’opportuno procedimento». È questo l’unico caso di sequestro della stampa che dal 1906 al regime fascista ha avuto luogo in Italia. E non è successo niente di male e la stampa ha potuto svolgere la sua funzione senza che nessuno di quei pericoli sociali di cui oggi si parla si sia manifestato. Questa libertà non ha nociuto né alla morale né al buon costume, ma soprattutto ha dato libertà alla stampa politica.

Dopo la parentesi fascista è stato promulgato il decreto che porta la firma degli onorevoli De Gasperi e Togliatti, il decreto 31 maggio 1946 n. 561, il quale dice: «Non si può procedere al sequestro della edizione di giornali o di qualsiasi pubblicazione o stampato se non in virtù di una sentenza irrevocabile dell’autorità giudiziaria. È tuttavia consentito all’autorità giudiziaria di disporre il sequestro di non oltre tre esemplari di giornali o pubblicazioni o stampati che importino una violazione della legge penale». E poi aggiunge: «In deroga a quanto stabilito dall’articolo precedente si può fare l’azione di sequestro di giornali od altre pubblicazioni e stampati che, ai sensi della legge penale, sono da ritenersi osceni ecc.».

Questo è il regime che vige oggi. Si propone ora di tornare a prima del 1906, di rinunciare alla libertà riconquistata e che esisteva prima del fascismo. A questo è necessario che tutti gli spiriti democratici si ribellino.

Non è concepibile che si torni al sistema dei sequestri della polizia, che permettono tutte le angherie da parte dell’esecutivo. Perché, badate, quando si allarga la portata del n. 4, secondo comma, dell’articolo proposto e si dice, per esempio, che potranno essere sequestrate dall’autorità giudiziaria le pubblicazioni che costituiscono delitto contro il sentimento religioso, pensate un momento quanto facile sarà – durante la campagna elettorale – trasformare una qualsiasi polemica contro un partito, che apertamente è legato ad una determinata fede religiosa, nella offesa al sentimento religioso.

Sarà facilissimo confondere le cose, volutamente o no, e sequestrare la stampa; e quando un giornale è sequestrato per 24 ore, quel numero del giornale non esiste più.

Si dice: c’è la Costituzione; ma io la Costituzione credo di averla esaminata con attenzione e pensata con profonda meditazione. Prima di tutto contesto che la votazione dell’articolo 21 sia avvenuta (come certamente in buona fede dice l’onorevole Moro) con perfetta convinzione, perché io mi ricordo che questo articolo noi l’abbiamo votato alle 11.30 di notte dopo una seduta estenuante, ed io ho avuto l’impressione – e l’ho detto – che l’Assemblea non si rendesse in quel momento conto di ciò che votava, e ne sono sicuro, perché era troppo stanca.

UBERTI. Questo significa infirmare la Costituzione!

CEVOLOTTO, Relatore. Io dico apertamente quella che è la mia convinzione.

È per questo che, quando i capi dei Gruppi parlamentari si sono raccolti per esaminare quali punti si potevano, in sede di coordinamento, portare all’Assemblea, si è indicato anche questo punto, per le ragioni che dirò subito. (Interruzione del deputato Moro). Ma i capi dei Gruppi parlamentari non si sono trovati d’accordo con quella unanimità che avrebbe consentito all’Assemblea di rivedere la questione in sede di coordinamento. La Assemblea non ha potuto prendere in esame l’argomento, per la mancata concordia dei capi dei Gruppi parlamentari. Però anche in questo caso l’opposizione – che credo sia venuta dal Gruppo della Democrazia cristiana – a riportare la questione davanti all’Assemblea, per me (esprimo una mia opinione personale), non è stata giusta, perché l’articolo 21 contiene una contradizione dalla quale non si può in nessun modo uscire.

Dice l’articolo 21:

«La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

Dunque, il giornale non può essere censurato, cioè dal giornale non può essere tolto un brano che, eventualmente, sia anche delittuoso. Ed allora, come potete togliere non soltanto un brano, ma tutto un giornale? (Commenti al centro). Il sequestro è qualche cosa di più della censura; se impedite la censura non è logico che possiate ammettere il sequestro!

Una voce al centro. Ma lei confonde la censura con il sequestro!

CEVOLOTTO, Relatore. Non confondo niente! Censura vuol dire impedire la pubblicazione di un determinato brano di un giornale e sequestro vuol dire togliere di mezzo tutto il giornale.

RUSSO PEREZ. La censura è preventiva! (Commenti).

CEVOLOTTO, Relatore. Ma anche il sequestro è preventivo. (Interruzioni – Commenti). Per me, vi è una contradizione che non può essere eliminata.

GAVINA. Nel più sta il meno, onorevole Russo Perez. (Commenti).

CEVOLOTTO, Relatore. In ogni modo, se volete tornare ad un regime antidemocratico non avete altro da fare…

RUSSO PEREZ. No; ad un regime morale!… (Commenti a sinistra).

CEVOLOTTO, Relatore. Lasciatemi dire: avrò anche il diritto di dire che quella che fate è opera antidemocratica, perché questa è la mia profonda convinzione. Noi facciamo una legge che ci porta indietro di trenta anni! (Commenti al centro – Applausi all’estrema sinistra).

TONELLO. Volete fare una legge come piace a voi, questa è la verità! (Commenti).

CEVOLOTTO, Relatore. E poiché verrà il momento… (Interruzione del deputato Moro).

PRESIDENTE. La prego, onorevole Moro, sembra che si tratti di un suo caso personale…

CEVOLOTTO, Relatore. …e verrà senza dubbio, in cui a questo – che per me è uno sconcio – si riparerà, sarà stato bene che si sia elevata nell’Assemblea Costituente una voce di protesta contro la violazione della libertà democratica. (Applausi all’estrema sinistra – Commenti e interruzioni al centro).

L’articolo 21 della Costituzione dice:

«Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato della autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili».

Quindi, una legge sulla stampa deve indicare i casi in cui il sequestro è disposto dall’autorità giudiziaria, casi che, nella pratica democratica dopo il 1906, erano quelli della stampa oscena o contraria al buon costume, esclusivamente.

Aggiunge l’articolo 21:

«In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria».

Questa seconda norma è una norma cogente, è una norma che obbligatoriamente si deve inserire nella legge sulla stampa, o è una disposizione permissiva, nel senso che autorizza, in casi particolari, in casi di emergenza, in casi di necessità assoluta, la legge speciale sulla stampa a consentire il sequestro?

SCHIAVETTI. Anche per la pubblicità dei mezzi finanziari c’è nella Costituzione una disposizione cui noi abbiamo provvisoriamente rinunciato. (Commenti).

CEVOLOTTO, Relatore. Come va interpretato tale capoverso, secondo cui il sequestro può essere eseguito dalla polizia? Per me non c’è che una sola interpretazione possibile, perché bisogna porre il capoverso in relazione con ciò che precede, che cioè la stampa non può essere sottoposta a censure; bisogna porlo in relazione con lo spirito della legge, che è quello di autorizzare il legislatore, in casi del tutto particolari, ad emettere disposizioni che ammettano in via del tutto eccezionale il sequestro. Bisogna interpretare nel senso che la legge può limitare – e anche escludere del tutto – i casi di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, tanto più può limitare i casi di sequestro da parte della polizia.

Questa è la mia tesi, e non mi pare che le osservazioni formulate dall’onorevole Moro possano infirmarla. Secondo me noi possiamo anche inserire nel comma quarto quei casi nei quali ammettiamo che il sequestro possa essere eseguito dall’autorità giudiziaria, ma non per questo siamo obbligati a sancire l’altra norma che, in tutti questi casi, in via di urgenza, il sequestro possa essere eseguito anche dagli ufficiali della polizia giudiziaria.

Questa è la tesi che propone la maggioranza della Commissione. Io credo che, se vogliamo veramente restare aderenti allo spirito della Costituzione, se vogliamo veramente restare aderenti allo spirito della democrazia, se vogliamo veramente evitare che venga offerto all’esecutivo un mezzo, che non deve avere in alcun caso, di reprimere, attraverso interpretazioni estensive che certamente verrebbero, la libertà della stampa, dobbiamo restare nei limiti che la Commissione ha proposto.

La Commissione ha limitato il comma quarto a pochi casi, anche per il sequestro da parte dell’autorità giudiziaria. Tali casi sono tuttavia sempre più numerosi dei casi contemplati dalla legge Sacchi del 1906 e dalla legge De Gasperi del 1944. E forse sarebbe stato bene mantenere i limiti di quelle leggi. Ma, poiché la Commissione e il Governo avevano proposto un allargamento, la Commissione parlamentare non ha creduto, in questo campo, di restringere l’ambito del quarto comma, tornando alla legge Sacchi e alla legge De Gasperi.

Che cosa si propone ora con questi emendamenti? Si vuole allargare anche di più questo quarto comma, il che comporta, se si voterà contro la soppressione del comma successivo, che si giungerà all’allargamento anche ai casi in cui il sequestro può essere eseguito dalla polizia giudiziaria.

Ed è molto pericoloso consentire questo allargamento, perché, se, ad esempio, il sequestro può essere eseguito dalla polizia giudiziaria «nei casi di apologia di reato», l’apologia di reato può essere intesa in molti sensi; e può portare ad una facilità di sequestri, di cui, chi ha pratica di queste cose, chi ha pratica di lotte politiche, si rende conto subito. Vi sono poi i «delitti contro il sentimento religioso nelle ipotesi previste, ecc.». Nella aspra lotta politica che si prepara è molto facile confondere un attacco, per esempio, alla Democrazia cristiana con un attacco alla religione. (Proteste al centro – Commenti a sinistra). Se, per esempio, durante la lotta del 2 giugno, qualcuno di noi avesse scritto che vi erano dei sacerdoti i quali venivano meno al loro dovere e commettevano un reato, perché in chiesa, valendosi della loro qualità di pastori di anime, consigliavano la votazione di una determinata lista, dicendo che era peccato mortale non votare quella lista… (Proteste al centro – Approvazioni a sinistra) – (non fingete di non saperlo) – se questo attacco fosse stato eventualmente accompagnato – come è facile che succeda nell’ardore di una lotta politica – da qualche parola irriverente, che è male sia pronunciata o scritta, ma che può sfuggire nel fervore della polemica (Commenti al centro), si sarebbe subito detto che vi era offesa al sentimento religioso e si sarebbe sequestrato il giornale (Commenti al centro – Interruzione del deputato Tonello e del deputato Mazza).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non cominciamo a dare esempi pratici di cose dette puramente in linea di ipotesi.

RUSSO PEREZ. Qui non parla il Relatore, ma il pubblico accusatore.

TONELLO. Dice delle verità.

ANGELUCCI. Il Relatore riferisce sulla legge o fa delle considerazioni personali?

PRESIDENTE. Onorevole Angelucci, la prego.

CEVOLOTTO, Relatore. Ad ogni modo non cesso, perché sono Relatore, di essere un deputato che ha diritto di dire quello che pensa. (Commenti al centro). Io ho parlato a titolo individuale.

Durante l’altra campagna elettorale io ho pubblicato, ad esempio, una lettera di un vescovo, il quale diceva ad un consultore che aveva votato un certo articolo della legge elettorale, quello che punisce i sacerdoti che fanno propaganda, che era caduto in peccato mortale. (Prolungati commenti e interruzioni al centro – Interruzione del deputato Tonello).

PRESIDENTE. Onorevole Tonello, la prego. Onorevoli colleghi, desidero sapere se hanno dimenticato che stiamo discutendo un disegno di legge. Nessuno ha interrotto l’onorevole Moro quando ha parlato nel senso che ha ritenuto utile. Vorrei si fosse altrettanto tolleranti Verso il Relatore. Continui, onorevole Cevolotto.

CEVOLOTTO, Relatore. Questo che dico per un partito si potrebbe dire anche per altri. Se domani a quel banco, invece che un Ministero eventualmente liberale o in gran parte democratico cristiano, sedesse un Ministero comunista, voi gli fornireste il mezzo di restituire i torti con un’azione analoga. (Commenti).

Una voce al centro. La legge sulla stampa non ci sarebbe più.

CEVOLOTTO, Relatore. La legge sulla stampa deve essere fatta per non permettere, per non dare il mezzo a nessun Governo, di nessun colore, di intervenire con i sequestri a mezzo dell’esecutivo. Se oggi faccio delle ipotesi che si riferiscono all’attuale situazione, le stesse ipotesi possono essere prospettate per il caso che la situazione si rovesciasse. Sarebbe altrettanto antidemocratico, illiberale e pericoloso se quegli abusi che io temo fossero resi possibili ad un Ministero di colore opposto. La legge deve garantire la libertà di stampa in tutti i casi, qualunque sia il Governo o la maggioranza che tengono il potere. E aggiungo qualcosa di più: non è questa una legge che una maggioranza possa votare per forza del numero, senza tener conto dei diritti delle minoranze. E non vorrei credere, non vorrei pensare nemmeno che, valendosi del numero che in questo momento è a loro favore, alcuni gruppi politici uccidessero la libertà di stampa non rispettando i diritti delle minoranze. (Commenti).

Concludo dicendo che noi non accettiamo, come maggioranza della Commissione, l’allargamento del n. 4 dell’articolo; non accettiamo che venga ripristinato quel capoverso che abbiamo proposto di sopprimere. Crediamo con questo di non fare azione di parte, ma semplicemente di proteggere la tradizione democratica che da molto tempo almeno – almeno dopo il 1906 – in questa materia ha prevalso in Italia.

Riteniamo che sia tornare indietro di molti anni, tornare ad un regime antidemocratico e illiberale, dare il voto favorevole agli emendamenti che sono stati proposti! (Vivi applausi all’estrema sinistra).

BETTIOL. Chiedo di parlare per la minoranza della Commissione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. L’argomento è molto interessante ed anche, sotto certi punti di vista, grave, dato che in seno alla Commissione si è creata questa discrepanza fra maggioranza e minoranza.

È stato detto che l’Assemblea Costituente ha approvato l’articolo 21 della Costituzione in un momento di sonnolenza, in un momento di stanchezza. Ora è vero che anche l’Assemblea Costituente, come il grande Omero, può talvolta dormicchiare; ma la realtà è che, quando ha deliberato, il testo approvato ha il suo pieno valore costituzionale. Non si potrà in nessun caso cercare di fare il processo alla validità del testo costituzionale tirando in ballo argomenti di carattere psicologico o di carattere fisiologico dei componenti dell’Assemblea Costituente, argomenti che sono assolutamente fuori posto e che nessun giurista, da che esiste il mondo, da che esiste una tecnica giuridica e da che esiste un metodo di studio ha mai tirato in ballo per inficiare la validità di una legge! (Approvazioni al centro).

Noi ci troviamo di fronte ad un testo molto chiaro e molto preciso, ad un testo costituzionale che concede in casi eccezionali agli ufficiali della polizia giudiziaria di procedere al sequestro preventivo di certa stampa quando vien meno a determinati, fondamentali doveri. E quali sono questi fondamentali doveri? Qui si nasconderebbe il veleno antidemocratico su cui ha parlato tanto abbondantemente l’onorevole Cevolotto. Questi limiti sono esclusivamente quelli stabiliti dal Codice penale, vale a dire da quella legge che in concreto garantisce la possibilità di una ordinata e pacifica convivenza democratica fra uomini liberi; perché, quando si viola la legge penale si minano le possibilità di una pacifica e ordinata convivenza democratica! (Applausi al centro).

La Costituzione sancisce il principio che la libertà personale è inviolabile, ma giustamente dispone che in casi eccezionali la polizia può limitarla; anche il domicilio è inviolabile, ma v’è una disposizione per cui, in casi eccezionali, anche questa libertà domiciliare può essere violata, onde non si trasformi in licenza! (Interruzioni all’estrema sinistra).

È proprio per evitare che la libertà trasmodi, attraverso la stampa, in violenza e licenza che noi riteniamo tener presente quel limite costituzionale, che non è facoltativo, permissivo, ma è cogente, posto all’attività del legislatore, perché in materia di stampa contempli anche la possibilità del sequestro, ad opera della polizia giudiziaria, della stampa delittuosa.

Qui si tratta esclusivamente di intervenire per impedire la perpetrazione di un reato o per colpire un reato già perpetrato. Io ripeto, e questo deve essere come cardine fondamentale in tutta questa nostra discussione, che questa possibilità di intervenire la limitiamo esclusivamente alla ipotesi di violazione della legge penale che è limite alla attività di tutti indistintamente.

Quindi limite alla libertà dell’uno perché la libertà dell’uno, secondo la formula classica, possa coesistere con la libertà dell’altro. Non per violare la legge democratica, ma per dare fondamento morale alla legge, per dare valore alla legge democratica, noi approviamo, almeno io, a nome della minoranza, quegli emendamenti che tendono a determinare i limiti desunti dalla legge penale positiva perché il potere esecutivo, attraverso gli ufficiali di polizia giudiziaria, possa intervenire per frenare gli abusi della stampa delittuosa, immorale o morbosa.

Una voce all’estrema sinistra. Bella libertà di stampa, questa!

BETTIOL. Voi (Indica l’estrema sinistra) avete un’idea strana della libertà di stampa, lo so. Per voi la libertà di stampa è una libertà… manovrata! (Commenti).

Non è il caso poi di ribattere le gratuite affermazioni dell’onorevole Cevolotto circa la possibilità che, attraverso la previsione di reati di vilipendio di religione, si possa domani impedire una critica, una discussione politica di un determinato partito che operi sulla piattaforma politica, perché tanto è ovvia la critica che farei offesa all’intelligenza dei colleghi.

A nome della minoranza della Commissione, dichiaro di accettare tutte quelle limitazioni, desunte dalla legge penale, che autorizzano l’intervento degli ufficiali di polizia giudiziaria, che i miei colleghi hanno presentato al progetto. (Vivi applausi al centro – Commenti all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Il Governo ha facoltà di esprimere il proprio parere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il tono forse eccessivamente polemico con cui si è fin qui discusso su questo articolo potrebbe forse indurre il Governo, nella sua risposta ai singoli emendamenti, ad affrontare argomenti che non hanno di per sé attinenza col testo da votare.

Io ritengo che, ragionando con assoluta serenità su questo articolo e tenendo fede a quanto abbiamo deciso con l’articolo 21 della Costituzione, si possa dimostrare con chiarezza che, sia il testo governativo che le proposte dei colleghi, che possono essere accettate, non compromettono assolutamente la libertà di stampa intesa nel senso più pieno e più serio di questa parola. E ripetendo quanto ebbi l’onore di dirvi l’altro giorno, circa la precisa posizione del Governo attuale riguardo a questa legge, non soltanto confermo che vi è il proposito di non fare il minimo abuso della legge stessa quando sarà votata, ma ritengo anche doveroso ricordare – pure se ciò sembri presunzione da parte del Governo – che delle stesse disposizioni sin qui vigenti si è fatto un uso limitato o nessun uso dagli ultimi governi; il che sta a dimostrare che il Governo formato nel giugno del 1947 è stato il più geloso custode e il più parco esecutore del principio della libertà di stampa, rispetto anche ai governi precedenti. Di fronte alle ipotesi e alle vaghe preoccupazioni, è questa una constatazione di fatto su cui non è possibile discutere o avere una opinione diversa. L’articolo 21 della Costituzione stabilisce chiaramente che la legge sulla stampa fisserà i casi in cui può addivenirsi, per atto motivato dell’autorità giudiziaria, ad un sequestro, prima di una sentenza divenuta definitiva. Questa è la sede appunto di fissare tali casi, i quali vanno al di là di semplici violazioni amministrative delle condizioni richieste per la registrazione, descritte a parte dallo stesso articolo 21. Non si può pertanto parlare di un ritorno al 1906 o più indietro: si ritorna semmai a quello che abbiamo stabilito chiaramente nella Costituzione, quando si è discusso – nel mese di marzo o nel mese di aprile, se non erro – dell’articolo 21. Se poi lo abbiamo stabilito alle undici di sera o alle dieci del mattino, questo non ha rilevanza pratica, anche perché v’è stata una serie di appelli, il giorno del coordinamento delle singole norme, nella Commissione dei Settantacinque e forse qualcuno avrebbe potuto proporre qualche modifica, in quella sede, cosa che non è stata fatta.

In quali casi è ammessa la possibilità di un sequestro? A parte i primi due casi relativi alla violazione di norme amministrative, vi è quello riguardante i giornali pubblicati in violazione delle norme sul riposo festivo. Io sarei d’accordo di togliere questa ipotesi in quanto si tratta di una contravvenzione e non di un delitto, mentre l’articolo 21 parla di delitti e non genericamente di reati. Se volessimo quindi rispettare l’articolo 21 della Costituzione, la terza ipotesi dovrebbe essere del tutto esclusa. E su questo non vi sono particolari difficoltà.

Vi è poi il quarto comma, su cui la Commissione ha proposto modifiche di carattere non sostanziale rispetto al testo del Governo, mentre alcuni colleghi hanno formulato aggiunte sostanziali. L’onorevole Russo Perez vorrebbe estendere la possibilità di sequestro al caso di rifiuto a pubblicare una rettifica. Ora, a parte la considerazione che tale proposta potrebbe meglio inquadrarsi nel sistema di severe garanzie che abbiamo voluto porre nel disciplinare l’obbligatorietà di pubblicazione delle rettifiche, io vedo tali difficoltà di ordine pratico che mi fanno sconsigliare di raccomandare una simile proposta; sarebbe infatti, innanzi tutto, difficile stabilire quando deve essere sequestrata la pubblicazione, e poi bisognerebbe vedere anche quanto tempo debba durare il sequestro. L’onorevole Russo Perez, dicendo di voler togliere di mano lo strumento, prevede anche l’ipotesi che un quotidiano sia sequestrato tutti i giorni finché non sia pubblicata la rettifica. Ora a me pare che già la pena stabilita per il caso di mandata pubblicazione della rettifica sia tale da sodisfare quella giusta esigenza e che pertanto non sia opportuno dar vita ad un meccanismo così duro e in qualche modo così ipotetico nella sua applicabilità, quale quello previsto dall’onorevole Russo Perez.

L’onorevole Schiavetti ha proposto di togliere qualsiasi accenno al reato previsto dall’articolo 553 del Codice penale relativo alla propaganda o all’incitamento all’uso di mezzi anticoncezionisti. Mi pare che anche qui ci si debba richiamare, con le parole stesse usate nell’emendamento Moro-Dominedò, al testo del decreto legislativo del 1946, decreto che, come ricordava l’onorevole Cevolotto, porta la firma degli onorevoli De Gasperi e Togliatti. Al di sopra poi di questa circostanza, mi pare che un principio del genere vada difeso nel vero ed indiscutibile interesse generale della Nazione al di fuori di quello specifico di un singolo partito. Né mi pare che questa norma possa essere classificata genericamente sotto l’etichetta della politica demografica, e che possa essere messa sulla stesso piano di quelle disposizioni che vietavano lo sviluppo di carriera amministrativa per i dipendenti dello Stato che non avevano contratto matrimonio. È sintomatico del resto che sia stato proprio uno dei primi decreti del Governo succeduto al 25 luglio, quello che abrogava quelle disposizioni limitative di carriera che, forse, colpivano direttamente anche i collaboratori immediati del Governo nella formazione e promulgazione delle leggi.

Quindi, sull’argomento relativo alla condanna della propaganda dei mezzi rivolti ad impedire la procreazione e a procurare l’aborto mi pare che si possa in tutta coscienza democratica rimanere al testo della legge Togliatti, che è stato riprodotto integralmente dall’onorevole Dominedò.

In materia di apologia di reato, la Commissione ha ritenuto di prevedere soltanto la istigazione a delinquere. A scuola ci si insegnava che anche concettualmente non sempre sono ben divisibili l’istigazione a delinquere e l’apologia del reato; poiché pertanto penso che la Commissione non abbia motivi sostanziali di sostenere la propria tesi limitativa, credo che possa essere lasciato il testo governativo, che sembra più chiaro. Infine, nell’emendamento Moro-Dominedò, sono stabilite ipotesi che tutelano il sentimento religioso, non proprio di un gruppo politico. La minoranza ha sempre detto che il sentimento religioso è qualche cosa che va al di là dell’interesse di un singolo gruppo politico.

TONELLO. Stia fuori della legge. Affidatelo alla coscienza dei credenti.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Questo argomento presupporrebbe un adeguato sviluppo educativo della collettività; in tal caso la religione sarebbe rispettata senza necessità di una protezione giuridica, sia per la sua stessa essenza che come manifestazione esteriore del pensiero della maggioranza dei cittadini. (Interruzione del deputato Tonello).

Del resto, è da rilevare che, nell’invocare questa particolare protezione, l’emendamento Dominedò si richiama agli articoli del Codice penale; e sebbene detto Codice sia stato sottoposto a revisione dai guardasigilli precedenti all’attuale i quali hanno soppresso quelle norme che si consideravano non più compatibili con la realtà attuale, nessuno ha mai parlato di sopprimere gli articoli che interessano nel caso specifico.

Anche se avessi nei confronti degli altri una forza di convinzione molto maggiore di quella che ho, non credo che riuscirei a convincere l’onorevole Tonello, che su questo ha una tale maggiore effervescenza…

TONELLO. La libertà me la prendo per me, anche se non me la danno; non m’importa se vado in galera. Ma sotto i preti non ci sto! (Commenti al centro). Voi volete fare la Repubblica del Vaticano, ma non la farete. (Commenti al centro). Noi vogliamo la Repubblica laica italiana.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. V’è da ultimo da valutare la proposta della Commissione relativa all’abolizione dal progetto ministeriale della norma, secondo la quale in armonia a quanto chiaramente detto nell’articolo 21 della Costituzione nei casi di evidente ed assoluta urgenza in cui la legge sulla stampa ammette il sequestro prima di una sentenza definitiva, gli ufficiali della polizia giudiziaria possono disporre il sequestro, salvo a darne entro ventiquattro ore avviso all’autorità giudiziaria, che entro altre ventiquattro ore deve confermare o meno l’atto amministrativo compiuto dall’ufficiale.

Anche questo, se pur non espressamente previsto, era ammesso dalla legge Sacchi più volte citata; tanto è vero che, vigente la legge Sacchi, erano fatti sequestri non soltanto da ufficiali, come oggi viene stabilito, ma da semplici agenti della polizia giudiziaria.

Io credo che non potremmo togliere questa disposizione, così chiaramente fissata dalla Costituzione, come giustamente ha rilevato l’onorevole Moro. Anche se non ne parlassimo, s’intenderebbe automaticamente applicato il disposto dell’articolo 21.

Quindi, perché non sussistano equivoci di interpretazione, credo debba essere mantenuto l’articolo del progetto governativo che, in piena aderenza all’articolo 21 della Costituzione, conteneva anche un esplicito cenno ai mezzi adeguati per prevenire, oltre che per reprimere, le pubblicazioni e le manifestazioni di pensiero contrarie al buon costume.

Confermando in tal modo il disposto dell’articolo 21, non soltanto compiamo il preciso dovere di applicare la Costituzione, ma compiamo altresì un atto che, sul piano morale, ci dà la tranquillità di aver tutelato un principio di carattere generale in materia di libertà di stampa (Applausi).

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Ho dimenticato, e potrebbe sembrare scortesia, di esprimere il parere della Commissione sull’emendamento Russo Perez. Voglio fare un’osservazione, all’amico Russo Perez, nella speranza che egli non insista. Un giornale si può sequestrare perché contiene qualche cosa che deve esser messa fuori circolazione, non lo si può sequestrare perché non ha pubblicato una rettifica: è evidente che questo non rientra nei casi di sequestro.

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo ai presentatori di emendamenti se vi insistono. Onorevole Russo Perez?

RUSSO PEREZ. Non insisto.

PRESIDENTE. E lei, onorevole Schiavetti?

SCHIAVETTI. Mantengo i miei emendamenti.

PRESIDENTE. E l’onorevole Moro?

MORO. Anch’io insisto.

PRESIDENTE. E lei, onorevole Bettiol?

BETTIOL. Mantengo il mio emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione

TARGETTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Ritengo, signor Presidente, che per economia di tempo sia opportuno che la nostra dichiarazione di voto si riferisca ai vari argomenti che saranno messi in votazione relativamente alle due questioni di cui abbiamo discusso. In base al testo del disegno ministeriale, al testo della Commissione ed in seguito ai vari emendamenti proposti dovremo dichiarare come voteremo su questi due punti: concessione o no, anche all’autorità di pubblica sicurezza, della facoltà di applicare il sequestro preventivo; limiti entro cui il sequestro preventivo, sia nel caso in cui sia riservato soltanto all’autorità giudiziaria, sia nel caso in cui ne sia estesa la facoltà anche alla polizia giudiziaria, possa essere consentito.

Noi dichiariamo di non essere d’accordo con quello che ha sostenuto l’onorevole Moro. Anzi, ad esser precisi, ci è sembrato che egli non sia stato neppure conseguente, perché se abbiamo ben compreso egli ritiene che la Costituzione nel suo articolo 21 – se non erro – impedisca una eventuale deliberazione, in questa sede, cioè in sede di approvazione della legge sulla stampa, una deliberazione che non estenda nei casi di urgenza la facoltà del sequestro preventivo amiche agli ufficiali di polizia giudiziaria.

MORO. A rigore…

TARGETTI. A rigore, noi ci aspettavamo che l’onorevole Moro venisse a questa conseguenza: prospettare all’onorevole Presidente se non fosse il caso di dichiarare improponibile questa disposizione del disegno di legge presentato dalla Commissione.

MORO. Ci riserviamo di farlo.

TARGETTI. Noi riteniamo – ed esporremo le nostre ragioni il più concisamente possibile – che questa tesi non abbia un serio fondamento giuridico. Noi abbiamo la Carta costituzionale che anzitutto stabilisce il principio della libertà di stampa e poi per eccezione ammette che si possa procedere al sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria, nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa ne conceda esplicita autorizzazione. Quindi, dobbiamo mettere in rilievo che anche il sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziaria non ha una prescrizione nella Carta costituzionale, ma è una permissione che la Carta stessa fa al legislatore di domani, che sarebbe poi il legislatore di oggi, di andare contro al principio della libertà di stampa stabilendo il sequestro preventivo, e al tempo stesso fa anche l’ipotesi che, in caso di urgenza, questa facoltà possa essere dalla legge sulla stampa estesa anche alla polizia giudiziaria.

Per essere fedele alla mia promessa, non mi dilungo a dimostrare le ragioni per le quali siamo convinti che in base a questa disposizione della Costituzione la nostra Assemblea oggi, in sede di approvazione della legge sulla stampa, potrebbe perfino non attribuire neppure all’autorità giudiziaria la facoltà di procedere al sequestro preventivo. A maggior ragione noi riteniamo che la Commissione poteva liberamente venire, com’è venuta, nella determinazione di limitare la facoltà del sequestro preventivo all’autorità giudiziaria.

Quindi, noi siamo contrari al ripristino di questa parte dell’articolo 22 nella formulazione presentata dal disegno di legge del Governo e siamo favorevoli, accontentandoci del meno peggio, alla proposta della Commissione. Diremo che non abbiamo un grande entusiasmo neppure per questa proposta perché ci sembra che il numero dei casi in cui si attribuisce all’autorità giudiziaria la facoltà del sequestro preventivo sia eccessivo.

Quando io ho sentito l’onorevole Bettiol, che è evidentemente un forte giurista, dire che voleva il sequestro preventivo perché aveva interesse alla persecuzione dei reati di stampa, ho avuto l’impressione che fosse caduto in una imprecisione di linguaggio giuridico. L’onorevole Bettiol m’insegna che anche la repressione di un delitto di stampa si fa con la condanna di un delitto accertato. Ma il sequestro preventivo è quello che al tempo della discussione della legge del 1906 fu chiamato, non mi ricordo da chi, carcere preventivo della stampa periodica, perché in realtà corrisponde alla detenzione preventiva di un imputato che ancora non si sa se sia o no responsabile di un delitto. Ed in materia di stampa se fosse possibile evitare il carcere preventivo del periodico sarebbe a tutto vantaggio della libertà di stampa che la nostra Carta costituzionale ha inteso ed ha proclamato di tutelare.

Venendo poi alla estensione dei casi in cui l’autorità giudiziaria può procedere al sequestro preventivo, noi vorremmo, quantunque questi siano tutti desideri destinati a rimanere inappagati, vorremmo che persino i nostri colleghi della Democrazia cristiana si persuadessero (non interpretino male le nostre parole) della opportunità di non esagerare in questa materia. Il sequestro preventivo, anche se la facoltà di disporlo è affidata unicamente alla autorità giudiziaria, rappresenta sempre un attentato alla libertà di stampa.

Ricordo di avere letto che quando, nel 1906, il Governo, per iniziativa dell’onorevole Sacchi, presentò il disegno di legge con l’abolizione del sequestro preventivo, questa proposta non dette luogo nemmeno a discussione, perché tutti dissero: come, si è aspettato tanto ad abolire il sequestro preventivo? Esso costituiva ormai un fenomeno superato dalla civiltà moderna.

E quando per eccezione si ammise il sequestro preventivo nel caso di delitti contro il buon costume, questa ammissione trovò forti opposizioni, e, senza nessuna punta di malignità, debbo ricordare proprio ai nostri compagni secessionisti che oggi fanno parte del Ministero, all’onorevole D’Aragona specialmente, che è di quel tempo, ed anche all’onorevole Saragat, che Filippo Turati insorse contro questa ipotesi del sequestro preventivo nei casi di delitti contro il buon costume, chiamandolo «la foglia di fico» del progetto di legge, perché in fondo si trattava di un eccesso di pudore, di un eccesso di puritanesimo.

Voi vedete quanto oggi siete lontani da ciò. Io avrei voluto dire a questi amici – e mi dispiace che non siano presenti, come è da lamentarsi l’assenza costante da questa discussione di tutti i ministri – avrei voluto dire: voi che in tante cose vi vantate di riportarvi a Filippo Turati, sempre presente anche al nostro pensiero e al nostro cuore, perché non vi domandate quale accoglienza egli avrebbe potuto fare a simili proposte?

Per quanto poi riguarda la specifica proposta di estendere il sequestro preventivo anche al caso di apologia di reato, tutti noi che per ragioni professionali abbiamo una conoscenza ed un’esperienza particolare in questa materia sappiamo quante mai volte, nel passato, si è incriminata la propaganda socialista con l’accusa di apologia di reato. Oggi si parla così del comunismo ma domani si direbbe lo stesso anche per la nostra propaganda come per quella di qualche altro partito che turbasse i sonni di chi detiene il potere.

BETTIOL. Non si potrà sequestrare più un giornale che fa l’apologia del regime che fu, con questa sua tesi!

TARGETTI. C’è la legge! (Commenti).

BETTIOL. Ma no! Non si potrà sequestrare attraverso la polizia giudiziaria, si dovrà attendere la sentenza definitiva del magistrato. (Commenti).

UBERTI. Vi date la zappa sui piedi!

TARGETTI. Ma vengo alla conclusione sul sequestro preventivo, accennando all’ipotesi della violazione degli articoli 402, 403, 406 del Codice penale che si propone di includere fra le ipotesi di sequestro. Può darsi che per una parte del grosso pubblico sentir dire che noi ci opponiamo all’estensione del sequestro preventivo anche ai casi di delitti contro il sentimento religioso voglia dire che noi non siamo abbastanza rispettosi del sentimento religioso. Interpretazione questa arbitraria o addirittura faziosa. Ci opponiamo a questa estensione, perché, quando voi vi rifate al tenore dell’articolo 403, voi vedete che per quell’articolo, di marca squisitamente fascista, si ritiene vilipendio della religione il vilipendio di chi la professa. Ma ora, egregi colleghi, voi sapete con quale elasticità si può interpretare questo concetto di vilipendio. Si può affermare che si vilipende un sacerdote se gli si attribuiscono fatti semplicemente ingiuriosi e che possono anche corrispondere a verità, e il passo dal vilipendio del sacerdote al vilipendio della religione è molto breve. Anzi, non c’è bisogno di farlo perché l’articolo 403 identifica l’un fatto con l’altro.

Concludendo vi chiedo infine, onorevoli colleghi, di immaginarvi quali strane ed aberranti interpretazioni una norma del genere potrebbe avere, se non dai procuratori della Repubblica (non vogliamo essere troppo pessimisti!), da qualche modesto, impreparato ufficiale di polizia giudiziaria. Simili esagerazioni, aberrazioni del genere, potrebbero mai riuscire utili alla repressione dei veri delitti che la stampa può commettere? Non lo crediamo.

Ed è per queste considerazioni che voteremo contro tutti questi emendamenti. (Applausi all’estrema sinistra).

TREVES. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Dichiaro che voteremo il testo della Commissione perché ci pare sufficientemente chiaro e comprensivo, nel suo insieme, per colpire quelle manifestazioni morbose che noi vogliamo siano colpite.

E credo anche che Filippo Turati – quella foglia di fico di cui parlava l’onorevole Targetti rientra nella dichiarazione di voto, col permesso del signor Presidente – non potrebbe non riconoscere che l’immoralità di allora, le vignette di allora erano molto ma molto meno immorali di quanto siano adesso. Quindi, se il nostro Filippo Turati potesse essere qui e fare un paragone tra l’immoralità di allora e quella di adesso, non credo che egli avrebbe l’impressione che abbiamo troppo esteso questa foglia di fico.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 22:

«Non si può procedere al sequestro delle edizioni dei giornali o di altre pubblicazioni o stampati se non in virtù di una sentenza irrevocabile dell’autorità giudiziaria».

(È approvato).

Pongo in votazione il primo periodo del secondo comma, esclusi gli alinea:

«L’autorità giudiziaria può tuttavia, anche all’inizio dell’azione penale, disporre, con decreto motivato, il sequestro».

(È approvato).

Pongo in votazione, successivamente, gli alinea:

«1°) delle pubblicazioni non periodiche, quando da esse non risulta il nome dell’editore né quello dello stampatore, ovvero quando questi siano indicati in modo non conforme al vero».

(È approvato).

«2°) dei giornali e di ogni altro periodico, pubblicati senza che sia stata eseguita la registrazione prevista dall’articolo 7».

(È approvato).

«3°) dei giornali e di ogni altro periodico pubblicati in violazione delle norme sul riposo festivo».

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Perdoni, onorevole Presidente: io ritengo che questo accapo sia incostituzionale e ne ho proposto la soppressione.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione questo alinea.

(Non è approvato).

Pongo in votazione le seguenti parole del quarto alinea:

«4°) dei giornali e degli altri stampati, quando in essi si concreti il reato di offesa all’onore o al prestigio del Capo dello Stato o del Capo di uno Stato estero, di istigazione a delinquere nell’ipotesi dell’articolo 414, comma primo, n. 1, del Codice penale».

(Sono approvate).

Ed ora procediamo votando sempre sulla base del testo della Commissione, ma considerando le proposte dell’onorevole Moro come emendamenti. Al punto dell’alinea quarto al quale mi sono fermato l’onorevole Moro propone di includere le parole:

«di apologia di reato, ai sensi dell’ultimo comma dello stesso articolo».

Su questo emendamento è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Fiorentino, Gavina, Nobili Tito Oro, Corbi, Tega, Carpano Maglioli, Pistoia, Cianca, Schiavetti, Nasi, Pellegrini, Mastino Pietro, Lussu, Pressinotti, Giua, Barontini Ilio, Barontini Anelito, Buffoni, Scoccimarro, Maffi e Merighi.

A norma dell’articolo 99 del Regolamento, procedo all’appello dei firmatari allo scopo di accertare la loro presenza in Aula.

(Tutti i firmatari sono presenti nell’Aula).

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Indico la votazione, per appello nominale, sull’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Moro, del seguente tenore:

«di apologia di reato ai sensi dell’ultimo comma dello stesso articolo».

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Sicignano.

Si faccia la chiama.

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Abozzi – Adonnino – Aldisio – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcangeli.

Bacciconi – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bellato – Belotti – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchini Laura – Bonino – Borsellino – Bovetti – Braschi – Brusasca – Bulloni Pietro.

Caccuri – Campilli – Camposarcuno – Cannizzo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Enrico – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Chieffi – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Coppi Alessandro – Corsanego – Cortese Pasquale – Cremaschi Carlo.

Damiani – De Caro Gerardo – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.

Ermini.

Fabriani – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrario Celestino – Ferreri – Firrao – Foresi – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Galati – Galioto – Garlato – Gatta – Germano – Geuna – Giacchero – Gonella – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela.

Jervolino.

Lazzati – Leone Giovanni – Lizier.

Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marinaro – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mattarella – Mazza – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Micheli – Monterisi – Montini – Morelli Luigi – Moro – Mùrdaca – Murgia.

Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pallastrelli – Pecorari – Petrilli – Piccioni – Ponti – Preziosi – Proia.

Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Ugo – Romano – Rumor – Russo Perez.

Saggin – Salvatore – Sampietro – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scotti Alessandro – Segni – Siles – Spataro – Sullo Fiorentino.

Taviani – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi.

Uberti.

Valenti – Valmarana – Venditti – Viale – Vicentini – Vigo.

Zaccagnini – Zotta.

Rispondono no:

Amadei – Azzi.

Bardini – Bennani – Bergamini – Buffoni Francesco.

Candela – Carboni Angelo – Carpano Maglioli – Chiaramello – Cianca – Conti – Corbino.

Fabbri – Filippini – Fiorentino.

Gavina – Giannini – Giua – Gullo Rocco.

Lami Starnuti – Longhena – Lussu.

Mastino Pietro – Merighi – Molinelli – Morelli Renato – Morini.

Nasi – Nobili Oro.

Paris – Pellegrini – Perassi – Piemonte – Pressinotti – Priolo.

Rodi – Rodinò Mario – Rognoni.

Sapienza – Schiavetti – Silone.

Targetti – Tega – Treves.

Si è astenuto:

Rubilli.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).

Comunico che dal computo dei voti risulta che l’Assemblea non è in numero legale.

Pertanto la seduta è sciolta e l’Assemblea è convocata per le ore 16 di domani col medesimo ordine del giorno della seduta odierna.

La seduta termina alle 20.30.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni sulla stampa.