Come nasce la Costituzione

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MERCOLEDÌ 14 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCL.

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 14 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Per l’eccidio di Mogadiscio:

Fuschini

Mazzoni

Mastino Pietro

Bellavista

Cappa, Ministro della marina mercantile

Presidente

Comunicazione del Presidente:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Disposizioni sulla stampa (15)

Presidente

Cianca

Cappa, Ministro della marina mercantile

Cevolotto, Relatore

Moro

Scoccimarro

Schiavetti

Gronchi

Nasi

Manzini

Bettiol

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Caronia

Colitto

Crispo

Molinelli

Perassi

Fabbri

Uberti

Dominedò

Targetti

Guerrieri Fiilippo

Treves

La seduta comincia alle 16.10.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Per l’eccidio di Mogadiscio.

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, ieri l’altro a Mogadiscio, presente la Commissione di inchiesta sulle nostre Colonie nominata dall’O.N.U., una folla di somali, aderente non so bene a quale fronte, o a quale schieramento, ma decisamente ostile ed ingrata al beneficio apportato dall’Italia pre-fascista, la buona, vecchia Italia democratica, in quel lontano lembo di Africa, ha effettuato un pogrom nei confronti degli italiani, dei quali 42 sono morti e 39 sono rimasti feriti.

Io non so chi sia l’ispiratore o quali siano gli ispiratori di queste barbare zagaglie, che hanno ripetuto su gente nostra, a quanto pare non sufficientemente difesa da chi ne aveva l’obbligo e il dovere, uno scempio che non può non riscuotere la disapprovazione e la rampogna di tutto il mondo civile. Specialmente perché era sul luogo una Commissione di inchiesta, dovevano tacere i rancori e le manifestazioni così selvagge come quelle che sono invece esplose.

Non è per riecheggiare la frase di un nostro poeta, ma il sangue giovanile di Abba-Garima non era ancora asciutto su quelle terre lontane, che nuovo sangue è sgorgato dalle opre furtive degli inspiratori ai danni di questa nostra grande proletaria, che ha avuto il grande torto di aver beneficato e bonificato quelle lontane selvagge regioni.

I 42 morti però – si sgannino i mandanti e gli ispiratori! – sono testimonianza perenne della nostra esistenza laggiù.

Con un colpo di spada – lo stesso Poeta ammonisce – o di coltello, non si uccide, né si fa indietreggiare la storia!

È legittimo e giusto che in questa Assemblea, dai rappresentanti del popolo italiano, si elevi fiera e decisa la protesta, non soltanto contro il barbaro insensato, ma contro chi ha incoraggiato il folle ed incivile gesto omicida! (Applausi generali).

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Il Governo si associa alle parole di deplorazione e di protesta dell’onorevole Bellavista.

Il Governo sta ricercando informazioni e non mancherà di far presente all’estero la fiera protesta del nostro popolo per i connazionali caduti vittime in quella terra di Somalia che è stata resa civile ed attiva dal sangue di generazioni di italiani. Non mancherà di far presente la protesta dell’Assemblea per gli atti di terrore di cui sono stati vittime i nostri connazionali. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui l’Assemblea). È con dolore e con sdegno che abbiamo appreso la notizia dell’eccidio di nostri connazionali, che sono stati sorpresi lontano dalla Patria e forse lontano dai loro familiari, in un momento nel quale un gesto che pareva orientato a ridare serenità a quelle terre aveva in loro probabilmente acceso nuove speranze che, negli anni passati, si erano frequentemente oscurate.

È veramente un triste commento alle parole tante volte conclamate di libertà e di indipendenza dei popoli questo azzuffarsi di Stati già saturi di dominio e di potenza, intorno a terre che, fatte già fiorenti da un pacifico lavoro, potrebbero, se mai, dalla triste sorte di una guerra essere avviate non già verso un nuovo dominio od una nuova oppressione, ma a vita pacifica nella fraterna solidarietà con tutti i popoli, primo fra i quali il popolo italiano. (Vivi, generali applausi).

Comunicazione del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che, avendo l’onorevole Camangi rassegnato le dimissioni da componente della Commissione speciale per l’esame del disegno di legge sulla elezione del Senato, ho chiamato a sostituirlo l’onorevole Mazzei.

Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa. (15)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge concernente disposizioni sulla stampa (15).

Ricordo che ieri è stata chiusa la discussione generale e che il relatore e il rappresentante del Governo hanno già espresso il loro parere. L’onorevole Giannini ha presentato il seguente ordine del giorno, che è stato già svolto, e che porta la firma anche dell’onorevole Capua:

«L’Assemblea Costituente, esaminato il progetto di legge sulla stampa, ravvisa l’opportunità di rinviarlo allo studio più completo ed approfondito della futura Camera dei deputati».

Si tratta di una proposta di rinvio, la cui votazione è, pertanto, pregiudiziale.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Quando il relatore e presidente della Commissione accennò ieri alla proposta di rinvio e quando alla stessa proposta accennò il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, l’uno e l’altro dissero che la questione di rinvio era legata e, in un certo senso, subordinata allo stralcio di alcune delle disposizioni più urgenti del disegno di legge stesso. Ora, io domando alla Presidenza, se il porre in votazione la proposta di rinvio significhi, in qualche misura, compromettere lo stralcio, della cui opportunità tanto il rappresentante della Commissione, quanto il rappresentante del Governo, si dichiararono persuasi.

PRESIDENTE. Onorevole Cianca, è pacifico che, se l’Assemblea vota per il rinvio, essa esprime la sua volontà che nulla in questo campo venga fatto e che pertanto la situazione resti immutata. Se si vuole perciò lo stralcio, bisogna evidentemente votare contro il rinvio e poi presentare la proposta che si proceda allo stralcio. Sono due momenti distinti.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Onorevoli colleghi, il Governo ha dichiarato già ieri, per bocca dell’onorevole Sottosegretario Andreotti, che intende rimettersi per questa questione all’Assemblea. La dichiarazione che sto per fare è quindi a titolo puramente personale.

A me non sembra, a proposito dell’emendamento presentato dall’onorevole Giannini, che l’Assemblea non sia ancora matura per l’esame e la conseguente decisione relativi a questo disegno di legge. Mi permetto osservare che la legge sulla stampa è stata ripetutamente richiesta dalle varie parti politiche del Paese. È noto che noi siamo ancora, in materia di stampa, sotto il regime del decreto del 1944, il quale conferiva al Governo la facoltà di concedere l’autorizzazione ai giornali.

Noi siamo inoltre ancora sotto il regime di sequestro preveduto dal decreto legge 31 maggio 1946, proposto dall’allora Guardasigilli Togliatti. Ripetutamente è stato poi reclamato al Governo che fosse in qualche modo sistemata la materia della stampa ed infatti, nell’estate del 1946, la Presidenza del Consiglio nominò una Commissione di tecnici del giornalismo e di cultori del diritto pubblico, nella quale erano rappresentati uomini delle varie parti politiche del Paese ed anche di questa Assemblea.

Ricordo che la Commissione era esattamente composta, oltre che dal consigliere Zottoli, dall’onorevole professor Ambrosini, dal dottor Arcamone, dal giornalista Azzarita, dall’onorevole Berlinguer, dall’onorevole Calosso, dal professor Gambarella, dal professor Napoletano, dal dottor Olivieri, dal dottor Pannunzio, dal dottor Parrini per gli editori, da Platone Felice, dal dottor Riccardi, dal professor Tosatti, dal dottor Ventura, dall’onorevole Vernocchi, dal dottor Cavazzuti, e dal dottor Lazzara.

Questa Commissione, che io ho avuto l’onore di insediare, ha trattato e studiato largamente la sistemazione nuova della stampa nella Repubblica, ed ha fatto una relazione elaborata e dotta, accompagnata da un progetto, atto a costituire lo schema di un disegno di legge che regolasse l’intera materia.

Con questo progetto l’autorizzazione da parte del Governo era abolita e si proponeva il sistema risultato poi nel disegno di legge presentato a questa Assemblea. Si proponeva una semplice registrazione, a scopo, direi quasi, anagrafico, delle pubblicazioni a stampa.

La Presidenza del Consiglio ha redatto il disegno definitivo, che è stato poi approvato dal Consiglio dei Ministri. Per meglio dire, il Consiglio dei Ministri ha deciso di presentare a questa Assemblea il progetto, lasciando liberi i membri del Governo e i vari partiti politici in esso allora rappresentati, di assumere in Assemblea l’atteggiamento che avesse ciascuno ritenuto conveniente ed opportuno.

La redazione del disegno di legge tiene conto della quasi totalità delle proposte della Commissione ministeriale. Le varianti apportatevi sono più di forma che di sostanza. Questo disegno di legge è venuto all’Assemblea su decisione del Consiglio dei Ministri del marzo dell’anno scorso. Gli onorevoli colleghi hanno avuto tutto il tempo necessario per compulsarlo; una Commissione parlamentare lo ha esaminato; e in queste condizioni è venuto ora all’Assemblea. Il Governo si richiama alla legge costituzionale e si rimette alla decisione dell’Assemblea. Se l’Assemblea ritiene opportuno di rinviare la discussione, lo faccia. A me sembra però – e ripeto che esprimo un pensiero personale – ormai matura la definizione della materia. Anche le questioni di rilievo che sono sorte e che hanno sollevato polemiche e discussioni qui e sulla stampa, si riducono a ben poche: la responsabilità del direttore; gli accertamenti delle fonti finanziarie del giornale; il sequestro; l’obbligo dell’appartenenza del direttore all’albo dei giornalisti. Sono questioni che sono state largamente trattate nella discussione generale e sulle quali si potrà, ritengo, trovare un punto d’accordo, o per lo meno una piattaforma di decisione.

Mi sembra che abbiamo diversi giorni di tempo innanzi a noi, perché l’Assemblea in questo momento non può discutere la legge elettorale del Senato, in quanto non è ancora approntata; e quindi si potrebbe, a mio modesto parere, condurre in porto questa legge. Comunque, qualora l’Assemblea credesse di non avere il tempo o non volesse portare a compimento l’intera legge, che per me è fondamentale al nostro diritto pubblico, perché stabilisce una effettiva libertà della stampa, essendo essa a mio giudizio profondamente liberale, mi sembra opportuno stabilire, magari attraverso un parziale stralcio, nell’imminenza della lotta elettorale, il fondamento sostanziale della legge, cioè che la stampa non solo è libera, ma che per la pubblicazione di giornali basta la registrazione attraverso quelle forme che mi sembra siano state ben equamente e proficuamente stabilite.

Per conto mio ritengo che avremmo anche il tempo di arrivare ad una completa definizione.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione esprime il suo parere in questo senso: l’ordine del giorno dell’onorevole Giannini dovrebbe essere respinto dall’Assemblea perché è assolutamente necessario che cessi il regime autorizzativo dei giornali prima delle elezioni. In questo momento, se il decreto-legge autorizzativo permanesse, noi, nella imminenza delle elezioni, ci troveremmo sulla situazione che chi volesse, per il periodo elettorale, pubblicare un giornale, dovrebbe attendere il permesso del Prefetto.

Ora, pur manifestando la più ampia convinzione che non ci si varrebbe, da parte del Governo, di questo mezzo per impedire la pubblicazione di nuovi giornali, è evidente che l’attuale regime autorizzativo non consente la libertà della stampa.

D’altra parte, è urgente definire la questione del sequestro prima delle elezioni.

Quindi la Commissione è contraria al rinvio della legge alla nuova Camera, mentre non si oppone – come del resto ha detto nella sua relazione – che si faccia uno stralcio delle principali disposizioni, e anzi ha già indicato nella relazione i limiti che, secondo la Commissione, dovrebbero essere dati a questo stralcio.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Io ho ascoltato le dichiarazioni che a suo nome personale ha fatto l’onorevole Cappa. Non credo che sia il caso di riaprire la discussione per replicare agli argomenti che sono stati addotti dall’onorevole Cappa. Io sono perfettamente d’accordo che conviene risolvere nel più breve tempo possibile il problema della stampa. L’onorevole Cappa ricorderà che io stesso presentai una interrogazione al Governo perché venisse portato davanti all’Assemblea il disegno di legge formulato dalla Commissione competente. Però è innegabile che, se noi iniziamo il dibattito di questa legge, ci troveremo di fronte ad alcuni problemi per i quali non sarà possibile trovare immediatamente una soluzione che raccolga il consenso della maggioranza dell’Assemblea.

Io sono d’avviso che soprattutto le disposizioni le quali si riferiscono alla proprietà dei giornali debbano essere profondamente rivedute. Siamo perfettamente d’accordo che occorre tutelare la libertà della stampa, ma siamo anche d’accordo su questo principio: che conviene impedire che dei proprietari di giornali possano pubblicare dei fogli i quali rappresentino tesi politiche contrastanti. È assolutamente necessario garantire la libertà di stampa nelle sue radici più reali e profonde. Ecco perché io penso che se noi iniziassimo il dibattito, soprattutto per quel che riguarda il capitolo relativo alla proprietà dei giornali, correremmo il rischio di prolungare la discussione, perché – per esempio – io mi riservo di presentare vari emendamenti desunti dal progetto di legge francese. Disse ieri l’onorevole Andreotti che noi giudichiamo come punto di partenza quello che in realtà è un punto di arrivo. Io mi riprometto di presentare degli emendamenti che starebbero in mezzo fra questo punto di arrivo e questo punto di partenza.

Comunque, ripeto, è innegabile che la discussione correrebbe il rischio di prolungarsi, ed è per questo che, pur avendo insistito affinché il Governo presentasse il progetto di legge dinanzi all’Assemblea, noi non siamo contrari alla proposta di rinvio. Ma concordiamo pienamente con quanto ha detto l’onorevole Cevolotto, vale a dire nell’affermare l’urgente necessità che il regime attuale della stampa venga modificato per quel che riguarda le autorizzazioni e per quel che riguarda la disciplina dei sequestri.

Quindi noi, contrari in principio ad un rinvio di tutta la legge, chiediamo che siano stralciate le disposizioni che si riferiscono agli argomenti di cui ho parlato.

PRESIDENTE. Onorevole Cianca, se l’Assemblea respinge il rinvio e qualcuno propone lo stralcio, ove questa proposta sia accolta, si esamineranno gli articoli stralciati; se poi fossero respinti e il rinvio e lo stralcio, esamineremo tutto il testo della legge.

Sull’ordine del giorno Giannini è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Gronchi, Bertone, Uberti, Monticelli, Cremaschi, Micheli, Bubbio, Rivera, Manzini, Moro, Dominedò, Giacchero, Baracco ed altri.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Dichiaro che il Gruppo democratico cristiano voterà contro la proposta di rinvio, riservandosi di prendere posizione sugli altri problemi, come quello dello stralcio. (Commenti a sinistra).

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE, Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Dichiaro che il Gruppo comunista voterà contro il rinvio, accettando però la proposta di stralcio, che è stata già presentata alla Presidenza.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Visto che si è d’accordo sul punto espresso dall’onorevole Scoccimarro, pregherei l’onorevole Gronchi di ritirare la proposta di appello nominale che ci farebbe perdere tempo e non servirebbe a niente.

GRONCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Ritiriamo la richiesta di appello nominale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il seguente ordine del giorno dell’onorevole Giannini:

«L’Assemblea Costituente, esaminato il progetto di legge sulla stampa, ravvisa l’opportunità di rinviarlo allo studio più completo e più approfondito della futura Camera dei deputati».

(Non è approvato).

L’onorevole Nasi ha presentato la seguente proposta:

«Il sottoscritto propone che del disegno di legge sulle disposizioni per la stampa siano stralciati e messi in discussione i Titoli I e II e gli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 15-bis, 38, 40, 41».

Prego l’onorevole Cevolotto di esprimere il parere della Commissione su questa proposta.

CEVOLOTTO, Relatore. Pregherei l’onorevole Nasi di voler mantenere lo stralcio nei limiti che abbiamo indicato noi come Commissione nell’ultima parte della nostra relazione, cioè gli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 3, 29, 31, 30, 32, 38, 40, 41 oltre il 28. Questo è presso a poco lo schema che aveva proposto nella Commissione dei Settantacinque l’onorevole Conti ed è studiato in modo che tutte le disposizioni che sono inerenti alla registrazione ed al sequestro vengano comprese nello stralcio. Naturalmente (questo lo dico subito per tranquillizzare qualunque preoccupazione), ciò non comporta un limite assoluto, perché è evidente che ciascun deputato ha il diritto o di chiedere in via di emendamento che si aggiunga qualche articolo, o di chiedere che ne venga tolto qualcuno. Ma per fare uno stralcio organico credo si debba prendere come punto di partenza lo stralcio che era stato già proposto alla Commissione dal Governo, aggiungendovi l’articolo 28. Sembra che questa proposta di stralcio sia più organica di quella dell’onorevole Nasi e quindi pregherei l’onorevole Nasi di volervi aderire.

PRESIDENTE. Onorevole Nasi, accetta la proposta del Relatore?

NASI. Non ho nessuna difficoltà ad accettare la proposta del Relatore, purché includa l’articolo 15-bis e l’articolo 20-bis proposto dall’onorevole Treves.

CEVOLOTTO, Relatore. L’articolo 15-bis si può includere; l’articolo 20-bis si potrà esaminare come emendamento.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. Noi accettiamo in linea generale lo stralcio, ma vorremmo che si procedesse allo stralcio articolo per articolo, o per lo meno che si sospendesse la seduta per alcuni minuti, per raggiungere un accordo sugli articoli da stralciare.

PRESIDENTE. Non credo si possa accettare la sua proposta che si proceda allo stralcio articolo per articolo, perché è evidente che bisognerebbe allora esaminare ogni articolo e dopo che ci si sia reso conto del merito, decidere se stralciarlo o meno. Inoltre la Commissione ha già, nel corso dei suoi lavori, fatto un raggruppamento di articoli, i quali presentano in maniera organica i quesiti sui quali si chiede di decidere. Se vi fosse da fare qualche altra proposta, oltre a quella della Commissione, vorrei che fosse fatta immediatamente, in maniera che tutti i membri dell’Assemblea possano avere un quadro d’assieme del testo che verrà fuori dalla nostra discussione.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. La raccomandazione che ieri l’onorevole Presidente ha fatto è stata accolta, perché stamane si sono riuniti i vari gruppi e la Commissione. Però, la formula con cui si presenta ora la proposta dello stralcio è un po’ diversa da quella che avevamo previsto.

PRESIDENTE. Desidererei sentire su questo punto il parere dell’onorevole Cevolotto.

CEVOLOTTO, Relatore. Sono favorevole alla sospensione della seduta.

BETTIOL. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL. Vorrei proporre di includere anche l’articolo 16 relativo alla responsabilità penale del direttore del giornale; e poi gli articoli 26 e 27, che hanno riferimento con l’articolo 28, per quanto riguarda la facoltà di sequestro di alcune pubblicazioni.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Si può accedere alla proposta di sospensione per pochi minuti, per concordare una proposta di stralcio degli articoli da discutere.

(La seduta, sospesa alle 16.45, è ripresa alle 17.30).

Presidenza del Vicepresidente CONTI

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Relatore onorevole Cevolotto, per riferire sugli accordi presi riguardo agli articoli da stralciare.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione si è riunita coi rappresentanti dei vari Gruppi e con i proponenti lo stralcio di alcuni articoli ed ha deciso di proporre uno stralcio in limiti piuttosto ampi. Però questa ampiezza è in relazione alle esigenze manifestate dai vari Gruppi che alcune singole disposizioni fossero mantenute ed in relazione anche a ciò che ha detto il Presidente: cioè, che niente altro si potrà aggiungere, mentre l’Assemblea sarà libera di togliere qualche cosa, presentando emendamenti soppressivi anche relativamente agli articoli prescelti.

In sostanza, si sono mantenute le disposizioni relative alla registrazione del giornale in sostituzione del sistema dell’autorizzazione, alcune disposizioni di dettaglio, le disposizioni relative al sequestro e qualche disposizione penale, oltre agli articoli di coordinamento. Si è tolto quindi tutto ciò che si riferisce alle altre parti penali, molto più ampie, alla responsabilità del direttore e alle Corti di onore, ciò che si riferisce alle fonti di finanziamento del giornale e ciò che costituisce la parte del progetto, su cui si era manifestato il dissenso più vivo, non soltanto quanto alla formulazione, ma anche quanto alla sostanza.

La proposta di stralcio verrebbe fatta, quindi, per i seguenti articoli (seguendo la numerazione del testo governativo, salvo naturalmente il collocamento, perché, facendosi una legge di stralcio, è evidente che l’ordinamento di questi articoli dovrà essere diverso): 2, 3, 5, 9, 14, 15, 15-bis (proposta di emendamento aggiuntivo), 17, 25, 25-bis, 26-32 (compreso il 29-bis), 37, 38, 40 e 41.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta della Commissione di stralciare dal disegno di legge gli articoli testé citati dal Relatore.

(È approvata).

Passiamo all’esame degli articoli nel testo della Commissione. Si dia lettura dell’articolo 2.

RICCIO, Segretario, legge:

«Definizione di stampa o stampato.

«Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque impresse con mezzi meccanico-fisici o chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione».

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Evidentemente vi è un errore di stampa nell’articolo 2.

L’espressione «con mezzi meccanico-fisici o chimici» non aveva nessun senso. L’onorevole Caronia aveva proposto di sostituirla con l’altra: «meccanici o fisico-chimici» ed in questo senso noi avevamo approvato il testo.

PRESIDENTE. Sta bene. Il testo dell’articolo 2 è pertanto il seguente: «Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque impresse con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione».

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Vorrei che l’onorevole Caronia chiarisse il senso della modificazione che ha proposto.

CARONIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARONIA. Vorrei spiegare all’onorevole Andreotti che si tratta di termini tecnici, scientifici. La dizione: «meccanico-fisici» non ha nessun significato, in quanto tutto ciò che è meccanico è fisico. La dizione: «fisico-chimici» ha un significato, perché certi mezzi di stampa non sono semplicemente chimici o semplicemente meccanici, ma fisico-chimici, come ad esempio la foto-incisione, per la quale non si può parlare di un processo esclusivamente fisico o di un processo esclusivamente chimico, ma di un processo fisico-chimico, vale a dire di un processo che è nello stesso tempo fisico e chimico. È una questione di proprietà di termini.

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto ha proposto all’articolo 2 il seguente emendamento:

«Alla parola: impresse, sostituire: ottenute, e alle parole: mezzi meccanico-fisici, sostituire: mezzi meccanici».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. Il breve emendamento, da me proposto, attinge la sola forma dell’articolo. Chiedo che alla parola: «impresse» sia sostituita la parola: «ottenute». Meglio è, secondo me, parlare di «riproduzioni ottenute con mezzi meccanici o chimici», anziché di «riproduzioni impresse». Nella redazione governativa del progetto di legge si parla di «riproduzioni tipografiche» e di «impressioni con mezzi meccanici», ma non di «riproduzioni impresse» delle quali non so come, poi, si sia parlato nel progetto.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Crispo, Villabruna e Candela hanno presentato i seguenti emendamenti:

«Collocare al posto dell’articolo 1 l’articolo 2, contenente la definizione di stampa o stampato, aggiungendo il seguente comma:

«L’esercizio della libertà di stampa è regolato dalle norme seguenti».

«Sopprimere l’articolo 1 e trasferire le parole: «i reati commessi col mezzo della stampa sono puniti a norma della legge penale», all’articolo 16 (che contempla la responsabilità per reati commessi per mezzo della stampa».

L’onorevole Crispo ha facoltà di svolgerli.

CRISPO. Il mio emendamento: «l’esercizio della libertà di stampa è regolato dalle norme seguenti», è il cappello, in sostanza, dell’articolo 2. Lo svolgerò brevissimamente. Ho voluto esprimere questo concetto, poiché si è ritenuto necessario dare la definizione di stampa e di stampato. Il mio emendamento si riferiva agli articoli 1 e 2. Poiché si è ritenuto necessario definire stampe e stampati, cioè comprendere in una legge la definizione dell’oggetto della legge, ritengo che, dal punto di vista tecnico, questa definizione debba essere nell’articolo 1, ossia che si debba anzitutto dare la definizione dell’oggetto della legge. Quindi propongo che la norma, o per meglio dire la definizione, contenuta nell’articolo 2, sia contenuta nell’articolo 1.

PRESIDENTE. Ma l’articolo 1 è stato eliminato.

CRISPO. Allora chiedo che, come capoverso dell’articolo 2, dopo la definizione di stampe o stampati, si aggiunga: «L’esercizio della libertà di stampa è regolato dalle norme seguenti».

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Dal momento che è stato soppresso l’articolo 1, venendo incontro involontariamente, diciamo così, alla proposta dell’onorevole Crispo, ed è stato soppresso perché in una legge di stralcio, come quella che noi facciamo, a carattere provvisorio, è sembrato inutile mettere l’affermazione che la stampa è libera, che è già contenuta nella Costituzione, dal momento che l’articolo 1 non esiste più, sembra a noi che manchi anche la ragione di quella premessa che l’onorevole Crispo intendeva di proporre in sostituzione dell’articolo 1, e cioè: «L’esercizio della libertà di stampa è regolato dalle norme seguenti». E ciò anche perché non si adatterebbe neanche bene questo cappello al contenuto dell’articolo 2. Dire che la libertà di stampa è regolata dalle norme seguenti e poi incominciare con la definizione di stampe e stampati, non mi pare molto organico.

CRISPO. Credo di non esser stato compreso. Io proponevo che immediatamente dopo la definizione si introducesse il seguente capoverso: «L’esercizio della libertà di stampa è regolato dalle norme seguenti».

CEVOLOTTO, Relatore. Mi pare che anche questo capoverso sia una cosa superflua. È evidente, dal contenuto delle norme, che esse regolano la libertà di stampa.

MOLINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. Questa legge, già nella sua prima definizione, porta il titolo «Disposizioni sulla stampa». Implicitamente si è discussa come una legge che possa veramente garantire la libertà di stampa. Ma, a prescindere da qualsiasi giudizio che si possa dare sul complesso della legge, lo stralcio che ne abbiamo fatto non comporta che alcune diposizioni sull’esercizio della stampa, non sull’esercizio della libertà di stampa, che è altra cosa. Quindi, non potremmo accettare l’emendamento Crispo.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Per quanto si riferisce alla sostituzione della parola «impresse» con l’altra «ottenute», non abbiamo nulla in contrario. Per quanto si tratta invece di togliere le parole «mezzi meccanico-fisici» e di sostituirle con le altre «mezzi meccanici», per le ragioni che ha detto l’onorevole Caronia, cioè che vi sono anche dei mezzi fisico-chimici di cui si serve la stampa, pregheremmo l’onorevole Colitto di non insistere.

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto insiste?

COLITTO. Non insisto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione lo articolo 2 così modificato:

«Definizione di stampa o stampato.

«Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione».

(È approvato).

L’onorevole Crispo mantiene il suo emendamento?

CRISPO. Non insisto.

PRESIDENTE. Passiamo allora all’articolo 3. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Indicazioni obbligatorie sugli stampati.

«Ogni stampato deve indicare il luogo e l’anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell’editore.

«I giornali e gli altri periodici devono recare la indicazione:

del luogo e della data della pubblicazione;

del nome e del domicilio dello stampatore;

del nome del proprietario responsabile».

A questo articolo sono stati presentati vari emendamenti. L’onorevole Colitto ha presentato il seguente:

«Al primo comma, alla parola: pubblicazione, sostituire: stampa».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. Ho chiesto che, nel primo comma, alle parole «pubblicazione» si sostituisca la parola «stampa».

Se io ho ben compreso, la legge vuole che ogni stampato indichi il luogo e l’anno, in cui ha luogo la stampa. Se così è, non mi sembra esattamente usato il sostantivo «pubblicazioni», che fa pensare, nel linguaggio giuridico, più che nel linguaggio corrente, alla diffusione degli stampati. Tale diffusione può anche mancare; ma anche in tal caso le indicazioni predette vanno apposte sullo stampato. Quanto mi permetto di sostenere trova la sua conferma anche nel successivo articolo 4, in cui si dispone che lo stampatore ha l’obbligo di consegnare un determinato numero di ogni stampato a determinate autorità all’atto della diffusione o all’atto della consegna al committente, che può anche non renderlo più pubblico. Se anche non si creda di accogliere il mio emendamento, per lo meno si chiarisca che la parola «pubblicazione», usata nel primo comma, ha lo stesso significato di «stampa».

PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Cianca, Nobili Tito Oro, Bernini, Barbareschi, Pistoia, Schiavetti, Grazia, Fogagnolo, Mastino Pietro, Cosattini e Bonomelli così formulato:

«Sostituire la prima parte del secondo comma con la seguente:

«I giornali, le pubblicazioni delle agenzie d’informazioni e i periodici di qualsiasi altro genere devono recare la indicazione».

L’onorevole Cianca ha facoltà di svolgerlo.

CIANCA. Credo che sia perfettamente inutile che io spieghi le ragioni che mi hanno indotto a presentare questo emendamento. Il quale tende in sostanza a rendere esplicito ciò che è già implicito.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Moro e Dominedò:

«Al secondo comma, alle parole: del nome del proprietario responsabile, sostituire: del nome del proprietario e del direttore responsabile».

L’onorevole Moro ha facoltà di svolgerlo.

MORO. Credo che sia soltanto un errore di stampa e ritengo che la Commissione potrà chiarire che si tratti di una involontaria omissione.

Piuttosto se il Presidente permette, vorrei dire qualche parola sull’altro emendamento allo stesso articolo del seguente tenore:

«Aggiungere il seguente ultimo comma:

«All’identità delle indicazioni, obbligatorie e non obbligatorie, che contrassegnano gli stampati deve corrispondere identità di contenuto in tutti gli esemplari».

La ragione del mio emendamento aggiuntivo è questa. Si verifica talvolta che degli stampati – per ragioni tecniche prevalentemente, ma con conseguenze che è bene evitare – hanno contenuto diverso sotto uguali indicazioni. Sicché nell’attività di prevenzione e di repressione, di cui ci occuperemo nei successivi articoli, può accadere che uno stampato sia colpito pur essendo di contenuto diverso da quello che è stato preso in considerazione ai fini della prevenzione o repressione o che invece sfugga ad una legittima prevenzione o repressione.

Per il mio emendamento, quindi, si fa obbligo che, quando si verifichino due cambiamenti nel contenuto dello stampato per qualsiasi ragione, vi sia qualche elemento di variazione, per esempio l’indicazione di un’altra edizione, per mettere sull’avviso coloro i quali devono adempiere una qualsiasi attività preventiva o repressiva nei confronti degli stampati in questione. Quindi l’obbligo che, quando vi è identità di indicazione che contrassegna lo stampato, vi sia identità di contenuto e, se questo è diverso, diverso sia il contrassegno dello stampato.

PRESIDENTE. Ricordo che l’onorevole Schiavetti ha già svolto il seguente emendamento:

«Al secondo comma aggiungere il seguente alinea:

«dell’ufficio del registro del notaio, del cancelliere o di altro pubblico ufficiale presso il quale si trovano depositati gli atti relativi alla costituzione della società o dell’impresa avente per scopo la pubblicazione del giornale».

Quale è il parere della Commissione sugli emendamenti?

PERASSI. Per quanto riguarda l’emendamento dell’onorevole Colitto il quale propone di sostituire la parola «pubblicazione» con quella di «stampa», la Commissione ritiene che in fondo questo non sia strettamente necessario: in sostanza risulta già dal sistema della legge che è l’anno della stampa quello che conta.

Il secondo emendamento dell’onorevole Cianca consiste in una precisazione e mi pare che la Commissione non abbia nulla in contrario ad accettarlo.

Per quanto, infine, concerne l’emendamento dell’onorevole Moro, come egli stesso ha fatto rilevare, si tratta di una semplice correzione di un errore di stampa. È evidente che nel testo della Commissione si deve leggere: «nome del proprietario e del direttore responsabile».

L’altro emendamento dell’onorevole Moro riguardante l’identità delle indicazioni sembra superfluo.

UBERTI. Vi sono dei giornali che hanno parecchie edizioni.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Appunto, è superfluo.

PERASSI. Comunque, la Commissione si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. Domando ai presentatori di emendamenti se li mantengano. Onorevole Schiavetti?

SCHIAVETTI. Ritiro il mio emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Colitto, mantiene il suo emendamento?

COLITTO. Dopo i chiarimenti forniti dal Relatore, non insisto.

PRESIDENTE. Onorevole Cianca, mantiene il suo emendamento?

CIANCA. Lo mantengo, essendo anche stato accettato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Moro, mantiene l’emendamento aggiuntivo?

MORO. Lo mantengo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Una sola osservazione. Nei confronti del testo ministeriale, la Commissione ha soppresso al secondo comma l’indicazione «stampata». Io credo invece che tale specificazione debba essere mantenuta, in quanto essa – sebbene possa apparire superflua – è una garanzia in quanto conferisce un certo contenuto di certezza. Se queste indicazioni potessero essere apposte stampigliate, vi sarebbe il pericolo di violazioni.

MOLINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. In seno alla Commissione avevo chiesto la soppressione di questa parola. Ne do ragione. Non tutti i giornali, sono stampati. Ecco perché la parola «stampata» mi era sembrata troppo vincolativa, mentre era implicito che l’indicazione richiesta deve essere scritta con lo stesso mezzo con cui è redatto il giornale.

PRESIDENTE. Onorevole Andreotti, lei insiste?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. No, non è una questione preminente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 3:

«Ogni stampato deve indicare il luogo e l’anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell’editore».

(È approvato).

Pongo in votazione la prima parte del secondo comma nel testo sostitutivo, presentato dall’onorevole Cianca:

«I giornali, le pubblicazioni delle agenzie di informazioni e i periodici di qualsiasi altro genere devono recare l’indicazione».

(È approvato).

Pongo in votazione il primo alinea:

«del luogo e della data della pubblicazione».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo alinea: «del nome e del domicilio dello stampatore».

(È approvato).

Pongo in votazione il terzo alinea con la modificazione proposta dall’onorevole Moro: «del nome del proprietario e del direttore responsabile».

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Dal momento che noi, nello stralcio, non abbiamo compreso l’articolo 16 che limitava la responsabilità al direttore, si torna al testo del Codice penale, secondo il quale cioè, vi può essere un direttore o un redattore responsabile. Al posto quindi delle parole «del direttore responsabile», bisognerebbe mettere «del direttore o del redattore responsabile».

ANDREOTTI, Sottosegretario per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario per la Presidenza del Consiglio. Io penso che si potrebbe parlare semplicemente «del responsabile».

PRESIDENTE. Quale è il parere della Commissione?

CEVOLOTTO. Relatore. Debbo ricordare che vi è anche il proprietario che è responsabile civilmente.

Qui si parla, evidentemente, di responsabilità penale. Ora, secondo il sistema che si avrà dopo che questo progetto di legge sarà stato votato, la responsabilità potrà essere del direttore o di un redattore, perché si torna al sistema del Codice penale. Quindi, è meglio precisare: «del direttore o del redattore responsabile».

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. C’è un mio emendamento all’articolo 5 in cui il problema se debba essere responsabile il direttore o un redattore è affrontato. Mi sembra, quindi, che questa votazione la potremo fare dopo che avremo discusso l’articolo 5. O possiamo anche farla immediatamente, ma allora si intende che sarà determinante anche per l’articolo 5.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Faccio osservare all’onorevole Schiavetti che possiamo anche rinviare la votazione a dopo che avremo discusso l’articolo 5; ma, forse, il suo emendamento all’articolo 5, dopo la eliminazione dell’articolo 16, perde d’importanza, e forse egli stesso non vi insisterà.

Ad ogni modo è giusto: se l’onorevole Schiavetti mantiene il suo emendamento la votazione su questo ultimo comma è bene rinviarla a dopo che avremo discusso l’emendamento stesso.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, rinviamo la votazione su questo ultimo alinea dell’articolo 3.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’emendamento degli onorevoli Moro e Dominedò:

«Aggiungere il seguente ultimo comma:

«All’identità delle indicazioni, obbligatorie e non obbligatorie, che contrassegnano gli stampati deve corrispondere identità di contenuto in tutti gli esemplari».

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Voterò contro questa aggiunta, perché ritengo – per quanto io non sia un giornalista di professione – che essa implichi un impaccio troppo grave per l’editore e il direttore di un giornale, nel quale spesso si fa una piccola variazione all’edizione precedente e in un breve spazio non è possibile mettere tutte le indicazioni diverse che darebbero un’autonomia ad una edizione di per sé stante. Necessariamente la sostituzione di dieci righe, per togliere il bollettino di borsa alla sera e sostituirvi la notizia di un arrivo improvviso, non può implicare un rifacimento di un nuovo contesto, in modo che questo debba risultare anche dalle indicazioni diverse, rispetto alle indicazioni obbligatorie. Temo che sia un impaccio grave. Del resto, qui ci sono dei competenti dal punto di vista tecnico, che possono parlar con maggiore cognizione di causa della mia.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Non mi sembra che le ragioni contrapposte dall’onorevole Fabbri abbiano quel fondamento che egli attribuisce loro, perché oggi i giornali stampano edizioni profondamente diverse le une dalle altre, che tante volte contengono pagine regionali che sono effettivamente un nuovo giornale. Di fronte a questo fatto dichiaro, a nome del Gruppo democristiano, che voteremo per l’emendamento Moro.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. Per tranquillizzare l’onorevole Fabbri dal punto di vista tecnico osservo che qualunque giornale nel mutamento anche rapido delle edizioni, mantiene fissa la parte che riguarda la pubblicità, le indicazioni stabili relative al gerente, alla tipografia ecc. Queste non vengono mai tralasciate. Quindi concordo con quanto detto dall’onorevole Uberti.

PRESIDENTE. Onorevole Andreotti, vuole esprimere il parere del Governo?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Io penso che già l’articolo 30 del progetto ministeriale garantisca abbastanza quello che è necessario garantire per questa norma. Comunque, il Governo si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. Anche la Commissione ha dichiarato di rimettersi all’Assemblea.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Vorrei far notare una conseguenza delle osservazioni fatte dal collega Fabbri: cioè che, nel caso si accetti il suo criterio, il giornale dovrà portare ogni giorno all’ufficio competente un certo numero di copie di ognuna delle sue edizioni.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Mi parrebbe doveroso far osservare come le lievi varianti di cui ha parlato l’onorevole Fabbri non determinino quell’alterazione di contenuto che costituisce l’ipotesi essenziale dell’emendamento aggiuntivo da noi proposto. L’emendamento aggiuntivo ha riguardo a questa diversa ipotesi e a questa diversa realtà: che si alteri il contenuto senza indicazione all’esterno dell’alterazione stessa, senza l’indicazione di una nuova edizione, di un’edizione diversa per la materia contenuta. In conseguenza, con l’esigere che a questa alterazione sostanziale corrispondano nuove indicazioni, si osserva lo spirito della legge e si evita, attraverso le ipotesi fronteggiate dall’emendamento aggiuntivo, che si determinino evasioni alla legge stessa.

Ecco perché noi insistiamo nel nostro emendamento.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Ho domandato la parola per fare una semplice osservazione in questo senso, che la sostanza dell’emendamento Moro ci può trovare consenzienti, ma la forma, se restasse la stessa, darebbe luogo a difficoltà d’interpretazione.

Si dovrebbe rimanere d’accordo che in sede di coordinamento a questo concetto dovrebbe darsi un’espressione diversa, perché la frase «deve corrispondere identità di contenuto» non è molto chiara.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo degli onorevoli Moro e Dominedò, testé letto, avvertendo che la Commissione e il Governo si sono rimessi all’Assemblea.

(Dopo prova e controprova è approvato).

Passiamo all’articolo 5.

Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Ogni giornale o altro periodico deve avere un direttore responsabile.

«Il direttore responsabile deve essere cittadino italiano e possedere gli altri requisiti per l’iscrizione nelle liste elettorali politiche.

«Può essere direttore responsabile anche l’italiano non appartenente allo Stato italiano, e lo straniero residente in Italia se nei loro confronti ricorrono gli altri requisiti per la iscrizione nelle liste elettorali politiche.

«Quando il direttore sia investito di mandato parlamentare, la qualità di responsabile è assunta da chi ne fa le veci.

«Le disposizioni di questa legge concernenti il direttore responsabile si applicano alla persona che assume la responsabilità ai sensi del comma precedente»..

PRESIDENTE. L’onorevole Schiavetti, ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l’articolo 5 col seguente:

«Ogni giornale o altro periodico deve avere un gerente responsabile. Il gerente responsabile deve essere il direttore o uno dei principali redattori ordinari del giornale.

«Il gerente responsabile deve essere cittadino italiano e possedere gli altri requisiti per l’iscrizione nelle liste elettorali politiche.

«Può essere gerente responsabile anche l’italiano non appartenente allo Stato italiano e lo straniero residente in Italia, se nei loro confronti ricorrono gli altri requisiti per la iscrizione nelle liste elettorali politiche.

«I senatori e i deputati non possono essere gerenti responsabili».

Ha facoltà di svolgerlo.

SCHIAVETTI. Il mio emendamento interessa soprattutto i giornali quotidiani perché io ritengo che il direttore, il quale ha prevalentemente nel giornale delle funzioni politiche, non abbia la possibilità pratica di assumere la responsabilità di tutto quello che si stampa nel giornale e soprattutto di quello che si stampa nelle edizioni regionali, che spesso sono numerosissime in un grande quotidiano. Io ricordo che due mesi fa, se non sbaglio (non ricordo esattamente la data), il Popolo è stato condannato per diffamazione per una corrispondenza dalla provincia. Probabilmente, se la responsabilità invece che essere del direttore fosse stata di un redattore ordinario, che avesse avuto il compito di vagliare meglio le corrispondenze provenienti dalla provincia, il Popolo avrebbe evitato questo infortunio o sarebbe stato in condizioni più favorevoli per evitarlo.

Per questo, io credo che non si debba imporre questa responsabilità al direttore ma si debba invece concedere la facoltà di scegliere, per la gerenza, fra il direttore e uno dei redattori ordinari principali.

Qualcuno ha fatto notare che in questo modo si potrebbe tornare al vecchio sistema della gerenza, in quanto qualche giornale potrebbe affidare la gerenza ad un redattore di poca importanza. C’è intanto una difficoltà nella stessa organizzazione dei giornalisti per questa specie di evasione dalla legge, perché i giornalisti sono organizzati in sindacati e per molti di questi casi sarebbe facile stabilire che il gerente responsabile non appartiene al corpo politico del giornale ma al sindacato dei cronisti, dei giornalisti sportivi, ecc.

In ogni caso (come è stato detto dalla Commissione) quel che stiamo facendo ha il valore di una prova, perché spetterà alle prossime Camere di formulare un progetto di legge definitivo sulla stampa e allora si terrà conto delle prove che avremo fatte nel frattempo.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Guerrieri Filippo e Arcaini hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il quarto comma col seguente:

«Quando il direttore sia investito del mandato parlamentare, deve essere nominato un vicedirettore che assuma la qualità di responsabile».

L’onorevole Guerrieri ha facoltà di svolgerlo.

GUERRIERI FILIPPO. La norma di cui all’articolo 5 del testo della Commissione al comma quarto, prevede l’eventualità che il direttore sia investito del mandato parlamentare nel qual caso la qualità di responsabile dovrebbe essere assunta da chi ne fa le veci; senonché la Commissione non ha tenuto conto che la stessa situazione potrebbe verificarsi e ripetersi anche per colui che ne fa le veci e, sempre in ipotesi, pure nei confronti dei principali redattori ordinari ai quali si riferisce il testo del progetto governativo. Ora, data la necessità che vi sia tra gli elementi direttivi del giornale o di altro periodico un responsabile reale e non fittizio e facilmente individuabile e raggiungibile e ritenuto nel contempo che l’assunzione di tale responsabilità è in diretto rapporto col mandato parlamentare che la esclude, pare a me evidente l’opportunità di stabilire l’obbligo della nomina di un vicedirettore non investito del mandato in oggetto, ogni qualvolta ne sia invece investito il direttore. In tale modo sarà eliminato ogni dubbio e le responsabilità facilmente e sicuramente accertate senza possibilità di evasione. A questo mira l’emendamento da me proposto all’approvazione dell’Assemblea.

MANZINI. Io ritengo molto pericoloso l’emendamento che, pur con ottime intenzioni, propone l’onorevole Schiavetti, perché lo ritengo contrario al principio di responsabilità che noi abbiamo affermato e che deve essere anzi il cardine della legge. Se noi ammettiamo il principio di un gerente responsabile, che già nella stessa dizione richiama la figura tipica di «capro espiatorio», del gerente dei tempi arcaici, troppo facile è pervenire ad addossare una responsabilità ad una persona qualsiasi. Ora la difficoltà reale che esiste per questo adempimento di un mandato di responsabilità è quella che ha accennato l’onorevole Schiavetti: e cioè che il direttore non può seguire minuziosamente tutto, nel complesso giornalistico dei. tempi moderni. Ma questo è un fenomeno di organizzazione, perché, quando il direttore adempie al proprio compito ed è presente in sede, ha i suoi redattori, i suoi esecutori e i suoi uffici che devono funzionare e che gli segnalano automaticamente tutte le questioni dubbie; cioè mentre un redattore di provincia lascerà passare la notizia di un furto di polli, tuttavia andrà dal direttore quando c’è una notizia dubbia, una critica, una accusa ed il direttore deciderà.

Unico caso che si può presentare – siccome tutti i giornali hanno sostanza politica ed è il direttore che deve giudicare con l’ausilio di un redattore responsabile – unico caso che possiamo accogliere come fondamentale è appunto quello del mandato parlamentare, in quanto ci troviamo di fronte a particolari immunità. Credo quindi, che la formulazione presentata dal testo della Commissione sia molto esauriente, perché stabilisce che, nel caso in cui il direttore abbia mandato parlamentare, si deve nominare un vicedirettore responsabile; se anche il vicedirettore fosse deputato o senatore dovrebbe esservi un redattore capo responsabile. Ma così facendo delimitiamo la figura dei responsabili e riaffermiamo il concetto di questo primato di responsabilità.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Desidero dire che poco comprendo la formulazione dell’emendamento dell’onorevole Schiavetti, perché esso dice: «Ogni giornale o altro periodico deve avere un gerente responsabile». Poi soggiunge: «Il gerente responsabile deve essere il direttore o uno dei principali redattori ordinari del giornale».

È in certo senso una tautologia, poiché sono sicuro che l’onorevole Schiavetti non vorrà fare risorgere la figura del gerente dei vecchi tempi. In che cosa, dunque, il testo dello onorevole Schiavetti si allontana da quello della Commissione? Nel dire che oltre il direttore, può essere responsabile un redattore.

L’onorevole Schiavetti lo qualifica come uno dei principali redattori ordinari. Ha aggiunto che, evidentemente, non può trattarsi del redattore sportivo o dell’ultimo cronista. Però, se noi guardiamo la situazione obiettiva della stampa, vediamo che molto facilmente, sotto la qualifica di redattore responsabile, è in fatto responsabile qualcuno che non ha nessuna responsabilità politica del giornale e che viene scelto nell’ambito redazionale con funzioni molto diverse, secondo quelle che possono essere le circostanze e le situazioni particolari di vari giornali.

Io sono decisamente in favore della responsabilità del direttore o di chi ne fa immediatamente le veci, nel caso in cui il direttore sia investito del mandato parlamentare, proprio perché vedo la figura del direttore del giornale come la figura del capitano di una nave.

È lui che è responsabile.

Si dice che il direttore non ha il tempo di vedere tutto e non può essere al corrente dei minimi particolari: del carro rovesciato, del ladro di polli, ecc.

Siamo d’accordo. Nemmeno il capitano di una nave, nemmeno il direttore di una banca può sapere quello che succede ad ogni sportello o nella cambusa della nave. È responsabile, in quanto appunto esercita una funzione direttiva, ed egli ha il compito di circondarsi di collaboratori e di persone che lo possano coadiuvare. Ciò che non vorrei veder capitare (e so che questo non è nelle intenzioni dell’onorevole Schiavetti) è che, proprio attraverso questa formulazione, rispunti la vecchia testa di turco del gerente responsabile, che non ha la possibilità di controllare quello che succede nel giornale e che arriva nei processi a dire: io non so niente, io non c’ero, io mi rimetto.

Bisogna che noi trasferiamo la responsabilità precisa al direttore, proprio per il fatto medesimo che accetta quelle funzioni. Sono quindi contrario, e me ne dispiace, all’emendamento dell’onorevole Schiavetti.

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:

«Al terzo comma, alle parole: se nei loro confronti ricorrono, sostituire: se posseggono».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. È un emendamento di pura forma, dettato dal desiderio che si usino in una legge sempre le stesse parole e le stesse frasi per esprimere gli stessi concetti.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. Sulla questione posta dall’emendamento Schiavetti occorre essere chiari e precisi. Il Codice penale, all’articolo 57, reca:

«Per i reati commessi col mezzo della stampa si osservano le disposizioni seguenti: 1°) qualora si tratti di stampa periodica, chi riveste la qualità di direttore o di redattore responsabile risponde, per ciò solo, del reato commesso, salvo la responsabilità dell’autore della pubblicazione».

La questione era già stata sollevata nel suo discorso dall’onorevole Bettiol, il quale tuttavia ha consentito a riservarla alla Commissione che dovrà riformare il Codice penale. Quindi, la questione della responsabilità obiettiva del direttore o del redattore non entra in discussione in questo momento. La Commissione giornalistica, che ha redatto il primo progetto, seguita in questa via sia dal Governo, sia dalla Commissione parlamentare, ha ritenuto di dover modificare, restringere, la portata dell’articolo 57, e cioè di addossare la responsabilità in genere, quindi la responsabilità penale in specie, al solo direttore, non ammettendo che questa possa essere attribuita anche ad un redattore. La ragione è chiara, proprio per quello che ha detto l’onorevole Schiavetti, quando si è riferito al caso che un direttore non possa seguire tutte le pubblicazioni, tutte le varie edizioni di un giornale. Se questo non può fare il direttore, e cioè se in certi casi la responsabilità obiettiva al direttore è gravosa, diventa addirittura ingiusta se la si trasferisce ad un redattore, perché il redattore, principale o non principale (e molte volte potrebbe essere chiamato alla responsabilità, sotto l’aspetto di redattore principale, un redattore che non è affatto principale), non ha in genere la piena disponibilità del giornale. È quindi un individuo che deve rispondere penalmente, senza avere il mezzo molte volte di impedire che, per esempio, il reato di diffamazione si compia; perché non può far togliere un determinato pezzo e non ha neanche la facoltà, molte volte, di controllare tutto il giornale; mentre il direttore, o direttamente o a mezzo dei suoi dipendenti, ha, almeno in quanto esercita le funzioni direttoriali, il mezzo di controllare il giornale, e quindi può assumere più equamente la responsabilità. Per questo la Commissione dei giornalisti ed il Governo hanno ristretto soltanto al direttore la responsabilità in genere e quella penale in ispecie.

La Commissione rimane in questo ordine di idee. Reputa pericoloso ammettere che la responsabilità del direttore possa essere trasferita ad altri.

Per quanto si riferisce all’emendamento Colitto, che è di pura forma, lo trova ragionevole e l’accetta.

L’altro emendamento, relativo ai direttori che abbiano mandato parlamentare, poiché risponde al concetto della Commissione è anche accettato. Accettiamo, cioè, che il direttore investito del mandato parlamentare possa trasferire la responsabilità ad un vice-direttore.

PRESIDENTE. Prego il Governo di esprimere il suo parere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il principio affermato sia dal testo ministeriale che da quello della Commissione rappresenta una delle novità più propizie, mi pare, di questo testo di legge, e corrisponde a quanto si augurava l’onorevole Manzini l’altro giorno, quando parlava della figura e del prestigio del direttore; esso, se può portare inconvenienti del tipo di quelli ricordati dall’onorevole Schiavetti, e cioè che il direttore possa trovarsi imputato per un malinteso, una svista o errore di un cronista di provincia, ha tuttavia il notevole lato positivo di aumentare la vigilanza a che non si commettano inesattezze: perché si sa che, cadendo le conseguenze di esse sul direttore, questi potrebbe far ricadere determinate altre conseguenze – nei casi più gravi anche il licenziamento – su chi è di fatto responsabile.

GIANNINI. Questo è un sogno, onorevole Andreotti.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Un sogno, ma rappresenta una garanzia. Il direttore potrebbe imporsi, se ha questa preoccupazione, molto di più.

GIANNINI. Non ha il tempo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Sceglierà persone di sua fiducia.

Osservo poi che, rispetto al progetto governativo, la Commissione ha creduto di dover estendere la possibilità di essere direttore responsabile anche allo straniero residente in Italia. Richiamo l’Assemblea Costituente su questa modificazione, che può avere conseguenze: perché lo straniero può non essere soggetto a tutte quelle eventuali responsabilità che normalmente ricadono sul cittadino.

Quanto alla formulazione, il testo ministeriale aveva usato l’espressione: «l’italiano che non appartiene alla Repubblica». La Commissione propone: «non appartenente allo Stato italiano». La dizione del disegno governativo era l’aggiornamento della voce «regnicolo», ed è conforme alla dizione usata nella Costituzione all’articolo 51. Comunque, si tratta di pura forma, su cui non vale insistere.

Per le altre osservazioni sono d’accordo con la Commissione.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Mi associo completamente alle considerazioni del Presidente della Commissione e dell’onorevole Andreotti. È verissimo: con questa disposizione noi diamo una grave responsabilità al direttore del giornale. Ma noi ne daremmo una più grave, senza conferirgli uguale autorità, ad un redattore che fosse qualificato responsabile. Indubbiamente, con questa legge noi garantiamo alla stampa, con la maggiore libertà, anche la possibilità di svolgere un’azione più ampia nella vita politica del Paese. Quindi, è giusto che chi è alla testa di un’azienda giornalistica ne assuma la responsabilità e ne corra i rischi. D’altra parte, il direttore di un giornale in Italia farà un po’ come fanno i direttori dei giornali inglesi, i quali stampano i loro giornali sotto la preoccupazione del bill sulla stampa, che è molto più grave della legge penale italiana. Il direttore organizzerà il suo giornale con controlli vigili per non andare incontro alla responsabilità penale, che con questa legge viene ad assumere. Noi con questa legge diamo alla stampa libertà e influenza maggiori, è giusto che anche il cittadino sia maggiormente garantito dalla diffamazione, che può avvenire a mezzo di essa, e delle offese alla sua dignità. (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Schiavetti, insiste nel suo emendamento?

SCHIAVETTI. Insisto.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Aderisco all’emendamento Guerrieri Filippo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’emendamento proposto dall’onorevole. Schiavetti:

«Ogni giornale o altro periodico deve avere un gerente responsabile. Il gerente responsabile deve essere il direttore o uno dei principali redattori ordinari del giornale».

(Non è approvato).

Decade, pertanto, tutto il resto dell’emendamento. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 5:

«Ogni giornale o altro periodico deve avere un direttore responsabile».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Pongo in votazione il secondo comma:

«Il direttore responsabile deve essere cittadino italiano e possedere gli altri requisiti per l’iscrizione nelle liste elettorali politiche».

(È approvato).

Passiamo alla votazione del terzo comma con la modifica, proposta dall’onorevole Colitto ed accettata dalla Commissione e dal Governo, di sostituire alle parole «se nei loro confronti ricorrono» le altre «se posseggono».

UBERTI. Chiedo che si voti per divisione, e per prima, fino alle parole «non appartenente allo Stato italiano».

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Propongo di sostituire alle parole «allo Stato italiano» le parole «alla Repubblica».

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione per divisione, tenendo conto della proposta fatta dall’onorevole Relatore. Pongo in votazione la prima parte del terzo comma:

«Può essere direttore responsabile anche l’italiano non appartenente alla Repubblica».

(È approvata).

Pongo in votazione le parole:

«e lo straniero residente in Italia».

(Dopo prova e controprova, non sono approvate).

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Forse converrebbe che l’ultima parte del terzo comma sia votata nel testo ministeriale:

«a condizione che sia maggiore di età e che nei suoi confronti non ricorra alcuna delle condizioni da cui deriverebbe la esclusione dalle liste elettorali politiche».

Sarebbe meglio usare la forma negativa anziché quella positiva, perché l’espressione mi pare più semplice.

PRESIDENTE. Chiedo il parere della Commissione su questa proposta.

CEVOLOTTO, Relatore. I membri della Commissione hanno preferito la formula positiva a quella negativa, ma naturalmente esse si equivalgono, in sostanza.

La Commissione mantiene la sua formulazione.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Dichiaro di aderire al testo della Commissione e di ritirare pertanto la mia proposta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la restante parte del terzo comma nella formula della Commissione, con l’emendamento Colitto:

«se possiede gli altri requisiti per l’iscrizione nelle liste elettorali politiche».

(Sono approvate).

Pongo in votazione il quarto comma, nel testo dell’emendamento Guerrieri:

«Quando il direttore sia investito del mandato parlamentare, deve essere nominato un vice-direttore, che assuma la qualità di responsabile».

La Commissione e il Governo si sono dichiarati favorevoli a questo emendamento.

(È approvato).

Pongo in votazione l’ultimo comma:

«Le disposizioni di questa legge concernenti il direttore responsabile si applicano alla persona che assume la responsabilità ai sensi del comma precedente».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 6. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Proprietario.

«Per poter pubblicare un giornale o altro periodico il proprietario, se cittadino italiano residente in Italia, deve avere i requisiti per la iscrizione nelle liste elettorali politiche.

«Se il proprietario è cittadino italiano residente all’estero o cittadino straniero, nei suoi confronti non deve ricorrere alcuna delle condizioni da cui deriverebbe la esclusione dalle liste elettorali politiche.

«Se si tratta di minore o di persona giuridica, i requisiti indicati nei commi precedenti debbono essere posseduti dal legale rappresentante.

«I requisiti medesimi debbono essere posseduti anche dalla persona che esercita l’impresa giornalistica, se essa è diversa dal proprietario».

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto ha presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, alle parole: deve avere, sostituire: deve possedere».

«Al secondo comma, alle parole: nei suoi confronti non deve ricorrere alcuna delle condizioni da cui deriverebbe la esclusione dalle, sostituire: deve possedere gli altri requisiti per la iscrizione nelle».

Ha facoltà di svolgerli.

COLITTO. Li mantengo e rinuncio a svolgerli.

PRESIDENTE. Prego il Relatore di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione accetta gli emendamenti Colitto.

PRESIDENTE. E il Governo?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il Governo si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. Allora, pongo in votazione il primo comma dell’articolo 6, con l’emendamento Colitto:

«Per poter pubblicare un giornale o altro periodico il proprietario, se cittadino italiano residente in Italia, deve possedere i requisiti per l’iscrizione nelle liste elettorali politiche».

(È approvato).

Pongo ora in votazione il secondo comma che, con l’emendamento Colitto, risulta così modificato:

«Se il proprietario è cittadino italiano residente all’estero o cittadino straniero, deve possedere gli altri requisiti per la iscrizione nelle liste elettorali politiche».

(È approvato).

Pongo in votazione il terzo comma:

«Se si tratta di minore o di persona giuridica, i requisiti indicati nei commi precedenti debbono essere posseduti dal legale rappresentante».

(È approvato).

Pongo in votazione il quarto comma:

«I requisiti medesimi debbono essere posseduti anche dalla persona che esercita l’impresa giornalistica, se essa è diversa dal proprietario».

(È approvato).

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Abbiamo ammesso che possa essere proprietario del giornale un cittadino straniero, mentre abbiamo escluso che possa essere direttore. Formalmente non vi è una assoluta contraddizione; sostanzialmente un po’ di contraddizione c’è, perché forse è più grave ammettere che lo straniero possa essere proprietario di un giornale che non direttore di esso. Il direttore è sottoposto ad una vigilanza continua dell’opinione pubblica, e alla vigilanza della legge. Il proprietario può esercitare la sua azione stando fra le quinte, o stando anche all’estero.

Ora, il divieto che abbiamo approvato, forse un po’ affrettatamente, per lo straniero di essere direttore, è grave per le ripercussioni che può avere per gli italiani che sono all’estero; perché qualche nazione potrebbe anche avvalersi di questa legge, per escludere a sua volta gli italiani dalla direzione dei giornali. E non ho bisogno di ricordare a voi che, ad esempio, a New York è stato direttore, per molto tempo, di un giornale importantissimo un italiano, che è stato anche deputato: Falbo; e a Buenos Aires vi sono sempre stati giornali italiani diretti da italiani. L’Assemblea, credo, un po’ affrettatamente è passata su questo punto.

Ora, siccome sostanzialmente una certa contraddizione c’è, io vorrei domandare al Presidente se non si potesse, in considerazione di questa contraddizione sostanziale, rivedere la decisione sull’articolo precedente.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI Sottosegretario di Stato per la Presidenza Consiglio. A me pare che si tratti di casi profondamente diversi, perché, affermando che il direttore responsabile, secondo quel preciso concetto di responsabilità che è stato affermato da noi oggi, debba essere italiano, mi pare che non si violi l’aspettativa di tutti gli stranieri di vedere qui riconosciuti i più ampi diritti; mentre, se introducessimo il divieto anche per la proprietà, noi verremmo ad effettuare un vero attentato alla libertà della stampa.

Comunque, riguardo alla richiesta fatta dall’onorevole Cevolotto, qualora non ostino delle preclusive ragioni di carattere procedurale, io credo che si potrebbe accedere all’idea di discutere, per accertare se è stata una votazione cosciente ovvero se ci sono motivi che fanno riflettere qualcuno e tali da determinare un voto diverso. Spetta comunque alla Presidenza di stabilire se ciò è possibile.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIBERTI. Osservo su questa questione della direzione di un giornale, che, se essa riguardasse i periodici tecnici, scientifici ecc, la soluzione sarebbe diversa, ma per un giornale politico la cosa è più delicata, in quanto si tratta di impedire che un direttore straniero possa influire attraverso una attività giornalistica nelle cose politiche del nostro Stato. Diversa è anche la questione in quelle nazioni formate da vari complessi etnici, come avviene per le Americhe, dove, per esempio, gli emigrati italiani possono fare dei giornali per gli italiani, perché questi colà sono una notevole parte di popolazione; mentre invece in Italia, nella situazione del nostro Stato, nel quale non vi sono minoranze straniere, è estremamente pericoloso che gli stranieri possano assumere la direzione di giornali politici. Quindi noi invitiamo a tenere ferma la deliberazione presa.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Poiché si è aperta la discussione a questo riguardo e poiché ritengo che l’Assemblea Costituente vorrà ben ponderare prima di prendere una decisione definitiva, mi sembra opportuno insistere sulle osservazioni fatte già in modo così preciso dall’onorevole Cevolotto; e cioè occorre pensare alla importanza di questa questione non soltanto da un punto di vista interno, ma anche dal punto di vista della situazione degli italiani all’estero.

È evidente che molti paesi potrebbero sottoporre a condizioni di reciprocità l’ammissione degli italiani alla direzione dei giornali. Se si stabilisce nella nostra legge che la cittadinanza è un requisito necessario per essere direttore, è evidente che noi esponiamo gli italiani all’estero al pericolo di non poter pubblicare i giornali sotto la loro direzione. Ma c’è un’altra osservazione da fare (e mi riferisco specialmente a quanto ha detto l’onorevole Uberti): l’articolo di cui si parla non concerne soltanto i quotidiani politici, né solo i giornali politici: si riferisce a qualsiasi periodico, compresi, quindi, anche i periodici scientifici e le riviste.

Ora, nel nostro diritto, non è escluso che vi siano dei professori universitari, che non siano cittadini italiani. Può avvenire che qualche professore universitario, specialmente di certe materie tecniche, abbia a pubblicare una rivista scientifica. Perché vogliamo impedire questo, esigendo la condizione della cittadinanza?

Vi è ancora un’altra osservazione da fare nei riguardi dello straniero: quando sia il caso, può intervenire un provvedimento che non si può prendere nei riguardi di un cittadino, quello della espulsione.

Per queste diverse considerazioni, soprattutto la prima, e tenuto conto anche delle garanzie che risultano dalle leggi vigenti, mi parrebbe opportuno che l’Assemblea Costituente tornasse sull’argomento.

Per superare l’obiezione formale che una votazione c’è stata, proporrei di dire che sia ammesso ad assumere la direzione e la responsabilità di un periodico lo straniero residente in Italia da 5 anni. È una formula che permetterebbe di superare anche l’obiezione di ripetere la votazione su una cosa già decisa. La residenza di 5 anni sarebbe una nuova garanzia, con la quale sembra che potrebbero cadere le preoccupazioni che si oppongono. (Commenti).

PRESIDENTE. La questione proposta può essere risolta in base all’articolo 96 del Regolamento, che dice:

«Prima che il progetto di legge sia votato a scrutinio segreto, la Commissione o un Ministro potrà richiamare l’attenzione della Camera sopra le correzioni di forma che esso richieda, nonché sopra quegli emendamenti già approvati che sembrino inconciliabili con lo scopo della legge o con alcune delle sue disposizioni, e proporre le mutazioni che gli paiano opportune. La Camera, sentito l’autore dell’emendamento o un altro in sua vece, un membro della Commissione e il ministro, delibera».

Noi abbiamo delibato la questione. Opportunamente l’Assemblea ha discusso a fondo, ma la decisione deve essere rimandata al momento che precede la votazione a scrutinio segreto.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Ora, prego l’Assemblea di tornare all’articolo 3, del quale abbiamo lasciato in sospeso – su proposta dell’onorevole Schiavetti – la deliberazione sull’ultimo alinea.

L’ultimo alinea dell’articolo 3 dice che i giornali e gli altri periodici devono portare l’indicazione «del nome del proprietario responsabile».

CEVOLOTTO, Relatore. Propongo la seguente formula: «del nome del proprietario e del direttore o vice-direttore responsabile».

PRESIDENTE. Chiedo il parere del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Sono d’accordo.

PRESIDENTE. Pongo pertanto in votazione la formula proposta.

(È approvata).

Risulta così approvato l’intero articolo 3. Passiamo all’articolo 7.

Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Registrazione.

«Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi.

«Per la registrazione occorre che siano depositati nella cancelleria:

«1°) una dichiarazione, con le firme autenticate del proprietario e del direttore responsabile, dalla quale risultino il nome e il domicilio di essi e della persona che esercita l’impresa giornalistica, se questa è diversa dal proprietario, nonché il titolo e la natura della pubblicazione;

«2°) i documenti comprovanti il possesso dei requisiti indicati negli articoli 5 e 6;

«3°) copia dell’atto di costituzione o dello statuto, se proprietario è una persona giuridica.

«Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, verificata la sussistenza dei requisiti prescritti, ordina, entro 15 giorni, l’iscrizione del giornale o periodico in apposito registro tenuto dalla cancelleria.

«Il registro è pubblico».

PRESIDENTE, A questo articolo l’onorevole Schiavetti ha presentato i seguenti due emendamenti, già svolti:

«Inserire fra il n. 2°) e il n. 1°) del secondo comma il numero seguente:

«2°-bis) un documento attestante l’iscrizione del gerente responsabile nell’albo professionale dei giornalisti».

«Sostituire il penultimo comma col seguente:

«Il cancelliere, constatata la regolarità dei documenti prodotti, ne prende atto in apposito registro e ne rilascia ricevuta, attestando l’avvenuta registrazione».

Prego l’onorevole Relatore di volere esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. Si tratta di una delle questioni più delicate e più importanti di questo stralcio del disegno di legge. La questione sulla quale la federazione della stampa italiana ha più insistito, ritenendola veramente fondamentale, essenziale, è quella che il direttore del giornale debba essere iscritto nell’albo professionale.

Ora, a parte il merito, su cui naturalmente le opinioni possono discordare, è manifesto che vi è una forte corrente anche nell’opinione pubblica e nei partiti politici, che giustifica l’aspirazione dei giornalisti al professionismo, se fosse stabilita in una forma legislativa precisa. Si tratta di riservare ai professionisti la direzione dei giornali, escludendo chi non eserciti esclusivamente e professionalmente il giornalismo. Ora, a questa aspirazione della classe giornalistica, la Commissione, pur non prendendo posizione su questo punto, non è stata in realtà contraria. Non vi è stata una vera opposizione a questo punto di vista, che pure va meditato e discusso, sebbene parecchi Commissari abbiano espresso riserve: alcuni hanno osservato che questo, in un certo senso, potrebbe sembrare una limitazione della libertà del giornalismo; altri hanno fatto altre osservazioni. Per esempio, il rappresentante nella Commissione del Gruppo comunista, onorevole Molinelli, ha portato una considerazione che ha la sua importanza, cioè egli ha detto: «Ma voi allora volete impedire ad un anarchico individualista, che non si iscriverà mai all’albo dei giornalisti, di pubblicare un suo giornale e di esserne il direttore».

Ma, a parte queste considerazioni, che meriterebbero un esame approfondito, la ragione per cui non abbiamo messo nel testo la condizione dell’iscrizione all’albo è una altra, ed è una ragione formale. Secondo noi, l’attuale disciplina della tenuta dell’albo dei giornalisti non è definitiva e non è tale da consentire, che in questo momento si possa adottare una formula di questo genere. Infatti l’albo dei giornalisti, che è stato creato dal regio decreto 26 febbraio 1928, n. 384, è ora regolato dal decreto legislativo 23 ottobre 1944, n. 302. Ma questo decreto-legge, che è brevissimo, dà evidentemente una regolamentazione temporanea, transitoria, alla tenuta dell’albo. E non si capisce bene se sostituisca la legge del 1928 oppure se semplicemente introduca delle modificazioni a questa legge. Io credo che la sostituisca piuttosto che la modifichi; e ciò per una ragione essenziale, e cioè che, se la legge del 1928 non fosse stata sostituita, per tutto quanto riguarda la tenuta dell’albo, da questo decreto, e fosse ancora in vita, allora molto probabilmente la questione che noi facciamo non avrebbe ragione di essere, in quanto l’articolo 19 della legge del 1928 dice: «Il direttore o redattore responsabile di un giornale quotidiano deve essere iscritto nell’elenco dei professionisti». Il decreto-legge del 1928 ha avuto efficacia anche quando vigeva l’editto albertino, che non metteva alcun limite alla qualità di direttore del giornale, e potrebbe avere efficacia anche adesso, fino a che la nuova legge non la abrogasse o non si mettesse in contraddizione con essa.

Ora, siccome il chiedere altri requisiti non è mettersi in contraddizione con la legge che stabilisce questa norma, questa norma potrebbe avere ancora vigore. E avrebbe vigore anche dopo che noi avessimo votato il nostro stralcio. Viceversa non ha vigore neanche oggi, perché neppure in questo momento si richiede, per l’assunzione della direzione di un giornale, l’iscrizione nell’albo dei giornalisti, secondo il testo dell’articolo 19 della legge del 1928.

Ciò dimostra che il testo del 1928 si reputa, anche per questa norma, abrogato dal decreto luogotenenziale del 1944.

Ad ogni modo il decreto luogotenenziale del 1944 stabiliva che, fino a quando non saranno emanate le nuove norme, la tenuta dell’albo dei giornalisti è affidata ad un’unica commissione sedente in Roma e composta di non meno di 12 e non più di 15 membri nominati dal Ministro di grazia e giustizia, sentita anche la federazione della stampa italiana.

Tutto è dunque affidato a questa commissione unica.

Si tratta evidentemente di una regolamentazione provvisoria, in attesa della legge sull’albo dei giornalisti, che è in elaborazione e che deve dare definitivo assestamento a questa materia e stabilire le norme del professionismo giornalistico, in modo da dare delle garanzie assolute ai giornalisti stessi, di tutte le parti politiche, di tutte le provenienze, per la loro iscrizione e per la loro cancellazione. Ora queste garanzie, se nella disposizione transitoria sono tutelate dalla serietà di questa commissione nominata dal Ministero e dalla federazione, non sono comprese in una struttura organica di legge professionale.

Ho ricordato l’altro giorno a questo proposito che l’articolo 5 del decreto-legge del 1928 stabilisce che in nessun caso possono essere iscritti all’albo dei giornalisti, e qualora vi si trovino iscritti devono essere cancellati, coloro che avranno svolta un’attività in contraddizione con gli interessi della Nazione.

In una formula di questo genere ben si vede che cosa si può far entrare. Noi non vogliamo certamente mostrarci contrari alle aspirazioni dei giornalisti di avere una regolamentazione professionale seria, e di avere il riconoscimento della loro professionalità; ma piuttosto che adottare la formula dell’onorevole Schiavetti, che non mi pare sia opportuna in questo momento (perché noi dobbiamo pensare alla regolamentazione professionale che verrà dalla futura legge, mentre oggi abbiamo solo norme di origine fascista e questi articoli stralciati, che sono provvisori) credo che si potrebbe tornare a quella formula che aveva adottato la Commissione giornalistica che ha elaborato il primo schema di questa legge, e cioè la seguente: «ogni altro documento che venga richiesto da successive leggi relative alla professione giornalistica».

È una formula un po’ di transazione e di transizione, ma mi pare risponda al momento. Penso che la formula Schiavetti sia prematura e pericolosa, mentre invece questa formula lascia aperta la via alle legittime aspirazioni dei giornalisti, con le dovute necessarie cautele.

MANZINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. Mi associo all’emendamento dell’onorevole Schiavetti e prego gli onorevoli colleghi e il Governo di fare particolarmente attenzione alla delicatezza della decisione che stiamo per prendere.

La questione dell’albo professionale è una questione fondamentale per i giornalisti italiani. Noi ci troviamo di fronte ad un ordinamento che pone l’attività del giornalismo su un piano di dignità, di selezione e di responsabilità morale e politica, e dà all’attività giornalistica le assolute garanzie nel campo economico e sindacale.

Ora, se è vero – come ha detto l’onorevole Cevolotto – che la legislazione sull’albo possa anche subire delle modifiche, però è altrettanto vero che la disciplina dell’albo giornalistico è stata confermata sia da un decreto luogotenenziale, sia da una solenne deliberazione dei giornalisti dopo il congresso di Napoli. L’attività professionale giornalistica è oggi regolamentata in Italia dall’albo, il quale è stato ricostituito e per cui sono state emanate anche di recente norme specifiche che hanno facilitato l’iscrizione all’albo di tutti quei professionisti che ne erano degni, sia per avere fatto del giornalismo in periodo clandestino, sia per requisiti di carattere culturale e morale.

Ora, se noi non sottolineassimo in questa legge la esistenza dell’albo, verremmo ad ammettere il principio che il giornalismo possa essere esercitato in Italia anche prescindendo dall’iscrizione all’albo, e le conseguenze sarebbero gravissime. Per portare un esempio, le norme sul contratto collettivo per i giornalisti verrebbe a cadere. (Commenti).

A proposito della tesi sostenuta dell’onorevole Cevolotto il quale afferma che oggi siamo di fronte ad una legislazione provvisoria, altrettanto dobbiamo dire di questa legge dal momento che abbiamo deciso che la legge sulla stampa non è legge costituzionale, ma, attraverso lo stralcio, diventa una codificazione transitoria – che ci consente di fare domani tutte quelle modifiche che si ritengano opportune e necessarie. Quindi, se per ipotesi la Camera di domani volesse sancire che l’esercizio del giornalismo non deve avere nessuna tutela e garanzia, allora si sarà in tempo a modificare questa legge.

A conferma di questo mio giudizio aggiungo, a tranquillità dei colleghi che hanno questa preoccupazione, che l’albo non rappresenta nessuna limitazione all’attività di pensiero. Oggi, sui giornali possono scrivere tanti, sia attraverso la categoria dei pubblicisti, sia uomini votati ad un’attività politica militante, a qualsiasi ceto appartengano. L’albo è semplicemente la codificazione che l’attività professionale giornalistica continua deve essere svolta soltanto da professionisti che diano quelle particolari garanzie di moralità, di competenza e di responsabilità.

Quindi mi associo all’emendamento dell’onorevole Schiavetti e credo che sia importante che il Governo accolga quello che non è soltanto il voto dei deputati giornalisti ma di tutta l’organizzazione dei giornalisti italiani, i quali, attraverso un ordine del giorno, hanno fatto voti perché l’Assemblea Costituente venga incontro a questo desiderio di una classe benemerita per la sua attività, anche dal punto di vista politico.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Credo che pochi sappiano veramente che cosa sia la professione del giornalista e che moltissimi ne abbiano quella nozione piuttosto vaga che ha il pubblico in genere, cioè che la professione del giornalista non è una vera professione, che tutti la sanno fare, che tutti sanno scrivere nei giornali e che in teoria tutti potrebbero scrivere nei giornali meglio dei giornalisti professionisti.

Questa è l’opinione che temo prevalga anche in questa Assemblea, mentre nessuno pensa che per fare il medico tutti saprebbero farlo meglio dei laureati in medicina. Io penso che chi ha conoscenza della professione del giornalista – e non soltanto noi giornalisti – non possa non essere a favore dell’albo e non dare all’albo questo valore preciso. So benissimo che si possono fare delle obiezioni, per esempio quella che è stata fatta dal collega Molinelli sui giornalisti anarchici.

MOLINELLI. Non soltanto questi.

TREVES. Ma quando uno arriva a queste posizioni spirituali estreme, allora anche il medico anarchico può rifiutarsi di fare il medico perché non è iscritto nell’albo dei medici. Non mi sembra che sia una obiezione tale da infirmare il principio generale. Penso quindi che quando si tratta del direttore del giornale, cioè effettivamente della persona che è responsabile di tutto l’andamento del giornale, della persona cui abbiamo dato con questa legge precise responsabilità morali e penali, non possa essere che un giornalista professionista che sappia, non solo tecnicamente, quella che è la professione, e ne senta anche il valore morale.

E come si stabilisce chi è giornalista professionista, cioè colui che ha questa cognizione tecnica e morale del giornalismo, se non attraverso l’albo? Mi rendo conto delle difficoltà attuali e dei dubbi dell’onorevole Cevolotto. Ho dei dubbi anch’io in questo momento. Oggi, effettivamente, l’albo non è quello che noi giornalisti ci auguriamo che sia: quello che dia quella disciplina e quel valore specifico alla nostra professione. Tuttavia, anche se questa legge è una legge che durerà quello che durerà e che il prossimo Parlamento può modificare, non sappiamo in realtà quanto tempo possa durare. Potrà durare parecchio tempo, e noi lo speriamo, e mi sembra un pericolo se non regoliamo la posizione del direttore responsabile.

Tutto sommato, pur rendendomi conto delle difficoltà, penso che sia meno pericoloso, proprio per la dignità del giornalismo e quindi anche per la libertà di tutti i cittadini, di non abbandonare questa posizione di responsabilità non solo per il giornalista, ma proprio la responsabilità verso tutto il pubblico, nelle mani di coloro che possono non avere (pur essendo degnissime persone) quella speciale sensibilità di fronte al proprio compito che ha il giornalista professionista regolarmente iscritto nell’albo dei professionisti. E quando noi diciamo che il responsabile del giornale deve essere iscritto nell’albo, non diciamo certo che tutti coloro che occasionalmente possono collaborare al giornale debbano essere, direi, corporativamente iscritti nell’albo professionale; è una sola persona, in tutto il complesso dei lavoratori di un determinato ambiente, che noi desideriamo abbia qualifica di giornalista professionista e quindi sia iscritto nell’albo. Non credo che vi sia alcuna limitazione alla libertà dei singoli se noi giornalisti di quest’Aula chiediamo questa qualifica, questo riconoscimento specifico della qualità di giornalista, per il direttore responsabile. (Applausi).

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Relativamente a questo argomento, volevo fare due brevissime osservazioni. La prima è che il requisito del direttore responsabile è, naturalmente, generico per tutte le qualità di periodici, e cioè, ad esempio, per le riviste anche tecniche, religiose, mediche, giuridiche, fotografiche, ecc. Ora, se noi facciamo una disposizione di carattere generale la quale dispone che il direttore deve essere iscritto nell’albo, noi creiamo, anche per quelli che sono i riflessi speciali del contratto collettivo, addirittura impossibilità di vita per una quantità di periodici e di riviste dei più disparati rami dello scibile che oggi vivono la loro vita normale, fisiologica e che non capisco perché debbano essere improvvisamente disturbati da questa nuova legge. E questa è una osservazione che mi pare di notevolissimo peso.

Riguardo alla seconda, io riconosco in teoria tutto il contenuto morale di questa esigenza inerente al fatto che per esercitare la professione di giornalista sia necessario essere iscritto nell’albo professionale, ma faccio osservare che quando si fa riferimento ad una equiparazione con altre professioni – all’avvocato, all’ingegnere, al medico – si fa riferimento ad una attività di persone di cui l’istruzione è regolata dalla legge, la quale mette capo ad un certificato di idoneità rilasciato dall’organo competente dello Stato. Ora l’equiparazione immediata fra iscrizione all’albo ed esercizio della professione di giornalista porta questa conseguenza, che per essere iscritto nell’albo bisogna essere giornalista, ma per essere giornalista bisogna essere iscritto nell’albo e quindi v’è una situazione assolutamente inestricabile e che si risolve poi in fatto nel diritto di coloro che sono i componenti degli organi che tengono l’albo, di riconoscere, con una più o meno relativa arbitrarietà, i requisiti di coloro che pretendono o richiedono di essere iscritti nell’albo. Quando io sono avvocato munito di una laurea e ho fatto un determinato esame, non è più discutibile la mia iscrizione nell’albo: presento i documenti previsti dalla legge e l’iscrizione è obbligatoria. Ma relativamente all’esercizio della professione giornalistica, quando per esercitarla bisogna essere iscritti nell’albo, e quando non essendo iscritti nell’albo non si può, ad esempio, essere direttore di un giornale, non vedo come sia facilmente superabile la difficoltà per la situazione attuale circa un preteso regolamento giuridico che finisce per risolversi poi in limitazioni all’esercizio delle facoltà e delle libertà del cittadino. Per queste due osservazioni chiedo di avere dei chiarimenti sulla portata dell’emendamento restrittivo proposto.

MANZINI. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANZINI. L’albo è una istituzione che contempla già questo caso, perché l’albo è composto di tre categorie: l’albo dei professionisti che riguarda appunto l’attività del giornalismo quotidiano, l’albo dei pubblicisti, e poi vi è anche una categoria speciale.

FABBRI. Da chi è riconosciuto l’albo?

MANZINI. Dallo Stato, col noto decreto luogotenenziale. Tutti i bollettini parrocchiali hanno ad esempio un direttore che è un sacerdote, il quale non deve essere giornalista professionista. Si chiama categoria C e vi si contempla appunto il caso che il collega ha fatto. Per una rivista tecnica non v’è bisogno che si sia giornalisti professionisti per dirigerla.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Io volevo aggiungere alle considerazioni che ha fatto l’onorevole Fabbri, questa e cioè: mi sembra che troppe volte in questa legge si parli genericamente insieme di giornali e di periodici. Ora, quando si parla di giornali si deve intendere giornali quotidiani?

Una voce. No.

FUSCHINI. Allora vorrei domandare che cosa vuol dire giornale periodico, perché qui si fa una confusione che è gravissima nelle sue conseguenze.

Vi è una quantità di pubblicazioni che possono soggiacere a quella disciplina che si deve volere e che noi vogliamo per i giornali quotidiani. Ma non possiamo estendere ai periodici, alle riviste, ai giornali settimanali, che hanno un’importanza molto limitata, tutte le garanzie stabilite dalla legge che stiamo esaminando. Per quel che si riferisce al direttore responsabile, che si vuole iscritto all’albo professionale, noi dobbiamo distinguere. Se si riferisce ai giornali quotidiani, non abbiamo nessuna difficoltà a dire che è necessario che coloro che dirigono questi giornali siano iscritti all’albo professionale, quando naturalmente questo albo sarà riconosciuto da una legge del Parlamento. Perché non possiamo ritenere che la legge approvata dal fascismo, riguardante appunto l’albo professionale, possa valere oggi, in regime di libertà di stampa. Pertanto io modificherei l’emendamento Schiavetti in questo senso:

«un documento attestante che il direttore o il vice-direttore responsabile di giornale quotidiano sia iscritto nell’albo professionale dei giornalisti non appena questo sarà istituito».

Questo, per mettere in chiaro che noi accettiamo, come ho detto, che il requisito professionale sia richiesto per la stampa quotidiana, ma non per tutte le altre pubblicazioni periodiche.

MOLINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. Parlo a nome personale, perché non voglio coinvolgere la responsabilità della Commissione. Mi dichiaro contrario all’accettazione dell’emendamento Schiavetti, e non per la sola ragione che ha citato l’onorevole Treves, ma per un’altra, fondamentale. L’altro giorno, l’onorevole Bettiol diceva che la stampa è pensiero. La verità forse non è questa. Oggi la stampa è, oltreché manifestazione e diffusione di pensiero, anche industria della carta stampata. E quando l’onorevole Schiavetti parlava di degenerazione morale della stampa, in realtà intendeva riferirsi a quella degenerazione dovuta all’industrializzazione ed alla monopolizzazione della stampa, alla quale ha fatto cenno l’onorevole Scoccimarro. Ma, parlandone, noi intendiamo qui riferirci alla stampa come mezzo di diffusione del pensiero; e siccome non v’è cittadino il quale non abbia il diritto e il dovere di avere un pensiero e di diffonderlo, sarebbe incongruente, secondo me, che noi limitassimo ad una parte dei cittadini il diritto di diffondere il loro pensiero attraverso la stampa.

Per questa ragione io sono contrario all’obbligatorietà dell’iscrizione nell’albo professionale del direttore responsabile.

Ricordo un episodio. Durante il periodo fascista sono stato per qualche tempo impiegato in una casa editrice che stampava un periodico e della quale casa editrice non faceva parte nessun fascista e quindi nessun iscritto all’albo dei giornalisti. Per pubblicare il periodico era necessario avere un direttore responsabile, iscritto all’albo dei giornalisti; Ebbene: il direttore veniva una volta al mese, quando si trattava di riscuotere lo stipendio.

SCHIAVETTI. Allora l’albo aveva un significato politico, che non deve più avere.

MOLINELLI. Convengo che accanto alla stampa intesa come diffusione del pensiero vi è una stampa di informazione e una stampa varia, nella quale il giornalismo diventa professione e come tale richiede organizzazione, sindacato ed anche albo dei giornalisti.

Ma non mi pare che questa sia ragione sufficiente per imporre l’obbligo a chiunque stampi un giornale di avere un direttore responsabile iscritto nell’albo dei giornalisti.

Per questa sola ragione sono contrario all’emendamento proposto dall’onorevole Schiavetti.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Dichiaro, come ha dichiarato il collega Molinelli, che esprimo il mio pensiero personale, il quale non solo non vincola il pensiero degli altri componenti la Commissione, ma neppure il pensiero dei colleghi del mio Gruppo.

Io ritengo che, qualunque sia la nostra convinzione sulla opportunità di porre come condizione la iscrizione nell’albo giornalistico, non si possa risolvere questa questione se prima non si sia provveduto a legiferare intorno all’albo dei giornalisti.

È fuori di discussione: quando si entri nell’ordine di idee sostenute dal collega Schiavetti, si viene a limitare notevolmente l’esercizio del diritto di stampa. Non so se si possa anche dire che si va contro ad una tassativa e precisa disposizione della Carta costituzionale, che abbiamo approvato così di recente, che non abbiamo ancora il diritto di dimenticare neppure in qualche particolare. Non ricordo testualmente l’articolo, ma ne ricordo il contenuto, che è certamente presente alla memoria di tutti.

La Carta costituzionale riconosce a tutti il diritto di manifestare anche per mezzo della stampa, oltre che con altri mezzi di diffusione, il proprio pensiero.

A parte questa questione, che potrebbe essere pregiudiziale, io chiedo ai sostenitori del principio dell’obbligatorietà dell’iscrizione nell’albo se non riconoscano che una limitazione all’esercizio del diritto di stampa con questa prescrizione si pone. Potrà trattarsi di un’utile limitazione. Ma è certo che basta che a Tizio o a Caio sia stata negata l’iscrizione nell’albo, o ne sia stato cancellato, perché egli perda ipso facto, secondo questa proposta, la possibilità, di esercitare la sua attività di giornalista.

Vorrei che i sostenitori dell’iscrizione nell’albo convenissero in questo: che si può essere favorevoli a questa limitazione della libertà di esercizio del diritto di stampa…

MAZZONI. Non è una limitazione.

TARGETTI. Si può essere dell’opinione del collega Mazzoni e non ritenerla una limitazione – non facciamo apprezzamenti in merito – ma dico: si può essere favorevoli all’obbligatorietà dell’iscrizione nell’albo a condizione però di avere la certezza che quest’albo sia regolato da norme che assicurino il rispetto del diritto all’iscrizione di chi tale diritto possiede. Che ci diano la garanzia che non si possano avere cancellazioni arbitrarie. Quando, per analogia, si ricordano altri albi bisogna anche ricordare la disciplina a cui sono sottoposti. Domando ai colleghi sostenitori dell’obbligo dell’iscrizione se non ritengano la cosa prematura o meglio se non riconoscano che sia un anteporre cosa che dovrebbe essere posposta, stabilendo oggi un obbligo tassativo in materia. Giacché non siamo in sede di approvazione di una vera e propria legge sulla stampa, ma siamo rimasti nell’intesa che si stabiliscono soltanto alcune disposizioni, si dovrebbe esser tutti d’accordo nel rimandare la risoluzione di codesta questione a quando sarà regolata la tenuta dell’albo dei giornalisti da norme che offrano ben altre garanzie di quelle vigenti.

MAZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZONI. Se l’onorevole Targetti si riferisce ad una questione procedurale, posso anche riconoscere che egli ha ragione. Prima di stabilire che dobbiamo ammettere l’albo, bisogna evidentemente stabilire che cosa è questo albo, che non sia cioè una cosa astratta, nella quale cadiamo senza sapere dove si cade. Ma dove non posso assolutamente arrendermi è nel concetto, veramente aberrante che l’albo sia una limitazione di libertà. Ma che limitazione! L’albo si riferisce ai direttori ed a coloro che assumono la responsabilità morale e politica del giornale e non a tutti quelli che sono liberissimi di scrivere quando, come e dove vogliono. Qui si cade nel solito sproposito di confondere la libertà col disordine. Libertà vuol dire diritto per tutti di dire il proprio pensiero, ma il giornalismo non deve essere né diventare l’organizzazione dei rifiuti e degli anonimi. Per questo dico: il giornalismo deve garantire la propria dignità, ed entro questa dignità la libertà è per tutti: l’albo non viola questa libertà.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Onorevoli colleghi, questa che discutiamo è una questione scottante, che appassiona tutta la classe giornalistica, anche se non vi apparteniamo più, abbiamo avuto con essa stretti rapporti e ne abbiamo quotidianamente.

I giornalisti reclamano che il direttore di giornale sia iscritto nell’albo professionale. La questione è già venuta dinanzi alla Commissione, che ha elaborato il progetto, ed è stata oggetto di consensi e di dissensi.

Il relatore della Commissione, nominata dalla Presidenza del Consiglio, ha anche accennato a questa diversità di opinioni. L’onorevole Fabbri ha fatto presente all’Assemblea che, oltre ai giornali politici, vi è una quantità di altre pubblicazioni, che non sono quotidiane, e che si occupano di studi scientifici, letterari, tecnici. Già fin da allora, durante i lavori della Commissione, il relatore faceva presente e richiamava l’attenzione su questo punto osservando:

«Questa la principale ragione per cui si è stimato pericoloso proporre anche per i direttori di periodici strettamente scientifici l’obbligo della iscrizione senza in precedenza aver avuto la sicurezza che tale iscrizione non possa in nessun modo reagire sugli enti che provvedono alla pubblicazione dei periodici stessi, turbandone la struttura economica e giuridica; dirò di più: senza avere la sicurezza che, per effetto della iscrizione, gli operai della scienza non rischino di trovarsi, magari di sorpresa, sottoposti a norme statuite a protezione della propria categoria da persone che, in un campo diverso dal loro, attendono ad occupazioni, certo non meno stimabili delle loro, ma di queste assai diverse».

L’onorevole Fabbri ha toccato questo testo, che fu richiamato anche dall’onorevole Fuschini. In primo luogo sorge, su questo punto, la questione del direttore dei giornali quotidiani politici e del direttore di riviste, di settimanali, di periodici tecnici, religiosi ecc. Mi pare che, mentre si può ritenere opportuno che il direttore di un giornale politico sia iscritto all’albo professionale dei giornalisti e sia professionista, bisogna però escludere questa necessità e questo obbligo da parte di tutti i direttori di altri fogli, pubblicazioni, riviste ecc., che non esigono nella loro attività una specializzazione prettamente professionale.

Io ritengo che l’onorevole Schiavetti vorrà concordare su questo punto sostanziale.

SCHIAVETTI. Dette pubblicazioni sono già escluse in grandissima parte.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Nel suo emendamento l’esclusione non appare, anzi si parla di albo professionale.

Io ricordo che cosa è stato l’albo giornalistico durante il fascismo e ricordo che sono stato escluso dalla professione giornalistica essendo stato cancellato anche dall’associazione giornalistica di cui facevo parte. Quindi, noi dobbiamo procedere cautamente su questo terreno.

Qui ci si domanda di imporre, come condizione essenziale all’esercizio della direzione di un giornale, l’iscrizione nell’albo giornalistico. L’onorevole Cevolotto ed altri colleghi hanno fatto presente come questi albi oggi siano una cosa provvisoria, perché la legge che disciplina gli albi non è ancora stata redatta e approvata. Anche per gli avvocati è necessaria l’iscrizione nell’ordine degli avvocati, ma vi è una legge che regola tutta questa attività che garantisce i singoli contro ogni violazione del loro diritto. (Interruzione del deputato Schiavetti).

La Commissione che aveva redatto il primo testo aveva già fatto questa considerazione ed infatti aveva proposto che fra le condizioni per ottenere la direzione di un giornale vi fosse anche quella di presentare «ogni altro documento che venga richiesto da successive leggi relative alla professione giornalistica».

Mi pare che la proposta del relatore Cevolotto di tener presente questa proposta e di aggiungere magari nell’elenco delle condizioni necessarie alla registrazione per quando l’albo sarà regolato da una legge, possa essere presa in considerazione, con la riserva avanzata dall’onorevole Fuschini, che credo verrà concretata in un emendamento, e cioè con riguardo esclusivo e particolare ai direttori dei giornali politici quotidiani.

In questo senso, mi pare, onorevoli colleghi, che noi andiamo incontro ai giusti desiderata della classe giornalistica, e nello stesso tempo teniamo anche in buona considerazione quella che è la realtà del momento presente, in cui la professione giornalistica non è ancora regolata da una legge che garantisca i diritti, le libertà e le facoltà di ognuno.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Qui si tratta di stabilire il principio dell’albo. Noi vogliamo che nello stralcio della legge sia affermato il principio del mantenimento dell’albo professionale dei giornalisti, affinché esso non possa essere messo in dubbio in avvenire.

Coloro i quali hanno parlato degli albi dei medici, dei farmacisti ecc. devono ritenere che a maggior ragione vi è necessità di un albo dei giornalisti, perché per le professioni su citate v’è un titolo di studio che garantisce che costoro possono esercitare la propria professione degnamente. Per quanto riguarda il giornalismo, invece, questo titolo di studio non è richiesto ed è necessario perciò che vi sia una regolamentazione seria, con l’imposizione di un tirocinio, del quale l’onorevole Fabbri non ha tenuto conto quando ha trattato la questione. La contradizione cui egli ha accennato si risolve, quando di contradizione si possa parlare, con l’introduzione del tirocinio, che è in vigore da molti anni. (Interruzione del deputato Fabbri). D’altronde, per molti altri aspetti della nostra vita pubblica, sociale, economica ecc., noi siamo ancora sotto la legislazione fascista.

PRESIDENTE. Tenga presente, onorevole Schiavetti, che noi oggi ci occupiamo non della professione dei giornalisti ma delle disposizioni riguardanti la stampa.

SCHIAVETTI. Io voglio dire che parlando dell’albo noi ci riferiamo a una legge che c’è già, una legge che appartiene al periodo fascista e che è stata soltanto epurata da talune disposizioni di carattere tipicamente politico; tutte queste sono cadute, ma resta il fatto che per esercitare la professione di giornalista è necessario ancora oggi essere iscritti in un certo albo, albo che di per sé, nella sua organizzazione generale, e per quel che non attiene alla politica, è abbastanza ragionevole e libero. Esso comprende diverse categorie e non ha mai tolto a nessuno la libertà di scrivere sui giornali.

V’è possibilità, cioè, di scrivere per tutti, e vi sono soltanto limitazioni di carattere tipicamente professionale. Si confonde spesso, parlando di giornalismo, tra quello che vi è di letterario e di artistico e quello che invece riguarda la tecnica e l’organizzazione del giornale o del foglio che offre occasione ai collaboratori di scrivere; ora si tratta di disciplinare la vera e propria professione del giornalismo, e non da un punto di vista politico, dato che nessuno di noi pensa di introdurre esclusioni o condizioni di carattere politico. Si tratta soltanto di introdurre condizioni di carattere professionale, e io mi meraviglio che un uomo come l’onorevole Targetti possa ancora pensare che costituisca una limitazione della libertà il fatto di esigere dai giornalisti che siano iscritti a un ordine professionale. Qualcuno ha anche parlato della possibilità di un colpo di maggioranza che possa escludere i giornalisti dal diritto di appartenere all’albo e di esercitare la relativa professione; ma questo è semplicemente grottesco. Si possono formulare tutte le ipotesi che si vogliono, ma nella organizzazione di un albo professionale, quando ci siano certi requisiti obiettivi, non c’è posto per nessun colpo di maggioranza né per la preparazione di alcun arbitrio.

Io penso che l’albo gioverà moltissimo a mantenere la dignità della professione giornalistica e che contribuirà anche a mantenere l’ordine nell’esercizio della professione, perché renderà possibili alcune sanzioni che in molti casi sarebbe difficile stabilire per legge contro i diffamatori e il malcostume della vita politica e giornalistica, a tutela della moralità e della onestà professionali.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha. facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Non mi pare che la preoccupazione dell’onorevole Fabbri abbia fondamento, in quanto, per il decreto-legge del 1928, «all’albo dei giornalisti è annesso un elenco speciale nel quale sono iscritti coloro che, pur non esercitando attività retribuita di giornalisti, attendono a pubblicazioni ed assumono responsabilità di riviste scientifiche o tecniche, escluse quelle sportive o cinematografiche, o di pubblicazioni periodiche prive di carattere concettuale, o aventi semplici finalità commerciali».

Questi ultimi direttori di periodici devono essere iscritti nella parte professionale dell’albo, gli altri soltanto nell’elenco annesso. Quindi alla preoccupazione manifestata oggi dall’onorevole Fabbri aveva già ovviato la legislazione precedente.

FABBRI. Nell’elenco si può essere iscritto dopo che si è cominciato a fare del giornalismo: ora invece si vuole stabilire che si deve essere iscritti prima di cominciare.

CEVOLOTTO, Relatore. La questione è semplice: chi diventa direttore di una rivista giuridica semplicemente si fa iscrivere nell’elenco annesso all’albo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Sì: è la legge che lo dice.

CEVOLOTTO, Relatore. Vi è tuttavia una diversa difficoltà. L’onorevole Schiavetti ha detto che gli articoli 5 e 19 della legge del 1928 non sono più applicati. Va bene: ma sono stati abrogati? Poiché voi sostenete che il decreto-legge del 1928 non è caducato per l’entrata in vigore del decreto del 1944, dovreste sostenere che non sono stati abrogati. Voi (dico «voi» perché l’onorevole Schiavetti fa parte della Commissione incaricata della tenuta dell’albo) non li applicate; ma potreste applicarli. Se la legge è ancora in vigore, voi potreste applicarli. Non sono applicati perché l’attuale Commissione per la tenuta dell’albo è composta di democratici, ma domani una nuova Commissione, che fosse composta di reazionari, potrebbe applicarli. Questa è la situazione.

Il decreto del 1944 comincia con queste parole:

«Fino a quando non saranno emanate nuove norme sulla professione dei giornalisti, le funzioni della tenuta degli albi sono affidate a una unica commissione sedente a Roma». Dunque, disposizione meramente transitoria e che prevede una nuova regolamentazione seria, democratica, della professione del giornalista; non solo, ma che, prevedendo un’unica commissione, esclude ogni gravame da parte di chi venga cancellato dall’albo oppure non vi venga ammesso. (Interruzione del deputato Schiavetti).

La Commissione attuale, ripeto, è degnissima, è composta di giornalisti che sarebbero incapaci di qualunque mancanza verso la loro stessa dignità. Ma, come dico, non dobbiamo badare alla Commissione attuale: dobbiamo badare al sistema legislativo, per il quale oggi non vi è un albo dei giornalisti regolato da una legge democratica; vi è un elenco tenuto da una commissione di giornalisti. Questa è la vera situazione.

Tutto quello che oggi si può fare per andare ai desiderata dei giornalisti professionisti è di stabilire che, quando la futura legge sulla professione dei giornalisti detterà condizioni (e se le detterà), esse saranno osservate ai fini della applicazione della legge sulla stampa. Ma non possiamo andare più in là, e cioè ammettere che l’iscrizione all’attuale albo sia condizione assoluta per l’esercizio della funzione direttoriale.

Quindi insisto perché si torni alla formula della Commissione ministeriale, così modificata: «ogni altro documento che venga richiesto da successive leggi relative all’albo dei giornalisti».

In questo modo si verrebbe a prevedere esplicitamente che quanto la legge sull’albo dei giornalisti sancirà – quando sarà legge democratica – sarà veramente osservato.

CAPPA, Ministro della marina mercantile. Questo per i direttori dei quotidiani?

CEVOLOTTO, Relatore. Ma si capisce, perché la futura legge terrà conto, come teneva conto la legge del 1928, della situazione dei direttori che non sono direttori di quotidiani; è evidente cioè che su questo punto la formula della legge del 1928 – o altra equivalente – sarà riprodotta nella legge nuova.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Ho chiesto di parlare non perché voglia fare dichiarazioni che riguardano il merito, sibbene perché mi ha colpito l’ultima proposta fatta dall’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE. L’ha fatta un’ora fa, onorevole Mastino.

MASTINO PIETRO. Non credo che occorra seguire il metodo suggerito dal Relatore, perché è naturale che, quando vi sia una nuova legge, essa sia applicata, e sarebbe strano dire fino da oggi che rispetteremo la legge futura.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Desidero fare una precisazione. Quanto ho detto in quest’ultimo momento, poiché non ho avuto il tempo di interrogare gli altri colleghi della Commissione, l’ho detto a titolo del tutto personale.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sulla proposta dell’onorevole Cevolotto?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Vorrei fare a mia volta una proposta. Dato che, con lo sfrondamento che noi abbiamo fatto di parecchi articoli di questo disegno di legge, abbiamo indirettamente guadagnato del tempo e dato che, dalla discussione fatta questa sera, si è chiaramente accertato che la maggior parte di noi non ha mai preso visione delle leggi che regolavano e che tuttora in parte regolano l’albo dei giornalisti – tanto che sono state presentate proposte in parte superflue e in parte scaturenti da presupposti infondati – io vorrei, se la Presidenza ne conviene, che la votazione sulla questione fosse fatta all’inizio della seduta di domani.

Mi sembra infatti strano che, dopo che la Federazione della stampa ha presentato attente e ponderate conclusioni, si sia qui quasi irriso ad esse. Indubbiamente vi è stata qualche corrente politica che ha influenzato la nostra discussione mutandone l’indirizzo, tanto che noi abbiamo anche potuto assistere alla formulazione, da parte dell’amico onorevole Molinelli, di proposte di pretta marca liberale.

MOLINELLI. Vi spostate voi: ci spostiamo anche noi.

PRESIDENTE. Il Governo ha proposto di rinviare a domani le votazioni sull’articolo in esame.

Pongo in votazione questa proposta.

(È approvata).

Il seguito della discussione è rinviato a domani.

La seduta termina alle 20.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 16:

Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni sulla stampa. (15).