Come nasce la Costituzione

POMERIDIANA DI VENERDÌ 28 NOVEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCXI.

SEDUTA POMERIDIANA DI VENERDÌ 28 NOVEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

indi

DEL VICEPRESIDENTE BOSCO LUCARELLI

 

INDICE

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Persico

La Pira

Tosato

Gullo Fausto

Rossi Paolo

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione

Targetti

Perassi

Rodi

Dominedò

Bellavista

Costantini

Buffoni

Mastrojanni

Codacci Pisanelli

Condorelli

Bertone

Nitti

Mastino Gesumino

Caccuri

Grassi

Preti

Bettiol

Martino Gaetano

Lami Starnuti

Costa

Mortati

Ambrosini

Laconi

Uberti

Fabbri

Maffi

 

Votazione nominale:

Presidente

 

Risultato della votazione nominale:

Presidente

 

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Malagugini

Mastino Pietro

 

Annunzio di una mozione:

Presidente

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

 

Interrogazioni e interpellanza (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MAZZA, ff. Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

L’onorevole Persico ha proposto il seguente articolo aggiuntivo 126-bis:

«Rimane ferma la competenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione a giudicare dei conflitti di giurisdizione a norma di legge.».

L’onorevole Persico ha facoltà di svolgerlo.

PERSICO. Onorevoli colleghi, nel leggere un momento fa l’emendamento presentato dai colleghi onorevoli Tosato e Mortati, nel quale si attribuisce alla Corte costituzionale, oltre agli altri poteri già fissati nel progetto di Costituzione, anche quello di risolvere i «conflitti di attribuzione», ho creduto necessario presentare un emendamento il quale chiarisca, in modo preciso e definitivo, questo punto: cioè che rimane ferma la competenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione a giudicare dei conflitti, io dirò, di «giurisdizione» e non di «attribuzione», a norma di legge.

Prescindo qui dall’opinione che i colleghi possono avere sulla necessità, o meno di una Corte costituzionale – perché anch’io, dopo le parole pronunciate questa mattina dall’onorevole Nitti, sono rimasto un po’ dubbioso – ma trovo le ragioni di una risposta affermativa nel fatto che la nostra Costituzione è rigida, nel fatto che la nostra Costituzione ha ammesso le Regioni, e quindi ha creato i presupposti per i quali diventa necessario che ci sia un organo superiore che dirima gli eventuali conflitti; e, quindi, la questione è implicitamente risolta della natura della nostra Costituzione e dagli organi che la Costituzione stessa ha creato.

Ma, prescindendo da questi elementi, che sono decisivi per risolvere il problema se ammettere o no la Corte costituzionale, io mi preoccupo ora di un altro problema. La Corte costituzionale avrà dei poteri per risolvere i conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, fra lo Stato e le Regioni, fra Regione e Regione; ma non potrà confiscare all’autorità giudiziaria quello che è il suo diritto sovrano, maturato attraverso una evoluzione legislativa veramente mirabile, che è stata di modello a tutti gli altri popoli civili, cioè la giustizia amministrativa, la cui dottrina si è venuta creando attraverso il lavoro elaborativo dei nostri grandi scrittori amministrativisti: Mantellini, Mancini, Luchini, Codacci Pisanelli, e altri, i quali hanno elaborato tutta la nuova e complessa dottrina giuridica, dei rapporti tra la potestà amministrativa e quella giudiziaria. Non possiamo annullare – dicevo – quel che deriva dalla legge intitolata sui conflitti di attribuzione, che però nel testo parla molto più esattamente di conflitti di giurisdizione. È la legge 31 marzo 1877, n. 3761, che costituì una vera conquista nel campo del diritto.

D’altra parte mi rivolgo ai colleghi che non sono avvocati o, come diceva ieri l’amico onorevole Calamandrei, ai profani, benché qui non ci siano profani, perché tutti i colleghi sono egualmente competenti.

Io dirò che l’istituto dei conflitti di attribuzione della legge del 1877 è sorto per la difesa del cittadino contro la pubblica amministrazione, è sorto perché ci sia un organo il quale dirima gli eventuali conflitti fra l’autorità dello Stato e il cittadino che si difende contro gli eccessi e gli arbitrî dell’autorità dello Stato, o fra la pubblica amministrazione che richiede l’osservanza delle leggi e il cittadino, che alle leggi stesse non vuol prestare osservanza.

E che cosa ha da vedere la Corte costituzionale, che ha una funzione puramente politica, di dirimere cioè i conflitti di carattere politico, con l’organo fissato dalla legge per risolvere i conflitti di giurisdizione?

Ecco perché non ho compreso bene l’emendamento del Presidente onorevole Nitti, che dice: «Quando nel corso di un giudizio è sollevata questione di incostituzionalità di una norma legislativa, la decisione è rimessa alla Corte di cassazione a sezioni unite». Questo è perfettamente esatto, Presidente Nitti; ma questo rimane fermo perché non deve entrare nelle facoltà attribuite alla Corte costituzionale. Istituire o meno una Corte costituzionale, non toglie che le Sezioni unite della cassazione abbiano, per legge e per l’evoluzione dottrinale, la facoltà di dirimere gli eventuali conflitti fra l’autorità amministrativa e l’autorità giudiziaria, conflitti che possono sorgere fra tribunali ordinari ed autorità amministrativa. E questa legge del ’77 segna appunto il confine e il limite che divide l’autorità amministrativa dall’autorità giudiziaria.

Quindi, qualunque sia la soluzione che l’Assemblea darà al problema della Corte costituzionale (ed io ritengo che dovrà darla in senso affermativo per le ragioni che ho esposto), a me sembra necessario stabilire con l’emendamento da me proposto che, in ogni caso, il potere giudiziario continua per le sue speciali attribuzioni, a dirimere i conflitti a mezzo della Corte di cassazione a sezioni unite, come fa dal 1877 ad oggi, pur attuandosi l’istituto altissimo della Corte costituzionale per tutto quel che riguarda la decisione degli eventuali conflitti fra Stato e Regioni, fra i poteri dello Stato e fra Regione e Regione.

LA PIRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA PIRA. Onorevoli colleghi, si tratta di esaminare i seguenti punti:

1°) se la Corte costituzionale è un elemento integrante del nostro edificio costituzionale;

2°) quale ne è la finalità;

3°) in relazione ai due primi punti, da chi questa Corte costituzionale deve essere scelta.

Onorevoli colleghi, io stamane ho ascoltato col massimo interesse quanto hanno detto gli oratori che mi hanno preceduto, e sono venuto a questa conclusione: mi sono chiesto: che senso ha la Corte costituzionale? perché deve esserci una Corte costituzionale?

A me pare che sia per questa ragione essenziale. Noi abbiamo creato una legge base, come si dice, una norma base, che è la Costituzione, la quale determina per il futuro legislatore delle condizioni, dei limiti, degli orientamenti. Allora, se c’è una legge base la quale è suscettibile di violazione da parte del legislatore futuro, la conclusione è evidente; deve esistere un organo giurisdizionale il quale accerterà, ove queste violazioni avvenissero, il verificarsi di tali violazioni. Quindi, se esiste una norma base, quale è la Costituzione, e se questa è suscettiva di violazione, deve esistere una funzione giurisdizionale e un organo appropriato che questa funzione eserciti. Per coronare l’edificio costituzionale, come si corona un edificio con un tetto o una vôlta, ci vuole per forza una Corte costituzionale. Se c’è questa giurisdizione speciale, ci deve essere un organo particolare. Né si può dire: ricorriamo alla giurisdizione ordinaria, perché si potrebbe eccepire che la giurisdizione ordinaria con i suoi organi ordinari di giurisdizione si riferisce a legge ordinaria, a quella che si chiama legge successiva, derivata, ma non alla legge base, alla norma base, la quale, appunto perché tale, ha caratteri speciali e, pertanto, caratteri speciali devono avere la giurisdizione e l’organo correlativi.

Quindi per queste ragioni, data cioè l’essenza e la finalità giuridica della Costituzione rigida, l’esistenza di una Corte costituzionale è indispensabile. Se vogliamo che il nostro edificio sia completo, è necessario mettere questa vôlta.

Ora, stamattina è stato anche osservato dal Presidente Nitti che vi è un esempio di Corte costituzionale negli Stati Uniti, ma secondo lui, questo esempio è legittimato dal fatto che lì siamo in presenza di uno Stato federale. Ora, mi si permetta di dissentire da tutto questo, vale a dire non è il fatto di essere in presenza di uno Stato federale che determina la nascita della Corte costituzionale; è il fatto che esiste una Costituzione, la quale garantisce determinati diritti subiettivi dell’uomo o delle comunità che sia come limite all’attività del legislatore. È questo fatto, l’esistenza di questa Costituzione, qualunque sia la struttura dello Stato cui si riferisce, che determina la nascita della Corte costituzionale come elemento integrante di questo principio giuridico.

Quindi, ripeto, al quesito se è necessaria giuridicamente l’esistenza di una Corte costituzionale, dato il tipo di Costituzione che abbiamo elaborato, la risposta è questa: che è necessario, per completare il fenomeno giuridico, che esista una giurisdizione e un organo giurisdizionale appropriati alla legge, che nel nostro caso è la legge base e non la legge ordinaria. A me pare che la risposta possa essere ricavata anche dalla finalità politica della nostra Costituzione, vale a dire noi con la Costituzione ci proiettiamo verso l’avvenire, cioè miriamo a una conclusione giuridica futura che risponda a un certo ordine sociale, quale che sarà questo ordine sociale. Quindi deve esistere questo organo particolare, sensibilizzato, il quale possa dire eventualmente che il futuro legislatore non è orientato secondo questa visione politica che la nostra Costituzione prevede. Quindi, non soltanto dal punto di vista strettamente giuridico, ma anche allargando la visione sotto l’aspetto politico, a me pare che quest’organo supremo costituisca veramente il coronamento del nostro edificio costituzionale.

Secondo: sorge la domanda: ma da chi deve essere – è il problema cosiddetto della causa efficiente – costruito quest’organo? E qui le risposte sono due. Si può dire, come nel progetto, che credo non risponda esattamente a quello che noi dobbiamo costruire, che sia lo stesso potere legislativo a creare l’organo giurisdizionale. Ma in tal modo dove va a finire la divisione dei poteri e la garanzia dei diritti della persona, che nella prima parte della Costituzione abbiamo voluto tutelare? Come può il potere legislativo, che deve essere controllato, essere giudice in casa propria? Per un’esigenza costitutiva dell’ordinamento giuridico non possiamo ammettere che quest’organo supremo di controllo dell’attività legislativa futura sia creato dallo stesso Parlamento, la cui attività deve essere controllata. Quindi, necessità di uscire, almeno in parte, dal mondo legislativo, per andare in altro campo. Insomma la causa efficiente di quest’organo non può essere il potere legislativo. Va cercata altrove.

E finalmente – e finisco – il problema delle attribuzioni, di cui hanno parlato l’amico Mortati ed altri. Io non entro nei punti specifici, però seguo sempre il mio ragionamento e dico: qual è la finalità di quest’organo? Evidentemente è una finalità giurisdizionale. La sentenza sarà quella che sarà. Quindi la finalità di quest’organo essenziale è una finalità giurisdizionale, tecnica, perché si fa questo confronto fra le leggi ed in base al confronto viene emessa una sentenza in cui si dichiara la costituzionalità o l’incostituzionalità di una legge.

Quindi, concludendo: al problema che ci siamo posti se è necessario che il nostro edificio costituzionale sia coronato da quest’organo, la risposta è positiva: sì, va coronato da questo organo. È una esigenza intrinseca della Costituzione, di natura e giuridica e politica. Senza quest’organo avremmo una casa senza tetto, un edificio senza vôlta.

Secondo: sempre in relazione a queste finalità, di difesa della persona e delle comunità, applicazione del principio della divisione dei poteri, quest’organo essenziale alla Costituzione non può essere generato dal potere legislativo, che esso invece è destinato a controllare. Quindi, è da ricercarne altrove la causa efficiente. Si vedrà quale e dove.

Terzo: quest’organo deve mantenersi, quanto più è possibile, entro questo ambito strettamente giurisdizionale. La sua funzione è di confrontare la norma futura con la norma base, e, in seguito a questo confronto, emettere la sentenza. Quindi, necessità che l’organo sia creato al di fuori del potere esecutivo, anche con l’intervento del potere legislativo perché sia sensibilizzato alle situazioni politiche che mutano; che non sia però snaturato il suo carattere di organo giurisdizionale e finalmente che si contenga entro questo ambito che legittima la sua esistenza. Queste erano le dichiarazioni che dovevo fare anche a nome del mio Gruppo. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Tosato ha presentato insieme con l’onorevole Mortati una nuova formulazione dell’articolo 126, in sostituzione di quella svolta stamani dall’onorevole Mortati:

«La Corte costituzionale giudica della legittimità costituzionale degli atti aventi forza di legge dello Stato, delle Regioni, dei conflitti di attribuzione nonché dei conflitti fra Stato e Regioni e fra Regioni».

L’onorevole Tosato ha facoltà di svolgere questo emendamento.

TOSATO. Il nuovo testo che ho presentato porta la mia firma, ma in verità dovrebbe portare la firma di tutti gli onorevoli colleghi dell’Assemblea, perché è stato formulato tenendo presente precisamente quello che è stato il risultato della discussione svolta.

Io vorrei richiamare semplicemente a questo proposito l’attenzione degli onorevoli colleghi sul fatto che l’articolo 126, a nostro avviso, è diretto soltanto a stabilire il principio e i limiti di una giurisdizione costituzionale, riservando quindi agli articoli successivi la risoluzione delle questioni relative alla composizione, alla legittimazione ad agire e alle norme di procedura.

Pertanto, parlando della Corte costituzionale, non intendo escludere che in fatto la Corte costituzionale possa eventualmente coincidere in tutto o in parte, per esempio, con le Sezioni unite della Cassazione. È una questione che adesso non si risolve. Se le Sezioni unite della Corte di Cassazione dovessero diventare competenti anche in materia costituzionale, è evidente che in questo caso la Corte di Cassazione assume le funzioni e la natura di Corte costituzionale.

Ci si potrebbe chiedere se è proprio necessario stabilire in un articolo della Costituzione una norma che preveda esplicitamente la possibilità di una giurisdizione costituzionale di fronte alla legge e agli atti aventi forza di legge. Qualcuno infatti potrebbe osservare che una norma di questo genere non è essenziale, non è richiesta: perché, dal momento che noi stiamo per elaborare ed approvare una Costituzione rigida, è evidente che anche i giudici ordinari, nell’accertare il diritto esistente potranno e dovranno anzitutto accertare la legittimità della legge che si tratta di applicare.

Tuttavia è noto che anche in Stati retti da Costituzioni rigide, quando si è trattato di decidere se i giudici ordinari avessero o no la competenza a giudicare della costituzionalità della legge, la questione ha dato luogo a gravi controversie. È noto per esempio che durante la III Repubblica francese, nonostante la rigidità della Costituzione, i giudici si sono dichiarati incompetenti a giudicare della costituzionalità sostanziale delle leggi e ciò per ragioni varie, di carattere storico e soprattutto di carattere politico, dedotte dal principio della sovranità popolare, che escluderebbe qualsiasi possibilità di un sindacato di fronte agli organi che sono espressione della volontà popolare, volontà che nella sua immanente sovranità non ammetterebbe limiti a se stessa.

Io credo che nessuno di noi metta in dubbio la necessità che ci sia un giudice competente anche a giudicare della costituzionalità delle leggi, cioè della conformità dell’attività del legislatore alla Costituzione.

Se noi oggi siamo d’accordo su questo punto, mi pare che una norma costituzionale esplicita a questo proposito sia assolutamente necessaria, almeno al fine di troncare dannose incertezze.

Si tratta, quindi, di stabilire qual è la competenza della Corte costituzionale. È a questo proposito che sorge la difficoltà, perché si tratta di trovare formule molto chiare, semplici, precise.

Se teniamo presente quale era lo stato di diritto in Italia precedentemente e ricordiamo che i giudici italiani si erano ritenuti competenti a giudicare della validità formale della legge, non però della validità sostanziale, a me sembra sia necessario precisare e stabilire chiaramente che la Corte costituzionale ha come compito quello di giudicare della legittimità delle leggi e quindi non soltanto della legittimità formale, ma anche di quella sostanziale, e quindi del possibile contrasto di una legge, per quanto riguarda il suo contenuto, rispetto alla Costituzione.

Ritengo quindi che la formula, da me proposta, con la quale si afferma la competenza della Corte costituzionale a giudicare della legittimità costituzionale delle leggi o degli atti aventi forza di legge, sia formula abbastanza felice, in quanto, quando si parla di competenza a conoscere della legittimità costituzionale, è chiaro che si ammette un sindacato di legittimità in tutte le forme, in cui la illegittimità può manifestarsi. D’altra parte la competenza di legittimità esclude però qualsiasi sindacato di merito. Anche su questo punto credo siamo d’accordo: sindacato di costituzionalità delle leggi, sì; però inibizione assoluta ai giudici di entrare nel sindacato circa l’uso dei poteri discrezionali rilasciati agli organi costituzionali dalla Costituzione.

Ora, la precisazione che la competenza della Corte costituzionale è di legittimità costituzionale, mentre afferma un principio che è necessario stabilire esplicitamente, serve d’altra parte a segnarne esattamente anche i limiti.

PRESIDENTE. L’onorevole Gullo Fausto ha presentato i seguenti emendamenti:

«Sopprimere l’ultimo comma dell’articolo 126».

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Corte costituzionale giudica della violazione delle norme costituzionali nelle leggi e nei provvedimenti aventi valore di legge».

Il primo emendamento corrisponde a quelli presentati dall’onorevole Preti e dall’onorevole Musolino; il secondo a quello presentato dall’onorevole Perassi. Comunque, l’onorevole Gullo ha facoltà di svolgerli.

GULLO FAUSTO. In quanto all’emendamento soppressivo mi limito ad associarmi a quanto ha detto l’onorevole Musolino, il quale appunto propone la soppressione dell’ultima parte dell’articolo 126.

Per il mio primo emendamento c’è già una proposta simile se non identica. Io vorrei, ed è questo il contenuto del mio emendamento, che nella prima parte in cui si fissa la competenza della Corte costituzionale, si usasse l’espressione negativa e non quella positiva. Dicendo: «La Corte costituzionale giudica della costituzionalità di tutte le leggi», parrebbe che fosse affidato alla Corte costituzionale il potere autonomo, diciamo così, di esaminare, senza che ne fosse stimolata l’attività da nessuno, la costituzionalità delle leggi. Questo porrebbe la Corte in una posizione di preminenza tale per cui verrebbe scosso l’equilibrio dell’edificio costituzionale, quell’equilibrio di cui parlava poco fa il collega La Pira. Poiché, invece, si stabilisce che questa attività della Corte costituzionale debba essere stimolata da qualcuno (e si dirà in seguito, attraverso quali istanze si mette in moto questa attività) mi pare che la formula negativa sia più opportuna e più rispondente al testo proposto. Propongo cioè che si dica: «La Corte costituzionale giudica della violazione delle norme costituzionali nelle leggi e nei provvedimenti aventi valore di legge».

Giudica di queste violazioni sempre che le violazioni stesse siano denunziate o dal Governo o da cinquanta deputati o da un Consiglio regionale ecc. Ritengo che questa formulazione sia senz’altro meglio rispondente al contenuto stesso delle norme che disciplinano l’attività della Corte costituzionale. Poiché vi è l’emendamento dell’onorevole Preti, io ritiro il mio emendamento e mi associo ad esso.

Per quanto riguarda poi i miei emendamenti agli altri articoli del Titolo, mi riservo di illustrarli quando questi articoli verranno in discussione.

PRESIDENTE. L’onorevole Codacci Pisanelli ha proposto ora la seguente deliberazione:

«L’Assemblea Costituente, riconosciute la necessità e l’importanza di sancire nella Carta costituzionale l’istituto del sindacato costituzionale sulla costituzionalità degli atti legislativi; e riconosciute d’altra parte l’insufficienza della Sezione I del Titolo VI del progetto, dovuta alle innovazioni introdotte negli articoli dei precedenti titoli già approvati, rispetto al testo originariamente proposto, e la brevità del termine entro il quale il problema dovette essere approvato e risolto dalla Commissione dei Settantacinque, dà mandato a questa di riesaminare il progetto della Sezione I del Titolo VI e di presentarlo rielaborato entro martedì 9 dicembre». (Commenti a sinistra).

Onorevole Codacci Pisanelli, osservo anzitutto che la sua proposta deve essere corredata da 15 firme, a norma del Regolamento. In secondo luogo essa si risolve in una proposta di sospensiva. Contro questa sua intenzione debbo opporre il disposto dell’articolo 92 del Regolamento, che testualmente dice:

«A fronte sia di uno, sia di più emendamenti, non è ammessa la questione pregiudiziale o sospensiva, né l’ordine del giorno puro e semplice».

Non è quindi possibile che la sua proposta sia presa in considerazione.

Invito l’onorevole Rossi Paolo a esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

ROSSI PAOLO. È ovvio che di fronte alle proposte di soppressione dell’intera prima Sezione, così autorevolmente introdotta dagli onorevoli Nitti e Bertone, la Commissione si debba preoccupare innanzi tutto del problema pregiudiziale, ma non senza esprimere, con tolleranza dell’Assemblea, un sentimento di profonda melanconia. Siamo al secondo anno di vita dell’Assemblea Costituente, che doveva durare otto mesi; abbiamo tenuto un centinaio di sedute della Commissione dei settantacinque; siamo alla 312a delle nostre sedute pubbliche, e non siamo ancora riusciti a metterci d’accordo, con sicurezza, sopra uno dei pilastri dell’intera struttura costituzionale, anzi sopra la cerniera del sistema che siamo venuti fin qui faticosamente elaborando!

Le norme relative alle garanzie costituzionali sono bensì, topograficamente, le ultime della Carta statutaria, ma sono in realtà, la premessa e l’esigenza fondamentale su cui poggia l’intero edificio. L’onorevole La Pira ha parlato prima del tetto, poi ha avuto un dubbio architettonico e ha soggiunto: «Non tetto, ma volta». Mi permetta che, restando il paragone, io parli di base e di fondamento della Costituzione. Sopprimete, onorevoli colleghi, come vogliono gli onorevoli Nitti e Bertone, le norme relative alle garanzie costituzionali, e il documento che la Costituente è stata chiamata a dettare, dopo tragici e rivoluzionari avvenimenti, si ridurrà ad una romantica dichiarazione dei diritti dell’uomo, a un semplice cahier dei desideri scaturiti da una sinistra esperienza, e la storia futura dirà che abbiamo perduto il nostro tempo, e, peggio, sciupato la migliore occasione politica che si sia offerta al popolo italiano per riscattarsi dalla sua immaturità costituzionale.

Per essere logici e conseguenti, infatti, gli emendamenti soppressivi della prima sezione dovrebbero estendersi alla soppressione dell’intero Titolo. Senza una Corte costituzionale, la rigidità della Costituzione, universalmente o quasi universalmente invocata, cadrebbe nel nulla e le norme degli articoli 130 e 131, che prevedono le garanzie dalle quali deve essere circondata ogni modificazione delle regole che gli italiani, usciti dal successivo crollo di due regimi, quello parlamentare e quello totalitario, si stanno dettando, per la sicurezza delle loro libertà c della loro riposata convivenza civile, sarebbero inutili, ridicole, per ripetere una parola pronunciata ieri dall’onorevole Calamandrei, o supremamente tristi, se lo preferite. Sarebbero norme senza giudice e senza sanzione, non diverse da uno sterile auspicio, o da un vano sospiro.

Le critiche rivolte all’istituto della Corte costituzionale, me lo permettano gli illustri oratori che le hanno sostenute, mi sembrano fragili, speciose, e perfino internamente contraddittorie. Ciò hanno dimostrato in modo esauriente colleghi di tutte le parti della Camera: l’onorevole La Pira, indirettamente ma efficacemente, gli onorevoli Musolino e Gullo, gli onorevoli Perassi, Mastino, Condorelli o, l’onorevole Codacci Pisanelli… il quale vorrebbe che ci pensassimo ancora un momento, a quest’ora. Se la Camera me lo consente, farei una piccola parentesi. Quando ero giovanissimo sono stato una volta ultimo collega di Vittorio Scialoja. Si domandava un termine più lungo per presentare certe memorie ad un collegio arbitrale, ed egli mi guardò severamente dicendo: «Non c’è nella nostra professione un termine o l’altro, termini brevi o termini lunghi, c’è un termine solo, sempre lo stesso: tre giorni, gli ultimi tre». Caro Codacci Pisanelli, siamo ora alla stretta del sacco, e non siamo ancora sicuri delle nostre decisioni? Martedì mattina sarebbe come oggi: qualche incertezza ci potrà essere, perché ci sono dei problemi che fanno tremare le vene e i polsi, ma qui conviene ad un certo momento chiudere e decidere concretamente.

Nel merito l’onorevole Codacci Pisanelli affermò altamente che vi sono esigenze politiche e filosofiche di una giustizia costituzionale che coroni l’ordinamento della giustizia penale, della giustizia privata, della giustizia amministrativa. Ha detto benissimo e la Commissione concorda con lui. L’onorevole Nitti ha detto con grande autorità morale e scientifica: voi avete costruito un mostro, giacché non vi sono nel mondo altre Corti similari, e questo l’ho sentito anche sussurrare e ripetere, mentre altri hanno detto, all’opposto: voi avete pedissequamente imitato le legislazioni straniere. Le due accuse evidentemente si eliminano, e tuttavia sono entrambe infondate. Non c’è nel testo elaborato con tanta fatica dalla Commissione dei Settantacinque, a grandissima maggioranza, per non dire alla unanimità, né pedissequa né servile imitazione di altri testi statutari. La Corte Suprema degli Stati Uniti, la Corte di Lipsia, la Corte federale di Losanna, quella austriaca, prevista nella Costituzione effimera del 1930, sono fonti ed esempi ai quali abbiamo attinto; le Corti americana e svizzera rappresentano anche felici esperienze e la Commissione ha tenuto sott’occhio questi modelli, pur cercando di creare un organo che fosse adatto alle particolari esigenze del nostro Paese.

Ha detto inoltre il nostro maestro onorevole Nitti: l’America e la Svizzera, come da Germania e l’Austria, sono o erano Stati federali, mentre l’Italia è, e deve rimanere, per voto comune, un paese unitario, e se possibile, uno Stato decentrato ma fortemente unitario. Benissimo, onorevole Nitti, ma l’Italia, così come risulta organizzata dalla nuova Costituzione, è qualche cosa di diverso e di particolare rispetto agli altri Stati unitari: è uno Stato regionale, con Assemblee regionali dotate di non modesti poteri legislativi. Il fatto che ella, onorevole Nitti, ed anch’io, ultimissimo dell’Assemblea, abbiamo votato contro questo tipo di organizzazione, non toglie che esso abbia prevalso e che delle conseguenze debbano necessariamente scaturirne. Uno Stato, cioè, composto di Regioni, non sovrane ma autonome, le cui libertà e facoltà debbono venire imprescindibilmente contemperate ed armonizzate da un organo adeguato, il quale non può essere, come pensano alcuni, il solo Parlamento nazionale, che annullerebbe di fatto l’autonomia regionale, né la Magistratura, ordinaria, che verrebbe ad assumere un compito trascendente i suoi limiti naturali e tradizionali, cioè i limiti in cui essa è abituata ad inserirsi.

Dice ancora l’onorevole Nitti: abbiamo in Italia delle Regioni, non degli Stati federali; vogliamo o tolleriamo a malincuore le Regioni; non vogliamo che si creino degli Stati.

Mi consenta l’illustre statista: è appunto perché le Regioni non diventino Stati, non minaccino di diventare Stati, che si presenta l’imperiosa necessità di istituire una Corte costituzionale che possa giudicarne l’attività, e frenarne eventuali impulsi a porsi come enti sovrani.

Nel discorso dell’onorevole Nitti, che ho seguito parola per parola pendendo dalle sue labbra, ho rilevato una contraddizione interna, che rivela – io temo – un preconcetto. Egli ha detto con la consueta arguzia: «questa non è l’Alta Corte federale degli Stati Uniti, non è quella Corte di giudici autorevoli, di sette o nove insigni saggi dell’America; è una piccola Corte – sono esatto, onorevole Nitti? – una piccola Corte, una corticella numerosa e non autorevole». E poco dopo egli ha soggiunto che la Corte avrà un eccessivo prestigio. Quindi, ha configurato da una parte una Corte che manca di autorità e dall’altra una Corte che ne abbia soverchiamente.

Ricordo che in sede di Commissione dei Settantacinque, quando si discuteva sul nome da dare alla nuova istituzione, qualcuno, echeggiando denominazioni straniere, parlava di una Suprema Corte, o di una Suprema Corte costituzionale. Non si volle adottare la denominazione Suprema Corte costituzionale precisamente per non creare l’impressione di un organo che fosse veramente soverchiante, che stesse al disopra di tutti, che potesse in qualche modo sminuire altri organi dello Stato. L’onorevole Nitti ha richiamato, con una interessante digressione, l’esempio storico della Corte di Lipsia, verso la quale egli sarebbe stato un procacciatore di cause.

Ebbene, mi permetta, onorevole Nitti, questo augurio al quale ella indubbiamente si assocerà con tutto l’animo suo di grande italiano: c’è una competenza che nessuno di noi vuol dare alla Corte costituzionale, alla Corte costituzionale grande o piccola, suprema o meno che si voglia chiamare; c’è una competenza che nessuno di noi vuol dare a quella Corte, ed è precisamente quella che ebbe la Corte di Lipsia, quale conseguenza della responsabilità politica e della disfatta di un popolo. Non è questa la materia sulla quale la Corte costituzionale italiana dovrà decidere!

Le altre obiezioni mi paiono tutte facilmente superabili. Giusto, molto giusto che il numero debba essere fissato. Abbiamo fatto male, nel configurare l’intero Titolo, a non prevedere il numero. È esatto quello che l’onorevole Nitti teme, che la Corte possa essere il rifugio degli ex Ministri o dei parlamentari anziani battuti alle elezioni, diventando così un organismo retorico e screditato. Ha ragione; ma il rimedio è facile: si tratterà di specificare espressamente il numero di sette, otto, nove, quindici, un numero divisibile per tre e un numero tale che non consenta l’introduzione di elementi superflui che possano far diventare la Corte oggetto di mercato da parte del Governo.

Così le obiezioni degli onorevoli Nitti e Bertone circa il modo di nomina sono tutte ancora riservate alla decisione definitiva. Ci sono opinioni discordi nell’Assemblea, ci sono correnti che vorrebbero – l’onorevole Bertone ne è sostenitore – una scelta fatta nell’ordine della Magistratura; ci sono correnti che vorrebbero le nomine riservate interamente all’Assemblea; ci sono correnti intermedie che vagheggiano una composizione mista cui partecipino e il Presidente della Repubblica e l’Assemblea e il Consiglio Superiore della Magistratura.

Sono problemi che si esamineranno nella sede opportuna e che facilmente si risolveranno.

Si è detto: chi può provocare il giudizio della Corte Suprema? I 10 mila elettori paiono pochi all’onorevole Nitti, perché egli immagina che un piccolo partito di minoranza possa tenere in perpetua agitazione il Paese, raccogliendo con facilità le diecimila firme richieste. Ma alla Corte americana non basta forse un solo cittadino, quisquis de populo? Del resto, se non parrà sufficiente la garanzia, vorrà dire che l’Assemblea esaminerà accuratamente il problema e potrà di certo superare anche questa difficoltà.

L’onorevole Nitti, nel suo desiderio di ragionevole, di illuminata conservazione, ci ha detto qualche cosa da cui dobbiamo profondamente dissentire. La Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato – egli ha affermato – hanno funzionato bene, abbastanza bene. Mi consenta l’illustre statista che io gli risponda che, in materia costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato non hanno invece funzionato affatto, proprio nel momento in cui avrebbero dovuto funzionare.

Noi tutti ricordiamo l’episodio Mortara: la prima sezione accolse, nel 1922, un piccolo ricorso di un privato, affermando l’incostituzionalità di un decreto del Governo di Mussolini. La conseguenza fu che Mortara fu allontanato dalla Cassazione e nessun altro magistrato della Cassazione osò mai più, dopo di lui, esprimere un parere in tal senso: la Corte di Cassazione si conformò.

E il Consiglio di Stato? Il Consiglio di Stato mi pare incominciasse proprio con l’estromettere i suoi migliori e non mi consta che abbia una sola volta espresso il suo dissenso dai provvedimenti negativi della libertà di cui si rendeva responsabile il Governo di Mussolini. Ma si commettevano tutti i possibili soprusi, anche prima delle leggi del 1926; si applicava la vecchia legge comunale e provinciale, per esempio, per sopprimere la libertà di stampa, di parola, d’associazione, di riunione.

C’era, mi pare, l’articolo 3 per il quale, in caso di urgenza, il prefetto può prendere certi provvedimenti. È evidente che il legislatore che aveva redatto quell’articolo non aveva previsto se non l’intervento per il crollo di un tetto o qualcosa di simile; tutti sanno invece ciò che è accaduto: l’abuso assurdo che si è compiuto della legge comunale e provinciale. Mai le giurisdizioni amministrative sono utilmente intervenute, nemmeno davanti al grottesco. Mi pare chiaro che quegli organi non hanno agito in alcun modo per la tutela costituzionale.

La Commissione si trova largamente d’accordo con l’onorevole Nitti su un punto, non direi su un punto soltanto, ma su un punto principalissimo delle sue dichiarazioni: questa non è una questione di ordine politico. Ha detto l’onorevole Nitti: l’istituzione o meno della Corte Costituzionale è un problema di ordine tecnico, legislativo, un problema di ordine giuridico. Il fatto che la Camera sia così variamente divisa nell’esprimere le sue convinzioni, dimostra che l’onorevole Nitti ha detto la verità: non è un problema politico; è un problema giuridico, un problema di ordine costituzionale che dobbiamo esaminare con freddezza e tranquillità.

Io ritengo che la Corte costituzionale, o i poteri della Corte costituzionale – perché poi è una questione di nome: se diventasse, come ha detto l’onorevole Tosato, Corte costituzionale una sezione specializzata, o le sezioni unite della Corte di Cassazione, sarebbe cambiato soltanto il nome, sarebbe cambiata eventualmente la composizione, ma non sarebbe cambiata la funzionalità e non sarebbe vulnerato il principio – ci debbono essere; occorre che una Corte costituzionale, o una Corte che abbia questi poteri, sia istituita.

Ciò occorre per le ragioni che tutti hanno detto: Codacci Pisanelli, Perassi, Mastino, Condorelli, ed altri colleghi; occorre per la natura stessa della nostra Costituzione; occorre per qualche cosa di molto più vivo, premente e cogente e immediato, onorevoli colleghi, di quelle che siano le norme scritte, per ora, soltanto sulla carta; occorre per l’esigenza immediata e attuale dei fatti. Esiste in questo momento un’Assemblea deliberativa con vasti poteri in Sicilia; lo Stato fa delle leggi; l’Assemblea siciliana fa delle leggi. Mi consta che ci sono già in atto in questo momento conflitti che nessuno sa o potrebbe risolvere, tra lo Stato e la Sicilia, tra il Governo della Regione siciliana e il Governo dello Stato; bisogna che questi conflitti siano risolti. Ecco che al di sopra, al di fuori, al di là delle teorie e dei dubbi si affaccia premente la verità dei fatti, e ci obbliga a riconoscere l’immediata necessità della costituzione della Corte Costituzionale.

Vorrei rispondere brevissimamente a un dubbio, del mio amico onorevole Preti, dubbio che ho sentito affiorare nel discorso di taluni oratori, e che è il dubbio di taluni amici, che mi sono molto vicini: badate, essi mi dicono, non creiamo un organo che sia sopra l’autorità sovrana del Parlamento, che sia sopra l’autorità sovrana del popolo espressa attraverso le sue Assemblee.

Ebbene, io non vedo che l’auto-limite sia una rinunzia alla sovranità; non vedo che il Parlamento, ponendo a se stesso l’obbligo di non violare taluni principî, abdichi alla sua autorità: la afferma più che mai; la afferma questa Assemblea; per oggi e per domani.

Che cosa accadrebbe, onorevoli colleghi che avete questo dubbio, che cosa accadrebbe se si lasciasse il sindacato di costituzionalità all’autorità giudiziaria ordinaria?

Accadrebbe che un ricco, o un’associazione potente politicamente e finanziariamente, potrebbe ottenere, portando la sua azione a fondo, una dichiarazione di incostituzionalità della Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato. Sentenza che agirebbe soltanto nei suoi confronti, mentre l’ultimo venuto, non dotato di eguale potenza economica o politica, sarebbe colpito da quella legge, che invece di essere annullata erga omnes sarebbe soltanto incapace di produrre effetti contro colui che l’avesse impugnata e continuerebbe a produrne contro l’infelice non in grado di combatterla.

Mi pare che in questo caso l’autorità sovrana del Parlamento sarebbe più appariscentemente offesa, sarebbe molto più gravemente e nell’intimo vulnerata, che non nel caso in cui una Corte costituzionale, rilevando un contrasto fra la Costituzione e la legge, richiamasse il Parlamento alla necessità di rivedere, in forma costituzionale, quel determinato provvedimento.

E infine, per tranquillizzare tutti, poiché so che c’è un certo numero di colleghi che ha questa preoccupazione, mi pare evidente che il summum ius, la extrema ratio resti sempre al Parlamento, nel propostovi sistema.

Vediamo. La Corte costituzionale annulla una legge, annulla un decreto. E va bene: la legge ritorna al Parlamento. Il Parlamento la riesamina, ed è libero di modificare la legge, o di modificare la Costituzione, per modo che la legge cessi d’essere incostituzionale. C’è nel progetto l’articolo 130 che determina i modi attraverso i quali anche la Costituzione può essere mutata, talché in definitiva, con semplici garanzie dirette contro le improvvisazioni e l’infatuamento, al vertice della sovranità e della responsabilità restano indefettibilmente il Parlamento e il Popolo.

La Commissione ha accolto gli emendamenti degli onorevoli Gullo, Musolino, Preti e degli onorevoli Mortati e Tosato (perché anch’essi mi pare proponessero la medesima cosa), accettando di rinviare l’esame dell’ultimo capoverso – «Giudica il Presidente della Repubblica ed i Ministri accusati a norma della Costituzione» – ad un secondo momento. Vedremo, secondo la composizione della Corte Suprema, se converrà che giudichi di queste accuse o se non sia più conveniente che ne giudichi il Parlamento.

Quanto alla formulazione, fino all’ultimo istante abbiamo seguito tutti i suggerimenti e abbiamo condiviso tutti i dubbi e le preoccupazioni. La Commissione non ha amor paterno, tanto più che sarebbe una paternità plurima, e non è, quindi, attaccata al testo originale dell’articolo 126. Crede la Commissione di potere accettare la formulazione ultima dell’onorevole Tosato, ma, rispondendo anche al punto di vista espresso dall’onorevole Gullo, propone di votare la formula Tosato così ritoccata: «La Corte costituzionale giudica della legittimità costituzionale degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni e i conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, nonché fra lo Stato e le Regioni e fra le Regioni». (Applausi).

PRESIDENTE. Quale emendamento la Commissione accetta?

ROSSI PAOLO. Accettiamo l’emendamento Tosato, con l’aggiunta dopo le parole «conflitti di attribuzione», delle parole: «fra i poteri dello Stato».

Un’ultima osservazione. Mi pare che sia chiarito che l’emendamento dell’onorevole Persico, di cui abbiamo tutti riconosciuto la utilità, è implicitamente accettato. Egli si preoccupava che rimanesse ferma la competenza delle sezioni unite della Cassazione per i conflitti di giurisdizione, ed il principio è qui affermato ed incluso.

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. Desidero chiarire che il significato del mio emendamento e dell’emendamento dell’onorevole Preti, che è simile al mio, è che la Corte costituzionale non dovrebbe giudicare della «legittimità», ma solo delle «illegittimità», cioè delle violazioni della legge costituzionale.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Targetti ha proposto di aggiungere al testo accettato dalla Commissione le seguenti parole:

«secondo le norme dell’articolo 128».

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non possiamo votare un articolo 128 che non sappiamo che cosa sia. Certamente è l’articolo 128 che stabilisce chi può promuovere il giudizio davanti alla Corte costituzionale, ed allora, quando lo voteremo, risulteranno senz’altro, né vi è bisogno di dirlo qui, le condizioni per mettere in moto questo articolo 126. Non vi sarà bisogno di richiami o di citazione. Quanto a dire se la Corte giudica di costituzionalità od incostituzionalità, di legittima o illegittimità è sostanzialmente la stessa cosa. Nel testo dell’onorevole Tosato, se egli acconsente, si può parlare di «illegittimità» anziché di «legittimità».

PRESIDENTE. Onorevole Ruini, la questione è con l’onorevole Gullo, non con l’onorevole Tosato.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sta bene; ma avendo il Comitato accettato la formulazione dell’onorevole Tosato, dovevo richiamarmi ad essa.

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. Io non ho bisogno di dire all’intuito giuridico dell’onorevole Ruini come non sia la stessa cosa.

La legge è costituzionale. Questo è il punto; la base è questa. Diventa incostituzionale quando ciò dichiara la Corte costituzionale. La Corte non giudica della costituzionalità della legge; la Corte costituzionale afferma la incostituzionalità. È un punto totalmente diverso. Mi consenta l’onorevole Ruini, non è la stessa cosa. Dicendo: «la Corte costituzionale giudica della costituzionalità delle leggi» noi attribuiamo, almeno con queste parole, alla Corte costituzionale un potere di sindacato costante. Invece, noi diciamo che la Corte costituzionale giudica della incostituzionalità. Cosa molto diversa. Almeno, io la sento così. E ritengo di non sbagliare.

PRESIDENTE. Infatti la formulazione dell’onorevole Gullo e la seguente:

«La Corte costituzionale giudica delle violazioni delle norme costituzionali delle leggi e dei provvedimenti aventi valore di legge».

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Il mio emendamento non posso dire che sia stato accolto con segni di molto favore né dai colleghi della Commissione né da altri colleghi che anzi hanno dato segni di disapprovazione. Ho chiesto, quindi, la parola per spiegare e possibilmente persuadere i colleghi che la mia proposta non era proprio una proposta stravagante.

Lo so che non si può citare l’articolo 128 finché non siamo arrivati all’articolo 128. So benissimo che l’articolo 128 può diventare articolo 129. Ma quando dico: «secondo le norme dell’articolo 128» non è che dica questo per una speciale simpatia verso l’articolo 128, ma perché è un modo di mettere nella disposizione in esame quanto l’onorevole Gullo sostiene e che corrisponde anche al mio convincimento.

Dire che la Corte costituzionale giudica della costituzionalità può far nascere il dubbio che questo sia un giudizio da farsi in genere sopra qualsiasi norma, indipendentemente da qualsiasi violazione avvenuta o presente nella norma stessa.

Quando io propongo di aggiungere: «secondo le norme dell’articolo 128», e l’Assemblea sa che questo articolo regola l’azione della Corte, dico che della costituzionalità della norma la Corte costituzionale decide soltanto quando si è di fronte ad una avvenuta o presunta violazione di norma denunciata nel modo stabilito dalla legge. Quindi non è che io tenga per la vita e per la morte al mio emendamento, ma non mi sembra un emendamento da ritenersi ingiustificato.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Io personalmente non condivido il dubbio dell’onorevole Gullo, perché non credo che questa formula implichi il pericolo che l’onorevole Gullo vede, e cioè che la Corte costituzionale di sua iniziativa eserciti il sindacato su qualsiasi leggo. Tuttavia, poiché questo dubbio è sollevato e per venire incontro a queste esigenze, credo che, anziché adottare il suggerimento dell’onorevole Targetti che implica un rinvio ad articoli successivi, si potrebbe adottare questa formula: «La Corte costituzionale giudica delle controversie sulla legittimità costituzionale delle leggi, ecc.».

RODI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RODI. L’onorevole Colitto ha presentato un emendamento tendente ad aggiungere la parola «violazione». Io penso che la formula dovrebbe risultare del seguente tenore:

«La Corte costituzionale giudica della costituzionalità di tutte le leggi e della violazione di esse». (Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole Gullo Fausto ha facoltà di esprimere il proprio parere sulla proposta fatta dall’onorevole Perassi.

GULLO FAUSTO. Questa dizione coglie un altro aspetto della questione, la sorprende, dirò così, lungo il cammino.

La dichiarazione della incostituzionalità della legge sarà il coronamento della controversia, onde, riferendosi alla controversia, non si coglie l’attività della Corte nel momento in cui arriva alla meta. Ora la Corte arriva alla meta, non nel momento in cui dichiara la costituzionalità, ma in quello in cui dichiara la incostituzionalità. Quindi, volendo senz’altro cogliere questo lato della questione bisogna dire che la Corte giudica delle violazioni, che appunto possono portare a questa dichiarazione di incostituzionalità. Quando la Corte costituzionale accerta che il ricorso sia infondato, perché la legge abbia vigore non c’è bisogno che la Corte la dichiari costituzionale. Il giudizio della Corte ha un valore in quanto afferma la incostituzionalità della norma. Ripeto: la Corte in tanto esplica il suo potere in quanto dichiarata la incostituzionalità della legge.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. A proposito di un tema così fondamentale come quello della competenza della futura Corte costituzionale, noi ci troviamo in presenza di diverse formule, le quali vorrebbero tutte esprimere nel miglior modo tecnico un concetto sostanziale, intorno al quale mi sembra tenda a formarsi nell’Assemblea una prevalenza di consensi.

A me pare, per rispondere anche alla preoccupazione avanzata dall’onorevole Gullo, che la formula dell’emendamento Tosato, a favore del quale voterò, con l’aggiunta dell’onorevole Perassi, cioè la formula per cui la Corte è chiamata a giudicare sulle controversie relative alla legittimità costituzionale della legge o degli altri atti aventi valore di legge, porta perfettamente al risultato ultimo, da più parti prospettato, di dar luogo alla dichiarazione di incostituzionalità nel caso in cui la legittimità venga meno.

Infatti, l’esigenza segnalata dall’onorevole Gullo è pienamente sodisfatta dalle successive norme del progetto di Costituzione, le quali circoscrivono la legittimazione ad agire innanzi la Corte costituzionale e determinano pertanto chi possa promuovere la controversia. Con ciò viene neutralizzato il pericolo di una Corte costituzionale, quasi concepita come istituto funzionante in permanenza di iniziativa propria. Nessuna controversia, infatti, senza domanda. Nessun giudice senza attore.

Per converso, la formula della «legittimità» offre il vantaggio, che mi permetto sottolineare all’Assemblea, di disciplinare con particolare precisione, quasi ictu oculi, la competenza della futura Corte, con l’eliminare ogni sindacato di merito non rientrante nel concetto di sindacato di legittimità, formale o sostanziale. La contrapposizione fra i termini di legittimità e di merito, già profondamente elaborata nell’ambito della giustizia amministrativa, sarà così fecondamente utilizzata nella sfera della futura giustizia legislativa.

Sotto questi profili, dato il vantaggio della formula difesa e data la possibilità di fronteggiare pienamente le preoccupazioni avanzate da qualche parte della Camera, ritengo che in questa maniera il problema possa essere tecnicamente e politicamente risolto in modo adeguato.

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. A me sembra che il dubbio sollevato dall’onorevole Gullo non abbia ragione d’essere, perché egli si mette su posizioni totalmente diverse da quelle della legge.

Egli presuppone che la Corte costituzionale prenda in esame tutte le leggi emanate dal Parlamento e verifichi se sono costituzionali o meno.

GULLO FAUSTO. È il contrario!

PERSICO. Mi lasci dire, onorevole Gullo. Viceversa, la Corte costituzionale sarà stimolata ad agire tutte le volte che ci sarà un reclamo. Quindi, o accoglie il reclamo, e riconoscerà l’illegittimità della legge, o lo respinge e la legge rimane legittima.

Perciò, la formula migliore è quella dell’emendamento Tosato: «La Corte costituzionale giudica della legittimità costituzionale della legge». Non deve fare altro. La controversia sorge ai sensi e nei limiti dell’articolo 128. Se non c’è controversia, la Corte non si raduna perché manca la vocatio in ius. Quindi la formula esatta giuridicamente e tecnicamente perfetta è quella proposta: «giudica della legittimità costituzionale».

BELLAVISTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. A me sembrava che la preoccupazione dell’onorevole Gullo fosse appunto questa: secondo la dizione dell’articolo del progetto, si avrebbe una spada di Damocle sospesa su ogni legge. Tutte le leggi vanno ad un sindacato, da nessuno richiesto, della Corte costituzionale: e ciò l’onorevole Gullo voleva sensatamente evitare.

Se questa era la preoccupazione che spiegava la innovazione non formale ma sostanziale del suo emendamento, questa è ovviata dall’emendamento Perassi, seppure ve ne fosse stato bisogno. Perché c’è un principio base della giurisdizione: nemo index sine actore, che rende superflua ogni obiezione.

TOSATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOSATO. Ritengo che l’osservazione fatta dall’onorevole Gullo derivi dal fatto di non tenere esattamente presente il contenuto dall’articolo 126. Con questo articolo si tratta semplicemente di stabilire il principio della esistenza di un giudice in materia costituzionale; e di stabilire i casi, nei quali questo giudice è competente. Si tratta di un giudice, quindi vale per il giudice costituzionale quello che vale per tutti gli altri giudici: non è il giudice che va alla ricerca della controversia, ma la controversia viene portata al giudice; perché i giudici non sono organi autonomi; la loro attività è provocata da un atto e si tratta di definire se questo atto dovrà essere un’azione, una eccezione o un ricorso.

Va da sé che la legge costituzionale, fino a che la Corte costituzionale non si sia pronunciata su di essa in senso negativo, in seguito ad impugnativa, conserva una presunzione di costituzionalità e quindi svolge in pieno la sua efficacia.

Ora, si tratterà non di stabilire la competenza del giudice, materia dell’articolo 126, ma quale sarà il contenuto della pronunzia: e questa è tutt’altra materia. Vogliamo dare al giudice la possibilità di emettere una sentenza di annullamento o puramente dichiarativa, con quale efficacia, da quale momento? Queste sono tutte questioni, che si devono risolvere.

Mi pare che la formula da me proposta, secondo la quale il giudice costituzionale è competente soltanto a giudicare in tema di legittimità costituzionale, facendo quindi implicitamente una contrapposizione fra legittimità e merito, per escludere qualsiasi sindacato circa l’uso dei poteri discrezionali, sia precisamente quello che l’Assemblea ha ora in animo di deliberare.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. Mi sembra che, sentite le opinioni dei colleghi, la formula che possa raccogliere il consenso di tutti possa essere la seguente: «La Corte costituzionale giudica sulle eccezioni». È differente la eccezione dalla controversia.

PRESIDENTE. L’onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Quando poco fa dicevo di non vedere differenza sostanziale fra dire legittimità o illegittimità, costituzionalità o incostituzionalità, violazione o no di legge costituzionale dicevo una cosa esatta, che spero di chiarire.

Si ricorre alla Corte lamentando che una legge è incostituzionale; la Corte giudica se è costituzionale o incostituzionale; e suo compito è in sostanza di garantire la costituzionalità delle leggi. Possiamo dunque usare l’una e l’altra espressione; e non abbiamo difficoltà sostanziali a mettere illegittimità anziché legittimità, per quanto quest’ultima formulazione dell’onorevole Tosato sembrerebbe preferibile, perché si richiama più direttamente al concetto di garanzia: la Corte costituzionale giudica ed accerta la costituzionalità o legittimità costituzionale. Questa formulazione «legittimità costituzionale» anziché «costituzionalità», l’abbiamo indicata noi stessi, Perassi ed io, al collega Tosato, per superare la proposta che era sorta di inserire «escluso ogni giudizio di merito»; giusto concetto; la Corte non è giudice di merito; ma la Corte deve, ad esempio, poter valutale la finalità della legge per riconoscere se è costituzionale o no; e se vi è stata (scusatemi la espressione, e l’accostamento non preciso, ma desidero farmi intendere), qualcosa come un eccesso di potere nei riguardi della costituzionalità. La formula «legittimità costituzionale», mentre esclude il merito, consente una valutazione abbastanza elastica; e starà alla prassi ed alla giurisprudenza della Corte stabilire la giusta via.

Tornando alla proposta Gullo, il suo scopo non è tanto di mettere il negativo «illegittimità» invece del positivo «legittimità». La proposta si ispira alla preoccupazione che la Corte costituzionale abbia una funzione continuativa ed automatica, che non ha bisogno di essere eccitata, ma che deve essere esercitata d’ufficio; una funzione in qualche modo analoga a quella di registrazione che ha la Corte dei conti.

Apprezziamo tale preoccupazione; ma osserviamo all’onorevole Gullo che la formula da lui proposta non toglie la preoccupazione stessa. La Corte potrebbe avere ed esercitare la sua funzione di registrazione o d’ufficio, sia che le fosse attribuito di accertare l’illegittimità sia la legittimità. Il punto non è qui; è di stabilire chiaramente se occorre qualcosa di esterno alla Corte che ecciti e metta in movimento la sua macchina. Su tale punto non vi può essere il menomo dubbio. Basterebbe la stessa parola: «giudica» per indicare che, come in ogni altro giudizio, vi deve essere una parte che promuove il giudizio. Ma vi ha di più. Quando voteremo l’articolo 128, stabiliremo chiaramente quali sono le condizioni che occorrono perché la Corte sia investita dal giudizio. Né occorrerà, come propone l’onorevole Targetti, citare fin da ora, in anticipo, l’articolo 128; il collegamento risultava nel modo più indubbio dalla coesistenza dei due articoli. Né converrebbe, come suggerisce l’onorevole Costantini richiedere che la questione di illegittimità sia stata «eccepita»; oltre l’eccezione vi può essere il ricorso.

Vogliamo aggiungere qualcosa d’altro ad eliminare, per quanto non abbia ragione di sussistere, la preoccupazione dell’onorevole Gullo? Stabiliamo, come suggerisce l’onorevole Perassi, che la Corte giudica sulle «controversie» in tema di legittimità. Acconsentiamo per quanto, come ho abbondantemente dimostrato, non ve ne sia bisogno. Anche senza l’aggiunta non vi sarebbe dubbio.

BUFFONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUFFONI. Non sono convinto delle osservazioni dell’onorevole Ruini. La logica dice che la Corte costituzionale ha ragione di intervenire, quando da qualcuno è proposta eccezione di incostituzionalità. Stando così le cose diciamo chiaramente: «la Corte costituzionale giudica sulle eccezioni…».

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma oltre alla eccezione v’è anche il ricorso!

MASTROJANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTROJANNI. A me sembra che tutti i dubbi sollevati circa l’interpretazione della prima parte dell’articolo 126, siano infondati, e che la dizione, così come è consacrata nel testo redatto dalla Commissione sia la più perfetta e la più felice.

Qual è lo scopo cui mira la Corte costituzionale? Garantire la costituzionalità delle leggi. Se qui si fosse detto: «la Corte costituzionale dichiara la costituzionalità di tutte le leggi», fondato sarebbe stato il dubbio sollevato dall’onorevole Gullo, in quanto si potrebbe intendere che la legge diventa costituzionale iuris tantum o iuris et de iure, soltanto quando avviene la ratifica da parte dal sovrano organo cui è demandata l’indagine sulla costituzionalità delle leggi. Ma, dal momento che qui si è inserita la parola «giudica», si è esplicitamente detto che la Corte costituzionale interviene solamente in veste di giudice. Si interviene in veste di giudice quando è sottoposta al giudice una controversia. Deve esserci, quindi, l’attore e il convenuto, diversamente non vi è giudizio. Ed allora, il parlare di «eccezione» in ordine alla violazione della Costituzione, è evidentemente un errore giuridico, perché, prima della eccezione vi è l’azione, e non possiamo mettere in evidenza l’eccezione tacendo dell’azione. L’azione è implicita nel significato di giudizio, e poiché la Corte costituzionale deve giudicare sulla costituzionalità, e implicitamente, quindi, della incostituzionalità, bene ha detto la Commissione per il progetto di Costituzione, quando insieme alla terminologia sul significato, sul valore, sulla natura del termine «giudice» ha inserito l’altro della costituzionalità delle leggi, che è il significato preminente che deve prevalere alla incostituzionalità, inquantoché si presume, iuris tantum, che le leggi siano costituzionali.

Quindi, a me sembra che non vi sia formula più felice, più stringata, più aderente nella sua terminologia al significato giuridico, di quella usata dalla Commissione.

CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODACCI PISANELLI. Ho chiesto la parola unicamente perché vengano esaminati tutti i lati del problema. È stato detto da parte di un collega che la formula: «giudica della legittimità costituzionale delle leggi», ha per scopo di escludere qualunque sindacato sul merito legislativo, cioè sopra l’uso del potere discrezionale legislativo. Mi permetto richiamare l’attenzione dell’Assemblea sul problema, in quanto ritengo che non sia opportuno escludere, fin d’ora, ogni possibilità di un simile sindacato, e quindi forse la formula originaria del progetto: «la Corte costituzionale giudica della costituzionalità di tutte le leggi» è più opportuna, in quanto non preclude per l’avvenire la possibilità di ammettere in qualche caso un esame di merito. Esame di merito sull’esercizio di un potere discrezionale che, mi si consenta il parallelo perché ritengo sia utile, noi abbiamo ammesso nel campo della pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda l’uso del potere discrezionale amministrativo, ho appena bisogno di richiamare l’attenzione dei colleghi sopra la giurisdizione di merito della Giunta provinciale amministrativa e del Consiglio di Stato, che consente anche di esaminare l’atto dal punto di vista della opportunità, della convenienza, e consente inoltre di riformare l’atto stesso. Mi permetto soltanto questo richiamo allo scopo di far esaminare tutti i lati del problema. È necessario che anche questo lato sia preso in considerazione, in quanto penso che se limitiamo il sindacato alla sola legittimità costituzionale, risolviamo solo in parte il problema, perché sarà molto facile ad un potere esecutivo, che abbia un certo appoggio in Parlamento, far passare come leggi costituzionali quelle leggi che temerebbe fossero sottoposte al sindacato di costituzionalità. In altri termini, quando si sapesse che una determinata legge ordinaria potesse essere impugnata per incostituzionalità, sarebbe molto facile, disponendo di una sufficiente maggioranza, proporre la procedura prevista per la revisione costituzionale, e far passare come legge costituzionale una legge ordinaria che vìoli i fondamentali diritti.

Mi fermo soltanto su questa necessità di pensare anche alla opportunità di non escludere un sindacato sul merito legislativo, altrimenti il problema che ci proponiamo viene risolto solo per metà. Propongo che si resti alla formula originaria e che si dica: «La Corte costituzionale giudica della costituzionalità di tutte le leggi». Con questa formula basta la parola «giudica» a risolvere i problemi che ha sollevato il collega comunista, da cui sono stato preceduto, poiché il giudizio presuppone che vi sia una controversia. Comunque, propongo che si rimanga alla formula originaria del progetto.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. lo volevo osservare che la questione, sorta circa il termine «costituzionalità», in fondo non mi pare tocchi un punto veramente controvertibile. Il criterio in base al quale si dà il giudizio è quello della costituzionalità, così come avviene per la legittimità. Perciò il giudizio è di costituzionalità, cioè si giudica de costitutionalitate, se potessimo usare la parola latinizzata. Colgo l’occasione per chiedere all’onorevole Commissione che sorte ha l’emendamento da me proposto questa mattina…

ROSSI PAOLO. La Commissione accetta l’emendamento Tosato.

CONDORELLI. Ma l’emendamento Tosato non include, non considera l’ipotesi della usurpazione di poteri, anzi, la esclude totalmente. In tal caso io chiedo che si voti anche sul mio emendamento, perché mi pare che la Corte costituzionale mancherebbe ad uno dei suoi scopi essenziali se non potesse intervenire contro le più gravi aggressioni alla Costituzione che sono appunto le usurpazioni di poteri.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori dei vari emendamenti se intendono mantenerli.

Onorevole Bertone, intende mantenere il suo emendamento?

BERTONE. Non insisto sulla proposta soppressiva di tutta la Sezione.

PRESIDENTE. Onorevole Nitti, intende mantenere il suo emendamento?

NITTI. Mantengo la mia proposta sostitutiva dell’intera Sezione.

PRESIDENTE. Seguono gli emendamenti dell’onorevole Colitto, che non è presente.

RODI. A nome dell’onorevole Colitto ritiro gli emendamenti e aderisco al testo della Commissione.

PRESIDENTE. Sta bene. Onorevole Mastino Gesumino, mantiene l’emendamento?

MASTINO GESUMINO. Ritiro il mio emendamento e aderisco al testo dell’onorevole Tosato.

PRESIDENTE. Onorevole Perassi?

PERASSI. Aderisco al testo della Commissione.

PRESIDENTE. Non essendo presente l’onorevole Monticelli, l’emendamento s’intende decaduto.

Onorevole Caccuri, mantiene l’emendamento?

CACCURI. Vi rinuncio.

PRESIDENTE. Onorevole Grassi, intende mantenerlo?

GRASSI. Lo ritiro è aderisco al testo della Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Preti, mantiene l’emendamento?

PRETI. Qui non si tratta del mio emendamento. Volevo piuttosto pregare gli onorevoli Ruini e Rossi di accogliere il nuovo testo, così come l’ha presentato l’onorevole Tosato, per la parte che riflette i conflitti di attribuzione. Perché aggiungere le parole «fra i poteri dello Stato»? Lo stesso onorevole Ruini pochi giorni fa diceva che nella Costituzione non parliamo e non vogliamo parlare di «poteri dello Stato».

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma no!

PRETI. Sì, l’ha detto lei. Ed è logico! Dei singoli poteri dello Stato si poteva parlare nella legge del 1865. Tanto più che i famosi tre poteri dello Stato sono superati…

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non occorrerebbe a «conflitti di attribuzioni» aggiungere «fra i poteri dello Stato»; ma poiché uno dei proponenti dell’omissione di queste ultime parole, l’onorevole Mortati, aveva proposto anche di affidare alla Corte costituzionale i conflitti di giurisdizione, l’onorevole Persico chiede che sia espressamente stabilito che la Corte costituzionale non sia competente per questi ultimi conflitti; ma è inutile dirlo, perché l’Assemblea si è pronunziata in tal senso nell’articolo sul ricorso in Cassazione; ad ogni modo, a togliere la minima ombra di dubbio, basta dir qui «conflitti d’attribuzione fra i poteri dello Stato»; che è del resto materia di cui la Corte costituzionale deve occuparsi, per la sua stessa ragione d’essere.

PRESIDENTE. Non essendo presenti gli onorevoli Benvenuti e Targetti, i loro emendamenti si intendono decaduti.

Onorevole Bettiol, mantiene il suo emendamento?

BETTIOL. Vi rinunzio.

PRESIDENTE. E lei, onorevole Buffoni?

BUFFONI. Rinunzio al mio emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Persico, mantiene l’emendamento?

PERSICO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Onorevole Gullo Fausto, insiste nel suo emendamento?

GULLO FAUSTO. Ritiro il mio e mi associo all’emendamento Persico.

PRESIDENTE. E lei, onorevole Condorelli?

CONDORELLI. Insisto.

PRESIDENTE. Dobbiamo porre in votazione anzitutto l’emendamento Nitti, sostitutivo dell’intera Sezione.

NITTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Osservo che la votazione sui quattro articoli della sezione sarebbe inutile, se è accettata la mia proposta di un articolo riassuntivo, che si riferisce alla competenza della Cassazione a sezioni unite per queste questioni.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Prima di mettere ai voti l’emendamento Nitti occorrerebbe votare il mio emendamento sulla denominazione del titolo, che mantengo, nonostante si tratti di una questione di forma.

PRESIDENTE. Desidero avvertire l’Assemblea che, conformemente a quanto è stato già fatto in precedenza, rimandiamo la questione dell’intitolazione alla fine.

MARTINO GAETANO. Sta bene.

MASTROJANNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTROJANNI. Dichiaro a nome del mio Gruppo che voteremo contro l’emendamento dell’onorevole Nitti. Avrei desiderato di poter brevemente esporre stamattina le nostre argomentazioni contrarie a quelle così autorevolmente esposte dall’illustre parlamentare onorevole Nitti; ma mi è stato risposto che solo in sede di dichiarazione di voto avrei potuto manifestare il mio pensiero.

La ragione principale è quella per la quale noi, secondo il nostro programma politico dello Stato amministrativo, abbiamo sostenuto essere caratteristica essenziale della nostra concezione la Corte costituzionale.

Invero, contrastare e contrastare efficacemente le ponderose argomentazioni dell’onorevole Nitti e dell’onorevole Bertone è cosa non lieve né facile, ma mi conforta che le argomentazioni avversarie non tanto siano state dirette verso la superfluità di questo massimo istituto costituzionale, quanto sulle impossibilità relative ad una composizione che risponda alla fiducia del popolo italiano e alle esigenze squisitamente e altamente giuridiche di questo organo supremo.

Ora, consentitemi, onorevoli colleghi, di rilevare brevemente le incongruenze e le incoerenze nelle quali sono fra ieri e oggi caduti i più illustri parlamentari che onorano questa Assemblea. Basterà che io vi ricordi, a questo proposito, quanto ieri si sostenne circa la pluralità della Corte Suprema di cassazione, allorquando si affermò che l’estendere le sedi della Corte Suprema di cassazione significava anche rendere più aderenti alle necessità giuridiche del popolo gli organi giudiziari che ne esprimono le esigenze e significava anche dar vita al diritto, che non è creato dai giuristi, ma dal popolo.

Oggi invece si opina di dover restringere gli organismi giudicanti sul più delicato settore della vita nazionale, in considerazione di una presunta incompetenza dell’organismo che si vuol creare, attribuendone invece la potestà e la competenza alle sezioni unite della Corte Suprema di cassazione.

PRESIDENTE. Onorevole Mastrojanni, vorrei pregarla di contenersi nei limiti di una dichiarazione di voto.

MASTROJANNI. Esaurisco in breve le mie considerazioni. Che cosa gli avversatori della Corte costituzionale hanno detto a sostegno del loro punto di vista? Nulla in concreto che dimostri la superfluità di questo organo supremo, nel momento stesso in cui l’Assemblea ha redatto la Costituzione della Repubblica italiana. La Carta costituzionale deve necessariamente essere tutelata e custodita. E non vi è invero chi possa tutelarla e custodirla se non quell’organo che da questa Assemblea e successivamente dal Parlamento possa essere designato a questo altissimo ufficio.

La Corte Suprema di cassazione non è la più adatta ad interpretare la Costituzione della Repubblica italiana, in quanto che essa Costituzione è un corpus giuridico e politico insieme. Logico quindi che l’organo che deve tutelare e custodire il contenuto, lo spirito e la lettera della Costituzione sia composto di giuristi e di politici.

Esempio recente è quello dell’Alta Corte di giustizia, che dovendo pronunziarsi in tema di violazione e di soppressione delle libertà individuali e costituzionali ai termini dell’articolo 2 del famoso decreto legislativo luogotenenziale del luglio 1944, giudicando gli ex Ministri, avrebbe dovuto rappresentare, nelle sue elaborate sentenze, una più squisita sensibilità politica, e dimostrare, nelle importanti sentenze, in che cosa fosse consistita la violazione delle leggi costituzionali.

Invece, se con pazienza, onorevoli colleghi, esaminerete tali sentenze, vi accorgerete che esse non sodisfano le supreme esigenze dimostrative sulle violazioni costituzionali. Ecco perché, onorevoli colleghi, è necessario che la Corte costituzionale venga formata secondo i criteri espressi negli articoli inseriti nel progetto di Costituzione e che questo organismo rappresenti ed esprima, insieme colle esigenze della dottrina giuridica, anche le esigenze della sensibilità politica, la quale non può derivare che da uomini che si sono sperimentati nell’esercizio delle attività politiche.

Poiché mi conforta l’impressione che la maggioranza di questa Camera è orientata decisamente verso l’istituzione della Corte costituzionale, non vi ha bisogno che più oltre dimostri che le argomentazioni contrarie non incrinano in modo alcuno le ragioni della creazione di questo massimo istituto e confido che la Corte costituzionale sarà ad esaudimento del programma politico dell’Uomo Qualunque – che nello Stato amministrativo ha sostenuto e difeso la necessità di quest’organo di suprema garanzia delle leggi costituzionali – approvata dall’Assemblea Costituente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Nitti:

«Sostituire i quattro articoli della Sezione col seguente:

«Quando nel corso di un giudizio è sollevata questione di incostituzionalità di una norma legislativa, la decisione è rimessa alla Corte di cassazione a Sezioni unite.

«La legge determina le norme per il funzionamento della Corte».

(Non è approvato).

PRESIDENTE. Pongo ora in votazione il testo dell’articolo 126 proposto dall’onorevole Tosato e accettato dalla Commissione:

«La Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale degli atti aventi forza di legge dello Stato o delle Regioni; dei conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, fra Stato e Regione o fra Regioni».

(È approvato).

Ora pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Condorelli:

«giudica dei conflitti di attribuzione e sulle usurpazioni di potere degli organi costituzionali dello Stato».

(Non è approvato).

Avverto che l’ultimo comma è rinviato su richiesta dell’onorevole Preti e di altri, accettata dalla Commissione.

L’onorevole Martino Gaetano ha presentato una proposta di articolo 126-bis del seguente tenore:

«La Corte non potrà pronunciarsi sulla validità degli atti legislativi e dei decreti, se non in relazione a quelle norme costituzionali, la cui interpretazione non giustifichi una pluralità di soluzioni, una delle quali sia stata adottata dal Parlamento o dal Governo. Essa si asterrà parimenti, nelle sue decisioni, dal pronunciarsi su questioni che implichino una valutazione dell’opportunità dei suddetti atti».

MARTINO GAETANO. Rinunzio alla mia proposta di articolo 126-bis, perché ritengo che i concetti in esso esposti trovino riscontro in quelli espressi dalla formulazione della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 127. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«La Corte è composta per metà di magistrati, per un quarto di avvocati e docenti di diritto, per un quarto di cittadini eleggibili ad ufficio politico, tutti aventi l’età di almeno quarant’anni.

«I giudici della Corte sono nominati dall’Assemblea Nazionale. Per le categorie dei magistrati, avvocati e docenti di diritto, la nomina ha luogo su designazione, in numero triplo di nomi, rispettivamente da parte delle magistrature ordinarie ed amministrative, del Consiglio Superiore forense, e dei professori ordinari di discipline giuridiche nelle Università.

«La Corte elegge il presidente tra i suoi componenti. Il presidente ed i giudici durano in carica nove anni. Sono ineleggibili i membri del Governo, delle Camere e dei Consigli regionali».

PRESIDENTE. Ricordo che sono stati già svolti i seguenti emendamenti all’articolo 127:

«Sostituirlo col seguente:

«La Corte è composta per metà di magistrati e per metà di avvocati iscritti da almeno dieci anni nell’Albo dei patrocinanti in Cassazione e di docenti ordinari di diritto delle Università italiane, tutti aventi l’età almeno di quaranta anni.

«I giudici della Corte, scelti fra i magistrati, sono nominati con decreto del Capo dello Stato su designazione tripla del Consiglio Superiore della Magistratura; gli altri sono nominati dal Parlamento e dai Consigli regionali.

«Sono ineleggibili i membri incarica del Governo, delle Camere e dei Consigli regionali.

«La Corte è presieduta dal primo presidente della Cassazione.

«I giudici durano in carica nove anni e sono rieleggibili.

«Castiglia».

«Sostituirlo col seguente:

«La Corte costituzionale è composta di membri nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune e per un terzo dal Consiglio Superiore della Magistratura.

«I membri della Corte costituzionale debbono appartenere alle seguenti categorie: magistrati dell’ordine giudiziario e amministrativo anche a riposo; docenti universitari di diritto; avvocati dopo 15 anni di esercizio, che con la loro nomina cessano di essere iscritti nell’albo professionale.

«La Corte elegge il presidente fra i suoi componenti.

«Il presidente e i giudici durano in carica nove anni.

«L’ufficio di presidente o giudice della Corte costituzionale è incompatibile con quello di membro del Parlamento e dei Consigli regionali e con ogni altra carica od ufficio pubblico.

«Conti, Monticelli, Leone Giovanni, Bettiol, Cassiani, Rossi Paolo, Avanzini».

«Sostituirlo col seguente:

«La Corte costituzionale è composta di 15 membri, nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune e per un terzo dal Consiglio Superiore della Magistratura.

«I membri della Corte costituzionale debbono appartenere alle seguenti categorie: magistrati dell’ordine giudiziario e amministrativo anche a riposo; docenti universitari di diritto; avvocati dopo 15 anni di esercizio, che con la loro nomina cessano di essere inscritti nell’albo professionale.

«La Corte elegge il presidente fra i suoi componenti.

«Il presidente e i giudici durano in carica nove anni e non sono rieleggibili.

«L’ufficio di presidente o giudice della Corte costituzionale è incompatibile con quello di membro del Parlamento e Consigli regionali e con ogni altra carica od ufficio pubblico.

«Martino Gaetano».

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Corte, presieduta dal primo presidente della Cassazione, è composta per metà, in uguali proporzioni, di magistrati ordinari ed amministrativi, per un quarto di avvocati e docenti di diritto, per un quarto di cittadini eleggibili ad ufficio politico, tutti aventi l’età di almeno 40 anni.

«Caccuri».

Non essendo presenti gli onorevoli presentatori, si intende che abbiano rinunziato allo svolgimento dei seguenti emendamenti:

«Sostituirlo col seguente:

«La Corte è composta di 21 membri, di cui:

11 magistrati, nominati dal Consiglio Superiore della Magistratura;

5 avvocati e docenti di diritto, nominati dal Capo del potere esecutivo;

5 cittadini eleggibili ad uffici politici e designati dall’Assemblea Nazionale.

«Tutti debbono essere dell’età di almeno quaranta anni.

«I cinque avvocati e docenti di diritto saranno nominati su designazione, in numero quintuplo di nomi, del Consiglio Superiore forense e dei professori ordinari di discipline giuridiche nelle Università.

«Durano in carica 9 anni e non sono rieleggibili.

«La Corte elegge il Presidente tra i suoi componenti.

«Non possono far parte della Corte coloro che siano o siano stati membri del Governo, delle Camere e dei Consigli regionali.

«Adonnino».

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Corte è composta per un terzo di magistrati, per un terzo di avvocati e docenti di diritto, per un terzo di cittadini eleggibili ad ufficio politico, tutti aventi l’età di almeno 40 anni.

«Preti».

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«I giudici della Corte sono nominati dalle Camere riunite.

«Preti».

L’onorevole Mastino Gesumino ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Corte è composta per un terzo di magistrati, per un terzo di avvocati e docenti di diritto.

«Correlativamente, al secondo comma, dopo il primo periodo, alle parole: Per le categorie dei magistrati, avvocati e docenti di diritto la nomina ha luogo, sostituire le seguenti: La nomina dei magistrati, avvocati e docenti di diritto ha luogo».

Ha facoltà di svolgerlo.

MASTINO GESUMINO. Il mio emendamento era unicamente diretto ad ottenere che i giudici della nuova Corte costituzionale avessero le qualità tecniche necessarie per espletare il loro compito, che ritengo (e credo che questo sia nello spirito della formula accettata dalla Commissione) sia di natura esclusivamente giuridica. Il mio emendamento era però a questo riguardo incompleto; è molto più completo quello del collega Martino Gaetano, già svolto, al quale do la mia piena adesione.

PRESIDENTE. L’onorevole Lami Starnuti, assieme agli onorevoli Carboni Angelo, Cartia, Gullo Rocco e Filippini, ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«I giudici della Corte sono nominati dal Parlamento».

L’onorevole Lami Starnuti ha facoltà di svolgerlo.

LAMI STARNUTI. Con l’emendamento proposto noi chiediamo di sopprimere quella parte del secondo comma dell’articolo 127 secondo la quale l’elezione dei giudici della Corte da parte del Parlamento dovrebbe avvenire su designazione in numero triplo di nomi da parte delle Magistrature ordinaria e amministrativa, del Consiglio superiore forense e dei professori ordinari di discipline giuridiche nelle Università.

Questa formula – od altre equivalenti – non ci sembra accettabile.

Se il Parlamento deve necessariamente scegliere i giudici della Corte costituzionale su una rosa di nomi offerta da organi o da corpi estranei al Parlamento medesimo, è evidente che sostanzialmente la nomina non è fatta dal Parlamento, ma dagli organi o dai corpi che propongono.

Ora, a noi pare invece che debba il Parlamento eleggere i giudici non solo formalmente, ma anche sostanzialmente, debba cioè il Parlamento avere la piena libertà di scegliere esso con criteri suoi le persone che riterrà più adatte a ricoprire l’alta carica e non essere costretto puramente e semplicemente a convalidare la designazione che venga da altri corpi.

Questo è il significato del nostro emendamento sul quale insistiamo e che sottoponiamo all’attenzione e ai voti dell’Assemblea. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Costa ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, alle parole: dall’Assemblea Nazionale, sostituire: dalle Camere legislative».

Ha facoltà di svolgerlo.

COSTA. Lo ritiro.

PRESIDENTE. L’onorevole Merlin Umberto ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l’ultimo comma col seguente:

«Fa parte di diritto della Corte costituzionale, e ne è il presidente, il primo presidente della Corte di cassazione. I giudici durano in carica nove anni. Sono ineleggibili i membri del Governo, delle Camere, e dei Consigli regionali».

Non essendo l’onorevole Merlin Umberto presente, s’intende che abbia rinunziato a svolgerlo.

Segue l’emendamento dell’onorevole Caccuri, già svolto:

«All’ultimo comma, sopprimere le parole: la Corte elegge il presidente fra i suoi componenti».

L’onorevole Gullo Fausto ha presentato i seguenti emendamenti:

«Nel primo comma, sostituire alla parola: metà, la parola: quarto (di magistrati).

«Sostituire alla parola: quarto, la parola: metà (di cittadini)».

«Nel secondo comma, dopo le parole: Assemblea Nazionale, aggiungere: all’inizio di ciascuna legislatura».

«Sostituire la parola: giudici, con l’altra: componenti».

«Sostituire le parole: Assemblea Nazionale, con: Parlamento».

«Sopprimere la parte dell’articolo dalle parole: per le categorie, alla fine».

«Al terzo comma, sostituire alla parola: giudici, quella: componenti».

«Sostituire alle parole: nove anni, le altre: per il periodo di tempo stabilito per la legislatura».

Ha facoltà di svolgerli.

GULLO FAUSTO. Gli emendamenti da me proposti sono i seguenti: dove è detto: «La Corte è composta per metà di magistrati» io proporrei che si dicesse: «per un quarto di magistrati, per un quarto di avvocati e docenti di diritto». La seconda modificazione riguarda l’ultima parte e suona così: «per una metà di cittadini eleggibili ad ufficio politico, tutti aventi l’età di almeno quaranta anni».

Indubbiamente la Corte costituzionale è un organo politico. Su questo credo che siamo tutti d’accordo. E tale deve restare anche nei riguardi della sua composizione. Evidentemente componendola per metà di magistrati (qui non si fa una questione di stima o disistima verso un organo dello Stato) noi creiamo le premesse perché questo organo si intoni ad una mentalità che non è quella che noi vogliamo nel momento in cui affermiamo che la Corte costituzionale è e vuole essere un organo eminentemente politico.

L’esame della costituzionalità della legge, così come deve essere fatto dalla Corte costituzionale, indipendentemente cioè dai riflessi che la questione della costituzionalità possa avere in un rapporto privato, non può non essere un esame di natura prevalentemente politica e non solamente di natura giurisdizionale. L’ho già accennato nell’intervento che feci nella discussione generale su questa parte della Costituzione. La legge non è qualche cosa di statico e di fisso; la legge ha una vita, un dinamismo e, specialmente dal punto di vista politico, non si può né si deve prescindere da questo contenuto dinamico della legge. Ed è appunto la sensibilità politica che può cogliere questo aspetto della legge.

Diceva giustamente, l’onorevole Bozzi, nel suo intervento nella discussione generale di questa parte della Costituzione, che la Magistratura è, diremo così, congenitamente conservatrice. Questo si spiega; non c’è da fare ingiuria al corpo della Magistratura dicendo che è congenitamente conservatrice. È la natura propria della funzione della Magistratura che determina ciò.

Ora, che questa tendenza sia prevalente nella Corte costituzionale, che noi affermiamo essere un organismo politico, mi pare pericoloso.

Ecco perché io proporrei che invece che per metà, i magistrati concorressero alla formazione della Corte costituzionale per un quarto, anche perché non è escluso che qualche altro componente della Corte possa essere scelto anch’esso fra i magistrati. Io penso, del resto, che quando si tratta di organi così alti dello Stato la fissazione delle categorie sia molto discutibile dal punto di vista dell’opportunità. Ognuno vede come sarebbe strano, per esempio, che si dicesse che il Presidente della Repubblica debba essere scelto tra determinate categorie; sia per l’altezza dell’eletto, sia per l’altezza dell’organo che elegge, è bene non prefissare nessuna categoria. Anche, quindi, nei rapporti della Corte costituzionale, appunto perché eletta dal Parlamento, ritengo che sarebbe forse più opportuno non prefissare nessuna categoria. Ma poiché la maggioranza è di contrario avviso, io penso che si debba lasciare il più largo margine all’ultima categoria, a quella cioè che riguarda i cittadini eleggibili ad ufficio politico. Non è raro il caso di persone giustamente alte nella pubblica estimazione, perfettamente competenti e idonee, le quali tuttavia non rientrano in nessuna delle categorie predisposte. Ora io penso che il Parlamento, nel suo senso di responsabilità, saprà ben scegliere tutti i componenti della Corte, ed è bene, quindi, che noi allarghiamo il campo di scelta.

Proporrei pertanto di cambiare la metà in un quarto, dove si parla dei magistrati, e un quarto in metà, dove si parla di cittadini eleggibili.

Poi, preferirei che costantemente nella legge al posto della parola «giudici» si sostituisse sempre la parola «componenti», anche perché in altre parti del testo i membri della Corte costituzionale vengono chiamati così.

Proporrei ancóra la soppressione del periodo che va dalle parole: «Per le categorie» fino alla parola «università»; perché con esso non si fa se non aggravare i difetti di cui ho parlato poc’anzi. Ed anche per un’altra ragione: non è proprio il miglior regalo che prepariamo ai due che saranno esclusi, dato che necessariamente uno solo sarà il nominato. Ma, ripeto, questo circoscrivere il campo di scelta all’organo che deve eleggere, significa un po’ diminuire l’organo stesso. Fidiamo nel senso di responsabilità, nella coscienza di questo organo nel momento in cui designa i componenti della Corte costituzionale.

Con l’ultimo emendamento che riguarda l’ultima parte dell’articolo 127, propongo che la durata della Corte non sia fissata in nove anni. Non riesco a vedere il fondamento razionale di questo termine. Non vedo perché si sia detto nove e non undici o sette. Eppure è necessario che una ragione ci sia. A me parrebbe che sì farebbe meglio a stabilire una durata della Corte costituzionale pari alla durata della legislatura. Vedo anche io che qui si va incontro ad un ostacolo, ed è quello che la legislatura della Camera non ha la stessa durata della legislatura del Senato.

Poiché penso ad ogni modo che fissare la durata della Corte costituzionale ad una legislatura sia necessario, appunto perché bisogna avere come premessa la politicità di questo organo, penso pure che, se l’Assemblea non crede di ritornare sulla decisione, che mi pare degna di riesame, per stabilire la parità di durata fra la legislatura della Camera e quella del Senato, sia opportuno stabilire la durata della Corte costituzionale avendo presente quella della legislatura della Camera dei deputati.

Fissando la durata della Corte costituzionale a 9 anni potrebbe accadere che la seconda Camera, eletta dopo quella che ha nominato i componenti della Corte costituzionale, risulti politicamente intonata in modo diverso dalla Camera precedente. Noi così faciliteremmo la via all’insorgere di eventuali conflitti costituzionali che sono sempre da evitare. Che una legge predisponga i mezzi per sanare il conflitto è cosa che si spiega; ma che la legge faciliti l’insorgere dei conflitti è cosa che non si spiega più.

È bene che la Corte costituzionale ed il Parlamento che la elegge si muovano sullo stesso piano politico, appunto per prevenire l’eventuale insorgere di conflitti fra il Parlamento e la Corte costituzionale. Io penserei senz’altro che il Parlamento dovesse eleggere all’inizio di ciascuna legislatura la Corte costituzionale; e penserei che la Corte costituzionale dovesse durare appunto quanto dura la legislatura. Questo è il contenuto dei tre emendamenti che ho presentato in merito all’articolo 127.

PRESIDENTE. L’onorevole Codacci Pisanelli ha presentato il seguente emendamento:

«La Corte costituzionale è costituita dalla Corte dei conti, a sezioni riunite e integrate da dodici membri eletti dal Parlamento».

Ha facoltà di svolgerlo.

CODACCI PISANELLI. Richiamo l’attenzione degli onorevoli colleghi sopra la natura dell’organo che stiamo per costituire. In altri termini, ci si domanda se la Corte costituzionale debba essere un organo giurisdizionale oppure un organo di natura diversa. Condivido il parere espresso dai due oratori che mi hanno preceduto, secondo il quale occorrerebbe che, nel formare questo organo, si tenesse conto della necessità di una particolare sensibilità politica. In altri termini, siccome dobbiamo provvedere ad istituire un controllo sulla legislazione, ad istituire quasi una Corte la quale perfezioni l’attività che finora era svolta dal Parlamento, non è male che tale organo si consideri quasi emanazione del Parlamento.,

Già è stata fatta da un oratore che mi ha preceduto l’obiezione, secondo cui in questa maniera si andrebbe contro il principio della divisione dei poteri. Non penso si possa sostenere che in tal modo si deroga al principio della divisione dei poteri; anzi, penso che, se noi facciamo in maniera che la Corte costituzionale possa ritenersi emanazione degli organi legislativi, noi rispettiamo il principio della divisione dei poteri assai più di quanto non faremmo se invece attribuissimo ad un organo giurisdizionale il potere di intervenire sulle legislazioni, fino al punto di dichiarare la inefficacia di una legge o di annullarla addirittura.

Per tale considerazione, cercando di andare incontro alle diverse esigenze secondo cui occorre da una parte che ci sia personale specializzato e dall’altra personale che abbia una specifica sensibilità politica, propongo che ci si serva da un lato della Corte dei conti e dall’altro di membri eletti dal Parlamento.

Quanto alla Corte dei conti, faccio presente, come ho già accennato stamane, che in altri ordinamenti, per esempio in quello belga, la Corte dei conti è considerata come emanazione del potere legislativo, è quasi un completamento degli organi legislativi. Ed anche da noi, in fondo, questo concetto non può ritenersi assolutamente estraneo. Pensiamo all’attività che la Corte dei conti ha svolto nel sindacare la legittimità dei vari atti di governo, compresi gli atti aventi forza di legge; alludo ai decreti legge e ai decreti legislativi. Molte volte la Corte dei conti ha rifiutato di registrare questi decreti; ed in fondo tale rifiuto di registrazione o, altrimenti, la registrazione con riserva, cos’altro era, se non un sindacato sopra la conformità dei decreti al nostro sistema legislativo?

Dobbiamo tener conto, d’altra parte, che sarebbe più economico, oltre che più conveniente, servirsi di un organo che esiste e che ha personale specializzato. Non è facile istituire un nuovo organo, soprattutto un organo che deve avere la importanza della Corte costituzionale. Sarebbe meglio servirsi anche qui di qualche istituzione già funzionante e che ha dato buoni risultati, integrandola opportunamente.

Ma, quanto alla opportunità di fare in modo che il controllo sulla costituzionalità delle leggi non venga esercitata da un organo giurisdizionale, ma da un organo che abbia natura diversa e possibilmente possa considerarsi quasi di natura legislativa, penso che molti dei colleghi possano essere d’accordo.

Il problema si è presentato in altro campo, allorché si trattava di stabilire di quale natura fosse l’attività esplicata nel controllare la legittimità degli atti amministrativi. In un primo tempo si negò che fosse attività giurisdizionale; la si chiamò amministrazione contenziosa; successivamente si giunse a concludere che doveva essere considerata di natura giurisdizionale.

Per quanto riguarda la giurisdizione legislativa, che abbiamo istituita, mi pare che dovremmo arrivare alla stessa conclusione: l’attività che viene svolta è senza dubbio giurisdizionale. Resta da stabilire a quale organo attribuirla. Quest’organo, secondo alcuni colleghi, dovrebbe avere natura giurisdizionale. Ma in questo caso finirebbe necessariamente per inserirsi nel potere giudiziario; ed allora davvero che noi saremmo arrivati a porre la Magistratura in posizione di assoluta supremazia su tutti i poteri dello Stato!

Per tali motivi, pur non sapendo quale favore possa trovare la mia proposta presso l’Assemblea, richiamo l’attenzione dei colleghi sulla opportunità di stabilire bene che non intendiamo porre un potere al di sopra di tutti i poteri, ma ci riferiamo, nel vero senso dell’espressione, alla divisione dei poteri, la quale implica anche bilancio fra i poteri. Non è soltanto divisione dei poteri quella che impedisce ad un potere di ingerirsi nell’esercizio dell’attività esercitata da un organo diverso: divisione dei poteri che impedisce, per esempio, alla giurisdizione, normalmente, di ingerirsi nella legislazione. Ma anche quella che, quando si tratta di sindacare la legislazione, non affidi ad un organo di natura giurisdizionale tale funzione; altrimenti un organo giurisdizionale finirebbe per esercitare attività legislativa; e il principio della divisione dei poteri sarebbe violato.

Come dicevo, il principio della divisione dei poteri implica anche bilancio fra i poteri ed equilibrio fra di essi. Bisogna cioè che un potere possa quasi delimitare la competenza dell’altro, senza arrivare ad una preminenza dell’uno sull’altro. Questo otterremo se noi non porremo un organo di natura giurisdizionale al disopra di tutti i poteri, ma se invece semplicemente concepiremo questa attività come una giurisdizione legislativa, attribuita ad un organo che dobbiamo considerare emanazione del potere legislativo, e siccome il potere legislativo è attribuito ad Assemblee elettive, le quali derivano dall’elezione popolare, esso ci potrà dare anche maggior garanzia di rispettare le tendenze politiche del Paese.

Quanto alla durata di quest’organo, ritengo che i nove anni stabiliti dal testo della Commissione dei Settantacinque, per quanto riguarda la durata dei membri elettivi, siano un termine giusto. È necessaria una certa continuità, per garantire la stessa stabilità della Costituzione da noi approvata. Soprattutto intendiamo che in questo modo si utilizzi un’istituzione già esistente, con personale già specializzato, che sarebbe in grado di fornire un ottimo aiuto all’attività del nuovo organo, che si troverà di fronte al problema gravissimo di affrontare l’esercizio di una giurisdizione priva di precedenti nel nostro sistema.

Mi permetto, pertanto, di sottoporre ai colleghi l’opportunità di concepire la Corte costituzionale come emanazione del potere legislativo e di attribuire le sue funzioni alle sezioni unite della Corte dei conti, costituita da undici membri più dodici membri eletti, senza alcuna specializzazione di categoria, dal Parlamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:

«La Corte costituzionale si compone di 18 membri ordinari e di altrettanti supplenti nominati dal Presidente della Repubblica e scelti fra le seguenti categorie: magistrati dell’ordine giudiziario e amministrativo, anche a riposo, professori ordinari di diritto, anche a riposo, avvocati con 15 anni di esercizio, aventi l’età almeno di 40 anni.

«La scelta di un terzo di tali membri avverrà su terne formate, per la categoria dei magistrati ordinari e speciali, dal Consiglio Superiore della Magistratura e rispettivamente dai magistrati del Consiglio di Stato e della Corte dei conti; per un altro terzo su terne predisposte dal Consiglio Superiore forense e dai professori ordinari di discipline giuridiche delle università.

«Il Presidente e i giudici durano in carica 9 anni e sono rinnovabili. L’ufficio di componente della Corte costituzionale è incompatibile con quella di membro del Parlamento e dei Consigli regionali e con l’esercizio di attività professionali.

«Per i giudizi relativi alle accuse contro il Capo dello Stato ed i Ministri, si aggiungono ai membri ordinari 16 altri cittadini eleggibili ad ufficio politico, scelti dal popolo con elezioni indirette, secondo le modalità che saranno stabilite dalla legge».

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

MORTATI. Per quanto concerne l’ultimo punto, che riguarda l’accusa dei Ministri, rinunzio a svolgerlo in questo momento, perché credo opportuno mantenere la sospensiva che si era decisa a questo proposito.

Farò una breve illustrazione della prima parte, che riguarda le funzioni ordinarie dalla Corte costituzionale. La mia proposta è in netta antitesi con quella testé illustrata dall’onorevole Fausto Gullo, ed è in antitesi, perché sono in antitesi i presupposti dai quali partiamo io e l’onorevole Gullo. Egli parte dal presupposto che questo sia un organo di natura politica e trae da ciò conseguenze molto logiche: afferma che la scelta debba essere affidata discrezionalmente al Parlamento, senza vincoli di designazione; afferma inoltre che la durata di questo organo debba coincidere con la durata della legislatura. Ma è da chiedersi se queste conseguenze logiche delle sue premesse, siano compatibili con l’articolo 126 che noi abbiamo votato poco fa. Nell’articolo 126, quale risulta approvato dall’Assemblea, si è posto un principio fondamentale che deve guidare le ulteriori nostre votazioni, si è stabilito, cioè, che questo organo ha funzioni strettamente giurisdizionali, limitate al controllo della costituzionalità delle leggi, costituzionalità anche, materiale, ma non estensibili ad apprezzamenti che implichino l’esercizio di poteri discrezionali. La formula adoperata è sufficientemente chiara e porta ad escludere ogni valutazione discrezionale da parte dell’organo del controllo di costituzionalità, restringendone il compito all’accertamento della corrispondenza della legge sottoposta a sindacato alle forme rigide, sicché adesso si deve richiedere il possesso di una preparazione e di una forma mentale idonea a tale compito.

Ed allora, se questo è il tenore dell’articolo formulato, il problema che si pone, quando si deve decidere della composizione dell’organo, è questo: quale è il modo migliore per formare un organo idoneo all’esercizio di un’attività di carattere giurisdizionale.

In base a queste premesse che, ripeto, si deducono da quanto abbiamo già approvato, sembra debba argomentarsi che l’organo più idoneo alla scelta dei membri della Corte sia il Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica, quale lo abbiamo creato, è un organo neutro, imparziale, sopra le parti, che ha la funzione di equilibratore dei poteri, di moderatore, di tutore della Costituzione. Ed è appunto questa sua posizione costituzionale che lo rende, a quanto sembra, il meglio idoneo a valutare la convenienza della scelta di un organo che deve essere appunto, per la natura delle sue funzioni, imparziale, e tale da fornire la garanzia di un’obiettiva interpretazione della legge.

Ed allora, in base a questo presupposto, proposero di affidare la scelta di tutti i membri al Presidente della Repubblica. Ciò trova un precedente nella Costituzione nordamericana, come, ricordava questa mattina l’onorevole Nitti. Invece estraneo ad ogni tradizione è la proposta dell’onorevole Gullo. O meglio, un precedente se ne può trovare nella Costituzione cecoslovacca; la quale però imposta il problema del controllo della legge su una base completamente diversa da quanto noi abbiamo fatto. È d’altra parte da rilevare come l’influenza del Parlamento si esercita indirettamente, attraverso la controfirma che al decreto presidenziale di nomina deve essere opposta da parte del primo Ministro, che nel regime parlamentare, come quello che andiamo costruendo, è espressione delle forze politiche dominanti. Quindi, con il sistema proposto si mantiene il necessario contatto con la realtà politica, senza però attribuire direttamente la nomina al Parlamento, meno idonea a compierla, e senza togliere l’intervento personale, del Capo dello Stato, il quale può esercitare nella scelta una benefica influenza facendo valere quelle doti di prestigio e esplicando quell’azione equilibratrice che è a lui propria.

A chi poi opponesse, muovendo da un punto di vista opposto a quello inspirante l’obiezione di cui ho finora parlato, che l’attribuzione al Capo dello Stato della nomina di tutti i membri della Corte, rende eccessiva, in un regime parlamentare, l’influenza del partito di maggioranza da cui è formato il Governo, che assume la responsabilità dell’atto di nomina, si potrebbe rispondere, oltre che con l’osservazione già enunciata, che fa riferimento all’influenza ed al prestigio personale del Capo dello Stato, con il rilievo che nella proposta da me formulata, la scelta debba avvenire non solo fra appartenenti a certe categorie, ma anche entro terne di nomi predisposte dai corpi dei magistrati ordinari o speciali, dai Consigli forensi, dai professori universitari. Ciò evidentemente tempera la possibilità di scelte che cadono in persone sfornite di attitudini tecniche e qualificate solo politicamente. Con queste illustrazioni, confido che il mio emendamento possa esser preso in benevola considerazione.

Presidenza del Vicepresidente BOSCO LUCARELLI

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

PERASSI. Il collega Mortati, ha esattamente impostato il problema al quale dobbiamo dare una soluzione con l’articolo che stiamo approvando. L’impostazione è questa: si tratta di una funzione giurisdizionale, cioè di accertare la conformità alla Costituzione delle norme giuridiche emanate con leggi o atti aventi valore di legge. Su questo punto tutta l’Assemblea è concorde. Il problema che si pone è precisamente quello della ricerca dell’organo meglio adatto a compiere questa specifica e particolare funzione giurisdizionale. Qui ci troviamo di fronte ad una serie di proposte e di formule. Io debbo limitarmi rapidissimamente a fare qualche cenno di queste varie formule, e credo che si possa cominciare (per dare un po’ di ordine logico a questa rassegna) dalle proposte che divergono più profondamente dal testo inizialmente proposto dalla Commissione dei Settantacinque. Quale è questa proposta più divergente? Allo stato attuale delle cose, mi pare che sia quella dell’onorevole Mortati, il quale propone che la nomina dei componenti la Corte costituzionale sia fatta dal Capo dello Stato e sia fatta sulla base di designazioni interne, le quali sarebbero formate da tre gruppi: magistrati, avvocati e professori. L’onorevole Mortati ha dato spiegazione di questo suo modo di vedere; la Commissione però non ritiene che sia il caso di allontanarsi così profondamente da quella che è stata la soluzione adottata dalla Commissione dei Settantacinque. Mi sembra che attribuire esclusivamente al Capo dello Stato questa competenza non sia conveniente; viceversa della proposta dell’onorevole Mortati riteniamo questo: che, in parte, è opportuno che anche il Capo dello Stato concorra nella formazione di questo organo giurisdizionale.

In ordine di divergenza dal punto iniziale, mi pare che come seconda si possa indicare la proposta singolare, interessante da certi punti di vista, ma un po’ personale, dell’onorevole Codacci Pisanelli, il quale, partendo un po’ dal concetto di voler utilizzare qualche organo esistente – sia pure integrandolo – ha creduto che, una volta abbandonata l’idea di attribuire questa funzione alla Corte di cassazione a sezioni unite, fosse il caso di far ricorso alle sezioni unite della Corte dei conti, integrate da altri membri eletti dal Parlamento.

È una soluzione, la quale può avere anche qualche lato interessante; ma la Commissione non ritiene di poterla accettare. L’onorevole Codacci Pisanelli, per giustificare questa proposta, ha ricordato – ed è esatto – che la Corte dei conti già attualmente compie un sindacato di legittimità su alcuni degli atti che dovrebbero andare sottoposti al sindacato della Corte costituzionale, e cioè, in particolare, i decreti legislativi.

È verissimo, senonché mi pare che questa sia appunto una ragione per escludere la soluzione da lui proposta, perché potrebbe avvenire questo caso singolare: che la Corte dei conti, in sede di riscontro preventivo su un decreto legislativo, abbia ritenuto che esso non presenti nulla di incostituzionale. Viceversa, poi, pubblicato questo decreto, sorga la contestazione e si debba ricorrere al giudizio di legittimità di questo organo che stiamo costruendo.

Anche per questa ragione, quindi, la Commissione non ritiene di poter aderire a questa proposta.

Terza soluzione, la quale si avvicina allo schema proposto dalla Commissione, ma ne diverge alquanto, è la proposta degli onorevoli Lami Starnuti e Preti, i quali vorrebbero che tutta la Corte costituzionale fosse eletta dal Parlamento. La proposta di questi colleghi si distingue in due aspetti: da un lato che tutti i membri della Corte siano eletti dal Parlamento e dall’altro, che non vi sia – come era nel progetto iniziale – la disposizione secondo la quale il Parlamento, nel fare questa elezione, debba scegliere in certe categorie e sulla base di certe designazioni.

Ora, la Commissione in parte accoglie quella che è l’idea ispiratrice delle proposte degli onorevoli Lami Starnuti e Preti, nel senso che ritiene che non sia il caso di limitare eccessivamente la libertà di scelta da parte del Parlamento. La Commissione è di avviso che convenga mantenere il criterio delle categorie; ma ritiene che non sia il caso di conservare la proposta primitiva, che vi siano cioè, anche delle designazioni, che limiterebbero eccessivamente la scelta.

Giunti a questo punto, vi è la proposta dell’onorevole Fausto Gullo che, in parte, si ricollega a quella dell’onorevole Lami Starnuti, nel senso cioè di togliere le restrizioni: e su ciò ho già risposto. L’onorevole Gullo propone poi che siano anche modificate le proporzioni delle categorie e, precisamente, egli propone di modificare questo dosaggio nel senso di stabilire che un quarto soltanto dei membri sia scelto fra i magistrati, un quarto fra gli avvocati e l’altra metà fra i cittadini eleggibili.

La Commissione, dopo avere esaminato le diverse proposte, è venuta nella conclusione che convenga adottare il sistema per cui la nomina d’un organo, investito di una funzione delicata nel meccanismo costituzionale come è quella della Corte costituzionale, non sia attribuito ad un solo ordine o ad una sola classe, ma vi partecipino ordini diversi: il Capo dello Stato, il Parlamento e il Consiglio Superiore della Magistratura.

In questo senso è formulato un emendamento che reca le firme degli onorevoli Conti, Monticelli, Leone Giovanni, Bettiol, Rossi Paolo ed Avanzini. Esso reca: «La Corte costituzionale è composta di membri nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune e per un terzo dal Consiglio Superiore della Magistratura».

Tre dunque sarebbero, secondo questa proposta, gli organi che partecipano alla formazione della Corte costituzionale. Nel testo originario dei colleghi di cui ho fatto il nome non si indicava il numero dei componenti la Corte. Ma l’onorevole Nitti, questa mattina, nel suo intervento, ha messo in rilievo questa lacuna. La quale, a dir vero, poteva anche giustificarsi nel senso che si intendesse con ciò che tale numero sarebbe stato determinato dalla legge. Ma siccome egli ha temuto, in certo senso, delle sorprese, la Commissione è venuta nella determinazione di ovviare all’inconveniente, fissando il numero di quindici membri della Corte.

La Commissione ritiene che si tratti di un numero ragionevole e, pertanto, propone di inserire nel testo dell’emendamento Conti ed altri questa precisazione.

Il secondo comma di questo emendamento mantiene il principio delle categorie, ma abbandona quello delle designazioni, che condurrebbe ad una restrizione eccessiva. Secondo tale comma, dunque, i membri della Corte costituzionale, da chiunque, s’intende, siano eletti, debbono essere scelti fra le seguenti categorie: magistrati dell’ordine giudiziario ed amministrativo anche a riposo, professori ordinari di materie giuridiche delle Università, avvocati dopo venti anni di esercizio.

A questo punto si metterebbe una formula che abbiamo già adottata per il Consiglio Superiore della Magistratura, cioè a dire che chi è nominato membro della Corte, durante la carica cessa, se è iscritto, di far parte degli albi professionali forensi.

Dopo questa parte, che costituisce il punto centrale dell’articolo che stiamo esaminando, l’emendamento dice:

«La Corte elegge il Presidente fra i suoi componenti». E su questo punto non ci sono divergenze. «Il Presidente e i giudici durano in carica…» Quanto tempo? Nel progetto iniziale della Commissione si era proposto nove anni. Qui abbiamo delle suggestioni di varia natura. Da un lato ve n’è una radicale, più divergente, ed è quella dell’onorevole Gullo Fausto, il quale propone che non si fissi un termine determinato, ma si adotti come determinazione della durata della carica il criterio della legislatura. L’elezione, la nomina dei componenti la Corte, dovrebbe essere fatta all’inizio di ogni legislatura, e quindi durare per quella legislatura.

La Commissione non crede di poter aderire a questo punto di vista, in quanto fare riferimento alla legislatura marcherebbe in una forma che non mi sembra conveniente un eccessivo legame fra la Corte costituzionale e il Parlamento.

Conviene, invece, che la Corte costituzionale assuma la figura di un organo giurisdizionale, che pur essendo in parte eletto dal Parlamento, tuttavia per la sua funzione si pone come un organo indipendente. Quindi la Commissione non aderisce a questa idea.

Si è detto, d’altra parte, che nove anni sono forse un termine troppo lungo. E a questo riguardo la Commissione aderisce alla proposta di portarli a sette.

Infine vi è l’ultimo comma, che non ha grande interesse; esso dice:

«L’ufficio di Presidente o di membro – o giudice – della Corte costituzionale è incompatibile con quello di membro del Parlamento o di un Consiglio regionale, e con ogni altra carica od ufficio indicati dalla legge».

Questo è il testo che dopo matura riflessione la Commissione ha ritenuto di poter presentare al voto dell’Assemblea, e su questo testo essa spera che l’Assemblea potrà concordare.

Presidenza del Vicepresidente CONTI

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Signor Presidente l’onorevole Perassi, pure così accurato, ha dimenticato di menzionare un mio emendamento, che io penso meritava di essere preso per lo meno in esame, se non in considerazione. Il mio emendamento, al quale ha aderito quest’oggi l’onorevole Mastino Gesumino, è analogo a quello accettato dalla Commissione, con due differenze:

1°) che è fissato il numero dei giudici.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Lo abbiamo accettato.

MARTINO GAETANO. Il numero fissato nel mio emendamento è ora introdotto nell’emendamento della Commissione, ed è lo stesso numero: 15;

2°) che c’è al quarto comma questa espressione:

«Il Presidente e i giudici durano in carica nove anni e non sono rieleggibili».

Ora, io non posso in questa sede ripetere quello che ho già detto nel mio discorso sulla Corte costituzionale, e immagino che l’onorevole Perassi sia informato delle ragioni per le quali io sostenni che la non rieleggibilità dei giudici della Corte rappresenti una garanzia, alla quale noi non possiamo in nessun modo rinunziare.

Quindi sarei grato all’onorevole Perassi se volesse a questo proposito dire una parola. Penso che sia opportuno non aderire al concetto della riduzione a sette anni, e che si sancisca il principio della non rieleggibilità per evitare il conformismo di questo organo, che deve essere giurisdizionale, rispetto al Parlamento, cioè all’organo politico di cui esso è, in pratica, l’emanazione.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Perassi di esprimere il parere della Commissione in merito.

PERASSI. Domando scusa all’onorevole Martino della mia dimenticanza involontaria. Io ho ascoltato il suo discorso durante la discussione generale e l’ho poi letto interamente con molto interesse. Rinnovo perciò, tanto più, le scuse per questa mia dimenticanza formale. Dico formale, perché sostanzialmente il testo elaborato nel seno della Commissione, in fondo, ha ripreso varie proposte contenute nell’emendamento dell’onorevole Martino.

Il numero dei membri della Corte sul quale noi ci siamo fissati è quello che lo stesso onorevole Martino ha suggerito.

La divergenza rimasta fra il suo testo e quello fatto proprio dalla Commissione si riduce a due punti il primo, riguarda la frase «e non sono rieleggibili». La Commissione l’accetta. Per quanto concerne poi la durata, i nove anni, che l’onorevole Martino ha ripreso dal testo primitivo della Commissione, noi riteniamo invece che rappresentano un termine eccessivamente lungo. Quindi la Commissione, come ho detto prima, riduce da nove a sette anni la durata della nomina e accetta che si aggiunga che i giudici non sono rieleggibili.

AMBROSINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMBROSINI. La mia dichiarazione di voto è questa: fra quelli proposti voterò l’emendamento che più riafferma, in modo tassativo, il carattere giurisdizionale della Corte costituzionale.

Se noi abbiamo accolto il sistema della Costituzione rigida, non possiamo ammettere nessun metodo che si allontani da questo principio fondamentale. Infatti Costituzione rigida significa avere delle norme di carattere costituzionale che non possono essere cambiate con norme della legge ordinaria. Ora, se ai membri della Corte costituzionale, comunque eletti, si attribuisse un compito politico con la possibilità di adeguarsi a quanto il Parlamento ha fatto con la votazione di norme di carattere ordinario, eventualmente contrarie a quelle di carattere costituzionale, allora si snaturerebbe l’essenza stessa dell’istituto. Sarebbe assolutamente inutile istituire una Corte costituzionale. La Corte costituzionale non deve essere politica, giacché deve giudicare, pronunziare il diritto, vedere cioè se la norma della legge ordinaria corrisponde alla norma di carattere costituzionale. Nel caso che non corrisponda, deve, con criterio giuridico, tirarne le conseguenze.

Naturalmente ciò non viola per nulla il diritto dell’organo legislativo supremo, il quale, quando ha da cambiare, adeguandosi all’evoluzione della coscienza popolare e alle esigenze dei nuovi tempi, quando ha da cambiare le norme costituzionali, deve seguire la procedura speciale stabilita dalla Costituzione.

Se questo sistema non si seguisse, si verrebbe a sabotare tutto l’ordinamento costituzionale già approvato sulla base di un sistema di Costituzione rigida.

Per questi motivi, se verrà posto in votazione l’emendamento Mortati, io voterò a favore.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori degli emendamenti se li mantengono.

L’onorevole Castiglia non è presente e pertanto il suo emendamento si intende decaduto.

L’emendamento degli onorevoli Bettiol, Cassiani e Rossi Paolo è quello accettato dalla Commissione.

L’onorevole Adonnino non è presente e per tanto il suo emendamento si intende decaduto.

L’onorevole Martino Gaetano insiste nel suo emendamento?

MARTINO GAETANO. Insisto sulla parte che concerne la durata della carica. Per il resto il mio emendamento è identico a quello della Commissione.

PRESIDENTE. L’onorevole Caccuri non è presente e pertanto i suoi emendamenti si intendono decaduti.

L’onorevole Preti non è presente e i suoi due emendamenti si intendono decaduti.

Onorevole Mastino Gesumino, lei ha aderito all’emendamento dell’onorevole Martino Gaetano?

MASTINO GESUMINO. Aderisco con una riserva. Insisto sui nove anni.

PRESIDENTE. Onorevole Lami Starnuti, mantiene il suo emendamento?

LAMI STARNUTI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. L’onorevole Merlin Umberto non è presente, e pertanto il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Gullo, mantiene i suoi emendamenti?

GULLO FAUSTO. Li mantengo tutti, perché costituiscono un tutto organico.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, mantiene il suo emendamento?

MORTATI. Lo mantengo per quanto riguarda il punto del principio della nomina da parte del Capo dello Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Codacci Pisanelli, mantiene il suo emendamento?

CODACCI PISANELLI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Passiamo ora alla votazione dell’emendamento dell’onorevole Codacci Pisanelli, non accettato dalla Commissione:

«La Corte costituzionale è costituita dalla. Corte dei conti a sezioni riunite e integrata da dodici membri eletti dal Parlamento».

Comunico che è stata chiesta la verifica del numero legale dall’onorevole Laconi. ed altri colleghi.

Onorevole Laconi, insiste?

LACONI. Ritiro per il momento la richiesta.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. In ordine alla votazione, a me non pare che per una questione così complessa, in cui si articolano tante proposizioni, si possa far luogo alla votazione complessiva di tutto un emendamento. Noi abbiamo una serie di emendamenti che concorrono a formare questa disposizione, che si riferiscono ad elementi diversi. Abbiamo il numero dei membri, abbiamo la considerazione del modo di nomina, delle elezioni, della durata, della incompatibilità. A me pare sia più ragionevole mettere in votazione i singoli emendamenti, ma quando sono particolari; oppure si dovrebbe far precedere una votazione di carattere generale circa l’orientamento dei vari emendamenti e poi procedere alle votazioni conseguenti a questo orientamento.

PRESIDENTE. Sono in parte d’accordo con lei; ma le faccio osservare che l’emendamento Codacci Pisanelli si allontana in modo assoluto da tutte le altre statuizioni che sono state proposte. Io credo quindi che possiamo intanto votare questo emendamento.

CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODACCI PISANELLI. Secondo il parere della Commissione l’emendamento che più si discostava dal testo era quello dell’onorevole Mortati.

PRESIDENTE. Io mi permetto di pensare diversamente. Pongo quindi in votazione l’emendamento dell’onorevole Codacci Pisanelli così formulato:

«La Corte costituzionale è costituita dalla Corte dei conti a sezioni riunite ed integrata da dodici membri eletti dal Parlamento».

(Non è approvato).

Ora possiamo prendere in esame i concetti espressi dall’onorevole Mortati. Egli pensa che non possa esser posto in votazione un emendamento in tutti i suoi commi, nello stesso momento. Evidentemente l’onorevole Mortati ha pienamente ragione. Porremo in votazione il suo emendamento, comma per comma, in modo che vi sia la possibilità per i colleghi di esprimere il loro pensiero sui principî che sono affermati in ogni comma.

Il primo comma è:

«La Corte costituzionale si compone di quindici membri ordinari e di altrettanti supplenti».

LAMI STARNUTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAMI STARNUTI. Chiedo che si voti prima il numero dei membri ordinari e poi quello dei supplenti.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Per evitare equivoci faccio presente che questa prima parte dell’emendamento Mortati coincide con quello che la Commissione raccomanda, relativamente al numerò dei quindici membri. L’onorevole Mortati però aggiunge:. «e altrettanti supplenti». Noi riteniamo che la nomina dei supplenti non sia necessaria. Per conseguenza preghiamo di non accogliere l’emendamento Mortati su questo punto.

PRESIDENTE. Con la prima votazione non ci occuperemo della classificazione, ma fisseremo il concetto che i membri della Corte costituzionale sono quindici, Su questo numero l’onorevole Mortati e la Commissione sono d’accordo..

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. A me pare che il numero non possa essere votato in questo momento, perché varie sono le soluzioni circa la composizione della Corte. Qualcuno dice che la metà deve essere formata da una particolare categoria. Come si farà a dividere quindici per due?

Qualcuno dice che un quarto deve essere formato da una particolare categoria. Quindici non è divisibile per quattro; invece è divisibile per tre, e coinciderebbe con la proposta della Commissione, che non è detto che sia approvata. Quindi mi pare che la fissazione del numero debba avvenire dopo e non prima.

PRESIDENTE. Onorevole Perassi, quale è il suo parere?

PERASSI. L’osservazione dell’onorevole Gullo mi sembra ragionevolissima: quindi, accettiamo.

PRESIDENTE. Porrò in votazione la prima parte dell’articolo senza indicazione di numero, e cioè:

«La Corte costituzionale si compone di membri nominati dal Presidente della Repubblica».

È stata chiesta la votazione per appello nominale digli onorevoli Laconi, Silipo, Gorreri, Moscatelli, Musolino, Gullo Fausto, Landi, Imperiale, Giolitti, D’Amico, Allegato, Buffoni, Pastore Raffaele, Mancini, Pieri.

Procedo alla chiama per constatare la presenza in Aula dei firmatari della richiesta.

(Sono presenti).

UBERTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Dichiaro che noi voteremo contro l’emendamento Mortati per la sua esclusività.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, insiste nel suo emendamento?

MORTATI. Lo ritiro.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Bisognerebbe che la prima votazione affermasse e contemporaneamente negasse un concetto. Se noi introducessimo il concetto di nominare in parte i membri della Corte, sapremmo, dal sì o dal no, se si ammette la pluralità delle fonti di nomina, come sembra che la gran parte dell’Assemblea voglia; o se viceversa si vuole un’eventuale unica fonte, quale è suggerita dalla proposta dell’onorevole Mortati. Quindi, se si accetta che siano nominati in parte, facciamo punto, perché si tratta di un concetto compiuto.

PRESIDENTE. Lei non ha forse avvertito che l’onorevole Mortati ha ritirato l’emendamento e che adesso, passando al testo redatto dalla Commissione, siamo in grado di porre la votazione sulla base che lei desidera.

FABBRI. Sono d’accordo.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento dell’onorevole Lami Starnuti e altri: «I giudici della Corte sono nominati dal Parlamento.».

LAMI STARNUTI. Chiedo di parlare per un chiarimento sul mio emendamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAMI STARNUTI. Il mio emendamento riguardava il secondo comma dell’articolo 127 del progetto, quindi presupponeva la determinazione delle categorie, qualora la Assemblea voglia stabilire le categorie entro cui la nomina deve avvenire. Non vorrei che la Assemblea ritenesse che, con l’approvazione del mio emendamento, la scelta del Parlamento fosse assolutamente libera. Io consento con altri che il Parlamento deve scegliere i giudici della Corte costituzionale in determinate categorie: ad esempio, magistrati, avvocati, di guisa che, se l’Assemblea approvasse il mio emendamento, non riterrei preclusa la discussione e la votazione su quella che ora è la prima parte dell’articolo 127.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Mi duole di dissentire dall’onorevole Lami Starnuti, col quale consento nell’emendamento, ma mi pare che questo modo di votazione sia più opportuno. Io potrei dichiarare, perché non si pensi che c’è sotto questa parola qualche intenzione segreta, (Commenti al centro) che non vi è da parte mia, e forse del mio Gruppo, nessuna intenzione di non votare le categorie. Ci si può benissimo mettere d’accordo. Però, mi pare che saremmo in grado di determinare con molta maggiore coerenza le categorie fra le quali i giudici devono essere scelti, quando sapremo la fonte da cui questi giudici devono essere scelti. Se dovesse passare la proposta di diversa origine dei giudici, mi pare che da questa diversa origine scaturisca necessariamente la diversità delle categorie entro le quali i giudici dovranno essere scelti. Mi pare che possiamo seguire quest’ordine, tenendo conto del fatto che nell’Assemblea non c’è nessuna corrente importante che sia contraria all’ammissione delle categorie, e che quindi non si può prestare questa alterazione dell’ordine formale a nessuna sorpresa.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Io ricordo che allo stato attuale delle cose il punto di partenza è quello che abbiamo detto prima, cioè l’emendamento Martino e altri, nel quale vi è un primo comma che si occupa della fonte, ossia chi nomina, nel secondo comma poi vi è l’indicazione delle categorie. Per conseguenza, ritengo che ora dovrebbe mettersi ai voti l’emendamento Lami Starnuti, il quale si presenta come un emendamento sostitutivo del primo comma del nuovo testo. Naturalmente, l’emendamento Lami Starnuti lascia impregiudicata tutta la questione delle categorie previste nel secondo comma.

LAMI STARNUTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAMI STARNUTI. La mia dichiarazione è stata interpretata dalla Presidenza in modo non del tutto esatto. Intendevo dire, e l’ho detto espressamente, che l’accettazione del mio emendamento non era preclusiva della votazione sulle categorie.

PRESIDENTE. Sta bene. Allora, passiamo alla votazione dell’emendamento Lami Starnuti. Avverto che la richiesta di votazione per appello nominale fatta sull’emendamento Mortati è ora mantenuta per l’emendamento Lami Starnuti.

UBERTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Poiché noi voteremo l’emendamento proposto dalla Commissione, voteremo contro l’emendamento Lami Starnuti.

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale sull’emendamento Lami Starnuti, di cui do ancora lettura:

«I giudici della Corte sono nominati dal Parlamento».

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Federici Maria.

Si faccia la chiama.

RICCIO, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Allegato – Amadei – Arata.

Barbareschi – Barontini Ilio – Bartalini – Bencivenga – Bibolotti – Bitossi – Bocconi – Buffoni Francesco.

Cianca – Cosattini – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.

D’Amico Michele – D’Aragona – De Michelis Paolo – Di Giovanni.

Faccio – Fantuzzi – Ferrari Giacomo – Fietta – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fornara.

Gallico Spano Nadia – Ghidetti – Giannini – Giolitti – Gorreri – Grazi Enrico – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Nilde.

Laconi – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Longhena – Longo – Lozza.

Magnani – Malagugini – Mancini – Mariani Enrico – Massini – Mastrojanni – Mattei Teresa – Merlin Angelina – Miccolis – Minio – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Montemartini – Morandi – Morini – Moscatelli – Musolino.

Nasi – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Noce Teresa.

Paris – Pastore Raffaele – Pertini Sandro – Pesenti – Piemonte – Pistoia – Pressinotti – Priolo.

Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Maria Maddalena – Roveda.

Salerno – Schiavetti – Scoccimarro – Secchia – Silipo – Stampacchia.

Targetti – Tega – Togliatti – Tomba – Tonello.

Vischioni.

Zanardi.

Rispondono no:

Abozzi – Alberti – Aldisio – Ambrosini – Angelucci – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Badini Confalonieri – Balduzzi – Baracco – Basile – Bastianetto – Bazoli – Bellato – Bellavista – Bellusci – Belotti – Benedettini – Benvenuti – Bernabei – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchini Laura – Bosco Lucarelli – Bozzi – Brusasca – Bubbio – Bulloni Pietro.

Caiati – Calamandrei – Camangi – Camposarcuno – Canevari – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carboni Enrico – Carignani – Caristia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Cevolotto – Chatrian – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Ciccolungo – Cimenti – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corsi – Corsini – Cosattini – Cremaschi Carlo.

Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.

Ermini.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Firrao – Franceschini – Fresa – Fuschini – Fusco.

Galati – Garlato – Gasparotto – Geuna – Giacchero – Gonella – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela.

Jervolino.

Labriola – Lagravinese Pasquale – La Pira – Lazzati – Lizier.

Magrassi – Malvestiti – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino– Mastino Pietro – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Merlin Umberto – Micheli – Monterisi – Montini – Morelli Luigi – Mùrdaca.

Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi – Pallastrelli – Paolucci – Pastore Giulio – Patrissi – Pecorari – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perlingieri – Petrilli – Piccioni – Pignatari – Ponti – Puoti.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Rapelli – Reale Vito – Recca – Riccio Stefano – Romano – Rossi Paolo – Ruini.

Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sardiello – Scalfaro – Schiratti – Scoca – Spallicci – Spataro – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taviani – Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Vicentini – Vico – Villabruna.

Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Si sono astenuti:

Conti.

Lussu.

Nitti.

Orlando Vittorio Emanuele.

Sono in congedo:

Bergamini.

Cairo – Carboni Angelo – Carmagnola – Cavallari.

De Vita – Dugoni.

Ghidini – Gui.

Jacini.

Lizzadri.

Preziosi.

Ravagnan – Rubilli.

Vanoni – Varvaro – Viale.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale. Invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari fanno il computo dei voti).

Risultato della votazione nominale.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale sull’emendamento Lami Starnuti:

Presenti                               290

Votanti                                286

Astenuti                  4

Maggioranza           144

Hanno risposto      92

Hanno risposto no    194

(L’Assemblea non approva).

Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Passiamo allora al primo comma del testo accettato dalla Commissione:

«La Corte costituzionale è composta di membri nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento, riunito in seduta comune, e per un terzo dal Consiglio superiore della Magistratura».

Intende la Commissione che si aggiunga anche il numero dei componenti?

PERASSI. Lasciamo in sospeso, per ora, la questione del numero.

PRESIDENTE. Sta bene.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Allo scopo di evitare il ricorso ad altre procedure formali, propongo di rinviare a domani, in modo che non possa essere votato questo emendamento, anche perché credo che l’approvazione di questo emendamento sia un atto letale per la democrazia italiana, e spero che la notte porti consiglio. (Commenti al centro).

PRESIDENTE. Come l’Assemblea ha udito, v’è una proposta di rinviare la votazione su questo emendamento.

La pongo ai voti.

(Non è approvata).

MAFFI. Allora chiediamo l’appello nominale. (Proteste al centro – Commenti).

PRESIDENTE. Avverto l’Assemblea che se non si raggiunge il numero legale la seduta è rinviata a domani pomeriggio e verremmo a perdere un’utile seduta antimeridiana.

GULLO FAUSTO. Faccio proposta formale che il seguito della discussione sia rinviato a domani.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Gullo di rinviare a domani il seguito della discussione.

(È approvata).

Il seguito di questa discussione è pertanto rinviato a domani alle 11.

Interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta d’urgenza:

«Al Ministro dell’interno, sui motivi del provvedimento preso nei riguardi del prefetto di Milano.

«Gasparotto».

«Al Ministro dell’interno, per sapere se le notizie pubblicate dalla stampa intorno alla occupazione della Prefettura di Milano rispondano a verità. E nell’affermativa, quali provvedimenti abbia preso ed intenda prendere.

«Bellavista».

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’interno, per conoscere se e quali provvedimenti sono stati presi contro i perturbatori dell’ordine pubblico della città di Milano, che per il solo fatto amministrativo del cambio del prefetto si è vista infliggere uno sciopero generale, con gravissimo danno per la sua economia e per il normale svolgersi della vita cittadina.

«Marina, Mazza».

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’interno, sulla entità dei fatti di Milano a seguito del provvedimento governativo nei confronti del prefetto Troilo e sui provvedimenti che il Governo ha adottato ed intende adottare a tutela della legge, dell’autorità del Governo e della libertà pubblica.

«Clerici, Meda Luigi, Benvenuti, Balduzzi, Castelli Edgardo, Ferreri, Zerbi, Martinelli, Sampietro».

«Al Ministro dell’interno, perché comunichi senza indugio all’Assemblea le notizie a conoscenza del Governo circa gli avvenimenti di Milano, provocati dalla rimozione del prefetto Troilo.

«Malagugini».

Il Governo ha facoltà di dichiarare quando intende rispondere.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Su questo gruppo di interrogazioni il Governo risponderà nella seduta di domani. Comunico intanto all’Assemblea che il Sottosegretario Marazza è partito per Milano e farà un rapporto dettagliato sulla situazione.

MALAGUGINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAGUGINI. Prendo atto delle dichiarazioni del Ministro Guardasigilli, però mi permetto di osservare che anche prima del ritorno del Sottosegretario Marazza, il Ministro dell’interno avrà ben avuto qualche notizia e sarebbe stato, io penso, molto opportuno che l’avesse comunicata all’Assemblea, la quale non ha potuto nascondere – e del resto ha avuto occasione di rilevarlo anche il nostro Presidente quando nel corso di questa seduta ha parlato di distrazione e di allontanamento – il suo naturale, legittimo turbamento di fronte alle notizie recate dalla stampa.

Mi permetto pertanto deplorare che il Ministro dell’interno non abbia ritenuto suo dovere di portare qui una parola di tranquillità circa i fatti di Milano. (Rumori al centro).

CIMENTI. Che tranquillità vuole che dia?

Una voce al centro. Noi siamo tranquilli.

MALAGUGINI. Ho chiesto soltanto notizie. (Rumori al centro). Che venga il Ministro ad informare l’Assemblea di quanto al Governo risulta.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Per dare notizie tranquillanti di dettaglio e sullo svolgimento è bene stabilire che la risposta sarà data nella seduta antimeridiana di domani.

LAMI STARNUTI. Che cosa vuol dire tranquillanti?

MALAGUGINI. È stata diffusa la notizia che era stato chiesto il trasferimento dei poteri all’autorità militare. (Interruzioni –Rumori al centro).

PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute le seguenti altre interrogazioni con richiesta d’urgenza:

«Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se sia a conoscenza del Governo la agitazione degli agricoltori della regione piemontese e segnatamente delle zone collinari a regime di piccola e media proprietà, per il gravissimo onere dei contributi sociali unificati, che quest’anno ha toccato limiti assai elevati; quale onere, mentre è di gran lunga superiore alle reali esigenze del servizio assicurativo nelle diverse forme, risulta anche assai sperequato nella pratica applicazione per il mancato aggiornamento degli elementi di base e per il mancato esatto rilievo delle formazioni familiari, ed è causa di grave contrazione nella assunzione della mano d’opera da parte dei proprietari, con conseguente pregiudizio della economia generale; e se e quali provvedimenti si intendano urgentemente assumere per rimediare agli errori della tassazione 1947 e per impostare su basi più sicure e meno vessative quella per il 1948.

«Bubbio, Baracco, Burato, Bellato, Giacchero».

«Ai Ministri del lavoro e previdenza sociale e delle finanze, per sapere se, in considerazione della particolare e povera economia della Sardegna e della speciale forma che in essa assumono i rapporti di partecipazione fra pastori ed i contratti di mezzadria, non credano d’intervenire perché i criteri di applicazione, nell’Isola, dei contributi unificati, siano modificati, in modo da rendere sopportabile un’imposta oggi esiziale a quell’agricoltura che si afferma di voler incoraggiare e premiare; disponendo, intanto, la sospensione dei ruoli.

«Mastino Pietro, Lussu, Abozzi, Corsi».

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Mi permetto di sollecitare una pronta risposta del Governo a queste interrogazioni.

PRESIDENTE. Informerò il Ministro interessato.

Comunico, infine, che è stata presentata anche la seguente altra interrogazione urgente:

«Al Ministro dell’interno, per sapere quali misure il Governo abbia preso in seguito ai ripetuti roghi di giornali di vario colore politico avvenuti in varie città d’Italia, onde impedire che si rinnovino simili attentati alla libertà della stampa.

«Treves, Preti».

Interesserò il Ministro interrogato affinché faccia conoscere quando intende rispondere.

Annunzio di mozione.

PRESIDENTE. Comunico che è pervenuta alla Presidenza la seguente mozione:

«L’Assemblea Costituente,

riconosciuta la necessità, di assicurare la elevazione economica e sociale del lavoro, e di venire incontro alle esigenze della produzione, realizzando il diritto dei lavoratori di partecipare alla gestione delle aziende,

e preso atto della volontà manifestata in tal senso dalle organizzazioni dei lavoratori,

constata

che la soluzione della questione non può essere rinviata attraverso ulteriori consultazioni e studi in quanto esistono già progetti elaborati da competenti uffici ministeriali; né d’altra parte è possibile prospettarsi una soluzione concordata tra le parti data la manifesta opposizione di principio degli industriali;

invita il Governo a definire il proprio atteggiamento e ad assumere le proprie responsabilità presentando il progetto di legge per l’istituzione in tutte le grandi aziende dei consigli di gestione, o dando comunque all’Assemblea Costituente – legittima rappresentante della volontà del popolo – il modo di pronunciarsi sulla questione.

«Morandi, Longo, Sereni, Pertini, Pesenti, Foa, Alberganti, Novella, Montagnana Mario, Cacciatore, Barbareschi, Vischioni, Noce Teresa, Bitossi, Roveda, Ghidetti».

Il Governo ha facoltà di dichiarare quando ritiene possa essere posta all’ordine del giorno per la sua discussione.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Il Governo si riserva di far conoscere il suo pensiero sulla data della discussione di questa mozione.

Interrogazioni ed interpellanza.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e di una interpellanza pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non ritenga opportuno proporre un provvedimento legislativo, tendente a stabilire la validità delle scritture private, aventi per oggetto il trasferimento di beni immobili e di diritti immobiliari, non registrate sotto l’impero del decreto-legge 1941, n. 1015, successivamente abrogato col decreto legislativo 20 marzo 1945, n. 212.

«De Palma».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere quali intralci esistano o volutamente si creino per ritardare l’inizio dei lavori della strada destinata a congiungere il capoluogo del comune di Gissi (Chieti) con le frazioni di Piano Ospedale e Peschiola.

«Tale strada fu progettata, appaltata e iniziata prima della guerra. Sospesane la esecuzione a causa di questa, il progetto, aggiornato a cura dell’Amministrazione comunale attuale e per il quale è stato stanziato il finanziamento fin dall’aprile del corrente anno, trovasi e giace presso l’ufficio del Genio civile di Chieti, di dove, né le sollecitazioni delle autorità locali, né quelle del Provveditorato alle, opere pubbliche per l’Abruzzo, né – e tanto meno – quelle dell’interrogante fatte personalmente sono riuscite a smuoverlo.

«Il comune di Gissi, nonostante l’estensione del suo territorio diviso dal corso del fiume Sinello, non ha un solo metro di strada comunale, né un solo ponte che lo unisca alle sue frazioni e che unisca queste fra loro. In compenso ha una sola scuola rurale posta nella frazione oltre fiume e alla quale i fanciulli dell’altra frazione non possono accedere che a guado e quasi mai durante il periodo invernale.

«L’immediato inizio dei lavori è tanto più urgente, in quanto, oltre alla loro necessità oggettiva, essi servirebbero a risolvere il problema della disoccupazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Molinelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non creda opportuno concedere una nuova proroga, per legge, a quel termine che era previsto nell’articolo 10 del decreto legislativo 1° aprile 1947, n. 277, e nell’articolo 3 del decreto legislativo 12 agosto 1947, n. 975, per la revisione dei canoni di affitto di fondi rustici, dato che non è stato possibile a tutti presentare in tempo la domanda alla competente Commissione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non ritenga opportuno, in considerazione dell’enorme peso tributario che grava sul Piemonte, dare disposizioni agli Ispettorati compartimentali delle imposte dirette e indirette, perché non si aggravi con ulteriore eccessivo fiscalismo la situazione dei contribuenti piemontesi giunti ormai ai limiti estremi.

«L’interrogante richiama l’attenzione dell’onorevole Ministro sull’applicazione della imposta entrata, specie nei riguardi delle professioni sanitarie, per le quali si nota una troppo palese sperequazione con le tassazioni che si effettuano in altre regioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bellato».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se non ravvisa l’opportunità, nell’interesse dell’agrumicoltura siciliana e per lenire, sia pure in lieve misura, la grave crisi agrumaria che travaglia l’Isola, di ripristinare la tariffa speciale, per spedizioni di pacchi-agrumi da 5 a 40 chilogrammi dalla Sicilia alle altre regioni di Italia, sospesa durante la guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fiore».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere:

1°) i motivi per cui non si sono ancora iniziati i lavori della bonifica di Campovarigno in Sora (provincia di Frosinone), finanziati sin dall’aprile 1947, come da comunicazione del Ministero dell’agricoltura e foreste a quello dei lavori pubblici, in data 5 aprile 1947, n. 1137;

2°) se non ritenga opportuno – a sollievo della disoccupazione locale e per contribuire alla risoluzione dell’assillante problema degli alloggi – dare disposizioni perché siano ripresi i lavori di costruzione dei due lotti di casette popolari nella zona baraccata di Sora, lavori sospesi da circa due mesi;

3°) i motivi per cui, malgrado l’avvenuto finanziamento, non si è ancora provveduto alla costruzione del parapetto sul ponte del Liri in Sora (Ponte di Napoli), aperto al traffico fin dal gennaio 1947;

4°) se non ritenga opportuno, onde venire incontro alle esigenze del traffico, dare disposizioni perché sia provveduto alla sollecita ricostruzione del ponte San Lorenzo sul Liri in Sora, distrutto dai tedeschi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«De Palma».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri del tesoro, delle finanze e dei lavori pubblici, per sapere se, dopo due anni dalla fine delle ostilità, non ritengano urgente e necessario dare finalmente impulso alla ricostruzione edilizia, reclamata dalla penosa deficienza delle abitazioni, e porre riparo alla persistente inerzia dei proprietari:

mettendo i Comuni in condizioni di promuovere la costituzione di pubbliche o private intraprese, che assumano l’immediata ricostruzione dei fabbricati danneggiati o distrutti per fatto di guerra;

consentendo ad essi, per conseguire lo scopo, la facoltà di procedere alla espropriazione di tali fabbricati – previa congrua diffida e a cominciare da quelli già gravati da imposta superiore alle lire tremila;

disponendo che, a titolo di indennità di esproprio, possa essere riservata ai proprietari una quota di proprietà dell’immobile ricostruito, rapportata e al valore dell’area e della costruzione residuata, da determinarsi mediante stima dell’ufficio tecnico di finanza, e all’ammontare del contributo ottenibile dallo Stato, che sia impiegato nella ricostruzione.

«Cosattini».

PRESIDENTE. La prima delle interrogazioni testé lette sarà iscritta all’ordine del giorno e svolta al suo turno, trasmettendosi ai Ministri competenti le altre per le quali chiede la risposta scritta.

Così pure la interpellanza sarà iscritta all’ordine del giorno, qualora il Ministro interessato non vi si opponga nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 20,55.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 11 e alle 16:

Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.