Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI SABATO 22 NOVEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCI.

SEDUTA POMERIDIANA DI SABATO 22 NOVEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE BOSCO LUCARELLI

INDICE

Presentazione di una relazione:

Martino Gaetano

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Norme per la repressione dell’attività fascista e dell’attività diretta alla restaurazione dell’istituto monarchico. (10).

Presidente

Togliatti

Crispo

Leone Giovanni

Fabbri

Bettiol, Relatore

Grassi, Ministro di grazia e giustizia

Gullo Fausto

Condorelli

Schiavetti

Uberti

Moro

Targetti

Calosso

Benedettini

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Dominedò

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione

Gabrieli

Rescigno

Perrone Capano

Nobili Tito Oro

Targetti

Cairo

Ghidini

Coccia

Votazione nominale:

Presidente

Risultato della votazione nominale:

Presidente

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Presentazione di una relazione.

MARTINO GAETANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTINO GAETANO. Mi onoro di presentare la relazione al disegno di legge:

«Approvazione dei seguenti atti internazionali: a) Protocollo di emendamenti agli Accordi, Convenzioni e Protocolli sugli stupefacenti conclusi all’Aja il 23 gennaio 1912, a Ginevra l’11 febbraio 1925, il 19 febbraio 1925, il 13 luglio 1931, a Bangkok il 27 novembre 1931 ed a Ginevra il 26 giugno 1936; b) Annesso al Protocollo di emendamenti agli Accordi, Convenzioni e Protocolli sugli stupefacenti conclusi all’Aja il 23 gennaio 1912, a Ginevra l’11 febbraio 1925, il 19 febbraio 1925, il 13 luglio 1931, a Bangkok il 27 novembre 1931 ed a Ginevra il 26 giugno 1936».

PRESIDENTE. Questa relazione sarà stampata e distribuita.

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per la repressione dell’attività fascista e dell’attività diretta alla restaurazione dell’istituto monarchico. (10).

PRESIDENTE. Secondo la decisione presa dall’Assemblea alla fine della seduta antimeridiana, proseguiamo l’esame del disegno di legge: Norme per la repressione dell’attività fascista e dell’attività diretta alla restaurazione dell’istituto monarchico.

Dobbiamo procedere alla votazione dell’articolo 6, nel testo fatto proprio dalla Commissione colla inclusione dell’aggiunta proposta dall’onorevole Mastino Pietro:

«Chiunque, con i mezzi indicati nel precedente articolo, fa propaganda per la restaurazione violenta della dinastia sabauda è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

L’articolo 7 del testo presentato dal Governo è stato soppresso dalla Commissione.

Passiamo all’articolo 8. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Per i delitti preveduti negli articoli precedenti si procede con istruzione sommaria e, quando è possibile, con giudizio direttissimo».

PRESIDENTE. L’onorevole Scalfaro ha proposto di sopprimerlo. Non essendo egli presente, si intende che abbia rinunciato a svolgere l’emendamento.

Pongo in votazione l’articolo 8.

(È approvato).

Vi è una proposta di articolo 8-bis, a firma degli onorevoli Schiavetti, Fiorentino, Faralli, Pistoia, Giua, Farini, Carpano Maglioli, Pieri, Fedeli Aldo, Nenni, Priolo e Togliatti, del seguente tenore:

«Nei casi previsti dall’articolo 1 il Ministro dell’interno, mentre dispone la denuncia dei responsabili alla autorità giudiziaria, ordina lo scioglimento dell’organizzazione».

L’onorevole Togliatti ha facoltà di svolgere l’emendamento.

TOGLIATTI. Mi pare che questa proposta di articolo aggiuntivo sia evidente nel suo contenuto e si giustifichi da sé. La legge prevede determinate sanzioni che debbono essere inflitte dall’autorità giudiziaria, ma al di fuori di queste sanzioni, vi sono atti dell’autorità amministrativa, di polizia, di ordine pubblico, che devono essere paralleli agli atti dell’autorità giudiziaria e anche precederli. Quindi è bene che la legge faccia un obbligo a quel funzionario dello Stato – nella specie, il Ministro degli interni – che ha il compito di dirigere questi organi di tutela dell’ordine pubblico, di applicare la legge, nel senso di sciogliere quelle organizzazioni che rientrano nei casi preveduti dalla legge. Ritengo che non occorrano altre parole per dimostrare che questo articolo aggiuntivo è perfettamente coerente con tutti i precedenti articoli della legge ed esige unicamente la necessaria azione parallela degli organi dell’autorità giudiziaria e degli organi del potere esecutivo.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Avevo chiesto la parola unicamente perché volevo pregare l’onorevole Togliatti di considerare se non sia più opportuno stabilire una norma con cui si dica che il magistrato, con la sanzione di condanna ordina lo scioglimento dell’organizzazione. Naturalmente nel nostro codice di procedura vi sono le norme che prevedono gli organi incaricati dell’esecuzione delle sentenze dei magistrati. Piuttosto che fare un provvedimento con cui si demanda esclusivamente all’organo di polizia l’esecuzione o l’applicazione delle conseguenze della sentenza, mi parrebbe molto più logico e più giuridico che si stabilisse che il magistrato, con la sentenza che afferma l’esistenza del reato, ordini lo scioglimento dell’organizzazione. Di conseguenza, prego l’onorevole Togliatti di voler entrare in questo ordine di idee.

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEONE GIOVANNI. A nome del mio Gruppo dichiaro che, in primo luogo, voteremo contro questa proposta, per ragioni di delimitazione della sfera di competenza di questa legge, che ci pare sia sorta e debba rimanere in tale ambito, diretta soltanto a reprimere penalmente certe manifestazioni. Non ci dobbiamo, invece, occupare della disciplina amministrativa delle organizzazioni incriminate con la legge in corso di votazione, che sarà invece affidata alla legge di pubblica sicurezza in corso di elaborazione, e che dovrà uniformarsi al sistema costituzionale che andiamo elaborando.

Tale legge detterà anche le norme che disciplinano lo scioglimento di queste particolari organizzazioni che sono contrarie allo Stato democratico. Noi correremmo il rischio, inserendo in questa legge una norma del genere, di portare una frattura al complesso sistema legislativo che la legge di pubblica sicurezza (o altra più ampia legge) darà a tutta questa materia delle organizzazioni contrarie allo Stato democratico e repubblicano.

In linea subordinata, riteniamo che sia da accettarsi la proposta Crispo, che cioè sia più conveniente affidare al magistrato in sede di pronuncia della sentenza, e non all’organo del potere esecutivo, un provvedimento che disciolga tali organizzazioni.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. A titolo personale, perché non ho la possibilità di consultare la maggioranza della Commissione che non è presente, mi permetto di fare un’osservazione, e cioè che il testo formulato dall’onorevole Schiavetti mi pare faccia una strana confusione fra i poteri di polizia e quelli dell’autorità giudiziaria, anche nel senso che questa desiderata conseguenza dello scioglimento di un partito ecc., non riconnette ad una constatazione di reato fatta dall’autorità giudiziaria, ma la riconnette all’ipotesi di una denuncia, di guisa che il Ministro dell’interno, quando volesse prendere un provvedimento arbitrario di polizia sulla pretesa base di questa legge, non avrebbe che da arricchirlo con una denuncia, che potrebbe essere tutto ciò che si può immaginare di più arbitrario e di più contrario ad ogni concetto di carattere obiettivo e veramente correlativo a norme di una legge penale.

Quindi, se fosse una sanzione inerente ad una pronuncia penale ritenuta definitiva, la potrei capire, ma questo effetto conseguente ad una denuncia fatta da un quidam de populo mi pare che sia proprio una stortura dal punto di vista della distinzione fra i poteri dell’autorità giudiziaria, che sono una cosa, e quelli dell’autorità amministrativa e del potere esecutivo, che ne sono un’altra.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. All’argomentazione dell’onorevole Fabbri mi pare si risponda richiamandosi a quello che è stato detto fin dall’inizio dal collega Relatore della Commissione, onorevole Bettiol. Questa legge prevede un reato di pericolo, non di danno. Trattandosi di reato di pericolo, è giusto, è legittimo si dia agli organi del potere esecutivo, e all’autorità che dipende dal Ministro dell’interno, organo supremo del potere esecutivo, il potere di intervenire preventivamente. Se domani l’autorità giudiziaria emanerà un giudizio in contrasto con la decisione presa dal Ministro dell’interno, è evidente che il provvedimento del Ministro dell’interno dovrà essere revocato; ma poiché ci troviamo di fronte ad un reato che si tratta di prevenire, di fronte ad una minaccia, che bisogna divergere dall’organismo democratico, cioè di fronte ad un reato di pericolo, come ha ripetuto parecchie volte l’onorevole Bettiol, è giusto dare questa facoltà al potere esecutivo.

Per quanto si riferisce all’obiezione fatta dall’onorevole Leone, il quale sottolinea che questa è una legge di natura speciale, mi pare evidente che, appunto per ciò, questa legge deve prevedere anche quelle applicazioni che normalmente possono essere deferite al regolamento di pubblica sicurezza. Data la gravità del reato, dato il carattere del reato stesso e la gravità quindi del pericolo che si tratta di allontanare, è giusto che le misure che devono essere prese dal potere esecutivo vengano previste nella legge stessa, la quale dà l’indicazione al potere giudiziario per la sua attività.

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEONE GIOVANNI. Io sono costretto a ribadire il nostro punto di vista di dissenso dall’approvazione di questo nuovo articolo aggiuntivo. Per quanto attiene alla obiezione pregiudiziale, io ho già sottoposto all’Assemblea Costituente che, trattandosi di repressione penale di determinate attività, a me pare che il carattere di legge speciale, sottolineato dall’onorevole Targetti, ci costringa a mantenerci in quei limiti che il Governo ha voluto predeterminare per questa legge speciale (repressione penale di determinate manifestazioni della vita politica) e quindi a non estendere la sua disciplina alla regolamentazione del potere del Governo per quanto concerne la vita di questi partiti, al di fuori del campo penale.

Per quanto concerne poi la obiezione di sostanza che è stata formulata dall’onorevole Fabbri, io non posso che aderire a questa formulazione: reato di pericolo, sì, onorevole Togliatti, ma pericolo che sia giudizialmente accertato, che costituisca oggetto di un accertamento da parte dell’autorità giudiziaria. Il reato di pericolo si distingue dal reato di danno, infatti, per quanto attiene ai motivi che legittimano una legge ed alla sua formulazione. Mentre, infatti, la legge di regola richiede, per la incriminazione delle azioni umane, che si verifichi la lesione di un bene o di interesse giuridico, per alcune speciali attività, per non attendere la lesione di un bene o di interesse giuridico che sarebbe preminentemente pregiudizievole per la vita sociale, si ferma a punire quello che di regola costituirebbe soltanto il tentativo di reato: siamo alla presenza del così detto reato di attentato.

Ma, nell’una e nell’altra ipotesi (danno, lesione, pericolo, messa in pericolo), occorre sempre un accertamento dell’autorità giudiziaria, che dica alla società se il danno ed il pericolo si è realizzato. Nel primo caso si è realizzata la lesione di un bene giuridico, nell’altro la messa in pericolo di un bene giuridico.

Io contesto al Ministro dell’interno di poter preventivamente dare questo accertamento, sciogliendo una organizzazione, prima che il magistrato abbia detto in quale posizione questa organizzazione si trovi rispetto alla norma penale; con gravissimo danno per l’organizzazione, ove il magistrato ritenga non sussistere le condizioni della legge penale.

Pensiamo, inoltre, che la denuncia può anche non partire dal Ministro dell’interno; anzi, di regola, non parte dal Ministro dell’interno. Il funzionamento della giustizia è tale che la denunzia, di regola, parte dal cittadino o da un organo statale, organo statale che può essere anche collegato al Ministero dell’interno, ma è un organo che può avere la sua autonomia, come la polizia giudiziaria, ad esempio. Di regola questa denuncia è trasmessa direttamente all’autorità giudiziaria, senza neppure il tramite del Ministero dell’interno.

Ora, io faccio questa domanda: voi consentireste al Ministro di sciogliere queste organizzazioni prima che il magistrato abbia accertato la sussistenza delle condizioni rispondenti al fatto specifico? Se così fosse, noi vedremmo una discrepanza inammissibile e ingiustificata; perché, ove la denuncia non promanasse dal Ministro dell’interno, ove la denuncia non passasse tramite il Ministro dell’interno, questo non potrebbe sciogliere le dette organizzazioni. Se d’altra parte voi, per risolvere questa discrepanza, voleste dare la possibilità al Ministro dell’interno di sciogliere queste organizzazioni, anche quando la denuncia parte da un privato, voi mettereste in condizioni il Ministro dell’interno di poter sciogliere preventivamente una organizzazione anche quando una denuncia sia manifestamente infondata. Quindi, soprattutto per quei limiti che la legge speciale assegna in questo campo, io insisto nell’affermare che il nostro Gruppo voterà contro questo articolo, demandando ad altre norme di legge ed in sede più opportuna la formulazione delle norme e disposizioni che concernono la possibilità di scioglimento di quelle organizzazioni che si mettono contro la vita, la libertà e lo sviluppo dello Stato repubblicano.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Io volevo dire quello che è stato in gran parte detto dall’onorevole Leone. Mi permetterei aggiungere due sole osservazioni.

Se l’onorevole Togliatti si preoccupa di un intervento sollecito, ricordo che opportunamente è stata contemplata nelle norme di questa legge la particolare procedura del giudizio direttissimo, in modo che tra la denunzia e il giudizio interceda un intervallo brevissimo, perché si possa avere l’intervento immediato del giudice.

Rilevo poi, a ribadire gli argomenti evidentissimi esposti dall’onorevole Leone, che si potrebbe stabilire una contradizione evidente tra un provvedimento di polizia, che preventivamente sciogliesse l’organizzazione ed una sentenza che, per caso, riconoscesse l’insussistenza degli estremi costitutivi dei delitti contemplati nella legge speciale.

D’altra parte, l’indole, o, per essere più precisi, il carattere del delitto di mero pericolo non giustifica l’intervento dell’autorità di polizia; si conferirebbe in tal modo all’autorità di polizia un potere sconfinato in questa materia. Non giustifica questo intervento, per una ragione molto semplice. Come è stato già perspicuamente osservato, la distinzione, la demarcazione tra delitto di mero pericolo e delitto di danno è unicamente in rapporto all’evento, perché nel secondo caso si verifica l’evento e nel primo caso no. Ciò non significa, tuttavia, che gli estremi del delitto di pericolo non debbano essere accertati con una sentenza, con una pronunzia del magistrato, nella quale la parte incriminata abbia il diritto di svolgere tutti i mezzi di difesa.

Per queste ragioni mi permetto di insistere sull’emendamento all’emendamento, nel caso che l’Assemblea approvi, comunque, il principio invocato dall’onorevole Togliatti, e cioè che deve essere la sentenza della Magistratura ad ordinare lo scioglimento dell’organizzazione.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

BETTIOL, Relatore. La Commissione – credo nella sua maggioranza, perché c’è qualche voce discorde – ritiene che questo articolo aggiuntivo proposto dall’onorevole Schiavetti non possa essere accettato. Non tanto per ragioni riguardanti il merito, quanto per ragioni inerenti alla natura di questa legge, che ha carattere spiccatamente penale.

Uno dei cardini di una concezione democratica del diritto penale è quello di evitare ogni e qualsiasi contatto col ramo del diritto di polizia, il quale risponde a finalità totalmente diverse dalle finalità proprie della norma penale e si dirige, sempre, nei confronti di singoli individui che disobbediscono ad un precetto penale, munito di sanzione.

Voglio ricordare che già, in sostanza, questa legge viene condizionata a quelle giuste necessità di difesa del nostro ordine democratico e repubblicano.

Quanto alla possibilità concreta che l’autorità di polizia possa sciogliere l’associazione prima della sentenza del magistrato, non posso non sottolineare tutti i pericoli che ne potrebbero derivare; del resto credo che già l’attuale legge di polizia consenta in questi casi un intervento dell’autorità amministrativa per sciogliere tali organizzazioni delittuose.

Per questi motivi, la maggioranza della Commissione non ritiene di poter accedere all’emendamento presentato dall’onorevole Schiavetti.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro di grazia e giustizia ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Onorevoli colleghi, non c’è dubbio che l’articolo aggiuntivo presentato dall’onorevole Schiavetti non entra in quella che è l’economia dell’attuale disegno di legge, il quale stabilisce delle misure punitive per coloro che promuovono la ricostituzione del partito fascista, oppure, sotto qualsiasi forma di un movimento che ripeta le finalità del partito fascista.

Il partito fascista è sciolto e l’articolo 270 del Codice penale aggiunge un inasprimento di pena per le associazioni di cui sia stato ordinato lo scioglimento. Ora, con questa disposizione, noi vogliamo in sostanza precisare meglio quello che, in fondo, il Codice penale già prevedeva e vogliamo stabilire che, quando un movimento cerca di riprodurre il disciolto partito fascista, incorre in queste penalità.

Che cosa significa ciò? Significa che il partito fascista non esiste e non può esistere. Non si può quindi giuridicamente ordinare lo scioglimento di un partito che non esiste. E, per questa forma di associazioni che non possono esistere e che quindi sono contrarie all’ordine pubblico, mi pare sufficientemente soccorra l’articolo 210 della legge di pubblica sicurezza, il quale dice: «Salvo quanto disposto con l’articolo precedente – ossia per le associazioni non costituite, ma che potrebbero costituirsi – il prefetto può disporre lo scioglimento di enti od associazioni che svolgano un’attività contraria al bene dello Stato. Nei confronti di detti enti od associazioni si può ordinare la confisca».

Io penso quindi soprattutto che non sia il caso di inserire in una legge penale una disposizione di pubblica sicurezza, perché creeremmo una confusione in termini. Io ritengo insomma che sarebbe troppo voler congegnare l’articolo in questa maniera, ossia nel senso che il Ministro dell’interno – il quale poi non sarebbe l’organo, caso mai, competente, ché dovrebbe trattarsi del Governo o del prefetto – potesse avere la potestà della iniziativa di questo scioglimento.

Io penso infatti che in un ordinamento democratico, in un ordinamento di diritto, in un ordinamento giuridico, sia necessario dare le garanzie a tutti. E noi che, come costituenti, stiamo gettando le basi di quelle che sono le norme fondamentali così dei singoli, come dei gruppi e dei partiti, non possiamo lasciare un simile arbitrio all’autorità di pubblica sicurezza.

Il voler dare all’esecutivo dei poteri superiori a quelli che non gli spettano, significherebbe formare un governo di polizia, il che non è certo consono allo spirito democratico al quale ci onoriamo tutti di assoggettarci.

Per queste ragioni, dunque, ritengo che sia inutile inserire questo articolo nella legge attualmente in discussione.

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. Vorrei proporre un emendamento a questo articolo aggiuntivo, e cioè:

«Nei casi previsti dall’articolo 1, il Ministro dell’interno, ove sia intervenuta denuncia all’autorità giudiziaria, può adottare i provvedimenti necessari per la sospensione in via provvisoria dell’attività dell’organizzazione denunziata, salvo a procedere allo scioglimento definitivo di essa in dipendenza dell’affermazione di responsabilità da parte del giudice penale».

Ho sentito le osservazioni tanto dell’onorevole Leone che dell’onorevole Fabbri e dell’onorevole Bettiol; ma c’è questo: non bisogna dimenticare il carattere particolare di questa legge. Ora, se effettivamente è accertato o, comunque, si ha il fondato sospetto che un’organizzazione possa riuscire pericolosa all’ordine pubblico e alla pace sociale e interviene una denuncia per questo, può accadere che l’organizzazione continui ad esplicare la sua attività fino a che sopravvenga la sentenza definitiva di affermazione di responsabilità. A me pare che andremmo incontro a qualche cosa di paradossale. Infatti, o l’organizzazione è pericolosa, e come tale deve sospendere l’attività, e allora mi pare strano che si possa ammettere, anche in ipotesi, un Ministro dell’interno che se ne stia inoperoso di fronte a tale pericolo.

A me pare sia rispondente alla logica anche giuridica questo attribuire al Ministro dell’interno la facoltà di sospendere in via provvisoria, ove sia intervenuta denuncia al giudice penale, l’attività dell’organizzazione denunciata, salvo – si capisce – a procedere allo scioglimento definitivo dell’organizzazione stessa, quando intervenga sentenza definitiva di condanna da parte del magistrato.

PRESIDENTE. Do lettura del testo proposto dall’onorevole Gullo:

«Nei casi previsti dall’articolo 1, il Ministro dell’interno, ove sia intervenuta denunzia all’autorità giudiziaria, può adottare i provvedimenti necessari per la sospensione in via provvisoria dell’attività dell’organizzazione denunziata, salvo a procedere allo scioglimento definitivo di essa in dipendenza dell’affermazione di responsabilità da parte del giudice penale».

Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

BETTIOL, Relatore. Rilevo che questo emendamento è più preciso dell’altro presentato dall’onorevole Schiavetti; ma tuttavia anche questo emendamento segue quella linea – diciamo così – poliziesca, in senso lato, cui accennava prima il Ministro di grazia e giustizia.

Considerato poi – come è stato detto dal Ministro – che la legge di pubblica sicurezza consente all’autorità amministrativa di intervenire per bloccare le attività pericolose per l’ordine democratico, la Commissione non accetta questo emendamento.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ministro di grazia e giustizia ad esprimere il parere del Governo.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Riconosco anch’io che l’emendamento proposto dall’onorevole Gullo precisa che lo scioglimento non sarebbe un arbitrio del Ministro, ma dovrebbe avvenire in seguito a denuncia all’autorità giudiziaria, e in forma definitiva, solo dopo la denuncia all’autorità giudiziaria.

Pregherei, peraltro, l’onorevole Gullo di non insistere oltre, perché, se effettivamente la legge, anche senza attendere la denuncia all’autorità giudiziaria, autorizza ad agire, se la pericolosità si presenta, io penso che la legge e le disposizioni di pubblica sicurezza diano sufficiente garanzia, nel caso di pericolosità.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Crispo, Villabruna e Morelli Renato hanno proposto la seguente dizione:

«Nei casi previsti dall’articolo 1, con la sentenza di condanna si ordina lo scioglimento dell’organizzazione».

Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

BETTIOL, Relatore. Mi pare che anche questo emendamento sia inutile, perché automaticamente l’autorità di pubblica sicurezza, in base a sentenza del magistrato, deve procedere allo scioglimento dell’organizzazione che è delittuosa per natura sua.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Ministro di grazia e giustizia ad esprimere il parere del Governo.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Penso che quando è intervenuta la sentenza dell’autorità giudiziaria siamo già nella fase di esecuzione; ma un provvedimento di Governo essa non può prenderlo, se no si confonderebbero tutti i poteri. L’autorità giudiziaria applica le leggi nel caso concreto, non può sciogliere un partito. Non possiamo dare all’autorità giudiziaria l’ordine di sciogliere un partito. Essa può applicare le pene per il singolo individuo, ma non per l’ente, per l’associazione, per il partito. È il Governo che, in seguito a queste risultanze – o anche senza attendere queste risultanze, se il caso venga comprovato – può ordinare lo scioglimento dell’associazione in quanto la ritenga pericolosa in base all’articolo 110, e può il prefetto disporre lo scioglimento.

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha la facoltà.

GULLO FAUSTO. L’onorevole Ministro intende ricorrere alla legge più poliziesca, cioè alla legge fascista.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. È la legge in vigore.

GULLO FAUSTO. Ora, noi domandiamo che questa attività del Ministro dell’interno entri nell’ambito d’una vera legalità. Perché mi pare strano che, di fronte a questo emendamento si dica che c’è una legge fascista, che dà facoltà al Ministro dell’interno di fare quello che vuole, quando poi si respinge l’emendamento appunto per questo suo preteso contenuto poliziesco! È una contradizione strana!

Con questa norma si vuole appunto fare rientrare l’attività del Ministero dell’interno in una legalità che non sia quella fascista.

PRESIDENTE. Riassumendo, vi sono tre proposte: quella dell’onorevole Schiavetti, quella dell’onorevole Gullo e quella dell’onorevole Crispo.

Procederemo alla votazione della proposta Schiavetti, in quanto è la più radicale.

Su di essa è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Uberti ed altri.

CONDORELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Voterò contro tutte e tre le proposte perché, data la grande importanza che nella vita costituzionale moderna hanno assunto i partiti, lo scioglimento od anche la semplice sospensione dell’attività politica di un partito può avere il significato di un colpo di Stato. Noi siamo alla vigilia di istituire la Corte costituzionale. Mi sembra che il giudice naturale della legittimità, della legalità, dell’ammissibilità di un partito sia appunto la Corte costituzionale, la quale, avendo per competenza proprio la materia costituzionale, e il giudice veramente indicato a questa funzione, ed ha anche la possibilità, guardando dall’alto, di giudicare l’attività del partito di cui si discute, non nell’apparenza o nell’atteggiamento che esso per avventura può avere assunto in una determinata situazione locale o temporale, ma nel complesso dell’attività politica svolta nel quadro della Nazione. Io ho perciò proposto di riesaminare il problema quando, fra qualche giorno, voteremo sulla Corte costituzionale.

SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCHIAVETTI. Ritiro il mio emendamento e aderisco a quello dell’onorevole Gullo.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Trasferiamo la richiesta di votazione per appello nominale sull’articolo proposto dall’onorevole Gullo.

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione, per appello nominale, dell’articolo proposto dall’onorevole Gullo Fausto, al quale ha dato la sua adesione l’onorevole Schiavetti:

«Nei casi previsti dall’articolo 1, il Ministro dell’interno, ove sia intervenuta denunzia all’autorità giudiziaria, può adottare i provvedimenti necessari per la sospensione in via provvisoria dell’attività dell’organizzazione denunziata, salvo a procedere allo scioglimento definitivo di essa in dipendenza dell’affermazione di responsabilità da parte del giudice penale».

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Saragat.

Si faccia la chiama.

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Baldassari – Barbareschi – Barontini Anelito – Bartalini – Bei Adele – Bianchi Bruno – Binni – Bocconi – Bolognesi – Bonfantini – Bordon – Bosi – Bucci – Buffoni Francesco.

Cairo – Calamandrei – Caldera – Calosso – Camangi – Canepa – Caporali – Carpano Maglioli – Cartia – Cavallotti – Cevolotto – Chiarini – Chiostergi – Corbi – Corsi – Cremaschi Olindo.

D’Amico Michele – Della Seta– De Michelis Paolo – De Vita – D’Onofrio.

Fantuzzi – Faralli – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Filippini – Fiore – Fiorentino.

Gallico Spano Nadia – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Giacometti – Giolitti – Gorreri – Gullo Fausto.

Imperiale – Iotti Nilde.

La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Lombardi Carlo – Lombardi Riccardo – Longhena – Lozza – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrassi – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Marchesi – Mariani Enrico – Marinelli – Massini – Massola – Mastino Pietro – Merighi – Mezzadra – Minella Angiola – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Moranino – Morini – Moscatelli – Musolino.

Nasi – Negarville – Nenni – Nobili Tito Oro – Novella.

Pacciardi – Paolucci – Pellegrini – Pera – Piemonte – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Preti – Priolo.

Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Maria Maddalena – Ruggieri Luigi.

Saccenti – Salerno – Saragat – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Secchia – Sicignano – Silipo – Spano – Stampacchia.

Targetti – Tega – Togliatti – Tonello – Treves.

Veroni – Vigna.

Zanardi.

Rispondono no:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Andreotti – Angelini – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.

Balduzzi – Baracco – Bellato – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Benvenuti – Bertola – Bertone – Bettiol – Bonino – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bubbio.

Caccuri – Camposarcuno – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carboni Enrico – Caristia – Caronia – Carratelli – Cavalli – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corsini – Cortese Guido – Cortese Pasquale – Covelli – Crispo.

Damiani – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò.

Fabbri – Fabriani – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Garlato – Gatta – Germano – Geuna – Giordani – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.

Jervolino.

Leone Giovanni – Lizier.

Malvestiti – Mannironi – Marazza – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Mentasti – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Monterisi – Monticelli – Morelli Renato – Moro – Mortati – Mùrdaca.

Nicotra Maria – Nitti – Notarianni – Numeroso.

Pallastrelli – Pastore Giulio – Pat – Penna Ottavia – Perlingieri – Perrone Capano – Piccioni – Proia.

Quarello – Quintieri Quinto.

Raimondi – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rodi – Rodinò Ugo – Romano – Rubilli.

Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Scalfaro – Scelba – Scoca – Segni – Siles – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Taviani – Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Trimarchi – Turco.

Uberti.

Valenti – Venditti – Vicentini – Vigo – Villabruna – Volpe.

Zaccagnini – Zerbi.

Si sono astenuti:

Costa – Costantini.

Sono in congedo:

Bergamini.

Carmagnola – Caso – Cavallari.

De Caro Raffaele – Dugoni.

Jacini.

Pellizzari – Preziosi.

Ravagnan.

Tambroni.

Vanoni – Viale – Vischioni.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari fanno il computo dei voti).

Risultato della votazione nominale.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione per appello nominale:

Presenti                               307

Votanti                                305

Astenuti                               2

Maggioranza           153

Voti favorevoli        134

Voti contrari                        171

(L’Assemblea non approva).

Si riprende la discussione del disegno di legge: Norme per la repressione dell’attività fascista e dell’attività diretta alla restaurazione dell’istituto monarchico. (10).

PRESIDENTE. Passiamo all’emendamento dell’onorevole Crispo.

Onorevole Crispo, lo mantiene?

CRISPO. Lo mantengo.

MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Dichiaro che il mio Gruppo voterà a favore dell’emendamento dell’onorevole Crispo.

PRESIDENTE. L’emendamento dell’onorevole Crispo è del seguente tenore: «Nei casi previsti dall’articolo 1, con la sentenza di condanna si ordina lo scioglimento dell’organizzazione».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

L’onorevole Lucifero ha proposto un articolo aggiuntivo del seguente tenore:

«La presente legge cesserà di aver vigore non appena saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale, ed in ogni caso entro il 31 dicembre 1948».

Non essendo presente, si intende che abbia rinunziato a svolgerlo.

CONDORELLI. Lo faccio mio.

PRESIDENTE. Ha facoltà di svolgerlo.

CONDORELLI. Sostanzialmente è stato già svolto e mi sembra che raccolga il consenso di diverse parti della Camera, corrispondendo in sostanza alla natura eccezionale di questa legge, che è ormai trapelata da tutta la discussione. Bisogna pertanto stabilire queste eccezionalità anche nel tempo, cioè dichiarare che si tratta di una legge limitata nel tempo entro il quale sarà possibile rielaborare armonicamente tutta quanta la materia.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

BETTIOL, Relatore. La Commissione in proposito è divisa. La maggioranza accede all’idea che questa legge debba essere limitata nel tempo e sarebbe disposta ad accettare una limitazione di cinque anni, con una formulazione in questi termini: «La presente legge entra in vigore nel giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e sino al 31 dicembre 1952».

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Onorevoli colleghi! La proposta accettata dalla maggioranza della Commissione non mi trova consenziente e credo che forse non troverà consenziente neppure i colleghi del mio Gruppo. Il proposito, o per meglio dire la speranza a cui si ispira questa disposizione è una speranza che dev’essere nell’animo di tutti noi, cioè che in breve volger di tempo vengano a mancare le ragioni che hanno determinata l’Assemblea Costituente ad approvare questa legge, cioè vengano a cessare quelle manifestazioni criminose, che la legge approvata intende reprimere. Questa speranza, questo augurio, deve essere da tutti noi condiviso, nel supremo interesse del Paese. Ma vi è una conseguenza pratica ed immediata di questa disposizione aggiuntiva, su cui mi permetto richiamare l’attenzione dell’Assemblea, una conseguenza che è anche in contradizione, a parer mio, con le penalità stabilite dalla legge a cui si riferisce. Quando si è ritenuto che alcune di queste manifestazioni fossero da considerarsi così gravi da meritare una repressione di venti, di trenta anni di reclusione, e persino dell’ergastolo, stabilire la durata della legge stessa significa ridurre quasi a niente quella efficacia intimidatrice che noi alla legge attribuiamo. Perché è un vecchio principio, che è stato sempre sostenuto, condiviso da tutti i giuristi, e che corrisponde alla coscienza pubblica, quello che al cessare della incriminazione di un determinato fatto debbano necessariamente cessare anche le conseguenze, tutte le conseguenze, delle condanne pronunciate per il fatto stesso.

lo credo che non importi essere avvocati, che sia indifferente la professione che si esercita, e la preparazione culturale, per essere persuasi di questo. Se un tizio è stato condannato a venti anni per un fatto che la legge dichiari non più reato, non è possibile che la esecuzione di quella pena continui (Interruzione del deputato Fabbri).

Onorevole Fabbri, immagino quello che vuol dire; lo conosco anch’io quell’articolo del Codice penale che fa eccezione a questo sacrosanto principio – è un principio sacrosanto, onorevoli colleghi – che nessuno possa essere punito e neppure possa essere conclamato a continuare l’espiazione di una pena per uni fatto che se era reato quando lo commise, reato non è più. È cosa che ripugna, prima che alla coscienza giuridica, alla ragione, al sentimento.

Lo so; c’è un articolo del Codice fascista che fa eccezione a questo principio per le leggi temporanee ed eccezionali. Noi dobbiamo augurarci che ben presto in molte parti il Codice fascista sia modificato. Ebbene, una delle prime aberrazioni che dovranno essere cancellate è proprio questa. Ritornando al principio della non ultra-attività della legge penale, le disposizioni che abbiamo votate resterebbero senza effetto allo scadere del termine. Bisognerebbe fare un’eccezione. Ricordo che nella legge del novembre 1926 per la difesa dello Stato, nella quale si dové stabilire una scadenza in relazione al cessare delle condizioni che l’avevano determinata, si stabilì: «salvo le esecuzioni delle condanne già pronunciate». Se si volesse insistere nella approvazione dell’articolo aggiuntivo, io ritengo che sarebbe necessario aggiungere, per eccezione alla regola, una simile disposizione. Ma si tratta di eccezioni ad un principio che si dovrebbe sempre poter rispettare. Meglio dunque rinunziare all’apposizione di un termine e piuttosto operare in tutti i campi per far sì che cessino al più presto queste manifestazioni delittuose.

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEONE GIOVANNI. Desidero, a titolo personale – e soltanto per sottoporre un rilievo di carattere tecnico che valga a tranquillizzare l’onesta coscienza dell’onorevole Targetti – il quale si è preoccupato che predisponendo un termine di cessazione del vigore della legge si possa ritenere che l’esecuzione della condanna inflitta durante il vigore della legge medesima possano cessare, dichiarare che a questo riguardo interviene la norma comune del Codice, e precisamente l’articolo 2, che stabilisce che la irretroattività della legge più favorevole o abrogativa non vale quando si tratta di leggi penali temporanee o eccezionali. Questa legge è temporanea ed eccezionale e quindi cadono le preoccupazioni dell’onorevole Targetti.

D’altra parte, se la ricordata norma del Codice penale cadesse in avvenire, resterebbe travolta anche l’eventuale eccezione che preventivamente avessimo già previsto.

TARGETTI. Questo io l’ho già detto.

PRESIDENTE. Lei, onorevole Targetti, ha proposto un emendamento?

TARGETTI. Io ho fatto una proposta di soppressione di qualsiasi formulazione aggiuntiva ed, in via subordinata, ho proposto che si specifichi: «salvo l’esecuzione delle sentenze di condanna definitiva già pronunciate».

PRESIDENTE. L’onorevole Crispo ha presentato una nuova formulazione, così concepita:

«La presente legge cesserà di avere effetto dopo sei mesi dall’entrata in vigore della Costituzione».

L’onorevole Crispo ha facoltà di svolgere la sua proposta.

CRISPO. Vorrei anzitutto rilevare, per acquietare le preoccupazioni dell’onorevole Targetti, che il caso dell’articolo 2 del Codice penale che contempla la successione di leggi e specialmente il caso di una legge abrogativa di una legge precedente, non è un caso che possa invocarsi a proposito dell’emendamento da me proposto; perché, per verificarsi le conseguenze che egli dice, occorrerebbe che una nuova legge successiva a questa cancellasse i reati contemplati dagli articoli 1, 2 e 3 della legge in vigore. Il caso nostro è diverso: qui si contempla semplicemente un termine entro il quale la legge è scaduta, ma non si contempla l’eventualità di una nuova legge successiva a questa, che regoli diversamente questa materia. Noi deliberiamo una legge eccezionale, la quale, in tanto ha ragione di essere, in quanto obbedisce ad eccezionali esigenze. Cessate le condizioni per le quali la legge eccezionale è stata emanata, la legge cessa di aver vigore.

Questo è stato scritto in tutte le leggi repressive dell’attività fascista, anche nella istituzione dei tribunali straordinari e delle Corti di assise straordinarie, non potendosi configurare una legge eccezionale che non sia limitata entro un determinato periodo di tempo.

È evidente che, quando avrete votato il mio emendamento, se – per caso – allo scadere del termine da me prestabilito, che potrebbe anche essere un termine diverso, crederete che permangano le preoccupazioni per le quali oggi l’Assemblea vota questa legge eccezionale, nulla vieterà di prorogarla.

Ecco perché, onorevole Targetti, le sentenze che, per caso, fossero emesse durante il periodo in cui la legge ha vigore, passate che fossero in giudicato, non potrebbero caducarsi, non potrebbe cessare l’effetto di queste sentenze, perché avrà cessato di avere effetto la legge, ma non sarà subentrata una legge la quale dica che quella attività non è più reato.

È così evidente il mio pensiero, che non ritengo sia il caso di illustrarlo più a lungo.

Quindi, insisto sul mio emendamento, al quale si potrebbe eventualmente aggiungere, «salvo eventuale proroga».

PRESIDENTE. Abbiamo, dunque, tre testi. Il primo è quello dell’onorevole Lucifero, fatto proprio dall’onorevole Condorelli, del seguente tenore:

«La presente legge cesserà di aver vigore non appena saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale, ed in ogni caso entro il 31 dicembre 1948».

Il secondo è quello dell’onorevole Crispo:

«La presente legge cesserà di avere effetto dopo sei mesi dall’entrata in vigore della Costituzione, salvo eventuale proroga».

E vi è, una proposta aggiuntiva dell’onorevole Targetti, nel caso che dovesse essere approvata una di queste due formulazioni:

«Salvo l’esecuzione delle sentenze di condanna definitiva, già pronunciate».

Infine la Commissione propone di non formulare un articolo aggiuntivo, ma di modificare l’articolo 9 del progetto in questo senso:

«La presente legge entra in vigore nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sino al 31 dicembre 1952».

Occorre mettere in votazione per primo l’emendamento dell’onorevole Crispo, che pone il termine più vicino poiché la Costituzione entrerà in vigore prossimamente.

Nella proposta dell’onorevole Lucifero si indica come terminale il momento nel quale saranno state rivedute le disposizioni del Codice penale, e noi possiamo prevedere che ciò avverrà ad una scadenza più lontana di quella in cui entrerà in vigore la Costituzione.

Infine, vi è la proposta della Commissione.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Onorevole Presidente, aderisco all’emendamento dell’onorevole Crispo, rinunciando al mio che ripresenterei però, come subordinato, nel caso che non venisse approvato quello dell’onorevole Crispo.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Vorrei richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla possibilità di rinviare la questione al momento in cui verrà in discussione quella disposizione finale della Costituzione che dice: «È proibita la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».

Mi pare che sia quella la sede più opportuna per porre in discussione e risolvere questa questione, lasciando ora le cose come stanno. Comunque, fra le diverse formulazioni, io preferisco quella della Commissione e ad essa aderisco. È del resto da osservarsi che di questa materia il Codice penale dovrà certamente occuparsi; la presente legge cesserà così di aver vigore non appena saranno state rivedute le relative disposizioni del Codice penale, e si rientrerà nell’ordine normale.

È questa, intendiamoci, una disposizione per cui c’è un impegno internazionale derivante dal Trattato di pace, dalla quale disposizione ne consegue un’altra particolare nella nostra Costituzione. Io proporrei quindi la formulazione seguente:

«La presente legge cesserà di aver vigore non appena saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale ed in ogni caso non oltre il 31 di dicembre 1952».

BETTIOL, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BETTIOL, Relatore. La maggioranza della Commissione accetta questa formula.

CALOSSO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALOSSO. La formulazione della Commissione, poiché si vuol stabilire un termine, mi pare la più logica, perché si tratta di cinque anni e noi siamo un po’ tutti, nella discussione di questa legge, sotto l’impressione di un ritorno delle circostanze dell’altro dopoguerra dal 1918 al 1923. Mi pare quindi che il periodo di cinque anni si giustifichi.

Mentre pertanto le altre cifre che rappresentano un termine più stretto mi sembrano del tutto arbitrarie, questa di cinque anni mi pare la più conseguente.

MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Dichiaro che noi voteremo in favore del testo accettato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la formula dell’onorevole Crispo:

«La presente legge cesserà di avere effetto dopo sei mesi dall’entrata in vigore della Costituzione, salvo eventuale proroga».

(Non è approvata).

Pongo adesso in votazione la formulazione Lucifero fatta propria dall’onorevole Condorelli:

«La presente legge cesserà di aver vigore non appena saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale, ed in ogni caso entro il 31 dicembre 1948».

(Non è approvata).

Pongo ora in votazione il testo proposto dall’onorevole Grassi ed accettato dalla Commissione:

«La presente legge cesserà di aver vigore non appena saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale ed in ogni caso non oltre il 31 dicembre 1952».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Targetti: «salvo l’esecuzione delle sentenze di condanna definitiva già pronunciate».

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Vorremmo chiarire che la Commissione non è d’accordo specialmente per la completa superfluità di questa disposizione.

In sostanza il concetto che ha esposto l’onorevole Targetti mi pare trovi il contrasto di due obiezioni fondamentali. La prima è il carattere eccezionale della legge, per il quale concetto, se – per esempio – in un’annata di raccolto scarso di un qualunque prodotto che serve per l’alimentazione, il legislatore dispone una pena che sia di cinque, sei, dieci anni per l’incetta e l’occultamento di quel prodotto, nessuno sosterrà mai, in linea di logica ed anche di buon senso, che, per il fatto che nell’annata successiva il raccolto sarà abbondante, quel tale precedente delitto di occultamento avrà perduto i requisiti dell’incriminazione e che cessi, per senso comune o per diritto, la esecuzione della pena che è siate precedentemente irrogata. Non c’è dubbio che la pena che è stata irrogata per un delitto grave nel momento in cm è stato compiuto in dipendenza di una contingenza particolare continui ad essere operante.

E poi c’è la seconda ragione: qui si tratta di una legge eccezionale nel senso che configura come reati, puniti con una esasperazione di pena, dei fatti i quali nella loro generalità, sono già reati previsti dal codice penale ordinario e che lo saranno anche dal codice penale futuro, perché nessun codice penale permetterà la minaccia, la violenza, l’intimidazione, la banda armata, la lotta civile, ecc.

Quindi l’ipotesi che fa l’onorevole Targetti è completamente al di fuori della realtà politica; per queste due ragioni e non quindi per questioni di merito, ma proprio per tecnicismo inerente alla logica della legge, nella quale abbiamo messo disposizioni abbastanza originali, per lo meno, come quella della confisca dei beni, penso che non sia il caso di aggravare alcuni aspetti alquanto patologici di questa legge.

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEONE GIOVANNI. Dichiaro di votare contro, perché la formula, oltre che superflua perché rientra nell’articolo 2 del Codice penale, è imprecisa, in quanto parlare di sentenza irrevocabile pronunciata prima della cessazione del vigore della legge significa quasi rendere possibile, nel caso di una sentenza che sia stata emanata prima della cessazione del vigore della legge speciale e che passi in giudicato successivamente alla cessazione del vigore, che tale sentenza non possa avere esecuzione. Per tali categorie di sentenze, secondo l’emendamento proposto dall’onorevole Targetti, non funzionerebbe perciò la norma che egli propone. Il che significa che queste sentenze non entrerebbero in esecuzione.

Credo che questa non sia nemmeno l’intenzione dell’onorevole proponente. Perciò propongo la soppressione.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Ho chiesto di parlare per dichiarare che ritiro il mio emendamento. Mi rincresce di non dare all’onorevole Leone la soddisfazione di mantenere la sua promessa di votare contro. Lo ritiro perché dalle dichiarazioni dell’onorevole Fabbri devo dedurre che, in sostanza, siamo d’accordo, e non c’è ragione che una votazione dia la sensazione di un disaccordo inesistente. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 9. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«La presente legge entra in vigore nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Quando il futuro storico si accingerà a fare la storia dei nostri lavori, vorrà certamente trovare il filo conduttore delle nostre decisioni, vedere quali sono stati i criteri che hanno prevalso nella nostra Assemblea. All’inizio della discussione della nostra Costituzione troverà affermato, dalla parte opposta a quella da cui io parlo, un principio che è la rievocazione di una norma giuridica protostorica: In hostes perpetuo auctoritas.

La interpretazione era errata storicamente perché il legislatore antico non aveva affatto intenzione di affermare il principio che… si voleva confermare. L’intenzione ed il significato della rievocazione erano però troppo evidenti. Oggi, a distanza di sei mesi, noi abbiamo sentito l’eco di quella affermazione.

PRESIDENTE. Lei sa quale è il contenuto dell’articolo 9?

CONDORELLI. Sì, ma devo spiegare le ragioni della chiesta soppressione dell’articolo che si traduce nell’invito ai miei colleghi a votare contro l’intera legge.

PRESIDENTE. Va bene, lei può sostenere questa tesi; ma la prego di tener presente quale è la dizione dell’articolo.

CONDORELLI. Io non starò a tediare l’Assemblea più dei dieci minuti consentiti.

Si è sostenuto dalle oneste labbra del collega Tonello, proprio dallo stesso settore, dallo stesso banco, in coincidenza non casuale, sostenendo un’altra disposizione di legge, il principio della responsabilità collettiva di una famiglia, non soltanto dei discendenti e dei collaterali contemporanei, ma anche dei discendenti futuri.

Si ritorna al più oscuro medioevo, all’istituto della detestatio memoriae. Però questa è detestatio descendentiae.

E la conclusione di questi alti principî del nuovo diritto penale progressivo, ci è apparsa evidente allorché, attraverso un voto avvenuto quando la Costituente era rappresentata soltanto da 40-50 deputati, è stato reintrodotto nel diritto italiano l’istituto medievale della confisca. (Rumori a sinistra).

COSTANTINI. C’era anche col fascismo e lei non parlava. Stavate tutti zitti!

CONDORELLI. È più penoso che ci siano stati in questa Assemblea dei giuristi per i quali ho sommo rispetto, che di fronte all’istantaneità della sbalorditiva decisione pensarono che, avendo trovato affermato col primo voto questo istituto, fosse esigenza di coerenza tornarlo ad affermare in rapporto ad una norma che colpisce un crimine maggiore. Si è venuta ad affermare la necessità della coerenza nell’errore, dimenticando, specialmente i colleghi di parte democristiana, che se errare humanum est, perseverare est diabolicum! (Rumori a sinistra). Ora io penso che questi colleghi che dichiaratamente così votarono e per questo così votarono, abbiano in quel momento dimenticato che loro potevano negare l’approvazione di questa legge la quale, se non fosse ripugnante alla nostra coscienza non di giuristi, ma di uomini del secolo XX per mille altre ragioni, lo sarebbe per questa ragione sola, perché ha reintrodotto l’istituto della confisca.

Io credo che chiunque abbia rispetto reale e non formale per questa Costituente, sentirà l’imperativo di bocciare questa legge perché sia cancellato l’errore. (Rumori a sinistra).

Vi avverto, colleghi, che niente di disastroso avverrebbe se voi nello scrutinio segreto finale respingeste questa legge, perché l’indomani il Governo potrebbe riproporre una legge che colpisca queste forme di delinquenza in via generale, come vogliono i canoni ormai conquistati definitivamente del diritto penale, il quale ripugna, in nome della libertà e della giustizia, dalle leggi eccezionali. (Rumori a sinistra).

Ed io vi dico che, votando come io vi chiedo, voi farete onore a voi stessi, anche se avete votato quell’enormità che poc’anzi deploravo, perché quell’irato voto, che voi ora ripudiereste, è contrario ai principî della giustizia, ai principî della civiltà, della carità cristiana (Rumori a sinistra – Interruzione del deputato Bubbio) perché la confisca, colleghi di parte democristiana, è una pena non contro l’autore del reato, ma contro la sua famiglia, i suoi figli, i suoi discendenti. Voi che avete votato questa mattina contro la singola norma istitutiva della confisca, avete il preciso dovere di votare stasera contro l’intera legge nella votazione a scrutinio segreto. (Rumori a sinistra).

PRESIDENTE. Onorevole Condorelli, lei non ha detto una parola sul suo emendamento.

CONDORELLI. lo propongo la soppressione dell’intera legge: dunque, anche di questo articolo.

PRESIDENTE. Lei avrebbe dovuto dire queste cose in sede di discussione generale; mentre in questo momento lei si era impegnato a proporre la soppressione dell’articolo 9, che non ha invece neppure citato.

L’onorevole Condorelli voleva sostenere, con il suo intervento, un emendamento soppressivo dell’articolo 9; e lo dico io, poiché egli se ne è dimenticato.

Pongo in votazione l’articolo 9, del seguente tenore:

«La presente legge entra in vigore nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

(È approvato).

Passiamo al titolo della legge:

«Norme per la repressione dell’attività fascista e dell’attività diretta alla restaurazione dell’istituto monarchico».

PRESIDENTE. L’onorevole Benedettini ha presentato un emendamento del seguente tenore:

«Aggiungere dopo le parole: repressione dell’attività, le altre: di tipo, e, dopo le parole: dell’attività diretta alla restaurazione, l’altra: violenta.

L’onorevole Covelli ha presentato il seguente emendamento:

«Dopo la parola: restaurazione, aggiungere le parole: con mezzi violenti».

Onorevole Benedettini, ella ha firmato anche l’emendamento Covelli. Quale dei due mantiene?

BENEDETTINI. Mantengo il mio emendamento; subordinatamente, per il caso che non fosse approvato, ho firmato l’emendamento Covelli.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

BETTIOL, Relatore. Per quanto riguarda l’emendamento Benedettini, la Commissione non accetta la prima parte, quella relativa alla repressione dell’attività di tipo fascista. Per quanto riguarda la seconda parte, accetta l’emendamento stesso, perché rientra nello spirito informatore della legge: colpire la violenta estrinsecazione dell’attività monarchica.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

GRASSI, Ministro di grazia e giustizia. Aderisco al parere della Commissione.

PRESIDENTE. Dei due emendamenti che sono stati proposti la Commissione ed il Ministro dichiarano di accettare parzialmente quello dell’onorevole Benedettini che comprende in parte quello dell’onorevole Covelli.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte dell’emendamento Benedettini:

«Repressione dell’attività di tipo fascista».

(Non è approvata).

Pongo in votazione la seconda parte accettata dalla Commissione e dal Governo:

«Restaurazione violenta dell’istituto monarchico».

(È approvata).

Resta inteso che l’Assemblea autorizza il coordinamento formale degli articoli del disegno di legge.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Indico la votazione segreta sul disegno di legge:

«Norme per la repressione dell’attività fascista e dell’attività diretta alla restaurazione violenta dell’istituto monarchico».

Presidenza del Vicepresidente BOSCO LUCARELLI

(Segue la votazione).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione a scrutinio segreto ed invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Risultato della votazione segreta.

Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto del disegno di legge: Norme per la repressione dell’attività fascista e dell’attività diretta alla restaurazione violenta dell’istituto monarchico:

Presenti                               285

Votanti                                284

Astenuti                   1

Maggioranza           143

Voti favorevoli        188

Voti contrari                        96

(L’Assemblea approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Baldassari – Balduzzi – Barontini Anelito – Bartalini – Basile – Bei Adele – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Benvenuti – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchi Bruno – Bocconi – Bonfantini – Bonino – Bonomi Ivanoe – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bozzi – Bubbio – Bucci – Buffoni Francesco – Bulloni Pietro.

Caccuri – Cairo – Calosso – Camposarcuno – Candela – Canepa – Caporali – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carboni Enrico – Caristia – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Castiglia – Cavalli – Cavallotti – Cevolotto – Chiarini – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Ciccolungo – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corsi – Cortese Pasquale – Costa – Costantini – Covelli – Cremaschi Olindo – Crispo.

Damiani – D’Amico – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Dominedò – D’Onofrio.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Filippini – Fiore – Fiorentino – Flecchia – Franceschini – Fresa – Froggio.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacometti – Giolitti – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jervolino.

Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Leone Francesco – Leone Giovanni – Lizier – Lombardi Carlo – Longhena – Lozza – Luisetti.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Marazza – Marchesi – Mariani Enrico – Marina Mario – Marinaro – Marinelli – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Mazza – Meda Luigi – Mentasti – Merighi – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Monticelli – Moranino – Morelli Renato – Merini – Moro – Mortati – Moscatelli – Mùrdaca – Musolino.

Nasi – Negarville – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobili Tito Oro – Notarianni – Novella.

Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.

Pallastrelli – Paratore – Pat – Patricolo – Penna Ottavia – Perassi – Perrone Capano – Pesenti – Piccioni – Piemonte – Pistoia – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Priolo.

Raimondi – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rodi – Rodinò Ugo – Romano – Romita – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruini.

Saccenti – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Santi – Scalfaro – Scarpa – Scoca – Scoccimarro – Secchia – Sicignano – Siles – Silipo – Spano – Spataro – Stampacchia – Storchi – Sullo Fiorentino.

Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tonello – Tosato – Tosi – Treves – Trimarchi – Turco.

Uberti.

Valenti – Valiani – Venditti – Veroni – Vicentini – Vigna – Vigo – Villabruna – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zerbi.

Si è astenuto:

Conti.

Sono in congedo:

Bergamini.

Carmagnola – Caso – Cavallari.

De Caro Raffaele – Dugoni.

Jacini.

Pellizzari – Preziosi.

Ravagnan.

Tambroni.

Vanoni – Viale – Vischioni.

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, torniamo ora alla discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana. Dovremmo esaminare i vari emendamenti che sono stati presentati sotto l’indicazione di articolo 95-bis.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. A me sembra che la norma contemplata nell’emendamento che forma l’articolo 95-bis comporti una insuperabile connessione, vorrei anzi dire, una unicità di tema con la norma dell’articolo 102, relativo alla definizione della struttura della Corte Suprema di Cassazione, della sua funzione e della sua competenza. Sicché mi pare che non si possa affrontare questo tema se non in unione all’esame dell’articolo 102. Ed infatti noi vediamo emendamenti all’articolo 95-bis che si ripetono in sede di emendamenti all’articolo 102, con questi intersecandosi.

Perciò, sottopongo al Presidente la proposta di trattare questo tema unitamente alla materia della Cassazione, in sede di discussione dell’articolo 102 del progetto.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Ruini di volere esprimere l’avviso della Commissione.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non ho nulla in contrario a questa proposta.

PRESIDENTE. Se non si sollevano obiezioni, possiamo allora senz’altro accettare la proposta dell’onorevole Dominedò, di discutere ciò che si riferisce agli emendamenti all’articolo 95-bis, che sono stati proposti e che toccano tutti il problema della Cassazione, quando saremo giunti all’articolo 102, che pone appunto, nel progetto della Commissione, la questione della Corte di Cassazione.

(Così rimane stabilito).

Passiamo ora all’articolo 96, nel testo iniziale della Commissione.

Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia mediante l’istituto della giuria nei processi di Corte d’assise».

PRESIDENTE. A questo articolo sono stati presentali numerosissimi emendamenti, in modo particolare soppressivi. Sono stati svolti gli emendamenti soppressivi degli onorevoli Monticelli, Rossi Paolo, Colitto, Ruggiero Carlo, Villabruna, Badini Confalonieri, Mastino Pietro, Merlin Umberto, Scalfaro e Castiglia. Vorrei che gli onorevoli Gabrieli, Rescigno, Perrone Capano e Nobili Tito Oro, presentatori anch’essi di emendamenti soppressivi, dichiarassero se si rimettono allo svolgimento già fatto dai suddetti numerosi colleghi di questa stessa proposta, oppure intendano aggiungere qualche cosa.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Gabrieli.

GABRIELI. Mi rimetto alle dichiarazioni già fatte in sede di discussione generale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Rescigno.

RESCIGNO. Anche io mi rimetto alle argomentazioni che sono state svolte dagli altri colleghi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Perrone Capano.

PERRONE CAPANO. Desidero aggiungere soltanto che sono stato portato a proporre il mio emendamento soppressivo particolarmente per la mia esperienza di avvocato penale. In virtù di questa esperienza, contratta nei molti anni durante i quali ho praticato la Corte d’assise coi giurati, mi sono convinto della necessità imprescindibile di unificare la giurisdizione penale. Desidero rilevare inoltre che il mantenimento della giuria determinerebbe alcune contraddizioni nel testo del progetto di Costituzione. Il progetto, infatti, afferma innanzitutto il principio che i magistrati non debbono appartenere a partiti politici, e poi affida l’esame e la decisione dei giudizi penali di maggiore entità a cittadini i quali potrebbero essere iscritti a partiti politici.

Il progetto di Costituzione afferma il principio che ogni sentenza debba essere motivata, e poi con l’articolo 96 viola questo concetto, perché pone il presupposto per cui, per i giudizi relativi ai delitti di alta criminalità, il pronunciato del giudice non sarà motivato.

Infine, sancisce il principio che ogni sentenza deve essere soggetta a impugnazione e per i giudizi di Corte di assise compromette tale possibilità, mentre, a mio avviso, sarebbe più che mai necessario un giudizio di appello nei riguardi dei processi relativi ai delitti di alta criminalità.

PRESIDENTE. Ricordo che sono stati svolti anche i seguenti altri emendamenti:

«Sopprimerlo.

«Subordinatamente, sostituirlo col seguente:

«Il popolo partecipa unitamente ai magistrati all’amministrazione della giustizia nei processi di Corte d’assise, secondo le norme di legge.

«Murgia».

«Sopprimerlo.

«Subordinatamente, sopprimere le parole: mediante l’istituto della giuria.

«Colitto».

«Sostituirlo col seguente:

«Nei processi di Corte di assise la giustizia è amministrata da una Corte criminale composta di magistrati designati dal primo presidente della Corte di cassazione, sentito il parere del Consiglio superiore della Magistratura.

«Abozzi».

«Sostituirlo col seguente:

«Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia mediante l’istituto della giuria nei processi per reati politici.

«Sardiello».

«Sostituirlo col seguente:

«Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia nelle Corti di assise, alle quali è attribuita la cognizione dei delitti contro la personalità dello Stato.

«Romano».

«Sostituire le parole: nei processi di Corte d’assise, con le seguenti: nei processi penali.

«Persico».

«Aggiungere in fine:

«Le sentenze delle Corti di assise sono soggette ad appello nei modi stabiliti dalla legge.

«Mannironi».

Segue l’emendamento dell’onorevole Nobili Tito Oro così formulato:

«Sopprimerlo, in relazione agli emendamenti presentati al secondo e all’ultimo comma dell’articolo 94».

Ha facoltà di svolgerlo.

NOBILI TITO ORO. Il mio emendamento in realtà non è un emendamento soppressivo. È un emendamento modificativo; ma io non ho nessuna difficoltà di consentire alla soppressione dell’emendamento stesso con i criteri che sono stati stabiliti.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Targetti, Costa, Carpano Maglioli, così formulato:

«Sostituirlo col seguente:

«Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia nei casi e nei modi stabiliti dalla legge».

L’onorevole Targetti ha facoltà di svolgerlo.

TARGETTI. Nel presentare quest’emendamento io ho cominciato coll’emendare me stesso, perché la storia dell’articolo a cui si riferisce è questa. Innanzi alla Sottocommissione, che era incaricata di occuparsi del Titolo relativo al potere giudiziario, stavano due proposte: una del collega onorevole Leone ed una del collega onorevole Calamandrei. Mentre il progetto conclusivo della relazione dell’onorevole Calamandrei prevedeva una generica partecipazione di giudici popolari nei giudizi di competenza della Corte di Assise senza specificarne le modalità, che rimetteva alla legge, l’onorevole Leone, coerentemente al suo temperamento battagliero, non si era accontentato di fare un accenno indiretto alla questione della giuria, ma si era proposto di risolvere definitivamente il problema proponendo, senz’altro, di ricondurre la competenza dell’Assise, come egli si espresse, nell’ambito della competenza del Tribunale. Fu in contrapposizione di questa sua proposta che perpetuava il bando della giuria dalla nostra legislazione, che io formulai e sostenni l’articolo che poi la Commissione dei settantacinque approvò e che figura nel testo sottoposto all’esame dell’Assemblea Costituente.

Si comprende facilmente come possa nascere la domanda perché io abbia, poi, preso l’iniziativa di emendare questa proposta che era partita da me. Per questa considerazione: mentre la formula suggerita da me in sede di Commissione, e che ebbe la fortuna e l’onore di essere approvata dalla Commissione dei settantacinque, diceva: «Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia attraverso l’istituto della giuria», io ho ritenuto opportuno modificare questa formula, mantenendone però intatta la prima parte, cioè quella nella quale si afferma che il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia. A questo proposito si potrà domandare perché questo avverbio «direttamente». A me è sembrato, e così ai colleghi della Commissione dei settantacinque, opportuno e non superfluo, perché se in un certo senso si può dire che il popolo partecipa indirettamente all’amministrazione della giustizia, partecipando alla costituzione del Parlamento il quale, a sua volta, elegge il Consiglio Superiore della Magistratura, che nomina i magistrati, qui occorreva specificare che si trattava di un’altra specie di partecipazione, di una partecipazione diretta.

L’espressione «direttamente», è stata usata non per fare un’affermazione demagogica, che i colleghi sanno non sarebbe stata di mio gusto, ma per la necessità di esprimere un concetto che non si prestava ad essere denunziato diversamente. Mentre, dunque, manteniamo la formula: «Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia» invece di dire «attraverso l’istituto della giuria» preponiamo di dire «nei casi e nei modi stabiliti dalla legge».

Ciò perché, onorevoli colleghi, io credo che in questa sede non sia dare prova di eccessiva condiscendenza, ma di una necessaria saggezza, se ciascuno di noi, se ciascuno dei Gruppi in cui si divide questa Assemblea, fa tutto il possibile per dividersi il meno possibile nelle decisioni che si devono prendere in tema di Costituzione, cercando di rinunziare a tutto ciò che possa creare delle diversità, delle differenze, dei disaccordi evitabili senza fare nessuna concessione di sostanza, nessuna rinunzia di idee fondamentali.

Quindi, con la dizione «nei casi e nei modi stabiliti dalla legge» intendiamo lasciar aperto il campo a qualsiasi forma di partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia. Detto questo, però, dobbiamo dichiarare, non solo per onestà e per franchezza, ma anche perché la nostra disposizione non possa prestarsi ad interpretazioni equivoche, che per noi socialisti, per gli appartenenti al mio Gruppo, la giuria è la forma, nella quale meglio si manifesta una diretta partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia.

L’Assemblea non si spaventi se ho ricordato la giuria, non tema cioè che io voglia tornare su quest’argomento che è stato, in un senso e nell’altro, così largamente ed egregiamente trattato in questa discussione.

Noi siamo favorevoli alla giuria per tutte quelle ragioni che sono state esposte da colleghi valorosissimi; fra gli altri dall’onorevole Macrelli, dall’onorevole Veroni e dal nostro carissimo compagno onorevole Mancini, che ha pronunziato in questa occasione uno di quei discorsi che fanno onore non soltanto a chi li pronunzia, ma anche all’Assemblea a cui l’oratore appartiene.

Io mi limito a fare un solo rilievo.

Dagli avversari della giura è stata citata l’alta autorità di Enrico Ferri. Alta nel campo della criminologia. Altri campi, in questo momento, non ci interessano. In realtà, sì, il Ferri era contrario alla giuria, ma era però ugualmente contrario anche ai giudici togati, così come sono reclutati. Egli aveva, infatti, una concezione ben precisa di quella che avrebbe dovuto essere la funzione punitiva, che invece che ad uomini esperti nel diritto, egli avrebbe voluto in gran parte affidare a psicologi, a psichiatri, a medici, a biologi. Insomma, ad uomini di scienza piuttosto che a giuristi.

Io ricordo tuttavia la conclusione cui egli pervenne nell’ultima intervista che ebbe occasione di concedere su questo argomento nel 1922. Fra gli altri difetti Enrico Ferri, aveva quello di ripetersi. Gli accadde così, anche in quella circostanza, di servirsi contro i giurati di un argomento che gli era in questo tema consueto. Se io ho un orologio guasto – disse – non andrò certamente per farlo riparare da un calzolaio. Così anche le cause penali dovrebbero essere portate dinanzi a dei competenti a giudicare. Ma, alla domanda specifica se egli intendesse proporre alla Commissione per la riforma del Codice penale, di cui era Presidente, la soppressione della giuria, Enrico Ferri si strinse nelle spalle eppoi finì col dire che i giudici popolari avrebbero continuato a far giustizia finché non si fosse avuta una magistratura tecnica, realmente capace di giudicare anche i reati più gravi.

Onorevoli colleghi! Noi potremmo additarvi anche altri inconvenienti, anche altri difetti oltre tutti quelli che i nostri contradittori hanno messo eloquentemente in luce per combattere la giuria, ma, arrivati ad un certo punto, spunterebbe forse l’alba e l’alba ci sorprenderebbe ancora a discutere, ci sorprenderebbe ancora nel momento critico della discussione, quando noi torneremmo a chiedervi che cosa voi vorreste sostituire a questo istituto della giuria e nessuno di voi sarebbe in grado di rispondere.

Nessun giurista, nessun legislatore ha potuto mai suggerire né trovare una forma di giudizio che potesse degnamente sostituire questo istituto. Si è discorso di tante cose, si è parlato dello scabinato, si è parlato della gran corte criminale. Ma, onorevoli colleghi, anche la gran corte criminale napoletana non emanava forse delle sentenze che erano inappellabili proprio come quelle che emana la giuria popolare? Ed allora perché scandalizzarsi dell’inappellabilità dei verdetti popolari? Ma i giurati, si dice, hanno commesso molti errori. Sì, onorevoli colleghi, ne hanno commessi molti e molti ne commetteranno, come ne hanno commessi, ne commettono e ne commetteranno i giudici togati; come è destinato a commetterne chiunque si trovi a dover giudicare un suo fratello, ad assolverlo o condannarlo. Siano pure destinati, i giurati, a commetterne ancora e molti, ma sempre dalla loro giustizia emanerà qualche sprazzo di luce, qualche raggio di bontà che andranno ad illuminare quello che spesso è il grigiore della legge amministrata da giudici togati, che la vita ha reso scettici e stanchi.

Se, onorevoli colleghi, anche il legislatore più saggio, non è riuscito, nella freddezza del suo studio a fissare, a prevedere e ben regolare, a seconda del movente, della personalità, dell’animo di chi è trasceso a violare la legge penale, tutti i casi da giudicare, lasciamo che ci siano i giurati. Ben vengano allora i giurati che, nella loro sia pure impetuosa e tumultuosa passionalità, possono rompere tutte queste impalcature, che il legislatore aveva creduto di erigere incrollabili, possono rompere questi compartimenti stagni in cui il legislatore aveva creduto di poter incasellare tutti i moti dell’animo, e in casi nei quali e la legge e la giurisprudenza e il magistrato dicevano: «condanna», possono dire «assoluzione». Non domandate ragioni, giudizi motivati di questi che possono essere errori giuridici, ma che spesso sono grandi riconoscimenti di esigenze della legge umana.

E non vi dico altro, onorevoli colleghi, e mi scuso anche di avervi parlato di quello di cui mi ero proposto di non parlare: cioè dei difetti e dei pregi della giuria, per venire a questa conclusione: noi proponiamo una formula, nella quale – ripetiamo – è compresa, è contemplata, in primo luogo, per il nostro convincimento, la giuria. Però è una formula che permetterà alle Assemblee legislative di domani di far partecipare il popolo, in modi anche diversi, all’amministrazione della giustizia.

Quando noi diciamo «nei limiti», indichiamo che sarà la legge a determinare la competenza: problema arduo, anche questo, della competenza che deve essere attribuita ai giurati. Da più parti si dice: soltanto reati gravissimi, e si può aver ragione; da un’altra si dice: soltanto i reati politici, e si può aver ragione; ma si può in questo anche aver torto, almeno in certi momenti che abbiano determinati caratteri politici. Io ricordo nei tristi inizi del tristissimo periodo fascista di aver trovato una maggiore possibilità di giustizia presso i giudici togati che presso certe giurie, che erano influenzate politicamente, o erano costrette a dire una parola diversa anche da quella che pensavano, per quella intimidazione che si esercitava più facilmente dal fascismo sopra i giurati che non sui magistrati togati. E a proposito dei magistrati – dei quali tanto si dice male e spesso con ragione – lasciatemi anche ricordare che vi sono stati, nel tristissimo periodo fascista, dei magistrati che hanno avuto il coraggio, in mezzo a difficoltà che non si possono apprezzare senza averle conosciute, e sfidando dei pericoli che non si possono giudicare se non si sono sfidati, di mantenere fede, nonostante tutto e tutti, al loro dovere: quello di amministrare giustizia senza guardare in faccia a nulla e a nessuno. Sacrifici talvolta eroici e mai riconosciuti né apprezzati nella misura giusta.

E se, onorevoli colleghi, si dice nel nostro emendamento «nei limiti determinati dalla legge», non pregiudichiamo neppure la questione della competenza; se noi diciamo «nei modi stabiliti dalla legge», non pregiudichiamo nessuna forma di partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia.

È per questo che facciamo le insistenze più vive presso tutti i nostri colleghi di voler aderire a questa nostra proposta. Non aderirvi vorrebbe dire chiudere la via oggi come domani, fino al giorno in cui non si arrivasse ad una revisione della Costituzione, all’istituzione di questa forma di Magistratura – ed è l’ultima osservazione che mi permetto di fare – che è adottata da tutte le Nazioni. Non si può dire: c’è l’obbligo di fare in un determinato modo perché tutti fanno così; quest’obbligo non c’è; ma sarà sempre lecito dire che prima di fare in un modo diverso da quello di tutti i popoli che sono anche organizzati, ordinati come noi, democraticamente, bisogna un po’, onorevoli colleghi, esitare; perché altrimenti una mancanza di esitazione non vorrebbe dire un’esuberanza di coraggio, ma una vera audacia; una determinazione non ragionata. Rifiutarsi ad ammettere l’istituzione della giuria anche per un domani più o meno vicino, persino per un domani un po’ lontano, non ostante che la Francia, che l’Inghilterra, che la Polonia, che l’Ungheria, che l’Austria, che tutte le Costituzioni del dopoguerra stabiliscano in modo tassativo, non quella che per noi si limiterebbe ad essere una possibilità di istituzione, ma la vera e propria istituzione, per decisione inderogabile, costituzionale, della giuria popolare, vorrebbe dire chiudere gli occhi dinanzi a fatti, ad esperienze che istruiscono ed ammoniscono.

Confidiamo per questa realtà – e non per la modestia della nostra argomentazione – che questa nostra proposta venga accolta! (Applausi – Congratulazioni).

PRESIDENTE. L’onorevole Cairo e l’onorevole Carboni Angelo hanno presentato il seguente emendamento sostitutivo:

«Possono istituirsi per legge e per la cognizione e la decisione di determinate materie, sezioni specializzate degli organi giudiziari civili e penali con la partecipazione, regolata dalle norme dell’ordinamento giudiziario, di cittadini esperti e di giudici popolari».

L’onorevole Cairo ha facoltà di svolgere l’emendamento.

CAIRO. Onorevoli colleghi, l’emendamento da me proposto mi sembra in parte sostanzialmente superato dal criterio che è stato introdotto ieri nell’articolo che è stato per ultimo approvato. Infatti il nostro emendamento tendeva ad affermare il principio che nelle giurisdizioni criminali fossero chiamati a partecipare cittadini esperti o giudici popolari.

Ieri si è approvata la partecipazione generica di cittadini idonei. Quindi si è, in certo senso, anticipato il principio della partecipazione di giudici popolari o giudici non togati all’amministrazione della giustizia.

Comunque io farò qualche rilievo anche di carattere formale.

Mi consentano gli estensori della formula consacrata nel progetto, ed anche in qualche emendamento, di dire che l’esordio della formula stessa degli emendamenti – «il popolo partecipa direttamente» – mi sembra, mi si consenta, un po’ enfatica.

Comunque, che il popolo partecipi alla giustizia, sia pure per il tramite degli organi giudiziari, è certo. La formula che mi permetto di contestare sembra quasi contradire al principio che la stessa Magistratura, l’ordinamento giudiziario, la Magistratura ordinaria sia emanazione – indiretta, ma emanazione – del popolo.

Quindi riterrei più opportuno fermarsi su una dizione così come è stata formulata da me: «Possono istituirsi per legge e per la decisione di determinate materie, giudici popolari e cittadini esperti».

Si è molto discusso ed argomentato sulla giuria. Io, a questo proposito, ho una profonda incertezza, che ha il proprio riflesso nel mio emendamento, il quale potrebbe anche essere tacciato di compromesso o di transazione. Comunque, all’animo democratico di tutti noi ripugna – come diceva benissimo poc’anzi l’onorevole Targetti – di respingere senz’altro l’intervento del giudice popolare e della sua umanità, della sua integrale umanità nei giudizi penali.

La confessione di molti illustri ed egregi colleghi, che hanno esercitato per tanti anni la professione dinanzi alle Corti d’assise, ci dice che le Corti d’assise non corrispondono più oggi alle necessità di tecnica e di competenza che esige la vita umana, ogni manifestazione della vita umana, e specialmente questa della giustizia, che delle manifestazioni della vita umana è forse la più difficile e la più alta.

Quindi il mio emendamento non fa che protrarre questa decisione – che, come dico, è ardua – sulla esistenza della giuria, rimandandola ad un esame che verrà fatto da un’assemblea, la quale avrà a propria disposizione degli elementi tecnici (e questo non si ritenga offensivo per l’Assemblea) più completi per potere giudicare se la giuria dovrà rimanere così com’è o se dovrà subire quelle trasformazioni, che del resto tutti gli istituti giuridici subiscono col tempo.

Io non aggiungo altro.

Ho introdotto anche: «organi giudiziari civili» oltre che penali, appunto per affermare questo criterio basilare del mio emendamento, cioè introduzione e la partecipazione dell’elemento umano, dell’elemento che direi civico, estraneo alla tecnica della Magistratura non solamente per il giudizio penale, ma anche per i giudizi civili, cioè l’esigenza che vicino al giudice tecnico e togato ci sia anche il giudice popolare o il rappresentante della cittadinanza che non veste la toga.

Per quanto riguarda l’esistenza della giuria così come è, io ho già richiamato la confessione fatta dai maggiori assistiti che sono intervenuti in questa discussione. Oserei dire che nella formazione della giuria c’è qualche cosa di romantico, qualche cosa di melodrammatico, qualche cosa di superato. Noi tutti, che esercitiamo da molto tempo la carriera forense, sentiamo che effettivamente nella giuria manca qualche cosa, sentiamo che la giuria ha rappresentato un’affermazione notevole dei principî di libertà nel secolo scorso, ma che oggi non rappresenta più quella esigenza tecnica che io ritengo sovrana in tutte le materie.

Quindi il mio emendamento potrà essere accolto sia da coloro che caldeggiano il ritorno della giuria, sia da coloro che sentono che la giuria non risponde più alle esigenze attuali.

C’è un ostacolo ad aderire ancora alla sopravvivenza della giuria; un ostacolo grave di carattere umano: è la mancanza della sentenza e, quindi, della doppia giurisdizione; è una esigenza sentita da tutti, perché, onorevoli colleghi, o ammettiamo che il giudice popolare sia infallibile e rappresenti qualche cosa di insuperabile nella sua sentenza e nei suoi verdetti, ed allora possiamo venir meno alla esigenza fondamentale di una revisione di secondo grado, o noi non ammettiamo a priori questa infallibilità al verdetto dei giudici popolari, ed allora dobbiamo escogitare una nuova formula la quale sancisca anche la possibilità di un appello contro la sentenza, contro il giudicato popolare. Problema difficile che io non pretendo di risolvere. Per questo ritengo che oggi sia opportuno e saggio rimettere all’Assemblea legislativa la risoluzione tecnica di questo problema. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Gli onorevoli Ghidini, Filippini e Rossi Paolo hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia, nei processi di Corte di assise, nei limiti e secondo le forme che saranno stabiliti dalla legge».

L’onorevole Ghidini ha facoltà di svolgerlo.

GHIDINI. Onorevoli colleghi, veramente io sono rimasto incerto fino a questo momento se dovessi mantenere o ritirare questo mio emendamento, perché ho il dubbio che la questione sia pregiudicata dalla votazione che si è fatta ieri sull’articolo 95. Alludo precisamente al capoverso primo dell’articolo 95 e al commento fattone dal Relatore.

Il secondo comma dell’articolo 95 è in questi termini: «Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi, presso gli organi giudiziari ordinari, sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla Magistratura».

Mi sono chiesto se in queste sezioni specializzate che si istituiscono presso gli organi giudiziari ordinari siano comprensibili anche le giurie.

L’onorevole Leone Giovanni ha detto sì ed allora sarebbe inutile che io insistessi sull’articolo 96.

Ma per la verità, io non sono della stessa opinione o, per lo meno, non ho affatto la certezza che si possa dire che l’istituto della giuria sia compreso in questo secondo comma dell’articolo 95, cioè che si possa considerare la giuria come una sezione specializzata istituita presso un organo giudiziario ordinario. Sono perfettamente d’accordo nel ritenere che di fronte alla legislazione attuale non è un giudice speciale, perché la Corte di assise non è che una sezione della Corte di appello; e poi c’è una ragione anche più sostanziale, ed è questa, che se si trattasse di un giudice speciale, le sue sentenze dovrebbero essere impugnate dinanzi alla Cassazione a sezioni unite, mentre invece si sa che le sentenze della Corte di assise sono impugnate dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione. Quindi, indiscutibilmente, secondo la legge attuale, non ci troviamo di fronte ad un giudice speciale. Però, nella realtà delle cose, si può per lo meno dubitare, ed io ne dubito profondamente, per queste ragioni: prima di tutto perché è indubitato che la giuria è un giudice il quale si occupa soltanto di determinate categorie di reati.

In secondo luogo, i giurati non possono essere considerati come giudici ordinari, secondo l’articolo 95 votato ieri, dove si dice testualmente: «la funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari istituiti secondo le norme sull’ordinamento giudiziario». Fra questi non si possono comprendere i cittadini giurati.

Per queste ragioni io penso che realmente si tratti di un giudice speciale. Altrimenti si potrebbe pensare dello scabinato, nel quale il giudice popolare giudica unitamente al magistrato ordinario e le sentenze vengono fatte insieme, e la motivazione appartiene ad entrambi. Invece, nel caso della giuria, intesa secondo la tradizione legislativa italiana e la comune accezione, il giurato giudica da solo e in modo elusivo del fatto e della responsabilità. Per questo motivo ritengo che l’emendamento possa essere mantenuto.

Il mio emendamento somiglia a quello dell’onorevole Targetti, ma vi è una differenza fra il mio ed il suo, che è sostanziale. L’onorevole Targetti dice: «Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia nei casi e nei modi stabiliti dalla legge». Dunque, secondo l’onorevole Targetti la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia si dovrebbe effettuare in qualsiasi giudizio, non soltanto in quelli di Corte di assise.

Se questo non è stato il pensiero dell’onorevole Targetti, ne prendo atto; e se anche egli ritiene che è soltanto alla Corte di assise che il popolo deve partecipare, allora siamo d’accordo in tutto ed il mio emendamento è identico al suo, salvo la diversa espressione verbale.

Nel mio emendamento è detto: «Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia nei processi di Corte di assise».

Io elimino dal testo la frase: «mediante l’istituzione della giuria», perché, secondo il mio modo di vedere, l’istituto della giuria ha una sua significazione, che è quella consacrata da una lunga tradizione legislativa.

Nella giuria, com’è oggi intesa, esistono dei difetti che furono rilevati da molti colleghi e sono: la mancanza di motivazione ed il verdetto monosillabico. Il verdetto monosillabico contrasta anche con una disposizione della nostra Carta costituzionale, articolo 101, dove si dice che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Il sì ed il no non rappresentano una motivazione.

Si tratta di un giudice il cui verdetto, mancando di motivazione, non consente il doppio grado di giurisdizione, cioè il controllo di merito. Ecco perché io penso che si debba trovare una forma di giudizio la quale consenta da un lato la motivazione e dall’altro il ricorso di merito. Sarà difficile trovare questa forma, ma non dispero.

A proposito della giuria v’è ancora un inconveniente sul quale hanno insistito i colleghi, ed è «l’incompetenza del cittadino giurato». È una verità parziale, come tutte le verità. Ma è certo che in talune materie, come sarebbe ad esempio nei delitti di falso documentale, di bancarotta, ecc., difficilmente potrebbe decidere un profano del diritto. Non ammetto la competenza del giurato neppure in materia di reati politici e contro la personalità esterna ed interna dello Stato.

La struttura dei reati contro la personalità dello Stato è squisitamente tecnica e sarebbe quindi pericoloso affidarne il giudizio ai giurati. E penso altrettanto pei reati politici, nei quali si disfrena più violenta la passione popolare; quella passione che indiscutibilmente è l’antitesi della giustizia che è soprattutto misura e serenità. È vero, come diceva l’altro giorno l’onorevole Avanzini, che vi sono state delle cause in cui nel giudicare i reati politici i giurati hanno emerso sentenze altamente serene, ma disgraziatamente furono un’eccezione.

D’altro canto vi sono reati che è bene siano demandati al giudice popolare: parlo dei reati gravi di sangue, dell’omicidio e dell’infanticidio. Non è che io diffidi del magistrato ordinario, per il quale anzi professo altissima stima e in virtù della mia esperienza posso ben dire che le critiche che gli sono state rivolte sono eccessive ed ingiuste. È però certo che il giudice ordinario ha minore aderenza alla realtà della vita e meno avverte l’umanità di certe cause, che devono essere risolte non soltanto in linea di puro diritto, ma col criterio della più alta equità.

Bisogna che la sentenza del giudice non sia soltanto corrispondente alla legge, ma anche alla coscienza giuridica e morale del popolo per essere efficace. La sentenza non è soltanto accertamento del fatto e degli elementi giuridici che ne fanno un reato, ma deve essere anche una norma di condotta per il cittadino.

Per questa ragione ritengo che in certi casi debba essere mantenuta la giuria, però nelle forme e nei modi dei quali parlava l’onorevole Targetti. Ecco il mio emendamento:

«Il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia nei giudizi di Corte di assise, nei limiti e secondo le norme che saranno stabiliti dalla legge».

Le norme riguarderanno la struttura dell’istituto e le condizioni di nomina dei giurati, affinché siano in grado di fare una motivazione ragionata e seria. Del resto il caso si è già verificato.

Ricordo una causa discussa a una Corte di assise dell’Emilia, nella quale vi fu un contrasto irreducibile fra i magistrati, presidente e relatore, e gli assessori: questi volevano e vollero assolvere, mentre i magistrati volevano condannare. Quei magistrati onestamente non fecero una sentenza suicida, fenomeno questo deplorevole e eccezionale, tanto che non può certamente essere motivo per ammettere una riforma dell’organo in un senso o nell’altro. La fecero invece i giurati e fu tale da riscuotere unanime plauso per la logicità e la serietà della sua motivazione.

Per queste ragioni credo che limiti precisi di competenza dovranno essere segnati dalla legislazione ordinaria ad un nuovo e diverso istituto della giuria, tale che risponda a quelle necessità di giustizia e a quelle esigenze di umanità e di equità, che sono vive e perenni nella coscienza dei popoli civili. (Applausi – Congratulazioni).

PRESIDENTE. L’onorevole Coccia ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«Il verdetto viene emanato dai giurati ed è inappellabile».

Ha facoltà di svolgerlo.

COCCIA. Eravamo d’accordo che questo emendamento aggiuntivo sarebbe stato discusso dopo decisa la soppressione o meno.

PRESIDENTE. Sta bene. La stessa cosa si può dire dell’emendamento presentato dall’onorevole Sapienza, che è del seguente tenore:

«Aggiungere il seguente comma:

«I giurati sono eletti, per il tempo e con le modalità stabilite nell’ordinamento giudiziario, dai Consigli comunali dei Comuni compresi nella circoscrizione giudiziaria».

L’onorevole Mannironi ha già svolto il seguente emendamento:

«Le sentenze delle Corti d’assise sono soggette ad appello, nei modi stabiliti dalla legge».

RESCIGNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Vorrei, con riferimento all’emendamento dell’onorevole Mannironi ed anche a quello dell’onorevole Coccia, ed anche alle proposte qua e là avanzate da altri colleghi su questa eventuale appellabilità delle sentenze pronunciate dalla giuria popolare, dare un chiarimento.

Noi dobbiamo, poiché questa Costituzione dovrà essere letta, speriamo, anche dai posteri, non offendere certi principî fondamentali filosofici. I verdetti della giuria popolare non possono essere appellabili e non v’è bisogno di scriverlo qui, che essi sono inappellabili, perché il concetto su cui si fonda il verdetto della giuria è che esso rappresenta l’espressione della coscienza popolare. Ora, la coscienza popolare non si può esprimere sullo stesso fatto che una sola volta, per non correre il rischio di contraddire se stessa. Perciò il pronunziato, nella Corte di assise, della giuria popolare è inappellabile. Quindi non vi può essere speranza di appellabilità ed è questo l’argomento per cui sono contro la giuria, perché non mi posso persuadere come sia data la revisione per una condanna a lire 2001 di pena pecuniaria e non possa essere data revisione per la condanna all’ergastolo.

RUBILLI. La Corte di assise è una sezione della Corte di appello.

RESCIGNO. E che vuol dire? Finché v’è la giuria, non può la sua sentenza, per ragioni di indole logica, essere impugnata nel merito. (Commenti).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento degli emendamenti.

Il seguito di questa discussione è rinviato alle ore 11 di lunedì prossimo, avvertendo che darò la parola al Presidente della Commissione, onorevole Ruini, perché esprima il parere sugli emendamenti.

Interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:

«Al Ministro della pubblica istruzione, per sapere per quali ragioni, pur avendo l’onorevole Ministro assicurato personalmente l’interrogante di avere disposto la riapertura della sezione distaccata in Meta di Sorrento del liceo-ginnasio di Castellammare di Stabia, il Provveditorato agli studi di Napoli non solo non ha eseguito la disposizione, ma dichiara di ignorarla.

«Crispo».

«Al Governo, per conoscere con urgenza se intenda emettere provvedimento legislativo, che integrando il decreto legislativo del 26 aprile 1946, n. 274, contenente provvidenze per Torre Annunziata a causa del sinistro del 21 gennaio 1946, disponga la cumulabilità dell’indennità di città sinistrata e di quella di caro-vita, in estensione del decreto legislativo 26 ottobre 1947.

«Il provvedimento risponderebbe a ragioni profonde di giustizia e tenderebbe ad eliminare la particolarissima situazione di disagio in cui si sono trovati e si trovano tuttora i lavoratori a seguito delle distruzioni derivate dal sinistro stesso.

«Riccio Stefano».

«Al Ministro dei lavori pubblici, per conoscere se intenda provvedere al più presto al finanziamento dei lavori di completamento dell’acquedotto Alto Calore, che, iniziato e portato a buon punto in periodo fascista, attende, per essere terminato, lo stanziamento di circa 900 milioni di lire secondo i calcoli dell’ufficio competente.

«È necessario provvedere subito per tre ordini di ragioni:

1°) perché col passar del tempo le opere, incomplete, subiscono deterioramenti e danneggiamenti;

2°) perché, per quanto si siano spese grosse cifre in moneta non svalutata, alcune decine di comuni sono praticamente ancora senz’acqua o con insufficiente dotazione;

3°) perché occorre che la provincia di Avellino, nella quale pure la disoccupazione è notevole, venga tenuta presente dal Ministro dei lavori pubblici in misura superiore alle altre, in quanto che essa è rimasta del tutto esclusa dall’assegnazione di fondi per la disoccupazione in agricoltura, pur comprendendo vari comprensori di bonifica.

«Sullo, Scoca».

Ai Ministri dell’interno e dell’agricoltura e foreste, per conoscere:

1°) per quali ragioni il Governo ha revocato o sospeso la concessione di terreno, in territorio di Mussomeli (ex feudo Polizzello), fatta regolarmente dalla Commissione per la assegnazione delle terre incolte o mal coltivate della provincia di Caltanissetta;

2°) quali provvedimenti il Governo intenda adottare per sanare la situazione creatasi col misconoscimento dei diritti dei contadini, per sottrarre la provincia di Caltanissetta al dominio della mafia, cause prime dei recenti incidenti, e per richiamare le autorità locali ad una giusta comprensione delle richieste e delle agitazioni dei contadini.

«Fiore, Montalbano, D’Amico».

«Al Ministro della difesa, per conoscere a che punto si trovino le pratiche di liquidazione dei danni causati a cittadini italiani dalle forze alleate in investimenti stradali.

«Morini».

«Ai Ministri del commercio con l’estero, delle finanze, dell’industria e commercio, dell’agricoltura e foreste, e agli Alti Commissari per l’alimentazione e per l’igiene e la sanità pubblica, per conoscere se non si ritiene urgente e indispensabile provvedere alla riorganizzazione ed alla trasformazione del sistema di rilascio delle licenze di importazione e di esportazione, sistema che attualmente attraversa interminabili trafile burocratiche.

«Morini».

Interesserò ì Ministri interrogati affinché facciano sapere al più presto quando intendano rispondere.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se, nella costituzione dell’organico relativo alle insegnanti di scuole materne, non creda opportuno di estendere il beneficio del passaggio alle scuole elementari per le maestre di asilo, vincitrici di concorsi precedenti per titoli ed esami alle scuole elementari, come già si praticò col regio decreto-legge 17 febbraio 1927, n. 11 (articolo 6), abrogato successivamente senza plausibili motivi.

«Crispo, Bozzi, Martino Gaetano, Villabruna».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non ritenga equo adottare delle disposizioni per regolamentare la revisione dei prezzi per i contratti di appalto di opere pubbliche stipulati posteriormente all’entrata in vigore del decreto-legge del 5 aprile 1945, n. 192, contratti nei quali non fu inserita la clausola della rivedibilità, erroneamente ritenuta non necessaria.

«Silipo».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritenga opportuno provvedere sollecitamente, in relazione anche all’inoltrarsi della stagione invernale, disporre a che i carri bestiame attualmente adibiti al trasporto dei passeggeri nelle linee ferroviarie della Sicilia, sia nelle normali, sia nelle secondarie, siano sostituiti con vetture regolari e che le vetture particolarmente nella linea secondaria Castelvetrano-Porto Empedocle, siano munite di tutti gli accessori necessari atti a garantire la salute dei viaggiatori, e altresì disporre che siano assicurate le più elementari condizioni igieniche; e quali i motivi che fino ad oggi non hanno permesso di introdurre nelle dette linee secondarie l’esercizio delle automotrici previste da tempo.

«D’Amico, Li Causi, Montalbano, Fiore, Nasi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del tesoro e dei lavori pubblici, per conoscere se, in considerazione delle particolari condizioni in cui si è venuta a trovare la città di Messina in seguito al terremoto del 1908 – e per la ricostruzione della quale furono votate una serie di leggi speciali – e dei successivi eventi che ritardarono, ostacolarono od addirittura impedirono la rinascita della città, non credano opportuno emanare delle norme che richiamino in vigore la legge 27 settembre 1923, n. 2309, abrogando le successive aggiunte e modifiche e specialmente il decreto 26 gennaio 1933, che ridusse i contributi dello Stato, almeno nei confronti di coloro che avevano adempiuto alla suddetta legge del 27 settembre 1923, n. 2309, entro i prescritti termini del 31 marzo 1927.

«Per sapere, inoltre, se, in caso negativo, non credano di dover sciogliere con apposito decreto-legge i contratti di condominio che furono stipulati dai privati in base alle suddette leggi ed impossibilitati in seguito a costruire. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se intenda, conformemente alle aspirazioni delle popolazioni interessate, proporre d’urgenza la statizzazione della ferrovia Siracusa-Ragusa-Vizzini, avendo l’I.R.I. rifiutato il necessario finanziamento e non esistendo più una vera e propria società che provveda adeguatamente all’esercizio della linea. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Miniati. del commercio con l’estero, dell’industria e commercio, dei trasporti e del tesoro, per conoscere:

1°) quale azione abbiano svolta, stiano svolgendo od intendano svolgere, in conseguenza dell’attuale crisi, per attivare il mercato agrumario di esportazione, nei confronti dei mercati di assorbimento e consumo, con speciale riguardo a quelli dell’Europa centrale;

2°) il motivo per cui non sia stato concesso agli esportatori di agrumi e loro derivati la libera disponibilità del 75 per cento di valuta, come già fatto per alcune categorie di esportatori settentrionali;

3°) come intendano agire perché siano immediatamente ripristinate le concessioni di credito bancario in favore dell’esportazione agrumaria ed in rapporto alle sue odierne improrogabili necessità, le quali investono gli interessi del lavoro e della economia dell’intera Sicilia;

4°) se intendano provvedere all’effettivo adeguamento dell’assegnazione dei carri ferroviari chiusi, necessari all’esportazione degli agrumi durante l’attuale campagna agrumaria; e come intendano tempestivamente risolvere il problema del relativo traghettamento e dell’applicazione di una tariffa preferenziale per tutti ì trasporti agrumari, tenendo conto dell’attuale grave situazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Finocchiaro Aprile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere quali fondi voglia destinare alla Basilicata, in relazione ai gravi bisogni di questa vasta regione:

  1. a) molti lavori iniziati e rimasti incompleti per mancanza di fondi, che minacciano di andare in rovina con grave danno dell’Erario e dei Comuni interessati, che attendono queste opere dall’unità della Patria; che sono state pur promesse con legge che non è stata mai applicata;
  2. b) il dovere di dotare molti Comuni del cimitero, la necessità di costruzione di edifici scolastici, urbani e rurali, di costruire strade indispensabili alla bonifica di quelle terre, dare esecuzione organica e completa al piano dei lavori di sistemazione montana predisposti dal Genio civile e dal Provveditorato alle opere pubbliche per la Basilicata. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Reale Vito».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se non intenda dare disposizioni, affinché venga riconosciuto il diritto di riscatto dell’imposta straordinaria proporzionale sul patrimonio a quelle ditte, che non hanno potuto chiedere il riscatto stesso entro il termine stabilito dalla legge 1° settembre 1947, n. 828, perché l’accertamento iniziale o la revisione dell’accertamento provvisorio vennero notificati posteriormente al predetto termine da parte degli uffici distrettuali.

«La limitazione del diritto di riscatto danneggia molti contribuenti, che non furono inscritti nel ruolo principale 1947 per ragioni non dipendenti dalla loro volontà, e torna forse a svantaggio dello Stato che non potrà anticipare l’incasso di somme notevoli.

«Si osserva al riguardo che il testo definitivo della legge modifica sostanzialmente la lettera e lo spirito del quarto comma dell’articolo 72 del primo decreto istitutivo approvato dal Consiglio dei Ministri e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, supplemento al n. 73 del 29 marzo 1947, secondo il quale il riscatto era possibile per qualunque iscrizione a ruolo, purché chiesto entro il decimo giorno del mese successivo a quello di scadenza della prima rata. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Garlato».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’agricoltura e foreste e l’Alto Commissario per l’alimentazione, per sapere se intendano liberare le provincia liguri dall’obbligo dell’ammasso dell’olio, come è richiesto dal solidale interesse dei produttori e dei consumatori, in base alla reale situazione olearia.

«Infatti nelle provincie dell’Italia meridionale, dove la produzione è abbondantissima, gli olivicoltori insistono per consegnare all’ammasso non solo il contingente fissato ma tutta la produzione, al prezzo fissato, sicché lo Stato ha a sua disposizione quant’olio vuole da distribuire ai consumatori di tutta la Nazione.

«Al contrario, nella Liguria, la produzione è scarsa e il conferimento all’ammasso riesce di grave peso ai produttori, e l’olio non potrà essere distribuito per tessera senza essere gravato delle enormi spese che comporta questa bardatura ormai anacronistica.

«L’interesse dei consumatori, la convenienza di rispondere al desiderio dei produttori per non disaffezionarli sempre più dal lavoro agricolo, la serietà stessa della Amministrazione statale esigono la pronta attuazione dell’invocato provvedimento. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Canepa, Pera».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dei lavori pubblici e del tesoro, per sapere se non ritengano equo emendare la legge pei senza tetto per stabilire una più adeguata misura del contributo dello Stato per la ricostruzione edilizia nei paesi danneggiati dalla guerra e già danneggiati dal terremoto, dove è obbligatoria l’osservanza delle norme antisismiche, e deve perciò tenersi conto del relativo aumento di spese che, se non fosse sostenuto dallo Stato, renderebbe impossibile la ricostruzione delle case nelle sventurate zone sismiche, cui indubbiamente non può mancare la solidarietà della Nazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non creda urgente di assicurare la disponibilità di streptomicina necessaria all’ufficio provinciale di sanità di Messina, che non è in grado di fare nessuna assegnazione per assoluta mancanza del farmaco. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non creda opportuno disporre le riparazioni occorrenti alla stazione ferroviaria di Santa Teresa di Riva (Messina), popoloso centro commerciale, la quale è in stato di abbandono, fino al punto che non ripara la pioggia, oltre a mancare completamente di gabinetti e di sale di attesa di prima, seconda e terza classe e di altri servizi necessari per un minimo di comodità per i viaggiatori, pur essendo una delle stazioni più importanti della linea Messina-Catania e più redditizie per l’Amministrazione ferroviaria. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Basile».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 20.10.

Ordine del giorno per le sedute di lunedì 24 novembre 1947:

Alle ore 11 e alle 16:

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.