Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 22 OTTOBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCLXVIII.

SEDUTA POMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 22 OTTOBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

INDICE

Disegni di legge (Presentazione):

Sforza, Ministro degli affari esteri

Presidente

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Corbino

Moro

Benvenuti

Fuschini

Colitto

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione

Lami Starnuti

Nitti

Costantini

Aldisio

Codacci Pisanelli

Caronia

Gasparotto

Azzi

Preti

Clerici

Persico

Dominedò

Perassi

Rossi Paolo

Bosco Lucarelli

Romano

Orlando Vittorio Emanuele

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Svolgimento):

Presidente

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri

Caronia

Sansone

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

AMADEI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Presentazione di disegni di legge.

SFORZA, Ministro degli affari esteri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SFORZA, Ministro degli affari esteri. Mi onoro di presentare i seguenti disegni di legge:

1°) «Approvazione del Protocollo di emendamento degli Accordi, Convenzioni, Protocolli sugli stupefacenti e dell’annesso Protocollo stesso»;

2°) «Approvazione dello scambio di note relativo ai danni di guerra ed all’articolo 79 del Trattato di pace, effettuato in Roma fra l’Italia e la Cina il 30 luglio 1947»;

3°) «Approvazione del Trattato di amicizia e relazioni generali fra la Repubblica Italiana e la Repubblica delle Filippine, firmato a Roma il 9 luglio 1947»;

4°) «Approvazione dei seguenti accordi conclusi a Roma tra l’Italia ed il Belgio:

  1. a) «Protocollo italo-belga per il trasferimento di 50.000 minatori italiani in Belgio e scambio di note 23 giugno 1946;
  2. b) «Scambio di note per l’annullamento dell’articolo 7 dal Protocollo suddetto 26-29 ottobre 1946»;
  3. c) «Annesso al Protocollo di emigrazione italo-belga 26 aprile 1947;
  4. d) «Scambio di note per l’applicazione immediata, a titolo provvisorio, dell’Annesso suddetto 27-28 aprile 1947»;

5°) «Approvazione dei seguenti Accordi conclusi a Roma fra l’Italia e la Svezia il 19 aprile 1947:

  1. a) «Accordo italo-svedese relativo all’emigrazione di operai italiani in Svezia;
  2. b) «Protocollo addizionale all’accordo italo-svedese relativo all’emigrazione di operai italiani in Svezia»;

6°) «Approvazione degli accordi commerciali e di pagamento conclusi in Roma tra l’Italia ed il Belgio il 18 aprile 1946»;

7°) «Approvazione dei seguenti Accordi conclusi ad Ankara tra l’Italia e la Turchia il 12 aprile 1947:

  1. a) «Accordo commerciale;
  2. b) «Accordo di pagamento;
  3. c) «Scambio di note».

PRESIDENTE. Do atto della presentazione di questi disegni di legge, che saranno inviati alla Commissione competente.

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Dobbiamo proseguire nelle votazioni relative all’articolo 79, alle quali abbiamo dato inizio nella mattinata.

Ricordo che si è proceduto a due votazioni, in base alle quali la prima parte dell’articolo 79 risulta così formulata:

«Il Presidente della Repubblica è eletto dall’Assemblea Nazionale con la partecipazione di tre delegati per ogni Consiglio regionale, eletti dal Consiglio in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze».

L’onorevole Corbino ha presentato un emendamento aggiuntivo, del seguente tenore:

«Ad eccezione della Val d’Aosta».

Ha facoltà di svolgerlo.

CORBINO. Volevo soltanto far notare che l’eccezione non è fatta per la Val d’Aosta come Val d’Aosta, ma unicamente perché la Val d’Aosta, con una popolazione di poco più 60 mila abitanti, ha già un senatore e un deputato e quindi, è già rappresentata nell’Assemblea con un votante per ogni 30 mila abitanti, mentre per tutto il resto degli italiani si ha un votante ogni 50 mila abitanti. Concedendo altre rappresentanze, noi accentueremmo il principio del voto plurimo, e non credo che ciò corrisponda alle condizioni generali che sono state già inserite nella Costituzione.

PRESIDENTE. Credo che l’onorevole Ruini non abbia nulla da aggiungere a quanto ha detto nella mattinata;

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. No.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Cordino:

«ad eccezione della Val d’Aosta».

(È approvato).

Passiamo al secondo comma, che nel testo della Commissione è del seguente tenore:

«L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi».

Mi fermo a questa prima parte, perché occorre mettere in votazione l’emendamento Tosato, il quale ha dichiarato di volerlo conservare a titolo personale.

Pongo in votazione questa prima parte del secondo comma.

(È approvata).

Segue l’emendamento dell’onorevole Tosato, così formulato:

«Se al terzo scrutinio non si raggiunge la maggioranza, il Presidente sarà eletto a suffragio universale diretto. Le Camere riunite designano un candidato di maggioranza ed un candidato di minoranza».

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. L’emendamento è stato presentato a titolo personale. Il nostro Gruppo, ritenendo che, attraverso al sistema di elezione stabilito questa mattina, è garantita l’autorità del Capo dello Stato, voterà contro.

BENVENUTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENVENUTI. A titolo puramente personale dichiaro che voterò favorevolmente all’emendamento Tosato, per varie considerazioni che non sto qui a riassumere; ma specialmente perché alla prima elezione – che avrà portata storica – del Presidente della Repubblica, dopo la promulgazione della Costituzione non potranno intervenire le rappresentanze regionali perché le Regioni non saranno ancora costituite. Aderisco pertanto all’emendamento dell’onorevole Tosato.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Tosato, di cui ho dato testé lettura.

(Non è approvato).

Pongo ora in votazione la seconda parte del testo in esame:

«e dopo il terzo scrutinio a maggioranza assoluta dei membri che compongono l’Assemblea a questo fine».

(È approvato).

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Desidero soltanto far rilevare che, nella ipotesi in cui noi non approveremo altri casi di riunione del Parlamento in seduta plenaria, potremo aggiungere all’articolo 79 la disposizione relativa alla Presidenza della seduta del Parlamento, analogamente a quanto avviene per la Costituzione francese, che affida all’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati la Presidenza dell’Assemblea Nazionale. Si potrà presentare eventualmente un emendamento aggiuntivo al riguardo, dopo che avremo trattato tutta questa parte.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ora all’articolo 80. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Sono eleggibili i cittadini che hanno compiuto quarantacinque anni di età e godono dei diritti civili e politici.

«L’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.

«L’assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge».

PRESIDENTE. Su questo articolo l’onorevole Fuschini ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, alla parola: quarantacinque, sostituire la parola: cinquanta».

Ha facoltà di svolgerlo.

FUSCHINI. Non c’è bisogno di illustrare questo emendamento. Io propongo in sostanza che l’età del Presidente della Repubblica sia elevata da 45 a 50 anni, anche per una ragione di rapporto con l’età dei senatori che abbiamo elevata da 35 a 40 anni.

Del resto, credo che elevare l’età del Presidente sia indispensabile per assicurarsi una maggiore esperienza di vita in colui che è chiamato a coprire una così alta carica.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento presentato dall’onorevole Colitto, così formulato:

«Al secondo comma, alla parola: carica, sostituire le parole: pubblico ufficio».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. Indubbiamente l’ufficio del Presidente della Repubblica è incompatibile con gli altri uffici pubblici, i quali importino una qualsiasi sottomissione, anche transitoria, ad un’autorità. Nulla da dire circa la sostanza della norma. Il mio emendamento attiene alla forma. Ritengo che, esistendo incompatibilità tra l’ufficio di Presidente e gli altri uffici pubblici, questo occorra affermare nella Costituzione, usando queste parole e non altre, anche perché mi sembra che non sia opportuno usare in un testo giuridico parole diverse per esprimere uno stesso concetto..

Ecco perché ho proposto che alla parola «carica» siano sostituite le altre «pubblico ufficio».

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Crispo:

«Al secondo comma premettere le parole: fuori del caso di cui all’articolo 82».

L’onorevole Crispo ha facoltà di svolgerlo.

CRISPO. Nell’articolo 80 si prevede l’incompatibilità dell’ufficio di Presidente della Repubblica con qualunque altra carica e ciò in contradizione con quanto è stabilito nell’articolo 82, in cui è detto che l’ufficio di Presidente della Repubblica può essere esercitato dal Presidente dell’Assemblea Nazionale, il quale diventerebbe provvisoriamente Presidente della Repubblica in caso di impedimento fisico o di assenza, o di incapacità giuridica del Presidente titolare, tutte ipotesi contemplate nell’articolo 82.

Allora io dico che occorrerebbe premettere alla norma, nella quale si prevede l’incompatibilità, le parole: «Fuori dei casi di cui all’articolo 82».

Si potrebbe osservare che la funzione del Presidente della Repubblica nel caso dell’articolo 82 è limitata appena a 15 giorni; ma, indipendentemente dal fatto che per l’articolo 80 – quando cioè le Camere siano sciolte – questo termine può essere di gran lunga maggiore, a mio avviso la durata della funzione non pregiudica il principio che è quello dell’incompatibilità. Che la funzione duri poco o molto, se si è voluto stabilire questa incompatibilità, occorre anche stabilire una precisazione all’articolo 80.

PRESIDENTE. L’onorevole Tosato ha facoltà di esprimere il parere della Commissione al riguardo.

TOSATO. A noi sembra che questo emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Crispo non sia necessario, e non soltanto perché si tratta di una sostituzione del Presidente della Repubblica a titolo puramente provvisorio. Ritengo opportuno tener presente il testo dell’articolo 82 del Progetto, che reca: «Le funzioni del Presidente della Repubblica sono, in caso di suo impedimento, esercitate, ecc.».

Dunque non si tratta di assunzione di carica, ma di esercizio di funzione a titolo provvisorio, di supplenza. Perciò l’eccezione all’articolo 82 non è necessaria. Evidentemente, le incompatibilità previste dall’articolo 80 non sussistono per chi temporaneamente ne fa le veci. Per quanto riguarda l’emendamento proposto dall’onorevole Fuschini, la Commissione ritiene non opportuno elevare il limite di età da 45 a 50 anni. L’età richiesta dal Progetto rappresenta un termine medio.

Per quanto riguarda, infine, l’emendamento dell’onorevole Colitto, pregherei l’onorevole collega di volerlo trasformare in raccomandazione, della quale sarà tenuto conto al momento della revisione finale degli articoli approvati da questa Costituente.

PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, mantiene il suo emendamento?

FUSCHINI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Onorevole Colitto, mantiene il suo?

COLITTO. Lo trasformo in raccomandazione.

PRESIDENTE. Onorevole Crispo. mantiene il suo?

CRISPO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo allora alla votazione dell’articolo 80. Pongo innanzi tutto in votazione il primo comma con l’emendamento dell’onorevole Fuschini, non accettato dalla Commissione:

«Sono eleggibili i cittadini che hanno compiuto cinquanta anni di età e che godono dei diritti civili e politici».

(È approvato – Commenti – Approvazioni).

Pongo in votazione il secondo comma: «L’Ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Crispo, che la Commissione ha dichiarato di non accogliere.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei aggiungere un’altra preghiera all’onorevole Crispo. Noi abbiamo seguito come criterio – comune a quasi tutte le buone Costituzioni – di non citare articoli e commi, per non dare un carattere di regolamento alla Costituzione, ed anche per una ragione di estetica. Quindi, inteso che lo spirito è salvato e che si tratta di funzioni provvisorie e non di ufficio, pregherei l’onorevole Crispo di desistere.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Se si stabilisce un principio fondamentale, che cioè non possono cumularsi le cariche con quella di Presidente della Repubblica, ed invece nell’articolo 82 questo cumulo si prevede, io chiedo che per una questione di tecnica legislativa si dica, come ho proposto: «fuori del caso di cui all’articolo 82».

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Crispo, di aggiungere alla fine del secondo comma le parole:

«Fuori del caso di cui all’articolo 82».

(Non è approvata).

Pongo in votazione l’ultimo comma dell’articolo 80:

«L’assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 81. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge.

«Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

«Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente dell’Assemblea Nazionale convoca l’Assemblea per l’elezione del Presidente della Repubblica.

«Se le Camere sono sciolte, oppure manca meno di tre mesi alla fine della legislatura, l’elezione dei Presidente della Repubblica ha luogo entro quindici giorni dalla costituzione delle nuove Camere. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica».

PRESIDENTE. A questo articolo gli onorevoli Caronia e Aldisio hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente: «Il Presidente della Repubblica viene eletto per sei anni e può essere consecutivamente rieletto non più di una volta».

Non essendo presenti, si intende che abbiano rinunziato a svolgerlo.

L’onorevole Lami Starnuti ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, dopo le parole: per sette anni, aggiungere: e non è rieleggibile».

Ha facoltà di svolgerlo.

LAMI STARNUTI. Rinunzio all’emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene.

L’onorevole Fuschini ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, sostituire alle parole: il Presidente dell’Assemblea Nazionale, le parole: il Presidente più anziano per età di una delle Camere».

Ha facoltà di svolgerlo.

FUSCHINI. Ho proposto di sostituire le parole «Il Presidente dell’Assemblea Nazionale» con quelle di «il Presidente più anziano per età di una delle due Camere» (quindi o il Presidente della Camera dei deputati o il Presidente del senato), nel senso cioè che sia il più anziano tra i due al quale spetti di indire, entro i trenta giorni, la convocazione delle Camere riunite e dei consiglieri regionali, perché si proceda alla nomina del Presidente.

Lo stesso vale per l’articolo 82.

Mi pare che sia una soluzione che non offenda nessuna delle due Camere. In caso diverso dovremmo in questa sede dare la prevalenza all’una o all’altra Camera. Siccome mi pare, dalle discussioni avvenute, che non si voglia dare la prevalenza ad una delle due Camere, credo che sia più opportuno riferirsi ad una condizione di carattere obiettivo, che si può verificare nei riguardi ora del Presidente di una Camera ora del Presidente dell’altra. Quindi, credo sia una soluzione che si possa accettare.

PRESIDENTE. Forse, onorevole Fuschini, il problema che lei pone (e che è analogo a quello posto dall’onorevole Corbino in relazione a chi debba assumere la Presidenza dell’Assemblea Nazionale al momento dell’elezione) lo potremo risolvere nel momento in cui risolveremo il quesito generale circa il Presidente delle sedute in comune delle due Camere.

L’onorevole Crispo ha presentato insieme con gli onorevoli Cifaldi e Morelli Renato il seguente emendamento:

«Al terzo comma, alle parole: sono prorogati, sostituire la parola: perdurano».

L’onorevole Crispo ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

CRISPO. L’ultima parte dell’articolo 81, dice testualmente: «Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica».

Evidentemente penso che, nell’intenzione dei compilatori dell’articolo, si volesse dire: «Nel frattempo s’intendono prorogati i poteri del Presidente della Repubblica»; perché, così come è redatto l’articolo, esso si presterebbe a questa interpretazione letterale: che occorresse eventualmente un atto di proroga ed eventualmente un organo delegato per compiere questo atto di proroga.

Onde, data questa equivoca interpretazione che quella dizione consente, vorrei che si sostituisse alle parole «sono prorogati» la parola «perdurano». L’intera frase suonerebbe, pertanto: «Nel frattempo perdurano i poteri del Presidente in carica».

PRESIDENTE. L’onorevole Nitti ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«Il Presidente della Repubblica è eletto per quattro anni»

«Sopprimere il secondo comma».

L’onorevole Nitti ha facoltà di svolgerlo.

NITTI. Le altre Costituzioni, oltre a fissare termini, stabiliscono altre convenzioni ed ammettono o non ammettono la possibilità da parte del Presidente di essere rieletto. Se si ammette che il Presidente possa essere rieletto, il termine di quattro anni è più che sufficiente.

Perché in America non si è mai voluto variare questo termine? La Francia volle adottare il termine di sette anni, ma la Francia fece una Costituzione repubblicana con criteri monarchici, perché quella del 1875 fu una Costituzione scritta da monarchici, che lasciò al Presidente funzioni e attribuzioni esteriori piuttosto monarchiche che repubblicane.

L’America ha conservato la tradizione repubblicana ed il Presidente è eletto per quattro anni, e ciò è tanto difficile a mantenere in America quanto non sarebbe da noi. L’elezione del Presidente avviene per suffragio universale a doppio grado, perché si fa la scelta dei designati a nominare il Presidente e sono essi che lo designano, e la procedura è piuttosto costosa e complicata.

Ma fra i tanti emendamenti proposti alla Costituzione (proposti e non mai accettati se non in piccolo numero) non vi è stato mai quello di cambiare la durata della funzione del Presidente. Il Presidente dura quattro anni, termine molto ampio o almeno abbastanza largo, perché vi è sempre il correttivo della rielezione. Quando si crede che sia utile conservare una grande personalità, la si rielegge. In generale pochi Presidenti sono stati rieletti.

Ora il termine di 7 anni da noi è lungo e bisogna che il Paese sia consultato dopo un certo tempo. Quattro anni nei paesi moderni costituiscono un lungo tempo. Noi vogliamo fare un termine di 7 anni e lo abbiamo accettato perché c’è in Francia, senza badare che là il popolo viene troppo scarsamente consultato ed anche in questa nostra Costituzione c’è la tendenza a consultarlo con scarsezza. Ora, un termine di 4 anni per il Presidente della Repubblica è un tempo sufficiente da noi. Se ci abbandoniamo ad un lungo periodo di durata presidenziale, determiniamo proprio quella tendenza di allontanarci dalla consultazione popolare, la quale tendenza dopo 7 anni è ancora più grave che dopo 4, perché ci si è fatta l’abitudine. E però io credo che non abbiamo nulla da perdere riducendo questo termine a quello stabilito per il Presidente della Repubblica in America; beninteso, se vi è la necessità della rielezione può accadere, come è accaduto per Roosevelt, non solo la seconda, ma, caso unico, la terza rielezione. Lasciamo al popolo la libertà di scegliere; consultiamo il popolo. Che bisogno c’è di fissare un lungo termine? Il popolo può cambiare opinione sulla persona, non solo, ma sull’ambiente della persona.

I Presidenti che sono stati perduti, lo sono stati per le persone che li l’attorniavano, all’infuori delle loro colpe personali o dei loro errori, perché pare che non ne avessero mai; avevano però la disgrazia che si vendevano le decorazioni della Legion d’Onore. Ora noi non abbiamo questa necessità. Credo anche che la scelta del Presidente debba essere fatta in tal modo da dargli sempre la sensazione che il suo ufficio non è duraturo, perché soltanto questa sensazione lo avvicina alla realtà. Più si allontana il Presidente dalla realtà e meno opere compie.

In caso di mancanza o di morte del Presidente, chi lo deve sostituire? Si procede, in Francia, rapidamente alla nomina del nuovo Presidente. In America non è facile, perché bisogna fare tutta la procedura di una elezione per una così grande Repubblica, e per di più elezione a doppio grado. In America c’è un sistema che parrebbe contradittorio. Il Vicepresidente della Repubblica è Presidente del Senato, senza essere senatore. Prova mirabile di senso politico, perché tiene fra il potere esecutivo ed il potere legislativo una comunicazione diretta. Se muore il Presidente o non può funzionare, egli succede al Presidente, e se mancano tutti e due allora è stabilita una serie di gradazioni. Diventa Presidente in questo caso il Segretario di Stato, cioè il Ministro degli Affari esteri, oppure a lui segue nella via della graduatoria il Presidente della Corte Suprema. Noi non abbiamo bisogno di fare questa gerarchia, perché noi facciamo rapidamente l’elezione e in pochi giorni si provvede al successore, ma ciò che mi pare necessario adesso è di fissare i limiti della carica di Presidente. Io credo utile fissarli in 4 anni.

PRESIDENTE. L’onorevole Corbino ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, sostituire alle parole: Assemblea Nazionale, le parole: Camera dei deputati».

L’onorevole Corbino ha facoltà di svolgerlo.

CORBINO. Non tendo ad una sostituzione relativa all’assunzione della Presidenza, in relazione all’osservazione che avevo già fatto a proposito dell’articolo 79. Credo che debba essere proprio un’attribuzione del Presidente della Camera dei deputati quella di convocare le Camere riunite o l’Assemblea Nazionale per la elezione del Presidente. Ciò appare tanto più necessario in quanto che noi abbiamo stabilito di far partecipare all’elezione del Presidente i rappresentanti dei Consigli regionali. Occorre, quindi, una preparazione elettorale presso i consigli regionali, che richiederà un lungo preavviso. La questione può poi collegarsi al successivo articolo 82 per quanto concerne l’esercizio dei poteri del Presidente dell’Assemblea Nazionale, in caso di impedimento del Presidente della Repubblica, ma vedremo poi come si possa risolvere questo problema.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. Io mi renderei conto, onorevoli colleghi, delle preoccupazioni che hanno determinato l’emendamento dell’onorevole Nitti, se nel nostro Paese noi avessimo in animo di creare una Repubblica sul tipo americano, cioè una repubblica presidenziale.

Ma la nostra è una repubblica parlamentare. I poteri del Presidente, del Capo dello Stato sono poteri limitati, sono poteri soggetti a costante controllo delle due Camere del Parlamento. Ora io non credo che, protraendo il termine fino a sette anni, vi sia pericolo di perpetuare, come ha detto l’onorevole Nitti, la tendenza al potere del Presidente eletto. E questo dico perché sia mantenuto il termine proposto dalla Commissione, anche per una ragione di praticità. In effetti, noi abbiamo stabilito che il Senato dura in funzione sei anni. Sarebbe strano che la stessa Camera, cioè gli stessi deputati e gli stessi senatori venissero convocati ogni quattro anni per ripetere la nomina del Presidente della Repubblica. Se il Senato dura sei anni, è logico che la nomina del Presidente, avvenga ogni sette anni, perché in tal caso avremo differenti Assemblee che provvederanno alla designazione.

Questa ragione mi sembrerebbe sufficiente a mantenere il termine stabilito dal progetto di Costituzione.

PRESIDENTE. L’onorevole Tosato ha facoltà di esprimere II suo parere sugli emendamenti presentati.

TOSATO. Prendo in considerazione anzitutto l’emendamento presentato dall’onorevole Nitti, il quale propone che il Presidente sia eletto per quattro anni.

L’onorevole Nitti si richiama all’esempio americano, però io non credo che, almeno sotto molti aspetti, questo esempio americano sia a nostro proposito calzante.

Osservo anzitutto che, in linea generale, il periodo di durata dall’organo rappresentativo in America è molto inferiore a quello da noi previsto. In secondo luogo bisogna ricordare che il Presidente della Repubblica degli Stati Uniti d’America è non soltanto Capo dello Stato, ma anche Capo del Governo, ed allora si capisce che un Capo dello Stato che abbia anche gli effettivi poteri di Capo del Governo debba essere continuamente in contatto con la volontà popolare, di fronte alla quale è direttamente responsabile. D’altra parte, come osservava esattamente l’onorevole Costantini, stabilire che il Presidente dura in carica 4 anni significherebbe andare incontro a questa eventualità, che le stesse Camere vengano ad eleggere il Presidente per due volte consecutive: il che non mi pare opportuno. Sembra invece opportuno prolungare entro certi limiti la durata del Presidente al di là della vita delle Camere, al fine di assicurare, nella vita dello Stato, un elemento di stabilità.

Il fatto che il Presidente sia eletto per sette anni, mentre le Camere sono elette rispettivamente per 5 e 6 anni, serve a sodisfare l’esigenza di una certa permanenza, di una certa continuità nell’esercizio delle pubbliche funzioni; mentre contribuisce a rafforzarne l’indipendenza rispetto alle Camere che lo eleggono. Che le Camere si rinnovino e il Presidente resti, significa svincolare il Presidente dalle Camere, dalle quali deriva, e rinvigorirne la figura. Per queste ragioni la Commissione non accoglie l’emendamento Nitti.

Vi è poi l’emendamento proposto dall’onorevole Fuschini. Con questo emendamento si propone di sostituire al secondo comma, alle parole: «il Presidente dell’Assemblea Nazionale» – della quale non si deve parlare più! – «il Presidente più anziano per età di una delle due Camere».

L’onorevole Corbino propone invece che anziché il Presidente dell’Assemblea Nazionale, o, come vorrebbe l’onorevole Fuschini, anziché il Presidente più anziano per età di una delle due Camere, si designi senz’altro il Presidente della Camera dei deputati. La Commissione è in generale più favorevole all’emendamento Fuschini, partendo soprattutto da questa considerazione: noi abbiamo due Assemblee rappresentative; non c’è nessuna ragione che giustifichi la preferenza all’una Assemblea piuttosto che all’altra.

Quello che è importante è che chi supplisce il Capo dello Stato sia un componente delle Assemblee rappresentative. Sotto questo aspetto la proposta dell’onorevole Fuschini è forse la più conveniente e la più adatta al compito.

CORBINO. Non si tratta di sostituire il Capo dello Stato; si tratta di convocare le Camere riunite.

TOSATO. Anche limitatamente al compito di convocare le Camere riunite, la proposta Fuschini sembra preferibile.

Per quanto riguarda l’emendamento dell’onorevole Crispo, che, al terzo comma, propone di sostituire al termine «prorogate» il verbo «perdurano», osservo che la proroga dei poteri del Presidente è analoga alla proroga dei poteri delle Camere. Dell’istituto della prorogatio si è già più volte parlato in questa Assemblea. Si tratta di un istituto che serve ad assicurare, in qualche modo, la continuità dell’esercizio delle pubbliche funzioni. Ed è un istituto in forza del quale un organo, anche scaduto, ha la possibilità di continuare ad esercitare, sia pure limitatamente, i suoi poteri, e ciò non in base ad un atto speciale, che concede la proroga stessa, ma di diritto. Dato che la proroga prevista dei poteri del Presidente si inquadra nel medesimo istituto della proroga dei poteri delle Camere, la Commissione propone di conservare l’identità della terminologia, anche per concetti di necessaria simmetria.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori di emendamenti se li mantengono.

Onorevole Crispo, mantiene ella il suo emendamento?

CRISPO. Dopo i chiarimenti dell’onorevole Tosato, rinunzio.

PRESIDENTE. Onorevole Aldisio?

ALDISIO. Ritiro l’emendamento anche a nome dell’onorevole Caronia.

PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, mantiene il suo emendamento?

FUSCHINI. Mantengo il mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Nitti?

NITTI. Rinunzio al primo; mantengo la proposta di soppressione del secondo comma.

PRESIDENTE. Onorevole Corbino, mantiene l’emendamento?

CORBINO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 81.

Poiché l’onorevole Nitti ha ritirato il suo emendamento al primo comma, pongo in votazione il primo comma nel testo proposto dalla Commissione:

«Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni».

(È approvato).

Sul secondo comma c’è la proposta di soppressione da parte dell’onorevole Nitti. Come di consueto, non porremo in votazione la proposta di soppressione, trattandosi di un comma, il quale contiene un solo concetto. Coloro che sono favorevoli alla soppressione voteranno contro la formulazione positiva che sarà posta in votazione.

Sul secondo comma vi sono due emendamenti: quello dell’onorevole Fuschini e quello dell’onorevole Corbino.

L’onorevole Fuschini propone che si dica: «il Presidente più anziano per età di una delle due Camere» in luogo della formula: «il Presidente dell’Assemblea Nazionale».

L’onorevole Tosato ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

TOSATO. La Commissione non può accogliere l’emendamento proposto dall’onorevole Nitti, di soppressione del secondo comma; si avrebbe in tal caso una grave lacuna di carattere costituzionale e in questa materia ciò non è opportuno.

Ho già dichiarato che la Commissione, invece, accoglie l’emendamento proposto dall’onorevole Fuschini, salvo una migliore formulazione, che potrebbe essere la seguente: «il più anziano di età dei presidenti delle Camere».

FUSCHINI. Aderisco.

PRESIDENTE. L’onorevole Corbino propone che la formula: Il «Presidente dell’Assemblea Nazionale» sia sostituita dall’altra: «Il Presidente della Camera dei deputati».

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Desidero chiarire le ragioni, per le quali insisto per il Presidente della Camera dei deputati.

All’articolo 82 io aderirò al concetto di affidare la sostituzione del Presidente della Repubblica al Presidente del Senato, per impedire che nella stessa persona si possano riunire le tre cariche di Presidente di una delle due Camere, di Presidente dell’Assemblea Nazionale e di Capo dello Stato, sia pure temporaneamente.

Siccome l’Assemblea Nazionale certamente si riunirà presso la Camera dei deputati e quindi dovrà essere diretta dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, è giusto che il padrone di casa faccia gli inviti.

PRESIDENTE. L’onorevole Tosato ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

TOSATO. Dopo i chiarimenti dati dall’onorevole Corbino, la Commissione ritiene sia opportuno accettare il suggerimento.

PRESIDENTE. Poiché la Commissione, attraverso la parola dell’onorevole Tosato, rende manifesto di aderire alla proposta dell’onorevole Corbino, è evidente che l’emendamento proposto dall’onorevole Fuschini deve avere la precedenza, poiché esso non è accolto dalla Commissione.

FUSCHINI. Mi rimetto alla Commissione.

PRESIDENTE. Devo interpretare le sue parole come ritiro dell’emendamento?

FUSCHINI. Sì.

PRESIDENTE. Pongo allora in votazione il secondo comma con l’emendamento dell’onorevole Corbino, accolto dalla Commissione:

«trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca l’Assemblea Nazionale per l’elezione del Presidente della Repubblica».

(È approvato).

Pongo quindi in votazione il primo periodo del terzo comma:

«Se le Camere sono sciolte, oppure manca meno di tre mesi alla fine della legislatura, l’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo entro quindici giorni dalla Costituzione delle nuove Camere».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo periodo del terzo comma:

«Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica».

(È approvato).

L’articolo 81 risulta pertanto così approvato:

«Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

«Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca l’Assemblea per l’elezione del Presidente della Repubblica.

«Se le Camere sono sciolte, oppure manca meno di tre mesi alla fine della legislatura, l’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo entro 15 giorni dalla Costituzione delle nuove Camere. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica».

Passiamo ora all’articolo 82. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge.

«Le funzioni del Presidente della Repubblica sono, in caso di suo impedimento, esercitate dal Presidente dell’Assemblea Nazionale.

«Se l’impedimento è permanente, o in caso di morte o dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente dell’Assemblea Nazionale indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo precedente».

PRESIDENTE. A questo articolo sono stati presentati vari emendamenti.

Gli onorevoli Crispo, Cifaldi e Morelli Renato hanno presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, dopo la parola: impedimento, aggiungere le seguenti: o se egli sia messo in istato di accusa, e alle parole: dal Presidente dell’Assemblea Nazionale, sostituire le seguenti: dal Presidente del Consiglio dei Ministri».

«Dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:

«Il giudizio sull’impedimento di cui al comma precedente è devoluto all’Assemblea Nazionale».

L’onorevole Crispo ha facoltà di svolgerli.

CRISPO. Dei miei emendamenti all’articolo 82, il primo si riferisce all’assunzione delle funzioni del Presidente della Repubblica nel caso di suo impedimento. Secondo la votazione che è seguita or ora, parrebbe che queste funzioni dovessero essere assunte dal Presidente del Senato. Ora, se si ha riguardo alla norma dell’articolo 84, che conferisce al Presidente della Repubblica, sia pure temporaneo, il potere di sciogliere le Camere sentiti i Presidenti delle Camere stesse, può verificarsi questa situazione: che il Presidente del Senato, divenuto provvisoriamente Presidente della Repubblica, se avesse vaghezza, sia pure durante la brevissima durata della sua carica, di avvalersi della facoltà di cui all’articolo 84, dovrebbe consultare se stesso e dovrebbe sciogliere una delle Camere di cui egli è Presidente.

Ed allora, io proponevo che le funzioni del Presidente della Repubblica, che come è chiaro sono funzioni prevalentemente esecutive, fossero assunte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, anche per un’altra ragione, perché un’Assemblea legislativa come è il Senato, ha una funzione che può vincolare i poteri esecutivi del Presidente della Repubblica, onde, pur non trovandoci noi nel caso di una Repubblica presidenziale, tenendosi conto della breve durata delle funzioni del Presidente della Repubblica, mi parrebbe opportuno che queste funzioni fossero assunte dal Presidente del Consiglio dei Ministri (Interruzione del deputato Fuschini).

Al capoverso dell’articolo è detto: «Se l’impedimento è permanente, o in caso di morte o dimissioni del Presidente della Repubblica, ecc.» Evidentemente, la parola «impedimento» sta a significare o l’assenza o la malattia e, io penso, anche un caso di incapacità giuridica determinata da evidente, constatata infermità mentale. Mancherebbe, a mio avviso, una ipotesi che dovrebbe essere ugualmente contemplata, cioè quella prevista dall’articolo 85 nel caso in cui, per alto tradimento o per violazione della Costituzione il Presidente della Repubblica fosse messo in istato di accusa, perché si dovrebbe precisare se per effetto dello stato di accusa la decadenza dalla carica del Presidente si verifica ope legis. Dunque, non essendo contemplata questa ipotesi, a mio avviso, dovrebbero essere aggiunte dopo la parola «impedimento», le seguenti parole: «o se egli sia messo in istato di accusa».

Vi è poi ancora una mia proposta di modifica. Poiché si prevede il caso dell’impedimento o nell’impedimento è compreso anche, come rilevavo or ora, l’impedimento determinato da una incapacità giuridica sopraggiunta, io proponevo col mio emendamento questo quesito: qual è l’organo che accerterà questo impedimento? Poiché per effetto dell’impedimento cessa la funzione del Presidente della Repubblica, quale sarà l’organo delegato ad accertare le condizioni perché si dichiari sussistente l’impedimento? Nel mio emendamento, tenendo conto di quanto si era detto a proposito dell’Assemblea Nazionale, questo accertamento è devoluto all’Assemblea Nazionale, o a quell’organo che si renderà competente a provvedere a norma dell’articolo 82.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Fuschini:

«Al primo e al secondo comma, alle parole: Presidente dell’Assemblea Nazionale, sostituire le parole: Presidente più anziano per età di una delle Camere».

Ha facoltà di svolgerlo.

FUSCHINI. Non c’è bisogno che lo svolga perché è uguale a quello precedente. Vorrei fare però alcune osservazioni sulle proposte dell’onorevole Crispo.

Trovo giusto l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Crispo per quello che si riferisce al caso in cui il Presidente della Repubblica sia posto in istato di accusa, ma trovo imbarazzante, stabilire qual è l’organo che deve constatare l’impedimento. L’onorevole Crispo ha fatto un emendamento che poteva aver valore quando si parlava ancora dell’Assemblea Nazionale. Poiché si tratta di stabilire un giudizio sull’impedimento, invece dell’Assemblea Nazionale, chi lo darà? Le Camere riunite o separate? Questo è un problema che l’onorevole Crispo si è posto, ma non ha risolto. Quindi, bisogna che la Commissione esamini anche questo problema.

Per quanto si riferisce invece alla sostituzione del Presidente della Repubblica, nel caso di impedimento da parte del Presidente del Consiglio, io faccio osservare che per effetto dell’articolo 85, primo comma, nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dal Presidente del Consiglio.

Quindi se il Presidente del Consiglio esercitasse contemporaneamente la funzione di Presidente della Repubblica e di Presidente del Consiglio, questa disposizione non potrebbe essere realizzata, perché il Presidente del Consiglio controfirmerebbe un atto che egli stesso emana come Presidente della Repubblica, venendo così meno quella garanzia che la Costituzione ha voluto stabilire, disponendo che il Presidente del Consiglio controfirmi, per assumerne la responsabilità degli atti del Presidente della Repubblica.

Quindi, non mi pare che si possano attribuire al Presidente del Consiglio le funzioni di Presidente della Repubblica in caso di impedimento di questi e ritengo sia opportuno mantenere ferma la soluzione indicata dall’onorevole Corbino, oppure quella che io ho proposto. Queste due soluzioni possono essere opportune per equilibrare i poteri che si controllano a vicenda. Perché questo è appunto il sistema parlamentare: ogni potere deve controllare l’altro. In questo equilibrio sta tutta la forza del sistema parlamentare. Per queste ragioni non sono favorevole alla proposta dell’onorevole Crispo.

PRESIDENTE. L’onorevole Codacci Pisanelli ha proposto, con l’onorevole Caronia, il seguente emendamento:

«Sostituire le ultime parole del primo comma: dell’Assemblea Nazionale, con le seguenti: del Senato della Repubblica».

Ha facoltà di svolgerlo.

CODACCI PISANELLI. L’emendamento da noi proposto assume in questo momento un carattere di simmetria, perché mentre abbiamo attribuito al Presidente della Camera dei deputati il compito di convocare la speciale Assemblea per la elezione del Capo dello Stato, potremmo attribuire al Presidente del Senato il compito di sostituire il Presidente della Repubblica in caso di impedimento. Essendo venuto meno il concetto di devolvere queste funzioni al Presidente dell’Assemblea Nazionale, alla quale non sono stati attribuiti compiti per il momento, resta da stabilire chi debba sostituire il Presidente della Repubblica in caso di impedimento.

Il nostro emendamento precisa chi possa essere investito delle funzioni di Capo dello Stato. Parlo di Capo dello Stato espressamente per confermare quanto ha detto un collega che ha parlato prima di me, circa l’inopportunità che queste funzioni vengano attribuite al Presidente del Consiglio dei Ministri, che è il Capo del potere esecutivo.

Se noi vogliamo mantenere al Presidente della Repubblica questo compito, che è affermato nello stesso progetto di Costituzione, di rappresentare l’unità dello Stato, è più opportuno non devolvere tali funzioni al Capo del potere esecutivo.

Quanto alla opportunità di sostituire al Presidente della Repubblica il Presidente del Senato, non faccio appello al parallelo con quanto avviene nel sistema statunitense, perché il nostro sistema, che è parlamentare, non si può confondere col sistema presidenziale degli Stati Uniti; ma, da una parte si può tener conto di quel criterio di simmetria a cui ho prima accennato; per cui, mentre il Presidente della Camera dei deputati convoca l’Assemblea per l’elezione del Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato avrebbe il compito di sostituire lo stesso Presidente della Repubblica in caso di impedimento. E, d altra parte, come si segue il principio dell’anzianità per far presiedere le Assemblee prive di un Presidente, così, trattandosi di un Senato, caratterizzato, tra l’altro, dall’anzianità dei suoi membri che dovranno avere almeno quaranta anni, sarebbe opportuno di attribuire al Presidente del Senato e non ad altri, il compito di sostituire il Presidente della Repubblica in caso di impedimento.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Siamo d’accordo.

PRESIDENTE. L’onorevole Tosato ha facoltà di esprimere il parere della Commissione al riguardo.

TOSATO. Gli emendamenti che sono stati proposti dagli onorevoli Crispo, Cifaldi o Morelli tendono evidentemente a riempire delle lacune apparenti che, volutamente, la Commissione ha lasciato nel progetto di Costituzione.

Anzitutto, l’onorevole Crispo propone che sia aggiunto ai casi di impedimento permanente il caso in cui il Presidente della Repubblica sia posto in stato di accusa.

Ora, la Commissione ritiene che non sia il caso di parlare esplicitamente dello stato di accusa del Presidente a questo proposito; si può ritenere intanto, che se il Presidente della Repubblica è posto in stato di accusa, l’evento rappresenta già, per se stesso, un caso di impedimento del Presidente della Repubblica, caso nel quale si fa luogo a quella supplenza che è stata prevista.

D’altra parte, stabilire costituzionalmente in modo esplicito che in caso di accusa da parte delle Camere riunite il Presidente immediatamente è sostituito, potrebbe anche essere pericoloso, perché, in tal caso, attraverso l’accusa, le Camere potrebbero avere uri mezzo, uno strumento del quale potrebbero abusare per sospendere il Presidente dall’esercizio delle sue funzioni, ciò che non sarebbe conforme al sistema previsto.

Per quanto riguarda la proposta che il Presidente della Repubblica sia sostituito dal Presidente del Consiglio, mi pare siano pertinenti le osservazioni già fatte dal collega Fuschini. L’ufficio di Presidente del Consiglio dei Ministri e l’ufficio di Presidente della Repubblica sono due uffici distinti, che non possono essere riuniti in una medesima persona, tanto più – come ricordava l’onorevole Fuschini – che tutti gli atti del Presidente della Repubblica devono essere controfirmati dal Presidente del Consiglio. In questo caso veramente si avrebbe una lesione di uno dei principî fondamentali che regola tutta l’attività del Presidente del Consiglio.

CRISPO. Anche gli uffici di Presidente della Repubblica e del Presidente del Senato sono distinti.

TOSATO. Onorevole Crispo, se attribuiamo al Presidente del Consiglio il potere di sostituire il Presidente della Repubblica abbiamo questa eventualità: che in un determinato momento nella medesima persona si riuniscano due uffici distinti e diversi, Presidente del Consiglio dei Ministri e Presidente della Repubblica.

Noi riteniamo che ciò non sia opportuno e non sia conforme al sistema parlamentare.

D’altra parte, per quanto riguarda l’ultimo emendamento proposto dall’onorevole Crispo, quello relativo all’accertamento dell’impedimento, giudizio che dovrebbe essere deferito all’Assemblea Nazionale, la Commissione, per evidenti motivi di opportunità non ha ritenuto né conveniente, né prudente stabilire a questo proposito norme precise.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Dichiaro che mi aspettavo una duplice risposta dall’onorevole Tosato, che non è venuta. Io ritengo molto più affini alle funzioni del Presidente di una Repubblica parlamentare le funzioni del Presidente del Consiglio, anziché le funzioni del Presidente del Senato, per ragioni così ovvie che non inette nemmeno conto di rilevare.

Ma io avevo fatto un rilievo rimasto senza risposta. Io ho detto che per l’articolo 84 il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere. Si potrebbe osservare che nessun Presidente provvisorio, che abbia una durata limitata di carica potrà pensare a sciogliere le Camere. Ma questo non vale a risolvere la questione. Resta il fatto che il Presidente della Repubblica, comunque provvisorio, ha il diritto di sciogliere le Camere. (Commenti).

Voci. No! No!

TOSATO, Relatore. È un ufficio interinale: non ha questo potere.

CRISPO. E chi lo dice? Allora bisogna stabilirla questa norma.

PRESIDENTE. Onorevole Crispo, mi scusi, ma debbo farle presente che, se lei conserva i suoi emendamenti, non ha diritto di illustrarli ulteriormente. Solo nel caso che li ritirasse, ella avrebbe diritto, di motivarne il ritiro. Mantiene i suoi emendamenti?

CRISPO. Li mantengo.

PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, mantiene il suo?

FUSCHINI. Non insisto.

PRESIDENTE. Sta bene. E lei, onorevole Codacci Pisanelli?

CARONIA. Mantengo l’emendamento svolto dall’onorevole Codacci Pisanelli.

PRESIDENTE. Pongo in votazione, nel testo della Commissione, le seguenti parole del primo comma:

«Le funzioni del Presidente della Repubblica sono, in caso di suo impedimento».

(Sono approvate)

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Crispo:

«o se egli sia messo in istato di accusa».

(Non è approvato).

Pongo adesso in votazione il secondo emendamento sostitutivo dell’onorevole Crispo:

«esercitate dal Presidente del Consiglio dei Ministri».

(Non è approvato).

Pongo allora, in votazione la formula proposta dell’onorevole Corbino, accettata dalla Commissione:

«esercitate dal Presidente del Senato della Repubblica».

(È approvata).

Pongo in votazione il secondo comma: «Se l’impedimento è permanente, o in caso di morte o dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente dell’Assemblea Nazionale indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo precedente».

Avverto però che a questo testo va apportata la seguente modificazione a seguito dell’approvazione dell’emendamento Corbino all’articolo 81 l’espressione: «Presidente dell’Assemblea Nazionale», va sostituita dall’altra: «Presidente della Camera dei deputati».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo presentato dall’onorevole Crispo:

«Il giudizio sull’impedimento di cui al comma precedente è devoluto all’Assemblea Nazionale».

(Non è approvato).

Pertanto l’articolo 82 nel suo complesso risulta così approvato:

«Le funzioni del Presidente della Repubblica sono, in caso di suo impedimento, esercitate dal Presidente del Senato della Repubblica.

«Se l’impedimento è permanente, o in caso di morte o dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo precedente».

Passiamo all’articolo 83. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.

«Promulga le leggi ed emana i decreti legislativi ed i regolamenti.

«Nomina, ai gradi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

«Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici; ratifica i trattati internazionali, previa, quando sia richiesta, l’autorizzazione delle Camere.

«Ha il comando delle Forze armate; presiede il Consiglio supremo di difesa; dichiara la guerra deliberata dall’Assemblea Nazionale.

«Presiede il Consiglio superiore della Magistratura.

«Può concedere grazia e commutare le pene».

CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODACCI PISANELLI. Onorevole Presidente, vorrei ricordare che era rimasto sospeso l’articolo 71, in cui si parla della promulgazione delle leggi. E siccome mi pare che qui riprendiamo in esame la questione, sarebbe forse opportuno esaminare adesso l’articolo 71; o, per lo meno, tenerlo presente.

PRESIDENTE. Per intanto esaminiamo l’articolo 83 che elenca già una serie di funzioni attribuite al Presidente della Repubblica. Successivamente potremo, se mai, esaminare l’articolo 71, che rientra in questa elencazione.

CODACCI PISANELLI. Ritengo che logicamente, l’articolo 71 venga prima, in quanto vi si stabilisce che, per quanto riguarda la formazione delle leggi – di cui ci siamo già occupati – la promulgazione – è attribuita al Capo dello Stato.

D’altra parte, siccome alcuni emendamenti attribuiscono la facoltà di sanzionare le leggi al Capo dello Stato, sarebbe forse più opportuno esaminare prima tale questione e successivamente l’elenco dei poteri che gli competono.

PRESIDENTE. Onorevole Ruini, la pregherei di esprimere l’avviso del Comitato sulla questione sollevata dall’onorevole Codacci Pisanelli.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non capisco perché si debba rinviare la discussione in corso e riprendere l’esame dell’articolo 71. Discutiamo invece dell’articolo 83 e decidiamo in un senso o nell’altro: da questa decisione dipenderà la sorte dell’articolo 71. Non mi pare opportuno sovvertire l’ordine della discussione ed occuparci adesso dell’articolo 71.

PRESIDENTE. Onorevole Codacci Pisanelli, credo che possiamo attenerci a quello che ha detto l’onorevole. Ruini. A seconda del risultato della discussione sul secondo comma dell’articolo 83, potremo riprendere l’esame dell’articolo 71, adeguandolo alla decisione che sarà presa.

Si tratta di decidere se il Capo dello Stato promulga o sanziona. Lo decidiamo in questa sede. (Interruzione del deputato Fabbri). Se l’Assemblea approva il secondo comma così com’è nel testo della Commissione, è pacifico che il primo comma dell’articolo 71 sarà votato così come è stato proposto dalla Commissione.

CODACCI PISANELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODACCI PISANELLI. Ritengo che dal punto di vista del metodo sarebbe opportuno seguire l’ordine che avevo proposto, perché questo articolo ha valore prevalentemente elencativo. Senza dubbio, stabilisce dei poteri particolari, ma siccome si richiama a quanto è stato stabilito a proposito della formazione delle leggi, sarebbe opportuno esaminare adesso la parte che precedeva la determinazione dei poteri spettanti al Capo dello Stato, e che abbiamo solo rinviata appunto per esaminarla quando ci saremmo occupati delie facoltà da attribuire al Capo dello Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Codacci Pisanelli, fa una proposta formale?

CODACCI PISANELLI. Sì.

PRESIDENTE. Sta bene. Allora, onorevoli colleghi, l’onorevole Codacci Pisanelli propone di interrompere l’esame dell’articolo 83 e di ritornare all’articolo 71.

CODACCI PISANELLI. Anche all’articolo 67.

PRESIDENTE. Allora, veramente, mi pare che non sia il caso di accettare la sua proposta. Purtroppo qualche volta ci è avvenuto di dover accantonare qualche questione; ma abbiamo sempre cercato di procedere secondo lo schema del progetto. La sua proposta lo sovverte. Comunque la sottopongo all’Assemblea.

(Non è approvata).

L’onorevole Benvenuti ha presentato i seguenti emendamenti all’articolo 83:

«Al primo comma, dopo le parole: è il Capo dello Stato, inserire: è il supremo custode della Costituzione».

«Sopprimere gli ultimi due commi».

L’onorevole Benvenuti ha facoltà di svolgerli.

BENVENUTI. Io ero nell’ordine d’idee di svolgere i miei emendamenti dopo che fosse stata trattata la questione della sanzione da parte dell’onorevole Codacci Pisanelli.

Il nostro emendamento, sul piano strettamente giuridico, sarà svolto dal collega onorevole Dominedò, il quale illustrerà in termini tecnici il concetto degli atti in via di prerogativa, atti che nel concetto dei miei emendamenti dovrebbero essere riconosciuti al Presidente della Repubblica.

Vorrei prima spiegare attraverso quale processo mentale io, semplice cittadino, che ha vissuto questo periodo storico, sono arrivato a rendermi conto della necessità di conferire al Capo dello Stato alcuni particolari poteri che siano del tutto indipendenti dall’approvazione o disapprovazione – e, quindi, dalla firma o controfirma – del Governo in carica.

Noi abbiamo lungamente discusso i modi di designazione del Capo dello Stato e li abbiamo discussi – a mio modesto avviso – mettendo il carro prima dei buoi; perché prima avremmo dovuto definire la figura del Capo dello Stato, i poteri del Capo dello Stato, il tipo di Capo dello Stato che vogliamo creare, dopo di che avremmo avuto gli elementi sufficienti per renderci conto della necessità di munirlo o meno di un determinato prestigio per l’esercizio delle sue funzioni.

L’esame delle funzioni del Presidente della Repubblica va fatto sotto un duplice profilo, in relazione ai due compiti essenziali che a lui incombono. Si tratta di due compiti fondamentali: 1) sbarrare la strada a qualsiasi provvedimento incostituzionale (leggi, decreti o regolamenti) che gli venga sottoposto da parte del Governo in carica; 2) ristabilire la concordanza fra la volontà popolare (quale si esprime nella regina delle assemblee, l’Assemblea delle assemblee, ossia i comizi elettorali) e l’Assemblea parlamentare nei suoi due rami.

Rispetto al primo compito sorge il problema della sanzione.

Ecco perché avrei desiderato vedere risolto prima questo problema.

Problema della sanzione. Io dico francamente (e se i colleghi giuristi e più esperti di me mi illumineranno ne sarò lieto) che non ho ancora compreso se nel nostro nuovo ordinamento costituzionale il Capo dello Stato debba o non debba promulgare dei provvedimenti che siano contrari alla Costituzione; ossia se egli sia un semplice organo di promulgazione di una volontà legislativa cui rimane estraneo, oppure se possa esercitare un sindacato ed eventualmente trovare un rimedio per la incostituzionalità degli atti che gli sono sottoposti. Io temo che nel sistema così come è elaborato nel nostro progetto costituzionale, il Capo dello Stato debba semplicemente promulgare e non possa esercitare alcun esame di costituzionalità.

Ove così stessero le cose, noi ci troveremmo nella singolare situazione di dover riconoscere, a posteriori, che la monarchia durante il ventennio avrebbe agito costituzionalmente. Firmando tutto quanto il Governo fascista le sottoponeva, la monarchia altro non avrebbe fatto se non anticipare il sistema costituzionale elaborato dagli autori del nostro progetto.

Quando i fautori della monarchia (nelle varie pubblicazioni in cui ne viene svolta la difesa) sostengono che dopo il 3 gennaio il Re non poteva rifiutarsi di firmare tutta la legislazione liberticida, sostanzialmente adombrano la tesi giuridica del nostro progetto; ciò qualora (come pare) esso escluda che il Capo dello Stato possa e debba sindacare, sotto il profilo della costituzionalità, il contenuto della volontà legislativa, quale gli viene sottoposta nei decreti e progetti di legge. Ecco quindi l’origine del mio emendamento. Prescindiamo dal problema della sanzione o della promulgazione. Io penso che, sia che il Presidente promulghi (e in questo caso dopo la formalità della promulgazione), sia che il Presidente sanzioni (e in questo caso all’atto in cui rifiuta di sanzionare), deve esser riconosciuta al Capo dello Stato l’azione per promuovere immediata dichiarazione di incostituzionalità dei provvedimenti stessi da lui promulgati, ovvero non sanzionati. Naturalmente per una simile azione, per un simile atto del Capo dello Stato, questi non ottiene e non otterrà mai la controfirma del primo Ministro che propone l’atto incostituzionale. Quindi tanto vale dichiarare apertamente che noi non riconosciamo il Capo dello Stato come supremo tutore della Costituzione.

In questo senso c’è un emendamento mio che ha carattere platonico. Ciò che veramente importa è che non riconosciamo al Capo dello Stato la facoltà di proporre azione di incostituzionalità per le leggi che gli vengono sottoposte per la sanzione.

Secondo (su questo si intratterrà il collega Dominedò al cui emendamento ho aggiunto la mia firma): Problema dello scioglimento delle Camere.

Io penso, onorevoli colleghi, che il mio ottimo amico onorevole Clerici, il quale si è battuto perché dalla nostra Costituente uscisse una Costituzione priva del Capo dello Stato, sarà sodisfatto. Mi consentano gli onorevoli membri della Commissione di dire che i suoi voti sono stati sostanzialmente esauditi…

RUINI. Presidente della Commissione per la Costituzione. Avveniva lo stesso per il Re.

BENVENUTI. La cosa era diversa perché il Governo regio era fiduciario e del Re e del Parlamento. Nel nostro sistema, a mio avviso, il governo è fiduciario esclusivamente dell’Assemblea. Quindi il conflitto più probabile non è quello di un tempo, che si verificava fra il Governo del Re e l’Assemblea, ma il conflitto più probabile è quello fra il binomio Governo-Assemblea e quell’«Assemblea delle Assemblee» che è la volontà popolare. È a questo punto che il Capo dello Stato deve poter intervenire: e quando questo conflitto si verifica significa che il Governo e l’Assemblea non rappresentano più la volontà popolare: in questo momento si deve poter consultare il Paese.

La formula sciogliere le Camere non piace a nessuno. Il Presidente deve, a mio parere, poter in qualsiasi momento indire le elezioni, ferme restando in carica le Camere coll’istituto dalla prorogatio. Ma in qualsiasi momento il Presidente della Repubblica dovrebbe essere in condizione di consultare il Paese. E questo non lo potrà mai ottenere colla controfirma del Presidente del Consiglio, qualora fra la maggioranza parlamentare, di cui il Governo è emanazione, e la volontà del Paese vi sia conflitto. È in questo conflitto che deve entrare di Capo dello Stato per deferirne la risoluzione al Paese. E per questo deve avere poteri autonomi che non potrebbe mai avere se dovesse preventivamente ottenere la controfirma di quel Governo nei confronti del quale chiede il verdetto della volontà popolare.

Ecco lo spirito dell’uno e dell’altro dei miei emendamenti.

Complessivamente la mia proposta consta di quattro parti. Rinuncio alle altre parti, ma mi fermo ai soli capi, a sensi dei quali dovrebbe venir riconosciuto in via di prerogativa al Presidente della Repubblica il diritto di proporre azione di incostituzionalità contro le leggi ed i provvedimenti che sono proposti alla sua promulgazione o sanzione, nonché di indire nuove elezioni con decisione autonoma e indipendente dal parere e quindi dalla controfirma del Governo.

PRESIDENTE. Seguono gli emendamenti dell’onorevole Colitto, del seguente tenore:

«Al primo comma, alle parole: rappresenta l’unità nazionale, sostituire le seguenti altre: e lo rappresenta nella sua unità».

«Al terzo comma, alle parole: ai gradi indicati dalla legge, sostituire le seguenti: salva diversa disposizione di legge».

«Al quinto comma, sopprimere le parole: presiede il Consiglio supremo di difesa».

Ha facoltà di svolgerli.

COLITTO. Non comprendo appieno la formula del primo comma: «Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale». Il Presidente della Repubblica per l’altissima funzione che come tale è chiamato a compiere nella vita dello Stato, rappresenta lo Stato nella sua unità e nella sua continuità. Solo poeticamente può darsi che sia simbolo di tale unità.

Di qui il mio emendamento, che tende a sostituire una formula che sembrami tecnicamente precisa ad una formula certamente poetica, ma giuridicamente di colore piuttosto scuro.

È noto che spetta al diritto pubblico interno di ciascuno Stato stabilire l’organo che ha la «rappresentanza» (jus repraesentationis omnimodae) anche nei rapporti internazionali.

Di regola è il Capo dello Stato. Ma bisogna dirlo. E questo, appunto, io dico col mio emendamento, che perciò penso sia meritevole di accoglimento.

Ora non tutti i funzionari dello Stato sono nominati con decreto del Capo dello Stato. Occorre, pertanto, usare, a mio avviso, una formula, che tenga di ciò conto, diversa da quella usata nel progetto, per la quale sembra che tutti i funzionari debbano essere nominati con decreto del Capo dello Stato, la legge intervenendo solo per precisare i gradi, cui debbono essere nominati. È perciò che io ho proposto che alle parole «ai gradi indicati dalla legge» siano sostituite le altre «salva diversa disposizione di legge».

Penso, infine, (e così mi occupo del terzo emendamento da me proposto) che non sia il caso di affermare nella Costituzione che il Capo dello Stato presiede il Consiglio supremo di difesa, di tale Consiglio non essendosi parlato in altra parte della Costituzione, sì che non si sa né se è opportuno che un Consiglio siffatto vi sia, né come dovrebbe essere formato, né quali dovrebbero essere le sue attribuzioni e perché, d’altra parte, non so se possa tale Consiglio essere compreso nel novero degli organi costituzionali, dei quali soltanto sembrami che si debba parlare in un testo costituzionale.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Caronia e Aldisio hanno presentato il seguente emendamento all’articolo 83:

«Inserire, dopo il terzo, i seguenti commi:

«Può con provvedimento motivato rinviare una legge già votata dalle due Camere, per un nuovo esame o per richiederne il referendum.

«Può inviare messaggi ai due rami del Parlamento all’apertura e durante le sessioni».

L’onorevole Caronia ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

CARONIA. L’emendamento non ha bisogno di lunga illustrazione. La prima parte dove si propone che il Capo della Repubblica «Può con provvedimento motivato rinviare una legge già votata dalle due Camere, per un nuovo esame e per richiederne il referendum», è nella logica delle cose. Se si è dato il diritto di poter rinviare la legge al referendum su proposta di 500.000 elettori e di sette Consigli regionali, a maggior ragione questo diritto deve esser dato al supremo moderatore, quale è il Capo dello Stato. Nell’emendamento è detto: «Con provvedimento motivato». Ciò naturalmente perché l’azione del Capo dello Stato che rinvia la legge non sia un atto arbitrario, ma giustificato da validi motivi.

Il secondo punto dell’emendamento con cui si propone di dare al Capo dello Stato la possibilità di inviare messaggi ai due rami del Parlamento, sia all’apertura sia durante le sessioni, mi pare sia una funzione di notevole importanza e che non debba incontrare opposizioni.

In momenti particolarmente gravi per la situazione interna del Paese o per la situazione internazionale, mi sembra opportuno dare al Capo dello Stato la possibilità di prendere l’iniziativa di inviare alle due Camere messaggi per richiamare la loro attenzione su questioni che meritino di essere esaminate e discusse.

Prego l’Assemblea di voler accogliere i due emendamenti.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Gasparotto, Chatrian, Moranino, Stampacchia, Brusasca hanno proposto di sostituire il quinto comma col seguente:

«Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara la guerra deliberata dall’Assemblea Nazionale».

L’onorevole Gasparotto ha facoltà di svolgere l’emendamento.

GASPAROTTO. Il quinto comma dispone che il comando delle Forze armate è attribuzione del Presidente della Repubblica; egregiamente, soggiunge che il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio supremo di difesa. La sostanza è pienamente accettata. Domando una modificazione di forma. Questa dizione presuppone l’esistenza di un organo, il Consiglio supremo di difesa, che non esiste. Esiste, per creazione fascista, una commissione di difesa, presieduta dal Presidente del Consiglio, della quale fa parte oltre al Ministro della difesa (a capo degli antichi dicasteri della guerra, della marina e dell’aviazione), il Capo di stato maggiore generale, ufficio che potrà restare o anche essere soppresso. Ora, non a questo organo certamente il quinto comma proposto dalla Commissione si riferisce, perché è altra cosa.

Pertanto il mio emendamento si limita a domandare una aggiunta: «costituito secondo la legge». Cioè, si riferisce a un organo nuovo, da crearsi mediante legge.

Senonché l’onorevole Colitto proporrebbe addirittura la soppressione dell’attribuzione del Presidente di presiedere il Consiglio supremo di difesa. Non trovo giusta la proposta, perché, se il Presidente della Repubblica ha il comando delle Forze armate, logicamente deve avere anche la presidenza del Consiglio supremo di difesa.

Come la Commissione vede, domando assai poco; ma la modificazione aggiuntiva è indispensabile.

PRESIDENTE. L’onorevole Azzi ha proposto il seguente emendamento:

«Al quinto comma, dopo le parole: ha il comando delle Forze armate, aggiungere le parole: e lo esercita in tempo di pace tramite il Ministro della difesa e in tempo di guerra tramite il Capo di Stato maggiore della difesa».

Ha facoltà di svolgerlo.

AZZI. Il mio emendamento aggiunge dopo le parole: «il Presidente della Repubblica ha il comando delle Forze armate» le parole: «e lo esercita in tempo di pace tramite il Ministro della difesa ed in tempo di guerra tramite il Capo di Stato Maggiore della difesa».

Questo emendamento trae origine dalla esperienza della recente guerra, sulla quale mi pare sia inutile insistere.

Osservo che parecchie Costituzioni straniere, e fra queste alcune elaborate dopo l’esperienza della seconda guerra mondiale, hanno già limitato questa facoltà dei rispettivi Capi di Stato, ponendo il problema nei seguenti termini.

La vecchia Costituzione francese del 1848 diceva:

«Il Presidente della Repubblica dispone delle Forze armate, senza potere mai comandarle personalmente».

La Costituzione francese del 1875:

«Il Presidente della Repubblica dispone delle Forze armate».

La Costituzione estone del 1938:

«La difesa nazionale dipende direttamente dal Presidente della Repubblica che nomina il Capo delle Forze armate sia in guerra che in pace».

Passando alle Costituzioni elaborate dopo la seconda guerra mondiale, vediamo che la prima Costituzione francese del 1946 ripeteva la dizione di quella del 1875: «Il Presidente della Repubblica dispone delle Forze armate»; ma la seconda Costituzione francese del 1946, quella vigente oggi, modifica quella dizione e dice: «Il Presidente della Repubblica assume il titolo di capo delle Forze armate». Sottolineo la parola: «titolo», perché è probatoria per quel che io debbo dire.

La Costituzione russa, aggiornata dopo la seconda guerra mondiale, dice: «Il Praesidium supremo dell’Unione delle Repubbliche Sovietiche nomina e revoca il Comando supremo delle Forze armate». Infine la Costituzione jugoslava così si esprime: «Il Comandante supremo dell’esercito jugoslavo viene nominato dalla Skupcina popolare».

A mio avviso la formula più felice è quella adottata dalla Costituzione francese: «Il Presidente della Repubblica ha il titolo di Capo dalle Forze armate». Si tratta quindi di un’altissima carica affidata al Presidente della Repubblica, ma non dell’effettivo comando delle Forze armate, perché questo effettivo comando deve competere esclusivamente a chi sappia e possa amministrare, addestrare, preparare ed impiegare le Forze armate. Ed è soltanto per non copiare la dizione della Costituzione francese che io mi sono limitato ad aggiungere alla dizione della nostra Costituzione: «Il Presidente della Repubblica ha il comando delle Forze armate» quella: «lo esercita in tempo di pace tramite il Ministro della difesa e in tempo di guerra tramite il Capo di Stato Maggiore della difesa» o il Capo di Stato Maggiore generale, se questa carica sarà conservata nella nostra organizzazione militare.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha presentato il seguente emendamento:

«Al quinto comma, alle parole: dichiara la guerra deliberata dall’Assemblea Nazionale, sostituire le parole: dichiara la guerra deliberata dalle Camere».

Ha facoltà di svolgerlo.

FUSCHINI. Il mio emendamento non è che un emendamento di coordinamento con la deliberazioni già prese dall’Assemblea, che avevo previsto. E non ha quindi bisogno di svolgimento.

PRESIDENTE. L’onorevole Preti ha presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, sopprimere le parole: è il Capo dello Stato.

«Al secondo comma, sopprimere le parole: ed emana.

«Sostituire il terzo comma con il seguente: nomina, ai gradi indicati dalla legge, gli alti funzionari dello Stato».

Ha facoltà di svolgerli.

PRETI. Il primo comma dell’articolo 83 dice che il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato. Ora, questa dizione non mi sembra caratteristica delle nuove Costituzioni democratiche. A mio avviso essa era spiegabile quando il cosiddetto Capo dello Stato era in effetto l’organo sovrano: è questa infatti una dizione ereditata dalla monarchia costituzionale ottocentesca. Oggi, secondo me, non si può giuridicamente parlare di Capo dello Stato, in quanto l’organo preminente nello Stato è, come tutti sanno, il Parlamento. (Interruzione al centro). Al di fuori di esso non vi è un «capo», ed è a ragione perciò, che nella Costituzione francese non si parla di Capo dello Stato, ma sempre e solamente di Presidente della Repubblica.

Il secondo comma dell’articolo dice: «promulga le leggi ed emana i decreti legislativi e i regolamenti». Io ho voluto consultare la Gazzetta Ufficiale ed ho rilevato che oggi, per quanto riguarda i decreti legislativi, si usa la formula: «promulga». Quella che io propongo è dunque la dizione usata attualmente, e non capisco perciò, per quale motivo si dovrebbe cambiare la dizione adottata da quando l’onorevole De Nicola funge da Capo Provvisorio dello Stato.

TOSATO. È stato un istituto recentissimo degli anni passati quello della promulgazione dei decreti!

PRETI. Ma stavo dicendo, onorevole Tosato, che per gli attuali decreti legislativi si usa la formula «promulga». Perciò, mi sembra che si dovrebbe continuare ad usare la formula che già oggi si usa.

Tanto più che, dicendosi nella Costituzione, che il Presidente della Repubblica «emana» i decreti legislativi, mentre per contro «promulga» le leggi, si potrebbe pensare ch’egli esplichi una diversa funzione in ordine alla emanazione di questi due tipi di norme giuridiche.

La sua funzione invece è la medesima. Come le leggi sono opera del Parlamento, ed il Presidente della Repubblica le promulga, nel senso che ne dichiara efficacia, così i decreti legislativi sono senza dubbio opera del Governo, ed il Presidente della Repubblica li deve «promulgare», in quanto ne dichiara l’efficacia.

Per quanto concerne i regolamenti, il termine «promulgare» sarebbe per lo meno nuovo. Non vedo però quali difficoltà vi dovrebbero essere per adottare questa nuova dizione, che interpreta la realtà giuridica delle funzioni presidenziali.

Mi sembra comunque che nel secondo comma dell’articolo 83 sia inutile accennare alla emanazione dei regolamenti: è forse più che altro una reminiscenza dello Statuto al bertino.

La Costituzione francese non parla della generica emanazione dei regolamenti, ed a mio avviso fa bene. Da questo deriva che il Presidente della Repubblica emana regolamenti solo in relazione alle materie di sua specifica competenza previste nel titolo della Costituzione che lo riguarda. Per le rimanenti materie i regolamenti vengono emanati con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, risparmiandosi una inutile formalità.

Attualmente il Capo Provvisorio dello Stato emana decreti su materie di secondarissima importanza: modificazione di ragione sociale di cooperative, modificazione di statuti di università, riconoscimento della personalità giuridica di opere pie, passaggi di gestione di acquedotti, ecc. ecc.

Credo che se anche in Italia per tutte queste materie provvedesse con proprio decreto il Presidente del Consiglio o addirittura il Ministro competente, saremmo più aderenti alla realtà.

In conclusione perciò proporrei, per questo comma, di non fare cenno dei regolamenti, e subordinatamente di usare la formula «promulga le leggi, i decreti legislativi e i regolamenti». Se però, si giudica il termine «promulgare» inconciliabile con il regolamento, si dica: «promulga le leggi e i decreti legislativi ed emana i regolamenti di sua competenza».

Per quanto riguarda il terzo comma, devo osservare che è esagerato attribuire al Presidente della Repubblica la nomina di tutti i funzionari dello Stato, posto che ciò significa pretendere un suo decreto per qualunque nomina. Mi sembrerebbe che solamente la nomina degli alti funzionari dovesse farsi per decreto del Presidente della Repubblica: ed è perciò che ho presentato un emendamento in questo senso. Se poi anche al testo attuale del terzo comma si intende dare questo significato ed il Presidente della Commissione è disposto a precisarlo, allora io posso anche ritirare il mio emendamento.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Clerici, Uberti, Zerbi, Chatrian, Del Curto, Bosco Lucarelli, Badini Confalonieri, Siles, Bubbio, hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere all’articolo 83 il seguente comma: Può concedere le onorificenze della Repubblica».

L’onorevole Clerici ha facoltà di svolgerlo.

CLERICI. Rinunzio a svolgerlo.

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Ho chiesto di parlare perché ho presentato un articolo 85-bis, del seguente tenore: «Il Presidente della Repubblica può inviare messaggi alle Camere». Ho visto poi, che l’onorevole Caronia, in un suo emendamento al secondo comma, ha proposto la stessa cosa: «Può inviare messaggi ai due rami del Parlamento all’apertura e durante le sessioni».

La formula usata dall’onorevole Caronia è più generica e farebbe supporre che il Presidente possa inviare i messaggi normalmente all’apertura ed eccezionalmente durante le sessioni. Invece, il concetto che ha ispirato il mio emendamento è diverso. Noi non abbiamo in Italia l’istituto dei messaggi del Capo dello Stato. Avevamo solo il discorso della Corona all’apertura della legislatura o delle sessioni quando la legislatura si divideva in parecchie sessioni. Invece, in America abbiamo l’abitudine dei messaggi del Presidente della Repubblica, che hanno un valore notevole perché indicano, nel momento in cui i lavori parlamentari devono svolgersi, gli argomenti più importanti che interessano il Paese. La Francia, nella sua recente Costituzione, all’articolo 37 ha stabilito questa norma: «Il Presidente della Repubblica comunica col Parlamento attraverso messaggi indirizzati all’Assemblea Nazionale».

Qui vi è qualche cosa di più complesso da considerare, perché sussiste una specie di trait d’union fra Parlamento e Presidente della Repubblica; il che fa pensare che il Presidente della Repubblica, quando c’è un dibattito molto grave, comunica il suo pensiero al riguardo attraverso un messaggio indirizzato all’Assemblea Nazionale.

Forse una formula così drastica non sarebbe opportuna nella nostra Costituzione, perché potrebbe far dubitare che noi volessimo far entrare l’opera personale del Capo dello Stato nella formazione delle leggi. Affermandolo nella Costituzione noi diamo la possibilità al Capo dello Stato di intervenire, con un messaggio alla Camera o al Senato, oppure alla Camera e Senato insieme, per dare un suggerimento, per dire una parola pacificatrice e rasserenatrice, nei momenti più gravi della vita nazionale; il che potrebbe essere di grande utilità. Ecco perché io ritengo opportuna l’approvazione del mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Tosato ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

TOSATO. La Commissione non è favorevole all’emendamento presentato dall’onorevole Benvenuti relativo all’articolo 83, l’emendamento cioè con il quale si propone di inserire, dopo la parola «Presidente», «il Capo dello Stato è il supremo custode della Costituzione». Tale compito deriva dai poteri che gli sono attribuiti e dai suoi rapporti con gli altri organi costituzionali; insomma dal complesso delle norme costituzionali, dalle quali la figura del Presidente risulta delineata nella sua natura e nei suoi compiti.

Per quanto riguarda il primo emendamento presentato dall’onorevole Colitto, mi permetto di osservare che, evidentemente, se il Capo dello Stato rappresenta lo Stato, è naturale che lo rappresenti nella sua unità. Quando nel testo dei progetto si dice che il Presidente rappresenta l’unità nazionale, si fa riferimento allo Stato non in senso giuridico preciso, ma allo Stato nella sua unità storica, morale.

L’onorevole Colitto propone inoltre di sostituire alle parole: «ai gradi indicati dalla legge», le parole: «salva diversa disposizione di legge».

A questo proposito vi è anche un emendamento presentato dall’onorevole Preti così formulato: «nomina ai gradi indicati dalla legge gli alti funzionari dello Stato». Al Capo dello Stato dovrebbe così essere dato il potere di nominare soltanto determinati funzionari, quelli più alti; per tutti gli altri la competenza dovrebbe essere propria del Governo.

La Commissione non accoglie né l’emendamento Colitto, né l’emendamento Preti. Noi riteniamo preferibile il criterio di riservare al Capo dello Stato non un potere generale di nomina, ma solo le nomine contemplate specificamente dalla Costituzione e dalle leggi.

Pertanto proponiamo il testo seguente:

«Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato».

Segue poi l’emendamento presentato dagli onorevoli Caronia ed Aldisio:

«Inserire, dopo il terzo, i seguenti commi:

«Può con provvedimento motivato rinviare una legge già votata dalle due Camere, per un nuovo esame o per richiederne il referendum.

«Può inviare messaggi ai due rami del Parlamento all’apertura e durante le sessioni».

La prima parte dell’emendamento presentato dall’onorevole Caronia e dall’onorevole Aldisio trova in parte consenziente la Commissione, nel senso che la Commissione ritiene che sia opportuno attribuire al Presidente la facoltà di rinviare alle Camere un progetto approvato dalle Camere stesse. Si intende che se, successivamente al rinvio da parte del Presidente, le Camere insistono ed approvano a maggioranza assoluta il progetto stesso, evidentemente in tal caso il Presidente sarà obbligato a promulgare ugualmente la legge.

In questo senso la Commissione è favorevole all’accoglimento parziale dell’emendamento presentato dall’onorevole Caronia, adottando questa formula: «Il Presidente può rinviare alle Camere una legge già approvata per un riesame», con la precisazione che ho già indicato. Per quanto riguarda il potere di messaggio, la Commissione è pure consenziente. Ritiene però preferibile parlare di questo potere di messaggio e stabilire quindi:

«Può inviare messaggi al Parlamento», adottando precisamente la formula proposta dall’onorevole Persico.

Per quanto riguarda l’emendamento Gasparotto, Chatrian, Moranino ed altri, la Commissione concorda perfettamente con l’esigenza fatta presente dall’onorevole Gasparotto riguardo alla necessità di indicare che questo Consiglio supremo di difesa dovrà essere costituito secondo la legge.

Per quanto riguarda l’altro emendamento presentato a questo proposito dall’onorevole Azzi, la Commissione non è concorde nel ritenerlo opportuno.

L’onorevole Azzi propone di aggiungere alla fine dell’articolo le parole: «e lo esercita in tempo di pace tramite il Ministro della difesa, e in tempo di guerra tramite il Capo di Stato Maggiore della difesa».

Ora, osservo anzitutto che, forse, a questo proposito l’onorevole Azzi ha manifestato delle preoccupazioni che non sono fondate, in quanto non bisogna dimenticare che il Capo dello Stato non è responsabile, quindi gli atti del Capo dello Stato devono essere coperti dalla responsabilità di un Ministro. Pertanto è chiaro che in tempo di pace l’esercizio elettivo del comando delle Forze armate, proprio del Presidente, è esercitato con la responsabilità del Governo e, in particolare, del Ministro della difesa; mentre per il tempo di guerra si regolerà il problema sempre in base all’identico principio della irresponsabilità del Capo dello Stato, secondo la soluzione che al problema dell’effettivo comando delle Forze armate in tempo di guerra sarà dato dalla legge.

Circa l’emendamento presentato dall’onorevole Fuschini, osservo che esso concorda con quello già presentato dall’onorevole Chatrian. Abbiamo già approvato la formula secondo la quale la guerra viene deliberata dalle Camere: è chiaro che, una volta deliberata la guerra dalle Camere, occorre l’organo che dichiari all’esterno questa deliberazione, e pertanto è opportuno ricordare fra i poteri del Presidente della Repubblica questo potere di «dichiarare la guerra deliberata dalle Camere», secondo la formula proposta dall’onorevole Gasparotto.

Vi è, infine, un emendamento dell’onorevole Preti, secondo il quale si dovrebbe abbandonare la formula: «Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato».

Io vorrei osservare all’onorevole Preti che si potrà discutere circa il contenuto dei poteri che rientrano nell’ambito della competenza del Capo dello Stato; ma in ogni Stato evidentemente e necessariamente esiste un Capo dello Stato. Sia questo Capo dello Stato un organo collegiale sia esso un organo individuale, sempre comunque si manifesta la necessità di un Capo dello Stato, che, in certo senso, riassuma e dichiari all’esterno gli atti più salienti degli organi costituzionali dello Stato, quali sono appunto la deliberazione di guerra, l’approvazione di una legge, ecc.

Di questo Capo dello Stato non si può fare a meno. A me sembra, quindi, che la formula del progetto non sia impropria e che essa corrisponda al tipo più evoluto dello Stato repubblicano parlamentare.

L’altro emendamento presentato dall’onorevole Preti è un emendamento che mi pare riguardi soprattutto una questione di forma.

In generale e in via di massima la Commissione concorda sulla fondatezza dei rilievi fatti dall’onorevole Preti. Però pregherebbe l’onorevole Preti di trasformare su questo punto il suo emendamento in una raccomandazione, di cui la Commissione terrà il massimo conto al momento della revisione del testo costituzionale.

Per quanto riguarda i regolamenti, anche a questo proposito pregherei l’onorevole Preti di trasformare il suo emendamento in una raccomandazione. Come ho detto all’onorevole Codacci Pisanelli, la Commissione esaminerà se sia o meno il caso di specificare esattamente quale debba essere l’ambito della potestà regolamentare del potere esecutivo, se cioè questa potestà vada limitata ai regolamenti di esecuzione o possa, in taluni casi, avere una portata più lata. È questa una questione tecnica che, ripeto, mi pare opportuno rinviare al giudizio del Comitato di coordinamento.

V’è infine l’emendamento dell’onorevole Clerici, nei riguardi del quale la Commissione non è contraria, salvo a esprimere le proprie riserve per quello che si riferisce alla forma, perché è evidente che al Presidente si può attribuire il potere di accordare onorificenze, ma che occorrerà una legge che regoli la materia.

Mi pare di avere così risposto a tutti i presentatori di emendamenti all’articolo 83.

PRESIDENTE. L’onorevole Codacci Pisanelli ha presentato ora un emendamento, il quale si pone in relazione con il problema che era stato sollevato a proposito dell’articolo 71. L’onorevole Codacci Pisanelli propone che il secondo comma dell’articolo 83 sia sostituito con il seguente:

«Sanziona e promulga le leggi ed emana i decreti legislativi».

Propone poi che sia aggiunto il seguente comma:

«Emana, con suoi decreti, i regolamenti indipendenti e quelli di organizzazione».

L’onorevole Codacci Pisanelli ha facoltà di svolgerlo.

CODACCI PISANELLI. Non ho molto da aggiungere, onorevoli colleghi, a quanto è stato già detto a proposito dell’opportunità di non escludere il potere di sanzione del Capo dello Stato. Ma, agli altri argomenti che sono stati addotti al riguardo, riterrei giovevole aggiungerne un altro, che forse non è stato ancora sufficientemente considerato, e cioè che io ritengo che, in fondo, la preoccupazione di non far partecipare il Capo dello Stato alla funzione legislativa non è fondata. È infatti mia convinzione che nella funzione legislativa si debba distinguere l’attività di statuizione da quella di documentazione. In altri termini, il legislatore provvede a dare contenuto e forma alla norma, ma ciò non è sufficiente perché la legge possa dirsi perfetta e perché essa raggiunga i suoi scopi.

Bisogna infatti offrirne ancora un documento, attraverso il quale ognuno possa conoscerla con assoluta presunzione di certezza. Ora, il compiere questo atto è appunto compito precipuo del Capo dello Stato, cui abbiamo infatti attribuito il potere di promulgare la legge. E allora, se noi ammettiamo che il Capo dello Stato, almeno sotto questa forma, almeno esercitando questa attività meno elevata di quella di statuizione, partecipi alla funzione legislativa, tanto vale non rinunziare a quella facoltà che non è già, come taluno ha creduto di rilevare, una caratteristica delle monarchie, ma che invece è funzione peculiare del Capo dello Stato.

Queste dunque le ragioni che aggiungo alle altre già addotte perché non venga esclusa, dalle funzioni del Capo dello Stato, la facoltà di sanzione. Quanto, del resto, ha detto poco fa l’onorevole Relatore, il quale ha parlato a nome del Comitato di redazione, mi sembra confermi l’opportunità di far partecipare il Capo dello Stato alla funzione legislativa, giacché l’onorevole Relatore ha detto appunto di attenersi al criterio di coloro i quali ritengono che il Capo dello Stato possa rinviare alle Assemblee legislative un progetto già votato. Gli diamo in questa maniera una facoltà di controllo, una facoltà di partecipare in fondo, sia pure sotto la sola forma del controllo, all’esercizio della funzione legislativa, intesa pure come attività di statuizione. E allora non ci lasciamo fuorviare dalla preoccupazione che ammettere la sanzione sia mantenere un istituto caratteristico del sistema monarchico; pensiamo, invece, che si tratta di fare in maniera che le tre diverse funzioni statali abbiano un centro di riunione nel Capo dello Stato, e quindi anche la funzione legislativa venga ricondotta al concetto di unità dello Stato attraverso la partecipazione del Presidente della Repubblica non soltanto all’attività di documentazione, ma anche all’attività di statuizione.

E richiamo l’attenzione dei colleghi sulla seconda parte dell’emendamento da me presentato. Anzitutto propongo di scindere le due affermazioni che sono contenute nel comma cui l’emendamento si riferisce. In questo comma si parla dell’emanazione dei decreti legislativi e si parla poi dell’emanazione dei regolamenti. Ritengo opportuno fame due commi distinti: parliamo da una parte dell’emanazione dei decreti legislativi, che rappresentano l’esercizio della funzione legislativa formale; parliamo in un altro comma dei regolamenti, che rappresentano l’esercizio della funzione legislativa in senso sostanziale.

Un onorevole collega che mi ha preceduto ha ritenuto sufficiente parlare di promulgazione ed escludere la parola emanazione. Non sono d’accordo con lui, appunto per le ragioni precedentemente esposte; egli forse non teneva presente che nella funzione legislativa bisogna distinguere l’attività di statuizione da quella di documentazione. Se noi parlassimo semplicemente di promulgazione, escluderemmo il Capo dello Stato dalla parte più importante della funzione legislativa. Se dicessimo semplicemente «promulga i decreti legislativi», ci troveremmo di fronte ad una situazione anomala.

PRETI. Lo diciamo anche adesso.

PRESIDENTE. Onorevole Preti, lei ha già esposto il suo pensiero.

CODACCI PISANELLI. Comunque, non ritengo sia opportuno sopprimere la parola «emana», in quanto che noi dobbiamo riconoscere nel Capo dello Stato la facoltà non soltanto di documentare, ma anche quella di partecipare alla statuizione della norma, quanto ai decreti legislativi e ai regolamenti.

Finalmente, riguardo ai regolamenti, mi permetto di elencare le diverse categorie.

Il progetto ha, in fondo, una lacuna, perché accenna in genere ai regolamenti, senza precisare a quali regolamenti si riferisce.

È secondo me, senza dubbio, un progresso quello di aver stabilito che i regolamenti possono essere emanati soltanto con decreto del Capo dello Stato. In questa maniera finiamo per escludere i regolamenti ministeriali, ai quali la maggioranza di coloro che se ne sono occupati negli ultimi tempi è recisamente contraria, come può desumersi dalle pubblicazioni delle commissioni che hanno preparato i lavori dell’Assemblea Costituente.

Stabilendo che i regolamenti possano essere emanati soltanto con decreto del Capo dello Stato, noi risolviamo anche, d’altra parte, il grave problema relativo al fondamento della potestà regolamentare, sul quale si è tanto discusso e che nella nostra Costituzione trova un’adeguata soluzione, in quanto si stabilisce espressamente che spetta al Capo dello Stato la potestà regolamentare, la potestà, cioè, di emanare leggi in senso sostanziale per l’esecuzione delle leggi formali, anche in materia non disciplinata dalla legge – e sono questi i regolamenti indipendenti.

Ritengo, infine, che sia opportuno attribuire, come già è avvenuto nel passato, al Capo dello Stato la potestà regolamentare in materia di organizzazione.

Queste sono le ragioni per cui propongo nell’emendamento: anzitutto che la facoltà di sanzionare le leggi sia attribuita al Capo dello Stato, e, in secondo luogo che la potestà regolamentare trovi nella nostra Costituzione sicuro fondamento e adeguata specificazione.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Tosato di esprimere il parere della Commissione.

TOSATO. Ho già avuto occasione di rendere noto il punto di vista della Commissione riguardo alla forma di partecipazione del Capo dello Stato all’esercizio del potere legislativo. Secondo la Commissione, non è opportuno attribuire al Capo dello Stato il potere di sanzione della legge. Sanzione della legge significa approvazione della legge. Con questo atto il Capo dello Stato parteciperebbe direttamente ed effettivamente alla formazione della volontà legislativa. Ora questa attribuzione, questa competenza, porterebbe ad una trasformazione di quella figura del Capo dello Stato alla quale la Commissione ha ritenuto di restar ferma e rispetto alla quale mi sembra orientata anche l’Assemblea.

D’altra parte nei limiti in cui l’emendamento presentato dall’onorevole Codacci Pisanelli può rispondere a qualche esigenza, sotto questo aspetto l’emendamento è stato già soddisfatto, in quanto ho dichiarato che la Commissione è favorevole a riconoscere l’opportunità che il Presidente della Repubblica possa avere il potere di rinviare alle Camere una legge già deliberata dalle Camere stesse. Si tratta, sostanzialmente, di un potere di veto sospensivo che alla Commissione sembra sufficiente.

Per quanto riguarda le altre proposte dell’onorevole Codacci Pisanelli, cioè di considerare in due diversi commi i poteri di promulgazione delle leggi e dei decreti aventi forza di legge, e la potestà regolamentare, di questa proposta sarà tenuto conto in sede di redazione definitiva.

Prego l’onorevole presentatore di trasformare in raccomandazione anche la sua proposta riguardante la specificazione del contenuto e dei limiti della potestà regolamentare, perché si tratta di un argomento così tecnico per il quale l’Assemblea non è forse la sede più opportuna.

PRESIDENTE. Chiederò ora ai presentatori di emendamenti se li mantengono. Onorevole Benvenuti, mantiene i suoi emendamenti?

BENVENUTI. Aderisco al concetto dell’onorevole Tosato, nel senso che è una dichiarazione platonica quella del mio primo emendamento. Comunque, siccome dei poteri effettivi del Presidente si parlerà dopo, ritiro tutti i miei emendamenti.

PRESIDENTE. Onorevole Colitto, mantiene i suoi emendamenti?

COLITTO. Non insisto nel secondo mio emendamento, perché la nuova formula che è stata proposta dalla Commissione implicitamente accoglie tale mio emendamento.

Circa il terzo, poiché si è accolto l’emendamento dell’onorevole Gasparotto, nel quale si dice che il Consiglio supremo di difesa è «costituito secondo la legge», il mio emendamento, in un certo senso, non ha più ragion d’essere.

Non insisto neppure (per quanto a malincuore) sul primo emendamento; ma mi permetto di raccomandare alla Commissione di usare, nella redazione definitiva della norma, una formula meno poetica e più tecnica.

PRESIDENTE. Sta bene. La Commissione ha dichiarato di fare proprio l’emendamento dell’onorevole Caronia, salvo alcuni adattamenti.

Circa l’emendamento dell’onorevole Gasparotto, l’onorevole Perassi ha preparato una formulazione che tiene conto delle votazioni già avvenute, nel senso di sostituire alle parole: «dichiara la guerra», le altre: «dichiara lo stato di guerra». Credo che l’onorevole Gasparotto accetterà questa modifica. Vi è poi la formula: «Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge», che la Commissione ha dichiarato di accettare.

Onorevole Azzi, mantiene il suo emendamento?

AZZI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Quello dell’onorevole Fuschini viene assorbito dalla formulazione di cui ho dato lettura. L’emendamento dell’onorevole Clerici, salvo la formulazione, è stato accolto dalla Commissione.

Onorevole Codacci Pisanelli, mantiene il suo emendamento?

CODACCI PISANELLI. Mantengo la prima parte relativa alla sanzione.

Quanto alla seconda parte mi rimetto al Relatore, il quale ha detto che terrà presente quanto ho sottolineato in questo emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Preti, mantiene i suoi emendamenti?

PRETI. Per il terzo comma la Commissione ha dato una nuova formulazione che tiene conto delle esigenze da me esposte. Quindi lo ritiro.

Sul primo comma non insisto.

Per quanto riguarda il secondo comma, ho inteso che l’onorevole Tosato lo accetta come raccomandazione. Però non deve allora accettare come raccomandazione quanto ha proposto l’onorevole Codacci Pisanelli.

PRESIDENTE. E infatti lo ha respinto; più che respingere non poteva fare.

PRETI. L’onorevole Codacci Pisanelli aveva parlato anche di regolamentazione.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Accetteremo la terminologia.

PRESIDENTE. È stato accettato, infine, l’emendamento dell’onorevole Persico.

Possiamo passare ora alla votazione.

Poiché sono stati ritirati gli emendamenti che erano stati presentati ed in parte accolti come raccomandazione dalla Commissione, pongo in votazione il primo comma dell’articolo 83 nel testo della Commissione:

«Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma nel testo della Commissione:

«Promulga le leggi ed emana i decreti legislativi ed i regolamenti».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Codacci Pisanelli, tendente ad aggiungere prima di «promulga» le parole «sanziona e». Ricordo che questo emendamento non è stato accettato dalla Commissione.

(Dopo prova e controprova non è approvato).

CARONIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARONIA. A. questo comma sarebbe logico far seguire la seconda parte del mio emendamento.

TOSATO. La Commissione ha dichiarato che accetta parzialmente l’emendamento Caronia, in questa formula:

«Può rinviare alle Camere una legge da esse già deliberata per nuovo esame».

RUINI. Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Se l’Assemblea vota l’emendamento Caronia, accolto dalla Commissione, fermo restando che non si parla di sanzione, occorrerà evidentemente coordinarlo poi con l’articolo 71, che parla appunto della promulgazione delle leggi e stabilisce il termine in cui devono essere promulgate; e allora dovremo inserire questo potere del Capo dello Stato di un rinvio per riesame. Quindi, per ora votiamo il principio generale. C’è già una proposta dell’onorevole Bozzi all’articolo 71 che voteremo subito dopo. Intanto vogliamo affermare il concetto che questo potere di rinvio, che c’è anche in Francia, è un semplice messaggio perché sia riesaminato il progetto.

PRESIDENTE. L’onorevole Bozzi mi aveva fatto pervenire una proposta di emendamento all’articolo 71 della quale non avevo dato lettura perché eravamo in sede di articolo 83; ma poiché la materia è connessa al contenuto di questo emendamento, ne do ora lettura. L’Assemblea vedrà se non sia opportuno, tenendo conto delle dichiarazioni della Commissione, rinviare anche la votazione di merito a quando esamineremo l’articolo 71, cioè a fra poco, perché ormai siamo giunti alla fine del Titolo.

L’onorevole Bozzi ha proposto la seguente formula:

«Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione. Nel termine suddetto il Presidente della Repubblica può, con messaggio motivato, domandare alle Camere una nuova deliberazione. Egli deve procedere alla promulgazione se le Camere confermano la precedente deliberazione a maggioranza assoluta dei loro membri».

Non si tratta adesso di porre in discussione e di votare questo emendamento dell’onorevole Bozzi all’articolo 71: io ne ho dato lettura per sentire sia dall’onorevole Caronia, come dalla Commissione se, ferme restando le assicurazioni dell’onorevole Tosato, non ritengano opportuno rinviare la votazione di merito all’esame dell’articolo 71.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Rinviamo.

CARONIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARONIA. Avevo proposto un emendamento all’articolo 71 più semplice di quello dell’onorevole Bozzi. L’emendamento suonava così:

«Salvo il caso che questi non ne abbia deciso il rinvio alle Camere».

Adottando questa dizione di potrebbe oggi votare il mio emendamento, senza pregiudicare la sostanza di quello che sarà l’articolo 71.

PRESIDENTE. Poiché le cose dette restano e la Commissione ha dichiarato che in linea di principio accede alla sua proposta, forse è opportuno esaminare il suo emendamento in sede di articolo 71.

CARONIA. Non insisto.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE. Resta ancora l’ultima parte dell’emendamento Caronia che coincide con la proposta dell’onorevole Persico, che la Commissione accetta:

«Può inviare messaggi al Parlamento».

La pongo in votazione.

(È approvata).

Questa formula diventa il terzo comma dell’articolo in esame.

Passiamo alla votazione del terzo comma del progetto, che diventa quarto, lasciato in sospeso in seguito al giusto richiamo dell’onorevole Caronia:

«Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato».

(È approvato).

Pongo in votazione il quarto comma del progetto, che diviene quinto;

«Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici; ratifica i trattati internazionali, previa, quando sia richiesta, l’autorizzazione delle Camere».

(È approvato).

Segue il quinto comma – che diviene sesto – in cui bisogna tener conto dell’emendamento Gasparotto che la Commissione ha dichiarato di accettare e dell’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Azzi. Il testo del quinto comma, con l’emendamento Gasparotto, risulta del seguente tenore:

«Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere».

Pongo in votazione la prima parte:

«Ha il comando delle Forze armate».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Azzi, non accettato dalla Commissione.

«e lo esercita in tempo di pace tramite il Minestro della difesa e in tempo di guerra tramite il Capo di Stato maggiore della difesa».

(Non è approvato).

Pongo in votazione le parole:

«presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge».

(Sono approvate).

Ed infine pongo in votazione l’ultima parte:

«dichiara lo Stato di guerra deliberato dalle Camere».

(È approvato).

A proposito del comma successivo: «Presiede il Consiglio superiore della Magistratura», gli onorevoli Mastino Pietro, Lussu, Sansone, Preti, Treves, Rossi Paolo, Lami Starnuti, Fiorentino, Pistoia, Barbareschi hanno proposto che la votazione dell’articolo sia rinviata a quando sarà esaminato l’articolo 97 sull’ordinamento giudiziario.

L’onorevole Tosato ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

TOSATO. La Commissione accetta.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ultimo comma:

«Può concedere grazia e commutare le pene».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento proposto dall’onorevole Clerici, accettato dalla Commissione.

«Concede le onorificenze della Repubblica».

(È approvato).

L’articolo 83 risulta nel suo complesso così approvato:

«Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.

«Promulga le leggi ed emana i decreti legislativi ed i regolamenti.

«Può inviare messaggi al Parlamento.

«Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

«Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici; ratifica i trattati internazionali, previa, quanto sia richiesta, l’autorizzazione delle Camere.

«Ha il comando delle Forze armate; presiede il Consiglio supremo di difesa, costituito secondo la legge; dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

«Può concedere grazia e commutare le pene.

«Concede le onorificenze della Repubblica».

Resta in sospeso la votazione relativa alla presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura e quella relativa al rinvio alle Camere, per un nuovo esame, delle leggi approvate, questione che sarà esaminata in sede di articolo 71.

Dobbiamo ora passare all’articolo 84.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Poiché è stato presentato da altri colleghi un emendamento nella forma dell’articolo aggiuntivo 85-bis, relativamente all’obbligo del giuramento del Presidente della Repubblica, mi parrebbe che questo tema abbia carattere preliminare rispetto alla materia contemplata dagli articoli 84 e seguenti, in quanto integra la figura del Presidente e la sua disciplina, anche in relazione a questo aspetto formale, che è stato ora sottoposto al nostro esame e sul quale dovrà deliberare l’Assemblea.

Se, quindi, l’onorevole Presidente convenisse nell’ordine di graduazione che io sottopongo, il tema del giuramento dovrebbe precedere quello dello scioglimento delle Camere.

PRESIDENTE. Onorevole Dominedò, abbiamo la consuetudine di esaminare gli articoli aggiuntivi sempre in fine del Titolo, salvo a dar loro una collocazione opportuna. Non vedo in che cosa la facoltà da concedersi al Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere stabilita nell’articolo 84, possa essere subordinata al fatto che egli presti o meno il giuramento. Non vedo il nesso logico.

DOMINEDÒ. Non c’è nessuna subordinazione, lo riconosco io per il primo, ma mi parrebbe che risolvere il problema del giuramento attenga alla definizione preliminare e compiuta della figura del Presidente. È una questione d’ordine formale, non logico.

PRESIDENTE. Non ho nulla in contrario, salvo la osservazione che la proposta di emendamento da parte dell’onorevole Perassi e dell’onorevole Mortati, alla quale lei evidentemente si riferiva è recentissima, ed i colleghi quindi non ne hanno avuto conoscenza. Se la mettessi in discussione ora, giustamente qualcuno potrebbe chiedere la sospensione della seduta per poter esaminare l’emendamento, mentre ciò che attiene all’articolo 84 è da lungo tempo noto ed è stato quindi certamente esaminato dai deputati.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Molto probabilmente la questione del giuramento solleverà meno difficoltà e, quindi, non ho ragione di oppormi alla richiesta dall’onorevole Dominedò.

PRESIDENTE. Se nessuno si oppone alla proposta dell’onorevole Dominedò do lettura dell’articolo 85-bis presentato dagli onorevoli Perassi e Mortati:

«Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione avanti le Camere riunite».

Sullo stesso argomento è stato presentato un altro articolo aggiuntivo a firma degli onorevoli: Clerici, Bozzi, Uberti, Fuschini, Avanzini, Micheli, Malvestiti, Cremaschi Carlo, Ferrari, Alberti, Ambrosini, Titomanlio Vittoria, Firrao, Colombo Emilio, Salizzoni, Marconi, Coppi, Cappelletti, Guerrieri Emanuele, De Caro Gerardo, Chatrian, Benvenuti, Zuccarini, Nenni, Rossi Paolo, Treves, Preti, Crispo, Persico, Costantini, Tonello, Corbino, Carpano Maglioli, Gasparotto, Maffi, Laconi, Gullo Fausto, Vernocchi, Della Seta, Azzi, Perrone Capano e Reale Vito:

«Il Presidente della Repubblica, prima di assumere l’ufficio, presta giuramento di fedeltà alla Costituzione davanti alle Camere riunite».

L’onorevole Perassi ha facoltà di svolgere il suo articolo aggiuntivo.

PERASSI. Com’è noto, la questione del giuramento è rimasta riservata, nel senso che l’Assemblea Costituente avrebbe esaminato caso per caso quali sono gli organi per i quali il giuramento è prescritto.

Si pone ora il problema per il Presidente della Repubblica. Le formule proposte in parte coincidono; vi è però una differenza nella formulazione. Nel testo presentato dal collega Mortati e da me si dice che: «il Presidente della Repubblica, prima di assumere le funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza alla Costituzione», anziché limitarsi a dire: «giura fedeltà alla Costituzione». Ci sembra che la formula da noi proposta sia preferibile.

PRESIDENTE. L’onorevole Clerici, che è il primo firmatario del secondo articolo testé letto, ha facoltà di svolgerlo.

CLERICI. È questione di forma. Mi associo a quello dell’onorevole Perassi, e ritiro il mio.

PRESIDENTE. Onorevole Ruini, qual è l’avviso della Commissione?

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione accetta il testo Perassi-Mortati.

NITTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Questa proposta, che non è stata pubblicata e che è stata presentata all’ultima ora, mi ha sorpreso. Vi è proprio bisogno di mettere l’obbligo del giuramento nella Costituzione?

Io sono venuto qui, in questa Assemblea, con l’idea che le vecchie formule fossero in gran parte abolite. Trovo che aumentano ogni giorno. Nessuna monarchia ne ha abusato da noi, come se ne incomincia ad abusare oggi. Vi sono già tante cose che abbiamo ammesso; abbiamo ammesso anche che il Presidente della Repubblica può accordare decorazioni, che non esistono, nella previsione che si creino in avvenire. Abbiamo tanto desiderio di fare decorazioni? Ed allora, perché avete ammesso questa cosa inutile ed assurda? Se si dovranno concedere delle decorazioni, sarà la Camera che deciderà se il Presidente può accordarle, ed in quale forma. (Commenti).

Adesso, si propone l’inutile aggiunta del giuramento del Presidente della Repubblica. Quanto tempo abbiamo perduto in quest’Aula per parlare dei vari giuramenti da istituire per il Capo provvisorio dello Stato! Non ho mai sentito tanti discorsi sul giuramento. Sentite proprio il bisogno di determinare questa materia? Sentite proprio il bisogno di stabilire se e come deve giurare il Presidente della Repubblica?

Non lo avete sentito questo bisogno, tanto è vero che ve ne venite all’ultima ora con questa proposta.

Io vi prego di sopprimere questa parte e di rinunciare al giuramento.

ROSSI PAOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà..

ROSSI PAOLO. Mi duole di non poter condividere il parere espresso dall’illustre Presidente Nitti, ma ormai abbiamo messo il giuramento nella Costituzione, e non so perché il Capo dello Stato, che dovrebbe ricevere il giuramento dei Ministri, non dovrebbe a sua volta prestarlo!

Il messaggio cristiana: «Nolite jurare, sia la vostra parola: sì, sì; no, no» è un alto messaggio e ne sentiamo il valore, ma indubbiamente non si può concepire che proprio il Capo dello Stato, il quale riceve il giuramento altrui, sia esonerato dal prestare giuramento di fedeltà alla Costituzione.

Abbiamo certamente abusato, per il passato, del giuramento. Per esempio, il giuramento dei professori universitari, che è rimasto adesso soltanto per i professori delle scuole medie, era una cosa assurda. Pretendere il giuramento di fedeltà da parte di un professore per consentirgli il diritto di insegnare greco, o astronomia, o anatomia comparata, è una cosa assurda. Ma non è assurdo affatto che giuri, nella forma più solenne, fedeltà alla Costituzione, il Capo dello Stato.

Se escludessimo il giuramento di fedeltà alla Costituzione ed alla Repubblica del Capo dello Stato, faremmo una Costituzione anomala. Non ci sono, ch’io mi sappia, né Costituzioni monarchiche, né Costituzioni repubblicane, né Costituzioni moderne, né Costituzioni antiche, che non prevedano questo atto formale e solenne di dichiarazione di fedeltà del Capo dello Stato alla Repubblica, o alla monarchia se c’è la monarchia, e comunque alla Costituzione ed alle leggi fondamentali che reggono lo Stato.

Per queste ragioni, io e il mio Gruppo voteremo a favore del giuramento.

GULLO FAUSTO. Non dimenticate che è il Capo supremo delle Forze armate!

PRESIDENTE. Pongo in votazione la formula proposta dall’onorevole Perassi:

«Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione avanti le Camere riunite».

(È approvato).

Passiamo all’articolo 84. Se ne dia lettura.

AMADEI, Segretario, legge:

«Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere».

PRESIDENTE. Ricordo che l’onorevole Benvenuti ha già svolto il seguente emendamento, in sede di articolo 83:

«Sostituire col seguente:

«Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere.

«Promuove, ogni qual volta lo ritenga del caso, azione di incostituzionalità delle leggi, decreti e regolamenti che vengano proposti alla sua firma.

«Presiede il Consiglio superiore della magistratura e nomina con decreto, su designazione del Consiglio stesso, i magistrati.

«Nomina i funzionari della Presidenza della Repubblica.

«I poteri di cui al presente articolo sono esercitati dal Presidente della Repubblica in via di prerogativa: per la loro validità non è necessaria la controfirma del Primo Ministro, né dei Ministri».

L’onorevole Dominedò ha presentato il seguente emendamento:

«Dopo la parola: può, aggiungere le parole: in via di prerogativa».

Ha facoltà di svolgerlo.

DOMINEDÒ. Eccomi pronto a dare ragione dell’emendamento proposto all’articolo 84. In queste norme del progetto di Costituzione, il potere del Presidente della Repubblica di procedere allo scioglimento delle Camere è contemplato indiscriminatamente, indifferenziatamente, rispetto agli altri poteri del Capo dello Stato contemplati nell’articolo precedente dello stesso progetto.

Penserei allora che in un tema di tale importanza, il quale veramente deve servire a collocare il Capo dello Stato al vertice dell’ordine costituzionale che stiamo costruendo, ponendolo nella sua veste di tutore e custode della Costituzione al di sopra del Parlamento attraverso la potestà di scioglimento, penserei, dicevo, che nell’esercizio di tale funzione debba adottarsi quella particolare configurazione giuridica per cui, in sede costituzionale, convenga parlare di poteri spettanti al Capo dello Stato «in via di prerogativa», nel senso di un potere proprio, esclusivamente pertinente. Se poi, allo scopo di meglio differenziare questa ipotesi dalle mere funzioni di carattere personale, si volesse adottare un’altra formula, in luogo di quella del «potere in via di prerogativa», ripetuta dalla Costituzione estone e da altri testi, si potrebbe forse preferibilmente parlare di «potere autonomo» o «potere esclusivo», inerente all’organo piuttosto che alla persona.

Qualora si riuscisse così a configurare questo potere del Capo dello Stato, esclusivamente ad esso spettante, la conseguenza sarebbe la seguente: che l’atto compiuto dal Capo dello Stato, nell’esercizio nel potere conferitogli nella così detta via di prerogativa, non avrebbe bisogno, agli effetti della validità giuridica e costituzionale, della controfirma del Primo Ministro ed in genere del Governo.

La ragione che ispira l’emendamento è pertanto essenzialmente quella di attribuire nella sua pienezza questo potere di risolvere i conflitti con le Camere, nel caso in cui la volontà del Parlamento risulti in antitesi con la coscienza del paese, poiché un potere di scioglimento delle Camere, il quale sia legato agli effetti della sua validità alla necessità essenziale della controfirma dello stesso Governo promanante dalle Camere sciolte, finirebbe per essere mutilato nel momento stesso in cui lo si formula. L’articolo 84 va quindi visto in stretta connessione sia con il primo comma dell’articolo 85, il quale subordina la validità degli atti compiuti dal Capo dello Stato alla controfirma dei Ministri competenti, sia col secondo comma dello stesso testo, relativamente alla materia della responsabilità, sulla quale si dovrà altrove tornare.

È perciò che, laddove l’emendamento proposto dovesse essere accolto, bisognerebbe correggere conseguentemente il primo comma dell’articolo 85 in questi termini: «Gli atti compiuti dal Capo dello Stato, tranne quelli nell’esercizio del potere in via di prerogativa, non sono validi se non controfirmati dal Primo Ministro e dai Ministri competenti». E altrettanto dovrebbe logicamente dirsi per il problema della responsabilità politica, non essendo più invocabile un principio di irresponsabilità per gli atti non coperti dalla firma del Governo.

Pare che queste previe enunciazioni di principio servano a porre in evidenza il significato giuridico da un lato, e quello politico dall’altro, di una proposta mirante in definitiva a quella finalità ultima che può dirsi della elevazione di prestigio e del rafforzamento di potere del Capo dello Stato, onde rendere storicamente attuabile il suo compito di supremo moderatore della Costituzione. Probabilmente, una proposta di tanto rilievo potrebbe essere contemperata da una eventuale delimitazione della potestà di scioglimento. Forse la potestà di scioglimento, spettante in via di prerogativa con le caratteristiche e gli effetti sin qui delineati, potrebbe ad un tempo essere circoscritta, venendo ricondotta a determinate condizioni, collegata a determinati limiti. È perciò che altri colleghi si riservano di studiare questo delicato punto, per sottoporre all’Assemblea possibili emendamenti riguardanti una delimitazione del potere di scioglimento: in questo caso, tali emendamenti costituirebbero quasi la naturale contropartita dell’accresciuto potere presidenziale a seguito della qualificazione in via di prerogativa.

Richiamando, quindi, i precedenti costituzionali testé citati e tenendo presente un complesso di finalità che attengono insieme all’ordine giuridico ed all’ordine politico, oserei ritenere che se l’Assemblea entrasse nell’ordine di idee di valutare l’opportunità di dare nuova configurazione a questo potere centrale di scioglimento, vera chiave di volta della nostra costruzione costituzionale, si riuscirebbe nel duplice intento di rafforzare la posizione del Capo dello Stato, e di inquadrarne insieme la figura in quei principî che abbiamo voluto preservare, muovendoci nell’orbita del Governo parlamentare e non del Governo presidenziale.

Poiché sia ben fermo che, anche configurando il potere di scioglimento nel quadro dei poteri spettanti nella così detta via di prerogativa, non si altererebbe concettualmente la struttura costituzionale che l’Assemblea ha prescelta come la più rispondente in Italia all’attuale momento storico. Noi infatti ci muoveremmo sempre nell’orbita di un regime parlamentare e non presidenziale, se è vero che il Presidente non si sovrapporrebbe all’esecutivo, bensì sarebbe solamente investito di questa funzione centrale, ma delimitata e circoscritta, proprio allo scopo di ristabilire l’equilibrio fra i poteri dello Stato, dimostrandosi così l’autentico moderatore della Costituzione, capace di riavvicinare il Parlamento al paese e di dirimere il conflitto con un Governo non più rispondente alle esigenze della coscienza comune.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole. Colitto:

«Alle parole: sciogliere le Camere, sostituire: sciogliere entrambe le Camere o anche una sola di esse».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. Questo emendamento mira a rendere più chiara la dizione dell’articolo.

Io mi sono domandato: può il Capo dello Stato sciogliere anche una soltanto delle Camere? Se a questo interrogativo possiamo rispondere affermativamente, è opportuno formulare la norma in guisa che nessun dubbio sorga in proposito.

Ho perciò proposto la seguente formula: «entrambe le Camere o anche una sola di esse». Non trovo tuttavia alcuna difficoltà ad abbandonare eventualmente questa formula e ad accettarne qualsiasi altra, che potrà, secondo la Commissione, rendere meglio il concetto da me espresso.

Osservo peraltro che la formula da me proposta è stata già usata in altre norme di questa Costituzione e si trova adottata anche in molte disposizioni del Codice penale e nelle leggi, che attualmente la Commissione dei Settantacinque sta esaminando, di riforma di alcune parti del Codice penale.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Bosco Lucarelli:

«Aggiungere il seguente comma:

«In tale caso i poteri delle Camere non sono prorogati fino alla riunione delle nuove».

Ha facoltà di svolgerlo.

BOSCO LUCARELLI. Noi abbiamo, nell’articolo 58 già approvato, stabilito che i poteri delle Camere sono prorogati sino alla riunione delle Camere nuove. Ma questa facoltà noi l’abbiamo vista in rapporto alle Camere le quali si sciolgano per compiuto termine. Qui viceversa l’ipotesi è completamente diversa, giacché qui ci troviamo di fronte a Camere che sono sciolte in virtù di un provvedimento eccezionale.

Ora, se nell’ipotesi dell’articolo 58 ci trovavamo di fronte a Camere che avevano regolarmente svolto la loro azione, per cui sembrava opportuno che ad esse fosse concessa una proroga delle loro funzioni fino alle Camere nuove, viceversa la posizione contemplata dall’articolo 84 è, come ho detto, completamente diversa, perché noi prorogheremmo delle Camere che il Capo dello Stato ha ritenuto non poter funzionare. Quindi, abbiamo una contraddizione in termini, perché, da un lato, abbiamo delle Camere che non possono funzionare; dall’altro, abbiamo la proroga dei poteri delle Camere stesse.

Dal punto di vista poi dell’opportunità, io mi domando come si pensa che potrebbero funzionare queste Camere che si trovassero di fronte ad un decreto di scioglimento e quali si pensa che sarebbero i loro rapporti con l’esecutivo. È evidente che non potrebbe determinarsi se non un gravissimo attrito, uno stato di fatto molto pericoloso e molto grave.

Mi sono permesso quindi di presentare un emendamento con il quale, in caso di scioglimento delle Camere, tale proroga non avvenga come viceversa avviene regolarmente per l’articolo 58, quando le Camere abbiano regolarmente funzionato e si siano sciolte per compiuto termine.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Romano:

«Aggiungere il seguente comma:

«Allo scioglimento delle due Camere seguirà l’elezione del Presidente della Repubblica da farsi entro sei mesi dalla elezione delle Camere stesse».

Ha facoltà di svolgerlo.

ROMANO. Vi rinunzio, onorevole Presidente. Avrei infatti mantenuto l’emendamento se fosse stata stabilita la nomina del Capo dello Stato a suffragio diretto dei popolo, giacché scopo dell’emendamento stesso era quello di frenare l’eventuale strapotere del Presidente della Repubblica; ma, dopo l’approvazione dell’articolo 79 nel senso che tutti sanno, non vi è più questa necessità.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Costantini ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l’articolo 84 con il seguente:

«Il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere con il consenso espresso dei rispettivi Presidenti».

Ha facoltà di svolgerlo.

COSTANTINI. Io penso, onorevoli colleghi, che lo spirito che ci anima nel presentare questi emendamenti sia sostanzialmente il medesimo, da qualunque parte essi provengano. In sostanza, lo spirito, che mi ha determinato a presentare l’emendamento testé letto, è quello di evitare pericoli che noi oggi possiamo solo temere, perché l’avvenire è sulle ginocchia di Giove. Per disgrazia, abbiamo il ricordo e l’esperienza del passato che ci inducono a molta prudenza.

Dalla semplice lettura di questo articolo, che siamo chiamati ad approvare, cioè dell’articolo 84, noi rileviamo che il potere concesso, o in via di concessione, al Presidente della Repubblica, è enorme. Badate: il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere. E non si parla – perché non è possibile fare una casistica – delle ragioni che possono determinare o imporre un provvedimento di questo genere. Si dice «può», e non si dice altro, perché altro non si può dire.

E allora, nella tema che in un prossimo o magari lontano avvenire vi sia un Presidente della Repubblica il quale abusi dei suoi poteri e sciolga le Camere, quando le Camere non dovrebbero essere sciolte, che cosà dobbiamo fare? Io penso che, sostituendo – non sarà una formula prefetta – a quel «sentiti i Presidenti», il consenso dei Presidenti delle due Assemblee legislative, noi avremmo, anziché la responsabilità, la iniziativa individuale del massimo rappresentante della Repubblica ed anche quella di coloro che, col consenso delle Assemblee legislative, rappresentano le Assemblee stesse.

È una garanzia che io propongo sia stabilita per tutelare, nelle forme che sono consentite alle nostre umane possibilità, questa democrazia che abbiamo ottenuto con tanta fatica e che dobbiamo custodire con ogni diligenza.

PRESIDENTE. L’onorevole Laconi ha presentato il seguente emendamento, da porre in votazione, secondo il proponente, solo nel caso che l’articolo sia approvato nel testo del progetto:

«Aggiungere il seguente comma:

«Non può usare di tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato».

L’onorevole Laconi non essendo presente, si intende che abbia rinunciato a svolgerlo.

ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Io mi ero proposto di prendere la parola sull’articolo 85 o sull’articolo 86 ma, per essere interamente sincero, onorevole Presidente, dirò che nel mio proposito vi sarebbe una specie di dichiarazione di voto che vale per tutto il passato e per tutto l’avvenire; quindi, questo riassunto sintetico del mio pensiero di prima e di poi sarebbe tutto a vantaggio del lavoro dell’Assemblea. E volevo scegliere, come ho detto, l’articolo 85 o l’articolo 86, dove si pone un quesito che mi pare insoluto e fondamentale, cioè a dire: questo Governo della futura Costituzione che rapporti avrà con il Presidente, Capo dello Stato? È un problema che credo non risoluto ed è fondamentale, poiché è quello da cui si qualifica la forma di Governo che si vuole adottare.

Dico che avrei preso argomento da uno di questi due articoli per una motivazione di voto verso il passato e verso l’avvenire, cioè per spiegare la scarsa mia partecipazione ai lavori finora diretti alla creazione della nuova Costituzione e quella, temo, egualmente scarsa, ai lavori futuri. Ricordo, dunque, che io nella grande discussione generale manifestai dei concetti di carattere fondamentale che ebbero la sfortuna, o meritarono, diremo più modestamente, la sfortuna, di non essere accolti, di essere radicalmente disattesi. Io ne prendo atto con doverosa modestia, ma spiego la scarsezza della mia cooperazione per il fatto stesso che il dissenso cade su quello che è lo spirito fondamentale, e non riguarda una differenza analitica su questa o su quella espressione, ma su tutte le parti essenziali di questa costruzione di diritto pubblico. In tal caso, non ci si può mettere d’accordo! È come parlare due lingue diverse reciprocamente incomprese!

Ora, uno dei punti più gravi del mio dissenso è stata la esautorazione completa di questo futuro Capo dello Stato repubblicano. Si direbbe che si tratti quasi di una specie di sfiducia anticipata, di un sospetto continuo verso l’abuso dei poteri concessi, onde sono considerevolmente ridotte le attribuzioni del Capo di Stato quali spettano ordinariamente nei regimi monarchici. Or, tutti ricorderanno lo spirito satirico onde, precisamente a causa di questa scarsezza di poteri, era stato attribuito ai re costituzionali l’appellativo di «re travicello». E tenete conto che v’era di mezzo il rispetto verso la maestà del re!

Ora, io mi domando quali epiteti saranno riservati a questo futuro Presidente di Repubblica al quale si trasferiscono i poteri che prima erano pertinenti al Capo dello Stato monarchico e per cui quegli era ritenuto «un travicello», ma si trasmettono in una misura ancora più ridotta! Si può dire che non rappresenti più nulla!

Ora, con questa convinzione che io avrei voluto illustrare a proposito del coordinamento della responsabilità di cui all’articolo 85 e dei poteri del Governo o Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 86, non mi sarei però davvero aspettato che mi si fosse data occasione di intervenire per il motivo inverso, cioè per lo scioglimento della Camera per quanto qui si parli di scioglimento delle due Camere, mentre lo Statuto albertino non si riferiva né poteva riferirsi che solo ad una; il quale scioglimento contemporaneo fa una certa impressione, e desta qualche preoccupazione.

Ma comunque è un’attribuzione che è talmente nell’interesse del funzionamento della Costituzione e della politica di un Paese, che non saprei comprendere come si possa prescinderne.

Ma vi è il mio amico e collega (vorrei dire discepolo) a cui ho voluto e voglio tanto bene e verso cui professo tanta stima, l’onorevole Dominedò, che nientedimeno ne farebbe un potere personale! Perché, badiamo bene: la formula è in via di prerogativa. L’espressione «prerogativa», che ci viene dalla Costituzione inglese, indica un potere non attribuito alla persona, ma attribuito solo in quanto funzionario, sia pure supremo, sia pure organo rappresentante della sovranità dello Stato. Ma, l’onorevole Dominedò nello specificare che il potere di scioglimento è conferito in via di prerogativa avverte che si tratta di una ipotesi diversa ed anzi contrastante e cioè come potere autonomo, esclusivo e quindi eccezionale: in una parola, personale.

Ora io mi ricordo che come deputato, ma prima come professore, ho sostenuto quella lotta nel campo scientifico (che poi fu superata perché nessuno più ne dubitò) sulla questione: se fossero potute rimanere delle attribuzioni del Capo dello Stato che non avessero carattere di prerogativa, perché tutte le attribuzioni del Capo dello Stato erano prerogative, cioè a dire non erano conferite alla persona ma bensì all’organo come rappresentante la sovranità dello Stato.

La questione fu sollevata da prima dai costituzionalisti francesi della monarchia di luglio, e, per verità, in questa categoria di diritti personali rimasti al re cui si dava il titolo di maiestatici, si comprendeva lo scioglimento della Camera. Ma questa speciale estensione non fu presa molto sul serio; si continuò invece a ridurre siffatti diritti pretesi maiestatici a questi due ordini di attribuzioni: il diritto di grazia e i titoli nobiliari. Questa opinione ebbe qualche rappresentante in Italia, nei primi tempi sotto l’impero dello Statuto albertino, limitatamente dunque alla grazia ed agli ordini nobiliari.

Qualcuno diceva: queste attribuzioni sono ancora di natura personale, residui dei diritti propri dei monarchi, senza alcun concorso di altri organi costituzionali. Quando il re fa la grazia, la fa come persona, non la fa in quanto rappresenta lo Stato e quindi in quanto prerogativa nel loro senso costituzionale. E così pure i titoli nobiliari. Per i titoli nobiliari vi sarebbe stata una maggior ragione, perché quella competenza si collegava con una tradizione secondo cui il conferimento del titolo era atto di personale volontà del Sovrano collo stesso titolo specifico delle monarchie assolute e lo Statuto albertino aveva detto che questo diritto si manteneva nella sua figura storica. Ciò malgrado, noi giuspubblicisti della nuova scuola ci rifiutammo di ammettere queste interpretazioni. E questa era democrazia, come la intendevamo verso il 1890, onde ora dovrei passare per un estremista. Abbiamo detto: nient’affatto; il Capo dello Stato della monarchia, secondo lo Statuto albertino, non ha nessun potere personale; tutti i suoi poteri sono esercitati in quanto rappresentante dello Stato e tutti sottoposti al principio generale della responsabilità ministeriale. E queste tendenza prevalse perché la grazia fu sotto la controfirma del Ministro Guardasigilli e gli ordini nobiliari furono sotto la generale competenza del Primo Ministro e Ministro dell’interno attraverso la Consulta araldica, come ufficio dipendente dalla Presidenza del Consiglio.

Ora dobbiamo fare questo po’ po’ di passo retrogrado nel senso, che sessanta anni fa ci sembrava antidemocratico, antiliberale, di riconoscere un potere personale, vuol dire un potere per cui non si risponde, non più nel re ma nel Presidente della Repubblica! Per verità a me pare che questa semplice esposizione storica dimostra l’assoluta impossibilità di aderire a quella proposta.

DOMINEDÒ. Ma noi ci riserviamo di toccare il problema della responsabilità quando esamineremo il secondo comma dell’articolo 85.

ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Nelle cose dette dal mio amico Dominedò vi è una parte in cui sono disposto a consentire, cioè in quanto egli trova, quasi come in una extrema ratio, finalmente un mezzo di assicurare l’autorità di questo Presidente: autorità di tanto ridotta se non addirittura demolita. Ben poco gli è rimasto anche in confronto del potere del Capo dello Stato monarchico.

Ha, sì, il comando delle forze di terra e di mare, ma poi, viceversa, l’attività militare ritorna al Governo come Ministero della guerra o comandi di Stato maggiore, che non dipendono da lui o almeno non risulta che dipendano da lui, e ciò anche a prescindere dal particolare prestigio di un re che era pure, o si presumeva che fosse, un tecnico rivestito di gradi militari.

Ora a proposito di un siffatto Presidente della Repubblica, siccome esautorato, l’amico Dominedò trovava che effettivamente non inquadra in questa esautorazione questo potere di scioglimento delle Camere che realmente ha una portata almeno simbolicamente grandissima; onde, per rafforzare sempre più quell’autorità, pensava di attribuirla in quella forma eccezionale.

E, in verità, nel senso di questa tendenza, io potrei consentire, perché penso io pure che eccessiva è stata la riduzione di quell’autorità. Per esempio, gli si è levata l’iniziativa. Or nell’iniziativa si afferma per di più la natura giuridica del Capo dello Stato e si giustifica l’intervento dell’autorità di esso come di colui che stando al vertice della vita di un popolo deve avere la sensibilità più acuta e più pronta di un bisogno nel campo della politica, del diritto, dell’economia del Paese. Gli avete pure tolto la sanzione. Lo avete escluso dal potere legislativo. Non gli appartiene il potere giudiziario, e questo è naturale. Io non so più se gli spetta il potere esecutivo. E quando dovesse discutersi qualcuno degli articoli relativi a questo argomento vi parteciperei, per manifestare, almeno, i miei dubbi. Ed allora è naturale la domanda: cosa ci sta a fare? E si risponde: ha il potere di sciogliere le Camere. E l’onorevole Dominedò acutamente pensa che nel giusto intento di rinforzarne l’autorità gioverebbe di attribuirgli quella competenza come un diritto personale, non in quanto è il rappresentante della sovranità dello Stato, ma si chiami, non so, oggi Enrico De Nicola, o domani non so chi altro, poiché non intendo fare pronostici in questa delicata materia, mentre l’affidarsi a una persona dovrebbe soprattutto dipendere dalla fiducia verso quella data persona. Or, vedete, questo potere che per se stesso è indubbiamente grave, può diventare minaccioso tanto più quanto meno poteri gli avete dato. (Approvazioni).

Abbiamo tutti vissuto questa vita parlamentare d’Italia. Ricordate un caso in cui si sia fatta la grossa questione politica di fronte ad uno scioglimento, come determinato da intenti di sopraffazione politica? Io non me ne ricordo. Io non me ne ricordo e credo di poterlo escludere perché tutto il congegno dei meccanismi parlamentari rendeva poco facile che il potere esecutivo ricorresse a quell’atto violento. Poiché è violento; come negarlo? È un atto di volontà di un individuo che soverchia e dissolve la rappresentanza della Nazione. Ma è tanto meno possibile di negare questa competenza al Presidente della Repubblica, quanto più grave mi appare quella esautorazione. Ma, fermato questo punto, che vi sia da parte della prima Camera della Repubblica d’Italia, che vuole riaffermare la democrazia nel suo senso più ampio, la dichiarazione con cui si attribuisce ad un organo dello Stato un potere personale sottratto alla responsabilità, mi sembra una cosa veramente così straordinaria che per mio conto non saprei prestare il mio assenso, poiché ne resterebbe profondamente turbato tutto lo spirito della Costituzione. Io che mi dolgo che l’autorità del Capo dello Stato sia stata di tanto sminuita, vi dico la verità, di fronte a questo potere che lo fa diventare una specie di sovrano assoluto, resto perplesso. Lasciatelo sotto la responsabilità, ed allora va bene. Non si possono conciliare due cose incompatibili. Se il potere è personale, vuol dire che non se ne risponde. È una forma, sia pure limitata, di potere assoluto e quindi in perfetta contradizione con quello spirito democratico di cui l’Assemblea si è dimostrata animata. Il pericolo è appunto l’esautorazione del potere esecutivo. Occorre un rafforzamento del potere esecutivo ed io vorrei arrivare all’elezione popolare, appunto per rafforzarlo. Ma, tornando al punto di partenza, credo, ciò malgrado, che sia radicalmente contrastante con lo spirito democratico il riconoscere un potere personale. (Vivi, generali applausi).

CLERICI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLERICI. Onorevoli colleghi, mi trovo confuso di dover parlare dopo un maestro come l’onorevole Orlando, alle cui osservazioni dichiaro subito di acconsentire pienamente. Parlo però anche per dichiarazione di voto, per aggiungere, mi illudo, una postilla (non è che una diretta conseguenza, postilla, dicevo, e corollario di quello che ha già prospettato l’onorevole Orlando). Chiedo all’onorevole Dominedò, al caro ed illustre collega Dominedò, come mai può congegnare il suo emendamento che, in sostanza, porterebbe all’assurdo di un Presidente della Repubblica che senza, ed eventualmente contro, il parere del Primo Ministro e dei Ministri, scioglie le Camere. Ed allora io gli chiedo come mai si può inquadrare giuridicamente questo fatto con le due disposizioni, che sono nell’articolo 85, per cui da una parte il Presidente della Repubblica non deve rispondere dei suoi atti; e dall’altra ciascun suo atto non è valido se non è controfirmato dai Ministri.

Qui invece avremmo un atto non controfirmato da alcun Ministro e del quale quindi nessuno dei Ministri risponde, mentre non ne risponderebbe del pari neppure il Presidente della Repubblica. E allora pongo quest’altro interrogativo all’onorevole Dominedò: E se, come può avvenire, il Paese, nella duplice elezione dei senatori e dei deputati, decidesse poi contro il Presidente della Repubblica che sciolse la Camera, che cosa succederebbe? Normalmente succedeva, secondo l’antica prassi, che era vera legge costituzionale, questo: il Presidente del Consiglio e il Consiglio dei Ministri, che avevano sottoscritto e assunto la responsabilità dello scioglimento della Camera, rispondevano essi dell’atto politico e davano le dimissioni. In questo stava la sanzione per l’atto disapprovato dal Paese. Secondo l’emendamento Dominedò, invece, avremmo il Presidente della Repubblica che non risponde non solo alle Camere ma neppure al Paese sovrano, che lo ha sconfessato. Allora capiterebbe con ogni probabilità quel fatto, straordinario, che si è verificato in Francia nel 1878, allorquando il Presidente MacMahon sciolse la Camera sul parere del Duca De Broglie, Presidente del Consiglio; ed il popolo rispose rimandando al Parlamento coloro che erano stati sciolti e che si erano coalizzati fra loro. Si arrivò così al famoso dilemma di Leone Gambetta: sottomettersi o dimettersi; ed a seguito di ciò MacMahon dovette dare le dimissioni, benché istituzionalmente ciò fosse escluso dalla Costituzione di recente votata. Il fatto fu talmente grave che da allora nessun Presidente della Repubblica sciolse più la Camera. Quindi, e, meglio ancora, nessun Presidente del Consiglio osò più chiedere il provvedimento. E con la disposizione dell’onorevole Dominedò noi introdurremmo nella Costituzione un principio assurdo, perché avremmo un Presidente della Repubblica che non risponderebbe di ciò che esso facesse di sua testa e quindi con la sua esclusiva ed espressa responsabilità; un principio per di più che sarebbe fomite di disordini.

DOMINEDÒ. C’è la riserva. Il problema resta aperto.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato alle ore 11 di domani.

Presidenza del Vicepresidente TARGETTI

Svolgimento di interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio ha fatto sapere di essere pronto a rispondere alle due seguenti interrogazioni presentate ieri sera con richiesta d’urgenza:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se e quali provvedimenti siano stati presi dall’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica allo scopo di proteggere i porti e gli aeroporti italiani, e particolarmente quelli meridionali, dal pericolo di una estensione dell’epidemia colerica che in atto colpisce i porti dell’Egitto.

«Caronia, Dominedò».

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, all’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica e al Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti o quali misure cautelari e preventive siano stati emesse o si emetteranno per evitare che navi provenienti dall’Egitto possano provocare casi di colera in Napoli e dintorni; considerando a tal fine il forte agglomerato urbano di Napoli e le condizioni veramente pietose degli ospedali cittadini che non possono dare – nonostante gli sforzi di dirigenti e personale – alcuna garanzia alla cittadinanza stessa.

«Sansone».

L’onorevole Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio ha facoltà di rispondere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Secondo precise indagini esperite dagli organi centrali e periferici dell’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica, risulta che, prima ancora della presentazione delle due interrogazioni e prima ancora della comunicazione ufficiale da parte del Governo egiziano dell’avvenuta epidemia di colera in quello Stato, erano state disposte dall’Alto Commissariato stesso tutte le misure del caso, per impedire contagi negli aerodromi ed aeroporti, dove fanno scalo gli aerei provenienti dall’Egitto.

Secondo disposizioni, che rispondono alle vecchie convenzioni internazionali, aggiornate, si è stabilito che l’atterraggio degli aerei provenienti dall’Egitto e l’approdo delle navi ai porti sono ammessi soltanto in particolari zone attrezzate allo scopo. I passeggeri e gli equipaggi in arrivo sono sottoposti a particolari visite, intese ad accertare eventuali infezioni o malattie, conformemente a una procedura ormai acquisita.

Sta in fatto che fino ad oggi non è stato accertato in queste visite nessun caso di colera. Ed è stato disposto che, qualora sia accertata la presenza di infermi, affetti o sospetti di infezione colerica, essi vengano sbarcati con particolari cautele e ricoverati in appositi locali di isolamento; e che tutto il personale esistente a bordo dei mezzi di trasporto sia, in tale evenienza, sottoposto alle prime misure di profilassi e tenuto in particolare stato di contumacia.

Per quanto riguarda l’arrivo di merci da parte dell’Egitto, è stata impartita una disposizione in base alla quale è vietata l’importazione di prodotti orticoli, mentre gli oggetti di biancheria e di abbigliamento sono sottoposti a particolare trattamento, che dà garanzia di non portare il contagio.

Inoltre è stato disposto per la vaccinazione anticolerica degli equipaggi e dei passeggeri delle navi e degli aerei diretti in Egitto o provenienti dall’Egitto, nonché di tutto il personale di bordo che sta a contatto con le persone viaggianti. Infine è stato richiesto alle autorità comunali di intensificare le misure per impedire l’accesso a bordo di questi mezzi da parte di estranei.

Aggiungo, per quanto riguarda l’interrogazione dell’onorevole Sansone, che a Napoli vi è un ospedale di isolamento, attrezzato per il trattamento di contumacia, nel caso si verificasse la dannata ipotesi cui fanno cenno le due interrogazioni. Mi auguro che questo rimanga del tutto in stato di previsione e che non occorra mettere in atto quanto è stato predisposto.

PRESIDENTE. L’onorevole Caronia ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

CARONIA. Mi dichiaro sodisfatto in parte delle assicurazioni dell’onorevole Andreotti.

Egli ci fa sapere che sono state messe in opera tutte le norme di profilassi abituali per proteggere la Nazione da una eventuale epidemia. Ma viviamo in un periodo speciale e non dobbiamo contentarci dei provvedimenti abituali, che valgono solo in tempi normali. Occorrono ben altri provvedimenti, che io prospetto alla Presidenza del Consiglio, perché essa possa, a sua volta, passarli alle autorità competenti.

È a tutti noto che si esercita in questo periodo un contrabbando intensissimo, attraverso le vie del mare. Sono piccoli piroscafi, barche, zattere, che dalle nostre spiagge portano materiale prezioso per la nostra alimentazione (bestiame, grano ed altri cereali) in regioni dell’Africa, dell’Albania, dell’Egitto, e viceversa dall’Egitto, dalle altre coste Africane, dalla Grecia, in maniera incontrollata, portano altre materie, non necessarie, alle nostre spiagge, non ai porti, ma alle spiagge deserte. È opportuno che, sia per ragioni economiche sia per ragioni igieniche, si intensifichi la sorveglianza su questa forma di contrabbando, affinché con il traffico incontrollato non si introducano ospiti indesiderabili e non s’introducano e non si propaghino infezioni contagiose, quale il colera, assai temibili per il nostro paese. Insisto che la Presidenza deb Consiglio si faccia zelante presso le autorità competenti per ovviare non solo al danno della nostra economia ma anche al pericolo per la salute del nostro popolo.

PRESIDENTE. L’onorevole Sansone ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

SANSONE. Prendo atto di quanto ha dichiarato il Sottosegretario alla Presidenza circa le misure precauzionali predisposte per la tutela dei porti e degli aerodromi dell’Italia meridionale. Io ho voluto richiamare l’attenzione del Governo sulla situazione particolare di Napoli, che è esposta, data l’importanza del suo porto, ad una possibilità di contagio, che per la città sarebbe veramente fatale, considerate la sua situazione di agglomerato urbano che vive in condizioni tuttora antigieniche e la situazione ospedaliera di Napoli, che è veramente grave e sulla quale richiamo l’attenzione del Governo.

Ma non tutte le cautele opportune sono state usate: ne manca almeno una, a mio avviso, poiché non si è pensato alla disinfestazione delle navi e degli aeromobili, perché, notate bene, gli insetti, gli animali e le cose che sono sui natanti possono propagare il colera a bordo delle navi e degli aerei. Sarebbe perciò opportuno predisporre che tutte le navi e gli aerei che vanno o provengono dal Levante siano sottoposti a disinfestazione, perché è inutile tenere le persone sotto controllo e in quarantena, se sulle navi permane la possibilità che si determinino nuovi casi. È noto infatti che la «Reuter» ha diffuso in questi giorni la notizia del caso di un marinaio inglese, colpito da colera a bordo di una nave approdata nel porto di Napoli. La notizia è stata smentita, ma dall’episodio possiamo ricavare elementi per dubitare che vi siano casi occulti. È proprio su questo che richiamiamo l’attenzione del Governo: infatti non basta emettere le norme, ma occorre verificare se alla periferia si attuino ed occorre vigilare affinché tutti i medici provinciali facciano le eventuali denunce di tutti i casi occulti. Io ritengo che nei pressi del porto di Napoli – secondo notizie che mi sono state date, ma che non voglio avallare – vi siano casi occulti, che per la città di Napoli sarebbero il principio di una grave situazione.

Noi potemmo uscire dal tifo petecchiale, durante l’occupazione alleata del 1944, con uno sforzo veramente eroico che la città sopportò, ma oggi l’infezione colerica sarebbe la rovina della città. Su questo io ho voluto richiamare, con la mia interrogazione, l’attenzione del Governo.

Non basta emettere norme e fare telegrammi, ma occorre creare posti di vigilanza speciale, considerando soprattutto che la città di Napoli non ha una adeguata attrezzatura ospedaliera e che si trova in una situazione di super-popolazione che tutti conoscono. Prego perciò il Governo di provvedere. Siamo qui a dare il segnale d’allarme e mi auguro che le nostre parole non siano disperse al vento; noi abbiamo il dovere di tutelare la vita di migliaia di cittadini abbandonati a loro stessi. Prego ancora una volta il Governo d’intensificare la sua azione, con opportune disinfestazioni a bordo delle navi e degli aeromobili e con una accentuata vigilanza degli uffici provinciali sanitari e degli uffici sanitari di porto. Insisto presso il Governo che dette disposizioni si attuino in modo da evitare il pericolo colerico che, ripeto, sarebbe veramente grave e letale per la città di Napoli. Approfitto di questa occasione per richiamare l’attenzione del Governo sulla precaria situazione ospedaliera della città di Napoli. Lei, onorevole Andreotti, ha detto poco fa che a Napoli vi è un ospedale, il «Cotugno», che «sarebbe» attrezzato per la cura di siffatte malattie infettive. Lei ha detto: un ospedale che «sarebbe» attrezzato, mentre avrebbe dovuto dire: un ospedale che è attrezzato. Io le dico che il «Cotugno» è sì un ospedale specializzato per malattie infettive, ma le condizioni attuali di questo ospedale non sono tali da fronteggiare un’eventuale epidemia di colera.

Chiedo all’onorevole Andreotti, e per esso al Governo, di portare la massima attenzione su questo problema, che interessa vasti strati della popolazione di Napoli e dintorni e dell’Italia meridionale.

Interrogazione con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. È stata presentata la seguente interrogazione con richiesta di urgenza:

«Al Ministro dell’interno, per sapere quali urgenti provvedimenti intenda prendere nei confronti degli attuali concessionari del Casinò di San Remo, delle cui attività e precedenti si sono già fatti eco sia la stampa che, alla Costituente, altri colleghi con specifiche interrogazioni.

«Sampietro».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Interesserò il Ministro dell’interno affinché faccia sapere al più presto quando intenda rispondere.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

AMADEI, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’interno, sui provvedimenti adottati e su quelli che si possono adottare immediatamente, al fine di ostacolare la diffusione della stampa scandalistica e di correggere il pessimo costume di periodici e di giornali corruttori, per troncare la morbosa propaganda scritta ed illustrata del vizio, del delitto e del suicidio, i cui tragici effetti sono quotidianamente accertabili.

«Roselli, Mannironi, De UnterrichTer Jervolino Maria, Sampietro, Salizzoni, Montini, Restivo, Viale, Cappi, Bastianetto, Carboni Enrico, Rumor, De Maria, La Pira, Codacci Pisanelli, Salvatore, Dominedò, De Palma, Stella, Baracco, Avanzini, Valenti, Giordani, Saggin, Sartor, Gui, Conci Elisabetta, Scalfaro, Bertola, Siles, Morelli Luigi, Firrao, Bubbio, Moro».

Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se abbia notizia delle agitazioni in corso tra la gioventù universitaria a seguito del recente enorme aumento delle tasse scolastiche, e se non ritenga opportuno procedere ad un riesame del provvedimento. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Laconi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se non ritenga opportuno esaminare benevolmente, per migliorarlo, lo status giuridico-economico-amministrativo degli aiutanti di cancelleria e segretaria giudiziaria, che da 20 anni esercitano le funzioni del cancelliere in tutti gli uffici giudiziari d’Italia. Tali impiegati si trovano ancora all’ultimo grado della gerarchia statale (grado 12°, gruppo C). (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Gloria».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere quali provvedimenti sono stati adottati o debbono essere adottati per migliorare alquanto le competenze dei pensionati dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Gloria».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere se intende prendere in considerazione la posizione dei giovani delle classi 1923, 1924 e 1925 i quali, in quanto frequentanti nell’anno scolastico 1942-1943 i corsi di Università o l’ultimo anno di scuola media superiore, ebbero la facoltà di ritardare la chiamata alle armi; mentre, sopraggiunto il periodo della dominazione nazista nelle provincie del Nord, essi furono, talvolta con serie minacce seguite da azioni e con rappresaglie contro genitori e parenti, quasi tutti costretti a presentarsi alle armi e poi forzatamente instradati in Germania per istruzione. Circostanze varie non permisero a molti di sfuggire alla feroce sorveglianza e sottrarsi alla deportazione. Così passarono in servizio militare circa un anno e mezzo.

«Tale servizio non viene ora computato ed i giovani in parola, ritenuti in blocco colpevoli di quiescenza alla Repubblica di Salò, si trovano, oramai su venticinque anni e pronti ad iniziare una carriera dopo aver terminati gli studi, a dover ancora assolvere per intero i loro obblighi militari con pregiudizio per il doro avvenire.

«Un benevolo riesame del caso sembra inoltre giustificato dal fatto che il disagio colpirebbe solo gli studenti delle provincie settentrionali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ferreri».

PRESIDENTE. La prima di queste interrogazioni sarà, iscritta all’ordine del giorno e svolta al suo turno; le altre saranno trasmesse ai Ministri competenti per la risposta scritta.

La seduta termina alle 20.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 11:

Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Alle ore 16:

  1. – Votazione per la nomina di tre membri dell’Alta Corte prevista dall’articolo 24 dello Statuto della Regione siciliana.
  2. – Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.