Come nasce la Costituzione

ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 23 LUGLIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CXCVII.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 23 LUGLIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Sul processo verbale:

Perassi

Mortati

Per un attentato all’abitazione dell’onorevole Tessitori:

Fantoni

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di un’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).

Presidente

Cappi

Rescigno

Mazzei

Crispo

Sullo

Dugoni

Veroni

Bosco Lucarelli

Castelli Edgardo

Coppi

La Malfa, Relatore

Pella, Ministro delle finanze

Vigorelli

Basile

Bertone

Disegni di legge (Presentazione):

Sforza, Ministro degli affari esteri

Presidente

La seduta comincia alle 10.30.

AMADEI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

Sul processo verbale.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Un impegno universitario mi ha impedito di essere presente alla seduta di ieri mattina, quando, improvvisamente, essendosi rinviato l’esame dell’articolo 123, che avrebbe coinvolto una lunga discussione, venne in esame l’articolo 124 del progetto di Costituzione, relativo all’ordinamento regionale.

Dal resoconto sommario risulta che il Presidente della Commissione, onorevole Ruini, cortesemente, nonostante la mia assenza, ha voluto leggere il testo dell’articolo 124 quale io lo avevo proposto, aggiungendo che la Commissione lo ha accolto sostanzialmente.

Io direi, anzi, che la Commissione lo ha letteralmente ed integralmente accolto; ma vi ha fatto un’aggiunta finale, sì che sarei tentato di dire in cauda venenum. L’aggiunta finale consiste nella disposizione secondo la quale lo statuto di ogni Regione, elaborato e adottato secondo le norme indicate nello stesso articolo, «è approvato con legge dello Stato».

Se io fossi stato presente non avrei mancato di insistere in una maniera particolarmente energica nel mettere in evidenza le ragioni di merito che, a mio parere, stanno contro questa disposizione, la quale rende estremamente pesante il meccanismo di formazione degli statuti.

Ma, a prescindere da questa ragione di merito, avrei ieri preliminarmente sollevato un’altra questione, ossia avrei proposto che questa parte finale dell’articolo 124 venisse rinviata per la seguente considerazione. La disposizione che prevede l’approvazione con legge degli statuti regionali è una forma particolare di controllo della formazione di questa speciale legge regionale che, avuto riguardo al suo contenuto specifico, è designata nell’articolo 124 con la parola «Statuto». Ora, l’Assemblea aveva già sospeso e rinviato l’esame dell’articolo 118 il quale concerne i controlli sulle leggi regionali in generale. La conseguenza mi pare logica: essendosi rinviato l’articolo 118, sarebbe stato opportuno rinviare anche questa parte finale dell’articolo 124, concernente il controllo sulla formazione dello Statuto. Per queste considerazioni mi riservo di riproporre la questione in sede di coordinamento.

MORTATI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORTATI. Se fossi stato presente, avrei fatto una proposta analoga a quella dell’onorevole Perassi, per il rinvio a quando sarà discusso l’articolo 118; e mi riservo anche di riproporre la questione.

Per un attentato all’abitazione dell’onorevole Tessitori.

FANTONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FANTONI. Ieri mattina, nelle primissime ore, a Udine, contro l’abitazione di un membro della Costituente, l’onorevole Tiziano Tessitori, ed a causa dell’atteggiamento politico da lui assunto sia in questa Assemblea sia fuori di essa per ciò che attiene e riguarda l’autonomia del Friuli delle persone rimaste sconosciute finora – ma che mi rifiuto di credere friulane – hanno lanciato e fatto scoppiare una bomba, che per fortuna non ha causato danni alle persone, ma solo alle cose. Nel protestare contro questo atto di criminosa intolleranza politica che attenta alla libertà dei membri della Costituente, che viola le norme del vivere civile e del costume democratico, e che richiama noi anziani a quelle che sono state le avvisaglie del fascismo nel 1919-20-21 contro uomini e contro cose, io, a nome del Gruppo democristiano, ed in particolare dei deputati del Friuli – da questa Assemblea eretto ormai a Regione – rivolgo all’amico onorevole Tessitori l’espressione della solidarietà indefettibile e completa, augurando che polizia e Magistratura compiano il loro dovere per la scoperta e punizione dei colpevoli. (Applausi).

PRESIDENTE. Credo di interpretare i sentimenti di protesta dell’Assemblea associandomi, a nome di tutti i colleghi, alle parole dell’onorevole Fantoni per l’ignobile aggressione perpetrata ai danni dell’onorevole Tessitori. (Applausi generali).

Seguito della discussione sul disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stata in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sul disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).

Siamo all’articolo 72. Se ne dia lettura nel testo proposto dalla Commissione:

AMADEI, Segretario, legge:

«L’imposta straordinaria proporzionale iscritta a ruolo è riscossa, non oltre il 31 dicembre 1948, in rate uguali coincidenti con quelle normali per le imposte dirette.

«I relativi ruoli di riscossione non sono soggetti a pubblicazione.

«Per la riscossione compete all’esattore l’aggio contrattuale, esclusa l’addizionale prevista dagli articoli 5 e 8 del decreto legislativo luogotenenziale 18 giugno 1945, n. 424.

«Il contribuente ha facoltà di chiedere, entro il giorno 10 del mese successivo a quello di scadenza della prima rata, il riscatto, con l’abbuono del dieci per cento, dell’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 68.

«Il versamento del prezzo di riscatto deve effettuarsi in Tesoreria entro il termine di scadenza della seconda rata».

PRESIDENTE. Su questo articolo l’onorevole Cappi ha presentato il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli Avanzini, Bonomi Paolo, Bosco Lucarelli, Stella, Uberti, Balduzzi, Benvenuti, Monticelli e Adonnino:

«Il termine di pagamento è portato a dieci anni per le opere pie e gli enti morali.

«Per tutte le partite, il cui imponibile sia inferiore a lire 1.500.000 il termine è portato a cinque anni e l’abbuono, in caso di riscatto, sarà del 25 per cento.

«Coloro che avessero già effettuato il riscatto con l’abbuono del 10 per cento, avranno diritto ad ottenere l’abbuono dell’ulteriore 15 per cento».

L’onorevole Cappi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

CAPPI. Onorevoli colleghi, io ho già svolto ieri, almeno in parte, l’emendamento che avevo presentato e che tendeva, sia pure in forma e con metodo diversi da quello proposto dall’emendamento Scoccimarro, Pesenti ed altri, a favorire la piccola proprietà relativamente al pagamento dell’imposta sul patrimonio.

Quell’emendamento mantengo; però ho apportato qualche modifica di forma, non di sostanza. Cosicché l’emendamento nella sua nuova forma, che ho già comunicato al Ministro delle finanze ed ora alla Presidenza dell’Assemblea, suonerebbe così: «Il termine di pagamento è portato a 10 anni per le Opere Pie ed enti morali; per tutte le partite il cui imponibile sia inferiore a 1 milione, il termine è portato a 3 anni e l’abbuono del canone in caso di riscatto sarà del 20 per cento».

Le modifiche che ho portato sono sostanzialmente due ed accentuano, a mio avviso, il favore alla piccola proprietà, perché, mentre nel mio primo emendamento si parlava di un termine di 5 anni per le partite costituite da fabbricati e immobili, qui ho parlato, in genere, di tutte le partite comprendendo cioè quelle piccole aziende artigiane, alle quali, mi pare, aveva fatto cenno ieri l’onorevole Scoccimarro, cioè tutte le partite, comunque costituite, il cui imponibile sia inferiore a 1 milione avranno un termine di 3 anni senza interessi. La seconda modificazione è stata questa: nel mio primo emendamento parlavo di una rateazione quinquennale per tutti gli immobili soggetti al vincolo dei canoni. Ma fu fatto osservare, credo giustamente, che non è del tutto equo questo, perché se taluno ha un palazzo che vale milioni e milioni, anche se è vincolato nell’affitto, non sembra giusto concedergli questa rateazione. Perciò, anche per gli immobili vincolati è concessa la rateazione nel caso che l’imponibile non superi 1 milione.

Tengo poi ferma l’altra proposta: in caso di riscatto sarà concesso l’abbuono del 20 per cento. Il che non è eccessivo, perché si tratta di pagare anticipatamente non più un’imposta che deve essere pagata in un anno, ma in 5 anni. Si considera, cioè, il valore attuale della lira.

Non nascondo che tecnicamente forse è un po’ alto l’abbuono del 20 per cento, ma questo l’ho fatto per allettare ad esercitare il riscatto nell’interesse di una più pronta riscossione da parte del fisco. Perciò mantengo il mio emendamento nella forma che ora ho illustrato.

PRESIDENTE. L’onorevole Rescigno ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: non oltre il 31 dicembre 1948, sostituire le parole: non oltre il 31 dicembre 1949».

Onorevole Rescigno, lo mantiene?

RESCIGNO. Lo mantengo e non credo che ci sia bisogno di illustrarlo, in quanto la finalità è evidente e mi auguro che il Governo lo accolga.

PRESIDENTE. L’onorevole Bonomi Paolo, ha già svolto il seguente emendamento presentato insieme con l’onorevole Valmarana:

«Dopo il primo comma, aggiungere il seguente:

«Le partite di imposta inferiori a lire 30.000 verranno riscosse entro il 1952 e quelle comprese fra le lire 30.000 e le lire 60.000 entro il 1950».

Segue l’emendamento dell’onorevole Mazzei:

«Dopo il primo comma, aggiungere il seguente:

«L’imposta è riscossa in sedici rate bimestrali eguali con inizio dal giugno 1947 per imponibili non superiori a lire 500 mila e in ventidue rate per imponibili non superiori a lire trecentomila».

L’onorevole Mazzei ha facoltà di svolgerlo.

MAZZEI. Ho già detto le ragioni che mi inducevano a presentare i due emendamenti, quando ho illustrato l’emendamento sull’articolo 68, che disgraziatamente non è passato per una lieve differenza di voti. In mancanza dell’elevamento del minimo imponibile è maggiormente necessaria una rateazione del pagamento dell’imposta per gli imponibili minori.

Il mio emendamento prevede il pagamento in 16 rate bimestrali uguali per imponibili non superiori a 500 mila lire e il pagamento in 22 rate per imponibili non superiori a 300 mila lire. È evidente che questo è il minimo beneficio che si possa concedere alla piccola proprietà. Visto che si è tanto parlato di difesa della piccola proprietà, ma poi quando si è votato nessuno ha creduto di doverla concretamente proteggere, ritengo che questa dilazione servirà almeno a rendere non impossibile il pagamento dell’imposta, che è indubbiamente gravosa, da parte dei piccoli proprietari. Non v’è bisogno di aggiungere altro.

PRESIDENTE. L’onorevole Crispo ha presentato, insieme con gli onorevoli Morelli Renato, Bozzi, Cifaldi, Vinciguerra e Perrone Capano il seguente emendamento:

«Al primo comma, sostituire il seguente: L’imposta straordinaria proporzionale inscritta a ruolo è riscossa in 20 rate bimestrali eguali con inizio dal giugno 1947».

L’onorevole Crispo ha facoltà di svolgerlo.

CRISPO. Mantengo il mio emendamento, ma non ho bisogno di illustrarlo.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Clerici, Saggin, Alberti, Bovetti, Cavalli e Baracco del seguente tenore:

«Relativamente agli immobili sottoposti al regime vincolistico dei fitti, l’imposta stessa è suddivisa in rate bimestrali entro il 31 dicembre 1951».

Non essendo presente alcuno dei firmatari, s’intende che rinuncino ad illustrarlo.

Segue l’emendamento dell’onorevole Sullo:

«Dopo il primo comma aggiungere:

«I contribuenti sottoposti all’imposta proporzionale complessivamente per non oltre le lire centomila hanno facoltà di chiedere di pagare l’imposta entro il 31 dicembre 1949: quelli sottoposti per non oltre le lire cinquantamila entro il 31 dicembre del 1950».

Ha facoltà di illustrarlo.

SULLO. Il mio, in sostanza, è un emendamento simile agli altri emendamenti che sono stati presentati e che chiedono una rateazione per le varie categorie che possa corrispondere alla piccola e media proprietà. Non intendo, presentando l’emendamento, che esso sia senz’altro accettato così com’esso è. Voglio piuttosto fornire alla Commissione un altro elemento di cui certamente potrà tener conto nella scelta di qualche limite preciso.

In sostanza, con il mio emendamento, viene fatta una vera partizione fra quella che si potrebbe dire la piccola proprietà e la media proprietà. I termini sono alquanto abbreviati rispetto alle altre preposte che io he visto nel fascicolo degli emendamenti, perché ritengo che anche in questo caso bisogna tener presente che l’imposta necessita al Tesoro e che, quindi, i termini della riscossione non devono essere molto allungati.

Per quanto riguarda i limiti in cifre, potrebbero, grosso modo, corrispondere, sia pure con qualche eccedenza, ai limiti dell’imposta progressiva, nel senso che si dovrebbe cercare di far pagare coloro che non sono sottoposti all’imposta progressiva.

Concludendo, non ho fatto che fornire alla Commissione un altro elemento di cui si potrà scrivere, libera poi di accettare questo o quell’emendamento. L’importante è che il principio dola rateizzazione venga accettato, principalmente per la piccola e la media proprietà e che, come il Ministro ha detto, venga all’articolo 72 esaminato, nella forma tecnica migliore, quello che invece per l’articolo 38 non è stato possibile concedere.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento Dugoni del seguente tenore:

«Dopo il primo comma aggiungere il seguente:

«L’imposta è riscossa:

  1. a) in 24 rate bimestrali per gli imponibili inferiori alle lire trecentomila;
  2. b) in egual numero di rate, per i patrimoni costituiti per oltre la metà da fabbricati soggetti al blocco degli affitti, o per oltre la metà danneggiati da eventi bellici;
  3. c) in 12 rate per gli imponibili inferiori alle cinquecento mila lire».

L’onorevole Dugoni ha facoltà di illustrarlo.

DUGONI. Mantengo l’emendamento, ma rinuncio ad illustrarlo.

PRESIDENTE. Vi è ora il seguente emendamento dell’onorevole Veroni:

«Al quarto comma sostituire alla parola dieci la parola dodici».

VERONI. Rinuncio all’emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. Segue l’emendamento dell’onorevole Mazzei:

«Dopo il quarto comma aggiungere il seguente:

«Tale abbuono sarà del 14 per cento per i contribuenti che paghino per imponibili non superiori a lire 300 mila e del 12 per cento per imponibili non superiori a lire 500 mila».

L’onorevole Mazzei ha facoltà di svolgerlo.

MAZZEI. Non credo che il mio emendamento abbia bisogno di illustrazione. Lo mantengo, rinunciando a svolgerlo.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Bosco Lucarelli, del seguente tenore:

«Sostituire il quarto comma col seguente:

«Tale abbuono sarà del 14 per cento per i contribuenti che paghino per imponibili non superiori a lire 300 mila e del 12 per cento per imponibili non superiori a lire 500 mila».

Ha facoltà di svolgerlo.

BOSCO LUCARELLI. Il mio emendamento non ha bisogno di grande illustrazione. Siccome sono stati prorogati tutti i termini, riterrei opportuno prorogare anche il termine del riscatto. Quindi, se la Commissione ed il Ministro non trovano difficoltà, mantengo l’emendamento, altrimenti non insisto, perché non è una questione sostanziale.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Castelli Edgardo del seguente tenore:

«Aggiungere, dopo il secondo comma:

«L’usufruttuario può rivalersi verso il proprietario della quota di imposta afferente al valore della nuda proprietà, fatte le valutazioni ai sensi dell’articolo 14».

L’onorevole Castelli ha facoltà di illustrarlo.

CASTELLI EDGARDO. Bastano poche parole, io penso, per illustrare l’assoluto senso di equità cui questo emendamento è informato. La legge istitutiva dell’imposta ordinaria sul patrimonio accollava all’usufruttuario il carico del l’imposta stessa perché, per quanto essa si chiamasse imposta sul patrimonio, di fatto si risolveva in una imposta sul reddito, in certo senso progressiva ed era naturale che, in conformità alle disposizioni del diritto comune, l’usufruttuario, godendo della proprietà, sopportasse anche gli oneri inerenti al godimento stesso.

Ma noi, ora, istituendo, col progetto che stiamo esaminando, una imposta straordinaria proporzionale sul patrimonio, oppure, secondo un’altra interpretazione, riscattando l’imposta ordinaria con un anticipo di dieci annualità, operiamo un vero e proprio prelievo una tantum sulla ricchezza: tanto più che i termini di pagamento sono assai brevi. Quindi, è giusto, in linea di principio, che questo prelievo venga sopportato non dall’usufruttuario, ma dal proprietario, come avverrà per la straordinaria progressiva.

Naturalmente, il nudo proprietario dovrà sopportare soltanto il carico del valore della quota di nuda proprietà, la quale viene determinata in base ai criteri, che la legge afferma nell’articolo 14, da noi già deliberato.

Per rendere più evidente la fondatezza di questo emendamento, basti considerare il caso – che non è poi rarissimo, anzi comune, perché gli usufruttuari sono, di solito, di avanzata età – dell’usufruttuario che non abbia probabilità di vivere dieci anni ancora. Perché egli dovrebbe anticipare dieci annualità d’imposta e locupletare così il proprietario, accollandosi un carico, che non gli appartiene, almeno in rapporto agli anni che la vita gli negherà? Perché dovrà pagare anche per quegli anni nei quali, con la fine della sua vita, l’usufrutto sarà estinto?

Ritengo, per quanto l’emendamento sia stato respinto dai colleghi della Commissione, che esso possa venire senz’altro accettato dall’Assemblea.

COPPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COPPI. Io ho firmato l’emendamento Cappi, nel quale si parla di Opere Pie e di Enti morali.

Mi è sorto il dubbio – e forse da un punto di vista strettamente giuridico può essere fondato – che la dizione «Opere Pie ed Enti morali» non possa comprendere le partecipanze agrarie. Mi riferisco in modo particolare, anzi esclusivo, perché è fenomeno particolare dell’Emilia, alle partecipanze agrarie di quella Regione.

Vorrei, perciò, sapere dal Presidente della Commissione e dal Ministro se essi ritengano che nella dizione «Enti morali», agli effetti di questa legge, si comprendano anche le partecipanze agrarie. Perché, in caso diverso, io dovrei insistere a che fosse aggiunta anche l’espressione «partecipanze agrarie».

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole La Malfa.

LA MALFA, Relatore. Dei vari emendamenti presentati, che si distinguono per la maggiore o minore lunghezza del periodo di ratizzazione, la Commissione, a maggioranza, accetta, come principio, l’emendamento presentato dall’onorevole Mazzei e implicitamente quelli di altri colleghi, che a quello si avvicinano, come l’emendamento dell’onorevole Dugoni, che, in sostanza, diversifica la ratizzazione concessa, secondo l’imponibile.

Nell’emendamento Mazzei è stabilita la concessione di un ulteriore anno di ratizzazione per gli imponibili che vanno da trecentomila a cinquecentomila, e di due anni per quelli sino a trecentomila.

Alla Commissione sembra che questo emendamento concilî la necessità di aiutare i piccolissimi patrimoni con la possibilità di pagare nel periodo prescelto.

Per quanto riguarda gli Istituti di assistenza e di beneficenza, la Commissione sarebbe favorevole ad una rateizzazione di cinque anni, non di dieci; perché la rateizzazione di dieci anni corrisponderebbe alla situazione fiscale attuale. Ora, ridurre questo periodo a metà, rappresenta, sì, un aggravio, ma, in certo senso, pone sugli Istituti di beneficenza un aggravio sopportabile.

Quindi all’emendamento Mazzei la Commissione aggiungerebbe un secondo comma:

«L’imposta è riscossa entro l’aprile 1952, quando si tratta di istituzioni pubbliche di beneficenza e di assistenza, qualunque sia l’imponibile accertato».

PRESIDENTE. Questa aggiunta è tratta dall’emendamento Cappi?

LA MALFA, Relatore. Sì, ma è ridotto il periodo di pagamento da dieci a cinque anni. Correlativamente, si accetta pure l’emendamento Mazzei e De Mercurio, che stabilisce un premio di riscatto in relazione al periodo di rateazione, cioè aumenta il riscatto al 14 per cento, quando la rateazione è di due anni, e al 12 per cento, quando la rateazione è di un anno. La Commissione si è espressa per due periodi di rateazione e per queste percentuali di riscatto, perché se la rateazione andasse oltre questi limiti e si portasse, ad esempio, ad oltre un quinquennio, il riscatto da concedere dovrebbe essere anche maggiore di quello proposto dall’onorevole Cappi. Ciò porterebbe l’erario a fare una restituzione massiccia di imposta, dovremmo cioè restituire sul pagato, non solo per il 25 per cento, ma, commisurando la rateazione al riscatto, anche per il 50 per cento, cioè torneremmo nell’articolo 72 ad accettare un principio già posto dall’onorevole Scoccimarro nell’articolo 68. Al di là di un certo limite si tratta di una vera e propria percentuale di sgravio. Perciò non abbiamo fatta la concessione di sgravio di imposta nell’articolo 68 ed abbiamo contenuto la rateazione entro limiti in cui la restituzione di somme sul riscatto sia contenuta entro cifre sopportabili dall’erario. Quindi gli emendamenti Mazzei ed affini, secondo il pensiero della Commissione, sono da accettare. Ci sono poi emendamenti che non riguardano la rateazione, come, per esempio, quello dell’onorevole Bosco Lucarelli, che potrebbero essere accettati: tale emendamento prolunga il termine di riscatto e poiché concede un più lungo periodo di rateazione, bisogna, di conseguenza, concedere un più lungo periodo per la richiesta del riscatto.

L’emendamento dell’onorevole Castelli Edgardo è stato respinto dalla maggioranza della Commissione.

L’emendamento dell’onorevole Crispo è assorbito – per quanto riguarda i minimi imponibili fino a 500.000 lire – dall’emendamento Mazzei; per gli imponibili oltre le 500.000 lire è respinto dalla Commissione, sembrando la concessione eccessiva.

L’emendamento Rescigno al primo comma, poiché è identico a quello dell’onorevole Crispo, è accettato per l’imponibile fino a 500.000 lire ed è respinto per l’imponibile oltre le 500.000 lire.

Quello dell’onorevole Dugoni è assorbito, perché identico, da quello dell’onorevole Mazzei: in altri termini, gli emendamenti che differiscono da quello Mazzei, per quanto riguarda il periodo e la rateazione, sono implicitamente respinti dalla Commissione.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro delle finanze ha facoltà di parlare.

PELLA, Ministro delle finanze. Come giustamente ha già osservato il Relatore, la maggior parte degli emendamenti imposta il problema di una maggiore rateazione. Su questo punto il Governo, fin dalla chiusura della discussione generale, aveva assicurato essere suo intendimento di concedere larghe rateazioni alle categorie degli enti morali delle opere pie in genere, ai proprietari di fabbricati soggetti a regime vincolistico, ai piccoli proprietari di terreni, di fabbricati e, nel corso della discussione degli articoli, dette ulteriore assicurazione per quanto riguardava le piccole aziende commerciali e industriali.

Il problema è oggi di dare espressione concreta a queste intenzioni del Governo, in adesione alle richieste dei presentatori dei diversi emendamenti, cioè di ridurre a formula comune le diverse proposte. Il Ministero avrebbe predisposto un suo emendamento, il quale in parte accoglierebbe le richieste ed, in parte, andrebbe anche al di là delle stesse.

Propongo, pertanto, se ciò non sarà considerato come intralcio al corso dei nostri lavori, che, con una sospensione di un quarto d’ora o di mezz’ora della seduta, o rinviando alla seduta pomeridiana l’ulteriore discussione intorno agli emendamenti, per continuare ora l’esame delle altre questioni, sì permetta alla Commissione, al Governo e ai presentatori dei diversi emendamenti di riunirsi per concordare un testo comune, ciò che non ritengo difficile.

Desidero però, fin da questo momento, far presente all’onorevole Cappi, che, nelle intenzioni del Governo, anche le partecipanze dovrebbero, agli effetti della rateazione, essere assimilate agli enti morali e alle opere pie.

VIGORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIGORELLI. Desidero far rilevare che in sostanza sta avvenendo quello che ieri era facile prevedere. Se io infatti ieri insistevo perché si votasse il mio emendamento in sede di articolo 68, lo facevo perché esso tende ad ottenere un’esenzione; viceversa adesso, avendolo votato in sede di articolo 72, noi stiamo scivolando verso quella rateazione che adesso è stata ridotta da dieci a cinque anni.

Onorevoli colleghi, ho l’impressione che non si sia inteso bene qui che si parla di enti pubblici di assistenza i quali siano sovvenzionati dallo Stato. Che cosa avviene infatti per questi enti? Avviene che lo Stato dovrà poi rimborsare quello che essi gli corrispondono a titolo di imposta. Ne deriva quindi un danno per questi enti che dovranno in modo oneroso procurarsi l’ammontare di questa pressione fiscale, mentre nessun vantaggio ne deriverà allo Stato, il quale dovrà poi, come ho detto, provvedere al rimborso agli enti stessi.

Ciò significa, onorevoli colleghi, andare contro le categorie degli umili e dei poveri, senza alcun vantaggio per le finanze dello Stato. È quindi veramente una cosa curiosa, della quale non riesco a rendermi conto. Vuol dire che non si è ancora capito questo semplicissimo problema.

Io insisto dunque perché tale mia proposta, la quale è veramente pregiudiziale all’articolo 72, venga messa a partito prima di quella eventuale riunione che l’onorevole Ministro ha proposto di fare.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero della Commissione?

LA MALFA, Relatore. Non reputo di dover ripetere ciò che a nome della Commissione ho già avuto campo di esporre: gli istituti di beneficenza, quando la rateazione fosse concessa in dieci anni anziché in cinque, pagherebbero esattamente quello che già pagano. L’argomento del collega è che molti di questi istituti gravano sul bilancio dello Stato.

VIGORELLI. S’intende che io parlo soltanto di quelli che sono sovvenzionati dallo Stato.

LA MALFA, Relatore. Siccome non si può, in questa legge, introdurre una distinzione fra gli istituti di beneficenza che gravano sul bilancio dello Stato e istituti che non gravano, oltre a tutto, perché molte volte questo sarebbe un premio a cattive amministrazioni, l’emendamento è da respingere. È un principio da applicare rigorosamente, che quando si tratta di pagare una imposta, e di fronte all’imposta c’è il fatto che un ente vive a carico dello Stato, l’ente paghi l’imposta, e lo Stato, che deve valutare la situazione patrimoniale, darà un contributo.

Ma è una confusione alla quale noi non dobbiamo prestarci, quella che, in occasione del pagamento di un’imposta, si dica: «Siccome il bilancio è passivo, l’ente non la paghi». Un’imposta deve gravare su tutti, perché l’esenzione potrebbe essere in molti casi un premio a cattive amministrazioni. Quando un bilancio si chiude in passivo, e grava sullo Stato, lo Stato va a valutare i pesi su questo bilancio e dà il suo contributo; ma dà il suo contributo sapendo che tutti gli enti sono in parità di condizioni. Anche perché, onorevoli colleghi, se non si facesse così, non si potrebbe percepire l’imposta da quegli istituti che sono in condizioni patrimoniali tali da poter pagare l’imposta.

Noi dobbiamo tener fermi certi principî discriminativi; altrimenti continuiamo nella confusione amministrativa e legislativa che ci ha deliziato per vent’anni e potrebbe continuare a deliziarci per altri venti.

VIGORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIGORELLI. Mi pare che ci sia una confusione abbastanza evidente. Io parlo di enti pubblici di assistenza, cioè – come tutti sanno – dei Comuni, delle Provincie e di altri enti di assistenza autarchici; parlo esclusivamente di questi enti pubblici, non di istituti di assistenza o di beneficenza privati, confessionali od altri. Questi enti pubblici vivono sia col reddito dei loro patrimoni, sia col contributo dello Stato. Ora, una delle due: o lo Stato dà questi contributi, e – ripeto – dà questi contributi a rimborso dei denari che vengono spesi per tassazione, e allora lo Stato, oltre al denaro che già deve dare per far fronte a questi impegni, deve pagare anche per premi, interessi, ecc.; o lo Stato non li dà, perché si tratta di patrimoni che non abbisognano del contributo delio Stato, e allora noi andiamo a portar via i denari ai poveri, nello stesso momento in cui c’è una quantità di gente che a questa imposta si sottrae, mentre dovrebbe pagarla.

Ora, che si incominci la severità della tassazione proprio dalle categorie più povere, credo che sia una cosa che questa Assemblea non vorrà affermare.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Il Governo non può che confermare il suo pensiero in materia, già ripetutamente espresso. Come non vi erano esenzioni ai fini dell’imposta ordinaria sul patrimonio, così non possono essere ammesse esenzioni ai fini di questa imposta straordinaria, sia che essa venga considerata come un riscatto dell’imposta ordinaria già esistente, sia che venga riguardata come un tributo sostitutivo una tantum.

Mi perdoni l’onorevole Vigorelli se debbo respingere con le sue stesse parole l’accusa che con questa imposta si sottrarrà qualche cosa ai poveri e, in genere, agli assistiti, perché l’impostazione del suo emendamento poggiava sopra l’inutilità di una partita di giro, nel senso che è inutile che lo Stato percepisca un’imposta, quando poi deve andarla a rimborsare. Quindi, niente di sottratto agli assistiti, ma problema dell’utilità e dell’inutilità di una partita di giro.

Le partite di giro non hanno un aspetto soltanto formale, ma hanno anche un contenuto sostanziale, perché di ogni servizio – sia pure di un servizio a contenuto eminentemente filantropico – è necessario saper vantare sempre il costo. E le imposte sono un elemento del costo, perché è norma di corretta amministrazione che, anche quando ci si trovi davanti a elementi figurativi del costo, detti elementi debbano esser presi in considerazione.

Quindi non tema l’onorevole Vigorelli che questa imposta diminuisca le possibilità di assistenza. Le possibilità di assistenza saranno più o meno ampie in relazione alle di disponibilità che può avere lo Stato; questa imposta non le diminuirà, se viene mantenuta, come non le aumenterebbe se venisse eliminata.

Per quanto riguarda la rateazione, io sono d’accordo con l’onorevole Vigorelli che bisogna andare al limite estremo. Questo limite dovrà essere determinato, con visione molto larga, in modo da accogliere nella sostanza il suo punto di vista.

VIGORELLI. Comunque, chiedo che il mio emendamento si voti in precedenza, perché è pregiudiziale.

PRESIDENTE. Sta bene, sarà messo per primo in votazione. Il Ministro fa una proposta di sospensiva per la votazione di questo articolo?

FELLA, Ministro delle finanze. No, chiedo il rinvio ad oggi nel pomeriggio.

LA MALFA, Relatore. Possiamo sospendere la seduta per qualche minuto.

PELLA, Ministro delle finanze. D’accordo.

VIGORELLI. Mi permetto d’insistere nel chiedere che si voti prima sulla esenzione, perché poi, eventualmente, si potrà discutere sulla rateazione, mentre io ho chiesto in primo luogo che si esenti.

PELLA, Ministro delle finanze. Vorrei raccomandare all’Assemblea di tener conto delle ripercussioni che potrebbero derivare se si aprisse una breccia nel sistema. La generosità delle intenzioni potrebbe portare al pericolo di conseguenze, che in questo momento non sarebbe il caso di dettagliare, ma che sono facilmente prevedibili.

Quindi, non per avversione allo spirito della proposta dell’onorevole Vigorelli, ma unicamente per ragioni di vera prudenza, pregherei l’Assemblea di tener conto della portata di questa esenzione, attraverso la concatenazione con altre disposizioni e attraverso interpretazioni estensive e analogiche che potrebbero essere richieste.

PRESIDENTE. Allora metteremo in votazione l’emendamento dell’onorevole Vigorelli. Fatta questa votazione, sospenderemo per cinque minuti la seduta, per concordare un testo che riassuma i vari emendamenti sui quali il Governo e la Commissione si sono pronunciati.

L’onorevole Basile ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

BASILE: Chiedo che sia messo prima in votazione il mio emendamento che si riferisce ad una questione più semplice, cioè all’esenzione dall’imposta soltanto per gli ospedali. E una questione diversa dagli altri emendamenti. Se consente, lo svolgerò brevemente.

PRESIDENTE. È tanto chiaro! Se potessimo risparmiare del tempo, sarebbe tanto di guadagnato. Ad ogni modo, ha facoltà di parlare.

BASILE. Sì, è evidente che il mio emendamento dovrebbe raccogliere l’unanimità dell’Assemblea, ma ci sono state, onorevole signor Presidente, le dichiarazioni del Ministro e del Relatore, i quali fanno una questione di logica tributaria, che è… un po’ diversa dalla logica comune, e dicono: non possiamo ammettere per nessuna ragione che un’imposta non debba essere pagata da tutti, anche dagli enti locali, anche dagli enti di assistenza e beneficenza, anche dai Comuni e dalle Provincie che lo Stato sussidia, anche dagli ospedali, perché tutti, anche gli enti di assistenza e beneficenza, devono tener conto, nel costo dei servizi, prima di tutto, del costo dell’imposta.

Ora io vorrei pregare il Ministro onorevole Pella e l’amico onorevole La Malfa, che pare voglia aspirare in questa discussione al titolo di tassatore spietato – e di questo coraggio gli do ampia lode – vorrei pregare tutti e due, perché non giungano all’eccesso di chiedere il pagamento dell’imposta anche agli ospedali. Io dico che esigere l’imposta dagli ospedali, è volerla esigere dai poveri; a un malato toccano tre cucchiai di medicinale, e lo Stato gli dice: uno lo confisco io per l’imposta.

Il mio emendamento non chiede l’esenzione per gli enti comunali, cui si potrebbero adattare benissimo le ragioni espresse dal Ministro onorevole Pella. Ma quando mi parlate di rateazione, io non posso restar sodisfatto per gli ospedali; perché ciò significherà dire: invece di infliggervi una lesione personale guaribile in novanta giorni, ve ne diamo nove guaribili in dieci giorni ciascuna.

Gli ospedali non hanno quello che è necessario per pagare gli impiegati e i medici. Vi sono ospedali i cui medici non sono pagati, non possono essere pagati. Se c’è un ente che ha un reddito di 200.000 lire all’anno che non bastano per pagare il pane, come volete che su queste 200.000 lire di reddito l’ospedale, cioè i ricoverati, cioè i poveri, siano costretti a pagare l’imposta? Mi rivolgo alla comprensione del Ministro Pella perché voglia perciò consentire l’esenzione dell’imposta. Non vale obiettare: questa è un’imposta straordinaria: gli ospedali non sono lo stesso in grado di pagarla, e non pagano questa soltanto, pagano tutte le imposte e le sovrimposte, ordinarie e straordinarie, le addizionali e le sovraddizionali, tutti i tributi che sono un’inesausta pompa aspirante che sottrae ai malati una parte dell’assistenza, delle cure, dei servizi e talvolta le medicine e anche il pane. L’Assemblea Costituente, oggi, che è la prima volta che fa una legge tributaria, potrebbe dire che gli ospedali sono esenti dall’imposta e poi, in tema di coordinamento, si ripeterà questo principio che l’Assemblea oggi avrà affermato: gli ospedali, cioè, i poveri, devono essere esenti dai tributi.

PRESIDENTE. Qual è il suo parere, onorevole la Malfa?

LA MALFA, Relatore. Ho già espresso il parere della Commissione. La Commissione si rende conto di questo; ma quando si tratta di una dizione così generica: «gli istituti di assistenza e beneficenza», non dobbiamo guardare ai casi più gravi, ma pensare invece che alcuni di questi istituti possono essere in condizioni di floridezza. È bene prendere l’imposta da questi ed assistere quelli che ne hanno bisogno. Perché se noi adeguiamo l’imposta ai casi peggiori, esimiano dal pagamento coloro che possono pagare.

PRESIDENTE. Onorevole Ministro, qual è il suo parere?

PELLA, Ministro delle finanze. Non posso che conformare il punto di vista del Governo. Penso che il problema doveva e poteva essere proposto nei confronti dell’imposta ordinaria sul patrimonio. Quella poteva e doveva essere la sede. Ora, se il Governo, d’accordo con l’Assemblea, arrivasse ad una rateazione così lunga, per cui in sostanza l’onere si riducesse a quello che già attualmente si sostiene, non vedrei come si potrebbe pensare di risolvere il più grave problema dell’assistenza e beneficenza in Italia in funzione di un 0,40 per cento o un 0,80 per cento all’anno sopra il valore fiscale dei fabbricati utilizzati dagli enti dei quali si sta discutendo.

Creda l’onorevole Basile che il problema dell’assistenza e della beneficenza ed in particolar modo quello relativo alle necessità degli ospedali, sono considerati dal Governo ih tutta la loro portata. Penso, però, che non sia il caso di sconvolgere le linee generali di un tributo, per portare forse un bicchiere d’acqua a spegnere un incendio.

Tale è la portata della facilitazione che si richiederebbe, di fronte al problema molto più ampio da risolvere. Quindi vorrei pregare l’onorevole Basile, non di ritirare il suo emendamento, ma di prendere atto dell’intenzione del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Basile, dopo queste dichiarazioni del Ministro, mantiene il suo emendamento?

BASILE. Sì, vorrei dire al Ministro delle finanze che gli ospedali, per pagare questa imposta, devono prendere a prestito il denaro, pagando alle banche gli interessi, e poi lo Stato dovrà pagare anche gli interessi!

PRESIDENTE. Allora mantiene il suo emendamento?

BASILE. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Anche lei, onorevole Vigorelli?

VIGORELLI. Sì.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Dichiaro che sono decisamente contrario a tutte le esenzioni e mi associo pienamente al parere espresso dal Ministro delle finanze e dal Presidente della Commissione.

Prego l’Assemblea di voler meditare sulla gravità del principio che noi andiamo a vulnerare con l’ammettere le esenzioni. Noi siamo di fronte ad una imposta che esiste da otto anni e che tutti pagano.

Voce a sinistra. Male che esiste da otto anni! È un’imposta del fascismo. (Rumori al centro). La legge del 1922 non faceva pagare questa imposta! (Interruzione del deputato Scoca).

BERTONE. È un’imposta che da otto anni viene iscritta a ruolo, contro la quale i contribuenti che si ritengono ingiustamente tassati hanno ricorso, possono ricorrere, che comunque è sempre stata pagata regolarmente, Ora, con l’istituzione dell’imposta straordinaria proporzionale, lo Stato ha già concesso un grandissimo benefìcio a tutti i debitori di imposta, perché questa imposta, che era illimitata nel tempo, viene limitata a 10 anni. Questo è un vantaggio, evidentemente, di cui usufruiscono indistintamente tutti i contribuenti.

Io sto pensando se sia stato un bene abolire l’imposta ordinaria sul patrimonio e se non sarebbe stato forse più opportuno mantenerla tale e quale, accordando a tutti i contribuenti la facoltà del riscatto.

L’imposta è iscritta oggi in bilancio, e, notate bene onorevoli colleghi, per l’esercizio 1947 per 9 miliardi, che saranno incassati; con la revisione degli imponibili, che è in corso, andremmo, probabilmente, ai 13-14-15 miliardi.

Rateando l’imposta nei 5 anni per una gran parte dei contribuenti, noi verremo ad incassare una cifra che non sarà molto superiore a quella che viene pagata normalmente.

Per questo dico: accordiamo la rateazione. Io non ho nessuna difficoltà di aderire a che le opere pie, gli enti comunali di assistenza, gli enti morali, possano continuare a pagare l’imposta nella medesima cifra e nel medesimo modo con cui hanno pagato fino a ieri; cioè che sia accordata la rateazione di dieci anni.

Se il Ministro e la Commissione delle finanze credono di accedere a questa idea che si accosta all’emendamento proposto dall’onorevole Vigorelli e dall’onorevole Basile, io credo si faccia opera buona, ma per il resto chiedo all’Assemblea che voglia tener presente la necessità in cui ci troviamo non soltanto di pensare agli interessi dei contribuenti, ma anche di pensare alla costituzione del bilancio. Perciò, ripeto, dichiaro di votare contro all’esenzione, mentre sono favorevole alla maggiore rateazione possibile per gli enti morali, le opere pie e gli enti di assistenza.

PRESIDENTE. Passiamo alle votazioni. Pongo in votazione l’emendamento Basile.

(Non è approvato).

Pongo in votazione l’emendamento Vigorelli.

(Non è approvato).

Presentazione di disegni di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro degli affari esteri per la presentazione di alcuni disegni di legge. Ne ha facoltà.

SFORZA, Ministro degli affari esteri. Ho l’onore di presentare all’Assemblea i seguenti disegni di legge:

Esecuzione degli Atti internazionali adottati a Montreal dalla Conferenza internazionale del lavoro nel corso della sua XXIX sessione, il 9 ottobre 1946.

Approvazione degli Accordi di carattere economico conclusi in Roma, fra l’Italia e la Francia, il 22 dicembre 1946.

Approvazione degli Accordi finanziari conclusi a Roma, a mezzo scambi di Note, tra il Governo italiano ed il Governo del Regno Unito, il 7 aprile 1947.

Approvazione degli Accordi stipulati in Roma, fra l’Italia e la Cecoslovacchia, il 10 febbraio 1947, in materia di emigrazione.

Approvazione dell’Accordo fra l’Italia e l’Argentina in materia di emigrazione concluso a Roma il 21 febbraio 1947.

PRESIDENTE. Do atto al Ministro degli affari esteri della presentazione di questi disegni di legge. Saranno trasmessi alla Commissione competente.

Sospendo la seduta per dar modo ai presentatori degli ordini del giorno di trovare un accordo con il Governo e la Commissione.

(La seduta, sospesa alle 11.35, è ripresa alle 12.50).

Si riprende la discussione del disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947 n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Nella riunione tenuta con i presentatori degli ordini del giorno si è cercato un denominatore comune tra i desideri dei diversi proponenti e le necessità dell’Amministrazione.

L’esame è stato portato su due settori: il settore degli istituti e degli enti di beneficenza ed assimilati, ed il settore dei piccoli contribuenti privati.

Si è arrivati ad una conclusione, per quanto riguarda il primo settore; per il secondo avremmo avuto bisogno di qualche minuto di più.

Per il primo, presento alla Presidenza l’emendamento che è stato concordato e che il Governo fa proprio.

Esso suona così: «Per le opere pie, per gli istituti e gli enti di beneficenza od aventi semplici fini assistenziali, legalmente costituiti e riconosciuti, per gli istituti di istruzione, per i corpi scientifici, per le accademie e le società storiche, letterarie e scientifiche aventi scopi esclusivamente culturali, per gli enti il cui fine è equiparato – a norma dell’articolo 29, lettera h) del Concordato – ai fini di beneficenza e di istruzione, l’imposta è riscossa entro l’aprile 1952».

Quindi è una rateazione quinquennale.

PRESIDENTE. Per il resto?

PELLA, Ministro delle finanze. Per il resto, l’invito a riprendere i lavori ci ha sorpresi quando stavamo definendo il limite di patrimonio per i contribuenti privati, a favore dei quali accordare una determinata rateazione.

È naturale che il Governo, attorno a questo limite, sia molto più resistente di quello che potrebbero desiderare i presentatori degli emendamenti, ed è per questa ragione che la discussione si è protratta a lungo.

Credo che, in un’altra mezz’ora, certamente una intesa si raggiungerebbe; ma, stante l’ora tarda, penso che convenga rinviare alla ripresa dei lavori, alle ore 17, la comunicazione dell’accordo, che certamente si raggiungerà anche per questo secondo settore.

PRESIDENTE. Credo che anche l’Assemblea sia dello stesso parere del Ministro.

Rinvio pertanto la seduta alle ore 17.

La seduta termina alle 13.