Come nasce la Costituzione

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POMERIDIANA DI VENERDÌ 18 LUGLIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CXCII.

SEDUTA POMERIDIANA DI VENERDÌ 18 LUGLIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).

Presidente

Cappi

Micheli

Veroni

De Vita

Rescigno

La Malfa, Relatore

Corbino

Crispo

Adonnino

Condorelli

Pella, Ministro delle finanze

Bertone

Arata

Scoccimarro

Clerici

Bosco Lucarelli

Veroni

Caroleo

Preziosi

Cannizzo

Dugoni

Bubbio

Tozzi Condivi

Fabbri

Scoca

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 17.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione sul disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio (14).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sul disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio.

Proseguendo nell’esame degli emendamenti, passiamo al Capo IX: Riscatto dell’imposta.

Si dia lettura dell’articolo 51 nel testo proposto dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il contribuente che, all’atto della dichiarazione di cui all’articolo 30 e in ogni caso non oltre il 15 settembre, versi in Tesoreria, in unica soluzione, l’importo dell’imposta accertatogli in via provvisoria, sulla base della dichiarazione stessa, ha diritto ad un premio di riscatto dell’8 per cento.

«Tale premio di riscatto è aumentato al 12 per cento per i patrimoni costituiti, per almeno due terzi, da cespiti immobiliari.

«Il contribuente, che dimostri di aver sottoscritto al Prestito della Ricostruzione 3,50 per cento, può versare, fino alla concorrenza del 20 per cento dell’ammontare del riscatto, titoli del prestito suddetto, da computarsi al prezzo di emissione».

PRESIDENTE. Un primo emendamento a questo articolo, proposto dall’onorevole Cappi, è così formulato:

«Ripristinare il testo proposto dal Governo, con le seguenti modificazioni all’ultimo comma: sostituire alle parole: 20 per cento, le altre: 30 per cento, e aggiungere: purché il contribuente dimostri di essere tuttora in possesso dei titoli sottoscritti».

Ricordo all’Assemblea che il testo governativo era del seguente tenore:

I contribuenti possono versare in Tesoreria, in unica soluzione, con l’abbuono dell’interesse composto del 7 per cento, in ragione d’anno, l’importo complessivo di tutte le rate d’imposta straordinaria ancora da scadere.

«Il riscatto può essere chiesto tanto per l’importo accertato in via provvisoria quanto per quello accertato in via definitiva.

«Il riscatto deve essere domandato al competente Ufficio distrettuale delle imposte dirette entro il giorno 10 del mese precedente a quello della scadenza della prima rata d’imposta ed il versamento in Tesoreria deve essere effettuato entro il mese di scadenza della rata stessa.

«Il riscatto deve essere domandato entro il 30 novembre di ciascun anno con effetto dalle rate a scadere dalla prima dell’anno successivo, ed il versamento in Tesoreria deve essere effettuato entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello in cui la domanda è presentata.

«Non è ammesso il riscatto delle sole ultime sei rate bimestrali».

«In tutti i casi di versamento diretto in Tesoreria non compete alcun aggio all’esattore ed al ricevitore provinciale.

«Il contribuente, che dimostri di aver sottoscritto al Prestito della Ricostruzione 3,50 per cento, può versare, fino alla concorrenza del 20 per cento dell’ammontare del riscatto, titoli del prestito suddetto, da computarsi al prezzo di emissione».

L’onorevole Cappi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

CAPPI. Onorevoli colleghi, il mio emendamento parte da un presupposto che vorrei fosse condiviso dal Governo e dalla Commissione, cioè che il fisco abbia interesse ad agevolare il riscatto dell’imposta. A questo scopo, a me sembra che meglio risponda il primitivo testo del progetto, anziché quello emendato dalla Commissione. Infatti, il testo del progetto governativo recava al primo comma che: «I contribuenti possono versare in Tesoreria, in una soluzione, con l’abbuono dell’interesse composto del 7 per cento, in ragione di anno, l’importo complessivo di tutte le rate d’imposta straordinaria ancora da scadere». Questo pagamento del riscatto poteva avvenire «entro il mese di scadenza della prima rata d’imposta»; praticamente, entro il 10 gennaio 1948. La Commissione ha portato due modifiche a questo testo. Anzitutto ha disposto che il versamento debba avvenire non oltre il 15 settembre: la data sarà spostata perché abbiamo spostato i termini della dichiarazione, ma dovrebbe essere, probabilmente, entro il 15 novembre o, al massimo, entro il 30 novembre. Cosicché, appena fatta la dichiarazione, il contribuente dovrebbe versare l’intero prezzo di riscatto che, specialmente per i patrimoni di una certa entità, non sarà una cifra esigua. Ora, le disponibilità di liquido non sono poi grandissime: pare a me che lasciare il termine fino al 10 gennaio 1948 sarebbe molto utile, perché invoglierebbe ad esercitare il riscatto.

La Commissione, poi, ha modificato in un altro punto il testo governativo. Cioè, mentre il testo governativo dava un abbuono, a chi versava in unica soluzione, dell’interesse composto del 7 per cento, in ragione d’anno, cioè nel periodo di tempo che restava a pagare le rate d’imposta, la Commissione ha ridotto questo premio di riscatto all’8 per cento, ed al 12 per cento per i patrimoni costituiti, per almeno due terzi, da cespiti immobiliari. Sembrerebbe a me, allo scopo di invogliare al riscatto, che si potrebbe aumentare questo premio al 10 per cento, ad esempio, su per giù trattandosi di un anno e mezzo ad un tasso del 7 per cento.

La seconda parte del mio emendamento è, a mio avviso, più importante.

Il testo del progetto, mantenuto integro in questo punto dalla Commissione, dice che coloro i quali esercitano il riscatto dell’imposta hanno facoltà, fino alla concorrenza del 20 per cento dell’ammontare del riscatto, di versare titoli del Prestito della ricostruzione calcolati al valore di emissione, cioè a 97,50. Questo vantaggio a favore dei sottoscrittori del Prestito della ricostruzione è un punto che abbiamo già toccato altre volte. Io avevo proposto emendamenti ad altri articoli, sostenendo che si desse qualche altro vantaggio a questi sottoscrittori; ma la Commissione ed il Governo furono di parere diverso.

Su questi vantaggi, invece, insisterei. Concretamente, io propongo che i sottoscrittori del prestito abbiano la facoltà di versare, in conto del prezzo di riscatto, fino alla concorrenza del 30 per cento, titoli del Prestito della ricostruzione. Però vorrei fare una restrizione a questa facoltà, che io concederei a coloro i quali posseggono ancora i titoli originari sottoscritti. E la ragione è evidente; perché se, coloro che hanno sottoscritto il prestito hanno ancora i titoli sottoscritti e se li sono visti scendere a 75 o 76, mi sembrano meritevoli del vantaggio; ma se qualcuno ha approfittato del ribasso avvenuto ed ha comprato il prestito della ricostruzione, a 75 o giù di lì, questo vantaggio sarebbe una ingiustizia ed un lucro non giustificato, qualora il titolo potesse essere dato in pagamento sulla base del prezzo di emissione di lire 97,50. In questo caso, il vantaggio non sarebbe giustificato.

Ripeto ancora che questo mi sembra oltre che un atto di giustizia per i sottoscrittori del prestito, un mezzo per invogliare ad esercitare il riscatto.

Se è vero che lo Stato deve passare questi due o tre anni più difficili in materia di cassa – perché poi è sperabile che le imposte ordinarie aiutino ad equilibrare il bilancio – mi pare che lo Stato abbia tutto l’interesse al riscatto. È vero che dovrà prendere il 30 per cento in titoli; ma, a parte il fatto che guadagnerà l’interesse del 5 per cento che non dovrà corrispondere su questi titoli, il 70 per cento lo prenderà però in denaro contante. Non solo; faccio anche osservare che la norma non peserà molto sul bilancio dello Stato; non saranno molti, cioè, i sottoscrittori che hanno ancora i titoli originari, perché i grossi sottoscrittori del Prestito, coloro che hanno sottoscritto al Prestito per creare un debito da portare in detrazione del loro patrimonio, costoro erano esperti, prevedevano che il Prestito sarebbe sceso e lo hanno venduto. Quelli che hanno ancora i titoli originari del prestito sono, quindi, in genere, i piccoli e medi risparmiatori, che li hanno tenuti come investimento di denaro. E quando si pensi che il riscatto dell’imposta ordinaria parte da 100.000 lire – e riguarda cioè anche i piccoli risparmiatori – mi sembra una ragione di maggiore opportunità e giustizia che sia dato questo vantaggio.

Cosicché, proporrei che il premio di riscatto fosse portato (se non si vuole ripristinare integralmente il testo del Governo) rispettivamente dall’8 al 10 per cento e dal 12 al 14, e, soprattutto, che il termine fosse portato al 10 gennaio 1948.

In secondo luogo, propongo che vi sia facoltà di versare all’atto del riscatto il 30 per cento, anziché il 20, in titoli del prestito della ricostruzione, purché il contribuente dimostri di essere tuttora in possesso dei titoli sottoscritti.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole Micheli del seguente tenore:

«Al primo comma, alle parole: accertatogli in via provvisoria sulla base della dichiarazione stessa, sostituire: liquidato secondo la dichiarazione stessa».

L’onorevole Micheli ha facoltà di svolgerlo.

MICHELI. Svolgerei tutti insieme i tre emendamenti a questo articolo, perché sono collegati, e ciò anche con maggiore brevità della discussione.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Micheli ha facoltà di svolgere anche gli altri due emendamenti proposti per questo articolo, che sono così formulati:

«Dopo il secondo comma, aggiungere:

«Rimane impregiudicato il diritto alle rettifiche da effettuarsi sulle risultanze dell’accertamento definitivo, ma ciò nei soli confronti del contribuente, restando salvi i diritti acquisiti dai terzi sui beni inclusi nella dichiarazione, purché in essa, quanto ai valori, siano osservate le disposizioni di cui al Capo VI».

«Aggiungere, in fine:

«Qualora il riscatto sia stato esercitato prima che l’accertamento dell’imposta sia divenuto definitivo, gli interessi imputati in conto imposta, ai sensi del precedente articolo, sono rimborsati in relazione all’ammontare della imposta che risulti non dovuta e al tempo trascorso dal versamento al rimborso».

MICHELI. L’articolo 51 è stato già emendato dalla Commissione riguardo al riscatto totale dell’imposta, riscatto che, secondo il principio accettato dall’emendamento proposto dalla Commissione, può essere effettuato anche in base alla denunzia del contribuente, anziché sull’accertamento provvisorio e definitivo. La dizione proposta dalla Commissione non mi pare rispecchi pienamente il principio al quale effettivamente l’emendamento si ispira, che è quello di rendere il più possibile agevole il riscatto, prima ancora che gli uffici procedano agli accertamenti, al fine evidente di agevolare gli incassi della Tesoreria, ma anche per ridurre al minimo, come sarebbe doveroso, lo stato di incertezza che minaccia di paralizzare tutti gli affari, particolarmente nella contrattazione dei beni immobili.

L’espressione letterale usata dalla Commissione è tale, a mio parere, da rendere possibile un’incertezza nell’interpretazione della norma, in quanto si parla di importo dell’imposta accertata in via provvisoria: la parola «accertata» lascia subito supporre quello che, nella normale procedura fiscale, vuol dire accertamento, mentre l’emendamento tende chiaramente ad evitare, ai fini del riscatto, ogni lungaggine procedurale e a basare l’operazione stessa sulla domanda, sempreché sia redatta nei modi prescritti dallo stesso provvedimento di legge.

A garanzia dunque del fisco e per meglio coordinare le disposizioni dell’articolo in esame con quelle di cui all’articolo 53 che tratta del riscatto parziale, sembra logico proporre che, dopo il secondo comma del testo della Commissione, ne venga aggiunto uno nuovo per chiarire come debba venire lasciato impregiudicato il diritto del fisco, nei soli confronti naturalmente del contribuente, restando cioè salvi i diritti acquisiti dai terzi sui beni risultanti dalle dichiarazioni; perché siano osservate le disposizioni di cui al Capo VI del decreto che regola appunto la materia delle dichiarazioni cui il contribuente è tenuto.

Tale aggiunta è altresì indispensabile nei confronti dei terzi, in quanto, in caso diverso, il riscatto consentito sui valori dichiarati, per le ragioni dianzi esposte, non eliminerebbe le incertezze intorno alla commerciabilità dei beni, per evitare le quali l’emendamento viene proposto.

Si tratta quindi di richiamarsi al principio che già è stato riconosciuto per il riscatto parziale.

L’ultimo emendamento non ha, per vero, bisogno di svolgimento, perché con esso io mi limito a richiedere che gli interessi siano, ai sensi dell’articolo precedente, rimborsati in relazione all’imposta che non risulta dovuta. È una cosa che si impone ed è di così palmare evidenza che mi pare non abbia bisogno da parte mia di ulteriore svolgimento.

PRESIDENTE. Segue un emendamento al secondo comma dell’onorevole Veroni. Ne do lettura:

«Al secondo comma, alle parole: immobiliari, aggiungere le parole: e per i patrimoni costituiti per oltre la metà del loro valore di fabbricati soggetti a vincolo».

L’onorevole Veroni ha facoltà di svolgerlo.

VERONI. Signor Presidente, questo emendamento si riferisce agli immobili che siano soggetti a vincolo. Poiché però la Commissione ha già stabilito, sotto questo riguardo, e precisamente all’articolo 10, che gli immobili soggetti a vincolo godranno di un beneficio generale nella valutazione, rinunzio al mio emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. Segue un emendamento dell’onorevole De Vita, soppressivo dell’ultimo comma. L’onorevole De Vita ha facoltà di svolgerlo.

DE VITA. Ho presentato un emendamento inteso a sopprimere l’ultimo comma dell’articolo 51 il quale dice che il contribuente che dimostra di aver sottoscritto al prestito della ricostruzione può versare fino alla concorrenza del 20 per cento dell’ammontare del riscatto titoli del prestito suddetto, da computarsi al prezzo di emissione.

Testé l’onorevole Cappi ha proposto l’aumento al 30 per cento dei titoli che possono essere versati in conto riscatto. Io faccio notare che, oltre all’agevolazione accordata in sede di accertamento di imposta ai sottoscrittori al prestito della ricostruzione, non trovo giustificata quest’altra agevolazione in sede di pagamento dell’imposta.

CAPPI. Del riscatto.

DE VITA. Riscatto, ma sempre pagamento dell’imposta. Fatto si è che i possessori dei titoli si liberano di questi titoli al prezzo di emissione. Ora, io penso che questa sia una agevolazione per i grossi capitalisti, perché i piccoli risparmiatori, sottoscrittori al prestito della ricostruzione, difficilmente raggiungono il minimo imponibile.

Un’altra considerazione. Questa norma potrebbe determinare anche perturbamenti più o meno profondi nel mercato finanziario dei titoli, per aumenti in un primo momento determinati da una maggiore richiesta dei titoli versati in pagamento dell’imposta; ma siccome lo Stato non può tenere questi titoli, quando esso li rivende, potrà determinarsi un ribasso dei titoli di Stato.

Per questi motivi io chiedo la soppressione dell’ultimo comma dell’articolo 51.

PRESIDENTE. L’onorevole Rescigno ha facoltà di illustrare il seguente emendamento da lui presentato:

«All’ultimo comma, alle parole: fino alla concorrenza del 20 per cento dell’ammontare del riscatto, sostituire le parole: fino alla concorrenza del 40 per cento dell’ammontare del riscatto».

RESCIGNO. Aderisco al 30 per cento proposto dall’onorevole Cappi e mi permetto di far osservare all’onorevole De Vita che la sua preoccupazione non ha ragione di esistere, in quanto il beneficio viene concesso a coloro i quali hanno sottoscritto il Prestito, non a coloro che l’hanno acquistato adesso.

In secondo luogo, poi, il vantaggio, cioè il premio che si vuol dare, è precisamente per i medi risparmiatori, quelli cioè che hanno mostrato di avere fiducia nella rinascita e nella ricostruzione della Patria.

PRESIDENTE. Lei rinuncia al suo emendamento?

RESCIGNO. Sì, aderisco alla misura del 30 per cento proposta dall’onorevole Cappi.

PRESIDENTE. Invito il Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. Coll’emendamento all’articolo 51 la Commissione ha spostato completamente il principio ed i criteri del riscatto quali erano posti nella legge sull’imposta patrimoniale del 1920-22 e ripetuti in questa legge.

Nella legge sull’imposta patrimoniale del 1920-22 il riscatto era ammesso dopo l’accertamento provvisorio avanti l’iscrizione della prima rata a pagamento. Per rendere più esigibile l’imposta, cioè per «mobilizzare», come si dice, l’imposta, la Commissione ha anticipato la possibilità del riscatto all’atto della dichiarazione del contribuente. Il contribuente fa una dichiarazione provvisoria di valore. Gli Uffici finanziari sono autorizzati ad accettare un riscatto su questa dichiarazione dei contribuente. Naturalmente rimane fermo il diritto della finanza di rivedere i valori denunciati e di fare gli accertamenti provvisori e definitivi. Con questo sistema, la Commissione, se tutte le date fossero state mantenute ferme – e la data di dichiarazione al 13 luglio – calcolava di guadagnare circa sei mesi per il riscatto; e, quindi, di far influire, di far giocare l’imposta sin dai primi mesi dell’esercizio 1947-48.

Con lo spostamento delle date di denuncia non si può naturalmente tener fermo il termine di riscatto assegnato dalla Commissione e la Commissione avrebbe perciò deciso di portare questo termine al 30 novembre, mantenendo fermo il criterio già adottato di dare al contribuente due mesi per la possibilità del riscatto a partire dalla dichiarazione.

La Commissione non è favorevole all’emendamento Cappi nel senso di ripristinare il termine del Governo e di portare la data ultima di riscatto fino al 10 gennaio, perché più si prolunga il periodo del riscatto e più in certo senso il riscatto vien fatto negli ultimi mesi. Bisogna che anche qui ci sia una pressione sul contribuente, pressione esercitata in maniera che il contribuente non porti il riscatto molto lontano nel tempo. Questo risponde al criterio tenuto presente dalla Commissione di anticipare sempre più gli effetti dell’imposta.

Naturalmente il riscatto è un atto volontario e se il contribuente è in condizioni di liquidità e trova vantaggioso l’abbuono, lo può fare al 30 novembre.

RUSSO PEREZ. Altro che in condizioni di liquidità! Il contribuente è addirittura morto, è schiacciato!

LA MALFA, Relatore. Mi è stato comunicato dal Ministro delle finanze che in Piemonte l’80 per cento dell’imposta proporzionale sul patrimonio è stato riscattato.

RUSSO PEREZ. Vuol dire che là sono ricchi; noi siamo poveri.

LA MALFA, Relatore. Quindi, dicevo che dato il nuovo principio sul quale è fondato tutto il sistema del riscatto dell’imposta progressiva, la Commissione mantiene fermo il concetto e aderisce a spostare il termine al 30 novembre.

In quest’ordine di idee accetterebbe l’emendamento dell’onorevole Micheli inteso a sostituire alla parola «accertato» la parola «liquidato», cioè: l’importo dell’imposta liquidato in via provvisoria. Naturalmente, resta fermo il diritto della Finanza di fare l’accertamento provvisorio e definitivo. È una liquidazione provvisoria che viene fatta.

L’emendamento dell’onorevole Veroni è stato ritirato.

Per quanto riguarda gli altri due emendamenti dell’onorevole Micheli, questi sposterebbero di molto i rapporti fra la Finanza ed il contribuente, sia per quanto riguarda gli interessi (c’è una norma generale in materia finanziaria per cui non si tiene mai conto degli interessi ai fini del rapporto fra contribuente e Finanza) sia per quanto riguarda i rapporti e i diritti dei terzi. Col riscatto i diritti dei terzi, degli istituti fondiari e degli altri istituti che si occupano della proprietà immobiliare sono – a parere della Commissione – convenientemente tutelati.

Estendere la salvaguardia del diritto dei terzi sull’intero patrimonio è – a parere della Commissione – estremamente pericoloso e quindi pregherei l’onorevole Micheli di non insistere su questi due emendamenti.

Rimane il prestito della ricostruzione. Nell’Assemblea si sono manifestati due pareri nettamente contrari: quello dell’onorevole De Vita, che vorrebbe sopprimere l’ultimo comma, e quello dell’onorevole Rescigno e dell’onorevole Cappi che vorrebbe aumentare la quota.

Fra questi due pareri, la Commissione manterrebbe il testo governativo già accettato. Non crede che ci sia possibilità di speculazione sulla concessione perché il contribuente, per aver diritto alla quota di riscatto, deve dimostrare di aver sottoscritto al Prestito. Ora, che cosa può essere avvenuto? Che il contribuente abbia sottoscritto, poi abbia venduto il titolo e poi l’abbia ricomprato. Sono operazioni che possono essere avvenute, ma non possiamo seguirle. Se il contribuente dimostra di aver sottoscritto, e di avere quindi avuto fiducia nel Prestito, non possiamo chiedergli altro. Non possiamo indagare le successive operazioni, tanto più che è difficile stabilire l’identità materiale dei titoli e cioè che colui che ha sottoscritto possegga gli stessi titoli che ha sottoscritto. È vero che c’è una ricevuta provvisoria, ma non c’è nemmeno il numero del titolo. La Commissione ha ritenuto che questo accertamento non si possa fare. D’altra parte, il contribuente ha sottoscritto; oggi presenta per il riscatto un titolo: i due atti, iniziale e finale, sono completi. Per queste ragioni, è preferibile mantenere la formula quale è, e non portarla al 30 per cento, perché questo potrebbe costituire un vantaggio eccessivo per certe categorie. Ma dobbiamo tener presente che noi ammettiamo i Buoni del tesoro ordinario, il Prestito Soleri ed il Prestito della ricostruzione. Non vorrei che l’imposta diventasse una conversione di titoli.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Vorrei domandare alla Commissione se con il testo che ha presentato restano escluse le norme per il riscatto dell’imposta sui valori differenziali fra l’accertamento provvisorio e l’accertamento definitivo. Non è detto niente per questa parte dell’imposta, mentre nel testo originario era consentita la facoltà del riscatto entro la fine di ogni anno.

LA MALFA, Relatore. È giusta l’osservazione dell’onorevole Corbino; ma mi permetto di far rilevare che nel congegno della vecchia imposta patrimoniale si poteva riscattare quasi ogni momento. Ma ciò aveva l’inconveniente che si fissavano a priori delle condizioni di riscatto che può essere conveniente variare nel tempo.

CORBINO. Siamo d’accordo: è soltanto al momento in cui l’accertamento provvisorio diventa definitivo che sorge l’obbligo del pagamento di nuova imposta.

LA MALFA, Relatore. Questa questione è stata esaminata e si è detto: siccome passeranno dei mesi e la Finanza avrà modo di accertare le condizioni del riscatto, lasciamo che questa seconda operazione sia legalmente regolata quando gli uffici finanziari siano in condizione di prendere una posizione. La questione non è chiusa. Il Governo la esaminerà nel momento opportuno.

CORBINO. Per quello che concerne la data, il Presidente della Commissione propone il 30 novembre; io dico che si potrebbe fissare il 31 dicembre con l’obbligo di effettuare il pagamento entro il 10 febbraio: analogamente a quello che stiamo facendo per la decennale.

Insomma, prima della prima rata del 1948 dovrebbe essere avvenuto il riscatto.

PRESIDENTE. Che cosa pensa la Commissione di questa proposta dell’onorevole Corbino?

LA MALFA, Relatore. Non so cosa ne pensi il Governo. Però si dovrebbe anche versare entro il 31 dicembre, perché l’articolo suona così:

«Il contribuente che all’atto della dichiarazione, ecc.», quindi si fissa una data ultima.

PRESIDENTE. Allora la Commissione è d’accordo?

LA MALFA, Relatore. Mi rimetterei alla valutazione del Governo.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Vorrei chiedere un chiarimento alla Commissione. Vorrei sapere come si coordina la norma dell’articolo 51 con la disposizione che abbiamo già votato questa mattina di cui all’articolo 46; vorrei sapere cioè se, essendo a base del riscatto tanto l’importo accertato in via provvisoria, quanto quello in via definitiva, anche il riscatto sarà eventualmente soggetto a revisione nel caso in cui le Commissioni non accettassero gli accertamenti dell’ufficio. Faccio presente che, praticamente, si verificherà che quando si sarà già riscattato si sarà anche pagato e da parte del contribuente sorgerà la preoccupazione di dover tornare su quello che è stato già fatto se per caso l’accertamento posto a base del riscatto non fosse accettato dalla Commissione.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di rispondere.

LA MALFA, Relatore. Intendo l’obiezione dell’onorevole Crispo, ma non mi pare che ci sia un inconveniente di questo genere perché il riscatto non modifica in nulla i rapporti esistenti dal punto di vista fiscale, fra contribuente e fisco.

Il riscatto vuol dire pagamento anticipato ed il corrispettivo del pagamento anticipato è l’abbuono di imposta. Il debito di imposta fino al riscatto è coperto dal riscatto. Quello che la Finanza pretende in più di imposta sarà regolato in pagamenti rateali, con premi, ma fino all’ammontare del riscatto, compreso l’abbuono, si tratta di un debito di imposta saldato. Quindi non c’è nessuna incompatibilità fra l’articolo 51 e l’articolo 46.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Chiedevo precisamente questo: se, avvenuto il riscatto, questo copra interamente il debito del contribuente.

LA MALFA, Relatore. No.

CRISPO. Questo chiedevo appunto per sapere se si debba trovare il modo di coordinare l’articolo 46 con l’articolo 51.

CORBINO. La liquidazione è in via provvisoria.

CRISPO. Anche in via definitiva. Fino a quando non si sarà verificata la prescrizione, anche l’accertamento definitivo sarà soggetto a revisione.

LA MALFA, Relatore. Nel momento in cui il contribuente dichiara certi valori mobiliari, su quelli la Finanza fa una liquidazione di imposta e quella è coperta dal riscatto. Se la liquidazione sarà maggiore il contribuente dovrà pagare la differenza.

CRISPO. Non è questo il mio pensiero. Su questo concetto del rapporto fra accertamento provvisorio e accertamento definitivo siamo d’accordo. Io mi riferisco all’accertamento fatto in via definitiva. Siccome questo accertamento di cui all’articolo 46 può restare sub judice fino alla prescrizione dell’azione da parte della Finanza, che cosa avverrà del riscatto che si sarà adempiuto sull’accertamento definitivo quando per caso la Commissione ritenesse che l’accertamento dell’ufficio fosse da rivedere?

ADONNINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADONNINO. Questo meccanismo del riscatto solleva in me un dubbio che mi pare implichi un inconveniente grave. In questo momento io stesso non saprei come ovviare a questo inconveniente, ma lo segnalo. Dico, dunque, che questo sistema potrà essere un grave ostacolo per chi abbia da vendere. Chi abbia da vendere una proprietà immobiliare, trova questa proprietà immobiliare legata per un tempo che (lo abbiamo visto ora) può essere molto lungo; perché il riscatto lo fa parzialmente su quello che provvisoriamente è stato accertato, e tutto il resto, cioè il di più tra il provvisorio e il definitivo, deve essere cospicuo e quindi la proprietà immobiliare resta immobilizzata per una parte cospicua.

Queste operazioni di accertamento definitivo saranno lunghissime: si tratta di 60 milioni di particelle, per ogni particella bisogna fare la moltiplicazione per quello che sarà intanto stabilito dalla Commissione censuaria centrale, e poi ci sono altri 30 milioni di particelle di fabbricati urbani. Quando si è fatta la risistemazione del catasto nel 1928, ci son voluti 5000 impiegati i quali hanno lavorato per un anno e mezzo: tenuto presente che l’Amministrazione non ha macchine calcolatrici e che tutto questo si fa a mezzo di avventizi che sono poco pratici, ciò che dà luogo anche a moltissimi errori. Ora, se a tutto ciò aggiungete le necessarie contestazioni, vedrete che non siamo troppo lungi dal vero quando diciamo che questi accertamenti possono durare sei, sette anni. Dunque noi immobilizziamo per lo meno una parte della proprietà immobiliare e rendiamo difficili le vendite per tutto questo tempo.

Non saprei in questo momento proporre una maniera per ovviare all’inconveniente, ma comunque lo sottopongo a voi perché ne teniate conto.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Desidererei far notare che i contribuenti potranno avere pure questa preoccupazione, che i riscatti possano essere anche un criterio per quegli accertamenti presuntivi di cui all’articolo 46. Una persona, appena è accertata l’imposta sul patrimonio, crede di doverla riscattare, ma deve temere che domani questo riscatto sia un’arma per un accertamento presuntivo che sarebbe possibile fino a due anni dopo. Io desidererei che la Commissione ed il Governo considerassero questo aspetto del problema. Quello che ha detto l’onorevole Adonnino non è che la ripetizione, sotto questo profilo, di quello che era stato detto dall’onorevole Fabbri e da me questa mattina. È vero che la legge in altre parti prevede la possibilità di ridurre il privilegio del Governo per l’esazione dell’imposta su determinati immobili, ma fino a quando questa imposta non sarà definitivamente liquidata, l’accertamento, se una parte del patrimonio si può liberare e rendere commerciabile, non si può fare.

Desidererei che tutte queste cose si guardassero, perché noi potremmo provocare il disastro di parecchi patrimoni.

PRESIDENTE. Chiedo quale sia in proposito il pensiero del Relatore.

LA MALFA, Relatore. Se ho ben capito, l’onorevole Crispo pensa al caso che il riscatto sulle dichiarazioni del contribuente possa essere, come debito di imposta, maggiore di quello che si è accertato. Ora io direi che il riscatto, così come è stato congegnato dalla Commissione, toglie qualsiasi preoccupazione di questo genere. Il riscatto viene fatto su dichiarazione del contribuente e sull’imponibile che già risulta, quindi il riscatto è fatto su un debito di imposta minimo possibile; il contribuente non può dichiarare un valore superiore a quello che la Finanza accerterà. Non può sorgere nessun caso di questo genere.

Mi spiego. Il riscatto copre il debito di imposta: una somma x; se la somma è x più venti, si regolerà il rapporto per quel venti. Per l’imposta x la questione è chiusa col riscatto.

FABBRI. Quel venti si può riscattare?

LA MALFA, Relatore. Faccio presente che non è più possibile dar fondo a tutta la materia. Il Governo stabilirà con suo provvedimento le condizioni in cui si dovrà riscattare quella quota.

FABBRI. Con una futura legge.

LA MALFA, Relatore. Con una futura leggina.

Rispondo alle preoccupazioni dell’onorevole Adonnino.

Nel 1920 questa questione del privilegio fiscale e della incommerciabilità dei beni immobili, in conseguenza del privilegio, diede origine ad ampie discussioni, a dibattiti dottrinari, a preoccupazioni legislative. Si risolse questa questione col riscatto parziale e colla possibilità di liberare gli immobili, attraverso garanzie particolari.

Se leggete gli atti parlamentari di quell’epoca, notate che non si poté fare più di questo; e questa fu la soluzione, che ovviò agli inconvenienti denunziati dagli istituti di Credito fondiario. Quell’esperienza è stata trasferita in questa legge. Quindi, gli onorevoli colleghi non abbiano la preoccupazione che si determini il disastro. Molte disposizioni di questa legge sono passate alla prova del fuoco della legislazione del 1920-22.

Ad ogni modo, la Commissione, anche in questa materia, ha cercato di essere larga di criteri. All’articolo 60 si dice:

«È in facoltà dell’Intendenza di finanza di rinunziare, in tutto o in parte, a tale privilegio speciale per tutti gli immobili o per alcuni o parte di essi, contro prestazione di garanzia riconosciuta idonea dall’Amministrazione».

Questo vuol dire che se il contribuente deve vendere un immobile, esso deve mettere la Finanza in condizione di tutelare il suo credito. La Finanza non può andare al di là di questo; non può fare di più.

La Commissione non ha richiesto neanche la garanzia speciale, se il resto del patrimonio è capiente, per tutelare il pagamento dell’imposta.

La Commissione non può distruggere il principio generale che lo Stato deve garantirsi il pagamento dell’imposta.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Crispo ha fatto ora pervenire il seguente emendamento aggiuntivo all’ultimo comma:

«L’accertamento definitivo, posto a base del riscatto, non può essere in alcun caso modificato».

LA MALFA, Relatore. In sede di riscatto non si possono fare queste affermazioni; il riscatto è una pura operazione di convenienza del contribuente.

ADONNINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADONNINO. Ringrazio l’onorevole Relatore della sua risposta e convengo che, allo stato attuale delle cose, dato il meccanismo che creiamo, egli non poteva dirmi altro; ma io ho il dovere di far presente che l’inconveniente rimane e rimane in quanto che la situazione nostra non è come quella del 1922: nel 1922 il debito complessivo si sapeva. Se ne riscattò una parte, per il di più si sa quanto si deve avere.

LA MALFA, Relatore. Ma no; non è così!

ADONNINO. Comunque, ci sia stato o no nel 1922 questo inconveniente; esso nel 1922 si verificò per brevi mesi, mentre ora per lunghi anni potremmo restare in questa situazione, che cioè il di più non si saprà. Come si fa a dire che il di più è garantito su questo fondo o su questo palazzo? La stessa Finanza non potrà essere tranquilla né sarà in grado di rendere tranquillo il proprietario. Io stesso non so quale sistema proporre per ovviare, ma dato il meccanismo, l’inconveniente è innegabile ed è tanto più grave in quanto dura per lungo tempo e costituisce un immobilizzo della proprietà, particolarmente ora che siamo in vista delle riforme strutturali, della proprietà terriera specialmente, e non so in quale misura inciderà.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Faccio mio il rilievo dell’onorevole Adonnino, ma io ne avevo fatto un altro: data la presenza dell’articolo 49 in questa legge, le parti ed i contribuenti temeranno di esercitare il riscatto, perché esercitandolo, dànno vita alla più forte delle presunzioni che legittimerebbe un ulteriore accertamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Corbino ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo:

«Dopo il secondo comma, aggiungere:

«Per il riscatto della quota complementare di imposta, per eventuali accertamenti superiori al valore della dichiarazione saranno dettate norme con successivo provvedimento».

L’onorevole Corbino ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

CORBINO. Illustro subito il mio emendamento. Abbiamo tre tipi di riscatto da contemplare: il riscatto dell’imposta dovuta all’atto della presentazione della dichiarazione; poi l’eventuale riscatto per quello che concerne la differenza di imposta per la differenza di accertamento; poi la probabilità di dover riscattare uno dei cespiti del patrimonio nel caso di vendita a terzi.

Al primo caso provvede l’articolo previsto dalla Commissione col primo capoverso dell’articolo 51. Per il secondo caso ho proposto un emendamento con cui dico così: «Per il riscatto della quota complementare di imposta, per eventuali accertamenti superiori al valore della dichiarazione, saranno dettate norme con successivo provvedimento». Evidentemente noi in questa occasione potremo invocare dal Governo norme chiarificatrici, anche per quello che concerne il riscatto parziale in applicazione dell’articolo 46; così supereremo quest’ostacolo e possiamo andare avanti.

CRISPO. Vi è una terza ipotesi…

CORBINO. L’ipotesi della vendita è contemplata nell’articolo 53.

CRISPO. Non l’ipotesi della vendita; ma l’ipotesi che si sia fatto il riscatto dopo constatata la differenza tra l’accertamento provvisorio e l’accertamento definitivo e che l’accertamento definitivo, dopo che si è esercitato il riscatto, sia soggetto a revisione.

CORBINO. Noi abbiamo ammessa questa ipotesi come conferma di una legislazione già in atto!

FABBRI. Che non c’è!

CORBINO. In tutti gli altri casi di legge questa facoltà dell’amministrazione l’abbiamo già. Qui gli ostacoli sono più gravi: su che cosa possono influire? Evidentemente possono influire sui trasferimenti a titolo oneroso. Ora, l’articolo 53, ultimo comma, contempla questo caso ed esclude i terzi dall’obbligo di qualsiasi rapporto col fisco, perché dice: «…nei confronti del contribuente, delle rettifiche in più o in meno…».

Ad ogni modo io credo che, avendo noi approvato l’articolo 46, non possiamo qui risolvere tutti i casi che si possono presentare. Diamo, quindi, al Governo mandato di emettere, con successivo provvedimento, le norme che contemplano la possibilità del riscatto pelle eventuali differenze di accertamento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Cercherò di riassumere brevemente il pensiero del Governo sui diversi argomenti che sono stati toccati nella interessante discussione di questo inizio di seduta. In primo luogo sono d’accordo sullo spostamento al 31 dicembre 1947 del termine del 15 settembre, di cui all’articolo 51, per la presentazione della domanda di riscatto e versamento in Tesoreria in unica soluzione, dell’imposta derivante dalla liquidazione sui valori dichiarati.

Sono d’accordo nella analisi fatta sull’argomento del riscatto, il quale può concettualmente riflettere tre zone distinte del patrimonio tassabile. La prima zona, quella risultante dalla dichiarazione, che è comune a tutti i contribuenti; la seconda zona: quella derivante dall’eventuale supplemento che potrà risultare dovuto in seguito all’accertamento da parte dell’ufficio, e sarà una zona pressoché comune a tutti i contribuenti anche questa.

C’è poi una certa zona che preoccupa l’onorevole Crispo in particolar modo, ed è quella derivante da eventuali nuovi accertamenti di iniziativa delle Commissioni giudicanti ai sensi dell’articolo 46.

Per le ragioni dette stamani, io penso che questa terza zona rappresenterà l’eccezione; però dobbiamo porla nel campo delle cose concrete, e quindi regolarla ai fini del riscatto.

L’onorevole Corbino, presentando un suo emendamento (sebbene esso sia l’ultimo ad essere stato presentato, ne parlerò prima per connessione di argomento) ha chiarito una posizione che deriva dal cambiamento di sistema per la riscossione adottato dalla Commissione nei suoi emendamenti.

Effettivamente, stabilito il concetto, secondo la Commissione, che l’imposta scade col 31 dicembre 1948 per la generalità dei contribuenti, salvo la scadenza del 31 dicembre 1949 per i contribuenti che hanno un patrimonio prevalentemente immobiliare, ed adottato il concetto che i pagamenti successivi dànno luogo ad un interesse compensativo o dimora del 2 per cento, evidentemente, se non si dicesse altro, il riscatto non potrebbe che riguardare quella parte, di cui si anticipa il pagamento, cioè quella parte relativa alla dichiarazione.

Poiché sarebbe materia più teorica che pratica considerare un supplemento di pagamento di imposta derivante da accertamento che potesse maturare entro il 31 dicembre 1948 o entro il 31 dicembre 1949, io accetto l’emendamento dell’onorevole Corbino come raccomandazione al Governo di adottare facilitazioni a favore di quei contribuenti che anche posteriormente al 1948-49, intenderanno rinunciare alla facoltà di proroga dei tre anni o dei cinque anni, che sarebbe accordata secondo gli emendamenti della Commissione.

Per quanto riguarda l’emendamento dell’onorevole Cappi, il quale vorrebbe portare al 30 per cento la quota del 20 per cento in Prestito della ricostruzione, io avrei risposto favorevolmente, se questo riscatto, nel sistema della Commissione – che sembrava dovesse restare definitivo – avesse dovuto riguardare soltanto il patrimonio risultante dalla dichiarazione provvisoria.

In tal caso mi sarebbe stato facile concludere che, se il Governo già configurava un 20 per cento per il riscatto sull’intero patrimonio, nessuna difficoltà vi poteva essere di portare al 30 per cento la quota di titoli afferente alla dichiarazione provvisoria.

Ma, riportati i termini della questione nelle dimensioni iniziali, in forza dell’emendamento Corbino, credo di dover pregare l’onorevole Cappi di non insistere sullo spostamento dal 20 al 30 per cento.

Vi è una seconda questione sollevata dall’onorevole Cappi, in ordine alla dimostrazione di possesso dei titoli sottoscritti.

Mi riallaccio, a questo punto, alle considerazioni svolte dall’onorevole De Vita in materia di facilitazioni in favore dei sottoscrittori del Prestito della ricostruzione 3,50 per cento. Il Governo, stabilendo di accettare il 20 per cento a favore dei sottoscrittori del Prestito, e in genere a favore dei possessori del Prestito, ai fini del riscatto, senza aggiungere il requisito del continuato possesso dei titoli, o, quanto meno, del possesso al momento del riscatto, si era preoccupato di difendere tecnicamente il corso del titolo 3,50 per cento. Infatti, se è vero che concedendo il pagamento in titoli anche a favore di persone che non fossero gli originari sottoscrittori, si dava a prima vista l’impressione di favorire la speculazione, è da osservare, invece, approfondendo meglio la materia, che proprio questi acquisti fatti sul mercato avrebbero portato a quella difesa del corso dei titoli, che rappresenta forse, la migliore facilitazione nell’interesse di tutti ì sottoscrittori.

Orbene, questo punto di vista può anche essere modificato, dopo il provvedimento di conversione facoltativa del Prestito. Non esiste più una fondamentale preoccupazione di difesa del corso in favore dei sottoscrittori, quando al sottoscrittore è offerta la possibilità di conversione al 5 per cento. Ed è per questa considerazione che, pur non nascondendomi la difficoltà della dimostrazione del possesso, quale deriva dalla seconda parte dell’emendamento Cappi, non mi oppongo – e mi perdoni la Commissione se, per una volta, non sono perfettamente d’accordo con le sue conclusioni – non mi oppongo alla seconda parte dell’emendamento.

Per quanto riguarda il primo emendamento dell’onorevole Micheli, io penso che l’onorevole collega sia d’accordo con l’onorevole Relatore, quando questi suggerisce di modificare l’emendamento, nel senso di sostituire alla parola «accertatogli», la parola «liquidatogli»; mantenendo ferme le parole «in via provvisoria, sulla base della dichiarazione stessa», perché, se adottassimo l’intera frase «liquidatogli secondo la dichiarazione» potrebbe nascere qualche dubbio e cioè si potrebbe dubitare che esso abbia una portata di liquidazione definitiva dell’imposta, ciò che non è.

Mi perdonerà l’onorevole Micheli, se, per gli altri due emendamenti, non posso dare parere favorevole, per le ragioni che ha esposte il Relatore e che faccio mie.

Vorrei ancora dire all’onorevole De Vita che non è intenzione dello Stato di rimettere in circolazione i titoli del 3,50 per cento ricevuti in pagamento; l’intenzione precisa è di distruggere i titoli ricevuti in pagamento. Non possiamo metterci nella situazione del debitore il quale, dopo aver ritirato una cambiale, anziché essere buon amministratore e quindi anziché distruggerla, cerca il modo di rimetterla di nuovo allo sconto, cioè di rimetterla in circolazione.

Era giusta la preoccupazione dell’onorevole De Vita prima di questa assicurazione; desidero, perciò, dargli atto che l’intenzione del Governo è di far sì che non vengano più messi in circolazione i titoli ritirati in pagamento parziale.

Vi è poi il grosso argomento – forse più grosso a parole che non a fatti concreti – che affiora periodicamente nella discussione: quello degli intralci che si opporrebbero alla circolazione dei beni immobili in dipendenza dei privilegi cautelativi che vengono riservati alla Finanza dalla legge in discussione. Io penso, onorevoli colleghi, che siamo tutti d’accordo nell’ammettere che esiste in ordine gerarchico una preoccupazione numero uno, che è quella di garantire l’esazione dell’imposta a favore dell’erario.

Questo fa sì che tutte le altre passino in secondo piano.

È da osservare, però, che quando si fa riferimento ad un’esperienza del 1922, si dimentica che ci si trovava allora in una situazione più preoccupante dell’attuale, perché si trattava di un’imposta che si pagava per un periodo decennale e, per la categoria dei cespiti immobiliari, addirittura in un periodo di venti anni. E se gravi inconvenienti non si sono verificati per un’imposta che teoricamente avrebbe immobilizzato tutto il settore immobiliare per venti anni, io dovrei pensare – prima conclusione – che minor preoccupazione ci dovrebbe essere per un’imposta la quale dovrebbe in parte immobilizzare questo settore per quattro o per sei anni solamente.

Ma non credo neppure in questa immobilizzazione, perché gli articoli 53 e 60 della legge dovrebbero essere sufficientemente idonei ad eliminare le preoccupazioni degli onorevoli Condorelli ed Adonnino. L’articolo 53, infatti, all’ultimo comma, sia nella formulazione del Governo che in quella della Commissione, affronta proprio l’ipotesi peggiore da questo punto di vista, l’ipotesi cioè di un contribuente il cui patrimonio non abbia ancora formato oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

In questo caso, è data facoltà all’Amministrazione finanziaria di determinare provvisoriamente il valore dell’intero patrimonio e il valore dello stabile che si vorrebbe riscattare ai fini della vendita, affinché si possa liberare lo stabile dal vincolo del privilegio.

E voi vedete bene, onorevoli colleghi, come si dica chiaramente che tale valutazione provvisoria serve solo ai fini della liberazione del privilegio, del riscatto del privilegio. È evidente che se il Governo e la Commissione si sono preoccupati di formulare questa ipotesi, ciò è stato appunto per venire incontro al massimo grado a queste liberazioni parziali degli immobili, che si intende di riscattare.

Ma questo primo motivo di tranquillità è inoltre rafforzato dal disposto dell’articolo 60, là dove si dice (e si dice qualche cosa che non è la ripetizione dell’articolo 53, ma che si aggiunge all’articolo 53), essere in facoltà dell’intendenza di finanza di rinunciare in tutto o in parte al privilegio speciale per tutti gli immobili, o per alcuni di essi, o parte di essi, contro prestazione, ecc., e questo indipendentemente dalle procedure di riscatto.

Ora, arrivati a questo punto – e prendo veramente atto dell’onesta dichiarazione dell’onorevole Adonnino: «io non so che cosa potrei proporre» – debbo concludere che oltre questi limiti, per sedare le legittime preoccupazioni dei contribuenti, non sarebbe possibile andare senza compromettere seriamente l’interesse dell’Amministrazione finanziaria alla riscossione.

Io prego gli onorevoli Condorelli e Adonnino di volere, là dove sentano preoccupazioni in questa materia, fare opera di persuasione o dare assicurazioni, a nome dell’Amministrazione finanziaria, che tutto sarà fatto perché la legittima libera circolazione dei beni immobili non soffra per queste disposizioni.

Un’ultima preoccupazione ha fatto presente l’onorevole Condorelli, ed è questa: che il fatto del riscatto possa rappresentare un indice ai fini dell’accertamento presuntivo. Dichiaro che l’Amministrazione finanziaria chiarirà, in sede di istruzioni, che il fatto del riscatto non deve essere considerato come indice presuntivo ai fini della determinazione di eventuali quote addizionali ai sensi dell’articolo 26 e successivi della legge.

Tutto questo ritengo che l’Amministrazione debba fare per incoraggiare le operazioni di riscatto, che penso saranno effettuate dai contribuenti in larga misura.

E anche per questo, siccome ho l’impressione che si diffonda troppo una voce secondo cui l’Amministrazione, in via induttiva, penserebbe di colpire i contribuenti che riscattano (e personalmente sono preoccupato anche delle ragioni per cui questa voce viene così largamente diffusa) io pregherei gli onorevoli colleghi di farsi interpreti, in omaggio a chiare necessità di ordine civico, delle dichiarate intenzioni dell’Amministrazione in ordine a questa materia. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Allora, possiamo passare finalmente ai voti.

CRISPO. Aspettavo chiarimenti dall’onorevole Ministro sul mio emendamento.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo perdono all’onorevole Crispo. L’onorevole Crispo propone che l’accertamento definitivo posto a base del riscatto, non possa essere in alcun modo modificato. Ora, credo di essere nel vero, quando affermo che il pagamento del debito di imposta, qualunque sia la forma in cui abbia luogo, o nella via normale, attraverso le consuete rateazioni, o nella vita anticipata di un riscatto, non può interferire con la liquidazione dell’ammontare del debito.

Indipendentemente da qualsiasi considerazione di merito, siccome si viene a proporre una questione di ordine generale, che cioè una determinata modalità di pagamento possa influenzare quello che è il definitivo accertamento dell’onere d’imposta, mi duole di non potere accettare l’emendamento dell’onorevole Crispo.

CRISPO. Ma il concetto mio si riferisce alla definitività dell’accertamento. È inconcepibile il definitivo accertamento con la possibilità di revisione. Se l’accertamento è definitivo, non consente ulteriori decisioni. Non è la modalità del pagamento, ma dell’accertamento.

PELLA, Ministro delle finanze. Con queste credo che l’onorevole Crispo voglia arrivare alla seconda zona dicendo: se c’è il riscatto, non si arriva alla terza zona dell’articolo 46; ed è appunto per questo che io non posso dare parere favorevole a qualche cosa che contenga una limitazione nella applicazione dell’articolo 46 in dipendenza dell’anticipato pagamento dell’imposta. È cioè per la difesa dell’articolo 46, su cui abbiamo tanto battagliato stamane, che mi induco a non accettare l’emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Bertone ha fatto pervenire il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«Se il riscatto è fatto negli anni successivi, il premio di cui sopra è ridotto rispettivamente al 6 e all’8 per cento. Non è ammesso il riscatto dell’ultimo anno dell’imposta».

L’onorevole Bertone ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

BERTONE. Il progetto del Governo ammetteva il riscatto negli anni successivi, ogni anno meno l’ultimo. Viceversa, il progetto della Commissione – nel lodevole intendimento di procurare all’erario un forte gettito – ha incoraggiato il riscatto con agevolazioni maggiori ma limitandolo, però, al primo anno.

A me pare che la limitazione del diritto di riscatto al primo anno sia per riuscire forse troppo gravosa al contribuente. Chi si trova a dover pagare al primo anno, magari d’un colpo, uno o due milioni per il riscatto, forse non ce la fa; o anche il piccolo proprietario che non possa pagare tre o quattro centomila lire, il primo anno per il riscatto, è probabile che nell’anno successivo sia in condizioni di potere riscattare le rate d’imposta che ancora ha da pagare.

Perciò io proporrei che il riscatto possa operarsi anche nelle annate successive, meno l’ultima, non essendo più urgente il bisogno di incassare, dal momento che l’imposta viene pagata normalmente nelle rate bimestrali.

D’altra parte io penso che far sì che la Tesoreria non abbia l’immediata disponibilità di tutte le somme che possono rappresentare il riscatto dell’imposta sia una cosa utile anche per la stessa Tesoreria. È inutile che ce lo nascondiamo, qualche volta la Tesoreria è un po’ il figliuol prodigo: se ci sono larghi mezzi si spendono. Viceversa noi abbiamo bisogno di assicurare entrate all’erario per una serie di anni che non sappiamo quanti saranno, ma che non saranno pochi. Quindi se un gettito straordinario – che ci auguriamo alto ed imponente – viene pagato non tutto in una volta ma ripartito in tre o quattro anni, questo rappresenterà un sollievo non solo per il contribuente ma anche per la cassa dell’erario ed una garanzia che queste somme saranno spese forse meglio appunto perché ripartite in diverse annate.

Quindi prego la Commissione ed il Governo di volere prendere in benevola considerazione questo emendamento che in fondo risponde al concetto primitivo del Governo.

Potrebbe darsi che questo rientri nella formula già adottata dall’onorevole Corbino e non avrei nessuna difficoltà ad accedervi. Se in quel provvedimento integrativo, che sarà adottato successivamente, s’introducesse oltre quanto è già stato suggerito dall’onorevole Corbino anche questa possibilità di rimandare il riscatto nelle annate successive, mi appagherei, e non avrei ragione d’insistere.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Questa mattina, approvando l’articolo 48 proposto dalla Commissione abbiamo accettato di dividere i contribuenti per il termine di un anno nel caso di patrimoni prevalentemente mobiliari e di due anni nel caso di patrimoni immobiliari, e si è consentito al contribuente di chiedere una dilazione rispettivamente in quattro e sei anni. Evidentemente il contribuente che chiede la dilazione in quattro per uno o in sei per due anni, non può ricevere l’agevolazione del riscatto perché il massimo che gli si può concedere è che paghi subito l’imposta dovuta risparmiando solo il due per cento d’interessi applicati come mora per il ritardato pagamento. Tuttavia credo che il concetto espresso dall’onorevole Bertone non si debba lasciar cadere così. Noi potremmo pregare il Governo che, in sede di emanazione di quelle disposizioni che contemplano il riscatto dalla seconda «zona», come l’ha brillantemente definita il Ministro, detti qualche norma per il caso che il riscatto sia chiesto prima della scadenza dell’anno o dei due anni entro i quali l’imposta avrebbe dovuto essere pagata.

Credo che questo possiamo farlo a titolo di raccomandazione.

PRESIDENTE. Quale è il pensiero della Commissione?

LA MALFA, Relatore. Il caso contemplato dall’onorevole Bertone si pone nell’anno o nei due anni in cui c’è il debito d’imposta. Può sorgere la possibilità di riscatto dopo la scadenza del 30 novembre e prima del 31 dicembre 1948-49.

Appunto perciò la Commissione non ha voluto regolare questo caso perché dopo il 30 novembre il Governo potrà, in base all’esperienza, prendere opportuni provvedimenti. Mi associo alla raccomandazione ed accetterei l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Corbino per le quote integrative.

PRESIDENTE. Onorevole Ministro?

PELLA, Ministro delle finanze. Sono d’accordo con il Relatore.

ARATA. Chiedo la parola per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.

ARATA. È previsto o no un accertamento definitivo? In che cosa consiste l’accertamento definitivo? Lo si ha a dichiarazione? Con il concordato?

Ecco la mia domanda: Quante forme di riscatto abbiamo? Tre riscatti, cioè un riscatto in base a dichiarazione del contribuente; un secondo, che dovrebbe essere definitivo, in base a concordato; ed un terzo in base ad un eventuale accertamento delle Commissioni provinciali?

PRESIDENTE. L’onorevole Pella ha facoltà di parlare.

PELLA, Ministro delle finanze. In ordine al concetto della definitività di accertamento riassumo brevemente quale è il corso normale della procedura:

1°) dichiarazione del contribuente, oppure omessa dichiarazione del contribuente;

2°) attività accertatrice dell’ufficio in sede di rettifica della dichiarazione presentata oppure in mancanza della dichiarazione presentata;

3°) eventuale concordato col contribuente, oppure discussione davanti ai collegi, in modo da ottenere una decisione passata in giudicato, oppure una sentenza passata in giudicato qualora per questioni di diritto, esaurito il contenzioso amministrativo, si passasse davanti alla Magistratura ordinaria.

Allorquando noi ci troviamo davanti a un concordato o davanti a una decisione o una sentenza passata in giudicato, il patrimonio è definitivamente accertato, secondo il linguaggio tecnico tributario. È vero che in questo caso il concetto è inesatto perché l’articolo 46 lascia la possibilità di una ulteriore integrazione. Ma, onorevoli colleghi, non è la prima volta che in sede tecnica si incontrano termini che assumono un determinato significato, il quale si può scostare dal significato generale volgare. Abbiamo discusso sulle ragioni, a mio avviso insuperabili, per le quali sarebbe stato un errore sopprimere l’articolo 46.

Per quanto riguarda il problema dal riscatto, salvo la porta aperta dall’onorevole Corbino col suo emendamento, in cui si inserisce poi a titolo di raccomandazione l’emendamento dell’onorevole Bertone, è opportuno tener presente che il riscatto ha un significato se viene proposto entro il 31 dicembre 1948, per quanto riguarda i patrimoni prevalentemente mobiliari, entro il 31 dicembre 1949 per quanto riguarda i patrimoni prevalentemente immobiliari. Se entro quell’epoca ci si trova davanti ad un accertamento definitivo nel senso tributario della parola, quindi anteriore all’eventuale applicazione dell’articolo 46, può essere proposto un problema di riscatto rispetto a questo intero patrimonio in forza dell’emendamento dell’onorevole Corbino. In forza del testo che stiamo votando adesso, il riscatto sarebbe proponibile soltanto fino ai limiti della dichiarazione. Se invece quella definitività si verifica posteriormente al 31 dicembre 1948 o al 31 dicembre 1949, il problema del riscatto non può essere proposto che nei confronti del patrimonio dichiarato.

PRESIDENTE. Onorevole Cappi, mantiene il suo emendamento?

CAPPI. Rinuncio all’emendamento per la parte concernente il ripristino del testo governativo, purché il termine per il riscatto sia portato, come il Governo ha accettato, al 31 dicembre.

Per quanto riguarda invece l’aumento dal 20 al 30 per cento della quantità dei titoli del Prestito della ricostruzione da versarsi in conto riscatto, sono costretto ad insistere.

Propongo inoltre che il premio di riscatto sia elevato dall’8 al 10 per cento e, nel caso di patrimoni costituiti per almeno due terzi da cespiti immobiliari, dal 12 al 14 per cento.

PRESIDENTE. Sta bene. L’onorevole Micheli insiste nei suoi emendamenti?

MICHELI. Il primo emendamento è stato accettato, in quanto che io pure accetto le parole «in via provvisoria». Quanto agli altri due, giacché tanto la Commissione che il Governo ritengono di non poterli accettare, li ritiro.

PRESIDENTE. Procediamo allora alla votazione degli emendamenti. Iniziamo con la modifica proposta dall’onorevole Corbino per il primo comma dell’articolo 51, la sostituzione cioè della data del 31 dicembre a quella del 15 settembre.

Pongo ai voti la proposta di modifica dell’onorevole Corbino.

(È approvata).

Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Micheli. Al primo comma alle parole «accertatogli in via provvisoria» sostituire le parole «liquidatogli in via provvisoria».

(È approvato).

Pongo ai voti l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Corbino che diviene terzo comma nel testo della Commissione:

«Per il riscatto del deposito dovuto per maggiori accertamenti in confronto della dichiarazione, saranno dettate norme con successivo provvedimento».

BERTONE. Si potrebbe inserire come emendamento la mia raccomandazione, dire cioè: «Per l’eventuale riscatto dopo il primo anno sarà provveduto a ridurre il premio rispettivamente al 6 e all’8 per cento».

PELLA, Ministro delle finanze. Prego l’onorevole Bertone di limitarsi alla raccomandazione, perché dobbiamo armonizzare il concetto di riscatto dopo il primo anno col concetto dell’interesse aggiuntivo. Questo è l’aspetto delicato, che può suggerirci di restare sul terreno della raccomandazione.

BERTONE. Quando dico «per l’eventuale riscatto» dico che potrebbe anche non ammettersi.

PRESIDENTE. Credo che l’onorevole Bertone possa contentarsi della raccomandazione.

BERTONE. Purché risulti a verbale che la mia proposta è accettata dal Governo come raccomandazione.

PRESIDENTE. Resta inteso così; ella rinuncia all’emendamento e lo trasforma in raccomandazione che il Governo accetta.

Pongo ai voti l’emendamento Corbino, già letto.

(È approvato).

LA MALFA, Relatore. Desidero rilevare un errore di carattere tipografico. Nella seconda colonna dello stampato, a pagina 41, a fianco del comma: «In tutti i casi di versamento diretto in Tesoreria non compete alcun aggio all’esattore ed al ricevitore provinciale», manca la parola «identico», poiché quel comma rimane anche nel testo proposto dalla Commissione.

PRESIDENTE. D’accordo. Comunque era già stata data lettura dell’articolo nel testo esatto.

Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Cappi tendente ad elevare dal 20 al 30 per cento l’ammontare del riscatto che può essere versato con titoli del Prestito della ricostruzione aggiungendo la precisazione: «purché il contribuente dimostri di essere tuttora in possesso dei titoli sottoscritti».

Ricordo che il Governo e la Commissione hanno dichiarato di essere contrari a questo emendamento.

(Non è approvato).

Vi è poi un secondo emendamento dello stesso onorevole Cappi, che propone di elevare il premio di riscatto dall’8 al 10 per cento nel primo comma e dal 12 al 14 per cento nel secondo.

Quanto alla data in cui il versamento del prezzo del riscatto deve essere effettuato, Governo e Commissione sono concordi nel fissarla al 31 dicembre, e tale data è accettata dall’onorevole Cappi che rinunzia al termine del 10 gennaio 1948 inizialmente indicato.

Pongo dunque ai voti innanzi tutto la fissazione della data al 31 dicembre.

(È approvata).

Dovrò ora porre ai voti la proposta Cappi che porta i premi di riscatto rispettivamente al 10 e al 14 per cento.

LA MALFA, Relatore. Debbo un chiarimento all’onorevole Cappi ed è questo: per l’imposta proporzionale, riscattando si ha un abbuono del 10 per cento d’imposta. Ma in quel caso si tratta di 10 rate, qui si tratta di 6 rate, e l’8 per cento, comparato alla proporzionale, è un giusto tasso. Per queste ragioni di carattere obiettivo, la Commissione non accetta l’emendamento. Gli abbuoni vanno riferiti al tempo di anticipo del pagamento.

PRESIDENTE. Prego il Ministro delle finanze di esprimere il proprio parere.

PELLA, Ministro delle finanze. Il Governo non sarebbe stato contrario ad aumentare queste agevolazioni per il riscatto, soprattutto con il significato di rimettere all’Assemblea la decisione al riguardo. È esatto però che, quando si è detto l’8 per cento, «in funzione del cambiamento del sistema dell’imposta che scade al 31 dicembre, ecc.» si cercò un equivalente anche rispetto al 10 per cento per la proporzionale. Vorrei pregare l’onorevole Cappi di trasformare in raccomandazione questo suo emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Cappi, è d’accordo?

CAPPI. Sono d’accordo.

SCOCCIMARRO. Se non ho mal compreso mi pare che il Ministro abbia detto che accetta questa proposta a titolo di raccomandazione, ma in questa materia mi pare che la raccomandazione non vada. Qui si decide una aliquota od un’altra e qui il Governo non può mutare, di sua iniziativa l’aliquota. (Commenti).

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Una cosa è certa; che tutto quanto viene accettato a titolo di raccomandazione, agli effetti di un successivo provvedimento legislativo quale è quello che potrà nascere dall’ordine di idee enunciate dall’onorevole Corbino, fa parte di quel materiale preparatorio che viene appunto accolto con il cortese riguardo che è dovuto alla collaborazione che l’Assemblea può dare al Governo.

Tutto questo potrà entrare in un eventuale successivo provvedimento legislativo.

PRESIDENTE. Allora, onorevole Cappi, dopo le spiegazioni date dal Ministro delle finanze, conferma di ritirare il suo emendamento?

CAPPI. Sì.

CRISPO. Domando la parola.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Dichiaro di far mio l’emendamento Cappi.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento Cappi, fatto proprio dell’onorevole Crispo, con il quale si propone di portare il premio di riscatto dall’8 al 10 per cento e dal 12 al 14 per cento.

(Non è approvato).

Vi è infine l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Crispo:

«L’accertamento definitivo posto a base del riscatto non può essere in alcun modo modificato».

Lo pongo ai voti.

(Non è approvato).

L’articolo 51 si intende approvato con gli emendamenti testé votati.

DE VITA. Faccio presente che vi era anche un mio emendamento soppressivo dell’ultimo comma.

PRESIDENTE. Tale emendamento può ritenersi assorbito dalle votazioni effettuate.

Vi è la proposta di un articolo aggiuntivo 51-bis presentato dall’onorevole Clerici.

Mi sembra più opportuno che l’onorevole Clerici la ripresenti, se crede, come aggiunta all’articolo 60.

CLERICI. Sta bene.

PRESIDENTE. Segue l’articolo 52 che la Commissione accoglie nel testo ministeriale.

Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«L’Amministrazione finanziaria può, in qualsiasi momento, disporre d’ufficio il riscatto della imposta straordinaria sul patrimonio, quando vi sia fondato motivo che possa venir meno la garanzia del credito erariale».

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni l’articolo si intende approvato.

Passiamo all’articolo 53.

Se ne dia lettura nel testo proposto dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«È autorizzato il riscatto parziale per i singoli cespiti o per una frazione di essi, mediante il pagamento della corrispondente quota d’imposta, sempre quando l’Amministrazione finanziaria ritenga sufficientemente garantito dal restante patrimonio il residuo debito, ovvero quando venga offerta altra garanzia idonea.

«La somma da versare per il riscatto parziale si determina in base all’ammontare dell’imposta che si ottiene applicando al valore del cespite cui il riscatto si riferisce l’aliquota corrispondente al valore dell’intero patrimonio a norma dell’articolo 29.

«Il valore dell’intero patrimonio e quello della porzione di esso per la quale si chiede il riscatto sono determinati di ufficio, ai soli fini del riscatto stesso, in via provvisoria e senza pregiudizio, nei confronti del contribuente, delle rettifiche in più o in meno da effettuarsi sulle risultanze dell’accertamento definitivo».

PRESIDENTE. Su questo articolo, l’onorevole Micheli ha presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, sopprimere le parole: sempre quando l’Amministrazione finanziaria ritenga sufficientemente garantito dal restante patrimonio il residuo debito, ovvero quando venga offerta altra garanzia idonea».

«Sostituire il terzo comma col seguente: «Il riscatto parziale avviene con le modalità e gli effetti, anche nei confronti dei terzi, di cui al precedente articolo 51, determinandosi la parte di imposta da riscattare in proporzione dei valori dichiarati per ciascun cespite».

«Aggiungere, in fine:

«il riscatto parziale può essere chiesto ed accordato in ogni momento per le rate di imposta ancora dovute, durante il periodo di ratizzazione previsto dall’articolo 48».

Ha facoltà di svolgerli.

MICHELI. Come l’altra volta, continuerò ad esaminare brevissimamente gli emendamenti.

L’onorevole Ministro ha accennato all’importanza dell’istituto del riscatto e si è augurato che in larga misura accorrano i contribuenti a farne uso, dichiarando anche che, con questo, lo Stato intendeva di andare incontro alle legittime aspirazioni di coloro i quali chieggono che la commerciabilità degli stabili non venga turbata. Però ha aggiunto argomentazioni che vengono un poco a sminuire questa sua preambola dichiarazione…

Una voce a sinistra. Preambola?…

MICHELI. Non piace? La sostituiremo con qualche parola migliore; per ora affidiamo il nostro allobrogo modo di esprimerci all’onorevole Targetti, affinché voglia risciacquarlo in Arno!

Dicevo, appunto, che l’onorevole Ministro nella seconda parte, disse che effettivamente non c’era questa ragione di preoccuparsi gravemente della questione che si era messa in discussione nei riguardi del riscatto, perché effettivamente vi era stato l’esperimento dell’altra legge.

È vero, l’esperimento dell’altra legge c’è stato, molti anni fa, in altre situazioni, ed essa soprattutto è ben diversa da questa, per il sacrificio che si chiede ai contribuenti, attraverso aliquote molto più formidabili, le quali renderanno per molti più gravoso e più difficile il riscatto. D’altronde egli ha detto che, nel rispondere, si valeva dell’esperienza dell’Amministrazione; ora, io faccio osservare che l’Amministrazione non può possedere che una esperienza unilaterale non già quella di coloro i quali per l’arte e la professione loro controllano la formazione dei contratti e la stipulazione di essi e che si sono trovati, per un numero di anni notevolissimo, in mezzo a questo genere di affari.

E qui conviene accennare a quello che è l’ostacolo grave è cioè la difficoltà per la quale si rimandano tante stipulazioni. Posso assicurare l’onorevole Ministro che sempre sino a questi ultimi tempi, ogni volta che si faceva un atto, la tribolazione principale era proprio quella di andare ad appurare se la tassa sul patrimonio era pagata o meno e questo ha portato spesso incagli notevolissimi.

Io non affermo già che questi non si possano eliminare; al contrario dico che si possono eliminare con il riscatto, ma appunto per ciò lo Stato deve favorire il riscatto, anche per favorire la commerciabilità degli stabili, venendo ad ovviare ad una situazione che si annuncia veramente grave perché le Casse di risparmio e gli Istituti di credito fondiario hanno delle regole in materia che sono molto precise e rigide nella richiesta delle garanzie. Ecco dunque perché dico che la tassa sul patrimonio, per gli enti fondiari, è un forte ostacolo al loro funzionamento.

Ora, una quantità di contribuenti dovrà pure provvedere a pagare la patrimoniale con dei debiti. Finora c’era stato un flusso notevole di richieste oggi tutte ferine come se fosse calata una saracinesca. Ora, di tutto questo non possiamo non preoccuparci; e allora io dico: onorevole Ministro, bisogna in tutti i modi favorire il riscatto, renderlo snello, agevole, facilitarlo.

Di quello generale abbiamo già parlato; ma esso servirà a pochi: ed è di quello parziale che ora in modo particolare ci dobbiamo interessare, perché è il riscatto parziale che può maggiormente agevolare la commerciabilità degli stabili. Difficilmente infatti uno vende tutto il suo patrimonio e difficilmente si determinerà a riscattare l’intera tassa patrimoniale. L’onorevole Ministro lo sa e lo ha anche accennato: c’è la contrarietà generale al riscatto nella pubblica opinione; tanta gente, troppa sia pure, dice: a pagare c’è sempre tempo.

Ma vi è un secondo punto della questione; ed è che questi signori dicono anche: Se tu paghi, dimostri di avere quattrini in abbondanza e quindi ecco che tu sarai preso di mira dalla Finanza, che ti metterà in uno schedario speciale, sempre in vista!

Non basta dunque, onorevole Ministro, la sua dichiarazione che Ella non terrà conto di questo, perché c’è da tener presente la mentalità dei funzionari i quali, in quel benedetto metodo induttivo tanto in voga ora, come faranno a non trarre le illazioni che ho sopra prospettato?

Noi dunque, per avviare le pratiche di riscatto, dobbiamo essenzialmente agevolarle ed è soprattutto su quelle parziali che noi maggiormente ci dobbiamo fondare, anche perché sono quelle che rendono meglio il criterio, a cui appunto si è ispirata la Commissione, almeno a parole, di voler consentire la maggiore possibile libertà agli stabili.

Ora, il primo comma, così come è stato presentato nel testo del decreto, subordina l’operazione di riscatto parziale alla condizione che l’Amministrazione finanziaria ritenga sufficientemente garantito dal restante patrimonio il residuo debito, ovvero che venga offerta altra garanzia idonea. E allora noi, con questo criterio, veniamo a mettere in essere una delle garanzie, col sostituirne una coll’altra; e non vorrei che questi, in pratica, fosse un ostacolo alla concessione del riscatto parziale, perché la nuova garanzia richiede un apprezzamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, che deve essere basato sopra accertamenti e valutazioni i quali senza dubbio sono tali da neutralizzare il beneficio che la norma si propone, di rapido incasso da una parte per lo stato e della libera commerciabilità dei beni per il contribuente. È vero che è detto nell’articolo stesso che si deve fare in via provvisoria, ma in via provvisoria non vuol mica dire in via rapida, breve… ma che dopo dovrà passare al definitivo, e quindi altri esami, accertamenti. Le parole del Ministro a bene sperare danno ragione, ma ridebimus infra.

PRESIDENTE. Onorevole Micheli, veda di stringere!

MICHELI. Onorevole Presidente, mi pare d’esser stato stretto finora, ed io restringerò ancor di più, e la Commissione non so se potrà fare altrettanto nei suoi piacevoli favoleggiari.

Parmi necessario, per coordinare le disposizioni in materia di riscatto, di sopprimere nel primo comma le parole che ammettono che quando non si ritenga questo sufficientemente garantito, si possa sostituire con idonea garanzia. Non mi persuade troppo perché lasciamo una certa, forse troppa, latitudine ai funzionari. A maggiore garanzia dell’Amministrazione e per coordinare meglio le norme relative al riscatto, ho proposto anche l’altra forma: «Il riscatto parziale avviene con le modalità e gli effetti di cui all’articolo 51, determinandosi la parte di imposta da riscattare in proporzione dei valori dichiarati per ciascun cespite».

Tenuto presente, inoltre, che mentre il riscatto totale può effettuarsi per l’improrogabile data, ora portata al 31 dicembre, il riscatto parziale deve – mi pare che sia implicito nelle dichiarazioni fatte, ma non c’è nulla scritto; ed è per questo che io lo chieggo – avvenire anche durante l’intero periodo della rateazione dell’imposta, per le rate ancora da scadere.

Quindi, mi pare sia opportuno fare un esplicito cenno in coda a questo articolo, con un altro comma il quale dica: «Il riscatto parziale può essere chiesto ed accordato in ogni momento per le rate di imposta ancora dovute, durante il periodo di ratizzazione previsto dall’articolo 48».

Non voglio altro aggiungere, signor Presidente, per dimostrarle che sono stato di stretta osservanza.

PRESIDENTE. L’onorevole La Malfa è invitato ad esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti dell’onorevole Micheli.

LA MALFA, Relatore. Considero in blocco tutti e tre gli emendamenti dell’onorevole Micheli.

Questa questione del riscatto parziale, istituto che è stato introdotto per favorire i movimenti della proprietà immobiliare, ha dato luogo ad esperienze nel 1920-22, ed è stato il limite massimo di libertà di contrattazione che si è potuto dare al contribuente, non venendo meno alla necessità di garantire in maniera assoluta l’Amministrazione finanziaria.

Quindi, la Commissione non è favorevole ad accogliere gli emendamenti primo e secondo dell’onorevole Micheli.

Accetterebbe invece il concetto espresso nel terzo emendamento Micheli, però con una dizione un po’ più aderente alle necessità della determinazione di quando si può fare il riscatto. Io presento questo emendamento senz’altro.

PRESIDENTE. Si tratta dunque di un emendamento all’emendamento dell’onorevole Micheli.

Prego l’onorevole Ministro di esprimere il pensiero del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Mi associo alla Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Micheli, lei insiste nei due primi emendamenti? La Commissione ed il Governo si sono espressi negativamente.

MICHELI. La Commissione è stata così cortese nei miei riguardi che mi rimetto completamente a quanto vorrà fare: prenda i miei tre emendamenti e ne faccia quel tanto che crede sia opportuno. A me importava che fosse accolto il mio principio.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione, aderendo al concetto espresso nel terzo emendamento dell’onorevole Micheli, ha formulato l’ultimo comma dell’articolo nei seguenti termini:

«Il riscatto parziale dev’essere domandato al competente Ufficio distrettuale delle imposte dirette entro il giorno 10 del mese precedente a quello della scadenza di ciascuna rata d’imposta e si riferisce a tutte le rate non ancora scadute. Il versamento in Tesoreria dev’essere effettuato entro il mese di scadenza della rata stessa».

Il Ministro accetta questa formulazione?

PELLA, Ministro delle finanze. Accetto la nuova formulazione, soprattutto pensando a quel nuovo provvedimento che potrà nascere dall’emendamento dell’onorevole Corbino con la raccomandazione dell’onorevole Bertone.

PRESIDENTE. Pongo allora in votazione questo emendamento nella formulazione testé letta:

(È approvato).

L’articolo 53 si intende approvato con questo emendamento.

Passiamo all’articolo 54 (Capo X, Sanzioni).

Se ne dia lettura nel testo governativo accettato dalla Commissione:

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il contribuente che ometta di presentare la dichiarazione nei termini stabiliti è soggetto al pagamento di una sopratassa pari all’ammontare dell’imposta definitivamente accertata, ed è punito con l’ammenda da una metà all’intera somma dell’imposta stessa.

«La sopratassa stabilita nel comma precedente è ridotta ad un terzo, nei casi in cui il contribuente presenti la dichiarazione entro 60 giorni dalla scadenza del termine, e l’ammenda non si applica.

«Ove il contribuente presenti la dichiarazione nei termini stabiliti dall’articolo 30, omettendo l’indicazione di uno o più cespiti, è soggetto ad una sopratassa pari alla quota proporzionale di imposta definitivamente accertata sui cespiti omessi, ed è punito con l’ammenda dalla metà all’ammontare della quota stessa.

«La soprattassa prevista nel comma precedente è ridotta ad un terzo, ove il contribuente dichiari i cespiti stessi entro 60 giorni dalla scadenza del termine, e l’ammenda non si applica.

«Ove il contribuente dichiari un valore imponibile inferiore a quello minimo determinato secondo le norme degli articoli da 34 a 37, è soggetto ad una pena pecuniaria pari alla differenza tra l’imposta liquidata sul valore determinato secondo le norme degli articoli sopra citati e quella liquidata sul valore dichiarato.

«La pena pecuniaria non si applica quando l’imposta di cui l’Erario sarebbe stato defraudato non supera il quinto dell’imposta dovuta».

PRESIDENTE. A questo articolo è stato presentato il seguente emendamento dell’onorevole Bosco Lucarelli:

«Sostituirlo col seguente:

«Il contribuente che omette di presentare la dichiarazione nel termine stabilito è punito con una sopratassa del venti per cento.

«La sopratassa è ridotta alla metà se è presentata nei trenta giorni dal termine.

«Una eguale sopratassa del 20 per cento si applica per i cespiti omessi nella dichiarazione, e detta sopratassa è ridotta alla metà se i cespiti omessi vengano successivamente dichiarati nei 60 giorni dal termine».

Onorevole Bosco Lucarelli, mantiene l’emendamento?

BOSCO LUCARELLI. Sì.

PRESIDENTE. Ha facoltà di svolgerlo.

BOSCO LUCARELLI. Lo svolgerò brevissimamente.

A me sembra che l’articolo 54, come è stilato nel testo, porti una eccessività nelle penalità, eccessività che poi diventa ancor più gravosa se l’Assemblea approvasse l’emendamento degli onorevoli Scoccimarro e Veroni che vi aggiunge l’arresto fino ad un anno.

VERONI. Onorevole Bosco Lucarelli questo era legato al giuramento. Non essendo stato approvato il giuramento, l’emendamento mio e dell’onorevole Scoccimarro e il suo non hanno più ragione di essere.

BOSCO LUCARELLI. Io mi preoccupo dell’importo della sovratassa che è pari all’ammontare dell’imposta, tanto più che vi si aggiunge un’ammenda che va dalla metà dell’imposta all’intera imposta stessa. Il che significa che fra sovratassa e ammenda si può raggiungere il duecento per cento dell’imposta. Ora bisogna tener presente che i grossi contribuenti, ì grossi capitalisti difficilmente ometteranno la denunzia. Se qualche omissione vi sarà essa si verificherà tra i piccoli e i medi contribuenti. Forse la mia proposta sarà troppo tenue. Ma, fra il troppo dell’articolo 54 e il troppo tenue del mio emendamento, si può anche trovare una giusta via di mezzo.

Le cose sono ancora più gravi quando le stesse norme si applicano per i cespiti che non sono stati denunziati. Ora, l’omissione della denunzia di un determinato cespite può anche dipendere da cause occasionali che possono anche non essere frutto di un dolo. Né l’Amministrazione può assodare se c’è dolo o no. Allora, in questa omissione parziale, è tanto più gravosa la norma che può portare la penalità ad un duecento per cento fra sovratassa e multa. In altri termini, si assorbirebbe completamente il patrimonio. Ma questo non sembra giusto né regolare né opportuno, perché sopprimere interamente il cespite non è buona regola finanziaria.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Scoccimarro e Veroni hanno presentato i seguenti emendamenti:

«Dopo il secondo comma aggiungere il seguente:

«Trascorso inutilmente tale termine, il contribuente è punito, oltre che con le pene pecuniarie di cui al primo comma, con l’arresto fino ad un anno».

«Al terzo comma, dopo le parole: stabiliti dall’articolo 30, omettendo, aggiungere la parola: però».

L’onorevole Scoccimarro ha facoltà di svolgerli.

SCOCCIMARRO. Desidero confermare che le ragioni per cui avevo presentato l’emendamento aggiuntivo al secondo comma non esistono più, e quindi lo ritiro.

All’onorevole Bosco Lucarelli vorrei osservare che se il giuramento fosse stato accettato, avrei anche potuto comprendere una attenuazione dell’aspetto finanziario della sanzione, ma siccome quella proposta è stata respinta, a me pare che il testo presentato dal Governo sia abbastanza equilibrato.

Rinunzio anche all’altro emendamento, puramente formale.

PRESIDENTE. L’onorevole Caroleo ha posto il seguente emendamento:

«Aggiungere, in fine, il seguente comma:

«Per i depositi e conti presso istituti di credito e casse postali, omessi in tutto o in parte nella dichiarazione, la pena sarà corrispondente all’entità dei valori occultati. Questi, se ancora disponibili all’atto dell’accertamento d’ufficio, resteranno avocati allo Stato, in soddisfacimento della pena pecuniaria predetta».

Lo mantiene?

CAROLEO. Essendo rimasto il segreto bancario, ritiro l’emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. Resta allora soltanto l’emendamento dell’onorevole Bosco Lucarelli. Onorevole Bosco Lucarelli lo mantiene?

BOSCO LUCARELLI. Lo mantengo, salvo che il Governo non dichiari di attenuare la sovratassa.

PRESIDENTE. Domando il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. La Commissione è di parere contrario.

PRESIDENTE. Qual è il parere dell’onorevole Ministro delle finanze?

PELLA, Ministro delle finanze. Contrario.

PRESIDENTE. Onorevole Bosco Lucarelli, mantiene ugualmente il suo emendamento?

BOSCO LUCARELLI. Lo ritiro.

PREZIOSI. Faccio mio l’emendamento dell’onorevole Bosco Lucarelli.

PRESIDENTE. Dovrò allora mettere ai voti l’emendamento Bosco Lucarelli fatto proprio dall’onorevole Preziosi.

PELLA, Ministro delle finanze. Desidero chiedere all’onorevole Presidente, in relazione a due modifiche o integrazioni che il Governo intenderebbe proporre per la migliore efficacia nel sistema di sanzioni, se sono stati presentati altri emendamenti.

PRESIDENTE. No.

PELLA, Ministro delle finanze. Nel sistema delle sanzioni pregherei di introdurre due modifiche; una in senso d’integrazione delle sanzioni, perché rileggendo l’articolo 54 osservo che non esiste una specifica sanzione nel caso che sia stato dichiarato un debito inesistente.

Infatti l’articolo 56 non è idoneo per colpire questa ipotesi. L’articolo 56 contempla la cosiddetta frode contabile.

Poi avrei voluto affrontare il problema della sorte delle sanzioni nell’ipotesi di concordato, tenendo conto che il concordato è strumento di primissimo ordine per permettere all’Amministrazione finanziaria di arrivare alla definizione delle contestazioni.

Una voce. Che cosa propone per il concordato?

PELLA, Ministro delle finanze. Le vie possono essere due. Premetto che, nell’ipotesi di concordato, ritengo debbano concedersi attenuazioni alle sanzioni, altrimenti succede che una volta commessa la violazione il contribuente ha tutto l’interesse a portare la contestazione il più a lungo possibile, in quanto non ha nessun vantaggio a definire celermente.

L’agevolazione di cui si tratta potrebbe trovarsi in primo luogo nel quadro della legge organica del settembre 1931 che riguarda le dichiarazioni e le sanzioni in materia di imposte dirette. Il sistema – se la memoria non mi tradisce – è il seguente: le sanzioni per omessa dichiarazione sono ridotte alla metà o anche ad un quarto, se si tratta di ritardo inferiore al mese nella presentazione della dichiarazione, per le sopratasse a carattere civile e ad un quarto per l’ammenda, che ha carattere penale; mentre invece nel caso di infedele dichiarazione il concordato importa l’annullamento della sopratassa.

Se poi non vogliamo rientrare nel sistema tributario della legge del settembre 1931, potremmo adottare un diverso criterio.

Devo dichiarare che l’Amministrazione non ritiene sottinteso il richiamo alla legge del 1931, perché con il capo che stiamo discutendo, il quale s’inizia con l’articolo 54, regoliamo per intero tutta la materia; per cui malamente potrebbe sostenersi l’applicabilità delle disposizioni della legge del settembre 1931.

PRESIDENTE. Comunico che viene ora presentato alla Presidenza il seguente emendamento aggiuntivo al terzo comma dell’articolo. Esso è del seguente tenore:

«Al terzo comma, dopo le parole: o più cespiti, aggiungere: o dichiarando debiti che risultino fittizi».

L’emendamento reca le firme degli onorevoli Castelli Edgardo, Scoca, Coccia, Veroni, Nasi, Tosi, Castelli Avolio, Arcaini, Pesenti e Bassano.

Il Governo e la Commissione dichiarano di essere favorevoli a questo emendamento.

CANNIZZO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANNIZZO. Io desidererei un chiarimento, vale a dire se per debito fittizio si debba intendere anche il debito di cui non si riesce a giustificare l’impiego.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE, Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Credo che convenga adottare una formula che non lasci possibilità di equivoci. Se questa formula deve essere vasta, possiamo mettere in relazione la vastità della formula con la gravità della sanzione, eventualmente per attenuare quest’ultima. Io penso che dobbiamo configurare la sanzione per tutte quelle ipotesi in cui il debito denunciato nella dichiarazione non venga, per una qualsiasi ragione, ammesso in detrazione in sede di definizione dell’accertamento.

Se adottassimo una formula diversa, comprenderemmo soltanto una parte di questa ipotesi e forse incapperemmo in quella che è già contemplata nell’articolo 56.

Io pregherei cioè di considerare l’ipotesi del debito esposto e non ammesso. Lascio agli onorevoli proponenti di esaminare se possa trovare accoglimento un altro concetto; la legge del settembre 1931, se non erro, esonera dalla sanzione, quando l’esistenza del cespite da dichiarare poteva essere fondatamente messa in discussane. Anche qui si ammette la possibilità di un apprezzamento della buona fede in ordine alla esistenza del debito esposto. Comunque, salvo questo correttivo, pregherei di adottare la formula più ampia possibile.

PRESIDENTE. Allora, se non c’è nessuna modificazione di questo emendamento…

CANNIZZO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANNIZZO. Mi sembra molto grave questa situazione per cui pregherei il Governo di cercare di attenuare la disposizione, perché già in base a quelle che abbiamo detto stamani, parlando di presunzione e di debito contratto per vivere, oggi si può arrivare a una conseguenza ancora più grave; che ci sia un debito del quale non si può dimostrare l’impiego.

PELLA, Ministro delle finanze. Possiamo parlare di «debito inesistente».

DUGONI. Attenzione, si peggiora la situazione!

LA MALFA, Relatore. È molto più grave una sanzione per debito inesistente. «Debito fittizio», mi pare una espressione che dia il concetto di dolo o frode; «debito inesistente», non esiste per ragioni obiettive perché il creditore lo nega. C’è una disposizione che dice: se il creditore nega il debito, il debito non esiste.

Io direi di mantenere la formula «debito fittizio» che è una presunzione di frode al fisco.

CANNIZZO. Io intendo riferirmi a un’altra cosa; il debito che viene detratto dal passivo perché il contribuente non ne può dimostrare l’impiego. C’è l’articolo 22. Non dobbiamo aggiungere ingiustizia ad ingiustizia.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Mi pare che qui rientriamo in pieno nella questione che era stata rinviata quando abbiamo discusso l’articolo 23. All’articolo 23 il testo della Commissione diceva: «Quando l’esistenza di un debito di qualsiasi natura, denunciato dal debitore agli effetti della detrazione dal proprio patrimonio, è negato dal creditore, il rapporto giuridico è dichiarato inesistente a tutti gli effetti, anche fra le parti», ecc. Abbiamo discusso su questa formulazione e non ci siamo trovati d’accordo e si è pertanto rinviata la decisione su tutto l’articolo.

Ora rientriamo in pieno nella stessa questione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Relatore. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. Fittizio per me vuol dire che il debito è detraibile, cioè la Finanza lo deve mettere in detrazione, ma è fittizio nel senso che c’è una frode. Se il debito è inesistente, oppure se esiste e la Finanza non lo mette in detrazione, non si può applicare la sanzione.

BERTONE. Quale debito più fittizio di quello dichiarato di una persona che afferma di non essere stata mai creditore?

LA MALFA, Relatore. Se il creditore dichiara che il debito non esiste, evidentemente ci può essere un suo interesse. Allora, in quel caso, non è una dichiarazione fittizia, è una dichiarazione di debito inesistente. Fittizio è un debito che alla Finanza risulta come debito nel senso che ha tutti gli elementi per essere detraibile, e dall’accertamento risulta che è un debito fittizio.

BERTONE. Ma chi dichiara la fittizietà? La questione dei debiti deve essere affrontata organicamente.

DUGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Io cercherei di chiarire il problema dicendo che si deve parlare di passività invece che di debito per avere un concetto più generico e mantenere la parola «fittizio» oppure una parola che in altri termini contenga il concetto di dolosità. Si potrebbe adoperare, per esempio, la parola «simulazione». Si può parlare di passività simulata. Fittizio e simulato sono due concetti che si avvicinano.

CANNIZZO. In sostanza «fittizio» e «simulato» sono la stessa cosa; però io proporrei di introdurre questo: «I debiti, i quali, pur non risultando detraibili, sono veri»; in questo caso non vengono colpiti dall’imposta

Ci sono due criteri. Il credito è vero o simulato; se vero, può essere detraibile? no. I crediti veri non detraibili credo siano assimilati ai fittizio. Questo è il mio timore.

Prego di introdurre una formula tale, da escludere che gli uffici finanziari possano dare questa interpretazione molto restrittiva alla dizione «debito fittizio».

BUBBIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUBBIO. Nella passata seduta ho fatto la proposta che questa materia fosse sottoposta a revisione più approfondita, perché molto delicata, anche per interferenze di carattere legale e giuridico.

Siccome questa sanzione è una specie di conseguenza dell’articolo 23, faccio proposta formale perché questa materia sia rinviata allo studio dell’articolo 23; dopo di che collocheremo una sanzione anche in questo campo, a suo tempo.

TOZZI CONDIVI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOZZI CONDIVI. Una formula, sia pure ristretta, potrà dirimere la questione e lasciare minore possibilità di discussione. Direi: «debito già detratto dall’ufficio e riconosciuto fittizio».

Spiego questo mio concetto. Il contribuente presenta questo debito, lo discute con l’ufficio, il quale riconosce che è inesistente, in qualsiasi forma che non sia fraudolenta; l’ufficio detrae il debito; se poi accerta, in un secondo tempo, che il debito è fittizio, allora la sanzione deve essere applicata.

L’onorevole Bertone sosteneva che questa fittizietà potrà essere accertata attraverso l’azione giudiziaria; questo non importa. La sanzione verrà applicata quando verrà riconosciuta la fittizietà.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro.

PELLA, Ministro delle finanze. Bisogna riassumere i termini della questione. Vi sono debiti e debiti; vi sono debiti che saranno ammessi in detrazione, e debiti che non saranno ammessi in detrazione.

I debiti proposti nella dichiarazione e non ammessi poi in detrazione, hanno l’effetto che può avere la mancata dichiarazione di un cespite attivo. Cioè, il danno per la Finanza è di avere un’iscrizione provvisoria inferiore a quella che si sarebbe avuta, nell’ipotesi che il debito non fosse stato dichiarato. Questo è un danno comune a tutti i debiti, che non saranno ammessi; sia quelli che nascono da un comportamento fraudolento del contribuente, sia quelli che nascono da un comportamento di buona fede del contribuente. Ed è per questo che io, per la ipotesi del debito denunciato e non ammesso in detrazione, propongo di adottare quella stessa sanzione, di carattere civile, che è adottata nei confronti di chi dichiari per i cespiti in attivo valori inferiori a quelli minimi voluti dalla legge.

Ciò salvo migliore controllo e la inserzione dell’emendamento, là dove l’onorevole Castelli Avolio lo ritenga opportuno. Mi sembra così raggiunto un primo risultato. Se teniamo conto – e lo dico per tranquillità dell’onorevole Cannizzo – che noi abbiamo già posto il principio, che penso sarà accolto, di una attenuazione delle sanzioni nella ipotesi di concordato e siccome, con tutta probabilità, nel caso di presentata dichiarazione, le sanzioni di carattere civile finiranno per essere condonate, evidentemente il problema che poniamo presuppone la presentazione di una dichiarazione. Perciò io credo che il dichiarante, che in buona fede ha insinuato un debito, che poi non può essere ammesso in detrazione, avrà delle conseguenze solo se riterrà di affrontare il giudizio delle Commissioni. Sotto questa luce desidererei venisse messo il problema. Perciò, quale prima conclusione, prego di considerare l’ipotesi del debito inesistente e non soltanto del debito fittizio e di inserire la sanzione nel sistema delle sanzioni per chi dichiara un valore inferiore al minimo voluto dalla legge.

Esiste poi l’ipotesi del dolo, ma questa ipotesi è affiancata, alla messa in atto di una qualche cosa che è o una registrazione contabile o l’improvvisazione di un documento o l’iscrizione in un inventario. È l’ipotesi della frode contabile, contemplata dal successivo articolo 56 che si sovrappone alla sanzione di carattere civile, che riguarderà tutti i debiti.

D’altra parte, l’articolo 54 rientra nel sistema delle sanzioni in materia di imposte dirette perché trae origine (cito a memoria, e se sbaglio vi prego di correggermi) dall’articolo 18 della richiamata legge del 17 settembre 1931.

Per quanto riguarda i debiti fittizi, è necessario adottare un trattamento più grave, trattamento più grave che deriva dall’applicazione dell’articolo 56 che contempla l’ipotesi di un reato, e nella specie, un delitto; siamo al di là della contravvenzione ed infatti si parla di multa, non di semplice ammenda.

Perciò credo che la questione finisca per potersi risolvere senza rinvio.

È necessario che questa sanzione si riferisca alla dichiarazione di debiti inesistenti, inserendo l’ipotesi là dove si prevede il caso del contribuente che dichiara un valore imponibile inferiore a quello minimo determinato.

Prego l’onorevole Castelli Avolio di esaminare l’articolo e di concludere se l’inserzione nel punto che egli indica porti alle conclusioni alle quali il Governo vuole arrivare. Porta a quelle conclusioni? Allora non è il caso di rinviare.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Ritengo che in questa materia occorra andar cauti, per non mettere il fisco in una situazione difficile per l’accertamento della veridicità o della simulazione, ma io credo che si debba abbinare l’articolo 23 e sono per il rinvio.

Credo che noi potremo uscire da questo groviglio di difficoltà stabilendo il principio che possono detrarsi soltanto i debiti di data certa anteriore al 28 marzo 1947.

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Io sono favorevole al rinvio anche perché desidererei dal Governo un chiarimento su questo punto: che cosa avviene se nelle dichiarazioni il contribuente dichiara un debito vero e reale, fatto per sottoscrivere al prestito, e questo non dica, dal momento che si è voluta stabilire la disposizione – secondo me illogica e antigiuridica – che quel debito non si deduce?

Il debito è vero e reale – questa è l’ipotesi fatta dalla legge – ed il contribuente non aggiunge, per esempio, il perché lo ha fatto. Che cosa succede se il fisco scopre che il debito è vero e reale ma che il contribuente lo fece per sottoscrivere al prestito?

Gli impegni di esenzione assunti dal Governo dove vanno a finire?

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Bubbio, di rinviare la decisione su questa questione a quando sarà discusso l’articolo 23.

(È approvata).

Passiamo all’articolo 55, sul quale non sono stati presentati emendamenti. Se ne dia lettura nel testo governativo, accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Colui che, pur avendo un patrimonio che non raggiunge il minimo imponibile, è tuttavia tenuto a presentare la dichiarazione ai sensi dell’articolo 30, incorre, ove la ometta, nell’ammenda da lire 5000 a lire 30.000.

«Se presenta la dichiarazione con un ritardo non superiore a 60 giorni dalla scadenza del termine, l’ammenda è ridotta ad un terzo».

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, l’articolo si intende approvato.

Passiamo all’articolo 56, pure accettato dalla Commissione nel testo governativo. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Chiunque, allo scopo di occultare o sottrarre all’imposta straordinaria progressiva attività patrimoniali, altera i registri contabili, o omette negli inventari la iscrizione di attività, o vi iscrive passività inesistenti, o forma scritture od altri documenti fittizi preordinati a nascondere in tutto o in parte la verità, ovvero commette altri fatti fraudolenti diretti allo stesso fine, è punito con la multa da lire 10.000 a lire 5.000.000.

«Qualora gli atti di cui al precedente comma riguardino le società indicate nell’articolo 31, sono soggetti alla multa anche i rappresentanti legali delle società stesse».

PRESIDENTE. Su questo articolo è stato presentato un emendamento riguardante il primo comma, a firma degli onorevoli Rossi Paolo, Arata ed altri.

L’emendamento è così formulato:

«Alle parole: è punito con la multa da lire 10.000 a 5.000.000, sostituire le seguenti: è punito con la reclusione fino a 6 mesi e con la multa da lire 50.000 a 5.000.000».

L’onorevole Arata ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

ARATA. Noi intendiamo soltanto aggiungere alla penalità puramente pecuniaria contemplata nell’articolo 65, una pena detentiva, aumentando altresì il minimo della sanzione da lire 10 mila a lire 50 mila. Se vogliamo che in Italia si instauri un costume tributario è necessario incominciare a fare qualche cosa di serio. Purtroppo, l’Italia è la Nazione maggiormente generosa verso gli evasori nei confronti del fisco.

Ora, qui la materia prevista dall’articolo 56 contempla delle falsità ideologiche vere e proprie.

CRISPO. Sarà il Codice penale che provvederà.

ARATA. Questi non sono fatti punibili in base al Codice penale. Io penso, con i colleghi firmatari dell’emendamento, che un inasprimento delle sanzioni sia, oltre che giuridicamente, anche moralmente accettabile.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Noi potremmo superare l’emendamento Arata, facendo un rinvio al Codice penale per i reati che sono previsti in questa materia e che sono perseguibili con pene ancora più gravi di quelle che il proponente indica nel suo emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole La Malfa ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. La Commissione mantiene il testo del Governo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Mi associo al parere della Commissione.

Se può servire come formula di transazione, non ho difficoltà a suggerire di cominciare l’articolo 58 con un richiamo alle disposizioni del Codice penale: «Ferme restando le maggiori pene stabilite dalla legge, ecc.».

Effettivamente, l’articolo 58, s’aggiunge alle norme del Codice penale comune, perché colpisce una forma di falso ideologico sul piano dell’atto privato, mentre il Codice penale comune colpisce il falso ideologico soltanto negli atti pubblici.

PRESIDENTE. Passeremo ora alla votazione sull’emendamento proposto dagli onorevoli Rossi Paolo, Arata ed altri.

CRISPO. Chiedo di parlare, per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Dichiaro di votare contro, innanzi tutto perché ritengo che la sanzione pecuniaria contemplata nell’articolo 56 sia già di per sé eccessiva, una volta che consente una latitudine che va da un minimo di dieci mila lire ad un massimo di cinque milioni. Ma voto contro per un’altra ragione ancora, perché cioè non è possibile configurare in una legge speciale un reato di falso ideologico in scrittura privata, dal momento che, secondo le norme del Codice penale, non si riconosce la possibilità di configurare un falso ideologico in iscrittura privata punibile; cosicché si verrebbe a stabilire una contraddizione evidente fra il Codice penale che non contempla questo reato e l’attuale legge. (Commenti a sinistra).

Una voce a sinistra. E tutte le leggi annonarie?

CRISPO. Non capisco che cosa c’entrino le leggi annonarie!

Per queste ragioni dichiaro di votare contro.

SCOCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Desidero dichiarare, signor Presidente, che voterò contro, ma non già per le ragioni addotte dall’onorevole Crispo, perché ritengo perfettamente lecito che l’Assemblea possa creare una figura di reato una volta che essa sta a legiferare e una volta che non è in contrasto con la norma fondamentale del Codice penale.

Voterò contro, perché ritengo che in questa materia tanto più le pene sono gravi, tanto meno si applicano: è un concetto che ho ripetuto anche in seno alla Commissione, è un concetto la cui veridicità è confermata dall’esperienza. (Interruzione del deputato Gavina – Commenti).

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento.

(Dopo votazione per alzata e seduta e per divisione, è approvato – Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Ricordo all’Assemblea che, come è stato ieri deciso, l’esame di questo disegno di legge dovrà proseguire in seduta notturna. (Commenti).

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Sono stato io a chiedere ieri sera la seduta notturna. Essendo però venuto a conoscenza dell’intenzione del Relatore di chiedere il rinvio della discussione appena si sarà giunti all’articolo 68, dato che la Commissione non ha avuto tempo di esaminare gli emendamenti presentati al Titolo II e al nuovo Titolo sugli enti collettivi, penso che sarebbe inutile venire qui alle 22, per andarcene dopo poco.

Perciò propongo senz’altro il rinvio della discussione a domani mattina. (Approvazioni).

LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. La Commissione deve esaminare tutti gli emendamenti relativi all’imposta straordinaria patrimoniale proporzionale e deve esaminare il titolo aggiuntivo sugli enti collettivi.

Quindi si può scegliere: o esaurire tutti gli articoli fino all’imposta straordinaria proporzionale stasera, e domattina la Commissione si riserva di esaminare gli emendamenti sull’imposta proporzionale e sugli enti collettivi in modo che l’Assemblea possa discutere nel pomeriggio di lunedì; oppure rinviare gli articoli fino all’articolo 67 a domattina. Ma perderemmo un giorno.

Io sarei favorevole ad esaurire gli articoli stasera fino al 67, e lasciar libera la Commissione domattina per esaminare l’imposta straordinaria proporzionale e sugli enti collettivi e rinviare quindi la seduta da stasera a lunedì nel pomeriggio. E ciò perché, onorevoli colleghi, se noi esauriamo gli articoli fino al 67, domattina la Commissione sarà stanca e non potrà esaurire due argomenti: la proporzionale e gli enti collettivi. Quindi noi non siamo in grado di riferire su questi due titoli importantissimi che nella seduta di lunedì.

PRESIDENTE. Faccio osservare che, data la necessità di procedere speditamente nei lavori, una sospensione fino a lunedì non è possibile.

LA MALFA, Relatore. Onorevole Presidente, bisogna risolvere questo problema: se la Commissione non ha a disposizione la mattinata di domani per esaminare questi due importanti argomenti, li dovrà esaminare lunedì nel pomeriggio.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, domattina vi sarà seduta alle 9.30 per lo svolgimento di due interpellanze rivolte al Ministro della pubblica istruzione. Nel frattempo la Commissione potrà continuare i suoi lavori e giungere in seduta quando l’Assemblea avrà esaurito le interpellanze.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Desidero richiamare l’attenzione dell’Assemblea sul fatto che siamo di fronte a due problemi di estrema importanza che non possono essere liquidati dalla Commissione in breve volgere di tempo.

C’è un problema nuovo per il quale abbiamo un progetto di Governo. La Commissione deve avere il tempo di esaminarlo e non è da pensare che la Commissione possa sbrigarsene in mezz’ora o in un’ora. Io che per primo ero favorevole a fare sedute notturne anche tutti i giorni, non ritengo che ora sia il caso di fermarsi poco tempo stasera per poi dover lasciare e riprendere domani. Invece è molto più opportuno che la Commissione abbia stasera la possibilità di riunirsi e di riferire domani in Assemblea. Ma se ci convochiamo stasera, questa possibilità per la Commissione viene a mancare.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Io mi associo alla proposta Scoccimarro. La seduta notturna di oggi giungerebbe impensatamente e per molti di noi improvvisata.

PRESIDENTE. Non è affatto improvvisata. Era già stata predisposta.

MICHELI. Il lavoro che dovrebbe fare così l’Assemblea non sarebbe utile. È molto più utile che si riunisca la Commissione in modo da poter domani riferire.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Relatore di esprimere il suo avviso.

LA MALFA, Relatore. Devono essere ancora approvati, per arrivare alla imposta proporzionale, dodici articoli. Credo che la seduta di domani sarà impegnata per l’esame di questi dodici articoli. Ecco perché proponevo di esaminarli stasera.

PRESIDENTE. Vi è dunque la proposta dell’onorevole Scoccimarro, alla quale si è associato l’onorevole Micheli, di non tenere seduta stasera.

La pongo ai voti.

(È approvata).

Domani vi sarà seduta alle 9.30 per lo svolgimento delle due interpellanze al Ministro della pubblica istruzione e per il seguito della discussione del decreto sull’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, discussione che potrà farsi dopo che la Commissione, tenendo seduta stasera e domattina, avrà concluso il suo esame.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del tesoro, per sapere se ritengano tollerabile la situazione creata all’Opera nazionale invalidi di guerra, cui sono stati assegnati mezzi assolutamente inadeguati ad assolvere i compiti che le sono attribuiti dalla legge e che sono sempre più onerosi, sia per il crescente numero degli assistiti, sia per l’aumento dei costi, particolarmente degli apparecchi ortopedici e dei ricoveri ospedalieri e sanatoriali.

«Vigorelli, Bastianetto, Facchinetti, Fantuzzi, Carignani, Cavallari, Russo Perez».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro del tesoro, per sapere se, visto lo stato di arretratezza delle pratiche di pensione di guerra, le quali vanno accumulandosi in modo deplorevole, non ritengano di prendere radicali provvedimenti al fine:

1°) di mettere immediatamente la Direzione generale delle pensioni di guerra in grado di disporre di locali adatti e di personale adeguato, assegnandole gli uni e gli altri in numero sufficiente alle sue improrogabili necessità;

2°) di fare funzionare soddisfacentemente tutte le Commissioni mediche per le pensioni di guerra, dotandole della necessaria attrezzatura e del personale relativo.

«Cavallari, Russo Perez, Bastianetto, Fantuzzi, Giacchèro, Carignani».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro del tesoro, per sapere se – mentre appare doveroso sollecitare i lavori della Commissione interministeriale per la riforma della legislazione delle pensioni di guerra – non ritengano frattanto assolutamente equo ed urgente accogliere le richieste dell’Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra in ordine:

1°) all’adeguamento delle pensioni di guerra e relative indennità accessorie, in misura non inferiore a quanto accordato ai dipendenti statali;

2°) alla concessione di razioni viveri – come vigenti per i militari – a favore dei grandi invalidi, dei tubercolotici delle prime quattro categorie e dei mutilati incollocabili per legge.

«Carignani, Bastianetto, Giacchèro, Facchinetti, Cavallari, Fantuzzi, Russo Perez».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’interno e della pubblica istruzione, per sapere come intendano provvedere al ricovero ed all’educazione professionale dei minori infortunati civili, per cui in atto viene provveduto sporadicamente senza alcuna organicità e coordinamento; e se conoscono che di oltre 10 mila minori, i ricoverati non assommano che a poche centinaia.

«Per conoscere, inoltre, se intendono superare le difficoltà che si frappongono acché i collegi dell’ex G.I.L. vengano ceduti all’Opera nazionale per gli invalidi di guerra, che è l’Ente preposto per legge all’assistenza dei minori invalidi di guerra, e le ragioni per cui non è stato ancora assegnato alla predetta Opera l’ex collegio di Monte Mario in Roma.

«Bastianetto, Giacchèro, Carignani, Russo Perez».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se risulta rispondente a verità quanto è stato pubblicato dal quotidiano II Globo del 18 luglio 1947, secondo cui granoturco avariato per uso zootecnico viene venduto all’asta ad un prezzo più che raddoppiato o quasi triplicato rispetto a quello di lire 1600-1900 corrisposto dagli ammassi agli agricoltori, i quali in genere sono nel tempo stesso allevatori ed acquirenti di mangimi.

«Se gli risulta che il fatto denunziato dalla stampa alla pubblica opinione si riferisce ad un caso eccezionale di speculazione, che a nessun privato sarebbe consentita, oppure ad un sistema instaurato dagli enti ammassatori, i quali per sottoprodotti, commisti a materiale estraneo di ogni natura fino al 90 per cento, richieggono prezzi di gran lunga superiori ai prodotti genuini.

«Se l’onorevole Ministro ritiene simile commercio, monopolistico ed esoso, lecito e capace di favorire la produzione di carni, grassi, latticini con conseguente contrazione di prezzi.

«Miccolis».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’istruzione pubblica e del lavoro e previdenza sociale, per conoscere le ragioni che ritardano, pur in clima di progresso e di tutela del lavoro, la trasformazione dell’insegnamento della medicina del lavoro da complementare in fondamentale; e se non ritengano utile ed indispensabile, ai fini del concetto anzidetto, richiamare l’attenzione delle Facoltà mediche su tale necessità e su quella delle scuole di specializzazione nella materia medesima, specie nelle sedi universitarie, ove è notevole lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura industrializzata. È tempo di dare al lavoro la più ampia tutela anche e soprattutto con la formazione di medici specializzati e per la prevenzione e cura delle malattie dei lavoratori.

«Caso, Coppa, Capua, De Maria, Merighi, Fornara, Spallicci, Marconi, Rivera, Cavallotti, Maffi, Del Curto».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere le ragioni del lento procedere dei lavori per la sistemazione del porto di Riposto, in provincia di Catania, e soprattutto le ragioni per le quali non è stata ancora presa in considerazione e posta all’esame tecnico la costruzione del molo a nord della Chiesa della Lettera, costruzione che ha carattere di urgenza ed è indispensabile per evitare l’ulteriore insabbiamento dell’ormai ridottissimo specchio di acque e l’effettiva utilizzazione delle opere già eseguite. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Condorelli, Bonino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare ili Ministro della pubblica istruzione, per aver notizie – in relazione alla interpellanza annunziata nella seduta dell’Assemblea dell’11 settembre 1946, e rimasta senza discussione e senza risposta, per quanto seguita dalla interrogazione 13 febbraio 1947 – sulla irregolare situazione e sul funzionamento del Provveditorato agli studi di Siracusa, nel quale venne illegalmente riassunto (a seguito dell’assunzione fattane dal Comando alleato al tempo dell’occupazione) quale reggente il professore Agnello Giuseppe, già nominato preside del liceo di Castrovillari; e sulla illegale di lui permanenza nell’arbitraria reggenza, contro le precise segnalazioni dei giornali di diversi partiti sulla illegalità della di lui nomina e situazione, e malgrado la pendenza di un procedimento penale contro di lui, conseguenza di un oltraggioso libello ai danni dell’interrogante, a causa e nell’esercizio della funzione parlamentare. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Giovanni».

Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri della marina mercantile, della difesa e dei lavori pubblici, sul caso veramente singolare del piroscafo inglese Fisch Pool, affondato nel porto di Siracusa.

«Sta in fatto che il Comando delle forze navali britanniche del Mediterraneo nel dicembre 1945 aveva autorizzato il signor Malfitano Giovanni di Siracusa a recuperare il carico del piroscafo inglese Fisch Pool, affondato nel porto di Siracusa, con assegnazione del 50 per cento del recupero.

«Per assolvere al compito assunto il Malfitano provvide ai mezzi occorrenti, con enorme dispendio.

«Successivamente il Comando navale italiano, succeduto a quello britannico, ratificava la concessione, previa assicurazione assistita e controllata da un ufficiale del Comando marina di Messina ed a condizione che, oltre all’assegnazione del 50 per cento del recupero, fossero sgombrati gli esplosivi e fosse rimosso lo scafo della nave, senza altro compenso; condizioni pienamente accettate. All’uopo, venne redatto dal competente ufficio, con l’accettazione del Malfitano, apposito disciplinare. Senonché, all’atto dell’inizio dei lavori, sopravvenne un inspiegabile e tardivo ordine telegrafico di sospendere, ed interpostisi nella vertenza il Ministero della marina ed il Ministero dei lavori pubblici, sorpassando la concessione legalmente consentita dal Comando navale britannico a favore del Malfitano, ratificata dall’autorità italiana, venne disposto esperimento d’asta; al quale il Malfitano dovette necessariamente restare estraneo, limitandosi a protestare con atto del 21 febbraio 1947, notificato all’ufficio del Genio civile di Siracusa, a tutela dei propri diritti quesiti.

«L’aggiudicazione venne fatta ad una ditta di Genova e non s’intende come, e perché, il Ministero dei lavori pubblici disponeva lo stanziamento (secondo notizia apparsa nei giornali) della somma di lire 4 milioni per i lavori di sgombero!

«Intanto il ritardo di circa due anni alla esecuzione dei lavori, sollecitato ripetutamente dal Malfitano, aveva peggiorato le condizioni della nave e del carico; rimasto esposto ai marosi invernali, riducendo le possibilità del ricupero; e mentre il Malfitano aveva assunto l’obbligo della resa del 50 per cento, alla nuova ditta veniva ridotta al 32 per cento oltre l’accollo a carico dello Stato della spesa di lire 4 milioni. Tutto ciò, a parte il danno alle maestranze portuali siracusane, per essersi spostato, a favore di una ditta di Genova, che vi provvederà con mezzi e personale propri, un lavoro essenzialmente destinato all’impiego di mezzi e mano d’opera di Siracusa, e l’inevitabile responsabilità dello Stato a risarcire al Malfitano i danni ben gravi, per la arbitraria rottura degli impegni contratti e legalmente ratificati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Giovanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e delle finanze, per sapere come intendono risolvere il problema riguardante le richieste di revindica da parte dei legittimi proprietari (associazioni, ecc., o loro rappresentanti ed aventi causa) dei beni – specialmente immobili – dei quali il partito fascista li ha spogliati con la violenza o con atti di trasferimento viziati per la illiceità della causa, per violenza o per frode. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Sardiello».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere quale fondamento abbia la notizia diffusa che opera di sabotaggio abbia determinato il ritardo della costruzione del ponte ferroviario fra Bussi e Torre dei Passeri, con il conseguente procrastinarsi dell’apertura al traffico dell’intera tratta Pescara-Roma.

«Si chiede inoltre se non si ritenga necessario assicurare a tale percorso un più conveniente materiale risultando che sulla Sulmona-Roma si usano carri merci per trasporto viaggiatori, mentre la linea Pescara-Roma per la sua importanza non deve essere considerata un tronco secondario e trascurabile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Cotellessa».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e dei lavori pubblici, per sapere se non ritengano opportuno promuovere, siccome richiedono evidenti motivi di giustizia, la modificazione dell’articolo 16 del decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 261, nel senso di stabilire che i maggiori contributi fissati da questo decreto legislativo per le case coloniche vadano non soltanto alle case coloniche che si trovano «in borgate agricole», ma anche alle case coloniche sparse nei singoli poderi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

Lami Starnuti.

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere le ragioni per le quali gli agricoltori della provincia di Massa e Carrara da circa un anno non ricevono nemmeno risposta dall’ispettorato compartimentale dell’agricoltura di Firenze alle richieste di collaudo dei lavori di riparazione e ricostruzione di fabbricati rurali e case coloniche compiuti sin dal 1946. La stessa sorte hanno le istanze che chiedono autorizzazione a iniziare i lavori ancora da eseguire.

«Questa inspiegabile condotta dell’ispettorato compartimentale non solo non facilita la ricostruzione di quella plaga, che è fra le più danneggiate dalla guerra, ma ha suscitato e suscita il più vivo malcontento fra i numerosi interessati, i quali hanno contratto debiti per eseguire le opere di ricostruzione, fiduciosi nel concorso di cui al decreto-legge 12 febbraio 1933, n. 215 e nelle promesse del Ministero dell’agricoltura. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lami Starnuti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, perché consideri se non sia il caso – in attesa di una legge che disciplini in modo organico l’intera materia – di emanare una norma che consenta la alienabilità, almeno tra farmacisti, delle farmacie considerate in pianta stabile, che per la vigente legislazione non sono alienabili. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare ili Ministro dei trasporti, per conoscere se non ritenga opportuno, non essendosi creduto di dare subito inizio ai lavori di ricostruzione del tronco ferroviario Vairano-Isernia, disporre che siano eseguiti subito almeno i lavori di ricostruzione della parte del tronco Vairano-Roccaravindola, che sono di agevole esecuzione e non importano ingenti spese, perché non vi sono opere d’arte da ricostruire ed hanno, d’altra parte, importanza davvero vitale, perché il tronco stesso serve tutta la zona del Venafrano, Masteroduni ed i comuni numerosi dell’Alto Volturno. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno estendere le leggi emanate per la ricostruzione delle carriere amministrative, anche ai maestri elementari, che per ragioni politiche non poterono partecipare al concorso bandito con decreto-legge 8 luglio 1937, n. 1327, col quale si provvide alla sistemazione dei maestri forniti di abilitazione alla direzione didattica aventi cinque anni di incarico nella direzione delle scuole rurali. Vi sono maestri, che al concorso non poterono partecipare per mancanza di tale ultimo requisito, essendo stati in precedenza dimessi dall’incarico, appunto per ragioni esclusivamente politiche. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare ili Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se non ritenga opportuno estendere agli orfani della guerra 1915-18 i beneficî concessi agli orfani della seconda guerra mondiale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Mi­nistro della pubblica istruzione, perché con­sideri se non sia opportuno trasferire nei con­vitti, che non hanno economi, viceeconomi e istitutori di ruolo, quei funzionari di ruolo, che appartengono a convitti rimasti chiusi per cause dipendenti dalla guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Mi­nistro del tesoro, per conoscere le ragioni per le quali occorre che gli interessati attendano anni prima di poter riscuotere le pensioni, cui hanno diritto. Vi sono persone, che han­no dato più figli in un solo giorno alla Pa­tria e, pur nel lutto e nella miseria, dopo cin­que anni non ancora riescono ad avere quanto loro spetta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Mi­nistro del lavoro e della previdenza sociale, perché consideri se non sia necessario elevare l’attuale limite di lire 1500 (articolo 5 del re­gio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636) per l’obbligatorietà delle assicurazioni sociali per gli impiegati, dato che detto limite è oggi di gran lunga superato da tutte le categorie im­piegatizie. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Mi­nistro del lavoro e della previdenza sociale, perché consideri se non sia opportuno, per riparare a una situazione di vera ingiustizia, autorizzare l’ufficio contributi unificati e per esso le Commissioni comunali, di cui all’arti­colo 4 del decreto legislativo luogotenenziale 8 febbraio 1945, n. 75, a redigere elenchi di lavoratori agricoli a giornata, suppletivi de­gli elenchi compilati per l’anno agrario 1940- 1941, essendosi accertato che moltissimi lavo­ratori, che pure erano braccianti agricoli, non chiesero la iscrizione, ignorando, per il loro tenore di vita, le relative disposizioni, ed a redigere gli elenchi base per l’annata predetta nei comuni, in cui non lo furono affatto. (L’in­terrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri degli affari esteri e della difesa, per conoscere se e quali nuove informazioni siano giunte al Governo circa la sorte dei militari dell’Armir ed in particolare per sapere se, in relazione ad una precedente interrogazione presentata dall’interrogante fin dal 23 aprile 1947, siano alfine pervenute le richieste informazioni sulla serietà del giornalista americano Stevenson che, con lettere datate da Cabul e pubblicate nel giornale II Buon Senso di Milano nel marzo scorso, nonché sul periodico l’Unione Monregalese, ha affermato che esistono confinati in Siberia sedicimila prigionieri italiani; e soprattutto se sia stata controllata l’attendibilità di tali affermazioni, le quali, specialmente in provincia di Cuneo, che ha dato decine di migliaia di alpini all’Armir, hanno suscitato nuove speranze in tante famiglie, imploranti una soluzione definitiva al loro dubbio angoscioso. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bubbio».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere se, in adesione ai voti elevati da ogni regione, non si ritenga doveroso di concedere la croce di guerra ai militari periti nella Campagna russa, in riconoscimento del supremo sacrificio compiuto in condizioni inenarrabili da decine di migliaia di giovani, scomparsi nella ritirata dal Don, senza lasciare traccia né del nome, né della data del decesso, né del luogo di loro sepoltura. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Russo Perez, Bubbio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, per sapere se non credano giusto ed umano un adeguato aumento del misero emolumento di complessive lire 19.500, dato a fine d’anno scolastico agli insegnanti delle scuole sussidiate, per le quali lo Stato non ha il peso del pagamento, né di aule scolastiche, né di bidelli. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno e l’Alto Commissario per l’alimentazione, per sapere se loro risulti che il pacco U.N.R.R.A., concesso dal precedente Ministero De Gasperi, è stato distribuito, in provincia di Salerno, solamente agli impiegati residenti nel capoluogo e non anche a quelli residenti negli altri comuni, degni pur essi di aiuto, e se intendano dare disposizioni alla S.E.P.R.A.L. di Salerno, perché tale fatto non abbia a ripetersi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa e l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, per sapere se ritengano opportuno, in considerazione della benefica attività che svolge il Centro radiomedico internazionale (C.I.R.M.) per l’assistenza radio-sanitaria agli equipaggi delle navi italiane ed estere in navigazione, per l’assistenza al personale dei semafori e del piccolo naviglio della Marina militare, ed infine per l’assistenza radio-aero-sanitaria alle popolazioni delle piccole isole del Mediterraneo, distaccare dei medici militari ponendoli alle dipendenze della direzione di esso C.I.R.M., che non ha alcun contributo dallo Stato e svolge la sua azione per l’opera disinteressata di un gruppo di medici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Rescigno».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno inscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 20.10.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 9.30:

  1. – Svolgimento di interpellanze.
  2. Seguito della discussione sul disegno di legge:

Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).