Come nasce la Costituzione

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SABATO 12 LUGLIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CLXXXIII.

SEDUTA DI SABATO 12 LUGLIO 1947

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Congedo:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14)

Presidente

Rescigno

De Vita

Bosco Lucarelli

Caroleo

Scoca

Pella, Ministro delle finanze

Tosi

Corbino

La Malfa, Relatore

Bertone

Condorelli

Perrone Capano

Pesenti

De Mercurio

Balduzzi

Cifaldi

Perlingieri

Bulloni

Castelli Avolio

Dugoni

Scoccimarro

Fabbri

Bubbio

Carboni Angelo

Marinaro

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Pella, Ministro delle finanze

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

Sull’ordine dei lavori:

Scoccimarro

Presidente

La seduta comincia alle 9.30.

PRETI, il Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo l’onorevole deputato Fogagnolo.

(È concesso).

Seguito della discussione sul disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio (14).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sul disegno di legge: «Convalida del decreto amministrativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio (14)».

Riprendiamo l’esame del decreto, all’articolo 9. Se ne dia lettura nel testo proposto dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I terreni si valutano in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, mediante applicazione al reddito imponibile dominicale, risultante dalla revisione disposta con il regio decreto-legge 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976, di coefficienti stabiliti dalla Commissione censuaria centrale.

«Le scorte dei terreni agrari, anche se dati in affitto, si valutano in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, mediante applicazione ai redditi imponibili agrari iscritti in catasto, depurati dalla parte corrispondente al lavoro direttivo, di coefficienti stabiliti dalla Commissione suddetta.

«Quando le scorte sono di spettanza del proprietario e del colono, la quota di reddito agrario da attribuirsi al colono è determinata dall’ufficio distrettuale delle imposte, salvo ricorso alle Commissioni amministrative.

«I fabbricati si valutano in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, mediante applicazione alla loro consistenza di coefficienti determinati dalla Commissione censuaria centrale.

«Le aree fabbricabili si valutano in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, determinati caso per caso».

PRESIDENTE. Su questo articolo sono stati presentati vari emendamenti. Vi è anzitutto quello dell’onorevole Rescigno, del seguente tenore:

«Al primo comma, dopo le parole: I terreni si valutano in base ai valori medi, aggiungere la parola: stimati».

L’onorevole Rescigno ha facoltà di svolgerlo.

RESCIGNO. Due parole sole, tanto più che la proposta aggiunta della parola «stimati», più che costituire un emendamento, è determinata dall’esigenza di chiarire e di fissare bene un punto essenziale; perché a me sembra che il sistema di valutazione escogitato dalla legge della quale ci stiamo occupando, sia un sistema piuttosto farraginoso, macchinoso; né credo che altri possa suggerirne uno migliore. Forse sarebbe stato più opportuno continuare nel sistema attuale, un po’ superficiale, sbrigativo, ma evidentemente più economico, quello cioè di moltiplicare gli attuali valori per un coefficiente fisso. Ad ogni modo, osservo questo: che la legge dice che i terreni si valutano in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947; mentre tecnicamente avrebbe dovuto dire meglio: in base ai valori venali in comune commercio del periodo indicato, così come si è fatto per le precedenti leggi di imposta sul patrimonio.

La locuzione che si è adoperata lascia comprendere appunto che il Governo e la Commissione si sono preoccupati di ciò e hanno compreso che base della valutazione non potevano essere le compravendite effettuate in questo periodo, perché influenzate da circostanze straordinarie, da circostanze anormali, contingenti, come ad esempio il grande squilibrio tra l’offerta limitata e la domanda vasta, gli investimenti fatti dagli arricchiti di guerra, decisi ad investire a qualunque costo, a sbarazzarsi della carta moneta.

Ora, il valore deve essere depurato di tutte queste circostanze anormali; e credo che questo sia anche il pensiero della Commissione censuaria centrale, la quale intende riferirsi appunto ad un valore stimato.

Perciò, con questo emendamento, io intendo soprattutto precisare e chiarire questo concetto: che si tratti, cioè, di valori «stimati».

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole De Vita:

«Al primo comma del testo governativo sopprimere: in base ai valori medi del 1946».

Ha facoltà di svolgerlo.

DE VITA. L’emendamento da me proposto è soltanto di carattere formale; esso non tocca la sostanza della disposizione ed è connesso all’altro emendamento da me presentato all’articolo 10.

PRESIDENTE. Si limiti ad illustrare quello all’articolo 9.

DE VITA. Debbo riferirmi anche a questo secondo emendamento, perché è strettamente connesso al primo.

Con il mio primo emendamento, risulterebbe più chiaro l’articolo 9, il cui testo sarebbe il seguente:

«I terreni si valutano mediante applicazione al reddito imponibile dominicale, risultante dalla revisione disposta con il regio decreto-legge 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976, di coefficienti stabiliti dalla Commissione censuaria centrale».

Ora, i coefficienti come sonò determinati? Questa domanda mi ha suggerito l’altro emendamento all’articolo 10, cioè di proporre l’aggiunta al primo comma, dopo le parole «per zone economiche agrarie» delle parole «in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947». Il primo comma dell’articolo 10 suonerebbe così: «Il coefficienti per la valutazione dei terreni e relative scorte sono stabiliti per zone economiche agrarie, in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, e con riguardo alla qualità di coltura ed alla classe di produttività».

Sostanzialmente non muta niente. Ripeto, si tratta soltanto di un emendamento di carattere formale.

PRESIDENTE. L’onorevole Bonomi Paolo ha presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, secondo rigo, sostituire le parole: 1° luglio 1946-31 marzo 1947, con le seguenti: 1° gennaio-31 dicembre 1946».

«Al secondo comma, terzo rigo, sostituire alle parole: del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, le seguenti: del periodo 1° gennaio-31 dicembre 1946».

«Dopo il terzo comma aggiungere il seguente:

«Per proprietari coltivatori diretti il reddito agrario al quale si dovranno applicare i coefficienti di cui al precedente comma verrà depurato della parte corrispondente alle anticipazioni colturali».

L’onorevole Bonomi non è presente.

BOSCO LUCARELLI. Faccio miei questi emendamenti, rinunciando a svolgerli.

PRESIDENTE. Sta bene.

L’onorevole Caroleo ha presentato il seguente emendamento al quarto comma:

«Sostituire il quarto comma col seguente:

«I fabbricati si valutano in base ai valori medi dell’anno 1946, tenuto conto del reddito effettivo alla stessa epoca, in relazione ai provvedimenti vincolistici intervenuti dal 1915 in poi e distinguendo tra cespiti sbloccati e cespiti soggetti ancora alle restrizioni di legge».

L’onorevole Caroleo ha facoltà di svolgerlo.

CAROLEO. Dirò poche parole. La posizione dei proprietari di fabbricati è abbastanza nota. Le condizioni difficili di questa categoria di abbienti (che può dirsi benemerita perché la proprietà edilizia risponde preminentemente a quella funzione sociale che si va affermando nel campo della proprietà), le condizioni difficili – dicevo – risalgono al 1917, allorché intervenne il primo blocco – non per merito allora dei comunisti, ma dei liberali – ed il blocco stabiliva anche l’istituzione di alcune Commissioni arbitrali per l’equo affitto. Dal 1917 si andò, sempre in regime vincolistico, al 1927, in cui si consentì soltanto che il canone potesse essere quadruplicato rispetto alla consistenza del 1914, e si consentì anche che i proprietari potessero conseguire un certo adeguamento all’imposta che andavano a pagare, stabilendosi così il principio – in via generale – che al proprietario di fabbricati fosse soltanto concesso di esigere quanto poteva essere sufficiente per pagare l’imposta.

Dopo il 1927, ci troviamo di fronte al decreto del 1934, per cui si disse che – poiché la lira si era rivalutata e potevamo ormai contare sulla lira oro – bisognava che si riducessero anche le pigioni che erano state vincolate dal 1917 in poi, e si apportò una decurtazione variabile dal 12 al 15 per cento.

È sui canoni così ridotti che poi giuoca quel tale aumento (perché c’è il periodo 1936-1945, durante il quale il blocco delle locazioni di fondi urbani è perfetto); giuoca appunto dopo la diminuzione del 12-15 per cento quell’aumento, prima del 30 e poi del 25, che è stato apportato dalle nuove disposizioni.

Naturalmente questo ha rappresentato, onorevoli colleghi, la piena espropriazione della proprietà edilizia, anzi ha rappresentato un trasferimento di questa proprietà dai titolari del diritto di dominio agli inquilini, i quali si sono sostituiti ai proprietari con un appetito che non ha forse precedenti in nessuna storia dell’economia. Gli inquilini fanno speculazione attraverso il subaffitto, non solo, ma anche attraverso la vendita. È a tutti noto che a Roma, se si vuol vendere un fabbricato bloccato, bisogna pagare un prezzo al proprietario ed un prezzo, a volte anche maggiore – in ogni caso almeno uguale – agli inquilini. In tale situazione interviene prima l’imposta ordinaria che si sta pagando. Noi sappiamo che cosa sta avvenendo fra le popolazioni meridionali per i possessori dell’unica casetta, per i pensionati, per i funzionari dello Stato che avevano fondato tutte le risorse della loro vecchiaia nell’unica casetta: piangono in mezzo alle strade, vanno girando presso questo o quell’istituto per aver i mezzi onde fronteggiare questa imposta ordinaria. Si è sentito dire qui, anche da parte dell’illustre Relatore della Commissione, che si è esercitato, per quell’imposta, largamente il riscatto. Ma, quando si fa questa affermazione, bisogna dire a iniziativa di chi questo riscatto è stato operato; perché, se gli accertamenti si fossero eseguiti, ad esempio in Calabria, si sarebbe visto che il riscatto si è potuto attuare soltanto a iniziativa di proprietari di uliveti, di agrumeti e di castagneti, ma non di proprietari di fabbricati; perché i possessori di fabbricati vanno svendendo attualmente le loro case per adempiere a questo dovere, indiscutibilmente insopprimibile, di concorrere al risanamento finanziario dello Stato. Espropriazione, dico, e anche soppressione dell’iniziativa privata in questo campo, perché abbiamo veramente qui assistito a una specie di collettivizzazione: il primo esperimento, che non è merito dei comunisti ma dei liberali del 1917, come ho già detto. Ora, che cosa chiedo con questo emendamento? Anche i proprietari dei fabbricati, che non esistono più, hanno il dovere di concorrere al risanamento della finanza nazionale; però, compiamo una volta tanto questo atto di giustizia, riconosciamo che questi proprietari devono rispondere per quello che hanno, per quello che è stato loro lasciato. E, quindi, ogni valutazione non si allontani da quello che è il primo, fondamentale elemento di ogni stima di cespiti mobiliari ed immobiliari, cioè dal reddito. Ci sono fitti sbloccati ed i proprietari paghino in relazione al reddito dello sblocco; ma si tenga anche conto dei canoni vincolati. In secondo luogo, bisogna fissare l’epoca in riferimento alla quale questa valutazione deve essere fatta. Il Governo proponeva in base ai valori medi del 1946. La Commissione estende dal luglio 1946 al marzo 1947; ma ricordiamo che questo è il più grave periodo inflazionistico: c’era la minaccia del cambio della moneta, si correva dietro ai proprietari per ottenere, con le lusinghe di molta carta, delle cessioni di immobili. Perché far coincidere con questo momento la valutazione dei fabbricati?

Io parlo anche a nome del collega Veroni, che ha pure presentato un emendamento in proposito, così formulato: Al quarto comma, sostituire alle parole: «ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947» le parole: «ai valori medi alla data del 1° gennaio 1946».

Interpreto specialmente i voti di una vasta categoria, cioè dell’Associazione nazionale dei piccoli proprietari, che si vede posta in condizioni assolutamente impossibili, e mi auguro che l’emendamento dell’onorevole Veroni ed il mio possano riscuotere il consenso di questa Assemblea.

PRESIDENTE. Segue un secondo emendamento presentato dall’onorevole Rescigno:

«Al quarto comma, dopo le parole: I fabbricati si valutano in base ai valori medi, aggiungere la parola: stimati».

L’onorevole Rescigno ha facoltà di svolgerlo.

RESCIGNO. Valgano le stesse considerazioni fatte per i fabbricati.

PRESIDENTE. L’onorevole De Mercurio ha già svolto il seguente emendamento:

«Modificare il quarto comma nel modo seguente:

«I fabbricati si valutano in base ai valori medi dell’anno 1946, mediante applicazione alla loro consistenza di coefficienti determinati dalla Commissione censuaria, per le diverse destinazioni, o diverso adattamento delle singole sue parti».

Invito la Commissione ad esprimere il proprio parere sugli emendamenti presentati all’articolo 9.

SCOCA. A nome della Commissione, dichiaro di ritenere che l’aggiunta della parola «stimati», proposta dall’onorevole Rescigno, sia superflua, perché evidentemente nel concetto dei valori medi è incluso il concetto della stima.

RESCIGNO. Tenevo a che risultasse stabilito questo. Dopo tale dichiarazione, posso anche rinunziare ai miei emendamenti.

SCOCA. L’onorevole De Vita, il quale sposterebbe dall’articolo 9 all’articolo 10 la frase «in base ai valori medi dell’anno 1946» (ovvero, secondo il testo modificato dalla Commissione, la frase «nel periodo dal 1° luglio 1946 al 31 marzo 1947») ha dichiarato che questo non implicherebbe una modificazione sostanziale.

La Commissione ritiene di non potere accettare la proposta, perché, altrimenti, bisognerebbe spostare anche altre dizioni, come quella del secondo comma dell’articolo 9; quindi bisognerebbe riordinare un po’ tutto; ma, dal momento che si tratta di correzione formale, si corre il rischio, per correggere, di fare un danno maggiore; quindi, è meglio lasciare così.

L’onorevole Bonomi propone il ritorno al testo del Governo per quanto riguarda la data. Ma siccome la Commissione è stata essa a proporre lo spostamento della data, in ciò è implicito il rigetto degli emendamenti Bonomi.

Riguardo all’emendamento proposto dall’onorevole Caroleo, sono perfettamente convinto delle ragioni da lui addotte; ma mi pare che la Commissione ne abbia già tenuto conto, nell’includere all’articolo 10 questo concetto della discriminazione fra fabbricati, secondo che siano o no soggetti a regime vincolistico. Più in là la Commissione non crede di poter andare, cioè non crede di accedere al concetto più ampio esposto dall’onorevole Caroleo, che si tenga conto dei provvedimenti vincolistici emanati dal 1915 in poi.

Non possiamo andare a date tanto lontane, perché si complicherebbero la stima e le valutazioni.

D’altra parte, si tratta di imposta sul patrimonio, e il valore del patrimonio dipende, in gran parte, dal reddito, poiché, secondo i principî economici, il valore del patrimonio equivale alla capitalizzazione del reddito.

Se ci sono delle circostanze, che influiscono a far divergere dal concetto economico, queste devono essere tenute presenti anche dal legislatore, che fa una legge finanziaria, perché bisogna colpire il patrimonio per quello che è.

Indubbiamente, questo elemento vincolistico, questo fatto che dai fabbricati non si ritrae il reddito, che si potrebbe in regime di assenze di vincoli e perciò li pone in stato di svantaggio rispetto ad altri beni, influisce sulla valutazione.

La Commissione ha introdotto questo concetto nell’articolo modificato e più in là non può andare.

Sull’emendamento De Mercurio, per le stesse ragioni, la Commissione esprime parere contrario.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Per quanto riguarda gli emendamenti dell’onorevole Rescigno, sia in ordine ai terreni, sia ai fabbricati…

PRESIDENTE. L’onorevole Rescigno ha dichiarato di rinunziarvi.

PELLA, Ministro delle finanze. Allora sta bene.

Per quanto riflette gli emendamenti dell’onorevole Bonomi, che in sostanza vogliono riproporre il sistema del testo governativo, il Governo potrebbe essere tentato di aderirvi. Ma, per deferenza, il Governo ha accettato le modifiche della Commissione: perciò non posso che respingere gli emendamenti dell’onorevole Bonomi.

Per l’emendamento dell’onorevole Caroleo, nella prima parte, valgono le considerazioni esposte in ordine all’emendamento Bonomi.

Il riferimento ai valori dell’anno 1946 rappresenta il sistema proposto dal Governo, che la Commissione ha modificato. Quindi il Governo è d’accordo con la Commissione nel respingere questa parte dell’emendamento.

Per la seconda parte, l’emendamento sembra superfluo, perché, come ha osservato l’onorevole Scoca, già all’articolo 10 si fa riferimento al regime vincolistico come ad un elemento ai fini della valutazione.

Aggiungo che tutto questo era già implicito nel testo governativo, perché nella determinazione dei valori, va tenuto conto di tutti gli elementi, compresa la possibilità di reddito.

Per quanto riguarda l’emendamento dell’onorevole De Mercurio valgono le stesse considerazioni, nel senso che il concetto del riferimento all’anno 1946 è superato dalle proposte della Commissione.

Analoga osservazione debbo fare per l’emendamento dell’onorevole Veroni.

Per quanto concerne l’emendamento dell’onorevole De Vita, convengo con l’onorevole Scoca che sul suo contenuto potremmo dichiararci tutti d’accordo. Ma devo osservare che si tratta di una questione soltanto formale, e non mi sembra sia il caso di rendere più pesante il nostro lavoro, sconvolgendo il sistema dell’articolazione.

TOSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOSI. A proposito degli emendamenti presentati dall’onorevole Bonomi e dall’onorevole De Mercurio, vorrei far presente – a nome della Commissione – che se non possono essere accettati come emendamenti da inserire nel testo, potrebbero però essere tenuti eventualmente presenti dal Governo come raccomandazione per un criterio da dare alle Commissioni nella valutazione.

Infatti, l’onorevole De Mercurio parla di una valutazione da determinarsi tenuto conto delle diverse destinazioni o dei diversi adattamenti dei singoli immobili, e l’onorevole Bonomi parla di determinazione dei valori per i coltivatori diretti, valutando i loro terreni e detraendoli dall’importo delle anticipazioni colturali. Queste, praticamente, sono dei debiti ed entrano nel concetto generale; si tratta, insomma, di criteri di valutazione che non possono evidentemente essere inseriti nella legge, ma di cui il Governo potrebbe tener conto per le sue eventuali determinazioni.

PRESIDENTE. Domando all’onorevole Bosco Lucarelli, che ha fatto propri gli emendamenti dell’onorevole Bonomi Paolo, se li mantiene.

BOSCO LUCARELLI. Li mantengo.

PELLA, Ministro delle finanze. Concordo nella richiesta della Commissione di accettare a titolo di raccomandazione i suggerimenti di cui al terzo comma, dell’emendamento Bonomi e di cui alla seconda parte dell’emendamento De Mercurio.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Volevo chiedere alla Commissione ed al Governo un chiarimento circa le sanzioni che sarebbero applicate a carico del contribuente il quale ignorando i valori che saranno stabiliti dalla Commissione censuaria centrale, potrebbe credere di essere esonerato dall’obbligo di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta. In questo modo noi introduciamo, nel fatto dell’obbligo della dichiarazione, un elemento di incertezza che, probabilmente, peserà sul 60-70 per cento delle dichiarazioni.

TOSI. Se ne parlerà quando tratteremo delle sanzioni.

PRESIDENTE. Onorevole Corbino, ha udito. La Commissione assicura che se ne parlerà al momento opportuno.

LA MALFA, Relatore. Si può chiarire senz’altro. In definitiva il contribuente deve fare la dichiarazione in base all’imponibile già accertato, e tutto il resto verrà concordato dopo. Non si può quindi cadere in nessuna sanzione.

CORBINO. Non mi sembra. Supponiamo che io ho un cespite colpito in base a un imponibile attuale di un milione. Sono pertanto esentato dall’obbligo della dichiarazione. Viene la Commissione censuaria…

LA MALFA, Relatore. L’obbligo della dichiarazione c’è sempre in base agli imponibili già accertati.

CORBINO. Per chi ha un patrimonio superiore ad un milione e mezzo. Per chi abbia, invece, un patrimonio inferiore a tale cifra non c’è obbligo di dichiarazione. Chi ha l’obbligo di dichiarazione per un milione e mezzo e ha fatto la dichiarazione in sede di accertamento, si vedrà mutare i valori che formano l’imponibile per l’imposta straordinaria, ma chi credeva di essere nel limite di esenzione…

LA MALFA, Relatore. Vorrei sentire prima il parere del Governo. Ad ogni modo credo che, essendoci obbligo di dichiarazione solo degli imponibili accertati, quando non c’è imponibile non ci può essere sanzione. La cifra di un milione e mezzo stabilisce il limite della obbligatorietà.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sui vari emendamenti. Si dovrebbe iniziare da quello presentato dall’onorevole De Vita al primo comma.

DE VITA. Se l’onorevole Ministro e la Commissione ritengono che il mio emendamento non valga a chiarire meglio l’articolo, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene. Seguono gli emendamenti dell’onorevole Bonomi Paolo, fatti propri dall’onorevole Bosco Lucarelli.

BOSCO LUCARELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCO LUCARELLI. Dopo le dichiarazioni del Governo, che accetta come raccomandazione l’emendamento al terzo comma, non vi insisto. Insisto invece sui due emendamenti al primo ed al secondo comma, con i quali si intende riportare la valutazione all’intero anno 1946, anziché fissarla al periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, come proposto.

Prego il Governo e la Commissione di accettare tali emendamenti.

PRESIDENTE. Ricordo che la Commissione ed il Governo hanno espresso parere contrario.

Pongo ai voti l’emendamento al primo comma proposto dall’onorevole Bonomi Paolo e fatto proprio dall’onorevole Bosco Lucarelli.

(Non è approvato).

Pongo ai voti l’emendamento al secondo comma dello stesso onorevole Bonomi Paolo.

(Non è approvato).

Pongo ai voti l’emendamento dell’onorevole Caroleo, sostitutivo del quarto comma.

CORBINO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Io voto a favore dell’emendamento Caroleo per quanto non sia del tutto d’accordo sulla forma che egli ha adoperato per esprimere il suo concetto. In sostanza, non vorrei tener conto dei provvedimenti vincolistici che vi sono stati dal 1915 ad ora: sono passati trent’anni! Piuttosto, vorrei che le Commissioni censuarie centrali tenessero conto di quelle che potranno essere le probabilità del regime vincolistico nei riguardi dell’avvenire, perché in sostanza se noi valutiamo, agli effetti dell’imposta, i fabbricati in base ai valori medi corrispondenti ai prezzi realizzati nei contratti di compra-vendita, che sono stati stipulati in questo ultimo anno, oppure in base al costo delle nuove costruzioni, noi evidentemente veniamo a determinare dei valori patrimoniali che non hanno nessun riferimento con la realtà, specialmente nei riguardi delle abitazioni bloccate.

Ecco perché anche se in questa sede, per ragioni di equilibrio generale della legge, noi non vogliamo modificare il sistema che si è introdotto, è bene che il Governo tenga presente che la legislazione sugli affitti la fa lo Stato e non l’hanno fatta né gli inquilini, né i proprietari di case. Ora, lo Stato non può, in sede di imposizione, ignorare una serie di provvedimenti che nella sua potestà ha creduto necessario di prendere; ma deve tener conto anche delle conseguenze che derivano su coloro che devono pagare l’imposta.

Ecco perché vorrei che, per lo meno, l’emendamento Caroleo fosse tenuto presente come una raccomandazione al Governo, perché ne tenga conto in sede di quei provvedimenti integrativi che certamente dovranno venire, dopo che avremo convalidato questo decreto legislativo.

BERTONE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Dichiaro che voterò contro l’emendamento dell’onorevole Caroleo, pur consentendo nella opinione espressa dall’onorevole Corbino che del contenuto di esso sia tenuto conto come raccomandazione.

Voterò contro perché questo emendamento porta a sostituire, ad un criterio che deve essere generale per tutta l’Italia nello stabilire i metodi con cui si debbono fare le valutazioni (criterio che verrà applicato dalla Commissione censuaria centrale), altri criteri che non si sa da chi dovranno essere applicati, e che potranno essere applicati con criteri diversi da ufficio ad ufficio, da regione a regione, portando disparità in una materia che deve essere regolata da una legge uniforme.

Quindi, rimango al testo della Commissione; e, se si vuole intendere che il suggerimento dell’onorevole Caroleo debba essere tenuto presente come raccomandazione, sarà la Commissione censuaria che dovrà raccogliere questa raccomandazione.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Nella speranza che il Governo e la Commissione tengano conto del mio emendamento nella forma di una raccomandazione, potrei ritirarlo.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Bisogna tener presente un fatto: che i proprietari di fabbricati hanno già dato largamente il loro contributo alla difesa della lira. Non si tratta di pensare al valore attuale, ma bisogna pensare che questa imposta sul patrimonio è stata già largamente pagata dai proprietari, sotto altra forma, e in modo esorbitante.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.

LA MALFA, Relatore. Faccio notare ai colleghi che la Commissione si è preoccupata di questo, e all’articolo 10 ha aggiunto la dizione: «discriminando i fabbricati a seconda che siano soggetti o no al regime vincolistico».

Credo che questa aggiunta della Commissione valga a stabilire un criterio rigoroso in sede di valutazione ed in relazione al regime vincolistico.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Non solo aderisco alle considerazioni dell’onorevole Relatore, nel senso che la Commissione censuaria centrale, in sede di determinazione dei valori, dovrà farsi carico, per le categorie dei fabbricati soggetti a regime vincolistico, di quelle che sono le ripercussioni del vincolo; ma vorrei, nell’ordine di considerazione di quanti si preoccupano dei fabbricati vincolati, sottolineare quello che succederà a mano a mano che ci allontaneremo dal 28 marzo.

Se non si stabilirà diversamente quando discuteremo l’articolo 10, i valori dei fabbricati vincolati saranno determinati in relazione alla entità, alla incidenza del vincolo nel periodo di riferimento 1° luglio-31 marzo.

Ora, è legittimo prevedere che, nel prossimo futuro, la disciplina dei fitti potrà essere soggetta a revisione.

Faccio naturalmente delle ipotesi, che non intendono costituire alcuna indicazione rispetto a quella che può essere la politica del Governo, perché evidentemente non ne sarebbe questa la sede.

Ora, se, per ipotesi, nel 1949, anno in cui effettivamente comincerà a pesare l’imposta (perché nel 1948, prevalentemente, si comincerà a pagare sulla base delle dichiarazioni) il regime vincolistico sarà attenuato, quale sarà la conseguenza?

Che i proprietari di fabbricati vincolati pagheranno in un’epoca in cui il vincolo sarà minore, rispetto a valori determinati nell’epoca in cui il vincolo era più rigoroso.

Dico questo, non già per ipotizzare un qualche emendamento che possa rendere più rigorosa la valutazione, ma perché desidero sottolineare due punti: primo, che l’articolo 10 emendato secondo il testo della Commissione consente di tener conto delle preoccupazioni dei proprietari vincolati; secondo, che i proprietari vincolati finiranno per trovarsi in una situazione di particolare facilitazione e cioè di pagare, forse in un’epoca in cui il regime di vincolo sarà meno rigoroso, sopra valori accertati con riferimento ad un regime di vincolo più rigoroso. (Commenti).

CAROLEO. Dopo le spiegazioni del Ministro delle finanze non posso non insistere sul mio emendamento. Conosco il destino di questo emendamento; ma intendo che l’Assemblea rifletta sull’opportunità di respingerlo o di accoglierlo. Vuol dire che, se non sarà accolto, ognuno avrà assunto la propria responsabilità di fronte ad una categoria di proprietari che sono stati completamente espropriati in Italia.

Io non mi preoccupo tanto dell’espropriazione quanto delle conseguenze che questa espropriazione può avere; già non costruisce più nessuno in Italia; costruisce lo Stato e per ogni piccolo vano comincia già a far pagare, per le case popolari, mille e più lire mensili.

PRESIDENTE. L’onorevole La Malfa ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. Pregherei l’onorevole Caroleo di non insistere nel suo emendamento, diversamente metterebbe in forse l’importanza della modifica che la Commissione ha introdotto all’articolo 10.

A noi è parsa talmente chiara la direttiva che abbiamo segnato alla Commissione centrale all’articolo 10, che il respingere l’emendamento Caroleo potrebbe prendere senso diverso da quello che ha.

CAROLEO. Vorrei semplicemente osservare che non avevo ignorato questa difficoltà per la Commissione censuaria, perché naturalmente la raccomandazione, il suggerimento era per la Commissione censuaria centrale e non per gli uffici distrettuali.

PRESIDENTE. Dopo le osservazioni del Relatore ritira l’emendamento, onorevole Caroleo?

CAROLEO. Sì, lo ritiro, trasformandolo in raccomandazione, e credo che in questo possa ottenere il voto unanime dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Sta bene. Segue l’emendamento dell’onorevole De Mercurio al quarto comma.

Non essendo presente, s’intende che vi abbia rinunziato.

Vi è ora da porre ai voti un emendamento sostitutivo del quarto comma, proposto dall’onorevole De Vita.

DE VITA. Desidero illustrare questo mio emendamento.

PRESIDENTE. Le avevo già dato facoltà di parlare per illustrare tutti i suoi emendamenti all’articolo. Comunque, illustri ora questo emendamento. Rammento che esso è così formulato:

«Sostituire il quarto comma con il seguente:

«I fabbricati si valutano mediante applicazione alla loro consistenza dei valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947 determinati dalla Commissione censuaria centrale per singole unità immobiliari».

DE VITA. Attribuisco importanza a questo emendamento, perché, se si può parlare di coefficienti di valutazione per i terreni, non si può più parlare di coefficienti di valutazione per i fabbricati. Se per i fabbricati si fa ricorso al catasto edilizio, dobbiamo parlare di unità immobiliare tipo e di valori che si riferiscano all’unità immobiliare tipo.

Ritengo di aver così chiarito il mio emendamento.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore a pronunciarsi al riguardo.

LA MALFA, Relatore. Non comprendo lo spirito dell’emendamento. Esprimo parere contrario.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

PELLA, Ministro delle finanze. Anche il Governo è contrario.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole De Vita.

(Non è approvato).

Quanto all’emendamento dell’onorevole Veroni, si intende assorbito in quello dell’onorevole Caroleo, trasformato in raccomandazione.

L’articolo 9 s’intende così approvato nel testo proposto dalla Commissione.

Passiamo all’articolo 10.

Si dia lettura del testo proposto dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I coefficienti per la valutazione dei terreni e relative scorte sono stabiliti per zone economico-agrarie, con riguardo alla qualità di coltura ed alla classe di produttività.

«I coefficienti per la valutazione dei fabbricati sono stabiliti per ogni comune, con riguardo alle categorie ed alle classi istituite per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, ai sensi del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito nella legge 11 agosto 1939, n. 1249, discriminando i fabbricati, secondo che siano o no soggetti a regime vincolistico».

A questo articolo sono stati presentati tre emendamenti. Il primo, a firma degli onorevoli Crispo, Morelli Renato, Bozzi e Cifaldi è del seguente tenore:

«Aggiungere alle parole: discriminando i fabbricati secondo che siano o no soggetti a regime vincolistico, le seguenti: con riferimento al reddito vincolato».

Essendo assenti tutti gli onorevoli presentatori, s’intende che abbiano rinunciato a svolgerlo.

PERRONE CAPANO. Lo faccio mio.

PRESIDENTE. Sta bene; allora ha facoltà di svolgerlo.

PERRONE CAPANO. Io credo che l’emendamento valga a chiarire ancor meglio di quanto non abbia fatto la Commissione il testo del secondo comma dell’articolo 10 e assorba il contenuto della discussione che si è svolta poco fa intorno all’emendamento dell’onorevole Caroleo.

Il testo del secondo comma dell’articolo 10, così come è stato formulato dalla Commissione, detta in ultimo: «…discriminando i fabbricati secondo che siano o no soggetti a regime vincolistico». L’emendamento propone di aggiungere a questo punto le parole «con riferimento al reddito vincolato», perché in questa maniera riesca più preciso e più chiaro che le Commissioni debbono tener conto in concreto del reddito vincolato.

PRESIDENTE. Segue un emendamento al secondo comma, a firma dell’onorevole Veroni:

«Al secondo comma, alle ultime parole: regime vincolistico, aggiungere le altre: tenendo conto della data iniziale del blocco subito da ciascun fabbricato ai fini di una graduazione dell’entità di limitazione del reddito».

L’onorevole Caroleo ha dichiarato di far suo anche questo emendamento. Intende svolgerlo?

CAROLEO. Lo mantengo rinunziando a svolgerlo.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento dell’onorevole De Vita:

«Al primo comma, dopo le parole: per zone economico-agrarie, aggiungere: in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947».

L’onorevole De Vita ha facoltà di svolgerlo.

DE VITA. Rinuncio al mio emendamento, in quanto esso è collegato con quello proposto al precedente articolo, che non è stato approvato dall’Assemblea.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore a esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti all’articolo 10.

LA MALFA, Relatore. Vorrei pregare i presentatori di emendamenti di non insistere, perché mi pare naturale che il regime vincolistico debba venir considerato solo in sede di accertamento di reddito. Noi qui specifichiamo concetti che sono impliciti nel testo della Commissione.

PERRONE CAPANO. Dichiaro di non insistere.

CAROLEO. Anch’io non insisto.

PRESIDENTE. L’articolo 10 si intende allora approvato nel testo della Commissione.

Passiamo all’articolo 11.

Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I coefficienti previsti negli articoli precedenti sono predisposti dall’Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali, la quale li comunica, per tutti i comuni di ciascuna provincia, alle singole Commissioni censuarie comunali ed alla Commissione censuaria provinciale.

«Le Commissioni censuarie comunali hanno facoltà di presentare, entro trenta giorni dall’avvenuta comunicazione dei coefficienti, alla Commissione censuaria provinciale le proprie osservazioni sui coefficienti stessi.

«Entro novanta giorni dall’avvenuta comunicazione dei coefficienti alla Commissione censuaria provinciale, questa inoltra, con le proprie proposte, alla Commissione censuaria centrale, per il tramite dell’Ufficio tecnico erariale, contemporaneamente per tutte le zone economico-agrarie e per tutti i comuni della provincia, le osservazioni che siano state formulate dalle Commissioni censuarie comunali.

«La Commissione censuaria centrale, tenute presenti le proposte presentate in termini dalle Commissioni censuarie provinciali e sentita l’Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali, stabilisce in via definitiva i coefficienti per ciascuna zona economico-agraria e per ciascun comune».

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Vorrei fare una precisazione di forma circa i termini previsti nell’articolo.

Si dice, nel secondo comma, che «le Commissioni censuarie comunali hanno facoltà di presentare, entro trenta giorni dall’avvenuta comunicazione dei coefficienti alla Commissione censuaria provinciale le proprie osservazioni sui coefficienti stessi». E poi si prosegue: «Entro novanta giorni dall’avvenuta comunicazione dei coefficienti alla Commissione censuaria provinciale, questa inoltra, ecc.».

Ora, questi novanta giorni da. quando decorrono? Perché le Commissioni censuarie comunali sono molte; per ogni Comune vi è la Commissione censuaria comunale: una può presentare le sue osservazioni il primo giorno, un’altra il quindicesimo, un’altra il trentesimo e così via. Quindi non si sa esattamente la decorrenza di questi novanta giorni, entro i quali la Commissione provinciale deve inoltrare queste osservazioni.

Io suggerirei, perciò, di dire: «Entro novanta giorni dalla scadenza dei trenta giorni di cui al termine del comma precedente». Così la decorrenza è sicura.

CORBINO. Si potrebbe dire: «Entro i successivi novanta giorni».

LA MALFA, Relatore. Non abbiamo difficoltà; se il Governo accetta.

PELLA, Ministro delle finanze. D’accordo.

PRESIDENTE. Il terzo comma secondo l’emendamento Bertone suonerebbe così:

«Entro novanta giorni dalla scadenza dei trenta giorni di cui al comma precedente, ecc.»

LA MALFA, Relatore. Forse la formula suggerita dall’onorevole Corbino: «Entro i successivi novanta giorni» è migliore.

BERTONE. No, perché i successivi novanta giorni possono riferirsi ai Comuni che hanno presentato le osservazioni in data diversa. Io voglio riferirmi alla scadenza dei trenta giorni, cioè ad una data fissa: è una questione di precisione.

CORBINO. Diamo mandato al Governo o alla Commissione di studiare la formula migliore.

LA MALFA, Relatore. La Commissione propone la dizione: «Entro novanta giorni dalla scadenza del termine sopra stabilito».

PRESIDENTE. Pongo allora ai voti la formula proposta dall’onorevole Relatore.

(È approvata).

L’articolo 11 si intende approvato con l’emendamento testé votato.

Passiamo all’articolo 12, il cui testo è accettato dalle Commissione nella formulazione proposta dal Ministero. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Contro le valutazioni dei terreni, eseguite dagli Uffici distrettuali delle imposte dirette con i coefficienti indicati negli articoli precedenti, i contribuenti possono ricorrere alle Commissioni amministrative per questioni riflettenti la non corrispondenza dei fondi alla qualità di coltura risultante dal catasto. Gli Uffici distrettuali delle imposte possono, a loro volta, rettificare le risultanze catastali, quando esse non corrispondano alla qualità di coltura, salvo il diritto del contribuente di ricorrere, contro la rettifica, alle Commissioni suddette.

«Contro le valutazioni dei fabbricati eseguite dagli Uffici distrettuali delle imposte con i coefficienti indicati negli articoli precedenti, i contribuenti possono, ai soli fini dell’imposta straordinaria sul patrimonio, ricorrere alle Commissioni amministrative per questioni riflettenti l’assegnazione del fabbricato alla categoria o alla classe, quando la destinazione o le caratteristiche di esso siano, in atto, notevolmente diverse da quelle dell’unità tipo, approvate dalla Commissione censuaria centrale come rappresentative della categoria o classe cui il fabbricato è stato assegnato».

PRESIDENTE. A questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti.

Il primo è quello dell’onorevole De Mercurio, già svolto, così formulato:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«Contro la valutazione dei terreni, eseguita dagli uffici in base alle risultanze catastali ed ai coefficienti indicati negli articoli precedenti, i contribuenti possono ricorrere alle Commissioni amministrative per la non corrispondenza alle qualità di coltura risultanti dal catasto. D’altra parte gli uffici potranno rettificare la valutazione dei terreni da essi effettuata, nel termine di un anno dall’eseguita notifica dell’accertamento, tutte le volte che le risultanze catastali non corrispondano allo stato di fatto e che si siano verificati errori di calcolo».

L’onorevole Rescigno ha proposto il seguente emendamento:

«Al secondo comma, dopo le parole: per questioni riflettenti, aggiungere le parole: la natura, la consistenza o».

Ha facoltà di svolgerlo.

RESCIGNO. Dirò brevi parole d’illustrazione del mio emendamento e prego i colleghi di prestare una cortese attenzione, trattandosi di un argomento di importanza sostanziale.

L’applicazione dell’articolo 12 presuppone l’esistenza del catasto edilizio urbano, il quale adesso è invece soltanto in formazione, in base alla legge 11 agosto 1939 n. 1249; e che io sappia, in nessun comune del territorio nazionale il nuovo catasto è stato reso pubblico.

Ora, i dati di questo catasto non sono definitivi. Non sono definitivi non solamente riguardo all’assegnazione del fabbricato alla classe o alla categoria, ma non sono neanche definitivi riguardo alla consistenza, cioè riguardo al numero dei vani che compongono il fabbricato, e – quello che è più grave – non sono neanche definitivi riguardo alla natura urbana o rustica o industriale o commerciale del fabbricato stesso.

Ora, l’articolo 12 limita il ricorso del contribuente alle questioni riflettenti l’assegnazione del fabbricato alla categoria o alla classe, in maniera che il contribuente non ha nessuna difesa contro le valutazioni ingiuste, contro indebite pretese della Finanza e, soprattutto, contro le duplicazioni di imposizione. Infatti, queste duplicazioni d’imposizione potranno essere molto estese, perché nel nuovo catasto edilizio urbano si trovano accertati molti cespiti, molti fabbricati i quali attualmente sono censiti al rustico, e poi si trovano accertati tutti i fabbricati industriali e commerciali.

D’altro canto, il valore dei fabbricati rurali è contenuto già istituzionalmente nel valore dei fondi rustici dove essi si trovano, così come i fabbricati industriali e commerciali sono contenuti nel valore delle rispettive aziende industriali e commerciali.

Difatti all’articolo 17 si dice che «le aziende industriali e commerciali si valutano nel loro complesso, tenuto conto dei vari elementi che li compongono, sulla base ecc.».

Di modo che il pericolo della duplicazione di valutazione è grave ed esteso.

Più grave ancora è la mancata concessione al contribuente del ricorso contro l’accertamento che si riferisce alla consistenza. Perché? Perché il famoso catasto edilizio in formazione adotta al riguardo delle unità e dei metodi molto complicati, che solamente gli iniziati conoscono; e per giunta, questi metodi sono anche un po’ arbitrari, perché non sono contenuti in quella legge 11 agosto 1939 n. 1249, né sono contenuti in alcun regolamento, perché non c’è stato nessun regolamento per questa legge.

Ne consegue che contro questi abusi, contro questi metodi, contro queste unità complicatissime – che, ripeto, soltanto pochi iniziati possono comprendere – al contribuente non è dato nessun riparo, nessun rimedio.

Di qui la necessità di dare al contribuente la facoltà di ricorrere non solamente contro l’assegnazione alla classe o alla categoria, ma anche contro l’accertamento della consistenza o della natura del fabbricato.

PRESIDENTE. Segue l’emendamento presentato dagli onorevoli Foa, Pesenti, Scoccimarro e Valiani:

«Aggiungere il seguente comma:

«Qualora il valore dei fabbricanti risultante dall’applicazione dei coefficienti di cui all’articolo 9 sia superiore di almeno un quinto al valore medio effettivo del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, il contribuente può chiedere all’ufficio distrettuale delle imposte l’accertamento del valore effettivo e l’applicazione dell’imposta in base ad esso. Contro l’accertamento dell’ufficio è concesso il ricorso alle Commissioni amministrative. Il ricorso non sospende l’iscrizione a ruolo dell’imposta».

In assenza dell’onorevole Foa, ha facoltà di svolgerlo l’onorevole Pesenti, secondo firmatario.

PESENTI. L’emendamento proposto risponde ad un senso di giustizia perché la valutazione meccanica fatta in base ai coefficienti, stabilita dall’articolo 9, può essere non corrispondente a quello che è l’effettivo valore dei fabbricati. Per questo, quando lo scarto sia superiore ad un quinto, cioè al 20 per cento del valore effettivo del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, il contribuente può avere il diritto di ricorrere per stabilire la giusta valutazione di mercato indicata dalla media.

Per quel che riguarda questo emendamento, ripeto che noi crediamo che esso risponda ad un senso di giustizia. Mi è stato fatto rilevare il pericolo che possa aprire una breccia nel sistema, e per questo ci rivolgiamo al Governo per sentire il suo parere in proposito.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore a esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

LA MALFA, Relatore. La Commissione trova molto limitativo nell’emendamento De Mercurio il termine di un anno dato agli uffici distrettuali per rettificare la valutazione dei terreni. Non credo che si possa assegnare agli Uffici un termine così breve. Ma su questo la Commissione vorrebbe sentire il parere del Governo.

Quanto all’emendamento Rescigno, la Commissione lo accetterebbe; e sull’emendamento Foa-Pesenti la Commissione, essendo divisa, intenderebbe rimettersi all’opinione del Governo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Per quanto riguarda l’emendamento dell’onorevole De Mercurio, osservo che purtroppo gli uffici non saranno in grado, nel giro di un anno, di rilevare le discrepanze esistenti fra la situazione reale e le risultanze catastali, quando tali discrepanze sarebbero da eccepire nell’interesse dell’amministrazione. Per questo prego l’onorevole De Mercurio di non insistere.

Circa l’emendamento dell’onorevole Rescigno, penso che esso possa essere accettato.

Per l’emendamento Foa, Pesenti, Scoccimarro, Valiani, sebbene il ricorso non sospenda l’iscrizione a ruolo dell’imposta e quindi non turbi la riscossione, sono perplesso circa le conseguenze di un cumulo di lavoro che fatalmente verrebbe a gravare sopra gli uffici.

Desidero riservare la risposta definitiva alla prossima seduta dopo avere interpellato gli uffici sulla portata pratica dell’emendamento, pregando fin da ora i presentatori, nell’ipotesi che si possa accedere a questo ordine di idee, di aumentare lo scarto del quinto che mi sembra troppo tenue per ammettere un ricorso speciale del genere.

PRESIDENTE. Onorevole De Mercurio, mantiene il suo emendamento?

DE MERCURIO. Lo ritiro.

PRESIDENTE. Onorevole Pesenti?

PESENTI. In conformità a quanto è stato rilevato dall’onorevole Ministro, sono d’accordo nel rinviare e rivedere l’emendamento tenendo conto del consiglio di aumentare lo scarto qualora il principio fosse accettato dal Governo.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni l’emendamento sarà ripreso in esame alla prossima seduta.

(Così rimane stabilito).

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Desidero fare un’osservazione all’emendamento dell’onorevole Rescigno.

Chiederei al collega Rescigno, alla Commissione, ed anche al Ministro, se non riterrebbero opportuno di rinviarne l’esame, come si propone per l’emendamento Pesenti, giacché è una materia coordinata.

L’osservazione è dettata dal rilievo fatto dal Ministro, che non si sa quali conseguenze l’accoglimento dell’emendamento possa portare per gli uffici fiscali. Riconosco la gravità delle ragioni che l’hanno suggerito; però è mio dovere fare osservare che dare al contribuente la facoltà di ricorrere non solo per l’assegnazione del fabbricato alla categoria ma anche per la natura e la consistenza, significa spingere tutti, indistintamente, i possessori di fabbricati a ricorrere. E questo può portare agli uffici fiscali una complicazione di lavoro che deve essere ponderata prima. Perciò, se viene rimandato ad un ulteriore esame l’emendamento Pesenti, credo sia opportuno un esame più ponderato anche per questo emendamento Rescigno.

RESCIGNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Rilevo solamente che il maggiore o minor lavoro cui potranno essere sottoposti gli uffici non è un elemento tale che possa influire. Noi siamo qui per assolvere alla funzione principale del Parlamento. I Parlamenti sono sorti per tutelare le ragioni dei contribuenti; e sono quelle che ci devono preoccupare. Quindi insisto nel mio emendamento.

PRESIDENTE. Pongo allora in votazione l’emendamento dell’onorevole Rescigno sul quale hanno espresso parere favorevole Governo e Commissione.

(È approvato).

La decisione sull’emendamento degli onorevoli Foa ed altri si intende rinviata.

Segue l’articolo 13. Se ne dia lettura nel testo ministeriale, accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Nel caso di terreni dati in affitto, l’accertamento, mediante l’applicazione al reddito agrario iscritto in catasto dei coefficienti previsti nel secondo comma dell’articolo 9, è eseguito previa detrazione della quota del reddito stesso, stabilita dall’Ufficio distrettuale delle imposte, da attribuire al proprietario, per la parte di scorte che sia, eventualmente, di spettanza del medesimo.

«La stessa norma si applica in caso di soccida o di contratti analoghi».

PRESIDENTE. Non essendovi emendamenti, l’articolo di intende approvato.

Passiamo all’articolo 14. Se ne dia lettura nel testo proposto dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il valore della nuda proprietà è determinato in base alla differenza tra il valore dell’intera proprietà – stabilito ai sensi degli articoli precedenti – e quello dell’usufrutto. Lo stesso criterio si applica per la valutazione della proprietà, quando questa è gravata da diritti di uso e di abitazione.

«Il valore da attribuire ai diritti di usufrutto, uso o abitazione, si calcola scontando alla data del 28 marzo 1947 il valore dell’annualità di reddito percepita, riferita al periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947:

  1. a) alla ragione del tasso contrattuale, o, in mancanza, alla ragione composta del 5 per cento, se trattasi di diritti la cui scadenza è esattamente conosciuta;
  2. b) alla ragione del tasso contrattuale, o, in mancanza, alla ragione composta del 5 per cento e con riguardo alle probabilità di vita corrispondenti alla classe di età del reddituario, se trattasi di diritti che cesseranno con la morte di lui, in conformità ad una tabella da approvarsi con decreto del Ministro per le finanze e tesoro.

«Qualora l’annualità di reddito sia percepita in natura, il valore di essa è calcolato in base alla quantità dei prodotti nel triennio 1944-1946 ed ai prezzi correnti nel periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947.

«Nei casi di assicurazione sulla vita, previsti nel n. 3 dell’articolo 8, il capitale corrispondente è valutato al prezzo di riscatto alla data del 28 marzo 1947».

PRESIDENTE. Su questo articolo hanno presentato emendamenti l’onorevole Bonomi Paolo e l’onorevole Balduzzi. L’emendamento dell’onorevole Bonomi è del seguente tenore:

«Sostituire il primo periodo del secondo comma col seguente:

«Il valore da attribuire ai diritti di usufrutto, uso o abitazione, si calcola scontando alla data del 28 marzo 1947 il valore dell’annualità di reddito percepita, riferita al periodo 1° gennaio 1946-31 dicembre 1946».

L’onorevole Bonomi non è presente: s’intende che abbia rinunciato al suo emendamento.

L’emendamento dell’onorevole Balduzzi è così formulato:

«Al penultimo comma, aggiungere: intendendosi i prezzi corrisposti dagli ammassi per i prodotti soggetti a tale regime».

L’onorevole Balduzzi ha facoltà di svolgerlo.

BALDUZZI. Faccio osservare soltanto che il mio emendamento tende ad eliminare dubbi sulla applicazione della disposizione.

PRESIDENTE. L’onorevole La Malfa ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. Riguardo all’emendamento Balduzzi, il concetto è implicito, nel senso che la Commissione farà le valutazioni per i prodotti soggetti all’ammasso in base ai prezzi ufficiali.

BALDUZZI. Insisto nel mio emendamento, poiché si tratta d’una precisazione.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Comprendo le preoccupazioni dell’onorevole Balduzzi, il quale fa l’ipotesi che si possa tenere conto di prezzi diversi da quelli legali, cioè da quelli dell’ammasso.

Evidentemente, non possiamo, in sede legislativa, avvalorare questa ipotesi. Per questo, non posso entrare affatto nell’ordine di idee che ispira l’emendamento; e quindi dichiaro di non poterlo accettare.

PRESIDENTE. Onorevole Balduzzi, insiste?

BALDUZZI. Ritiro l’emendamento.

PRESIDENTE. L’articolo 14 si intende allora approvato nel testo proposto dalla Commissione.

Passiamo all’articolo 15. Se ne dia lettura nel testo formulato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I censi, canoni, livelli ed altre prestazioni di carattere perpetuo o enfiteutico, compresi i canoni da colonia perpetua, si tengono in conto in ragione del 100 per 5 del rispettivo ammontare, a meno che, per convenzione o per legge, non debbasi applicare, per il riscatto, un saggio diverso.

«Nel caso in cui il canone sia stabilito in natura, il suo valore si determina in base alla media dei prezzi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947».

PRESIDENTE. L’onorevole Bonomi Paolo propone di sostituire il secondo comma col seguente:

«Nel caso in cui il canone sia stabilito in natura, il suo valore si determina in base alla media dei prezzi del periodo 1° gennaio 1937-31 dicembre 1946».

L’onorevole Bonomi non è presente.

BOSCO LUCARELLI. Faccio mio l’emendamento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di svolgerlo.

BOSCO LUCARELLI. È nella tradizione giuridica ed anche nella tradizione dell’accertamento fiscale che i valori si capitalizzino sempre in base alla media decennale; è nella legge per i canoni enfiteutici e nelle norme con cui vengono valutati i cespiti anche in materia fiscale. Non vedo perché si dovrebbe trascurare questo criterio costantemente seguito dalla legge e dalla pratica, sia legale che fiscale.

PRESIDENTE. L’onorevole Cifaldi propone un emendamento analogo:

«Aggiungere, al secondo comma, dopo la parola: media, la parola: decennale, e sopprimere le parole: del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947».

Ha facoltà di svolgerlo.

CIFALDI. Sostanzialmente, la mia proposta coincide con quella dell’onorevole Bonomi Paolo, illustrata dall’onorevole Bosco Lucarelli; quindi non richiede altra illustrazione.

PRESIDENTE. L’onorevole La Malfa ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. Faccio notare che, trattandosi di canoni in natura, essi, data la svalutazione monetaria, riacquistano valore nel tempo.

La Commissione non ha trovato ragione di fare a questi canoni un trattamento diverso da quello che fa a tutti i cespiti.

PERLINGIERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERLINGIERI. L’onorevole La Malfa non tiene presente che per i canoni enfiteutici in natura si procede, per legge, alla capitalizzazione, in base alla media decennale del valore dei prodotti in natura. Il canone, per legge, può essere affrancato in qualunque momento. Si può verificare, quindi, questa ipotesi: che si pagherebbe su un capitale determinato in misura superiore, cioè non secondo la media decennale, e dopo aver pagato il reddente affrancherebbe con le norme di legge. A me pare che questo si traduca in una imposizione su un valore patrimoniale superiore a quello effettivo. Quindi noi ci troviamo in un determinato binario.

SCOCA. Fate modificare quell’altra legge, non questa.

PERLINGIERI. Ma è il Codice civile!

SCOCA. Fate modificare il Codice civile.

PERLINGIERI. Ma la imposta opera su questo terreno e non su quello che potrà essere domani. Come si affranca? Secondo le norme stabilite dalla legge: ossia capitalizzando il canone, e tenuto presente, quando il canone è in natura, la media decennale del valore del canone stesso. Non mi pare si possa sfuggire da questa legge. In caso diverso la imposta non graverebbe più sul patrimonio, sul capitale, ma su un valore superiore a quello capitale.

PRESIDENTE. Il Ministro delle finanze ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. L’onorevole Perlingieri, certamente, ha toccato un punto delicato e non nego che sarebbe opportuno stabilire un parallelismo tra il sistema della valutazione ai fini dell’affrancamento e il sistema della valutazione ai fini della imposta patrimoniale.

Si tratta di argomento che merita di essere ulteriormente approfondito, anche rispetto ad eventuali modifiche del sistema di valutazione. Ed è per questo che prego di non rimproverare il Governo se chiedo di rinviare la discussione alla prossima seduta.

PRESIDENTE. Se l’Assemblea è d’accordo nell’accogliere la proposta del Ministro, cioè di rinviare alla prossima seduta l’emendamento dell’onorevole Cifaldi, resta così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’articolo 16. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I crediti si valutano al loro importo nominale.

«Quando concorrano circostanze di fatto che lascino fondatamente presumere la perdita totale o parziale del credito, il contribuente può chiedere che fra le attività patrimoniali non sia computato il credito stesso, oppure che sia accordata una riduzione del valore nominale di esso.

«Per i debiti non ancora scaduti ed improduttivi di interessi, la valutazione è fatta sulla base del valore alla data del 28 marzo 1947, scontando l’importo nominale all’interesse composto del 5 per cento annuo, fino alla data di scadenza».

PRESIDENTE. Non essendovi emendamenti, l’articolo si intende approvato.

Segue l’articolo 17. Se ne dia lettura.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Le aziende industriali e commerciali, comprese in esse quelle esercenti industrie agrarie di qualsiasi genere, si valutano nel loro complesso, tenuto conto dei vari elementi che le compongono, sulla base dei valori medi del periodo 1° ottobre 1946-31 marzo 1947».

PRESIDENTE. Su questo testo proposto dalla Commissione vi è un emendamento dell’onorevole Bulloni, il quale propone di aggiungere il seguente comma:

«Nella valutazione delle aziende industriali e commerciali, ai sensi del comma precedente, si tiene conto anche dell’avviamento senza pregiudizio dell’assoggettamento del medesimo all’imposta sul reddito in conformità alla legislazione vigente in materia».

L’onorevole Bulloni ha facoltà di illustrare il suo emendamento.

BULLONI. Il mio emendamento è inteso a fissare una precisazione stabilita nell’ordinamento giurisprudenziale.

Con esso si vuole chiarire che l’avviamento è assoggettato a imposta patrimoniale e altresì, ogni qualvolta si verificano dei trasferimenti, anche alle altre imposte.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. In sede di Commissione abbiamo inteso includere tutti gli elementi dell’azienda, quindi anche l’avviamento. L’espressione è stata usata proprio in questo senso.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Credo che nell’emendamento dell’onorevole Bulloni dobbiamo configurare due concetti. Il primo afferma che l’avviamento costituisce elemento tassabile. Su questo punto siamo tutti d’accordo. E ricordo che in seno alle Commissioni di studio ed in seno alla Commissione di finanza, non si era fatto esplicito riferimento all’avviamento, perché questo si intendeva compreso nella concezione di valore globale dell’azienda.

C’è, però, un secondo concetto dell’emendamento Bulloni, ed è quello che afferma che l’avviamento, anche se colpito con imposta straordinaria sul patrimonio, successivamente, qualora venga realizzato, può essere colpito ancora col tributo mobiliare di categoria B, come reddito conseguito. Sono grato all’onorevole Bulloni che dà occasione di risolvere legislativamente una questione sorta attraverso ad una giurisprudenza che molti ritengono discutibile e che, in ogni caso, è a danno della Finanza. Secondo, infatti, una giurisprudenza creatasi dopo l’imposta straordinaria sul patrimonio del 1920, se in una azienda già si era colpito l’avviamento allo stato potenziale al 1° gennaio 1920, non poteva più questo avviamento essere colpito con il tributo mobiliare al momento in cui esso veniva realizzato.

Ad evitare le conseguenze dell’applicazione di questo concetto, che certamente sarebbe trasferito dal 28 marzo 1947 in avanti per tutti i trapassi di aziende, potrà giovare l’emendamento proposto dall’onorevole Bulloni, che il Governo, naturalmente, è pronto ad accettare.

PRESIDENTE. Qual è il pensiero della Commissione?

LA MALFA, Relatore. L’opinione della Commissione è che, essendo l’avviamento compreso nella formula generale, non è necessario aggiungere un altro emendamento.

PELLA, Ministro delle finanze. Probabilmente ho reso male il pensiero del Governo e lo stesso onorevole Bulloni non si è soffermato molto ad illustrare la portata della seconda parte dell’emendamento.

Se non viene accolto questo emendamento, arriveremo a conseguenze di questa specie: azienda industriale X, avviamento valutato 2 milioni, colpito con imposta straordinaria sul patrimonio.

E fin qui, d’accordo. Ma se legislativamente non diciamo altro, può avvenire che, quando questa azienda venga trasferita, successivamente al 28 di marzo, e quell’avviamento venga realizzato, non possiamo più colpirlo con l’imposta di ricchezza mobile, che grava la realizzazione di tutti gli avviamenti come redditi una tantum. E non riusciamo più a colpirlo, perché si è consolidato, dopo l’imposta straordinaria sul patrimonio al primo gennaio 1920, il concetto giurisprudenziale per cui, se un avviamento è stato colpito da imposta sul patrimonio, non può essere più colpito dalla imposta sul reddito, in base ad argomentazioni che possono essere riassunte in questi termini: una volta considerato capitale, l’avviamento non può più essere considerato reddito.

Ora, su tale concezione la stessa dottrina è tutt’altro che concorde.

Detta giurisprudenza è a netto danno dell’amministrazione finanziaria e per questo prego di inserire in sede legislativa il concetto espresso dall’emendamento dell’onorevole Bulloni che vivamente ringrazio, perché permette di meglio difendere l’amministrazione finanziaria.

CASTELLI AVOLIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLI AVOLIO. L’indirizzo della giurisprudenza è quello che ha riferito l’onorevole Ministro; ossia: avvenuto il trasferimento dell’azienda e dovendosi applicare, all’atto di trasferimento, l’imposta di ricchezza mobile, viene ad essere individuato quale è l’avviamento dell’azienda in quel determinato momento in cui è avvenuto il trasferimento stesso. Ed allora se, precisamente come avvenne nel 1922, questo valore di avviamento, che è uno degli elementi dell’azienda – perché un’azienda non avviata evidentemente non è in esercizio – è già stato convertito in capitale, si potrà, nel trasferimento successivo dell’azienda, colpire l’avviamento cosiddetto successivo, ma non è ammissibile una seconda tassazione, che rappresenterebbe una non formale ma sostanziale duplicazione, e noi siamo contro il concetto della duplicazione.

La questione è vero che in dottrina è controversa, ma la giurisprudenza è pacifica, ed è stata pacifica quando si è applicata la legge del 1922 nel senso che, assoggettato alla tassazione dell’imposta patrimoniale del 1922 l’avviamento, successivamente, nel caso di trasferimento dell’azienda, si dovesse escludere il valore di avviamento. Ora, con l’emendamento proposto dall’onorevole Bulloni, si verrebbe ad applicare un concetto contrario, e cioè, percepita l’imposta sull’avviamento quale elemento essenziale dell’azienda, in applicazione della legge che ora stiamo discutendo, e poi successivamente trasferendosi l’azienda stessa, l’avviamento sarebbe di nuovo assoggettato alla imposta di ricchezza mobile.

Io credo che in sede di imposta straordinaria sul patrimonio, noi non ci dobbiamo preoccupare di queste cose. Lasciamo che l’accertamento dell’avviamento sia discusso e sia deciso in sede di ricchezza mobile, ed atteniamoci al testo del nostro articolo 17, laddove parla di aziende industriali e commerciali «nel loro complesso», cioè nel complesso di tutti i fattori che le costituiscono e quindi compreso l’avviamento, senza preoccuparci ora di ciò che potrà avvenire in materia di tassazione in sede di applicazione della imposta di ricchezza mobile.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Mi perdoni l’onorevole Presidente e mi perdoni l’Assemblea se faccio ancora perdere qualche minuto su questo argomento. L’onorevole Castelli Avolio ha perfettamente riassunto i termini della questione. La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che l’avviamento, considerato capitale ai fini di una imposta sul capitale, non possa successivamente essere considerato reddito ai fini della imposta di ricchezza mobile. L’onorevole Castelli Avolio, particolarmente colto in questa materia, mi insegna però che la dottrina è tutt’altro che concorde e che questo indirizzo giurisprudenziale dal mondo dei contribuenti è stato considerato un vero e proprio regalo piovuto dal cielo. Ora, rinviare e non preoccuparci oggi della questione, perché si discute dell’imposta straordinaria sul patrimonio, e lasciare che l’accertamento dell’avviamento in sede di ricchezza mobile faccia il suo corso, significa – lo tenga presente l’Assemblea – la certezza che questi accertamenti non possono più essere fatti. E mi sembra che sarebbe ben più disarmonico provvedere con un decreto successivo, che non invece affrontare ora la materia.

Intende l’Assemblea aderire al concetto che l’avviamento, considerato allo stato potenziale in sede di tassazione di un patrimonio, non possa più essere materia di tassazione in sede di ricchezza mobile? Questo è il quesito che debbo portare davanti all’onorevole consesso. L’Assemblea, respingendo o accettando l’emendamento Bulloni, entra nel merito della questione e risponde a questa mia domanda. Era mio dovere prospettare la questione nei termini precisi.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Come l’Assemblea ha sentito dall’esposizione fatta dal Ministro e da quella del collega Castelli Avolio, la questione è di una delicatezza estrema. Ora, io non vorrei che questa questione, la quale non investe soltanto l’imposta sul patrimonio, ma investe anche l’imposta sul reddito, venga decisa senza un approfondito esame. Io mi preoccupo proprio del fatto che in questo momento noi accettiamo o respingiamo una certa tesi, senza che sia approfondita.

A me pare che sarebbe opportuno occuparci in questa sede soltanto dell’imposta sul patrimonio, lasciando impregiudicata la questione d’ordine generale sulla natura e la tassabilità dell’avviamento. Oggi la potremmo pregiudicare, perché credo che tutti siano, a incominciare da me, non ben preparati a risolverla. E correremmo il rischio di fare non gli interessi dell’Amministrazione, ma di andare contro l’Amministrazione stessa.

PRESIDENTE. In sostanza, questa è una proposta sospensiva.

LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. Pregherei il Ministro di volersi attenere al parere quasi unanime della Commissione, risolvendo la questione, senza rinvio. Poiché per quanto riguarda l’avviamento, ai fini dell’imposta straordinaria, l’articolo ci sembra completo, la questione dell’avviamento in sede di ricchezza mobile può essere risolta a parte, con altro provvedimento legislativo.

Invece di rinviare la questione e di aumentare il numero degli articoli sui quali dobbiamo ancora decidere, pregherei il Ministro di prendere immediata decisione.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Desideravo, prima di rivolgere una preghiera all’onorevole Bulloni, far presente che qui sono in discussione rilevanti interessi dell’Amministrazione finanziaria; non vi è dubbio che l’emendamento, che sto difendendo, significa possibilità per l’Amministrazione di percepire entrambe le imposte. Perciò, non vorrei che l’Assemblea potesse pensare che vi sia da fare una scelta tra l’una e l’altra imposta, per decidere, tenendo conto dei rispettivi gettiti. Vi può essere tuttavia perplessità circa l’interesse superiore della giustizia, ed in questo senso ammetto che si possa discutere.

Ora, siccome si configura la possibilità di risollevare la questione con separato provvedimento legislativo, io preferirei che l’emendamento non venisse respinto, perché la sua reiezione potrebbe assumere un significato ed uno spirito diversi da quelli che si potrebbero desiderare.

Ed è in questo senso che, ringraziando l’onorevole Bulloni di avere portato alla ribalta un argomento così importante, lo prego di non insistere sul suo emendamento.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Bulloni se intende ritirare il suo emendamento.

BULLONI. Lo ritiro.

PRESIDENTE. L’articolo 17 s’intende così approvato nel testo proposto dalla Commissione.

Passiamo all’articolo 18. Se ne dia lettura nel testo ministeriale, accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I buoni del tesoro ordinari si valutano per il loro importo nominale, con deduzione dello sconto dalla data del 28 marzo 1947 a quella della loro scadenza. Gli altri titoli emessi o garantiti dallo Stato si valutano in base alla quotazione media ufficiale del semestre 1° ottobre 1946-31 marzo 1947.

«Le azioni, obbligazioni, cartelle di prestito ed ogni altro titolo di credito quotato in borsa sono valutati in base alla media dei prezzi di compenso del semestre indicato nel comma precedente.

«I buoni postali fruttiferi sono valutati per l’importo nominale, con l’aggiunta degli interessi maturati alla data del 28 marzo 1947.

«I valori medi dei titoli quotati in borsa saranno rilevati in apposita tabella da approvarsi con decreto del Ministro delle finanze e tesoro».

PRESIDENTE. Su questo articolo sono stati presentati i seguenti emendamenti:

«Alla fine del primo comma, alle parole: del semestre 1° ottobre 1946-31 marzo 1947, sostituire le seguenti: del trimestre 1° gennaio 1947-31 marzo 1947.

«Valiani, Valmarana, Dugoni»;

«Al penultimo comma, sopprimere le parole: con l’aggiunta degli interessi maturati alla data del 28 marzo 1947.

«De Vita».

L’onorevole Dugoni ha facoltà di illustrare il primo emendamento, a nome dei firmatari.

DUGONI. Debbo premettere che l’emendamento, come è stato proposto, è leggermente incompleto, perché anche nel secondo comma noi dovremmo mettere l’indicazione dei prezzi di compenso dei trimestri indicati nel comma precedente; cioè allineare tutto l’articolo a questo emendamento.

Questo è un dettaglio tecnico, di formulazione; ma la ragione che ci ha indotto a proporre questo emendamento è stata determinata dall’andamento delle quotazioni di borsa successivamente al 28 marzo 1947. Dal 28 marzo – cioè dal giorno in cui è stata fissata la data della composizione del patrimonio agli effetti dell’imposta progressiva – noi abbiamo visto scatenarsi una delle più violente campagne borsistiche che si siano conosciute in Italia, con rivalutazione di capitali, aperture di sottoscrizioni a nuovi capitali, rivalutazioni dei cespiti costituenti le diverse aziende ecc. Io non ho sotto mano i dati, ma sta di fatto che noi siamo passati da 1700 – indice generale di borsa – a 2400 ed abbiamo avuto un aumento di circa il 45 per cento dei titoli quotati in borsa, subito dopo la fissazione del catenaccio della imposta patrimoniale.

Ora, molti dei nostri colleghi propendevano per uno spostamento della data, chiedendo che l’inventario dei beni appartenenti ai cittadini fosse fatto ad una data successiva al 28 marzo, appunto per colpire questa ondata speculativa che ne è derivata.

Il senso di giustizia, che deve animare il legislatore, ci ha trattenuto dallo spostare questa data. Il Governo aveva preso un impegno verso il Paese, e questo impegno andava rispettato. Noi abbiamo voluto mantenerlo; però, dal momento che alcune categorie di contribuenti hanno fatto una speculazione evidente su questa data, noi abbiamo il diritto di ricorrere a tutti i mezzi per difenderci da questa speculazione successiva, e quindi, invece di prendere un periodo di riferimento di nove mesi, nel corso del quale per sei mesi le borse sono state molto stazionarie su valori bassi, abbiamo riportato agli ultimi tre mesi il periodo medio di valutazione, in modo da elevare il valore medio dei titoli che saranno compresi nella denuncia dell’imposta patrimoniale. È, sostanzialmente, un provvedimento contro gli speculatori e contro la speculazione.

PRESIDENTE. L’onorevole De Vita ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

DE VITA. L’emendamento soppressivo che ho proposto al penultimo comma dell’articolo 18, poggia su due considerazioni: la prima è che i buoni postali fruttiferi, nella stragrande maggioranza, appartengono a cittadini che non hanno un patrimonio superiore al minimo imponibile.

La seconda considerazione è che la soppressione da me proposta, incoraggerebbe gli investimenti di piccoli risparmi in buoni postali fruttiferi, cioè sarebbe, io ritengo, un vantaggio enorme per il Tesoro.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. L’emendamento Valiani è stato accettato dalla Commissione, tenendo conto dell’andamento del mercato azionario in questi ultimi mesi.

Io leggo gli indici del semestre, perché l’Assemblea possa valutare la portata dell’emendamento stesso.

La quotazione dei titoli azionari alla Borsa di Milano dall’ottobre in poi ha avuto questo andamento:

Nell’ottobre l’indice era di 748; nel novembre saliva a 1059; nel dicembre 1301.

Questo sarebbe il trimestre che noi sopprimeremmo. Nel gennaio l’indice è ripiegato a 1227; nel febbraio era di 1569; nel marzo 2376; nell’aprile 3354; nel maggio 3169.

Dopo il maggio non ho i dati; ma alla fine di giugno siamo andati molto giù.

Ora, riducendo i valori medi dal semestre al trimestre, noi alzeremmo la quota, quindi il valore medio, di circa 400 o 500 punti. Tuttavia questo valore medio rimarrebbe quasi la metà di quello che si è avuto nel trimestre dall’aprile al giugno; quindi è ancora una valutazione molto favorevole agli azionisti. E questo spiega perché l’integrazione di tassazione attraverso gli enti collettivi serva un po’ a correggere quella che è la difficoltà che incontriamo, di valutare il patrimonio azionario secondo i corsi che si sono manifestati dopo la data del 28 marzo.

La Commissione ha esaminato una proposta che voleva spostare la data in cui si accertavano i patrimoni; ma all’unanimità non ha ritenuto di fare questo, perché il Governo aveva preso un impegno.

Però, per ragioni, direi, di giustizia tributaria e per ragioni di perequazione del trattamento fatto alla proprietà mobiliare ed a quella immobiliare, la Commissione ha ritenuto di accettare la riduzione dal semestre al trimestre, perché i valori della proprietà immobiliare non hanno seguito l’andamento dei valori mobiliari.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Pella, Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. In linea di massima, l’Amministrazione dovrebbe essere contraria a sistemi di valutazione che comportino medie di valori su periodi troppo ristretti.

Tale concetto, di ordine generale, dovrebbe portare alla conseguenza di respingere l’emendamento proposto. Però non posso farmi carico delle considerazioni svolte dall’onorevole Dugoni e dall’onorevole Relatore. Per questo mi rimetto senz’altro al parere della Commissione e al giudizio dell’Assemblea.

PRESIDENTE. L’onorevole La Malfa ha facoltà di esprimere il parere della Commissione a proposito dell’emendamento De Vita.

LA MALFA, Relatore. La Commissione conviene che l’emendamento De Vita può favorire i piccoli risparmiatori, anche perché, se non erro, gli interessi dei buoni postali fruttiferi maturano e sono percepibili dopo un certo periodo. Il solo inconveniente che presenta l’attuazione della proposta è dato dalla circostanza che, se si sono accumulati molti interessi sui buoni, si finisce col fare a tali titoli un trattamento di favore.

Comunque, in linea di massima, la Commissione accetta l’emendamento.

PRESIDENTE. Invito il Governo a esprimere il proprio avviso.

PELLA, Ministro delle finanze. La proposta dell’onorevole De Vita non è molto ortodossa alla luce di una giustizia pura, perché bisognerebbe effettivamente considerare tale rateo di interessi per determinare il valore del capitale al 28 marzo. Però, per la considerazione che si tratta di modesti portatori di titoli e, in ogni caso, di un settore nel quale è bene dare qualche prova di benevolenza, aderisco all’emendamento.

PESENTI. Chiedo di parlare.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Pesenti.

PESENTI. L’emendamento proposto e accettato dalla Commissione e dal Governo riguardo alla media del trimestre anziché del semestre è frutto di un compromesso che io intendo ancora illustrare, perché esso ha una importanza molto rilevante. Una proposta era stata fatta da alcuni membri della Commissione – fra l’altro, da me e dall’onorevole Scoccimarro – e intendeva, come già è stato detto, spostare il termine, di imposizione e di valutazione dei beni del patrimonio del contribuente stabilito dall’articolo 1 della legge dal 28 di marzo al 30 di giugno. E questo non soltanto per una questione di valutazione di beni. Ciò avrebbe portato come conseguenza lo spostamento anche del semestre dal periodo 1° ottobre 1946-31 marzo 1947 al periodo 1° gennaio-30 giugno 1947, il che, come è stato possibile rilevare anche poco fa dalle cifre degli aumenti delle quotazioni di Borsa, avrebbe condotto a una diversa valutazione del patrimonio dei singoli contribuenti, questione questa di grande importanza specie se, come il Governo sembra consentire, si addivenisse anche alla tassazione del patrimonio degli enti collettivi.

Ma non si sarebbe trattato soltanto di una diversa valutazione del patrimonio imponibile con lo spostamento del termine indicato dall’articolo 1 della legge, ma anche di una più esatta valutazione della entità del patrimonio dei singoli contribuenti, cioè di quali cespiti fanno parte del patrimonio. Noi sappiamo, per esempio, che, se è vero che la legge elenca – all’articolo 33 – tutti i cespiti soggetti a tassazione ed indica fra questi anche le azioni e le obbligazioni, i depositi, nonché la moneta posseduta dal contribuente, noi sappiamo che questa elencazione è soltanto formale, perché sostanzialmente l’accertamento di questi cespiti mobiliari non è agevole. A questo proposito, noi presenteremo degli emendamenti perché sia reso più agevole anche questo accertamento, ma è certo che tutta la ricchezza mobiliare che noi abbiamo visto poi apparire alla ribalta in occasione della rivalutazione di capitali, della emissione di azioni gratuite che sono state distribuite tra i soci, tutta questa ricchezza, dicevo, che noi abbiamo visto apparire e che effettivamente esisteva anche prima al 28 di marzo sia pure presso altri contribuenti, difficilmente potrebbe essere colpita. Spostando invece i termini dell’accertamento alla data del 30 giugno, tutta questa ricchezza sarebbe apparsa alla luce, in quanto che molte società avevano già, a quella data, emesso delle azioni gratuite e compiuto l’aumento di capitale.

È perciò con rammarico che noi abbiamo accettata la decisione della Commissione di giungere ad un compromesso, e di accettare come valutazione il trimestre dal gennaio al marzo del 1947, ferma tenendo la data dell’accertamento del patrimonio del contribuente quale era al 29 marzo.

Io credo, in questo momento, di riproporre all’attenzione dell’Assemblea la possibilità, pur mantenendo ferma la data dell’accertamento riguardo al contribuente del 29 marzo, di spostare la valutazione non al trimestre 1° gennaio-31 marzo 1947, ma al semestre 1° gennaio-30 giugno del 1947.

Si dirà, forse, che questo è un contravvenire ai sani principî, in quanto che il patrimonio del contribuente deve essere valutato come termine ultimo alla data in cui egli è soggetto all’obbligo dell’imposta. Però, considerando che anche la valutazione dei titoli azionari, in questo caso, del giorno, sconta anche quello che è l’andamento futuro del titolo azionario, considerando che se noi vogliamo fare un punto medio, bisogna tener conto non soltanto del passato, ma anche del futuro, non trovo così contro alla logica il fatto che la valutazione, per esempio, dei titoli azionari, sia fatta in base alle quotazioni di tutto il semestre dal 1° gennaio al 30 giugno.

Perciò sottopongo questo, che può essere un emendamento, al giudizio dell’Assemblea.

PRESIDENTE. Se vuole presentare un emendamento, onorevole Pesenti, la invito a farmelo pervenire.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Scoccimarro. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Intendevo dire le stesse cose dette ora dall’onorevole Pesenti.

PRESIDENTE. Sta bene.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Tosi, membro della Commissione.

TOSI. Onorevoli colleghi, l’onorevole Pesenti ha accennato ad un compromesso. Mi vorrà perdonare se mi esprimo contro di lui. C’è un errore che vorrei far rilevare, ed è questo: fin qui si è parlato di un’intesa sui titoli azionari e obbligazionari. L’emendamento che esaminiamo si riferisce invece ai titoli di Stato.

LA MALFA, Relatore. È un errore.

TOSI. Pregherei perciò di lasciare il semestre al primo comma, per quello che riguarda i titoli di Stato; e pregherei l’onorevole Dugoni…

PALLASTRELLI. I membri della Commissione non potevano mettersi d’accordo prima?

PRESIDENTE. Onorevole Pallastrelli, non interrompa.

TOSI. Il trimestre 1° gennaio 31 marzo 1947, dovrebbe valere per i titoli azionari ed andrebbe sostituito nel secondo comma alle parole: «semestre indicato al comma precedente».

Se l’onorevole Dugoni accetta questa modifica, non avrei altro da dire.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Sono contrario all’emendamento relativo all’accertamento dei valori per un solo trimestre, e, quindi, voterò per il testo che precedentemente era stato proposto dal Governo ed accettato dalla Commissione.

Indipendentemente dalla soluzione che daremo al problema della tassazione degli enti collettivi, io trovo che prendere un trimestre a base di un accertamento di valori, quando questo trimestre presenta non un andamento normale, ma un andamento particolarmente delicato, per influenze di fattori che sono estranei ai problemi di patrimonio in sé e per sé, costituisce un errore di tecnica finanziaria.

Non dobbiamo confondere la speculazione con la massa di coloro che possiedono i titoli azionari. La speculazione di Borsa concerne una piccolissima frazione dei titoli azionari: è appena l’1 per cento al mese che cambia di mano, e lo speculatore che si vorrebbe colpire accorciando il periodo di formazione della media è quello che non sarà colpito, perché lo speculatore in borsa ha pochissimi titoli in portafoglio e quei pochi che ha li compra e vende per guadagnare sulle differenze dei corsi. Noi veniamo ad introdurre un criterio di determinazione del capitale che forma la base imponibile dell’imposta per tanta gente che con la Borsa non ha niente a che fare, e che ha comprato i titoli senza nessun riferimento ai valori correnti.

Per me vi è un problema su questo punto, e non è tanto rispetto al passato quanto rispetto all’avvenire; ed è questo che mi turba. Quando noi dobbiamo risolvere il problema del periodo in cui i valori devono essere accertati, siamo proprio convinti che i valori di Borsa media del semestre ottobre-marzo, del trimestre gennaio-marzo, del semestre gennaio-giugno (come vorrebbe l’onorevole Pesenti) corrispondano ad una realtà di valore patrimoniale? Io vi confesso sinceramente che ho molti dubbi su questo punto.

SCOCCIMARRO. Ma neanche per un terreno o per un fabbricato!

CORBINO. No; sui terreni e sui fabbricati abbiamo degli elementi che attenuano l’ampiezza delle oscillazioni, tanto è vero che non abbiamo quotazioni di Borsa dei terreni e dei fabbricati. Abbiamo invece quotazioni di Borsa per i valori industriali, perché sono quei valori su cui le influenze di carattere economico, che derivano da particolari situazioni anche psicologiche o da altri fattori, si possono esercitare con maggiore facilità.

Noi abbiamo oggi saggi di capitalizzazione dei valori industriali che vanno da 0,10 a 0,90 per cento. Che cosa significa questo? Significa o che i valori sono per lo meno quattro volte superiori a quelli che dovrebbero essere se si capitalizzasse un reddito certo, o queste quattro volte in più non sono che la copertura del rischio di una svalutazione monetaria.

E allora è evidente che se la svalutazione monetaria non avverrà (come ci auguriamo), i valori azionari si dovranno adeguare al reddito e dovranno necessariamente perdere una parte delle quotazioni che in questo momento noi consideriamo come acquisite agli effetti della determinazione dell’imposta.

Sono inconvenienti ai quali non si può sfuggire con nessuna delle soluzioni prospettate. Si tratta di scegliere la soluzione relativamente meno sfavorevole rispetto a tutti gli elementi che sono in giuoco; e perciò io mi attengo alla soluzione che era stata prospettata dal Governo e che era stata accettata dalla Commissione.

DUGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Vorrei prima di tutto dire che sarei disposto ad accettare la modifica al mio emendamento proposta dall’onorevole Tosi, se questo non costituisse un danno per i portatori di titoli a reddito fisso, perché gli indici di Borsa – per i valori a reddito fisso – del trimestre gennaio-marzo sono inferiori di poco, ma sono inferiori, alla media del semestre 1° luglio 1946-31 dicembre 1946.

Quindi, se l’onorevole Tosi insiste, lo possiamo fare. Ma questo in definitiva si risolve in un danno per i portatori di titoli a reddito fisso.

In secondo luogo volevo osservare all’onorevole Corbino che non è possibile correre dietro al valore dei beni economici in un periodo d’inflazione. Su questo punto siamo perfettamente d’accordo; non c’è norma possibile che permetta veramente di colpire i beni per il valore che hanno in quell’istante, ma in quell’istante determinato, nel corso dell’inflazione. Però, noi dobbiamo cercare di avvicinarci il più possibile a questi valori e soprattutto quando abbiamo un mercato ideale che riflette nel miglior modo possibile il valore rappresentato da determinati beni, come dovrebbe essere il mercato borsistico.

Quello che l’onorevole Corbino ha detto circa la mancanza di un consimile metro per i beni immobili è proprio l’arma migliore che possiamo avere per credere che noi siamo sulla strada giusta, che cioè, proprio perché abbiamo un indice elastico quotidiano delle mutazioni di certi valori mobiliari o delle valutazioni che fanno gli operatori di questi valori, noi dobbiamo andare il più vicino possibile al momento in cui dobbiamo fissare il patrimonio del contribuente. Direi quasi che avremmo potuto prendere il valore di Borsa del 28 marzo. Sarebbe stata in un certo senso la misura più giusta. Ma certo è che portando ad un trimestre, mantenendo ferma la nostra proposta, noi diamo prova di equanimità e verso il contribuente e verso lo Stato. Non possiamo infatti dimenticare che ci sono necessità alle quali dobbiamo far fronte in tutti i modi possibili.

Questa è la mia opinione, e per questo credo di dover mantenere l’emendamento presentato da me e degli onorevoli Valiani e Valmarana.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Vorrei brevemente rispondere ad un’osservazione giusta dell’onorevole Corbino. In materia di valutazione di titoli, il termine di tre mesi, da un punto di vista tecnico, è troppo breve, e per questo approvo che sia portato a sei mesi, però non all’indietro ma in avanti, non dall’ottobre al marzo, ma dal gennaio al giugno 1947.

È vero che in questi sei mesi ci sono state speculazioni in Borsa e anch’io ne ho parlato largamente, ma non c’è stata soltanto speculazione. Accanto al fenomeno speculativo c’è stato pure un processo di rivalutazione di aziende, di aumenti di capitali, insomma un processo che non è speculativo. Si è compiuta una revisione di valori che non sono puramente fittizi e, pertanto, destinati a sgonfiarsi per tornare al giusto equilibrio. Ci si è avvicinati, insomma, a quello che è il valore reale dei titoli azionari. Il mutamento di valori azionari avvenuto nel semestre gennaio-giugno ha perciò un duplice aspetto; uno speculativo che dà luogo ad inflazione di valori destinati a sgonfiarsi, ed a ritornare al loro livello normale; e l’altro di adeguamento di valori derivanti da rivalutazione di aziende, aumento di capitali, ecc., che segna una nuova posizione di equilibrio. I nuovi valori potranno avere delle oscillazioni, ma si consolideranno ad un livello più elevato. Infatti che cosa è avvenuto? Molti titoli sono aumentati del 100, 200, 300 per cento; qualcuno ha avuto qualche oscillazione in meno in questi ultimi mesi, però tutti sono ben lungi dal ritornare ai valori del dicembre 1946. Oramai ne sono lontanissimi. Per un criterio di giustizia noi vogliamo che la ricchezza che si esprime in titoli azionari venga colpita con gli stessi criteri con i quali colpiamo la ricchezza immobiliare. Dobbiamo adeguare i termini di valutazione in rapporto a questo semestre gennaio-giugno 1947. Se in avvenire si constaterà che c’è qualche cosa di artificioso in questi valori per cui questo provvedimento rischia di divenire eccessivamente gravoso per i possessori di titoli azionari, il Governo che sorveglia l’andamento della situazione economica ed i riflessi che l’imposta straordinaria ha su di essa, può sempre intervenire con provvedimenti integrativi.

Dando la mia adesione all’emendamento Dugoni con la proposta di estendere il trimestre al semestre, noi correggiamo almeno in parte l’errore di aver lasciato la data del 28 marzo per l’accertamento dei patrimoni. So che i colleghi la pensano diversamente. Ma io penso che per un atto di giustizia avremmo dovuto spostare quella data dal 28 marzo al 30 giugno. Non lo si è fatto; correggiamone almeno le conseguenze negative. Le ragioni dei lavori degli uffici sono di scarso valore: quando una cosa occorre farla, la si fa anche se implica un certo lavoro in più negli uffici. Per le ragioni esposte propongo il semestre gennaio-giugno come termine di valutazione dei valori. Se questa proposta non sarà accolta approverò l’emendamento dell’onorevole Dugoni.

LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. Ripeto che la Commissione nella sua maggioranza, anzi all’unanimità, presi in considerazione tutti gli elementi, si era fermata al trimestre 1° gennaio-31 marzo 1947. Molte delle argomentazioni dell’onorevole Corbino sono esatte e devono preoccupare l’Assemblea: noi non possiamo fissare l’imposta su dei valori estremamente mutevoli, perché altrimenti daremmo all’imposta una base di irrealità. Tuttavia, dato l’andamento del corso dei titoli azionari, è apparso alla Commissione che si potesse arrivare a considerare quel trimestre come un periodo rappresentativo di un valore sufficientemente capace di garantire anche i diritti degli azionisti: cioè le azioni effettivamente scontano una svalutazione monetaria, ma non si sono ancora adeguate al corso stesso dei prezzi nel campo dei prodotti alimentari e di altri prodotti. Ora l’hanno scontata molto di più dopo il 28 marzo, indubbiamente. Noi abbiamo avuto delle oscillazioni nell’ultimo periodo, ma si può considerare che le azioni non ritorneranno mai ad una base tanto lontana dal livello generale dei prezzi, da far ritenere il trimestre scelto come lontano dalle condizioni reali del mercato.

L’emendamento presentato dai colleghi Scoccimarro e Pesenti mi sorprende, perché avevamo esaminato anche la proposta di estendere al semestre l’accertamento dei valori delle azioni e l’avevamo esclusa: accertare valori al di là della data in cui si stabiliscono le consistenze patrimoniali, è una contraddizione in termini. Il termine ultimo è quello nel quale il contribuente deve dichiarare il suo patrimonio. Se portiamo i valori nel futuro possiamo arrivare a conseguenze assai gravi.

Credo perciò poter esprimere parere contrario all’emendamento presentato dai colleghi onorevoli Scoccimarro e Pesenti, ed insisto per l’accettazione dell’emendamento presentato dalla Commissione.

La questione sollevata dall’onorevole Tosi ha effettivamente rilievo.

Abbiamo considerato il mercato dei titoli azionari e non abbiamo considerato la situazione degli altri titoli. Tuttavia accetto per questi altri titoli il trimestre gennaio-marzo. Quando il mercato azionario va su, il mercato delle obbligazioni e dei titoli di Stato è depresso; se accettiamo il nuovo trimestre per l’accertamento dei valori facciamo condizioni più favorevoli ai possessori di redditi fissi, maggiormente colpiti dall’imposta.

Il trimestre si può adottare, per tutte le quotazioni di Borsa, anche per i portatori di titoli a reddito fisso, i quali guadagnano da una valutazione più bassa.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Aderisco alle considerazioni fatte dall’onorevole Relatore.

PRESIDENTE. Onorevole Dugoni, mantiene il suo emendamento?

DUGONI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Scoccimarro e Pesenti, mantengono il loro emendamento?

SCOCCIMARRO. Lo manteniamo.

PRESIDENTE. Pongo allora in votazione l’emendamento Scoccimarro-Pesenti, con il quale si propone di sostituire alle parole: «1° ottobre 1946-31 marzo 1947», le altre: «1° gennaio 1947-30 giugno 1947».

Ricordo che su questo emendamento il Governo e la Commissione hanno espresso parere contrario.

(Non è approvato).

Pongo ai voti l’emendamento degli onorevoli Valiani, Valmarana e Dugoni i quali propongono di sostituire alle parole: «del semestre 1° ottobre 1946-31 marzo 1947», le altre: «del trimestre 1° gennaio 1947-31 marzo 1947».

Questo emendamento è accettato dal Governo e dalla Commissione.

FABBRI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Dichiaro che voterò contro, perché mi pare assurdo e non equo prendere come base di quotazione solo un trimestre.

(L’emendamento è approvato).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta per alcuni minuti.

(La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12.20).

DUGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Vorrei rilevare che, in seguito all’approvazione dell’emendamento testé avvenuta, si dovrà – per il necessario coordinamento – tener presente che al secondo comma dovrà dirsi: «dei prezzi di compenso del trimestre indicato nel comma precedente», invece «del semestre».

PRESIDENTE. È giusto. Pongo ai voti la modifica proposta al secondo comma dell’onorevole Dugoni.

(È approvata).

Passiamo all’emendamento dell’onorevole De Vita al penultimo comma, soppressivo delle parole:

«Con l’aggiunta degli interessi maturati alla data del 28 marzo 1947».

Nell’assenza dell’onorevole De Vita, l’onorevole De Mercurio dichiara di fare proprio l’emendamento e di mantenerlo.

Ricordo che l’emendamento è accettato dalla Commissione e dal Governo. Lo pongo ai voti.

BUBBIO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUBBIO. Dichiaro che voterò a favore dell’emendamento, nella prevalente considerazione della natura di questi cespiti, in cui tanti risparmiatori hanno avuto fiducia, che la pubblica finanza ha interesse di mantenere inalterata. Aggiungasi che tali titoli non sono compresi in quelli contemplati dall’articolo 25, con conseguente doppia tassazione in fatto; cioè la prima sul loro effettivo importo e la seconda per la mancata possibilità di comprendere il loro importo nella percentuale fissata dal predetto articolo in conto del denaro, dei depositi e dei titoli di credito al portatore.

(L’emendamento De Vita è approvato).

PRESIDENTE. L’articolo 18 si intende approvato con gli emendamenti testé accolti dall’Assemblea.

Passiamo all’articolo 19. Se ne dia lettura nel testo formulato dalla Commissione:

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Per i titoli indicati nell’articolo precedente, non quotati in Borsa, nonché per le quote delle società assoggettate all’imposta di negoziazione, si adottano i valori medi del periodo 1° ottobre 1946-31 marzo 1947, accertati con la procedura relativa all’imposta di negoziazione.

«Quando si tratti di quote di partecipazione, in società non soggette all’imposta di negoziazione il valore è determinato valutando il patrimonio della società, ai sensi del precedente articolo 17, e ripartendone l’importo tra i soci in proporzione alle quote di spettanza di ciascuno».

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Sull’articolo 19 proporrei un rinvio, di cui desidero brevemente spiegare le ragioni.

PRESIDENTE. Credo che l’Assemblea sarà d’accordo nel rinviare. Comunque do la parola all’onorevole Relatore.

LA MALFA, Relatore. Sull’articolo 19, se non sbaglio, vi sono due emendamenti. Vi è un emendamento Foa-Pesenti-Scoccimarro che tende a cambiare il criterio di valutazione per i titoli non quotati in Borsa, trasferendo la valutazione dal titolo all’azienda. Ora, su questo problema la Commissione si era pronunciata. Aveva lungamente discusso e aveva mantenuto ferma la valutazione dei titoli invece delle aziende. La valutazione di queste ultime sarebbe infatti di estrema difficoltà per gli uffici finanziari.

PRESIDENTE. Ritengo che il Governo voglia proporre un rinvio, perché questo articolo 19 è connesso con la questione degli enti collettivi.

TOSI. È connesso con un provvedimento approvato due giorni fa.

LA MALFA, Relatore. Se permette, onorevole Presidente, vorrei chiarire. La Commissione si è preoccupata del sistema di valutazione di questi titoli ed ha chiesto al Governo che studiasse un provvedimento tale da perfezionare tale valutazione ai fini dell’applicazione dell’imposta di negoziazione. Poiché il Governo ha adottato un provvedimento che verrà esaminato dalla Commissione, non credo si debba sospendere l’approvazione dell’articolo. Possiamo approvare l’articolo 19 che resta integrato con il provvedimento che il Governo manderà alla Commissione. Non rimarrebbe perciò altro problema che quello della media, e a questo riguardo la Commissione potrebbe accettare l’emendamento De Mercurio.

Pregherei, quindi, il Ministro, se non ha altre ragioni di rinvio, di permettere l’approvazione dell’articolo.

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro delle finanze ha facoltà di parlare.

PELLA, Ministro delle finanze. Ringrazio l’onorevole Relatore. La richiesta di rinvio dipende da questo; è esatto che è stato approvato nel Consiglio dei Ministri di ieri mattina il nuovo provvedimento che modifica le norme di valutazione di titoli e quote soggetti alla imposta di negoziazione, non quotati in Borsa, provvedimento su cui il Consiglio dei Ministri della settimana scorsa già aveva dato il suo benestare di massima. Con questo provvedimento – è bene che l’Assemblea ne conosca gli estremi – si adottano, oltre ad alcune disposizioni di minore importanza, due ordini di provvidenze di maggiore portata. Primo ordine: innovazioni nella composizione degli organi chiamati a valutare. In luogo del Comitato direttivo che era emanazione unicamente del settore agenti di cambio, senza che l’Amministrazione finanziaria vi avesse suoi rappresentanti diretti con potere deliberativo, si istituisce un collegio giudicante, quindi con funzioni giurisdizionali, composto in parte da rappresentanti diretti dell’Amministrazione finanziaria, e in parte da membri designati dal Comitato direttivo degli agenti di cambio. Contro la determinazione del valore fatto dal collegio di primo grado, è ammesso l’appello ad un collegio centrale di secondo grado, formato in parte da rappresentanti dell’Amministrazione finanziaria e di altre pubbliche amministrazioni, ed in parte da tecnici nominati con le necessarie cautele. Questo per quanto riguarda gli organi chiamati alla valutazione.

Per quanto attiene ai criteri di valutazione, si riafferma, in sede legislativa, quanto già faceva parte della prassi amministrativa, che cioè la valutazione debba essere diretta ad accertare il valore venale effettivo dei singoli cespiti patrimoniali.

Il provvedimento tende ad evitare che, indipendentemente dalla diligenza e dalla buona volontà degli organi di valutazione, si possa attraverso società fittiziamente modeste, far valutare in misura inadeguata, patrimoni che spesso sono di portata notevolissima.

In questo provvedimento avrebbe dovuto trovar posto anche una disposizione speciale, relativa alle valutazioni ai fini della imposta straordinaria sul patrimonio.

Poiché, peraltro, il provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri in primo luogo era ed è diretto a salvaguardare il gettito della imposta ordinaria di negoziazione, per ragioni di tecnica legislativa si è ritenuto opportuno che la parte relativa alla valutazione ai fini dell’imposta straordinaria sul patrimonio, venga trasferita nel provvedimento che è in esame, in quanto si tratta di norma o di complesso di norme di portata transitoria, che esauriscono la loro funzione con l’esaurirsi dell’imposta straordinaria sul patrimonio.

E questa è la vera ragione della richiesta di rinvio.

Io ho qui con me il testo dell’emendamento governativo all’articolo 19, ma siccome so che non sarebbe molto simpatico da parte mia distribuirlo in questo momento, la richiesta di rinvio ha anche lo scopo di poter trasmetterne il testo alla Commissione.

L’emendamento ha lo scopo di assicurare che nei riguardi delle società, per le quali nella forma si provvede a valutare il titolo, ma nella sostanza si vuole valutare il patrimonio, la valutazione abbia luogo con quegli stessi precisi criteri che saranno adottati ai fini della valutazione di aziende analoghe, di proprietà dei così detti contribuenti privati: sicché più non debba verificarsi la disarmonia di una valutazione diversa di due aziende di pari dimensioni, per il semplice fatto che l’una appartiene ad una società per azioni e l’altra ad una società in nome collettivo o ad una singola persona fisica.

Questa è la portata dell’emendamento che mi onorerò consegnare al Presidente dell’Assemblea ed al Presidente della Commissione.

LA MALFA, Relatore. Dopo le dichiarazioni dell’onorevole Ministro, la Commissione è d’accordo nel rinviare l’articolo 19.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, resta stabilito che l’articolo 19 è rinviato.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’esame dell’articolo 20. Se ne dia lettura nel testo formulato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I titoli esteri sono valutati in base alla media delle quotazioni ufficiali nel luogo di emissione, o, in mancanza di tali quotazioni, in base ai valori correnti di mercato del luogo di emissione, nel periodo 1° ottobre 1946-31 marzo 1947, rapportando il valore così determinato a quello corrispondente al valore in lire italiane, sulla base del cambio corrente alla data del 28 marzo 1947, che sarà rilevato in una tabella da approvarsi con decreto del Ministro delle finanze e tesoro».

PRESIDENTE. Su questo testo non sono stati presentati emendamenti e pertanto l’articolo si intende approvato.

Segue l’articolo 21. Se ne dia lettura nel testo della Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Tutti i cespiti, non specificati negli articoli precedenti, si valutano in base alla media dei valori del periodo 1° ottobre 1946-31 marzo 1947».

PRESIDENTE. Non essendovi emendamenti, l’articolo si intende approvato.

Passiamo all’esame dell’articolo 22. Se ne dia lettura nel testo della Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Dall’ammontare lordo del patrimonio complessivo sono ammessi in detrazione:

  1. a) tutti i debiti a carico del contribuente, di cui sia riconosciuta l’effettiva sussistenza alla data del 28 marzo 1947. Per i debiti contratti dopo il 10 giugno 1940 o che non abbiano data certa, la detrazione è subordinata alla dimostrazione del loro impiego;
  2. b) la somma corrispondente alla capitalizzazione, fatta a norma dell’articolo 15, dei censi, canoni, livelli ed altre prestazioni previste nell’articolo stesso;
  3. c) le somme corrispondenti al valore degli usi civici e di ogni altro onere reale gravante sui cespiti facenti parte del patrimonio del contribuente;
  4. d) tutte le imposte, tasse e contributi a favore dello Stato, provincie, comuni ed altri enti autorizzati per legge ad imporre tributi obbligatori, riferentisi al periodo anteriore alla data del 28 marzo 1947 ed ancora dovuti a tale data».

PRESIDENTE. Su questo articolo, l’onorevole Rescigno ha presentato il seguente emendamento:

«Alla lettera d), dopo le parole: tutte le imposte, tasse e contributi a favore dello Stato, aggiungere le parole: compresi i contributi di bonifica».

L’onorevole Rescigno ha facoltà di svolgerlo.

RESCIGNO. Dirò pochissime parole. A carico dei proprietari c’è un contributo del 12,50 per cento per l’esecuzione delle opere di bonifica. Penso che sia opportuno precisare che anche questo contributo, naturalmente limitatamente alla quota dovuta ancora alla data del 28 marzo 1947, sia da detrarsi dal valore del patrimonio.

LA MALFA, Relatore. Ma questo concetto è implicito nella dizione della Commissione. È preferibile lasciare la disposizione così come è. La Commissione è contraria all’emendamento.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Faccio notare che, se mai, l’emendamento dovrebbe riferirsi all’alinea a), perché costituisce un debito per il futuro, mentre l’alinea d) si riferisce ad imposte per il periodo anteriore alla data del 28 marzo 1947.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Se dovessi esprimere il mio pensiero sull’articolo 22, dovrei dire che, a mio avviso, la enunciazione contenuta nei comma a), b), c), d) non avrebbe ragione di essere. Affermato il principio che deve essere tassato il patrimonio netto, evidentemente devono essere ammessi in detrazione tutti i debiti, liquidi e non liquidi, certi e non certi, salvo naturalmente l’esame di queste diverse passività ai fini di accertarne la reale esistenza.

Quindi, la elencazione dell’articolo 22 non può che essere una elencazione esemplificativa, e, così stando le cose, non avrebbe ragione di essere la preoccupazione dell’onorevole Rescigno, nel senso che, se esistono altre passività oltre a quelle tassativamente indicate – purché si tratti di passività inerenti al patrimonio, gravanti il patrimonio al 28 marzo 1947, anche se liquidate posteriormente – sono senza dubbio detraibili.

Desidero, quindi, pregare l’onorevole Rescigno di non insistere nel suo emendamento, perché la casistica troppo spinta, finisce, troppo spesso, per snaturare il carattere esemplificativo della elencazione.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Rescigno se, dopo le dichiarazioni del Governo, mantiene il suo emendamento.

RESCIGNO. Lo ritiro.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Vorrei chiedere un chiarimento al Governo sulla portata della lettera d) dell’articolo 22. In questo comma si dice: «tutte le imposte, tasse e gravami a favore dello Stato, provincie, comuni ed altri enti autorizzati per legge ad imporre tributi obbligatori, riferentisi al periodo anteriore alla data del 28 marzo 1947, ed ancora dovuti».

Io vorrei sapere con precisione che cosa importa la norma, Perché i casi sono due: o le imposte riferentisi al periodo anteriore al 28 marzo 1947 sono state pagate e non si detraggono; o non sono state pagate e si detraggono. È vero che trattasi di un debito del contribuente sorto prima dalla data di riferimento, ma mi pare che si faccia un trattamento di disparità, perché, mentre colui che ha pagato regolarmente le imposte ordinarie non ha nessun beneficio, il contribuente moroso, ha un premio per la sua inadempienza. L’osservazione non sembrerà irrilevante, se si pone mente che le imposte ordinarie si pagano col reddito. La natura del debito autorizzerebbe la indetraibilità.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. La portata della lettera d) è questa: detrazione delle imposte, tasse, contributi che alla data del 28 marzo 1947 siano ancora da pagare che, cioè, rappresentino un debito. E mi perdoni l’onorevole Scoca, perché non vorrei che si arrivasse alla conclusione che penalizziamo quelli che hanno pagato.

Quelli che hanno pagato hanno già visto uscire dal patrimonio la relativa attività, e, quindi, non c’è più attività e nemmeno il debito; quelli che devono pagare hanno un debito da ammettere in detrazione. E molti si trovano in queste condizioni, perché purtroppo parecchie imposte, principalmente di natura straordinaria, sono ancora largamente arretrate, nonostante la buona volontà degli uffici. Abbiamo l’imposta sugli utili di guerra, l’avocazione degli utili di guerra, l’avocazione dei profitti di speculazione, l’avocazione dei profitti di regime, che rappresentano altrettanti debiti esistenti, ma spesso ancora da liquidare.

La lettera d) è da interpretarsi come pleonastica, rispetto all’affermazione generica che tutti i debiti sono detraibili; ma, in ogni caso, non può che riferirsi a imposte, tasse e contributi ancora da pagare.

Questo è il chiarimento, in sede interpretativa, perché non vorrei che si pensasse che si possa ammettere una detrazione di imposte già pagate.

PRESIDENTE. Non essendovi altre osservazioni, l’articolo 22 si intende approvato nel testo della Commissione.

Passiamo all’articolo 23. Se ne dia lettura nel testo proposto dalla Commissione.

MOLINELLI. Segretario, legge:

«Quando la esistenza di un debito di qualsiasi natura, denunziato dal debitore agli effetti della detrazione dal proprio patrimonio, è negata dal creditore, il rapporto giuridico è dichiarato inesistente a tutti gli effetti, anche fra le parti.

«Per i crediti derivanti da rapporti con imprese commerciali e sempre che si tratti di atti inerenti all’esercizio dell’impresa, la esistenza del debito può venire provata in base alle scritture contabili dell’impresa creditrice regolarmente tenute.

«Quando si tratti di rapporti con aziende di credito indicate alle lettere a), b), c) e d), dell’articolo 5 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, convertito nella legge 7 marzo 1938, n. 141, ed al regio decreto-legge 17 luglio 1937, n. 1400, convertito nella legge 7 aprile 1938, n. 636, la esistenza del debito può essere provata in base agli estratti dei saldi conti, certificati conformi alle scritturazioni da uno dei dirigenti dell’istituto».

PRESIDENTE. L’onorevole Bosco Lucarelli ha presentato un emendamento soppressivo dell’intero primo comma. Ha facoltà di illustrarlo.

BOSCO LUCARELLI. A me pare che il principio affermato in questo comma sia molto grave, perché, per colpire una inadempienza fiscale, si verrebbe a dichiarare inesistente a tutti gli effetti giuridici – anche fra le parti – il rapporto giuridico interceduto tra un creditore e un debitore.

Ora, che di fatto si colpisca con una penalità il contribuente che non fa la dichiarazione esatta, lo comprendo perfettamente e l’ho riscontrato anche in altri articoli della legge. Ma che da questa inadempienza fiscale si voglia arrivare ad una dichiarazione di inesistenza di un rapporto giuridico, mi pare sia cosa molto grave, che è stata anche criticata altre volte che ha avuto la sua attuazione in provvedimenti fiscali.

Quindi, penso che questo comma vada soppresso: chi non fa la denunzia incorre in penalità, contravvenzioni che sono contemplate in altra parte del progetto di legge; ma non si può assolutamente, per una questione fiscale, mettere in nulla un rapporto giuridico avvenuto fra le parti. Questo a me pare un principio molto grave e penso che non possa essere affermato nella legge.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro delle finanze.

PELLA, Ministro delle finanze. Volevo far presente che l’espressione dell’articolo 23 è abbastanza chiara; data l’esistenza di un debito, se questo è denunziato dal debitore agli effetti della detrazione dal proprio patrimonio, ma è negata dal creditore, il rapporto giuridico è dichiarato inesistente a tutti gli effetti. Qual è dunque la vera portata di questa disposizione? Io, debitore, verso l’onorevole Bosco Lucarelli di una determinata somma, indico come passività detraibile dal mio patrimonio la somma che devo all’onorevole Bosco Lucarelli, se effettivamente io sono debitore verso di lui della somma: è questo un controllo necessario per non permettere improvvisazioni di debiti.

Se l’onorevole Bosco Lucarelli, per considerazioni che non riuscirei ad immaginare in questo momento, in quanto si tratterebbe di vero autolesionismo, ritiene di negare la esistenza del suo credito, io sono allora liberato dal pagamento nei suoi confronti.

Una voce al centro. Paga l’imposta e non paga il debitore.

PELLA, Ministro delle finanze. Pago l’imposta e non pago il debitore. Debbo, però, ammettere di essere stato inesatto quando ho accennato ad un autolesionismo di cui non so vedere la ragione; ci può essere invece qualche circostanza che suggerisca di nascondere una determinata attività. Si noti bene, comunque, che il diniego del creditore non immobilizza la finanza nei confronti del creditore stesso. È una prima sanzione per impedire la collusione fra debitore e creditore; ma la Finanza ha ancora mani libere per andare alla scoperta di tutta la verità.

PRESIDENTE. Onorevole Bosco Lucarelli, dopo i chiarimenti dell’onorevole Ministro, mantiene il suo emendamento?

BOSCO LUCARELLI. Lo ritiro.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Faccio mio l’emendamento dell’onorevole Bosco Lucarelli. Rilevo che il Ministro si è preoccupato del debitore e del creditore, ma non si è affatto preoccupato del terzo sequestrante o pignorante che può avere alle volte interessi anche superiori a quelli della Finanza ed evidentemente anche del debitore e del creditore che hanno potuto colludere fra di loro.

PELLA, Ministro delle finanze. Si potrebbe aggiungere: «fermi restando i diritti dei terzi».

CARBONI ANGELO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARBONI ANGELO. Condividendo in pieno l’esattezza delle considerazioni fatte dall’onorevole Ministro e l’opportunità della disposizione, mi rendo conto però anche della giustezza del rilievo fatto dall’onorevole Caroleo. Proporrei pertanto che si adottasse la seguente formula: «è dichiarato inesistente a tutti gli effetti fra le parti, salvo il diritto dei terzi».

DUGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Faccio osservare che questo inciso annulla completamente il valore dell’articolo, perché qualsiasi persona che si presenti come terzo va dall’onorevole Ministro Pella e si fa pagare quella somma che ha diniegato prima di dovere all’onorevole Bosco Lucarelli. E in questa maniera ci troviamo a frodare il fisco.

LA MALFA, Relatore. E il terzo paga.

DUGONI. No, il terzo non paga perché non ha denunziato. Diventa allora una posizione incredibile, tantoché non vi può essere altro che tagliare la testa al toro, dicendo semplicemente: «Ne è negata l’esistenza a tutti gli effetti». Noi verremmo altrimenti a creare debiti su debiti, sequestri su sequestri, una serie di non so quante altre complicazioni di questo genere, le quali permetteranno di negare il debito e di mantenerlo in vita attraverso un terzo sequestratario di cui si ignora l’esistenza al momento della dichiarazione della patrimoniale.

Anzi, dirò di più: metto vivamente in guardia l’Assemblea contro la tesi dell’onorevole Caroleo e dell’onorevole Carboni, perché ne potrebbero uscire veramente delle grosse falle fiscali.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Penso che qualche volta ricredersi sia da saggi. Ora, l’idea di aggiungere «salvi restando i diritti dei terzi» che a prima vista mi sembrava idonea per tranquillizzare l’onorevole Caroleo e l’onorevole Carboni, dopo le argomentazioni dell’onorevole Dugoni, mi sembra veramente pericolosa.

Per cui chiedo al l’onorevole Caroleo se egli effettivamente insiste.

CAROLEO. Sì.

PELLA, Ministro delle finanze. È vero che vi sono i rimedi ordinari contro le simulazioni, contro le frodi, che possono naturalmente essere strumenti anche a disposizione della Finanza. È vero che la simulazione può sempre essere colpita con i mezzi del diritto comune…

DUGONI. Forse si potrebbe dire: «salvi i diritti dei terzi risultanti da atto pubblico o da scrittura privata avente data certa».

Questa, potrebbe essere una formulazione.

BUBBIO. Io propongo di rinviare e di studiare la formula, data la delicatezza della materia nei rapporti con i terzi.

PRESIDENTE. Allora, vi è una proposta di rinvio. È d’accordo l’onorevole Ministro?

PELLA, Ministro delle finanze. Credo che sia opportuno rinviare: è un lavoro di cesello che dobbiamo fare. Forse, si potrebbe dire: «salvi i diritti dei terzi legittimamente accertati». Ad ogni modo, concordo sull’opportunità di rinviare.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, rimane stabilito che questo articolo sarà rinviato per una migliore formulazione.

(Così rimane stabilito).

Segue l’articolo 24. Se ne dia lettura nel testo della Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Chiunque abbia dato titoli di qualsiasi specie in anticipazione è soggetto all’imposta straordinaria per il valore dei titoli stessi, determinato a mente degli articoli 18 e 19 del presente decreto e ha diritto di ottenere in deduzione l’ammontare del debito verso l’istituto od il privato sovventore dell’anticipazione. Quando l’anticipazione abbia avuto luogo dopo il 1° gennaio 1946 la deduzione è subordinata alla dimostrazione dell’impiego dell’importo del debito.

«Chiunque abbia dato titoli di qualsiasi specie a riporto è soggetto all’imposta straordinaria pel valore dei titoli stessi risultante dal prezzo di compenso del mese di marzo 1947 o determinato per lo stesso mese ai sensi dell’articolo 19 e ha diritto di ottenere in deduzione l’ammontare del debito verso l’istituto o verso il prenditore dei titoli a riporto. Quando il riporto abbia avuto luogo dopo il 1° gennaio 1946 la deduzione è subordinata alla dimostrazione dell’impiego dell’importo del debito.

«Il prenditore dei titoli a riporto è soggetto all’imposta straordinaria per la somma che, alla data del 28 marzo 1947, aveva impiegata in operazioni di riporto».

PRESIDENTE. A questo articolo l’onorevole Marinaro ha presentato i seguenti emendamenti.

«Al primo comma, primo periodo, dopo le parole: Chiunque abbia dato titoli di qualsiasi specie in anticipazione, aggiungere: o a riporto bancario che abbia sostanziale carattere di anticipazione; e, al secondo periodo, alle parole: Quando l’anticipazione abbia, sostituire le seguenti: Quando le operazioni di cui sopra abbiano.

«Al secondo comma, primo periodo, dopo le parole: Chiunque abbia dato titoli di qualsiasi specie a riporto, aggiungere: di Borsa o di speculazione; e, al secondo periodo, dopo le parole: Quando il riporto, aggiungere: di Borsa o di speculazione».

L’onorevole Marinaro ha facoltà di illustrarli.

MARINARO. La Commissione si è discostata dal testo ministeriale nel punto in cui si determina il criterio di valutazione dei titoli dati in anticipazione ed a riporto. Infatti, mentre il testo ministeriale stabilisce che dei titoli dati in anticipazione o a riporto la valutazione viene fatta sulla base della media dei prezzi di compenso del semestre ottobre-marzo 1947, per quanto riguarda, invece, i titoli dati a riporto, la Commissione ha proposto che la valutazione sia fatta sulla base del prezzo di compenso del marzo 1947. Ora, non è chi non veda l’ingiustizia di questa distinzione fatta dalla Commissione, in quanto che, dato l’andamento ascendente del valore dei titoli negli ultimi tempi, ai titoli dati a riporto è fatto un trattamento peggiore di quello fatto ai titoli dati in anticipazione.

Vero è che l’onorevole La Malfa ha giustificato nella sua relazione queste differenziazioni con la considerazione che i riporti sono spesso usati a scopo speculativo. Siamo perfettamente d’accordo, onorevole La Malfa, ma dobbiamo distinguere fra riporti intesi come speculazione, intesi cioè come mezzo per sistemazione di operazioni di Borsa, e riporti puramente bancari. E se la memoria non mi tradisce (credo che questa distinzione esista anche nella pratica) ho letto proprio in un libro del nostro Ministro delle finanze, una distinzione precisamente in questi termini: riporti di speculazione, cioè che servono come mezzo di sistemazione di operazioni di speculazione; e riporti bancari, i quali non sono altro che vere e proprie anticipazioni in senso economico, salvo la diversa natura giuridica; si tratta cioè, in sostanza, di prestiti in denaro che la banca fa a chi consegna delle azioni e si garantisce con queste azioni. Ed in pratica avviene che le banche preferiscono all’operazione di anticipazione l’operazione di riporto, appunto perché i titoli passano poi in proprietà.

Io non vedo perciò la necessità di mantenere questa distinzione. Piuttosto si può vedere l’opportunità di distinguere fra le due specie di riporto; e il mio emendamento tende appunto a questo, a distinguere fra riporti di speculazione e riporti bancari.

Quando si può provare che il riporto è bancario, non c’è ragione di fare la distinzione. E naturalmente il testo del mio emendamento al primo comma non menoma affatto la potestà di accertamento da parte del fisco, il quale può in ogni circostanza accertare se si tratti di un riporto veramente bancario o no.

L’emendamento da me proposto al secondo comma, poi, è giustificato dalle necessità di coordinamento con il primo.

PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione?

LA MALFA, Relatore. La Commissione accetta gli emendamenti dell’onorevole Marinaro.

PRESIDENTE. Il Governo accetta?

PELLA, Ministro delle finanze. Il Governo accetta.

PRESIDENTE. Pongo allora ai voti l’emendamento proposto dall’onorevole Marinaro al primo comma dell’articolo.

(È approvato).

Pongo ai voti l’emendamento dello stesso onorevole Marinaro al secondo comma.

(È approvato).

L’articolo 24 si intende approvato con gli emendamenti testé posti in votazione.

Passiamo all’articolo 25. Se ne dia lettura nel testo proposto dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Si presume che facciano parte del patrimonio del contribuente le seguenti quote percentuali in conto rispettivamente del valore del mobilio, dell’arredamento e dei gioielli, del danaro, dei depositi e dei titoli di credito al portatore:

Mobilio, arredamenti e gioielli: 3 per cento fino a 5 milioni, 5 per cento fino a 10 milioni, 7 per cento fino a 50 milioni, 10 per cento oltre 50 milioni;

Denaro, depositi e titoli di credito al portatore: 2 per cento fino a 5 milioni, 4 per cento fino a 10 milioni, 6 per cento fino a 50 milioni, 10 per cento oltre 50 milioni.

«Dette quote si computano con riferimento al patrimonio netto, risultante dalla differenza tra il valore lordo delle attività, escluse quelle costituite dai cespiti sopra indicati e l’ammontare delle passività deducibili.

«Le quote stabilite nel comma precedente rappresentano l’ammontare minimo dei cespiti soggetti all’imposta, al quale si elevano i valori eventualmente dichiarati per una cifra inferiore, fermo l’obbligo, da parte del contribuente, di dichiarare il maggior valore di ognuno dei cespiti indicati effettivamente posseduto, e ferma la facoltà da parte della finanza, di procedere all’accertamento di maggiori valori in base a dati e circostanze di fatto.

«La quota presunta in conto mobilio, arredamento e gioielli è ridotta alla metà nei riguardi del cittadino e dello straniero residenti all’estero, che abbiano beni nello Stato. La quota non si aggiunge se non risulti che detti contribuenti possiedano del mobilio nello Stato».

BOSCO LUCARELLI. Chiedo di parlare per una mozione d’ordine.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCO LUCARELLI. Credo che, per ragioni di opportunità, vada discusso prima l’articolo 28 che fissa i minimi tassabili – e sul quale sono stati proposti emendamenti – e poi l’articolo 25 che tiene presenti i minimi di cui all’articolo 28.

PRESIDENTE. Faccio presente che l’articolo 28 del testo ministeriale è soppresso e che l’articolo 28 della Commissione corrisponde all’articolo 29 del testo ministeriale.

DUGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Sono di opinione che noi dovremmo oggi approvare l’articolo 25, perché se non lo approvassimo sotto la specie che vi sono degli emendamenti che attendono di essere esaminati riguardanti lo spostamento del minimo imponibile, noi indicheremmo una certa preferenza verso l’accettazione di questi emendamenti, cosa che l’Assemblea non vuol fare in questo momento.

Quindi sono di opinione che si debba esaminare l’articolo 25, salvo poi a modificarlo nella eventualità che i minimi siano mutati. I minimi attuali sono quelli proposti dalla Commissione ed accettati dal Governo e non abbiamo nessun motivo per ritenere che vengano mutati.

In queste condizioni, propongo che si esamini l’articolo 25.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Noi abbiamo lasciato in sospeso tante questioni di una certa importanza, e senza pregiudicare la questione di merito potremmo anche mettere da parte l’articolo 25 e passare agli articoli 26 e 27.

Quanto all’articolo 29 del testo governativo che diventa 28 nel testo della Commissione, se approveremo gli articoli 26 e 27, io vorrei fare la proposta di rinvio. Infatti la questione di un minimo va risolta con ponderazione. Ecco perché io vorrei dire: Prendiamo tempo, approviamo gli articoli 26 e 27 senza pregiudicare la questione di fissare il minimo e rimandiamo alla prossima seduta gli articoli 25 e 28 della Commissione.

PESENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PESENTI. Penso anch’io che l’articolo 25 non possa essere considerato a sé stante. Dipende fra l’altro dai mezzi che avremo per l’accertamento dei beni mobiliari. La presunzione che qui viene considerata dipende dalle forme molto imperfette di accertamento che la legge prescrive per i beni mobiliari, come mobili, arredamenti, gioielli, denaro, depositi. Se si accettasse di abolire il segreto bancario, è chiaro che la dizione potrebbe modificarsi. Quindi, penso che si debba rinviare la discussione dell’articolo 25 a quando saranno noti gli altri articoli della legge.

DUGONI. Aderisco alle considerazioni dell’onorevole Pesenti.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, resta stabilito che l’articolo 25 è rinviato.

(Così rimane stabilito).

Passiamo all’articolo 26. Se ne dia lettura, nel testo ministeriale accettato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il danaro ed i titoli di credito al portatore entrati nel patrimonio del contribuente dopo il 1° gennaio 1944, in dipendenza di alienazione di beni, di successione ereditaria e di donazione, si presumono ancora posseduti alla data del 28 marzo 1947, salvo al contribuente di dimostrarne il consumo o l’impiego in cespiti dichiarati o comunque accertati ai fini della imposta straordinaria, o esenti dall’imposta stessa.

«Quando il tenore di vita del contribuente, posto in relazione con i suoi redditi conosciuti o altri elementi indiziari, lasci fondatamente ritenere che il patrimonio accertato a suo carico in via analitica sia inferiore a quello effettivamente posseduto, può procedersi ad accertamento presuntivo».

PRESIDENTE. L’onorevole Rescigno propone la soppressione del primo comma e, subordinatamente, di aggiungere il seguente capoverso:

«La detta presunzione non ha luogo per i contribuenti che traggano i loro mezzi di vita esclusivamente dalla loro retribuzione di impiegati o salariati».

Non essendo presente l’onorevole Rescigno, s’intende che abbia rinunciato ai suoi emendamenti.

Sul secondo comma è stato presentato il seguente emendamento dagli onorevoli Corbino, Cannizzo, Colitto, Condorelli, Perrone Capano, Perugi, Marinaro, Bencivenga, Maffioli, ed altri, così concepito:

«Fare del secondo comma un articolo a parte premettendo le seguenti parole: Nel caso di contribuenti, il cui patrimonio sia prevalentemente composto di valori mobiliari».

L’onorevole Corbino ha facoltà di svolgerlo.

CORBINO. Desidererei che il secondo comma dell’articolo 26 fosse staccato per farne un articolo a parte; ma vorrei limitarne la possibilità di applicazione ai contribuenti il cui patrimonio sia prevalentemente mobiliare. È vero che in questo modo noi verremo a contenere i poteri del fisco per l’accertamento dei patrimoni; ma dobbiamo tener conto che rispetto alla patrimoniale noi abbiamo due tipi quasi estremi di contribuenti: il contribuente che ha il patrimonio prevalentemente immobiliare, che non può sfuggire all’imposta e rispetto al quale la presunzione di evasione è relativamente piccola; ed il contribuente, che invece ha valori mobiliari, e rispetto al quale la presunzione di evasione è forte. Quindi, introdurre i metodi induttivi nell’accertamento del patrimonio può costituire un ottimo strumento di perequazione fiscale nel caso dei contribuenti che abbiano il patrimonio prevalentemente mobiliare. Non lo estenderei agli altri patrimoni; perché per costoro eventualmente potrebbero intervenire le Commissioni in base all’articolo 46, che il Governo ha già proposto e la Commissione ha accettato, che dà alle Commissioni di prima istanza la facoltà di eseguire anche aumenti sugli accertamenti fatti dagli uffici, nel caso in cui vi siano elementi per ritenere che questi accertamenti siano inferiori al vero.

In sostanza, perché noi ricorriamo all’emendamento indiziario? Per colpire soprattutto coloro che, avendo ricchezze mobiliari, possono più facilmente sfuggire all’imposta. Per costoro lasciamo per intero la facoltà al fisco. Ma per gli altri, che saranno accertati quasi certamente fino all’ultimo centesimo, cerchiamo di non metterli alla mercé di tanti nemici personali che talvolta possono benissimo dire: «Tizio vive agiatamente». I contribuenti potranno, sì, dimostrare che non vivono agiatamente, ma avranno un sacco di pasticci. Quindi lasciamo la facoltà di accertare su indizi soltanto per coloro per i quali gli indizi siano i soli elementi.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il suo pensiero.

LA MALFA, Relatore. Mi rendo conto delle argomentazioni dell’onorevole Corbino. Osservo tuttavia che aggiungendo che la disposizione si applica ai contribuenti che hanno prevalentemente patrimonio mobiliare, non modificheremmo nulla. Implicitamente la norma non si può che applicare a quei contribuenti. Se risultano patrimoni immobiliari, la finanza non ha ragione di applicare questa disposizione poiché conosce la composizione del patrimonio e, quindi, può stabilire l’equivalenza del tenore di vita col patrimonio posseduto. È solo quando non conosce la composizione del patrimonio, che applica la disposizione.

Ci può essere d’altronde un possessore di patrimonio immobiliare che abbia reddito mobiliare nascosto e il suo patrimonio immobiliare può non essere proporzionato al tenore di vita.

Pregherei l’onorevole Corbino di non insistere nel suo emendamento.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. In sostanza resterebbe affermato il principio che il sistema indiziario si limiterebbe soprattutto al patrimonio mobiliare. Credo opportuno poi di farne un articolo separato, perché l’averlo collocato con la disponibilità, di danaro, titoli di credito, provenienti da operazioni effettuate dopo il 1° gennaio 1944, farebbe supporre che questo accertamento indiziario sia da limitare soltanto in questo caso, mentre a me pare che la disposizione, per la sua importanza, dovrebbe formare un articolo a sé.

LA MALFA, Relatore. Effettivamente sarebbe più esatto dividere, salvo a riordinare, il testo legislativo.

PRESIDENTE. Il Ministro delle finanze ha facoltà di esprimere il proprio parere.

PELLA, Ministro delle finanze. Per quanto riguarda la proposta di dividere l’articolo 26 in due parti, sono perfettamente d’accordo. Anzi sono grato all’onorevole Corbino del suo suggerimento, perché la enucleazione della seconda parte e la formulazione di un articolo autonomo servono a scolpire meglio l’importanza del sistema di accertamento induttivo.

Francamente, però, non posso aderire alla proposta di limitare l’accertamento induttivo generico ai casi in cui prevale il patrimonio mobiliare, perché, all’atto pratico, svuoteremmo di contenuto l’accertamento induttivo, in quanto il punto di partenza è quasi sempre l’aver trovato dei cespiti immobiliari. Né d’altra parte deve preoccuparsi l’onorevole Corbino di quello che può succedere in rapporto ai contribuenti possessori di patrimonio immobiliari, perché, una delle due: o il reddito di questi cespiti immobiliari giustifica il tenore di vita, ed allora la questione è risolta, o il reddito suddetto non giustifica il tenore di vita e il contribuente non dà altra giustificazione al riguardo, e allora non vedo la ragione di sottrarlo all’accertamento induttivo per il semplice fatto che abbia patrimonio immobiliare.

Per questo prego l’onorevole Corbino, che è maestro della materia, ed ha così vivo il senso della tutela degli interessi della Finanza, di non insistere sulla seconda parte del suo emendamento.

CORBINO. Accetto l’invito dell’onorevole Ministro, raccomandando però che l’Amministrazione sia piuttosto cautelativa con quei contribuenti che dovranno pagare al cento per cento.

PRESIDIENTE. Poiché l’onorevole Corbino ritira il suo emendamento per la parte che si riferisce all’aggiunta, pongo ai voti la sua proposta, accettata dal Governo e dalla Commissione, di dividere l’articolo in due parti. La prima parte andrà fino alle parole: «sono esenti dalla imposta stessa». Un successivo articolo, 26-bis, comincerà con le parole: «Quando il tenore di vita del contribuente ecc.».

(La proposta di divisione è approvata).

Con questa modifica, l’articolo si intende approvato.

Segue l’articolo 27. Se ne dia lettura nel testo modificato dalla Commissione.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il contribuente, che dimostri di aver sottoscritto al prestito della ricostruzione 3,50 per cento e di essere ancora in possesso dei relativi titoli alla data del 28 marzo 1947, ha il diritto di ottenere che l’importo dei titoli stessi sia, al prezzo di emissione, portato in detrazione dal danaro, depositi e titoli di credito al portatore, accertati presuntivamente nel suo patrimonio a mente degli articoli 25 e 26. Se il prestito è stato sottoscritto contraendo un debito, questo non è ammesso in detrazione dal patrimonio lordo.

«Ai fini della disposizione contenuta nel comma precedente il contribuente deve presentare l’elenco dei titoli, con l’indicazione del taglio e del numero».

PRESIDENTE. L’onorevole Tosi ha proposto il seguente emendamento:

«Sopprimere l’ultimo periodo del primo comma: Se il prestito è stato sottoscritto contraendo un debito, questo non è ammesso in detrazione del patrimonio lordo».

Ha facoltà di illustrarlo.

TOSI. Si tratta di questo. Con l’emendamento introdotto dalla Commissione si è attuato un principio che è contrario agli articoli della legge fin qui votati. Noi abbiamo approvato gli articoli 22 e 24 nella loro formula; abbiamo in sospeso l’articolo 25, dove si ripete lo stesso concetto: vale a dire che tutti i debiti del contribuente devono essere sottratti dal patrimonio lordo. L’affermazione non vale soltanto per la legge, ma vale anche come principio generale, perché quando si parla di imposta sul patrimonio, nella legge fiscale, nel concetto giuridico, nel concetto economico si intende sempre il patrimonio netto e non quello lordo.

Il che vorrebbe dire che se noi in questo caso specifico, proprio perché il contribuente ha sottoscritto il prestito della ricostruzione, non dovessimo accordare la detrazione del debito, proprio in questo caso, dico, noi creeremmo il danno di chi ha in buona fede concorso ad aiutare lo Stato. Quali altri argomenti abbiamo a nostro appoggio? Si dice: se quell’individuo avesse venduto una sua proprietà e con quei soldi avesse sottoscritto al prestito, avrebbe compiuto un’azione diversa da colui che andò a contrarre un debito per sottoscrivere al prestito. Vediamo se è vero. Supponiamo che un Tizio abbia prima della proposta di emissione del prestito un patrimonio di 100 e questo è l’individuo che vende il bene. Dall’altra parte un altro individuo, che è quello che sottoscrive col debito ha pure cento. Al momento della sottoscrizione il primo aliena una quota di 20 del suo patrimonio che tramuta in prestito; il che vuol dire che dopo questa operazione gli sono rimasti: 80 di beni vari, più 20 di prestito: totale 100 come all’origine. Al secondo, che aveva 100 di patrimonio originario meno 20 di debito che ha contratto, più 20 di prestito sottoscritto, è rimasto pure un patrimonio di 100 come era all’origine.

Veniamo ora alla tassazione con la imposta sul patrimonio: il primo individuo ha una quota di 80, da essere sottoposta all’imposta patrimoniale, più 20 di esenzione. Il secondo individuo ha un patrimonio di 100 meno 20 del debito, quindi 80 che deve essere tassato e 20 che ne è esente.

L’esempio mi pare così semplice da persuadere anche i meno adatti ad accorgersi dell’errore.

C’è poi un’altra considerazione. Se noi non accettassimo la detraibilità del debito dal patrimonio, finiremmo col venir meno al principio affermato con la legge di sottoscrizione del prestito, quando si disse che chiunque sottoscriveva al prestito, per quella parte sottoscritta sarebbe stato esente. La norma da me impugnata arriverebbe a questa conclusione: che la legge dichiara esente il prestito e questa imposta colpisce il denaro con cui l’individuo ha sottoscritto al prestito. Secondo me c’è, in questi argomenti, la logica sufficiente a suggerirci che qui si deve fare come negli altri casi, applicando la norma comune: togliere dall’attivo lordo le passività. Resta un’ulteriore eccezione che mi sono sentito dire ed è questa: chi ha contratto il debito, ha sottratto alla imposta patrimoniale parte del suo patrimonio. La risposta è nella legge relativa al prestito. La sera stessa in cui il Ministro Bertone annunciava che 225 miliardi di prestito erano stati sottoscritti, in quel momento ciascuno di noi accettava per vero, perché contenuto nel testo stesso della legge del prestito, che 225 miliardi di patrimonio italiano dovevano andare esenti dalla imposta straordinaria sul patrimonio.

Non capisco perché, nel momento in cui si attua questa imposta, si debba venir meno al principio inserito nella legge generale e voluto in quel determinato momento. Un’altra osservazione è che questi debiti, essendo stati in generale accesi con enti collettivi, non tassati da questa legge, evidentemente sfuggono all’imposta. A parte la considerazione fatta ora sulla legge del prestito, resta quest’altra: anche chi ha venduto di suo bene ad enti collettivi si trova nella stessa identica situazione di vedere i beni sottratti all’imposta. Mi pare che con queste brevi argomentazioni ho dato succintamente ragione del mio emendamento.

C’è, secondo me, un altro ragionamento che ci viene in aiuto ed è questo: se il secondo individuo non avesse contratto il debito per sottoscrivere al prestito, ritenete voi che quei soldi si sarebbero tramutati nel prestito? Io affermo di no, perché se è vero che colui il quale ha prestato i soldi o ha comprato i beni, ha preferito queste due forme di investimento anziché la sottoscrizione diretta ed immediata del prestito, vuol dire che, senza la volontà dell’altro, quei soldi non si sarebbero mai trasferiti nel prestito. E non capisco perché il sottoscrittore che ha fornito alla Patria soldi in un momento in cui lo Stato diceva di averne bisogno, anche per salvare la lira, deve, lui solo, cadere nell’errore voluto dall’articolo 27. Qualcuno potrebbe sostenere che da anteporre ai suesposti argomenti tecnici ed economici ve n’è uno morale, cioè che questa gente ha tentato, attraverso debiti, di nascondere parte del proprio patrimonio. Dopo le spiegazioni date, voglio affermare: 1°) i sottoscrittori al prestito anche se hanno contratto debiti, non hanno fatto altro che seguire quanto una legge speciale invitava a fare, e dichiarava essere nell’interesse dello Stato; 2°) per me il problema morale non è quello di chiedere al sottoscrittore perché ha contratto un debito, ma quello di chiedere allo Stato se vuole o non vuole mantenere fede alla parola data, cioè di rendere esenti i patrimoni che sono stati sottoscritti al prestito.

Messo il problema nei giusti termini, viene come conclusione che se quest’ultimo periodo, del primo paragrafo, vuol dire la non detraibilità del debito dal patrimonio lordo, tutti gli elementi concorrono a dimostrare che esso periodo deve essere modificato. Infine se il debito fosse contratto con un privato, cadremmo anche nella doppia tassazione, perché lo prenderemmo presso il primo contribuente come debito, e lo prenderemmo come credito presso l’altro contribuente.

Insisto dunque nel chiedere che deve assolutamente essere accolto il mio emendamento.

DUGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Farei la proposta di rinviare questa discussione per una ragione importante: la discussione è di grande momento. Le banche e i direttori di banche hanno segnalato a me, come membro della Commissione di finanza, al momento della sottoscrizione del prestito, il tipo di operazione di cui ha parlato Tosi, diretto a frodare l’imposta patrimoniale. Ora, io darò la dimostrazione che queste operazioni si sono compiute esattamente come ha detto l’onorevole Tosi, e poiché si tratta di parecchie centinaia di milioni solo per le banche milanesi, credo che sia il caso di rinviare la nostra discussione.

TOSI. In ogni caso, non possono superare i 225 miliardi del prestito sottoscritto. Questa era la volontà della legge originaria. Se l’abbiamo accettata allora, abbiamo il dovere di rispettarla oggi, e sempre.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Io sono contro l’emendamento e contro il rinvio. La proposta, nei limiti posti dalla Commissione, è semplice poiché si vuole evitare una duplice detrazione, nei soli confronti di coloro che per sottoscrivere al prestito hanno fatto delle anticipazioni. Al solito, queste sottoscrizioni avvengono con anticipazioni presso banche. Mi pare che non sia opportuna la proposta di rinvio, perché l’impostazione del quesito è già chiara nella legge.

LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. La questione, effettivamente ha una certa gravità. È stata ampiamente discussa in sede di Commissione, e la Commissione si è divisa ed ha approvato a maggioranza un emendamento che dovrebbe essere ampiamente illustrato. Credo che il rinvio sia necessario, anche perché quest’argomento ha avuto molte ripercussioni sulla stampa. Discuterlo così, in fine di seduta, non mi sembra opportuno.

PRESIDENTE. Sta bene. Il seguito della discussione è rinviato alla seduta pomeridiana di lunedì 14.

Interrogazioni con richiesta di urgenza.

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta d’urgenza:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’interno, per conoscere le circostanze ed i motivi che hanno determinato l’indegno atteggiamento delle forze di polizia di Palermo, che non hanno esitato a caricare un pacifico corteo di donne è di fanciulli, che ordinatamente chiedeva il tesseramento differenziato e la distribuzione di viveri.

«Le interroganti chiedono quali provvedimenti si intendano adottare sia a carico dei responsabili dell’inumana azione di polizia di Palermo sia per tutelare le manifestazioni democratiche, oggi nemmeno più difese dalla presenza di innocenti fanciulli e dall’elementare rispetto dovuto alle donne».

«Gallico Spano Nadia, Merlin Lina, Montagnana Rita, Mattei Teresa, Bei Adele, Noce Teresa, Pollastrini Elettra, Iotti Leonilde, Minella Angiola, Rossi Maria Maddalena».

«Al Ministro dell’interno, per conoscere se rispondano a verità le notizie diffuse negli ambienti popolari ed impiegatizi di Siracusa sull’accertamento di gravi irregolarità nell’ufficio alimentazione e razionamento di Siracusa, per ammanchi o sottrazioni di notevoli quantità di farina, col peggioramento della confezione del pane, irregolarità che avrebbero determinato la nomina di un commissario prefettizio; e se e quali provvedimenti siano stati o si intendano adottare contro i responsabili di imperdonabili malefatte, in un momento così delicato ed in materia così sensibile, date le gravi deficienze del grano.

«Di Giovanni».

Chiedo al Governo quando intende rispondere.

PELLA, Ministro delle finanze. Il Governo si riserva di precisare la data in cui intende rispondere a queste interrogazioni.

PRESIDENTE. Segue un’altra interrogazione, pure con richiesta di urgenza:

«Al Ministro delle finanze, per invitarlo, in considerazione dell’enorme lavoro cui sono sottoposti gli uffici distrettuali delle imposte, ad aumentare il personale tecnico, richiamandolo da uffici scarsamente produttivi e compensandolo con adeguata partecipazione economica, in rapporto al gettito dell’imposta patrimoniale così come – del resto – è già stato praticato per le ricevitorie postali, nelle quali è stato sottoscritto, con una percentuale di premio, il prestito della ricostruzione.

«Caso, De Michele, Numeroso».

Chiedo al Governo quando intende rispondere.

PELLA, Ministro delle finanze. Il Governo risponderà nella prossima seduta dedicata alle interrogazioni.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, sugli incidenti di Palermo del giorno 11 luglio, nel corso dei quali la polizia ha aggredito donne inermi che protestavano contro il vertiginoso rincaro dei prezzi e contro il mancato intervento delle autorità regionali.

«Merlin Angelina, Fiorentino Giosuè».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e delle finanze, per sapere se non ritengano giusto e opportuno, urgente e necessario, estendere a tutti gli agricoltori italiani, per tutti i lavori agricoli, i beneficî della esenzione dal dazio doganale sui carburanti liquidi in distribuzione e assegnazione, beneficî già accordati in passato ed oggi conservati e mantenuti per gli agricoltori siciliani, per i Consorzi di bonifica e per la motopesca. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Braschi, Pallastrelli».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere:

1°) quali provvedimenti sono stati presi verso l’ufficiale che dava luogo ad una grave provocazione contro gli allievi della scuola di Polizia di Nettuno;

2°) quali motivi hanno determinato l’esonero dal servizio di una trentina di allievi (partigiani), avendo tutti gli appartenenti alla scuola manifestato a favore di alcuni compagni trattenuti dal suddetto ufficiale nel corpo di guardia, e non in cella di punizione evidentemente perché non meritavano alcuna punizione. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Mezzadra, Lombardi Carlo».

PRESIDENTE. La prima di queste interrogazioni sarà iscritta all’ordine del giorno e svolta al suo turno; le altre saranno trasmesse ai Ministri competenti per la risposta scritta.

Sull’ordine dei lavori.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Siccome nella discussione sull’imposta patrimoniale si sta per affrontare questioni molto importanti come quella relativa agli enti collettivi, ed arrivati all’articolo 29, non sarà possibile proseguire se in precedenza non sarà stato risolto questo problema, si potrebbe rinviare la discussione a martedì prossimo anziché a lunedì, poiché lunedì non saranno presenti molti deputati.

PRESIDENTE. Se non si tiene seduta lunedì per continuare la discussione sulla patrimoniale, tutto il programma dei lavori verrebbe a cadere.

Ritengo quindi opportuno fissare la prossima seduta a lunedì, e raccomando agli onorevoli deputati di essere presenti.

Se non vi sono osservazioni, resta così stabilito.

(Così rimane stabilito).

La seduta termina alle 13.35.

Ordine del giorno per la seduta di lunedì 14 luglio 1947.

Alle ore 17:

Seguito della discussione sul disegno di legge:

«Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. (14).