Come nasce la Costituzione

GIOVEDÌ 3 LUGLIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CLXXI.

SEDUTA DI GIOVEDÌ 3 LUGLIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI

 

 

INDICE

Congedi:

Presidente                                                                                                        

Sostituzione di un Deputato:

Presidente                                                                                                        

Elezione contestata per la circoscrizione di Catania:

Presidente                                                                                                        

Grilli                                                                                                                

Giua                                                                                                                  

Bertini, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore                                     

Colitto                                                                                                             

Nobili Tito Oro                                                                                                

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente                                                                                                        

Piccioni                                                                                                             

Micheli                                                                                                             

Cevolotto                                                                                                        

Giannini                                                                                                            

Persico                                                                                                             

Codignola                                                                                                        

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione                                      

Caronia                                                                                                            

Mortati                                                                                                            

Colitto                                                                                                             

Caroleo                                                                                                           

Dominedò                                                                                                         

Gronchi                                                                                                            

Tosato                                                                                                              

Bozzi                                                                                                                 

Votazione segreta:

Presidente                                                                                                        

Risultato della votazione segreta:

Presidente                                                                                                        

Interrogazioni e interpellanza con richiesta d’urgenza:

Presidente                                                                                                        

Scelba, Ministro dell’interno                                                                              

Li Causi                                                                                                             

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 17.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo gli onorevoli Caldera, Fedeli Aldo, Pat, Pignatari, Gullo Fausto, Garbato.

(Sono concessi).

Sostituzione di un deputato.

PRESIDENTE. La Giunta delle elezioni, nella sua seduta odierna, ha preso atto delle dimissioni dell’onorevole Natoli Lamantea da deputato per il Collegio unico nazionale, accettate ieri dall’Assemblea Costituente, e ha deliberato di proporne la sostituzione col candidato Magrassi Eliseo Giovanni, primo nella graduatoria dei non eletti della stessa lista del Partito repubblicano italiano (IV), alla quale apparteneva il dimissionario.

Pongo ai voti questa proposta della Giunta.

(È approvata).

Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione dei reclami eventuali.

Elezione contestata per la circoscrizione di Catania. (Doc. III, n. 5 e 5-bis).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Elezione contestata della circoscrizione di Catania (Giuseppe Lupis).

Sono state distribuite a tempo debito ai membri dell’Assemblea le due relazioni di maggioranza e di minoranza della Giunta delle elezioni.

La Giunta delle elezioni nella sua maggioranza propone «la proclamazione del candidato Sapienza Giuseppe a deputato della circoscrizione di Catania, col contemporaneo annullamento della proclamazione del contestato Lupis Giuseppe».

Dichiara aperta la discussione.

GRILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI. Vorrei sapere se parlerà soltanto il Presidente che ha redatto la relazione di maggioranza o se parlerà anche qualche rappresentante della relazione di minoranza.

PRESIDENTE. I relatori parlano attraverso la relazione. Gli altri componenti della Giunta non hanno nulla da aggiungere, suppongo. Lei, onorevole Grilli, ha qualche cosa da dire?

GRILLI. Io sono favorevole alla relazione di maggioranza.

PRESIDENTE. Vuol dire che, al momento della votazione, lo dirà con il suo voto.

GIUA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUA. Onorevoli colleghi, la questione di stabilire quale sia il candidato da proporre per la convalida delle elezioni della circoscrizione di Catania ha travagliato molto la Giunta delle elezioni, poiché mentre ordinariamente, nel giudizio della Giunta delle elezioni, si tratta di una questione di merito e quindi facilmente giudicabile, nel caso in esame la questione di merito si è trasformata – e si doveva trasformare – in caso politico. Si comprende quindi come l’onorevole Grilli, già in una precedente seduta, si fosse informato di quelli che erano i desiderata della Giunta delle elezioni e fosse andato ancora al di là nel chiedere informazioni su quelli che erano i lavori della Giunta delle elezioni nelle riunioni segrete.

Ora voi, onorevoli colleghi, qui trovate due relazioni, una del Presidente della Giunta delle elezioni che, in base al concetto numerico, vale a dire al concetto aritmetico, esaminando gli atti non di tutte le sezioni proposte per la verifica, ma di una parte di queste sezioni, giunge al risultato di attribuire un maggior numero di voti al candidato Sapienza, il primo dei non eletti dopo la proclamazione del candidato Lupis, appartenente al Partito socialista italiano.

Si tratta di risultati che non si possono mettere in dubbio, perché i dati dell’ufficio delle elezioni sono dati così esatti che nessuno di noi può metterli in dubbio.

Ed allora, per quale ragione io risulto firmatario di una relazione di minoranza? Per mettermi contro l’aritmetica? Evidentemente no. Evidentemente c’è un’altra ragione che mi ha spinto a presentare una relazione di minoranza, ma non per sostenere le ragioni di un candidato contro un altro. Lupis su Sapienza o Sapienza su Lupis: questo è un problema che non mi interessa. Qui l’Assemblea si trova non più dinanzi ad un problema di aritmetica e quindi di convalida in generale, ma dinanzi ad un problema politico. Qui l’Assemblea, e soprattutto coloro che non appartengono né al Partito socialista italiano né al nuovo Partito socialista che si è creato in seguito alla scissione, per la prima volta, sono chiamati a parteggiare per l’uno o per l’altro dei candidati perché la questione aritmetica è stata portata naturalmente, quasi inevitabilmente, sul piano politico. Se non fosse avvenuta la scissione del nostro Partito nel gennaio scorso, probabilmente non sarebbe apparsa questa questione. Ma, coloro che appartengono al Partito del candidato Sapienza, pongono il problema su di un piano politico, come l’ha posto su di un piano politico l’onorevole Saragat, optando per Roma, in maniera che risultasse eletto Lupis. Questo problema Saragat non l’avrebbe risolto, come l’ha risolto, se si fosse presentato a lui il problema non subito dopo le elezioni, ma a scissione avvenuta.

Quindi il problema è importante, e noi lo dobbiamo risolvere ponendoci su questo piano politico.

Io, onorevoli colleghi, voglio ricordarvi un fatto importante.

Nella vita politica italiana i partiti ormai hanno fatto il loro ingresso, e se anche non sono riconosciuti giuridicamente, lo sono praticamente. Anche il nostro illustre Presidente, che viene da un grande Partito, riconosce, nel funzionamento del Parlamento italiano, l’esistenza di questi partiti, ciò che non si può negare. Ora, se è vero questo fatto, e se giuridicamente i partiti non sono riconosciuti, di fatto esistono: quale sarebbe il diritto del nuovo partito, rispetto alla vacanza del posto, qualora non si volesse convalidare l’elezione dell’onorevole Lupis? Di avere un rappresentante di più; ma, evidentemente, i colleghi, per dare questo voto con coscienza, dovrebbero giudicare se il nuovo partito che aspira a questo posto ha avuto i voti sufficienti per avere effettivamente diritto a questa terza nomina. Questo è il problema, non facile da risolvere; perché, onorevoli colleghi, se vi ponete dal punto di vista del vecchio concetto politico, voi accettate il criterio del Presidente della Giunta delle elezioni, senza entrare in merito alla questione politica. Così giudicando, voi riuscite a riportare la situazione politica, e ciò vale non solo per l’Italia, ma per qualsiasi altra Nazione che si trovasse nelle stesse nostre condizioni, su di un piano artificioso, perché molti dei problemi politici, posti sul tappeto negli ultimi mesi, nella vita politica italiana, sono derivati dal fatto che, a causa della scissione del Partito socialista, si è creato un gruppo parlamentare che non risponde alle reali esigenze del Paese, perché non ha il seguito degli elettori che hanno dato vita al Partito socialista italiano di unità proletaria. (Approvazioni all’estrema sinistra).

Questa è la questione, che produce quella disfunzione organica e politica che si è già verificata nelle due ultime crisi di Governo, per la valorizzazione di questo nuovo Gruppo parlamentare. Ecco perché io mi fermo su due fatti. Il primo è che un concetto strettamente numerico non ha alcun valore per giudicare questa elezione contestata ed in base a questo fatto, esaminando i dati numerici, noi troviamo che al Partito socialista italiano compete di ricoprire il posto che sarebbe vacante, qualora non si convalidasse l’elezione di Lupis. Ma, poiché Lupis è per noi il candidato che ha avuto il maggior numero di voti, a lui compete la convalida di questo posto. A questa conclusione siamo giunti tenendo presente che nelle stesse elezioni regionali siciliane, nelle circoscrizioni che formano la circoscrizione elettorale di Catania, il candidato Sapienza ha avuto poche migliaia di voti di preferenza e così doveva essere, perché questa è la reale base elettorale del nuovo partito.

Ed allora giungo a questa conclusione, che è una conclusione che deriva dal fatto che i rappresentanti dei partiti nel Parlamento, sono in funzione della esistenza dei partiti stessi. Io non so se voi vi offenderete di una mia considerazione. Io, come socialista, non mi offendo e la faccio perché credo che molti altri colleghi non si offenderanno. Io non so che concetto abbiate della vostra importanza politica. Io arrivo a questa conclusione: l’importanza del rappresentante del Partito socialista qui nel Parlamento non dipende dal valore della persona, ma dal fatto della sua appartenenza al Partito socialista. Il giorno che questa persona, qualunque sia il suo valore, esca dal Partito socialista, essa si trova, dal punto di vista politico, in questa situazione: che i voti di preferenza svaniscono, che la sua posizione politica è nulla, perché essa conta unicamente come rappresentante di un partito.

Per le considerazioni generali che ho fatto, io credo perciò che, se si vuole rendere giustizia, se si vuole riportare la collaborazione politica, nell’interno del Parlamento, su un piano di vita normale, è necessario convalidare la elezione di Giuseppe Lupis, perché Lupis è il candidato del Partito socialista, al quale compete il posto.

Ma vi è un’altra questione, in via subordinata, che noi dobbiamo trattare. Nella seduta della Giunta delle elezioni del 26 marzo 1947, su mia proposta, si era pervenuti a questa decisione: esame di tutte le schede della circoscrizione di Catania. Per quale ragione era stata accettata da molti componenti della Giunta, anche della Democrazia cristiana, questa mia proposta? Era stata accettata perché il risultato dell’esame di alcune sezioni della circoscrizione di Catania non dava dati esatti. Procedendo a questo esame, la Giunta si è trovata di fronte al fatto caratteristico che nessun risultato delle varie sezioni esaminate era esatto: si avevano delle variazioni dei voti preferenziali tanto per Lupis quanto per Sapienza. In nessuna sezione si è avuto un risultato esatto. Ed allora, io mossi ai colleghi un dubbio della mia coscienza: se dall’esame di pochissime sezioni (una trentina) di Catania si verificano questi spostamenti numerici, non è pensabile che da un esame totale dei risultati delle sezioni della circoscrizione elettorale si possano avere dati che ci conducano veramente ad una decisione che non corrisponda anche al criterio vigente? La Giunta delle elezioni deliberò in tal senso, ed appunto in seguito alla decisione del 26 marzo 1947 si sarebbe dovuto procedere all’esame di tutte le schede della circoscrizione di Catania. Il Presidente della Giunta delle elezioni ha spiegato per quali ragioni, allora, egli ha creduto di non dare corso a questa deliberazione della Giunta. Si trattava di un lavoro che comportava almeno un mese di tempo. Si era allora alla vigilia della scadenza della Costituente. Si pensava, quindi, che la Giunta delle elezioni, iniziando questo lavoro, lo avrebbe terminato alla vigilia o addirittura dopo la chiusura della Costituente. Il Presidente della Giunta delle elezioni, non avendo condotto a termine il lavoro nel tempo indicato, ci riporta dinanzi allo stesso problema. Vale a dire che oggi, dopo che la Costituente è prorogata, la Giunta delle elezioni non si trova più di fronte ad un problema di giudizio sommario, come sarebbe quello a cui è stata condotta in precedenza, perché la Giunta ha ora tutto il tempo di procedere all’esame di tutte le schede della circoscrizione di Catania, mentre, se voi oggi accettate la relazione del Presidente della Giunta delle elezioni, date un giudizio sommario o parziale, e questo non deve essere, perché noi abbiamo tutto il tempo per accertare se un candidato ha avuto più voti dell’altro.

Io propongo pertanto che sia rinviato alla Giunta delle elezioni il riesame della elezione contestata al Lupis, per procedere, in base alla delibera della Giunta stessa nella seduta del 26 marzo 1946, al riesame di tutte le schede della circoscrizione di Catania.

Così facendo, onorevoli colleghi, credo che ci si ponga anche al di sopra di quel problema politico a cui ho accennato e si possa dare un giudizio con maggiore fondatezza. Con il riesame di tutte le schede della circoscrizione di Catania, voi potrete dare un giudizio esatto, ed è questo che noi chiediamo alla maggioranza della Costituente. (Applausi).

GRILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLI. Onorevoli colleghi, se un appunto si può muovere alla Giunta delle elezioni, appunto naturalmente amichevole, senza rancore, è questo: che la Giunta delle elezioni ha impiegato un po’ troppo tempo per arrivare alla conclusione di questa controversia, la qual cosa ha determinato questo inconveniente, che il candidato legalmente eletto dagli elettori di Catania è rimasto per più di un anno fuori di questa Assemblea, mentre il candidato proclamato per errore ha tenuto in questa Assemblea un seggio che non gli spettava. Che, se per caso l’Assemblea Costituente non si fosse prorogata fino al 31 dicembre, oggi questo libro sarebbe chiuso e Catania non riuscirebbe mai a sapere quale è stato il suo legittimo rappresentante.

La questione, onorevoli colleghi, non è politica, la questione politica l’ha fabbricata all’ultimo momento la fantasia dell’onorevole Giua. La questione è giuridica ed è nei termini strettamente giuridici che intendo impostare questo mio intervento. E, d’altra parte, la stessa relazione di minoranza non fa che delle eccezioni di carattere prettamente giuridico, direi quasi procedurale, sicché guarderò brevissimamente queste eccezioni, che, a parer mio, non hanno alcun fondamento.

Si dice, prima di tutto – e questa eccezione, sebbene contenuta in una postilla, nell’ultima parte della relazione, è pregiudiziale – che il ricorso del candidato Sapienza sarebbe intempestivo per questi due motivi: perché Sapienza avrebbe fatto un primo ricorso, prima della proclamazione Lupis e un secondo ricorso alla Giunta delle elezioni, dopo il ventesimo giorno dalla proclamazione Lupis; sicché il primo ricorso sarebbe stato fatto troppo presto e il secondo sarebbe stato fatto, troppo tardi; tutti e due intempestivi.

Ora, io osservo che l’articolo 65 della legge per la elezione della Costituente stabilisce due forme di ricorso: il primo è il reclamo che si può fare alle Sezioni o all’Ufficio centrale, finché dura la loro attività e anche posteriormente; il secondo è quello che si può presentare, se non si è fatto il primo alle Sezioni o all’Ufficio centrale, alla Segreteria della Presidenza dell’Assemblea Costituente.

Ora, se è vero che il candidato Sapienza ha presentato il secondo ricorso alla Giunta delle elezioni dopo il ventesimo giorno dalla proclamazione Lupis, è vero però anche che ha presentato regolarmente il primo ricorso all’ufficio centrale il 21 giugno, ossia nei termini di legge. Per modo che il libello introduttivo di questa controversia è il reclamo del 21 giugno, presentato all’Ufficio centrale. Il reclamo posteriore, che è uguale a quello del 21 giugno, presentato alla Giunta delle elezioni, non è più il libello introduttivo del giudizio, è un di più, tanto vero che il Presidente della Giunta delle elezioni l’ha chiamato «suppletivo». È una specie di avviso che la parte interessata ha dato alla Giunta delle elezioni dell’esistenza di questa controversia. Perciò la controversia è legalmente aperta e l’Assemblea Costituente è investita del giudizio.

Seconda eccezione; può l’Assemblea Costituente, esauritosi il suo normale ciclo vitale, procedere alla sostituzione dei suoi membri?

Certo, se l’Assemblea Costituente fosse terminata il 24 giugno, non c’è dubbio che della cosa non si parlerebbe più e si sarebbe verificato quell’inconveniente cui dianzi accennavo; ma siccome l’Assemblea si è prorogata, il suo ciclo vitale esiste ancora e può decidere. Però la relazione di minoranza sostiene che, trascorso un anno dalle elezioni, non è più possibile nessuna sostituzione di candidati; e, per sostenere questa assurdissima tesi, invoca la legge elettorale del 1919.

Noi potremmo dare a tale obiezione una risposta che, come suol dirsi, taglia la testa al toro: che noi cioè siamo regolati dalla legge del 10 marzo 1946 e non già da quella del 1919. Ed infatti, proprio pochi momenti fa, si è proceduto alla sostituzione del Magrassi al dimissionario Natoli Lamantea. Ma anche se, comunque, un riferimento a questa legge del 1919 si potesse fare, magari per un criterio di analogia, io osservo subito che questo riferimento è errato. È errato, perché la legge del 1919 – e lo ricordo ai giovani, perché gli anziani e specialmente quelli che furono deputati nel 1919 la conoscono meglio di me – aveva un articolo, il 103, il quale stabiliva che se un deputato optava per uno dei due Collegi in cui era stato eventualmente eletto, o se era sorteggiato per la mancata opzione, o se l’elezione veniva annullata perché il deputato aveva accettato più di due candidature, oppure se un deputato veniva a morire prima delle elezioni, ossia durante il periodo della lotta elettorale, il posto vacante veniva allora colmato con il primo dei non eletti.

Venne poi successivamente una legge, quella del 26 settembre 1920, la quale modificava questo articolo 103, aggiungendo ai casi che ho indicati anche quello del deputato che fosse morto entro un anno dall’elezione. Si creò così la figura degli aspiranti deputati, i quali potevano diventare deputati per successione, se uno dei deputati eletti avesse fatto loro la cortesia di morire entro l’anno.

Dunque, questo termine di un anno, non è che fosse posto come il limite di tempo per la sostituzione dei candidati; era posto come condizione della morte del deputato, perché si potesse procedere alla sostituzione col primo dei non eletti, anziché procedere alla riconvocazione del Collegio. Dunque, nemmeno la legge del 1919 aveva quel limite invocato dalla relazione di minoranza.

Se un termine ai lavori della Giunta c’è, è, se mai, quello dell’articolo 18 del Regolamento della Giunta, ma questo termine è di un anno e mezzo e l’anno e mezzo non è ancora spirato. D’altra parte, se la tesi della relazione di minoranza fosse giusta, si arriverebbe a questo assurdo, che, ove la Giunta delle elezioni, per qualsiasi motivo, magari per le arti defatigatorie dei litiganti, non riuscisse a condurre a termine il suo lavoro entro l’anno, ricandidato proclamato per errore acquisterebbe di diritto la carica per una specie di prescrizione acquisitiva, di usucapione applicata al diritto elettorale.

Questa tesi è tanto assurda che non c’è davvero bisogno di dimostrarne l’infondatezza. Ma v’è una terza eccezione: la violazione cioè dell’articolo 23 del Regolamento della Camera, perché la seduta del 7 giugno della Giunta delle elezioni sarebbe stata indetta, senza che tra l’affissione dell’avviso di convocazione e il giorno della seduta fossero trascorsi i tre giorni stabiliti dall’articolo 23. Ma io vi faccio osservare, egregi colleghi, che questo termine di tre giorni – e sappiano i relatori di minoranza, per un’eventuale loro prossima futura relazione, che il termine non è di tre giorni, ma di dieci – questo termine di 3 giorni dell’articolo 23 del Regolamento della Camera, che poi è diventato di dieci giorni per il successivo regolamento della Giunta delle elezioni che è posteriore, è richiesto soltanto ed esclusivamente per la seduta pubblica, per quella seduta pubblica di contestazione di cui parla l’articolo 23 del Regolamento della Camera e alla quale si riferisce l’articolo 11 del regolamento della Giunta delle elezioni; per quella seduta pubblica nella quale le parti sono ammesse a discutere, per quella seduta pubblica nella quale si contesta l’elezione e le parti possono produrre documenti, presentare deduzioni e sostenere le loro ragioni.

Ma questo è avvenuto, signori, perché la seduta pubblica fu quella del 22 maggio e fu fatta regolarissimamente, col rispetto dei dieci giorni e di tutte le altre formalità di rito.

L’articolo 14 del regolamento della Giunta stabilisce che, terminata la seduta pubblica, cioè dopo la discussione delle parti (la seduta pubblica, e quindi la fase contestativa, è terminata) la Giunta, in seduta privata, decida, prenda le sue conclusioni.

In questo caso la Giunta delle elezioni che cosa avrebbe potuto fare? Avrebbe potuto prendere i dati che risultavano e che non erano più discutibili, e cioè che il Lupis aveva 141 voti in meno del Sapienza, e senz’altro annullare la proclamazione del Lupis e proclamare eletto il Sapienza.

La Giunta delle elezioni aveva fatto un lavoro di Sisifo, aveva fatto quattro indagini, egregi colleghi. Con la prima indagine aveva trovato che i 13 voti, che secondo l’ufficio centrale della circoscrizione erano a favore del Lupis contro il Sapienza, erano divenuti invece 4 voti a favore del Sapienza; dopo una seconda indagine, la differenza a favore del Sapienza salì a 182 voti; dopo una terza indagine scese a 151; dopo una quarta indagine rimase a 139.

Nonostante tutto questo, e nonostante che nessuno potesse discutere la regolarità di questo conteggio, la Giunta delle elezioni, per uno scrupolo che le fa onore e nell’intento di accedere alle richieste del candidato Lupis, nominò una Commissione inquirente alla quale dette un incarico preciso. E l’incarico era questo: indagare tutte le schede nulle e contestate di Catania.

I limiti di questa indagine furono proposti dall’onorevole Rubilli, che ebbe il voto favorevole degli onorevoli Musotto e Nobili Tito Oro, che sono fra i firmatari della relazione di minoranza.

Questo Comitato ha fatto le sue indagini, e niente di meno ha esaminato 88.000 e più schede, ed è venuto a questo risultato: che il Lupis aveva diritto ad altri 12 voti, il Sapienza aveva diritto ad altri 14 voti, sicché i voti a favore del Sapienza aumentavano di due.

Il Comitato presentò la sua relazione alla Giunta delle elezioni nella sua prima riunione, che fu quella del 7 giugno. E che cosa doveva fare la Giunta delle elezioni? Non doveva fare altro che una semplice operazione aritmetica e vedere se 139 più 2 fa 141.

Si sostiene, dai relatori di minoranza, che si sarebbe dovuta riconvocare la seduta pubblica. E questo è un errore. Si invoca la procedura civile; ma, dal momento che abbiamo una procedura speciale, è questa che conta.

La seduta pubblica si era esaurita il 22 di maggio. Le parti avevano avuto il loro tempo per presentare tutte le deduzioni e muovere tutte le eccezioni, il che fu fatto. Dopo di allora non era più ammessa nessuna difesa. La Giunta delle elezioni, il 7 giugno, si trovava a continuare quella seduta privata che è prevista dall’ultima parte dell’articolo 14, ed in questa seduta privata pervenne alle conclusioni che voi sapete.

Che, se per caso fosse giusta la tesi dei relatori di minoranza, che cioè, tutte le volta che un Comitato inquirente o qualsiasi altro Comitato, per scrupolo dalla Giunta delle elezioni, porti dei dati nuovi, si dovesse riconvocare la seduta pubblica e riammettere le parti alla discussione e a nuove deduzioni, voi capite che non si finirebbe più e sarebbe stato facile, in questo modo, arrivare fino a Natale ed allora, il candidato eletto Sapienza, sarebbe potuto venire a Montecitorio nel 1948 a portare un fiore sulla tomba dell’Assemblea Costituente.

Se dunque questa tesi che pretendono di sostenere gli avversari, cioè di riprendere la seduta pubblica tutte le volte che vi è una novità, fosse giusta, questo non sarebbe più un giudizio, sarebbe quello che i ragazzi della mia Toscana chiamano la «novella dello stento», che non finisce più.

Come vedete, le eccezioni di carattere giuridico che sono state mosse, non hanno nessuna importanza. Io non mi soffermo a discutere la nuova tesi di sapore politico che è stata presentata oggi dall’onorevole Giua. Egli pretende che ormai gli elettori di Catania siano più favorevoli al Partito socialista italiano che non al Partito socialista dei lavoratori italiani e pretende che ad occupare il seggio rimasto vacante per l’opzione di Saragat, invece di Sapienza, si debba chiamare uno dei candidati che appartengono al Partito socialista italiano. (Interruzioni a sinistra). Nelle ultime elezioni il Partito socialista italiano ha avuto forse più voti del Partito socialista dei lavoratori italiani? Mistero questo! È mistero per colpa vostra (Accenna a sinistra) perché voi avete fatto il blocco con i comunisti. Ora noi non sappiamo quanti dei voti che vi hanno favorito siano i voti vostri o dei vostri alleati comunisti. Comunque, voi parlate di preferenze. Ebbene, io dico: siccome qui si discute fra Sapienza e Lupis, Lupis fu candidato del Partito socialista italiano? Non mi risulta. Credo di no. Ed allora è mancata la competizione che potesse far misurare quale di questi due contendenti abbia maggiore credito e fiducia negli elettori di Catania. La lista del 2 giugno era del Partito socialista di unità proletaria. Oggi l’Assemblea Costituente deve vedere chi è della lista socialista di Unità proletaria il quarto candidato in graduatoria ossia il primo dei non eletti per sostituirlo all’onorevole Saragat. Il candidato Sapienza ricorse contro l’Ufficio centrale sostenendo che il quarto posto spettava a lui. L’Ufficio centrale lo assegnò erroneamente a Lupis, e la Giunta delle elezioni proclamò Lupis per questo errore. Oggi si è scoperto che il quarto posto spetta a Sapienza e perciò Sapienza soltanto ha diritto di essere deputato.

Io ho finito, egregi colleghi. Mentre auguro che nelle prossime Assemblee legislative e la Giunta delle elezioni lavori con una maggiore rapidità, a nome mio e dei miei compagni di Gruppo, saluto in Giuseppe Sapienza, il nuovo deputato di Catania. (Applausi).

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Io, come Relatore e come Presidente della Giunta, credo di avere il diritto di rispondere a tutti gli oratori.

DUGONI. Il difensore di ufficio.

PRESIDENTE. Senza dubbio: lei risponderà quando avranno parlato tutti.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Ho domandato di parlare, perché, dovendo anch’io dare il mio voto, desidero darlo con tranquilla coscienza. All’uopo occorre che i Relatori diano chiarimenti, che giovino a questo scopo. A me non sembrano fondate le eccezioni di rito, che sono state hinc inde sollevate. Non mi sembrano, altresì, fondate le eccezioni che, con parole suggestive, sono state formulate dall’onorevole Giua, perché la questione non può essere risolta, a mio sommesso avviso, da un punto di vista politico, sì bene da un punto di vista strettamente giuridico, alla parola della legge dovendo noi rimanere aderenti. Io, però, sono rimasto perplesso di fronte alle asserzioni, che ho letto nella relazione di maggioranza. Se ho ben inteso, nella seduta del 26 marzo 1947, la Giunta prese una precisa deliberazione. Deliberò, cioè, di richiamare presso di sé tutte le schede valide da tutte le numerose sezioni costituenti la circoscrizione elettorale allo scopo di eseguire opportune verifiche. Ora io dico a me stesso: «Bene o male, la Giunta convalidò l’elezione del candidato Lupis» Sarà caduta in errore, non sarà caduta in errore: la Giunta convalidò…

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Lei è fuori strada!

NASI. Proclamò!

COLITTO. Ho sentito poco fa dire dall’onorevole Grilli che, per errore, al posto del Sapienza, era entrato nell’Assemblea il Lupis. Ora, si qualifichi questa decisione, questa deliberazione della Giunta, col termine tecnico che si vuole, ma insomma il Lupis è entrato nell’Assemblea e non vi è entrato il Sapienza. Che cosa deve fare oggi l’Assemblea Costituente? Deve prendere una deliberazione, con la quale dica che si annulla l’elezione del candidato Lupis ed al suo posto si proclama il Sapienza. Ora, ritornando a quello che ho detto poco fa, la Giunta delle elezioni il 26 marzo 1947 deliberò di richiamare dalle varie sezioni della circoscrizione elettorale tutte le schede valide. Ma ha poi essa adempiuto a tale deliberazione?

A questo interrogativo la relazione di maggioranza risponde di no. Vi saranno state difficoltà di ordine pratico ed anche di ordine finanziario (leggo nella relazione che sarebbero stati necessari mezzi finanziari, che avrebbero dovuto essere forniti dal Ministero dell’interno); ma una cosa è certa: che la deliberazione della Giunta del 26 marzo 1947 non è stata poi eseguita.

Vi sono stati richiami di schede; ma la deliberazione non è stata certo, in toto, eseguita.

Ed allora, se l’Assemblea è chiamata a rispondere a questo interrogativo: «Si deve annullare la elezione di Lupis e porre, al posto di Lupis, Sapienza? Deve essere messo fuori da quest’Aula l’uno, perché sia introdotto l’altro?», la mia coscienza mi dice di non rispondere, mancando gli elementi per la risposta. Signori della Giunta, voi siete stati chiamati ad adempiere un mandato, ed avete stabilito di adempierlo in certo modo. Poi non l’avete adempiuto. Ed allora, io vi dico: «Completate quello che avete da completare; fate quello che avevate stabilito di fare e che non avete fatto ancora». L’Assemblea potrà così con più serena coscienza dare il proprio voto in un senso o nell’altro.

Ecco perché io propongo di soprassedere dalla decisione definitiva e che siano di nuovo restituiti gli atti alla Giunta delle elezioni. (Applausi a sinistra).

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Onorevoli colleghi, anzitutto abbiano i colleghi, i quali hanno parlato su questo argomento, a persuadersi che la Giunta delle elezioni, ed io, in particolare, non siamo abituati a scostarci dallo scrupolo della verità. Credo di aver dato prove continue della mia indipendenza; e, se anche i colleghi dissenzienti, al di fuori di questo episodio, volessero ricordarsi delle manifestazioni di concorde consenso, tributate alla mia opera ed a quella dei miei colleghi, sarebbero posti nella condizione di evitare frasi, le quali non possono che suonare poco rispettose per questa integrità di condotta della Giunta delle elezioni. (Approvazioni). Ora, il sentirmi dire che io devo parlare ultimo, perché sono il difensore, sembrerebbe che io dovessi essere il difensore d’ufficio.

DUGONI. C’è un malinteso.

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Accetto la dichiarazione e passo oltre, perché ritengo rette e quindi obiettive anche le manifestazioni incidentali del pensiero. Avanti al dilemma posto dall’onorevole Giua, non posso consentire che la questione possa essere trasportata sul terreno politico. Si allude dall’onorevole Giua all’importanza preminente che oggi i partiti assumono nella impostazione della rappresentanza nazionale. Ed io riconosco questa necessità nuova, sulla quale, del resto, si basa anche l’opera di collaborazione o di dissenso che agita le nostre discussioni e determina i nostri voti.

Ma, signori, non posso arrivare fino al punto di tramutare la funzione della Giunta in una funzione politica, nel senso che debba giungere con i miei colleghi ad ammettere la proclamazione di un candidato, il quale, secondo gli accertamenti da noi fatti, non ha raggiunto la maggioranza numerica. Solo una ragione politica, che si desume dalle sorti nelle quali si è trovato il Gruppo del Partito socialista di unità proletaria al momento delle elezioni del giugno e dagli spostamenti che ne sono derivati, per gli effetti del dissidio intervenuto nel febbraio scorso, a scomporne la compagine, mi dovrebbe permettere di dire: io guardo all’una o all’altra parte di queste due frazioni dell’antico partito, perché si debba, secondo le opinioni del candidato dell’una parte o dell’altra in lotta, attribuire, per una ragione politica, la preminenza all’uno invece che all’altro. La nostra è una ricerca di verità, secondo i mezzi che abbiamo ed io dimostrerò anche all’onorevole Colitto che egli è caduto in un grosso equivoco, quando è andato al di là del senso vero e della portata di quella deliberazione, sulla quale ci tratterremo brevemente a discutere fra poco.

E non mi aspettavo, lo dico francamente, dall’onorevole Grilli il rimprovero di eccessiva lentezza nel compimento dei nostri lavori.

Se l’onorevole Grilli avesse posto un’attenzione maggiore a tutti i punti della mia relazione, avrebbe visto che do ampie spiegazioni sulla ragione che ha condotto a questa lentezza. Era già il Collegio di Catania logorato per il contrasto di molte liste e non si può neanche dimenticare che, all’infuori della lotta fra il candidato Sapienza e il candidato Lupis, la difficoltà maggiore nelle ricerche è stata creata dall’ufficio circoscrizionale di Catania, il quale ha fatto il riassunto dei voti in maniera manchevole, al punto da non tener conto, come si doveva, dei voti che risultavano in base ai moduli 5-bis.

Diciamo una parola della funzione a cui è destinato il modulo 5-bis. Si riassumono in esso i numeri dei voti di preferenza. Quindi ecco che, una volta stabilito, in base al modulo 5, quale sia il numero dei voti di lista accolto da ognuna delle liste, se vogliamo poi andare a fare il computo per stabilire la graduatoria dei singoli candidati, bisogna che aggiungiamo al voto di lista i voti preferenziali che sono da assegnare a ciascuno dei candidati.

Quando, giunti gli atti dell’elezione alla Segreteria dell’Assemblea, si notarono queste omissioni e soprattutto intervenne il candidato Sapienza con due ricorsi ad impugnare il conteggio compiuto dall’ufficio centrale, entrò in giuoco il compito affidato dal regolamento della Giunta e dalla legge elettorale all’ufficio di Segreteria di procedere alle verifiche, riesaminando il modulo 5, il modulo 5-bis e quegli altri elementi che potevano essere utilizzati, e fra questi anche quelli indicati dai ricorsi Sapienza. L’Ufficio di Segreteria ha compiuto questo lavoro di riesame fermandosi a un certo punto, e diremo ora quale.

Si è detto, nella relazione di minoranza che la Giunta ha avuto il torto di fermarsi troppo ai reclami e ai ricorsi del Sapienza, quasi che noi avessimo ridotto la nostra indagine soltanto alle indicazioni che il Sapienza ci forniva. Ciò è profondamente inesatto e non risponde a verità. Accanto ai ricorsi del Sapienza sono arrivati alla Giunta i ricorsi del Lupis. È vero che lo stesso Lupis, in lettere fatte pervenire alla Giunta, assume che egli, di questa questione di rettifica in ordine alle proclamazioni, non si è mai curato per molte ragioni, fra le quali quella politica, in quanto parrebbe – lo dico perché è stato scritto in questi documenti, non perché a me consti per altra via – che sarebbe stato imposto, quando il Partito era ancora nella sua unità, al Sapienza di non fare reclami in ordine alla contestata sua posizione per la graduatoria; ma è vero tutto ciò, oppure il Lupis si è reso conto per tempo della necessità di intervenire nel dibattito? Si comprende, da un altro lato, che, siccome le omissioni dell’ufficio centrale venivano a colpire soprattutto il posto di graduatoria del Sapienza, era naturale che il Sapienza fosse quello che si muovesse a far rettificare il posto nei confronti del Lupis, tanto più che la differenza a quell’epoca, trascritta dai risultati dell’Ufficio centrale, era di tredici voti fra la posizione dell’uno e la posizione dell’altro.

E, del resto, il Lupis aveva ogni ragione di fare l’indiano, perché se mai toccava agli altri di andare più o meno ad arrampicarsi nella revisione dei voti per portare in essere la vera maggioranza.

NOBILI TITO ORO. Macché indiano! Lei deve essere obiettivo!

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Lei è stato giudice nella Giunta ed ha il dovere di essere obiettivo come lo sono io, e non fare relazioni di minoranza le quali colpiscono non tanto me, che, francamente, sono abituato alle lotte, ma colpiscono l’intera Giunta e i lavori che la Giunta ha compiuto. Ecco qual è l’obiettività. (Rumori a sinistra). Siate almeno così obiettivi da lasciarmi parlare.

Dunque, quando è che si è mosso il Lupis ad interessarsi della questione? Il 7 settembre 1946 egli delegò a rappresentarlo dinanzi alla Giunta delle elezioni l’avvocato Sinibaldo Tino. Se questa data è inoppugnabile, vediamo un’altra lettera che il Lupis mandò alla Giunta quando ormai si era nel fervore delle indagini, 26 marzo 1947, nella quale spiega, in parte, il retroscena politico del dissidio.

«Il sottoscritto Lupis – egli scrive – aveva, a suo tempo dalla Direzione del proprio Partito e quando già era stato assunto al Governo, notato che contro la sua proclamazione era stato elevato ricorso dal compagno di lista Sapienza, il quale per questa iniziativa non allineata sulla disciplina del Partito era stato censurato. Sempre in conformità di tale disciplina, egli fu invitato a disinteressarsi del reclamo, lasciando arbitra la Giunta degli accertamenti e della decisione. Poscia fu informato degli accertamenti, ma non ancora svincolato dal disinteressamento imposto. Quando più tardi fu, invece, per l’avvenuta scissione del Partito socialista italiano, invitato a provvedere alla difesa della propria posizione, che interessava ormai anche il Partito, lo fece nominando a proprio difensore l’avvocato Tino».

Signori miei, ditemi un po’ voi che siete più competenti di me: quando è avvenuta la scissione nel Partito socialista? Certo è che, dato che la scissione è avvenuta nel febbraio scorso, il signor Lupis aveva già fatto i suoi passi in precedenza, nominando proprio difensore l’avvocato Tino con una delega del 7 settembre 1946, onde reclamare sulla propria posizione.

Ma lasciamo andare tutto questo, che è contorno e veniamo alla sostanza.

Che cosa ha compiuto la Giunta delle elezioni e, con essa, la diligentissima Segreteria? Ha dovuto ristabilire il complesso dei voti e della graduatoria, che l’Ufficio centrale aveva avuta la negligenza di non compiere. Ed allora il criterio è stato questo: dove si avevano i moduli 5-bis, si è cominciato a rifare le indagini su questi moduli, per stabilire il vero ammontare delle preferenze. Inoltre, siccome alcuni moduli 5-bis mancavano – si andava sulle 50-60 sezioni – abbiamo dovuto sollecitare l’Ufficio centrale e la Presidenza della Corte di Catania, affinché mandassero questi documenti. Sono arrivati finalmente, dopo due mesi: l’onorevole Grilli ne tenga conto.

Ed allora ecco come è proceduto il nostro lavoro, e lo esporrò in pochissime parole, affinché tutti vedano l’obiettività della organizzazione in cui ci siamo inquadrati, per giungere ai necessari accertamenti. Dove c’erano i moduli 5-bis e si erano denunciate erroneità di incolonnatura, queste erroneità sono state scoperte e corrette. Dove, viceversa, si è trovato che mancavano i moduli, allora si è ricorso al giusto espediente di farsi inviare tutte le schede valide. Guardino, dunque, che l’esame delle schede valide è stato cominciato fin da allora, ma nel punto che interessava, e non nel punto che era superfluo. È stato in base a questa ricerca, ed in base alla presenza di questi documenti, che tra l’altro, si sono rinvenuti, nel pacco delle schede valide, parecchi moduli 5-bis. Per cui il bivio posto alla Presidenza della Giunta ed alla Segreteria è stato questo: dove abbiamo i moduli 5-bis, si rettifica stando all’indicazione numerica che ci era offerta; dove non abbiamo il modulo 5-bis, si ripara alla mancanza di indicazione attraverso il conteggio delle schede in tutte le sezioni a cui si riferisce questa manchevolezza.

Ed allora, signori, si è detto che siamo stati molto diligenti, ma non molto pazienti. Ma guardate, ecco la pazienza: questo riesame di tutte le schede valide ed anche dei moduli 5-bis ha occupato un gran numero di sedute. E sapete chi è intervenuto all’esame di queste sedute? In mia assenza, i Vicepresidenti, onorevoli Nasi ed Uberti, e di tutto è stato fatto minuto e circostanziato verbale.

Sicché, o signori, quando voi trovate che la graduatoria dei voti si sposta, sia nei riguardi di Sapienza, sia nei riguardi di Lupis, ciò avviene per queste rettifiche fatte sulla base delle schede valide, sulla base dei moduli 5-bis, sulla base del riordinamento delle incolonnature, dove queste si erano prestate alle omissioni compiute dall’Ufficio centrale.

Compiuto tutto questo lavoro, io lo portai, nel marzo scorso, in seno alla Giunta delle elezioni. In quella sede ho riferito, ho dato le spiegazioni di tutto, e queste spiegazioni voi le trovate nella mia relazione, in quei quattro quadri dove gradualmente giustifico tutti gli apporti dei nuovi voti. In essi voi vedete tutto il lavoro singolo, minuto e paziente, di cui vi ho dato ora un accenno, ed arrivate a questo risultato: 139 voti di maggioranza per il candidato Sapienza.

Nessuno fece obiezioni a questo lavoro. Le risultanze furono riconosciute esatte e la Giunta fu unanime in questo riconoscimento. Soltanto è avvenuto che, ad un certo momento – ecco, se mai, dove affiora un certo motivo di interesse politico – quando si è visto che la posizione dei candidati si invertiva, si è creduto di trovare mezzi adatti per cercare di migliorare la situazione di Lupis nei confronti ni Sapienza, e, dopo lunghe discussioni, si è detto, che cosa si fa? Alla fine della seduta – come spesso succede – c’erano due proposte: una proposta fatta – e lo dico in omaggio al rispetto che porto per lui – dall’onorevole Nobili, e un’altra avanzata quasi improvvisamente dall’onorevole Giua.

Dico la verità e le mie impressioni. La Giunta di fronte alla proposta Giua, che chiedeva il richiamo di tutte le schede, che erano più di un milione, non ebbe modo di valutare le difficoltà di un’opera simile ed anzi, la impossibilità di portarla a termine. Bisogna avere un po’ passato il nostro tempo, come si è passato, con molto senso di pazienza e di diligenza nell’avvalorare, col nostro lavoro, la funzione affidata alla Giunta delle elezioni per rendersi esatto conto di ciò. Ora, io ricordo che in quella seduta stessa uno dei colleghi – posso anche dirne il nome, a suo onore: l’onorevole Grieco – domandò alla Presidenza: «Questi risultati differenziali, queste omissioni, queste irregolarità, di cui la difesa Lupis parla genericamente, sono conseguenza di brogli, di un’azione dolosa? Sono stati determinati dalla intenzione malvagia di togliere voti ad un candidato e di alterare il risultato reale della elezione?». Ricordo che tutti coloro che avevano, come me, seguito il lavoro dei colleghi Nasi e Uberti, risposero: «No, signori: tutto quello che è avvenuto si deve a pura omissione, a pura negligenza». Ora comprenderete, onorevoli colleghi, l’effetto che avrebbe avuto il richiamo di tutte le schede. Noi avremmo desiderato che si dicesse: in quelle determinate sezioni sono avvenute irregolarità, perché dai verbali induciamo che vi sono elementi di variazione indebitamente introdotti. Ma si parlava genericamente di richiamare tutte le schede partendo da questo presupposto: siccome, esaminando i moduli 5 e 5-bis, si è trovato un aumento di voti per Sapienza ed un aumento di voti, sia pure minore, per Lupis, chissà che, andando a riguardare tutte le schede delle 1700 sezioni del Collegio, non si possa trovare qualche cosa che migliori la posizione del Lupis. (Interruzioni – Commenti a sinistra). Coloro che parlano di inesattezze hanno la piena libertà di venire a consultare gli atti: così risparmieremo fiato loro ed io.

Dunque, tutti sentirono, fatta questa deliberazione, che la cosa era veramente inattuabile, che era un surmenage di cui ci saremmo caricati. E la ragione è evidente; perché si potrebbe, ad esempio, per tutti i Collegi, semplicemente per un richiamo generico, relativo al risultato dei moduli 5 e 5-bis, dire che il candidato dell’ultimo o del penultimo posto, potrebbe guadagnare un posto migliore se si facesse il riesame di tutte le schede valide del Collegio. (Commenti – Interruzioni). Io, onestamente fedele alla volontà della Giunta, mi misi immediatamente in comunicazione col Presidente della Corte d’appello domandandogli che provvedesse a mandare subito – ed esponesse quali mezzi fossero più adatti al riguardo – tutte le schede valide del Collegio. Egli rispose spaventato, dicendo che si sarebbe dovuto fare una ricerca dappertutto per avere le schede valide e che non c’era il tempo disponibile. Ed allora tornai alla Giunta qualche giorno dopo, e misi a parte i colleghi di queste difficoltà, e debbo dire che tutti, onestamente, ne furono convinti e revocarono la deliberazione precedente.

CAROLEO. Male, male!

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Per via media fu stabilito – guardate anche la tolleranza eccessiva della Giunta fino a questo momento, poiché non si era ancora parlato di contestazione della elezione, e ciò io permisi rendendomi conto di una situazione la quale, per i suoi aspetti politici, voleva essere trattata con molto tatto – fu stabilito: chiamiamo i due contestandi, davanti ad una Commissione composta di tre membri della Giunta, la quale cerchi di far ridurre, se possibile, le loro richieste relative alle schede valide.

Purtroppo ciò non ebbe esito; non si trovarono d’accordo i due contestandi e allora venne la questione alla Giunta, la quale, giustamente seccata dal prolungarsi di un dibattito senza conclusione, su proposta di uno dei suoi membri, disse che non si poteva più oltre protrarre la contestazione, una volta che il conflitto veniva ad approfondirsi.

Fu, pertanto, approvata la contestazione, e si venne alla seduta pubblica del 22 maggio scorso.

Ora, signori, non mi soffermerò su tutte le eccezioni prospettate dai colleghi di minoranza. Dirò che si venne alla discussione della elezione davanti alla Giunta. Sapendo che il terreno era arroventato, non volli presentarmi alla Giunta con una relazione orale; volli che, trattandosi soprattutto di particolarità numeriche sostanziali, la Giunta avesse davanti alla mia relazione scritta tutto il quadro dei risultati di accertamento raggiunti fino allora.

Il difensore del Lupis chiese, sul merito, il completamento delle indagini, a continuazione di quelle già compiute dalla Giunta e che avevano portato alla constatazione dei 139 voti a favore del Sapienza. Riunitasi la Giunta in camera di consiglio, respinse una pregiudiziale di decadenza proposta dal Sapienza e nominò un Comitato nelle persone dei colleghi Nasi, Musotto e Tambroni, incaricato di procedere alla revisione delle schede nulle e contestate della circoscrizione di Catania. I tre colleghi, in nove riunioni, esaminarono ben 88.148 schede. Vi sono qui i documenti, compreso il verbale, composto di numerose pagine. Fra i tre membri che componevano il Comitato, c’era anche uno dei firmatari della relazione di minoranza, il nostro egregio collega onorevole Musotto, il quale, con gli altri, può darvi atto che le deliberazioni, di cui è cenno nel verbale, sono state tutte prese all’unanimità.

E i risultati quali sono stati? I risultati sono stati trascurabili: sopra 88.148 schede sono stati attribuiti 12 voti al Lupis e 14 al Sapienza, di guisa che la prevalenza del Sapienza salì da 139 a 141 voti.

Ora, signori, giunti a questo punto, io domando: che cosa ancora si poteva fare? Io dovevo condurre a conclusione questa elezione; non potevo più ammettere tergiversazioni.

Si dice nella relazione di minoranza: perché il Presidente parla di impulso a sollecitare i risultati? Ma diamine: dopo dieci mesi volevate che dovessi ancora attendere del tempo? Tutto era pronto per presentare all’Assemblea il responso e questo responso io diedi, preparando la mia relazione.

Se, pertanto, una relazione di minoranza si voleva fare, sarebbe stato opportuno che, come di rito, cioè passasse per il tramite della Giunta e venisse all’Assemblea.

Io concludo dicendo che l’Assemblea può chiedermi tutti i chiarimenti che eventualmente desideri, dopo di che ritengo di aver esposto la parte sostanziale della questione. Posso assicurare che la Giunta ha assolto al suo compito con maggior premura, con maggior avvedutezza, con maggior pazienza, di quanto non abbia fatto a proposito di altre elezioni giunte al suo esame.

In ordine ai risultati delle elezioni regionali in Sicilia, e ai voti ottenuti dal Sapienza, osservo che si entra in un campo politico estraneo al problema in esame.

Si è alluso, in proposito, ad una sentenza interlocutoria, ma davanti alla Giunta delle elezioni, non abbiamo una sentenza interlocutoria in cui il giudice emana un provvedimento, salvo a riprendere la causa in un momento successivo: qui invece, una volta che la fase della contestualità, consistente soprattutto nella seduta pubblica e nella discussione delle parti, è chiusa, si entra in Camera di Consiglio; e in Camera di Consiglio la Grinta può benissimo deliberare gli accertamenti che ritenga opportuni. Questi accertamenti sono stati compiuti, hanno dato i risultati che ho comunicato, e la cosa finisce qui.

Penso che la mia relazione, approvata dalla Giunta nella sua maggioranza, risponda a tutti i quesiti posti dagli avversari. Del resto, senza perdermi in altri spunti polemici, desidero soltanto ricordare che dal verbale della seduta del 7 giugno risulta la seguente dichiarazione di un componente di minoranza: «Mentre si ritiene che il risultato a cui hanno portato le indagini non è più modificabile, è da ritenersi infondata la richiesta dell’avvocato Tino di nuove indagini e nuove deduzioni».

Signori, se questo è il pensiero espresso da un componente della minoranza non ho niente da aggiungere. Noi abbiamo fatto opera di giustizia. Faccia altrettanto L’Assemblea, seguendo le tradizioni cui sempre si è informata la Giunta delle elezioni. (Applausi).

NOBILI TITO ORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOBILI TITO ORO. Onorevoli colleghi, era proposito della minoranza della Giunta delle elezioni – sodisfatto che ebbe, con propria relazione scritta, il dovere di illustrare il caso all’Assemblea in aderenza alle realtà processuali e alle necessità giuridiche – di disinteressarsi di questa discussione. Ma, come gli interventi preannunziati hanno reso necessario quello del collega Giua, così quelli successivi rendono doveroso questo mio, che peraltro sarà molto breve.

L’intervento è doveroso, perché è stata, fra l’altro, sollevata una questione ingiustificata: si è preteso che noi abbiamo presentata la relazione di minoranza senza averla fatta ammettere dalla Giunta e la verità è invece che questa, avutane formale richiesta dal collega Musotto nell’ultima seduta, recisamente e sintomaticamente la respinse. Era logico, era legittimo che la minoranza provvedesse, in conseguenza, indipendentemente dal negato beneplacito della maggioranza.

E vengo al merito, rispondendo subito al collega Grilli che il collega Giua, prospettando la questione politica, non l’ha prospettata come una tesi difensiva sulla quale la minoranza abbia fatto leva per le decisioni da adottare: egli ha voluto dire che, disgraziatamente, questa questione elettorale, ad un determinato momento, è stata aggravata dal sopraggiungere di una complicazione politica senza di che non avrebbe assunto la portata che ha arroventato gli animi. Si deve riconoscere che, nel sistema elettorale col quale questa Assemblea si è costituita, soggetti dell’elettorato passivo sono anche i partiti che partecipano alla procedura elettorale col deposito dei contrassegni di lista e con la proclamazione dei candidati e beneficiano dei voti di lista. Essi non hanno invece, di regola interesse alla graduatoria determinata dai voti di preferenza, perché presupposto della candidatura è che ciascun candidato appartenga al partito che lo ha proclamato. Che dire, però, allorché, nell’intervallo fra l’elezione e il giudizio di convalida da parte della Giunta, il candidato che alla proclamazione aspira, abbia lasciato il partito e sia passato ad altra formazione politica che lo combatte?

Io penso che basti proporsi il quesito per dover riconoscere che, se il Partito è un soggetto dell’elettorato passivo, ha anch’esso il diritto di intervenire nella contesa, di opporsi alla sostituzione di un candidato che non risponde più al presupposto pel quale lo comprese nella lista; in quanto cioè non appartiene più al Partito che candidato lo proclamò. Questa è una conseguenza implicita e necessaria del sistema della legge; e non è argomento producente il fatto che essa non lo abbia esplicitamente dichiarato; la legge non dichiara nemmeno che la Giunta non possa sostituire, per modifica di graduatoria ad un altro candidato, un candidato che risulti bensì votato con maggior numero di preferenze, ma che abbia perduto pel frattempo il diritto all’elettorato passivo, per esempio, per avere accettata una cittadinanza straniera. I due casi sono perfettamente analoghi, perché riguardano entrambi la sopraggiunta perdita di un presupposto dell’elettorato passivo; né vale a differenziarli il fatto che nell’uno dei casi il presupposto risponda ad esigenze di ordine pubblico e riguardi il diritto dello Stato e nell’altro caso risponda invece ad esigenze politiche e riguardi il diritto del partito interessato. Ecco perché il collega Giua aveva ragione di dire che, senza la complicazione portata dal passaggio del candidato Sapienza ad altro partito, la questione che si dibatte non avrebbe avuto rilievo; oggi invece, se la sostituzione dovesse avvenire, il Partito socialista italiano, che al posto di Lupis avrebbe avuto un altro compagno, saldo sostenitore del suo programma, si troverebbe invece a vedere eletto un avversario.

E dunque, se anche la questione politica non si pone, quella morale resta e non per colpa nostra.

E ora rispondo al collega Colitto, che ha chiesto, con senso di sorpresa, come mai una deliberazione, quella del 26 marzo, che aveva disposta la revisione di tutte le schede valide della circoscrizione sia rimasta ineseguita. Essa era stata assunta al termine di una lunga discussione nella prima seduta in cui il caso veniva all’esame della Giunta: ed era stato il risultato di una scrupolosa ponderazione di tutte le ragioni pro e contra; si era osservato che, se tutte le richieste del Sapienza erano state sodisfatte, sarebbe stato ingiusto non accordare lo stesso trattamento a quelle del Lupis, contenute nella sua formale richiesta motivata alla Giunta; si era considerato che tutte le indagini eseguite dalla Giunta avevano portato modificazioni ai risultati dichiarati dall’Ufficio di circoscrizione: si era constatata la gravità degli errori, delle deficienze (Commenti – Interruzioni) delle operazioni di scrutinio; era emerso l’omesso uso dei moduli di scrutinio delle preferenze; la non corrispondenza di quelli usati, la non corrispondenza dei risultati dei prospetti al numero delle schede rivedute. In una parola la necessità della revisione richiesta era apparsa come atto di doverosa giustizia. Ma la notizia della deliberazione pervenne fuori della Giunta, fu portata nell’Aula, dove il collega Grilli pretese, contro ogni regola, di elevare per essa fin da allora fiera protesta, e da quel momento si verificarono le cose più inaudite. Riconvocata la Giunta per la seduta dell’11 aprile, il Presidente dette lettura di una lettera del Presidente della Corte di appello di Catania, che avvertiva la necessità di raccogliere le schede nelle varie località, per modo che non prima della fine di aprile esse avrebbero potuto essere spedite a Roma. Invano fu obiettato che la difficoltà nella esecuzione di un incombente non fu mai considerata come motivo della sua inammissibilità, tanto meno come motivo per non dargli esecuzione, quando ammesso; e del resto era facilmente intuibile che il tempo richiesto alla bisogna sarebbe stato sicuramente oltrepassato dagli espedienti che già si andavano escogitando per tentare di porre nel nulla la deliberazione ormai adottata.

Difatti era stata di già prospettata, e fu con ogni cura coltivata, la proposta di un Comitato che, prendendo contatto con gli interessati, si fosse preoccupato di ridurre al minimo gli accertamenti già disposti a richiesta del Lupis. Il Comitato convocò le parti: il Lupis, per quanto impegnato nella campagna elettorale siciliana, venne di persona, il Sapienza si fece rappresentare da un procuratore speciale e da un avvocato. Il Lupis, per quanto sorpreso della richiesta, ridusse subito notevolmente il campo delle indagini e, alle insistenze del Comitato, aggiunse che più le avrebbe potute ridurre, dopo aver consultati, nella propria casa di Ragusa, i rapporti pervenutigli subito dopo le elezioni da Sezioni e da compagni. L’avvocato del Sapienza oppose che con ciò il Lupis tentava d’introdurre un reclamo non presentato ai termini, e che l’articolo 65 della legge elettorale per la Costituente vi si opponeva. Nel termine prefissogli, il Sapienza comunicò le promesse ulteriori limitazioni delle indagini, riducendo le schede valide da verificare a quelle, mi par bene, di quarantotto Sezioni su circa millecinquecento.

Il Comitato riferì alla Giunta, che fu convocata per il 30 aprile, in piena atmosfera di crisi parlamentare: pareva al Comitato di avere risolte, minimizzando l’indagine, le pretestate difficoltà.

Ma ci trovammo di fronte a una situazione ancora una volta completamente cambiata. Si chiedeva senz’altro l’annullamento dell’elezione Lupis e la sostituzione con il Sapienza. Fu l’intervento dell’onorevole Grassi che fece accettare la contestazione del Sapienza colla prospettiva – si disse – di poter disporre formalmente, dopo la seduta pubblica, le indagini che si fossero ritenute necessarie.

Io ricordo l’esclamazione addolorata del collega Rubilli, del quale la sincerità è nota a tutti, quando comprese che l’opera del Comitato era per essere completamente inutilizzata: «Ma allora» egli esclamò «perché avete richiesta l’opera di questo Comitato?».

Non vogliamo indagare sulle circostanze sopraggiunte a determinare il brusco mutamento della Giunta, che frattanto molti colleghi avevano disertato: né il tentativo di protesta nell’Aula, né la ingiustificata protesta della stampa del Partito interessato avrebbero potuto turbare coscienze tranquille; tanto più che nessun espediente si sarebbe potuto dimostrare più inusitato, più antigiuridico di quello di porre nel nulla una deliberazione validamente presa. Fu convocata la seduta pubblica; fu discusso per lungo e per largo, da una parte l’impossibilità per Lupis di avere soddisfazione nella sua richiesta, e dall’altra il diritto del Lupis di veder portata a compimento l’indagine richiesta e già concessa. Il risultato fu che, invece di far la revisione delle schede valide, fu consentita la revisione delle schede nulle e contestate.

È vero che io, in un primo momento, tanto per avviare la ricerca della verità che è indispensabile e che era possibile nella specie, avevo fatta la richiesta della verifica delle schede che erano in possesso della Giunta; ma è altrettanto vero che essa fu respinta come non producente e fu comunque assorbita e superata dalla proposta Giua di addivenire alla revisione di tutte le schede valide: tanto più che il Lupis aveva affermato che da moltissime parti gli era pervenuta la notizia della mancata attribuzione al Partito e a lui di moltissimi voti, contrariamente alle istruzioni ministeriali consacrate in circolari, colle quali era stato insegnato che quando la scheda include delle preferenze al nome del candidato non occorre contrassegnare il simbolo della lista cui egli appartiene. Eppure il Lupis lamentava che moltissime schede sue non fossero state attribuite, malgrado portassero il suo nome, solo perché non portavano il contrassegno della lista socialista!

Io prego il relatore della maggioranza di rileggere l’esposto del 26 marzo e troverà che quello che io dico riguarda solo una parte delle motivate richieste del Lupis. Perché il Lupis precisava anche altre ragioni per le quali egli faceva la richiesta di questa revisione. E dunque, non si dica che erano vaghe e generiche le affermazioni del Lupis quando invocava una revisione delle schede valide. Noi abbiamo trovato che in tutte le indagini eseguite – ed eseguite non a richiesta del Lupis ma per impulso del Sapienza – la Giunta, o chi per essa, si era trovata sempre a constatare risultati dissimili da quelli emergenti dai prospetti. Questo significa che ci trovavamo di fronte ad una elezione, della quale era opportuno e necessario rivedere i risultati. Ed è ormai ora di dire quello che da nessuna relazione scritta od orale è fino ad oggi emerso e che ci è risultato tuttavia dall’esame delle numerose attestazioni prodotte dal Lupis in appoggio alle proprie richieste: cioè che esse erano e sono sorrette, e furono in poche ore raccolte, da più di duemila elettori. Onde il comportamento della Giunta, che, rinnegando il proprio precedente deliberato, sorvolando sulle richieste del Lupis, sorvolò anche sulla fede che ad esse quegli atti attestavano, non può non suonare offesa anche a questa cospicua parte del corpo elettorale della circoscrizione di Catania.

E così, mentre alle indagini chieste dal Sapienza si dedicarono ben dieci mesi, la preoccupazione di pochi giorni da impiegare nell’indagine richiesta dal Lupis la vinse sul sentimento della più doverosa giustizia.

Dice la relazione che la ricerca di quei 141 voti di prevalenza per il Sapienza non fu facile, ma dovette essere in cambio molto paziente. Ma, se tanta pazienza è stata dedicata alla ricerca delle 141 preferenze per Sapienza, perché non degnarsi di rivedere almeno le 48 Sezioni alle quali il Lupis aveva consentito di ridurre la richiesta sulle 1500 della circoscrizione? Deliberata comunque la revisione delle schede nulle e contestate, e rinvenute altre 12 preferenze per il Lupis e le ultime 14 per il Sapienza, fu riconvocata la Giunta, nella tarda sera del 6 giugno, per il primo mattino del 7 e qui sorse la grave questione procedurale, determinata da un’istanza scritta della difesa Lupis che, sostenendo la necessità dell’ulteriore contradittorio in seduta pubblica, chiedeva conseguenzialmente l’autorizzazione alla presentazione di nuove memorie e di nuovi documenti. La richiesta fu respinta, l’elezione Lupis fu annullata e gli fu sostituito il Sapienza.

La minoranza della Giunta sottopone alla legittima revisione dell’Assemblea questa decisione, non soltanto dal punto di vista delle forme seguite, in quanto, dettate a garanzia del contradittorio e della difesa delle parti, hanno carattere assoluto e inderogabile, ma anche dal punto di vista della decisione di merito.

E, procedendo per ordine, enuncio la prima questione formale.

È da premettere che il procedimento avanti alla Giunta delle elezioni è purtroppo frammentariamente regolato dal Regolamento della Giunta, che consta di soli 20 articoli, e da quello della Camera, sotto gli articoli da 20 a 30. Tanto l’articolo 14 del Regolamento della Giunta, quanto l’articolo 27 del Regolamento della Camera mettono in rapporto d’immediatezza e di continuità la seduta pubblica colla decisione che va pronunciata in seduta segreta subito e non oltre 48 ore dalla chiusura della seduta pubblica (articolo 14 Regolamento della Giunta) e colla relazione scritta che ne va fatta entro venti giorni all’Assemblea. Ciò importa, necessariamente, che, quando siasi, a seguito di una prima seduta pubblica, adottato un provvedimento istruttorio, il procedimento, che formalmente era giunto alla fase deliberativa, regredisce e riprende la fase istruttoria, al termine della quale la fase deliberativa deve nuovamente culminare nella seduta pubblica e, senza interruzione, nella decisione e nella susseguente comunicazione. D’altra parte gli articoli 27 del Regolamento della Camera e 13 e 14 del Regolamento della Giunta, vogliono che, tranne i casi pei quali sia eccezionalmente consentita la seduta segreta, tutte le decisioni di elezioni contestate debbano essere decise all’esito della seduta pubblica: e la disposizione del capoverso all’articolo 13 richiamato è giustificata dal fatto che pei casi d’ineleggibilità o d’incompatibilità riconosciuti all’unanimità non è prescritto l’obbligo della contestazione.

La pretesa contraria, non suffragata dai testi, non può essere giustificata dai precedenti invocati (1898-giugno 1922), adottati sotto il precedente Regolamento della Camera che ebbe fine proprio il 23 giugno 1922. Comunque, essi contemplano casi nei quali le parti furono invitate a concludere e conclusero, oltre che sui provvedimenti istruttori, anche sul merito; il che non avvenne, come risulta dal verbale per parte della difesa Lupis, che si limitò a sostenere l’ammissibilità della revisione invocata. V’ha di più: è uso generale che, ove i regolamenti speciali non dispongano con norme precise, si debbano applicare le norme generali e in materia procedurale sia il rito civile che quello penale dànno ragione alla nostra tesi; la quale avrebbe dovuto in ogni caso esser seguita anche perché favores sunt ampliandi.

Questo criterio va specialmente a favore del convalidando (articolo 10 capoverso secondo Regolamento della Giunta) e in ogni caso a favore della interpretazione che allarghi i diritti del contradittorio e presidi quelli della difesa.

E vengo all’altra questione. Approvato l’annullamento dell’elezione dell’onorevole Lupis e deliberata la nomina in sostituzione, dell’onorevole Sapienza, fu convocata la Giunta per il 20 giugno per l’approvazione della relazione. All’apertura della seduta il collega Musotto, facendosi eco delle lamentele di parecchi colleghi membri della Giunta, che non avevano potuto partecipare alla riunione del 7 giugno, perché non avevano ricevuto l’invito o lo avevano ricevuto quando già altrimenti impegnati, eccepì la irritualità di quella seduta in quanto indetta in violazione del termine stabilito nell’articolo 23 Regolamento della Camera. Detto articolo stabilisce che la Giunta è convocata per procedere all’esame delle contestazioni con invito diramato e affisso almeno tre giorni liberi prima di quello dell’adunanza.

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Per le contestazioni, la seduta pubblica. Legga il Regolamento e non inventi.

NOBILI TITO ORO. Non posso accettare che si sospetti che io inventi. Confronti l’onorevole Bertini questa parte dell’articolo 23 del Regolamento della Camera coll’articolo 11 ultima parte del Regolamento della Giunta e vedrà che, se il termine per la convocazione della seduta pubblica è di giorni 10, quello di cui si occupa l’articolo 23 del Regolamento della Camera non può riguardare se non la seduta segreta. E concludo che le forme hanno sempre costituito la garanzia di qualunque giudizio; che i termini ne costituiscono l’essenza più delicata e più inderogabile; che quando verba clara sunt, verbis serviendum; che col sistema attuato sarebbe facile a un Presidente di buona volontà di costituirsi il numero legale che gli occorre e la maggioranza più aderente al suo pensiero; che basta questa possibilità astratta a condannare il sistema seguito nella convocazione ad horas della seduta del 7 giugno, sia pure sotto quell’impulso di «sollecitudine» risvegliatosi nella Giunta specialmente dopo l’ultima crisi parlamentare a esclusivo ed ingiusto danno dei nostro compagno Giuseppe Lupis che il nostro affetto e la nostra considerazione non hanno valso a circondare della protezione che i principî e i regolamenti gli accordavano. Noi non avremmo portato tale questione avanti l’Assemblea, se la Giunta, alla quale, come risulta dal verbale 20 giugno venne sottoposta, non l’avesse respinta, in una forma irrispettosa, mentre la richiesta del collega Musotto mirava soltanto a rimettere bonariamente la procedura sul terreno della legalità.

Non mi resta, giunto a questo punto, che dire due parole conclusive sul merito. La Giunta dovette riconoscere, nella seduta del 7 giugno, dopo le mie proteste per la negata convocazione della seduta pubblica, e pel conseguente mancato raccoglimento delle ulteriori conclusioni della difesa Lupis, che i risultati ottenuti colle indagini espletate a richiesta Sapienza non offrivano materia a rilievi e che l’indagine invocata dal Lupis, per quanto ridotta ai minimi termini, non poteva essere ripresa in esame dopo la decisione interlocutoria del 22 maggio; e, a grande maggioranza, procedette all’annullamento e alla sostituzione. Ma quello che la Giunta non poté fare è possibile all’Assemblea, la quale non è vincolata, né dal giudizio definitivo, né da quello interlocutorio col quale furono revocate, dopo gli espedienti che ho illustrati, le decisioni di ammissione della revisione di tutte le schede valide e della successiva nomina di un Comitato per tentare di ridurne l’estensione.

Per tutte le ragioni logiche, morali e giuridiche che la minoranza ha illustrate, io confido che l’Assemblea non esiterà e scegliere fra il rispetto che merita la decisione del 26 marzo, e quanto meno, quella del 10 aprile, e le nubi onde si oscura quella del 22 maggio, preparatoria di quella del 7 giugno. Noi abbiamo invocata la luce e confidiamo che l’Assemblea non si associ al desiderio che permangano le tenebre. (Applausi a sinistra). Non si deve evitare la verità, quando si sa che essa può essere raggiunta con certezza e non si devono considerare come espedienti curialeschi le forme che sono state sempre ricercate come garanzia di ordine processuale, e come presidio di giustizia. Senza l’osservanza delle forme non può esservi che l’arbitrio e pertanto io concludo, chiedendo che l’Assemblea voglia rinviare gli atti alla Giunta delle elezioni per l’osservanza delle forme non osservate e per la esecuzione degli accertamenti più indispensabili, prima ammessi e poi non eseguiti.

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Chiedo di parlare per una rettifica in linea di fatto.

Voci. Chiusura!

PRESIDENTE: È stata chiesta la chiusura. Domando se sia appoggiata.

(È appoggiata).

La pongo in votazione.

(È approvata).

Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente della Giunta dalle elezioni.

BERTINI, Presidente della Giunta delle elezioni e Relatore. Dianzi non ho fatto il nome del membro della Giunta, rispettabilissimo, il quale aveva parlato nel senso che riteneva chiusa ogni discussione sopra i risultati delle indagini avvenute fino a quel momento.

Nella seduta del 7 giugno questo nostro collega, l’onorevole Nobili, concluse che riteneva che per questa parte, cioè per le nuove indagini, il risultato non fosse più modificabile e quindi era da ritenersi infondata la richiesta dell’avvocato Tino di nuove indagini e controdeduzioni.

Un’ultima osservazione ed ho finito. Si dimentica, dai membri di minoranza, una duplice situazione di fatto. Nella maggior parte delle sezioni sulle quali genericamente dal Lupis si era richiesto l’esame delle schede valide, queste erano state già esaminate nel primo momento, in mancanza dei moduli 5-bis.

In secondo luogo, noi abbiamo esaminato tutte le sezioni del Collegio per quella parte che attiene all’apporto delle schede nulle o contestate. E siccome questo è il campo in cui poteva avere effetto una indagine utile ai fini di modificare il risultato, ecco che anche per questa parte soddisfazione piena è stata data al Lupis, perché egli si è potuto avvantaggiare, come il Sapienza, delle schede attribuitegli in base a questo esame, nelle sezioni indicate da lui. Il resto è una logomachia che non interessa la Giunta delle elezioni. (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ci troviamo dunque di fronte alla proposta della maggioranza della Giunta delle elezioni di proclamare il candidato Sapienza Giuseppe a deputato della circoscrizione di Catania e di annullare la proclamazione del contestato Lupis Giuseppe. Vi è poi la richiesta della minoranza della Giunta delle elezioni che si rinviino gli atti alla Giunta perché compia altri accertamenti, e l’onorevole Colitto ha aderito in sostanza a questa richiesta.

A questo proposito gli onorevoli Fogagnolo, Carpano, Vernocchi, Ghislandi, Mariani Enrico, Fiorentino, Tomba e Nobili Tito Oro, hanno presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente rinvia gli atti alla Giunta delle elezioni, perché dia esecuzione alla propria delibera 26 marzo 1947, intesa al richiamo di tutte le schede valide per eseguire le relative verifiche».

Pongo in votazione questo ordine del giorno.

(Segue la votazione per alzata e seduta).

Poiché l’esito della votazione appare incerto, si proceda alla votazione per divisione.

(L’ordine del giorno non è approvato).

Pongo in votazione la proposta della maggioranza della Giunta per la proclamazione del candidato Sapienza Giuseppe a deputato della circoscrizione di Catania e il contemporaneo annullamento della proclamazione del contestato Lupis Giuseppe.

(È approvata).

Pertanto proclamo il candidato Sapienza Giuseppe deputato per la circoscrizione di Catania.

Si intende che decorre da oggi il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali reclami.

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Ricordo che dobbiamo procedere alla votazione dell’emendamento proposto dall’onorevole Nobile, che ha modificato la sua prima formulazione sostituendo la parola «regionale» con la parola «locale». L’emendamento, pertanto, è del seguente tenore:

«Sostituire gli articoli 109 e 110 col seguente:

«La Regione avrà potestà di emanare norme legislative per le materie di interesse strettamente locale che saranno stabilite da una legge del Parlamento avente valore costituzionale. La legge stessa fisserà i limiti e le condizioni entro cui la suddetta facoltà legislativa potrà essere esercitata».

«Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro esecuzione».

Su questo emendamento è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Moranino, Rossi Maria Maddalena, Bibolotti, Negro, Landi, Li Causi, Bucci, De Filpo, Assennato, Barontini Ilio, Dozza, Fedeli Armando, Farini, Ricci, Pratolongo, Giannini, Abozzi, Castiglia, Venditti, Colitto, Coppa, Condorelli, Trulli, Mastrojanni, Perugi, Silipo, Miccolis, Patricolo.

Procedo alla chiama dei firmatari della richiesta.

(Segue la chiama).

Poiché risultano presenti, la richiesta è valida essendo sottoscritta da più di venti deputati.

PICCIONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Votiamo a scrutinio segreto, onorevole Piccioni.

MORO. La dichiarazione di voto si è fatta altre volte.

PRESIDENTE. Si è fatta una volta o due, e poi si è riconosciuto che è contradittoria con la segretezza del voto. (Interruzione dell’onorevole Uberti).

Le dichiarazioni di voto segreto, come i colleghi ricorderanno, si fecero in casi nei quali non era stata ancora avanzata richiesta di votazione segreta e si riteneva che si votasse per appello nominale. Sopravvenuta la richiesta di votazione segreta, si ritenne di consentire che le dichiarazioni di voto si continuassero a fare. Ora però, ritengo che sia opportuno adottare il criterio, più logico e cioè che nelle votazioni a scrutinio segreto non si facciano dichiarazioni di voto.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. La consuetudine parlamentare è inesistente a questo riguardo. Perché? Perché, come è già stato affermato in quest’Aula in un altro momento, gli scrutini segreti sono stati rarissimi. In tanti anni due o tre volte sole sono affiorati, nell’antico nostro libero Parlamento. Ora se vi è qualcuno che dice esservi contrasto fra la dichiarazione di voto e lo scrutinio segreto, io faccio osservare che in pratica ormai la consuetudine dell’Assemblea si viene completamente capovolgendo. E qui, attraverso ragioni politiche, che io non discuto, ma che disprezzo, si è troppe volte esagerato (Rumori a sinistra – Interruzioni dell’onorevole Uberti) nel chiedere lo scrutinio segreto, anche quando questa richiesta non ha nessuna ragione di essere. Ora, di fronte a questa consuetudine nuova, che si è radicata nell’Assemblea Costituente, io sono d’avviso che si debba ammettere la dichiarazione di voto come correttivo ad un nuovo costume politico, al quale non è possibile aderire senza qualche cosa che corregga e riporti l’equilibrio. Qui, dove non si può più parlare in parecchi casi che per dichiarazione di voto, si verrebbe a togliere anche questa possibilità.

Io ricordo che Vittorio Emanuele Orlando fece presente qui come il diritto del deputato di spiegare il suo voto, anche in sede di scrutinio segreto, sia indispensabile. E l’Assemblea aderì ed egli parlò. Limitiamo piuttosto, egregi colleghi, il numero degli scrutini segreti. (Rumori – Interruzioni a sinistra).

Onorevoli colleghi, io ho il diritto di sostenere la mia tesi, e la mia tesi è questa: dal momento che si abusa dello scrutinio segreto, i deputati hanno sempre egualmente il diritto di dire il loro pensiero attraverso le dichiarazioni di voto. (Applausi al centro).

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Prendo la parola perché sebbene le ragioni esposte dall’onorevole Micheli non mi persuadano, tuttavia per un’altra ragione credo che si possa ammettere la dichiarazione di voto in sede di scrutinio segreto: ossia, perché il Regolamento non lo vieta. Il diritto del deputato, di esprimere il proprio pensiero prima della votazione anche segreta, è quindi un diritto che non gli può essere contestato. D’altra parte il deputato, in caso di votazione a scrutinio segreto ha il diritto, ma non il dovere, di non rendere palese il proprio voto.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Micheli e Cevolotto hanno esposto e sostenuto una tesi rispettabile, ma mi pare che l’analogia dei precedenti ci debba consigliare di attenerci essenzialmente alla logica interna di questo sistema di voto che non per nulla è chiamato voto segreto. Sarà bene o sarà male che in certe occasioni il membro dell’Assemblea rappresentativa dia un voto segreto e non assuma in ogni caso pubblicamente la responsabilità della sua decisione, ma ciò è ammesso dalla procedura regolamentare.

So che l’onorevole Orlando, in altra occasione, ha sostenuto una diversa tesi. Rispettoso della profonda conoscenza di questioni costituzionali dell’onorevole Orlando, in questo momento mi permetto tuttavia di non aderire alla sua tesi, e pertanto, riattaccandomi alla tradizione – e credo che nessuno la possa impugnare – credo che dobbiamo d’ora innanzi – ed ha ragione l’onorevole Micheli – astenerci dal ricorrere troppo di frequente al voto segreto; ma quando ad esso si addivenga, è necessario rinunziare alle dichiarazioni di voto.

MICHELI. Ella propone che si stabilisca, in questo momento, una massima a questo riguardo?

PRESIDENTE. Non proporrei che sia formalmente stabilita: questo potrebbe farlo soltanto la Giunta del regolamento, lasciando all’Assemblea ogni decisione.

MICHELI. Io volevo affermare appunto che, fino a quando non vi sia una norma regolamentare che stabilisca questo, ciascuno di noi ha il diritto di chiedere la parola per fare le sue dichiarazioni, anche se la votazione è a scrutinio segreto; per questo, non posso accedere alla sua proposta. Io chiedo questo per oggi, e per domani. Dal momento che non vi è un articolo di Regolamento che questo vieti, io ritengo che, fino a quando questo non sarà proposto dalla Giunta e approvato dall’Assemblea, ciascuno di noi ha il diritto di chiedere e di ottenere la parola per fare la sua dichiarazione di voto, anche se si vota a scrutinio segreto. (Applausi al centro – Rumori a sinistra).

GIANNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Mi sembra che alla proposta dell’onorevole Micheli si opponga la logica, in quanto, se la votazione è segreta, è segreta appunto perché non ci siano dichiarazioni di voto, che rendono, invece, la votazione pubblica. Si tratta di chiarire la posizione politica del singolo deputato o di un partito, i quali tengano a far sapere di aver votato in un certo senso. Ma vi sono tanti altri mezzi che possono consentire questa pubblicità: i giornali di partito, il verbale dell’Assemblea, ecc. La manifestazione del proprio voto si può sempre fare; ma la dichiarazione di voto fatta in sede di scrutinio segreto mi sembra che urti contro la logica della parola «segreto». Mi pare che sia assolutamente assurdo pensare che si possano fare dichiarazioni di voto in una votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Onorevole Micheli, dal momento che il Regolamento stabilisce che sono sufficienti i nomi di venti deputati per ottenere lo scrutinio segreto, ciò significa che questa volontà, che appare numericamente modesta, nei confronti del numero dei membri dell’Assemblea, viene tuttavia considerata come rappresentativa della volontà di tutta l’Assemblea. (Commenti al centro). Se c’è una giustificazione del numero di firme richiesto, può essere questa soltanto, e non certamente l’asserzione che venti valgono più di cinquecento. In onesta procedura si suppone che la volontà di venti significa la volontà dell’Assemblea stessa, altrimenti non si imporrebbe la volontà di una minoranza ad una stragrande maggioranza.

Per questa ragione, chi sostiene che non si può imporre la segretezza a coloro che non l’accettano, mi pare che proponga una tesi insostenibile, perché, a termini del Regolamento, bastano venti deputati per procedere alla votazione a scrutinio segreto.

Chiedo ai colleghi che ritengono che d’ora innanzi si debba applicare una diversa procedura, di adire la via che è loro aperta: facciano la proposta alla Giunta del Regolamento.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Non sta a noi di proporre davanti alla Giunta del Regolamento la modifica del Regolamento stesso: sta a coloro i quali sono d’avviso diverso dal nostro, in quanto per ora il Regolamento in vigore non vieta le dichiarazioni di voto, e quindi le permette. (Rumori).

Coloro i quali ritengano il contrario facciano la loro proposta alla Giunta del Regolamento e allora verremo qui a discutere se i 20 comandano ai 500 o viceversa; faremo cioè tutta quella discussione di massima che il signor Presidente ci ha prospettato in questo momento. Ma, oggi come oggi, la disposizione è questa e nulla vieta a noi deputati di fare la nostra dichiarazione di voto anche in sede di scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Sta bene; la proposta la farà chi vorrà farla. Ma in questo momento, riprendendo una tradizione che non è di pochi mesi, ma di decenni, è da ritenersi che la dichiarazione di voto in sede di scrutinio segreto non sia possibile. E pertanto con rammarico, onorevole Piccioni, non posso darle la parola a questo scopo.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione segreta sull’emendamento, testé letto, dell’onorevole Nobile.

(Segue la votazione).

Presidenza del Vicepresidente TARGETTI

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente TERRACINI

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione segreta:

Presenti e votanti     373

Maggioranza           187

Voti favorevoli        168

Voti contrari             205

(L’Assemblea non approva l’emendamento dell’onorevole Nobile).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Alberganti – Allegato – Amadei – Ambrosini – Amendola – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcaini – Avanzini – Azzi.

Bacciconi – Balduzzi – Barbareschi – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basile – Bassano – Bei Adele – Bellusci – Belotti – Benedetti – Benedettini – Bennani – Bergamini – Bernabei – Bernini Ferdinando – Bertini Giovanni – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bocconi – Boldrini – Bolognesi – Bonomelli – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bucci – Burato.

Cacciatore – Caccuri – Caiati – Cairo – Camangi – Canepa – Canevari – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carignani – Caristia – Carmagnola – Caroleo – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corsanego – Corsi – Costa – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo.

Damiani – D’Amico Diego – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Filpo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – De Maria – De Mercurio – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dozza – Dugoni.

Einaudi – Ermini.

Fabbri – Fabriani – Facchinetti – Faccio – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Farina Giovanni – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Firrao – Foa – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa.

Galati – Gallico Spano Nadia – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Ghislandi – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gotelli Angela – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Guidi Cingolani Angela.

Imperiale – Iotti Leonilde.

Jacometti – Jervolino.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Leone Giovanni – Li Causi – Lizier – Longo – Lozza – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mannironi – Manzini – Marazza – Marchesi – Marconi – Mariani Enrico – Marinaro – Martinelli – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni– Mattarella – Mattei Teresa – Mazzei – Mazzoni – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Minio – Molinelli – Momigliano – Montalbano – Montemartini – Monterisi – Montini – Moranino – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Mùrdaca – Musolino.

Nasi – Negarville – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.

Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Paris – Parri – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Patrissi – Pella – Pellegrini – Perassi – Persico – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pistoia – Pollastrini Elettra – Ponti – Pratolongo – Preti – Priolo – Proia – Puoti.

Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.

Raimondi – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Romita – Roselli – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Roveda – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saccenti – Salerno – Salizzoni – Sampietro – Sansone – Sapienza – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Segala – Segni – Sereni – Sforza – Sicignano – Silipo – Spallicci – Spano – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli – Targetti – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Trulli – Tupini – Turco.

Uberti.

Valenti – Vallone – Valmarana – Vanoni – Varvaro – Venditti – Vernocchi – Veroni – Viale – Vicentini – Vilardi – Vinciguerra – Vischioni – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini – Zerbi – Zotta – Zuccarini.

Sono in congedo:

Alberti – Arata – Arcangeli.

Baldassari – Bellavista.

Caldera – Chiaramello.

D’Amico Michele.

Fedeli Aldo – Ferrario Celestino – Froggio – Fuschini.

Galioto – Garlato – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Jacini.

Lombardo Ivan Matteo.

Martino Gaetano – Matteotti Matteo – Molè – Moscatelli.

Pat – Pignatari.

Rapelli – Reale Vito.

Saragat.

Tumminelli.

Villani.

Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, restano ora da esaminare alcuni emendamenti i quali non limitano la potestà legislativa della Regione così come è configurata, nella sua linea generale, nel testo della Commissione.

Vi è l’emendamento dell’onorevole Persico così concepito:

«Sostituire gli articoli 109 e 110 col seguente:

«La Regione ha potestà di emanare norme legislative, che siano in armonia con la Costituzione e con i principî generali dell’ordinamento giuridico dello Stato e rispettino gli obblighi internazionali, gli interessi della Nazione e delle altre Regioni, nonché i principî generali che sulle stesse materie siano stati fissati con leggi dello Stato, in materia di:

1°) ordinamento degli uffici ed enti amministrativi regionali;

2°) modificazioni delle circoscrizioni comunali;

3°) polizia locale urbana e rurale;

4°) fiere e mercati;

5°) beneficenza pubblica;

6°) scuola artigiana e istruzione tecnico-professionale;

7°) urbanistica;

8°) strade, acquedotti e lavori pubblici di esclusivo interesse regionale;

9°) porti lacuali;

10°) caccia e pesca nelle acque interne di carattere regionale;

11°) cave, torbiere, acque minerali e termali;

12°) tranvie e linee automobilistiche regionali;

13°) acque pubbliche ed energia elettrica, in quanto il loro regolamento non incida nell’interesse regionale e su quello di altre Regioni».

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Dichiaro di aderire alla formulazione proposta dall’onorevole Tosato e pertanto ritiro l’emendamento.

PRESIDENTE. Vi è poi l’emendamento dell’onorevole Codignola, del quale do lettura nella sua forma definitiva, perché l’onorevole Codignola lo ha leggermente modificato:

«La Regione ha potestà di emanare norme giuridiche, nell’ambito della Costituzione e nei limiti della legislazione dello Stato, nelle seguenti materie:

ordinamento degli enti e degli uffici dipendenti, e stato giuridico ed economico del personale;

circoscrizioni comunali nell’ambito del territorio regionale;

agricoltura e foreste;

contratti agrari;

usi civici;

caccia e pesca;

miniere, cave, torbiere, saline, acque minerali e termali;

strade, porti, acquedotti, argini, ponti, bonifiche ed altri lavori pubblici, a esclusivo carico della Regione e d’interesse regionale; e relative espropriazioni per pubblica utilità;

navigazione interna, lacuale e di cabotaggio;

urbanistica, e tutela del paesaggio;

turismo e industria alberghiera;

manifestazioni ricreative e sportive;

polizia locale, urbana e rurale;

assistenza e beneficenza pubblica;

istruzione professionale ed artigiana;

biblioteche e musei di enti locali;

istituti di credito e di risparmio regionali, purché esercitati nelle forme della cooperazione e del risparmio;

linee e mezzi di trasporto a carattere locale;

fiere e mercati;

edilizia;

licenze di esercizio;

ogni altra materia indicata dalla legge».

CODIGNOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CODIGNOLA. Ritiro il mio emendamento per aderire a quello dell’onorevole Tosato.

PRESIDENTE. Ricordo che l’emendamento dell’onorevole Tosato è così formulato:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Regione ha potestà di emanare norme legislative, nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle singole leggi dello Stato, nelle seguenti materie:».

A questa formulazione, accettata dalla Commissione, sono stati proposti alcuni emendamenti, di cui il primo è dell’onorevole Caronia:

«Sostituire le parole: dalle singole leggi, con le altre: dalla Costituzione».

Quello dell’onorevole Colitto è così concepito:

«Aggiungere, dopo le parole: per le seguenti materie, le altre: in quanto la relativa regolamentazione non incida l’interesse nazionale o quello di altre Regioni».

Vi è poi anche un emendamento dell’onorevole Mortati, il quale propone di sostituire alle parole: «La Regione ha potestà di emanare norme legislative» queste altre: «Compete alla Regione di emanare norme legislative».

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Se ho ben capito, gli emendamenti che sono stati proposti all’ultima ora sono questi: il collega Caronia propone di sostituire alle «leggi» la «Costituzione». Ma allora viene meno tutto il sistema. La Costituzione stabilisce le materie. Sono le leggi dello Stato che pongono i limiti entro i quali le Regioni possono emanare norme aventi valore di legge. Anche dal punto di vista tecnico-giuridico, l’emendamento Caronia non è ammissibile.

L’onorevole Mortati propone di sostituire alle parole: «la Regione ha potestà di emanare norme legislative», le parole: «compete alla Regione di emanare norme legislative». La differenza non è sostanziale, ma essendo la formulazione del Comitato avvenuta sul testo «potestà», ed avendo questa un significato preciso, è meglio che non sia modificata. Sia ben chiaro che il significato della formula del Comitato (che neppure l’emendamento Mortati potrebbe modificare e che pertanto rimane fermo) è che la Regione ha una potestà legislativa, in dati limiti, che non può esserle sottratta; ma che può anche non esercitare; ed allora varranno soltanto i principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato per quelle determinate materie. Questo è il senso, sul quale non può esservi dubbio, anche con la modificazione dell’onorevole Mortati.

Il terzo emendamento è quello dell’onorevole Colitto. Ma egli non ha assistito ad una seduta, nella quale qualche cosa di simile era stato proposto dall’onorevole Zotta. L’onorevole Zotta voleva che in questo articolo fondamentale si dichiarasse che nelle norme legislative della Regione non si può stabilire nulla di contrario all’interesse delle altre Regioni. L’emendamento fu ritirato dopo le dichiarazioni del Comitato che si sarebbe parlato di questo giusto limite a proposito dell’articolo 118, quando si stabilisce il diritto che ha il Governo nazionale di non dare corso a quelle leggi regionali che offendono appunto gli interessi nazionali o di altre Regioni. L’intendimento dell’onorevole Zotta ed anche il suo, onorevole Colitto, potrà essere perfettamente sodisfatto, senza caricare ed alterare le linee più semplici ed il carattere omogeneo e semplice di questo articolo iniziale.

Spero che dopo questa dichiarazione l’onorevole Colitto non abbia difficoltà al riguardo.

PRESIDENTE. Onorevole Caronia, mantiene il suo emendamento?

CARONIA. Lo mantengo; e vorrei dare qualche spiegazione.

PRESIDENTE. Lei può giustificare il ritiro, ma non ha più diritto di svolgerlo.

CARONIA. Potrò fare una dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La potrà fare quando sarà messo in votazione il suo emendamento.

Onorevole Mortati, mantiene l’emendamento proposto?

MORTATI. Desidero mantenerlo; e, anzi se il signor Presidente consente, vorrei proporlo in una nuova formulazione, che chiarisca meglio il concetto con esso espresso.

Il nuovo testo suona così:

«La Regione emana norme legislative nelle materie seguenti:».

Come ho già chiarito nel precedente intervento, il mio emendamento ha un significato non puramente formale, ma sostanziale, in quanto tende ad attribuire questa competenza normativa alla Regione, in modo esclusivo.

Quindi, nel caso che la Regione non la eserciti, non ci può essere organo che la sostituisca.

L’onorevole Ruini ha espresso un’opinione contraria, e su questo dissenso è opportuno che l’Assemblea si pronunci in modo esplicito. L’importanza della questione appare tanto più notevole quando si rifletta che la competenza amministrativa segue quella normativa.

PRESIDENTE. Onorevole Mortati, lei ha già esposto queste argomentazioni per sostenere il suo primo emendamento. Con queste sue nuove proposte, lei chiarisce ancora di più.

Poiché non ho dato facoltà di parlare ai presentatori degli altri emendamenti, mi rincresce, non posso darla neppure a lei.

Onorevole Colitto mantiene il suo emendamento?

COLITTO. Desidererei dall’onorevole Presidente della Commissione un chiarimento.

A proposito delle acque pubbliche e dell’energia elettrica, nel nuovo articolo proposto dalla Commissione è detto: «in quanto la loro regolamentazione non incida sull’interesse nazionale e su quello di altre Regioni».

Ora, io ho proposto di aggiungere dette parole alla fine del primo comma, perché mi sembra che il concetto delle parole espresse debba essere tenuto presente per tutte le materie, che nell’articolo 110 sono indicate.

Se il signor Presidente della Commissione si compiace darmi, a questo proposito, qualche sodisfacente chiarimento, non trovo difficoltà a rinunziare al mio emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Ruini ha facoltà di rispondere.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. La ragione particolare che induce a questa chiarificazione, a proposito di alcune voci dell’elenco, sta nella posizione giuridica diversa; nell’elenco si tratta di limiti alle materie; nel primo comma generale di limiti all’esercizio della potestà legislativa. La questione non è la stessa.

COLITTO. Ma a proposito delle acque pubbliche e dell’energia elettrica è stata sollevata e risolta. E per le altre materie?

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ne parleremo in concreto, in tema d’elenco. Ella potrà dire se si deve o no, in tale particolare materia, parlare di limite regionale.

COLITTO. Non insisto nell’emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi propone di sopprimere nell’emendamento Tosato la parola «singole» in maniera che il testo sarebbe il seguente:

«La Regione ha potestà di emanare norme legislative nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato».

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Debbo mantenere il testo dell’onorevole Tosato, quale fu accolto dal Comitato, anche perché corrisponde meglio all’intento (è un’idea fissa, la mia), di ottenere il consenso maggiore. Non do all’emendamento Perassi un valore di sostanza; perché rimane sempre fermo, anche con la sua formula, che il limite alle norme legislative della Regione non è dato dai principî dell’ordinamento giuridico e dalla legislazione generale dello Stato, ma dai principî stabiliti nelle leggi dello Stato che concernono determinate materie. Sono cioè limiti specifici; ed il concetto non vien meno coll’emendamento Perassi; ma lasciando «singole leggi» mi pare più chiaro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Mortati, nel suo ultimo testo:

«La Regione emana norme legislative».

CAROLEO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Voterò contro l’emendamento dell’onorevole Mortati, perché tende ad alterare profondamente la sostanza del testo formulato dal Comitato. In sostanza si eliminerebbe quella subordinazione della potestà legislativa accordata alle Regioni di fronte al potere del Parlamento, cioè dell’organo che costituzionalmente ha la potestà di emanare quei principî generali e quelle direttive, di cui è fatta menzione nel testo della Commissione.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Ritengo che si possa accettare la formula proposta dall’onorevole Mortati, senza per questo legittimare i dubbi sollevati dall’onorevole Caroleo. E ciò per la ragione che la formula Mortati tende esclusivamente a porre in evidenza come la competenza affidata dalla Costituzione alla Regione debba porsi su un piano di effettiva e operante attuazione. La formula, che tende a concretizzare una facoltà meramente astratta, è adottata anche in altri testi per cui si dice: «la Regione esercita», «la Regione emana» e così via. Discende da ciò la conseguenza che il potere di amministrazione affidato dall’articolo 112 della Costituzione alla Regione, nelle materie in cui questa ha potestà normativa, possa venire da essa effettivamente esercitato. Ciò che non si verificherebbe là dove la Regione non emanasse in concreto le norme previste: essa infatti non potrebbe allora esercitare nemmeno quel potere di amministrazione che la Costituzione le conferisce.

Per queste ragioni noi voteremo a favore dell’emendamento dell’onorevole Mortati.

(Segue la votazione per alzata e seduta).

PRESIDENTE. Poiché l’esito è incerto, procediamo alla votazione per divisione.

(L’emendamento è approvato).

Resta quindi approvato il primo comma nel seguente tenore:

«La Regione emana norme legislative».

Pongo in votazione l’emendamento dell’onorevole Caronia all’emendamento dell’onorevole Tosato:

«nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalla Costituzione».

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Con l’emendamento Caronia la Regione avrebbe, non solo la facoltà di legislazione esclusiva in date materie, che si è concordemente esclusa; avrebbe una competenza ultra-esclusiva: ed il Parlamento si spoglierebbe della facoltà di emanare qualsiasi legge. La Regione non potrebbe modificare la Costituzione, ma fare tutte le leggi che crede, senza che possano intervenire leggi dello Stato. Tutto questo va contro ciò che avevamo prima stabilito. (Rumori). Si rovescia tutto, ed è un assurdo giuridico e costituzionale. Mi permetto di richiamare l’Assemblea alla sua responsabilità e mi oppongo recisamente alla proposta Caronia.

GRONCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Dichiaro che il mio Gruppo non può accettare l’emendamento dell’onorevole Caronia, e voterà contro.

(L’emendamento Caronia non è approvato).

PRESIDENTE. Dobbiamo ora porre in votazione l’emendamento dell’onorevole Tosato, accettato dalla Commissione.

«La Regione ha potestà di emanare norme legislative, nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle singole leggi dello Stato, nelle seguenti materie:»

L’onorevole Perassi, ha proposto di sopprimere la parola: «singole».

TOSATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOSATO. Personalmente non ho nessuna difficoltà ad accettare la proposta dell’onorevole Perassi, perché credo che, sopprimendo la voce «singole» non si modifichi la sostanza dell’emendamento da me proposto.

BOZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOZZI. Voterò contro l’emendamento dell’onorevole Perassi, perché ritengo che l’emendamento che era stato suggerito dall’onorevole Tosato avesse un valore sostanziale; togliendo ora la parola «singole» si allarga la competenza normativa delle Regioni, e per converso, si restringe la potestà legislativa dello Stato. Quei tali principî, infatti, che erano definiti prima come generali, ed ora come fondamentali, potrebbero essere desunti non dalle singole leggi relative a ciascuna delle materie indicate, ma da un complesso di leggi. Vengono in certo senso ad identificarsi con i principî generali dell’ordinamento giuridico, il che è proprio quello che noi non vogliamo, come disse anche l’onorevole Tosato. Quindi io sostengo l’aggettivo proposto dall’onorevole Tosato che elimina, secondo me, un dubbio fondamentale.

PRESIDENTE. Pongo prima in votazione il testo dell’onorevole Tosato senza l’aggettivo «singole».

(Dopo prova e controprova è approvato).

Il testo del primo periodo dell’articolo 109 risulta così approvato:

«La Regione emana norme legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, nelle seguenti materie:».

Il seguito della discussione è rinvialo alle ore 17 di domani, avvertendo che vi sarà seduta anche alle ore 10, per proseguire l’esame del decreto legislativo che istituisce l’imposta straordinaria sul patrimonio.

Interrogazioni e interpellanza con richiesta di urgenza.

PRESIDENTE. Sono state presentate alcune interrogazioni con richiesta di risposta urgente.

La prima, a firma degli onorevoli D’Onofrio, Minio e Gallico Spano Nadia, è del seguente tenore:

«Al Ministro dell’interno, per sapere come sia possibile e tollerabile che in Italia nel mese di giugno 1947, a due anni dalla liberazione, possa avvenire che si tragga in arresto un cittadino, professore di università e commissario di un grande ente previdenziale, in base a un ordine emanato nel febbraio 1944 dal famigerato Caruso, ordine motivato dall’attività antifascista dell’arrestato; e se non ritenga assolutamente necessario che tanta audacia o tanta inettitudine di funzionari di polizia riceva immediata e severa sanzione, ad ammonimento di ogni altro che avesse vaghezza di seguirne l’esempio».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Risponderò nella seduta di lunedì prossimo. (Vivaci commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Vi è poi l’interrogazione degli onorevoli Mentasti, Ponti, Lizier e Bastianetto:

«Al Ministro dell’interno, per conoscere – in relazione ai deplorevoli episodi di intolleranza accaduti a Venezia il 29 corrente – quali provvidenze il Governo intenda adottare perché la libertà di parola nelle pubbliche manifestazioni sia a tutti garantita e così pure tutelata la sicurezza dei partecipanti contro ogni atto di faziosità e di violenza».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Risponderò anche a questa interrogazione lunedì prossimo. (Vivaci commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Comunico il testo delle altre interrogazioni urgenti:

«Al Ministro dei lavori pubblici, della marina mercantile e dei trasporti, per sapere quali pronti energici e concreti provvedimenti intendano adottare per diminuire il gravissimo disagio in cui versa il porto di Napoli, a causa:

  1. a) degli enormi danni riportati nelle attrezzature, nelle banchine e nelle calate, e dei quali è assai lontana la riparazione;
  2. b) della conseguente deviazione delle normali correnti di traffico importanti una insostenibile condizione per l’Ente autonomo del porto di Napoli;
  3. c) della mancanza di ogni servizio igienico-sanitario per le numerose maestranze, costrette a lavori pesanti e pericolosi;
  4. d) della differenza di costo della nafta per bunkeraggio in confronto con gli altri porti esteri del Mediterraneo;
  5. e) e, in genere, a causa della dimenticanza, da parte del Governo, degli interessi che riguardano il lavoro, e la ricchezza connessi con il porto di Napoli.

«Salerno, Leone Giovanni».

«Al Ministro dell’interno, per conoscere i motivi che lo hanno indotto ad ordinare l’immediata revoca del decreto n. 13911 del 30 aprile 1947 del prefetto di Aquila, con il quale, d’accordo con la Camera confederale del lavoro, venivano disciplinati, per il territorio della provincia, l’assunzione del personale e l’impiego della mano d’opera disoccupata mediante turni di lavoro.

«Corbi»

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Risponderò anche a queste interrogazioni nella seduta di lunedì prossimo.

PRESIDENTE. È stata presentata anche la seguente interpellanza con richiesta d’urgenza:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per conoscere se siano edotti della eccezionale gravità della situazione in Sicilia, e in particolare:

1°) che il banditismo politico appare riorganizzato, rivolgendo la sua particolare attività criminosa contro i partiti democratici e le organizzazioni dei lavoratori;

2°) che l’ispettore generale di pubblica sicurezza per la Sicilia dottor Messana è stato denunziato all’autorità giudiziaria, quale responsabile del reato di rivelazione di segreti d’ufficio è di correità nei delitti commessi dal bandito Ferreri, dal giorno in cui questi ne divenne il confidente;

3°) che contro il dottor Messana grava l’accusa di aver rilasciato il porto d’armi al padre del Ferreri, anche lui affiliato alla banda Giuliano, e di aver fatto scomparire – dopo il conflitto d’Alcamo – lo stesso porto d’armi, che il padre del Ferreri teneva in tasca;

4°) che contro il dottor Messana grava l’accusa di essersi recato qualche ora prima del conflitto in casa del Ferreri.

«Conseguentemente gli interpellanti chiedono di conoscere quali provvedimenti si intenda adottare per far piena luce sul conflitto d’Alcamo e colpire definitivamente il banditismo politico non solo nelle persone dei banditi, ma anche eventualmente di tutti coloro che ne risultino comunque responsabili.

«Li Causi, Montalbano, Lombardi Riccardo, Nasi, Sansone, Fiore».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Dovendo assumere informazioni sui fatti di cui all’interpellanza, mi riservo di precisare possibilmente domani quando il Governo sarà pronto per la discussione dell’interpellanza stessa. Tuttavia, se i suoi presentatori accettano di trasformare l’interpellanza in interrogazione, potrò probabilmente rispondere lunedì prossimo.

PRESIDENTE. Onorevole Li Causi, intendo mantenere l’interpellanza?

LI CAUSI. A nome anche degli altri firmatari, dichiaro di mantenere l’interpellanza.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SCHIRATTI, Segretario, legge.

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se sia vero che cittadini italiani della provincia di Bolzano vengano tuttora trattenuti in campi di internamento civili a Farfa e Alberobello e militari a Verona e Rimini; e se non ritenga che sarebbe più opportuno seguire una linea diversa e più conforme ai diritti di eguaglianza e di libertà nei riguardi di cittadini che, per essere di lingua tedesca, tanto più occorre sentano concretamente la lealtà della Repubblica italiana. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Jacometti».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri dell’interno e delle finanze, sull’opportunità che il raddoppio delle aliquote nella sovrimposta comunale sui redditi dei terreni (giusta il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 12 maggio 1947, n. 356) sia da riservare esclusivamente ai comuni pei quali l’aumento sia indispensabile per eliminare o attenuare il deficit già verificatosi nel bilancio 1947 e per il quale sia stato chiesto o si ritenga ancora inderogabile l’intervento dello Stato.

«Con questo dovrebbe essere definitivamente sospesa per tutti gli altri comuni della provincia di Pavia, la inutile riscossione dell’aumento della sovrimposta comunale che venne già rinviata alla rata d’agosto; e ciò per evitare un inopportuno sperpero di capacità contributiva, in contrasto con le esigenze economiche e finanziarie generali. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Montemartini, Ferreri».

«La sottoscritta chiede di interrogare i Ministri dei lavori pubblici e dell’interno, per sapere se non ritengano opportuno ed urgente, ai fini della salute pubblica e dell’ordine, impartire sollecite disposizioni agli uffici dell’A.C.E.A. perché rispetti l’impegno assunto a suo tempo di erogare l’acqua necessaria ai comuni di Poggio Mirteto, Montopoli e Salisano, i quali, dopo aver speso 15 milioni concessi dallo Stato per la costruzione di nuovi acquedotti, vengono ora a trovarsi, a lavori ultimati, nella gravissima situazione di non aver acqua proprio nel momento di maggior bisogno, con grave pericolo per le proprie popolazioni, il cui approvvigionamento idrico è assolutamente insufficiente nell’attuale momento. Si osserva al riguardo che sarebbe quanto mai ingiusto che gli interessi di una società debbano prevalere su quelli di intere popolazioni. Si fa notare, altresì, che il prefetto di Rieti, al quale si sono rivolti i sindaci dei tre comuni suddetti, affinché intervenga con tutta l’energia del caso presso la direzione dell’A.C.E.A., avvalendosi dell’articolo 19 della legge provinciale e comunale, non è stato in grado di indurre la suddetta azienda a concedere, nemmeno in via temporanea, l’uso dell’acqua.

«La interrogante chiede l’immediato e deciso intervento degli organi governativi, onde evitare l’ulteriore aggravarsi di una situazione pericolosa nei comuni sopracitati. (La interrogante chiede la risposta scritta).

«Pollastrini Elettra».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se ritenga ritoccare le norme per il conferimento degli incarichi e delle supplenze per l’anno scolastico 1947-48 nel senso di attribuire valore di servizio scolastico (con punteggio pieno o eventualmente ridotto) anche al servizio militare compiuto da coloro che all’atto della chiamata alle armi non erano laureati, limitatamente però al periodo intercorrente dal momento in cui presumibilmente l’aspirante si sarebbe laureato (a quattro anni dalla immatricolazione universitaria) al momento del congedo.

«Questo provvedimento – che sarebbe tempestivo, in quanto il termine della presentazione delle domande è stato prorogato – colmerebbe una grave lacuna attuale, eliminando la sperequazione tra chi dalla guerra riceve qualche indiretto giovamento con una classifica di favore e chi invece ha visto dalla catastrofe troncati gli studi ed ora, pur avendo fatta maggiore fatica a riassestarsi, è quasi completamente abbandonato alla deriva. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Sullo Fiorentino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e del tesoro, per sapere se non credano urgente provvedere all’emanazione del decreto-legge riflettente il risarcimento dei danni di guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carbonari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’agricoltura e foreste e dell’industria e commercio, per sapere se è a loro conoscenza che una grande quantità di concimi chimici è oggetto di mercato nero, nei quale sono parte attiva soltanto le grandi firme commerciali e i ricchi agricoltori, mentre i piccoli proprietari, perché poveri, sono dallo stesso quasi banditi, con la conseguenza di visibile peggioramento dei loro piccoli poderi e del loro magro bilancio; e come intendano provvedere. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carbonari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno, dell’industria e commercio e dell’agricoltura e foreste, per sapere – considerato che i prezzi di imperio sono applicati solo alla produzione agricola, provocando le proteste dei contadini contro un apparente sistema dei due pesi e due misure – se non credano urgente provvedere affinché anche la produzione industriale, e specialmente i prodotti tessili e le calzature, siano sottoposti a prezzi vincolati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carbonari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se intenda accelerare l’emanazione del decreto che prevede la trasformazione dei Consorzi agrari e delle aziende agrarie di Trento in vere e proprie cooperative di agricoltori. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carbonari».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno trasmesse ai Ministri competenti per la risposta scritta.

La seduta termina alle 20.30.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 10:

Seguito della discussione sul disegno di legge:

«Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio (14).

Alle ore 17:

Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.