ASSEMBLEA COSTITUENTE
CX.
SEDUTA ANTIMERIDIANA DI LUNEDÌ 5 MAGGIO 1947
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI
INDICE
Congedi:
Presidente
Interrogazioni (Svolgimento):
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Togni, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale
Ghidetti
Bernini, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione
Colonnetti
Canevari
Cappa, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio
Veroni
Faralli, Sottosegretario di Stato per l’industria
Assennato, Sottosegretario di Stato per il commercio estero
Benedetti
Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro
Di Vittorio
Merlin Umberto, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia
Macrelli
Vigorelli
Caccuri
Carpano Maglioli, Sottosegretario di Stato per l’interno
Morini
Moscatelli, Sottosegretario di Stato per l’assistenza
ai reduci e ai partigiani
Lucifero
Benedettini
Presidente
Interrogazioni con richiesta di risposta urgente:
Presidente
Bernini, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione
Colonnetti
Miccolis
Coccia
Fogagnolo
Petrilli, Sottosegretario di Stato per il tesoro
Cianca
Morini
Carpano Maglioli, Sottosegretario di Stato per l’interno
La seduta comincia alle 10.
MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati: Corsini, Caroleo, Di Giovanni, Chiostergi, Sardiello, Carbonari, Gullo Rocco.
(Sono concessi).
Interrogazioni.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Interrogazioni.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri. Ne ha facoltà.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Avrei voluto riferire oggi sui risultati ulteriormente acquisiti dall’inchiesta ministeriale relativa ai fatti denunciati in una sua interrogazione dall’onorevole Grilli; ma poiché questi non è presente, mi riservo di farlo in una prossima seduta.
PRESIDENTE. La prima interrogazione all’ordine del giorno è quella dell’onorevole Ghidetti, ai Ministri del lavoro e previdenza sociale, delle finanze e tesoro e degli affari esteri, «per sapere se non ritengano necessario ed urgente rimuovere ogni ostacolo alla emanazione delle tanto attese disposizioni di legge a favore dei lavoratori italiani infortunati sul lavoro in Germania, prima e durante la guerra, creditori presso Istituti assicuratori tedeschi, avendo presente: 1°) che la cessazione dell’invio degli assegni mensili in Italia, a favore degli assicurati da parte della Germania, risale al 1944; 2°) che la più gran parte di questi minorati del lavoro e delle vedove attualmente vivono in condizioni di indigenza impressionante perché il credito, con umana comprensione spontaneamente accordato dai loro fornitori per l’acquisto dell’indispensabile per vivere, essendosi prolungato per anni, in molti casi è venuto a mancare; 3°) che, infine, non vi è ragione alcuna che giustifichi il disinteressamento del Governo della Repubblica verso tanti infelici – calcolati in alcune unità di migliaia – e pertanto si propone venga loro corrisposto un congruo assegno mensile proporzionato anche alla rendita riconosciuta – debitamente accertata sui documenti di riscossione in possesso dei beneficiari – e che si dovrebbe effettuare senza ulteriore indugio, potendo lo Stato italiano ripetere presso gli istituti tedeschi l’anticipo di cui trattasi e garantirsene nella negoziazione del trattato di pace con la Germania».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà di rispondere.
TOGNI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Fin dal settembre 1943, e cioè dall’epoca in cui si rese praticamente impossibile il pagamento da parte degli Istituti assicuratori germanici delle rendite per inabilità permanente o temporanea a mezzo dei vaglia internazionali, l’istituto Nazionale infortuni sul lavoro fu autorizzato a corrispondere acconti sulle competenze dovute.
Si dovette poi far sospendere il pagamento di tali acconti sia per gli inconvenienti verificatisi in materia di documentazione, che per dare una disciplina organica e unitaria alla materia di rilevante e notevole interesse.
Quanto all’assistenza sanitaria, non ha mai avuto soluzione di continuità. Il Ministero del lavoro da tempo ha predisposto uno schema di provvedimento legislativo che fu rimesso all’esame dei Ministeri interessati e cioè finanze, tesoro, affari esteri e grazia e giustizia.
L’elaborazione del testo definitivo dello schema ha richiesto un periodo di tempo abbastanza lungo per la complessità dei problemi da risolvere. Attualmente il testo è stato concordato ed è stato rimesso alla Presidenza del Consiglio perché sia iscritto all’ordine del giorno di uno dei prossimi Consigli dei Ministri.
Sono previste le seguenti prestazioni a carico dell’Istituto Nazionale Infortuni sul lavoro: a) in caso di inabilità permanente, se di grado non inferiore al 50 per cento, o in caso di morte, una rendita, in via provvisoria, secondo le norme del regio decreto 17 agosto 1935, n. 1765, commisurata ai salari annui; b) in caso di inabilità temporanea, e limitatamente alla sua durata, una indennità giornaliera di lire 150 maggiorata di lire 24 per la moglie e di lire 15 per ciascun figlio minore dei 18 anni.
Sono altresì dovute le cure medico-chirurgiche, nonché la protesi di lavoro per tutta la durata dell’inabilità temporanea e anche dopo la guarigione clinica, in quanto occorrano a recuperare la capacità lavorativa. Delle provvidenze di cui sopra possono beneficiare le seguenti categorie di lavoratori infortunatisi in Germania: 1°) quelli per i quali risulta sospesa la corresponsione dei ratei di rendita per infortunio, dovuta da Istituti assicuratori germanici od ex germanici; 2°) quelli che abbiano subito infortuni sul lavoro indennizzabili dagli Istituti predetti, e che non abbiano ancora ottenuto il riconoscimento del diritto agli indennizzi relativi.
PRESIDENTE. L’onorevole Ghidetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
GHIDETTI. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario per le precise assicurazioni che ha voluto dare e per l’impegno che viene quindi ad assumere, attraverso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, la Presidenza del Consiglio, dal momento che da questa dipende ormai ottenere l’emanazione del provvedimento.
Prego però l’onorevole Sottosegretario di voler insistere presso la Presidenza, non nella solita maniera formale, ma tenendo conto che ci sono circa cinquemila famiglie in Italia, che dal 1943, precisamente dalla fine del 1943, disseminate un po’ in tutte le provincie del nostro Paese, non hanno alcuna possibilità o provento, assistite dagli Enti comunali di assistenza, per quel poco che possono fare; e per il rimanente sono abbandonate a se stesse. Dal momento che il Governo, come già nella interrogazione era stato indicato, e del resto il Ministero attraverso il congegno che dispone col progetto di decreto già si è posto sulla buona strada, dal momento che il Governo può essere tranquillo perché si tratta di creditori assolutamente solvibili, non tardi oltre nel ridare fiducia ai minorati e alla centinaia di vedove che hanno perduto il loro congiunto infortunato in Germania, in Austria, in Cecoslovacchia; si badi che la più gran parte di questa gente non può più andare avanti nelle condizioni attuali. Gli esercenti che in un primo momento hanno potuto aiutare questa gente, vedendo che lo scoperto aumentava sempre più e nessuno dimostrava volersi occupare di garanzie, hanno dovuto cessare il credito e queste famiglie sono abbandonate a loro stesse. Mi pare che da parte del Governo italiano si debba oggi cercare di far dimenticare il disinteressamento che si è prolungato per troppo tempo; non si creino occasioni e ragioni di screditare il Governo democratico e le istituzioni: in una parola, è necessario non attendere una settimana, un mese, due, tre mesi, perché il decreto passi dalla Presidenza del Consiglio al Consiglio dei Ministri; ma bisogna che in qualche settimana, per dir molto, a questo decreto sia posta la firma e si assicuri così a quella povera gente l’assistenza di cui ha bisogno, di cui ha sacrosanto diritto.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Colonnetti, al Ministro della pubblica istruzione, «per sapere se sia a conoscenza della reazione determinata in tutti gli ambienti solleciti della serietà della scuola, dalla sua circolare n. 6742 del 1° marzo 1947, con cui viene estesa a tutti gli studenti in debito di esame la sessione speciale già predisposta per i soli reduci; e se abbia qualche notizia delle gravi conseguenze che quel provvedimento potrebbe determinare».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.
BERNINI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Per venire in qualche modo incontro a richieste che erano state rivolte da più parti, e segnatamente, da varî Rettori, da associazioni studentesche e da uomini politici, con il provvedimento indicato dall’onorevole interrogante, si è consentito che nel corso della sessione stabilita per il 20 di aprile per gli studenti reduci iscritti agli appositi corsi semestrali, potessero sostenere esami anche gli studenti fuori corso. In base a questa disposizione hanno potuto partecipare alla sessione in parola anche i reduci recentemente rientrati dalla prigionia e già fuori corso per effetto di ufficio, i quali non avevano potuto frequentare i corsi semestrali.
Nelle Università, ove il corso per gli studenti reduci non si era potuto tenere per la mancanza del numero sufficiente di iscritti, si è pure consentito che gli studenti di cui sopra potessero, nel mese di aprile, sostenere ugualmente gli esami; ché altrimenti, si sarebbero trovati in condizioni svantaggiose, in confronto ai loro colleghi nelle Università ove i corsi si erano tenuti.
Ma sia nel primo che nel secondo caso (il concetto è stato ribadito nell’ultima parte della circolare diramata sull’argomento, in data 21 maggio 1947, n. 6742) tutto era rimesso alla prudente discrezionalità delle autorità accademiche.
Si è trattato, in sostanza, di un provvedimento a carattere prettamente eccezionale e transitorio, la cui attuazione è stata rimessa alla discrezione delle autorità accademiche.
Per quanto poi concerne l’ammissione all’esame di cui trattasi anche degli studenti in debito di qualche prova, si deve far presente, fra l’altro, che, dovendosi ripristinare, col nuovo anno accademico 1947-48, la disposizione (sospesa durante il periodo bellico e sino a tutto l’anno accademico 1946-47) secondo la quale lo studente non può essere iscritto all’anno del corso successivo, se non abbia superato gli esami del biennio propedeutico (naturalmente per i corsi di laurea il cui ordinamento prevede l’esistenza di tale biennio) apparve opportuno sistemare definitivamente la posizione degli studenti in debito di esame e particolarmente di quelli appartenenti a corsi di laurea divisi in bienni.
D’altra parte sono stati dati ampi chiarimenti a mezzo di apposito comunicato alla stampa.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
COLONNETTE Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mia interrogazione mi era stata suggerita dalla preoccupazione per il grave pregiudizio che alle attività scientifiche ed alla serietà degli studi avrebbe recato una nuova sessione di esami estesa non ai soli reduci, ma a tutti indistintamente gli allievi dei nostri Atenei; preoccupazione che io sapevo e so condivisa da molti e valorosi docenti universitari, così dell’Università di Roma, come di altre Università, e che purtroppo permane anche dopo la risposta dell’onorevole Sottosegretario.
Ma tra il giorno in cui l’interrogazione fu presentata ed oggi, un fatto nuovo è sopravvenuto: l’approvazione da parte dell’Assemblea Costituente di un articolo della Costituzione, in cui si dispone che gli Istituti di alta cultura avranno domani il diritto di darsi autonomi ordinamenti.
Ora, comunque possa quell’articolo essere interpretato, e qualunque siano per essere le leggi che disciplineranno quell’autonomia, una cosa mi par certa, ed è che interventi e concessioni di questo genere da parte del potere esecutivo centrale non saranno più possibili.
La disciplina scolastica verrà nell’avvenire esercitata dalle singole autorità accademiche con libertà e responsabilità ben diverse da quelle che possono essere conferite da una circolare ministeriale; e quelle autorità sapranno che dal modo con cui eserciteranno i loro poteri dipenderanno il prestigio dei loro istituti ed il valore dei titoli che esse rilasceranno.
Il fatto specifico a cui la mia interrogazione si riferiva è quindi oggi da considerarsi come superato per chi nutre, come io nutro, l’intima speranza che l’autonomia universitaria, ponendo fine ad uno stato di cose che è diventato veramente intollerabile, sarà apportatrice di nuovi germi di vita a quello che fu già l’organismo sano e fecondo dell’Università italiana.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Notarianni, al Ministro dei lavori pubblici, «per conoscere se è convinto della necessità urgente, assoluta, della costruzione della strada Valle Agricola-Vairano Scalo (2° tronco), perché da oltre sessant’anni è stato ritenuto di notevolissimo vantaggio il costruire una strada che avvicini allo scalo ferroviario di Caianello (ora Vairano-Scalo) i comuni di Prata Sannita, Pratella, Aliano, Ravescanina, Sant’Angelo d’Alife, Gallo, Letino, Fonte Greca, ecc., e solo nel 1932 si provvide a dare in appalto un primo lotto di lavori, che comprendeva un tratto di strada dal bivio di Ailano al fiume Volturno ed altro dal fiume Volturno allo scalo ferroviario. Ora che il Governo della Repubblica ha messo nel suo programma lavori immediati e questi dovrebbero essere soprattutto per il miglioramento del Mezzogiorno, si nutre ferma speranza che la costruzione del ponte sul Volturno e del secondo tronco della strada Valle Agricola-Vairano Scalo diventerà un fatto compiuto. Ciò è indispensabile per la bonifica di una grande estensione di terreno, che potrebbe produrre più di trentamila quintali di grano ed altri cereali. Si noti che gli abitanti dei comuni cennati per giungere ora allo scalo ferroviario debbono percorrere dai 35 ai 50 chilometri, mentre con la costruzione del tronco in oggetto ne percorrerebbero la metà».
Non essendo presente l’onorevole Notarianni, l’interrogazione si intende decaduta.
Segue l’interrogazione dell’onorevole Cicerone, al Ministro dei lavori pubblici, «per conoscere se non possa il Governo prendere in esame l’esecuzione del progetto già esistente per la costruzione del doppio binario sulla Foggia-Benevento-Napoli e sulla Bari-Brindisi-Lecce, contribuendo così ad alleviare la disoccupazione in Puglia, che attualmente costa miliardi alle classi abbienti locali, senza che questo denaro sia investito in opere di alcuna utilità».
Non essendo presente l’onorevole Cicerone, l’interrogazione si intende decaduta.
Segue l’interrogazione degli onorevoli Canevari, Di Gloria, Zanardi, ai Ministri del lavoro e previdenza sociale e delle finanze e tesoro, «sulla urgenza dei provvedimenti legislativi da emanare relativamente alla cooperazione. E sui provvedimenti da adottarsi, nel frattempo, perché sia sospesa ogni decisione sulla imposta generale sull’entrata, relativa alla distribuzione dei generi di largo consumo popolare fatta dalle cooperative di consumo senza scopi speculativi ed al fine di operare un’azione calmieratrice nell’interesse generale».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà di rispondere.
TOGNI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Sul primo punto si fa presente che lo schema di disegno di legge portante provvedimenti per la cooperazione è stato da tempo diramato ai dicasteri interessati per ottenerne il necessario concerto. Si è ora provveduto alla redazione di un testo definitivo di tali provvedimenti, che tiene conto, nei limiti del possibile, delle osservazioni fatte in argomento dalle varie Amministrazioni statali e dalle organizzazioni di categoria. Tale testo sarà presentato al più presto al Consiglio dei Ministri, non appena pervenuto il definitivo assenso dei dicasteri interessati.
Come è noto, scopo principale dello schema di decreto è quello di provvedere alla disciplina organica di tutta la materia cooperativa, all’istituzione di un rigoroso servizio di vigilanza che avvenimenti recenti dimostrano sempre più necessario, alla ricostruzione degli organi centrali della cooperazione, distrutti dal fascismo, all’estensione delle funzioni del registro prefettizio, ora limitate alle cooperative ammissibili ai pubblici appalti, a tutte le varie forme di cooperative, al coordinamento e alla riforma della legge sulla cooperazione a mezzo di una speciale Commissione di studio, che dovrà preparare il relativo testo unico.
Notevoli, fra le altre, le disposizioni circa la tutela dell’uso della qualifica di «cooperativa», per la quale si predispongono efficaci sanzioni; i nuovi limiti per il numero dei soci e i valori azionari e le disposizioni che mirano a fare dei consorzi di cooperative per lavori pubblici organismi solidi anche finanziariamente, in relazione alla importanza degli appalti che possono essere loro affidati.
È da rilevarsi inoltre che nel riordinamento delle Commissioni provinciali di vigilanza, come nell’istituzione di quella centrale, si è avuto cura di provvedere a che la maggioranza dei membri sia composta dai cooperatori; e quindi dipenderà principalmente dallo zelo e dalla capacità dei rappresentanti diretti del movimento cooperativo, se gli organi preposti alla disciplina della materia cooperativa potranno svolgere un’azione veramente utile ed efficace.
Quando i provvedimenti proposti avranno ottenuto la sanzione legislativa, il Ministero del lavoro sarà in possesso degli strumenti necessari per poter dare quelle garanzie sul carattere mutualistico dei vari organismi cooperativi che le varie Amministrazioni vanno ad esso richiedendo, come nel caso dell’Amministrazione finanziaria, che a tali garanzie subordina la concessione dell’esonero dal pagamento dell’imposta generale sull’entrata. È evidente che, come l’iscrizione nel registro prefettizio costituisce per l’Amministrazione finanziaria la prova che le cooperative di lavoro ammissibili ai pubblici appalti posseggono i requisiti mutualistici necessari per avere diritto alle agevolazioni fiscali, altrettanto potrà essere stabilito per le cooperative di consumo, una volta che anche per esse il registro prefettizio funzioni.
La questione, in particolare, relativa alla sospensione dell’esazione dell’imposta generale sull’entrata per i trasferimenti di merci effettuati dalle cooperative di consumo, ha formato oggetto di altra interrogazione rivolta dall’onorevole Camangi al Ministro delle finanze; e nella seduta dell’Assemblea Costituente del 27 febbraio ultimo scorso, l’onorevole Pella, per il detto Ministero, dopo aver dichiarato che il dicastero delle finanze è favorevole alla richiesta esenzione limitatamente al passaggio di generi dalla cooperativa ai propri soci, ha negato la possibilità di concedere la richiesta sospensione nell’applicazione del tributo, fino a quando non sia intervenuta la nuova disciplina legislativa che dia le suaccennate garanzie sulla natura mutualistica delle cooperative chiamate a beneficiare dell’esenzione stessa.
Si può annunziare, intanto, fin d’ora che il censimento delle cooperative di consumo indetto dal Ministero del lavoro, testé ultimato, ha dato un complesso di 5.043 cooperative censite, con numero 2.244.416 soci, lire 780.204.092 di capitale, 125.803.062 di riserve, 8168 spacci e circa 30 miliardi di vendite annue. Le cooperative che vendono ai soli soci sono 1856 e rappresentano il 37 per cento del totale.
Bastano queste cifre, anche ristrette ad un solo settore della cooperazione, a dimostrare l’importanza del fenomeno cooperativo e l’opportunità dell’emanazione di norme che valgano a tutelarlo e a disciplinarlo nel migliore interesse dei cooperatori e del Paese.
PRESIDENTE. L’onorevole Canevari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
CANEVARI. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario di Stato al Ministero del lavoro per la sua risposta, ma sono costretto a dichiararmi non completamente soddisfatto. Sono soddisfatto per l’iniziativa assunta dal Ministero del lavoro, ma non del ritardo che lo stesso Sottosegretario ha denunciato esser frapposto dagli altri dicasteri a dare il proprio parere in merito al disegno di legge che era stato già predisposto dal Ministro D’Aragona ed è stato riveduto dall’attuale Ministro.
Il Ministero riconosce l’importanza delle cooperative di lavoro, anche dal punto di vista finanziario; riconosce l’importanza dei provvedimenti che sono richiesti dal movimento cooperativo di consumo; richieste che doverosamente avrebbero già dovuto essere accolte dal Governo, se è vero, come è stato riconosciuto dallo stesso Ministero del lavoro, che in questo momento tormentoso le cooperative di consumo svolgono una azione sociale di primo ordine.
Perciò io avevo presentato questa interrogazione, allo scopo di richiamare l’attenzione del Governo sul movimento cooperativo e specialmente sul movimento cooperativo di consumo; nella speranza che il Governo dedicasse la sua attenzione a questo movimento; cosa che non ha fatto da due anni a questa parte. Se infatti noi siamo stati allietati da molte promesse, finora non siamo stati onorati da alcun provvedimento.
I provvedimenti sono urgenti, se si pensa che è necessario che sia consentito alle cooperative di poter partecipare in pieno all’opera di ricostruzione del nostro Paese; cosa difficile finché mancheranno i provvedimenti legislativi necessari nel campo della produzione e del lavoro.
Questi provvedimenti sono necessari perché il più danneggiato è proprio il movimento cooperativo dal sorgere e dal pullulare di tante cooperative spurie, di produzione, di lavoro e di consumo.
Abbiamo avuto motivo di interessarci doverosamente di questo argomento, anche in un’interpellanza svolta in questa stessa Assemblea recentemente, in merito a consorzi che hanno avuto la possibilità di sorprendere la buona fede dello stesso Ministro del lavoro.
Sono quindi dolorosamente sorpreso nell’apprendere che, nonostante la diligenza dimostrata dal Ministro Romita di varare questo disegno di legge con la maggiore rapidità possibile, la pratica non si trovi ancora completamente allestita davanti al Consiglio dei Ministri, mentre io avevo avuto affidamento, la settimana scorsa, che tutti i Ministeri interessati avevano risposto, e che la pratica era in attesa di essere esaminata dal Consiglio dei Ministri.
Sono esatti i dati statistici comunicati dal Sottosegretario al lavoro: abbiamo 5.043 cooperative di consumo in Italia, secondo gli ultimi dati raccolti dal Ministero del lavoro, con 2.250.000 soci circa, con un capitale di circa 700 milioni, 126 milioni di riserva, 8.168 spacci, e con circa 30 miliardi di vendite. Non è un movimento quindi da trascurare, e rappresenta un fattore economico e sociale importantissimo nella vita del nostro Paese. Badate che questo è un movimento in gran parte risorto in Italia, ed il fatto che neanche il fascismo sia riuscito a sradicarlo dalla vita economica e sociale del nostro Paese, dimostra che il movimento cooperativo aveva approfondito le sue radici in modo tale ed in modo così poderoso che ha potuto consentire una ripresa in pieno, non appena l’Italia ha potuto rivivere in regime di libertà.
Maggior dovere, dunque, da parte del Governo, di interessarsi della cooperazione. La cooperazione di consumo rappresenta l’unico mezzo di difesa del consumatore in questo momento così difficile della vita economica e sociale del nostro Paese. Ma, senza i provvedimenti legislativi, senza l’intervento del Governo per facilitare il compito della cooperazione, noi potremmo sperare ben poco, perché tutto è lasciato, fino ad oggi, alla nostra iniziativa, alle nostre poche risorse, alla nostra molto buona volontà ed al nostro entusiasmo; ma questo non è sufficiente, perché se è vero che noi non abbiamo mai invocato e non invochiamo dallo Stato nessun intervento e nessun aiuto finanziario a fondo perduto, invochiamo però l’intervento dello Stato, non soltanto in merito alla legislazione, ma in relazione ai provvedimenti che dalla legge deriveranno, anche di ordine finanziario, per facilitare alla cooperazione di lavoro ed alla cooperazione di consumo ogni possibile sviluppo.
Facciamo presente al Governo che, mentre esso è stato così avaro nei nostri riguardi, è stato invece così generosamente largo verso le industrie alle quali ha elargito 60, o più, miliardi che non ritorneranno più nelle Casse dello Stato.
È stato qui ricordato, per l’imposta…
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Canevari.
CANEVARL. …per l’imposta generale sull’entrata che il Ministero del tesoro ne ha riconosciuto l’esenzione alle cooperative che vendono ai soli soci. Su questo punto non ci sarebbero discordanze né discussioni ulteriori. Ma lo stesso Ministro delle finanze ha dichiarato, ad una Commissione da noi accompagnata al Ministero il 28 ottobre, che anche per le cooperative che vendono al pubblico sarebbero state consentite delle facilitazioni. Per esse sarebbero state date istruzioni per concordare opportuni abbonamenti relativi alle somme di vendita per l’applicazione della imposta stessa. Debbo ricordare questo perché la risposta del Sottosegretario al lavoro – che fu data anche per conto del Ministero delle finanze – non sia nebulosa come quella data dal Sottosegretario stesso in risposta ad una interrogazione dell’onorevole Camangi. Ricordo che il Ministro Scoccimarro in quella occasione ha emanato un comunicato, in attesa della definitiva emanazione del provvedimento legislativo già approntato dal Ministero del lavoro in ordine alla istituzione del Registro delle cooperative nel quale si precisava: 1°) nell’applicazione della imposta generale sulla entrata, si facesse in modo che non fosse colpita la merce nel passaggio dalla cooperativa al consumatore; 2°) per quanto riguarda le cooperative che vendono ai soli soci, e ai loro consorzi, si dava disposizione agli uffici competenti affinché un solo passaggio della merce fosse tassato; 3°) si prometteva di esaminare la possibilità di estendere alle cooperative le disposizioni emanate a favore degli Enti comunali di consumo. Per quanto riguarda le altre imposte, si sarebbe considerata la possibilità di ulteriori agevolazioni tenendo conto delle finalità perseguite dalle cooperative in questo importante momento.
Ora tutto questo è subordinato all’emanazione del provvedimento per il riconoscimento delle cooperative. Se noi aspettiamo ancora ad emanare tali provvedimenti, al momento di mandarli in vigore molte cooperative saranno scomparse, perché colpite dalla inesorabile azione del fisco. In sostanza, nella mia interrogazione chiedo che, mentre si attende l’emanazione del provvedimento legislativo, i due Ministeri (delle finanze e del lavoro) addivengano ad un accordo perché gli ispettori e i funzionari competenti facciano gli opportuni accertamenti sul movimento e sul funzionamento delle cooperative di consumo. Da questi accertamenti risulterà l’opportunità di sospendere le azioni fiscali in corso e che minacciano la vita stessa della cooperazione. Noi vorremmo che il Ministro almeno ci desse questa assicurazione. Ciò particolarmente chiediamo al Ministero delle finanze perché non sia sacrificato il movimento cooperativistico. (Applausi).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Canevari, Zanardi, Piemonte, Persico, Rossi Paolo, Cairo, Momigliano, Filippini, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per sapere quando potrà essere emanata la legge che consenta alle cooperative, enti mutualistici, comuni, ecc. il ricupero dei beni di cui furono spogliati dal fascismo, e l’indennizzo dei danni causati dalle violenze fasciste.
L’onorevole Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio ha facoltà di rispondere.
CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Si fa presente agli onorevoli interroganti che fin dal dicembre scorso fu presentato dall’allora Ministro Macrelli uno schema di decreto legislativo inteso a consentire alle cooperative il recupero dei beni e il rientro in possesso di tutti i capitali sociali dovuti rinunciare o cedere da cooperative, da organizzazioni politiche e sindacali, da case del popolo e da enti similari su iniziativa e col concorso e favore della organizzazione e delle autorità fasciste. Il provvedimento, che importava talune deroghe al Codice civile, fu trasmesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri al Ministero della giustizia e al detto Ministero fu successivamente inviato anche lo schema predisposto dagli onorevoli interroganti ed inviato a sua volta dal Presidente dell’Assemblea Costituente al Presidente del Consiglio.
Il Ministero della giustizia condivideva, in linea di principio, l’esigenza di apprestare gli opportuni provvedimenti per riparare alla situazione di ingiustizia determinata da atti di prepotenza delle organizzazioni e delle autorità fasciste; riteneva però, lo stesso Ministero, necessaria la determinazione dei limiti di tali riparazioni, e prima di esprimere un parere definitivo, richiedeva taluni elementi ai Ministeri interessati. La Presidenza del Consiglio ha già segnalato a detto Ministero, a seguito della presente interrogazione, il 14 aprile ultimo scorso la necessità di una sollecita risposta, ed ha assicurato che farà tutto il possibile perché lo schema di provvedimento possa essere sottoposto al più presto alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri.
PRESIDENTE. L’onorevole Canevari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
CANEVARI. Debbo constatare che, dopo quasi un anno, abbiamo ancora una risposta evasiva da parte del Governo.
Nel luglio scorso, in occasione delle discussioni sulle comunicazioni fatte dal Governo, io ho avuto l’onore di presentare, a questo riguardo, un ordine del giorno che è stato accettato dal Presidente del Consiglio come raccomandazione.
Ora, dopo le dichiarazioni da parte del Governo, l’onorevole Macrelli ha presentato, prima di uscire dal Governo, uno schema di disegno di legge, al riguardo (ed io colgo l’occasione per ringraziarlo della sua sollecitudine e della affezione che ha dimostrato anche in quel momento verso il movimento cooperativistico); ma eravamo giunti al 6-7 di febbraio scorso ad una nuova crisi ministeriale, e, nelle sue dichiarazioni, il Presidente del Consiglio non aveva pensato di fare alcun cenno di questo problema davanti all’Assemblea.
Con l’onorevole Villani ed altri presentammo allora un altro ordine del giorno, che il Governo, anche in quell’occasione come nell’occasione precedente, dichiarò, in una forma un po’ più confusa, di prendere in considerazione; onde l’onorevole Piemonte ebbe modo di pubblicare che, se vi è stato uno scandalo in questa Assemblea, non è tanto quello sollevato dall’onorevole Finocchiaro Aprile, quanto quello rappresentato dalla mancata promessa da parte del Governo, impegnato com’era a rendere questa elementare giustizia alle cooperative danneggiate o spogliate dal fascismo; cosicché dopo un anno noi ci troviamo ancora in questa situazione: che il Governo sta studiando.
Ora, io ricordo al Governo che il progetto di legge studiato dall’onorevole Macrelli è stato da noi esaminato attentamente con la collaborazione di una commissione di giuristi, che hanno appunto esaminato la situazione prospettata ed il provvedimento predisposto, apportandovi opportune modificazioni, talune sostanziali. Abbiamo creduto di facilitare, con il nostro studio e la nostra collaborazione, l’opera del governo, vagliando e predisponendo uno schema di disegno di legge che è stato firmato da 52 deputati di ogni settore di questa Camera.
Onorevole Cappa, io vorrei pregarla vivamente di volersi fare interprete presso il governo, della necessità che questa legge sia emanata con tutta urgenza.
Si rifletta che noi riceviamo proteste da tutte le parti d’Italia dalle cooperative che non trovano più le loro sedi perché occupate da altri organismi che con le cooperative non hanno evidentemente niente a che fare.
Se voi invece dimostrate la vostra incapacità di adottare un provvedimento così elementare, così semplice, allora l’opinione pubblica ha ragione di domandarsi che cosa farete di fronte a problemi di maggiore importanza. Molti, appunto, dicono che voi non sapete affrontare le più importanti questioni, perché non sapete risolvere neppure questioni di così facile e di così elementare giustizia.
CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Terremo conto.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Veroni, al Ministro dell’interno, «per conoscere se, di fronte alle unanimi proteste della cittadinanza e della stampa, non voglia disporre per Roma la soppressione del Commissariato degli alloggi o non intenda – in ogni caso – di non consentire proroghe alla legge istitutiva che cesserà di aver vigore il 15 aprile prossimo, creando in sostituzione del Commissariato un organismo di più semplice e rapido funzionamento, capace realmente di alleviare la crisi delle abitazioni».
L’onorevole Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha facoltà di rispondere.
CAPPA, Sottosegretario eli Stato per la Presidenza del Consiglio. Sono insorti dei dispareri, anche attraverso le polemiche della stampa, circa la soppressione o meno del Commissariato degli alloggi. Il Governo ha deciso di subordinare ad una apposita inchiesta la decisione da adottare al riguardo.
Per tal motivo, nella seduta dell’11 aprile scorso del Consiglio dei Ministri, è stata deliberata una proroga del termine del funzionamento del Commissariato degli alloggi fino al 31 maggio corrente. Entro tale termine, sarà esaminata l’opportunità di conservare o meno il Commissariato degli alloggi, in base alle risultanze delle inchieste già disposte.
PRESIDENTE. L’onorevole Veroni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
VERONI. Non posso dichiararmi soddisfatto della risposta dell’onorevole Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, la quale evidentemente persegue un fine dilatorio. La legge che istituisce il Commissariato degli alloggi, per unanime consenso della stampa e soprattutto per unanime consenso di tutte le classi interessate che particolarmente in Roma sono le classi più povere e disagiate, è evidentemente lesiva dei diritti di libertà e della stessa dignità dei cittadini.
Bisogna dare un ben diverso orientamento alla soluzione dell’assillante problema della ricerca della casa per i senza tetto e al ciò non si potrà arrivare se continuerà ad aver vigore il decreto istitutivo del Commissariato degli alloggi, dimostratosi inefficiente particolarmente nei grandi centri urbani. Basterà ricordare che a Milano si è dovuti arrivare di fatto a sopprimerlo.
La soppressione si reclama anche per Roma, ma non si intende dire, con ciò, che si voglia lasciar libero gioco alla legge della domanda e dell’offerta, nel grave e complesso problema delle abitazioni civili: si vuole semplicemente sostituire l’attuale Commissariato con un ente che sia più schematico e più sbrigativo nella disamina e nella soluzione dei problemi che si riferiscono all’assegnazione degli alloggi in Roma, un ente soprattutto che non abbia l’elefantiasi così spettacolare della burocrazia, come l’ha attualmente il Commissariato tanto discusso e criticato.
Onorevole Sottosegretario, la situazione di Roma è eccezionalmente grave, perché ha riferimento, in modo particolarissimo, a oltre cinquemila famiglie che sono senza tetto e che attualmente sono costrette a passare le notti alla periferia entro grotte, nelle stazioni ferroviarie, nei depositi tranviari, ecc. e sono presso a poco 8-9 mila le persone le quali esigono che sia dato loro un tetto che il Commissariato degli alloggi non può dare perché non ha case a disposizione. Basterà creare un ente schematicamente più sollecito, basterà che la Presidenza del Consiglio dia disposizione, insieme agli altri organi governativi, che siano adibite, per esempio, numerose caserme (come la stampa degli ultimi giorni ha reclamato) ad abitazione per i senza tetto. Vi sono a Roma per lo meno due terzi delle caserme che sono vuote e che possono essere benissimo, con facili accorgimenti, ridotte a piccoli appartamenti da assegnare ai senza tetto. Si è anche esattamente rilevato che molti uffici sono diluiti in vari locali ed in numerosi edifici, mentre potrebbero essere riuniti in pochi locali; allo stesso modo, man mano che gli alleati restituiscono al Governo italiano gli appartamenti da essi requisiti, questi potrebbero passare ai senza tetto. Quindi vi è la maniera di provvedere, purché si abbia la volontà decisa di aiutare tanta misera gente che vive in uno stato veramente vergognoso; cesserebbe così lo spettacolo deplorevole per cui migliaia e migliaia di poveri esseri nella capitale della Repubblica sono costretti a vivere attualmente nelle condizioni più tragiche.
Io penso che il Governo abbia l’improrogabile e stretto dovere di provvedere e pertanto, solo quando ciò sarà fatto, io potrò dichiararmi soddisfatto; oggi sono costretto a ripetere la mia insoddisfazione di fronte alla risposta dell’onorevole Sottosegretario che nulla concede e nulla assicura. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Monticelli e Bardini al Ministro della difesa, «per sapere quali provvedimenti intende prendere onde eliminare la situazione anormale ed insostenibile che si è creata a Siena, in seguito al persistente e non giustificato atteggiamento del comandante di territorio di Firenze generale De Simone, il quale si oppone alla rimozione dei poligoni di tiro di Pescaia, situati nell’abitato della città, costituenti continui pericoli, disturbi e malcontento nei cittadini e rendendo tesi i rapporti tra la popolazione e il nuovo esercito repubblicano italiano. Tali poligoni possono agevolmente essere trasferiti nei poligoni di Petruccio, Montarioso e Pieze al Bozzone, distanti pochi chilometri di ottime strade. La opposizione del generale De Simone è quanto mai inopportuna, in quanto sembrava che lo stesso Ministero della difesa avesse nel passato riconosciuto giustificate le lamentele del pubblico ed avesse deciso la rimozione dei poligoni e tutte le altre autorità italiane ed alleate, civili e militari, si sono espresse, in più occasioni, favorevolmente ai desideri della popolazione».
Non essendo presenti gli onorevoli Monticelli e Bardini, l’interrogazione s’intende decaduta.
Segue l’interrogazione dell’onorevole Benedetti, ai Ministri del commercio con l’estero, dell’industria e commercio e delle finanze e tesoro «per conoscere: quali ragioni possano aver determinato la riduzione del contingente di carta d’importazione svedese, che, nel corso della discussione del trattato commerciale concluso con la Svezia, era stato previsto in 20.000 quintali per il 1947, mentre in realtà è stato poi ridotto a soli 10.000 quintali; se sia esatta la notizia secondo la quale delle cartiere dell’Alta Italia si rifiutano di versare la tassa pagata da alcune categorie di acquirenti di carta, sotto la voce di «Tasse Ente cellulosa e carta», e se non ravvisino in questo rifiuto un vero e proprio reato di appropriazione indebita che le cartiere commettono nei riguardi di un ente parastatale; quale fondamento abbia la notizia secondo la quale il Ministero dell’industria e commercio si sarebbe reso promotore della soppressione pura e semplice dell’Ente nazionale per la cellulosa e la carta, anziché prendere l’iniziativa di trasformarlo in un organismo atto a svolgere i nuovi compiti imposti dalla grave situazione dalla carta, che potrà essere risolta soltanto con larghi acquisti da effettuarsi sui mercati esteri, valendosi dell’attrezzatura e dei mezzi finanziari di cui dispone l’Ente suddetto».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’industria ha facoltà di rispondere.
FARALLI, Sottosegretario di Stato per l’industria. L’interrogazione dell’onorevole Benedetti contempla tre particolari problemi. Al riguardo si precisa quanto segue:
1°) Nell’accordo commerciale italo-svedese del 24 novembre 1945, entrato in vigore il 1° dicembre 1945, era stato stabilito un contingente semestrale all’importazione di carta di giornale di 15 mila quintali, corrispondente a 850 mila corone svedesi, al prezzo di corone svedesi 57 al quintale. Prima dell’inizio delle trattative fra la delegazione italiana e quella svedese per la rinnovazione dell’accordo di cui trattasi, venne proposto che il contingente in parola fosse fissato nella misura di 20 mila quintali semestrali, pari a circa 1.140.000 corone svedesi, allo scopo di costituire scorte di carta da giornale e di conseguire una diminuzione del prezzo di quella di produzione nazionale.
Successivamente, per la diminuita attività produttiva delle cartiere nazionali, a seguito della carenza di energia elettrica e di combustibile, veniva richiesto dai Ministeri dell’industria e del commercio estero, con fonogramma del 18 novembre ultimo scorso, di interessare la delegazione italiana che si era recata a Stoccolma per le trattative riguardanti la rinnovazione dell’accordo con la Svezia, affinché venisse elevato a 30 mila quintali il contingente semestrale di carta da giornali nel nuovo accordo.
Pertanto gli opportuni chiarimenti in ordine alle riduzioni di 10 mila quintali del contingente di carta da giornale, valide dal 1° dicembre 1946 al 30 novembre 1947, stabilito dal rinnovato accordo italo-svedese, potranno essere forniti dal Ministero del commercio con l’estero a mezzo del collega onorevole Assennato.
2°) Circa il mancato versamento, da parte delle cartiere dell’Alta Italia all’Ente nazionale per la cellulosa e la carta, dei contributi sul fatturato carta da esse riscossi bei confronti di alcune categorie di consumatori di materiale cartaceo, si fa presente che il Ministero dell’industria si è preoccupato da tempo della questione, richiamando diverse volte l’Associazione dei fabbricanti di carta e cartoni e la Confederazione generale dell’industria italiana sull’osservanza, da parte delle cartiere stesse, delle disposizioni di legge vigenti in materia. È stato, anzi, in tale occasione, fatto presente che, persistendo le aziende cartarie nel rifiutare tale versamento, verrebbero ad appropriarsi indebitamente dell’ammontare di un contributo che esse hanno riscosso e che deve essere versato all’Ente sopra indicato, nei confronti del quale agiscono soltanto come depositarie.
Il recupero, da parte dell’Ente per la cellulosa, del contributo in parola e dei relativi interessi di mora, avrebbe potuto essere effettuato mediante remissione di ruoli previsti dalle vigenti disposizioni. A tal fine, però, sarebbe stato necessario condurre a termine vari accertamenti che avrebbero comportato, oltre che varie difficoltà, una notevole spesa. E poiché gli industriali della carta hanno sempre dichiarato che avrebbero provveduto all’integrale versamento delle somme riscosse e accantonate non appena all’Ente fosse stata data una diversa struttura che escludesse l’ingerenza di esso nell’attività di ciascuna cartiera, è stato soprasseduto a procedere d’ufficio all’accertamento e alla riscossione del contributo stesso. A conferma della sua tesi, infatti, l’Associazione dei fabbricanti di carta e cartoni aveva da tempo proposto uno schema di progetto per la trasformazione dell’Ente medesimo.
3°) In ordine alla questione relativa alla sistemazione dell’Ente nazionale per la cellulosa e per la carta, si fa presente che il Ministero dell’industria si è orientato nel senso di addivenire alla liquidazione della passata gestione dell’Ente attraverso la nomina di un liquidatore del patrimonio dell’Ente in parola. L’Ente medesimo sarebbe sostituito con un altro organismo rispondente alle esigenze della nuova situazione politica ed economica.
Pertanto, in relazione anche alle necessità prospettate dalle aziende editrici di giornali e dall’editoria scolastica, detto organismo, magari sotto diversa denominazione, potrebbe svolgere i seguenti compiti ritenuti di grande utilità per il settore industriale:
- a) funzioni di carattere agrario intese alla produzione di essenze legnose (principalmente piantine di pioppo) da distribuire agli agricoltori allo scopo di favorire e sviluppare specialmente la coltivazione del pioppo, che riveste una notevole importanza per la industria cartaria (fabbricazione della pastalegno e della cellulosa) e per le altre attività industriali che utilizzano il legno nelle loro lavorazioni (fabbricazione dei legni compensati, degli imballaggi e dei fiammiferi).
Tale attività integratrice e fiancheggiatrice dell’azione del Ministero dell’agricoltura e foreste – oltre a consentire l’attuazione in Italia di un vasto programma di rimboschimento – viene ad assumere un carattere prevalente di utilissima cooperazione con le industrie della carta, della cellulosa e del legno.
- b) Funzioni rivolte all’importazione di materiale cartaceo per soddisfare i consumi che rivestono carattere di indispensabilità (fabbisogni di carta delle aziende editoriali giornalistiche e dell’editoria scolastica).
Detta attività, che assume una funzione calmieratrice ed equilibratrice del mercato della carta, viene ad assicurare, su basi eque, regolari e durature, il rifornimento della carta alle aziende editoriali giornalistiche e scolastiche, integrando le inevitabili deficienze stagionali di produzione delle cartiere italiane.
Il nuovo organismo, cui dovrebbe essere devoluto in tutto, o in gran parte, il patrimonio risultante dalla liquidazione dell’Ente cellulosa, non avrebbe facoltà di imporre alcun contributo a carico di industriali o consumatori e non beneficerebbe di sovvenzioni da parte dello Stato.
L’amministrazione di tale organismo sarebbe retta da una Commissione amministratrice – composta solo dai rappresentanti dei Ministeri interessati – e da un Presidente nominato dal Ministero dell’industria e commercio.
Ora il Ministero dell’industria, naturalmente, è disposto ad accogliere anche eventuali suggerimenti che l’editoria scolastica fosse disposta a proporre.
PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per il commercio con l’estero ha facoltà di rispondere per la parte di sua competenza.
ASSENNATO, Sottosegretario di Stato per il commercio con l’estero. La Delegazione italiana che svolse le trattative a Stoccolma nel novembre 1946 si adoperò attivamente per ottenere un aumento del contingente di cellulosa – previsto nel precedente accordo in tonnellate 30.000 – nonché un aumento del contingente della carta da giornale.
Tali sforzi furono vani, perché da parte svedese si fece presente la impossibilità di accogliere gli aumenti richiesti, data la diminuita disponibilità dei prodotti in questione in Svezia e l’impegno assunto di fornitura di prodotti stessi nei riguardi di altri Paesi.
Pertanto, non solo non ci venne concesso alcun aumento, ma vennero ridotti i contingenti precedenti da 30.000 a 20.000 tonnellate e da 3.000 a 2.000.
Quindi non vi è possibilità di poter avere aumenti.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
BENEDETTI. Ringrazio vivamente i due Sottosegretari delle risposte che mi hanno dato e voglio dire che sono soddisfatto delle buone intenzioni da loro dimostrate. Ma non sono soddisfatto dell’efficacia di quello che hanno messo in essere per ovviare agli inconvenienti da me lamentati.
Sono tre gli argomenti della mia interrogazione, come ha rilevato il Sottosegretario all’industria. Uno riguarda un minor contingente di carta ottenuto negli scambi commerciali con la Svezia. Egli, ha detto che, in sostanza, il minore contingente del 1946 verrà compensato nell’anno 1947 ed il Sottosegretario al commercio ha soggiunto che tutti gli sforzi sono stati fatti perché il contingente fosse mantenuto, anzi aumentato.
La verità è che quanto essi hanno detto è esattissimo. Ma è anche vero che il Governo ha incontrato, nelle trattative con la Svezia, resistenze imprevedute, le quali non sono derivate dalla mancanza di buona volontà loro, ma da un’altra causa: e precisamente dall’ingerenza degli industriali cartari italiani per fare affluire in Italia un minore quantitativo di carta. Questo è il punto essenziale della questione che io ho richiamato, non per scopi scandalistici – ben lontani dal mio intento – ma per ben dimostrare quanto sia necessario che esista un qualche cosa, un Ente che serva a contenere gli appetiti, che sono sempre molti, di certe categorie, le quali si preoccupano – a ragione, dal punto di vista loro egoistico, ma non dell’economia generale – dei loro interessi particolari.
Secondo punto: contributi all’Ente della carta. Anche qui trovo che il Sottosegretario all’industria ha risposto onestamente, e d’altra parte riconosco che egli non ha nessuna responsabilità, perché da poco tempo ricopre la sua carica. Gl’inconvenienti si sono verificati in una gestione precedente. Sta di fatto che l’Ente carta beneficia di un contributo dato dai consumatori della carta, che pagano ai cartai una percentuale dell’uno o due o tre per cento sulle fatture. Tale contributo deve dai cartai essere passato all’Ente carta. Ora che cosa è accaduto? I consumatori hanno pagato tranquillamente questo uno o due o tre per cento – non so quanto sia e non ha importanza la misura, ma il fatto – e gli industriali della carta lo hanno incassato e lo hanno incassato fatturandolo come uno o due o tre per cento di contributo a favore dell’ente carta. E poi se lo sono trattenuto. Le trattenute ammontano a diverse centinaia di milioni che restano nelle casse dei cartai. Credo che quanto io espongo sia perfettamente esatto, onorevole Sottosegretario. Qualcuno ha detto: ma perché questi signori si trattengono del denaro perché non lo passano all’Ente cui spetta?
La risposta è stata esauriente da parte del Sottosegretario all’industria, ma è anche esauriente quello che si dice e che è nella realtà dei fatti. La realtà dei fatti è che i contributi di diverse centinaia di milioni, che spettano all’Ente, restano ancora nelle casse dei cartai. Essi dicono che li verseranno a condizione che l’Ente carta sia liquidato. Non lo vogliono in vita. Così impongono la loro volontà anche al Governo. Il Governo non deve ammettere questo modo di agire degli industriali cartai, siano pure potentissimi, Essi profittano della debolezza vostra. Voi fate una meschina figura di fronte a questi industriali; apparite come i servitori degli industriali cartai. Voi avete il dovere, per il vostro prestigio, d’imporre che adempiano ai loro obblighi. L’onorevole Sottosegretario, credo, sarà d’accordo. Io non lo dico a titolo di biasimo per lei, che ha fatto tutto il possibile in questo senso e gliene do atto volentieri; ma la verità è questa. In ogni settore il Governo si deve far rispettare, e tanto più da coloro che debbono avere più vivo di ogni altro il senso della responsabilità e il dovere di obbedire al Governo, quando il Governo li richiami all’osservanza dei loro obblighi.
Terzo punto: Ente carta. L’Ente carta è stato costituito per venire incontro agli editori, ai consumatori di carta, i quali si trovavano alla mercé di enti monopolistici cartari nazionali. Tutto quello che si dice ora di voler fare a proposito di questo ente, mi pare una cosa abbastanza strana, perché si vuol liquidare un organismo che esiste per costituirne un altro nuovo. E con quali mezzi deve essere costituito il nuovo? È un problema che voi intendete affrontare in modo del tutto nuovo, mentre, modificando l’Ente che esiste, voi lo trovereste già risolto. Ma voi dite che dovete attuare i vostri scopi. Quali sono questi scopi? Io ammiro la buona volontà del Sottosegretario all’industria. Bisogna favorire le piantagioni di pioppelle, la produzione del legno compensato: tutte belle cose, ma che non sono affatto attinenti allo scopo per cui l’Ente carta fu costituito e dovrebbe continuare a vivere. L’Ente deve provvedere a far affluire sul mercato la carta a prezzi non monopolistici, contenendo così gli appetiti degli industriali cartai. Questo è il suo vero scopo. Ora l’Ente che già esiste ha i mezzi per agire: mezzi che sono il patrimonio dell’ente e il denaro indebitamente trattenuto nelle casse degli industriali cartai.
Se voi volete estendere gli scopi dell’Ente, estendeteli. Io sono contrario a tutti questi enti, ma dal momento che quello della carta esiste e si è dimostrato utile, tanto vale mantenerlo, dandogli efficienza secondo il suo scopo originario. Chiedo quindi di limitare gli scopi dell’Ente alla sua primitiva funzione; e che il suo patrimonio sia integrato con quanto agli industriali spetta di dare, obbligandoli a dare regolarmente. E bisogna ricordare che la classe interessata alla tutela da parte dello Stato non è quella degli industriali, ma dei consumatori di carta. Gli industriali non hanno bisogno di aiuto; gli industriali cartai sono un grande complesso monopolistico, che ha miliardi e miliardi. Essi non hanno bisogno dell’aiuto dello Stato. È semplicemente ridicolo pensare a questo. Invece lo Stato deve intervenire per contenere il prepotere degli industriali, e a questo scopo può servire bene l’Ente carta.
Concludo dando atto all’onorevole Sottosegretario della sua perfetta buona volontà, che mi auguro si trasformi in provvedimenti efficienti. E se i provvedimenti saranno tali che soddisfino, io sarò sempre lieto di esprimerle, onorevole Sottosegretario, la mia intera soddisfazione e il mio consenso.
FARALLI, Sottosegretario di Stato per l’industria. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FARALLI, Sottosegretario di Stato per l’industria. Ringrazio l’onorevole Benedetti di quello che ha detto a proposito degli appetiti che si verificano dolorosamente in questi settori industriali e ringrazio l’onorevole Benedetti, perché la constatazione è proprio venuta da quella parte dell’Assemblea. Lo assicuro, d’altra parte, che se può essere vero che quegli appetiti si sono manifestati anche nelle trattative per il nostro trattato di commercio con la Svezia, nelle prossime trattative troveremo il sistema perché quegli appetiti non si manifestino e non si estrinsechino nel modo in cui si sono estrinsecati questa volta.
Per quanto si riferisce alla famosa percentuale che le industrie della carta avrebbero dovuto versare all’Ente della cellulosa, assicuro l’onorevole Benedetti che non vi è stata deficienza né di autorità, né di volontà del Governo nel non avere incassato la percentuale che i consumatori hanno pagato. Si è soltanto rinviato questo incasso, perché sapevamo che la somma esisteva e sapevamo anche che i detentori di questa somma dovevano pagare gli interessi relativi per tutto il tempo che è stata trattenuta e adoperata (Applausi a sinistra). A questo riguardo, quindi, l’onorevole Benedetti può essere tranquillo. Il Ministero dell’industria e quello del tesoro sapranno non soltanto difendere gli interessi dello Stato, ma sapranno assolutamente affermare questo interesse al di sopra di tutti quelli che possono essere gli appetiti dei signori industriali.
Per quello che si riferisce alla organizzazione del nuovo Ente, intendo precisare che non si tratta della costituzione di un nuovo Ente. Noi intendiamo soltanto vedere che cosa è avvenuto nel passato, specialmente nel passato un po’ remoto. Gli onorevoli colleghi sanno come l’Ente della cellulosa, in determinati momenti della tragica vita politica che abbiamo superato, ha servito a determinati scopi. Ora noi, nel determinare la liquidazione del vecchio Ente, intendiamo appunto vedere come e in che maniera l’Ente ha esplicato la propria opera in quel determinato momento. Ma è pacifico che noi possiamo anche mantenere l’Ente nella sua struttura attuale, sveltendolo, modificandolo, perché risponda a quei fini particolarmente sociali cui intendiamo che risponda; perché per noi i giornali e i libri scolastici rappresentano davvero qualche cosa che incide sulla vita sociale di un Paese. È per questo che con l’Ente intendiamo garantire sia i giornali, che i libri scolastici i quali non devono subire, come talvolta e molte volte, anzi, hanno subito in passato, la volontà di quei famosi appetiti cui accennava l’onorevole Benedetti.
A questo riguardo può essere tranquillo il collega Benedetti. Non è dal Ministero dell’industria che potrà arrivare a quei settori una particolare indulgenza. Noi intendiamo riportare un senso di moralità anche nel settore industriale; noi vogliamo che il Paese si rinnovi non soltanto attraverso la sua struttura repubblicana e democratica, ma anche nella sua struttura morale, nella sua struttura civica e il settore, cui accennava il collega Benedetti, è uno di quelli che davvero bisogna rinnovare.
Sia dunque tranquillo il collega Benedetti che da parte del Ministero dell’industria sarà fatto di tutto perché, specialmente nel caso specifico, si attui un provvedimento che dia la sensazione che ci avviamo verso un rinnovamento.
Per quanto si riferisce alla struttura dell’Ente, devo fare presente all’onorevole Benedetti che non si tratta della costituzione di un nuovo Ente burocratico. Quando diciamo che la Commissione amministratrice deve essere formata da rappresentanti dei Ministeri interessati, non diciamo che questi rappresentanti siano dei funzionari; noi intendiamo dire che siano rappresentanti del Ministero, ma possono essere dei tecnici al di sopra della struttura burocratica, non perché noi non abbiamo fiducia nella struttura burocratica, ma soltanto perché vogliamo destinare dei competenti e dei tecnici a quel particolare settore.
Per quello che riguarda l’intromissione di consumatori o di industriali della carta, possiamo accogliere la raccomandazione dell’onorevole Benedetti in questo senso: noi intendiamo, o possiamo intendere, di affiancare alla Commissione amministratrice, responsabile di fronte al Governo dell’amministrazione dell’Ente, una Commissione consultiva, la quale esprima particolarmente la volontà dei consumatori; perché ha ragione l’onorevole Benedetti, non sono i grandi complessi industriali di cartiere che hanno bisogno del Governo. Quei complessi cercano di sfruttare il Governo; ma noi, in questo caso, il Governo non lo faremo sfruttare. È giusto che i rappresentanti dei consumatori della carta, che possono essere gli editori scolastici, gli editori dei giornali, e possono essere anche altri che in genere consumano la carta, come l’artigianato, come gli esercenti – per quanto la carta che noi intendiamo importare dall’estero non si riferisca a quel settore – abbiamo la possibilità di far parte di una Commissione consultiva a fianco della Commissione amministrativa. Comunque – per concludere – assicuro l’onorevole Benedetti che intendiamo dar vita ad un ente che esprima un rinnovamento morale e un potenziamento dell’industria italiana. (Approvazioni a sinistra).
PRESIDENTE. Seguono le interrogazioni degli onorevoli:
Di Vittorio, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle finanze e tesoro, «sull’urgente necessità di adeguare il trattamento economico dei dipendenti statali e degli enti pubblici a quello dei lavoratori delle aziende private, mediante l’accoglimento delle note rivendicazioni minime presentate dalla C.G.I.L.»;
Lizzadri, Mariani Francesco, Carmagnola, Giua, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle finanze e tesoro, «per sapere se non credano opportuno provvedere d’urgenza a migliorare le tristi condizioni economiche dei dipendenti statali e degli altri enti pubblici, parificando la scala mobile a quella dei lavoratori delle aziende private e giusta le rivendicazioni minime presentate dalla G.G.I.L.»;
Pastore Giulio, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle finanze e tesoro, «per conoscere come il Governo intenda, nel quadro della presente situazione economica, risolvere il dibattuto problema dei dipendenti statali e dei dipendenti dagli altri enti pubblici, in relazione alle richieste dagli stessi avanzate».
Poiché si riferiscono allo stesso argomento, queste interrogazioni possono essere svolte congiuntamente.
Ha facoltà di rispondere l’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro.
PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. In merito alle proposte interrogazioni debbo ricordare che il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 3 corrente, ha deliberato i seguenti miglioramenti economici a favore dei dipendenti statali e dei pensionati:
1°) aumento del 15 per cento, con effetto dal 1° giugno, delle attuali misure degli stipendi, retribuzioni e paghe del personale in attività di servizio;
2°) aumento del 20 per cento, con effetto dal 1° aprile 1947, dell’indennità di carovita e relative quote complementari, per aggiornamento dell’importo dell’indennità stessa in relazione alle variazioni dell’indice del costo dell’alimentazione accertato per il trimestre gennaio-marzo 1947;
3°) aumento dell’assegno di caro-viveri dei pensionati ordinari in ragione di lire 1.000 mensili per i titolari di pensioni dirette, e di lire 600 per i titolari di pensioni indirette; nonché aumento del massimo della pensione, dovuta dopo quarant’anni di servizio, dagli attuali otto decimi ai nove decimi della media triennale dello stipendio pensionabile, e inoltre aumento del 15 per cento sul nuovo importo di pensione, quale viene a risultare dopo l’elevazione di detto massimo a nove decimi. Il che comporta un aumento complessivo del 30 per cento sulla pensione attuale.
I cennati personali fruiranno altresì delle agevolazioni tributarie già previste per i redditi di categoria C-2.
Le stesse provvidenze sono applicabili al personale degli enti pubblici in generale e degli enti parastatali, i quali, peraltro, dovranno fronteggiare il relativo onere con i propri mezzi finanziari, essendo escluso il concorso da parte del bilancio statale.
Con le cennate provvidenze il Governo ritiene di avere imposto al bilancio dello Stato il massimo sforzo finanziario attualmente possibile a favore del personale in attività ed in quiescenza della pubblica Amministrazione.
Per taluni gradi tipici della gerarchia statale le risultanze complessive dei miglioramenti economici sono, al netto, le seguenti:
usciere: lire 3.557 nette mensili; primo archivista o segretario (grado 10°) lire 4.229 nette mensili; Capo sezione (grado 7°) lire 4.833 nette mensili; Direttore generale (grado 4°) lire 6.183 nette mensili.
PRESIDENTE. L’onorevole Di Vittorio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
DI VITTORIO. Do atto al Governo dello sforzo di buona volontà che ha fatto per adottare i provvedimenti di cui ci ha reso conto, in questo momento, l’onorevole Sottosegretario di Stato per il tesoro; però non posso dichiararmi soddisfatto del complesso dei provvedimenti presi in favore degli statali, dei dipendenti degli enti locali e degli enti parastatali, per la loro insufficienza.
La Confederazione del lavoro, come ha dichiarato ieri in un comunicato dato alla stampa, esaminerà in concreto la portata di questi provvedimenti e tratterà col Governo per vedere in quali misure possano essere migliorati, per dare ai lavoratori statali e degli enti locali una soddisfazione parziale delle loro rivendicazioni che ha fatte proprie ed ha appoggiate.
Vorrei richiamare, soprattutto, l’attenzione del Governo e dell’Assemblea Costituente, di fronte al Paese, sulla necessità assoluta e inderogabile di modificare il congegno della scala mobile, applicata agli impiegati dello Stato e degli altri enti pubblici. Con la misura adottata dal Governo si giunge ad attenuare la differenza di trattamento economico tra i lavoratori degli enti pubblici ed i lavoratori delle aziende private; ma siccome l’uno e l’altro settore di lavoratori hanno un congegno differente della scala mobile, che è maggiore per i lavoratori dell’industria privata e minore per i lavoratori dello Stato, è evidente che ogni volta che vi è lo scatto della scala mobile, per gli uni e per gli altri si riproduce e si aggrava successivamente la differenza di trattamento.
Non è umanamente possibile, direi non è materialmente possibile, accettare od anche tollerare che un settore determinato di benemeriti lavoratori dello Stato e di altri enti pubblici sia in condizione inferiore a quella della maggior parte dei lavoratori italiani. Questa condizione di inferiorità influisce sulle possibilità minime di vita dei lavoratori ed è per questo che noi possiamo accogliere, come accogliamo, le misure adottate oggi dal Governo che attenuano questa differenza, ma domandiamo che siano prese ulteriori misure per impedire che le condizioni di vita dei lavoratori si aggravino continuamente, perché ciò non è tollerabile.
Sono sicuro che tanto l’Assemblea Costituente quanto il Paese apprezzino, al giusto grado, la prova di alto senso civico e di responsabilità che hanno dimostrato i lavoratori dello Stato in quest’ultimo periodo. Voglio evitare ogni esagerazione in proposito perché, del resto, si tratta di uno stato di cose a tutti noto. Tutti i lavoratori dello Stato: i ferrovieri, i postelegrafonici, gli operai delle officine dello Stato, gli insegnanti di tutti i gradi, i dipendenti degli enti locali, vivono in condizioni estremamente gravi per il differente congegno della scala mobile cui ho accennato. Queste condizioni si sono sempre più aggravate rispetto a quelle degli altri lavoratori delle aziende private (che pure versano in una situazione tanto meschina). Malgrado questo e malgrado che le loro richieste minime non siano state accolte dal Governo con la sollecitudine necessaria, oltre che desiderabile, tutti questi lavoratori si sono astenuti sino ad ora dal ricorrere allo sciopero, perché questo avrebbe provocato un perturbamento grave nel nostro Paese, specie nelle condizioni economiche generali attuali. Pensate alle conseguenze che avrebbe potuto avere per il nostro Paese lo sciopero: il Sindacato nazionale dei ferrovieri e la Confederazione generale del lavoro sono riusciti ad ottenere dai loro dipendenti di tollerare questa inferiorità ingiustificabile, rinunciando all’arma dello sciopero per riguardo agli interessi generali del Paese.
Bisogna tener conto del senso civico dimostrato dai lavoratori di tutte le categorie e si deve andare incontro alle loro rivendicazioni. È giusto, è necessario che il bilancio dello Stato sia risanato e che sia prima attenuato, e poi eliminato, questo gravoso deficit; ma sarebbe intollerabile ed inumano sacrificare sempre i lavoratori statali e parastatali per raggiungere questo scopo. È ingiusto che siano queste categorie a fornire sempre i mezzi per il risanamento, solo per il semplice fatto che sono le più facili a colpirsi da parte del Governo. Noi crediamo che il Governo debba perseguire il risanamento del bilancio come uno scopo necessario da raggiungere al più presto, ma non colpendo questi lavoratori e aggravando sempre più le loro condizioni economiche. Bisogna che lo Stato si decida a seguire una politica effettivamente democratica, che cioè riesca a far pagare gli abbienti (e ce ne sono in Italia), considerando che vi è una larga categoria di nuovi ricchi, i quali non pagano nulla allo Stato, mentre i vecchi ricchi pagano pochissimo: e che vi sono categorie commerciali che si può dire non paghino imposte. Forse non tutti i colleghi sanno che vi sono dei bar e dei caffè in grandi città come Roma e Milano che pagano una imposta sulla base di entrate lorde di cento lire al giorno, quando si sa che non si può prendere nemmeno un piccolo fattorino o inserviente senza dargli almeno 300, 400 lire al giorno. E come è possibile che queste aziende dimostrino di incassare appena 40 lire al giorno?
Bisogna inoltre dare una migliore organizzazione ai servizi finanziari dello Stato, che non riescono a far pagare. Vi sono uffici delle imposte dirette che non hanno una sede, che non hanno locali per poter lavorare, vi è a Roma un ufficio che va a prendere le sedie in affitto da una chiesa vicina per far sedere i propri funzionari quando debbono lavorare; vi sono degli impiegati che per mancanza di locali devono lavorare a turno; vi sono cose assurde nella nostra amministrazione, e di questa situazione approfittano i possidenti, i grossi commercianti, i grossi industriali, per non pagare le tasse allo Stato. È in quella direzione che lo Stato deve orientarsi per trovare i mezzi necessari a sanare il suo bilancio, non aggravando la miseria dei lavoratori dello Stato.
Perciò noi insistiamo nella richiesta che il Governo provveda a modificare il congegno di applicazione della scala mobile per i dipendenti statali e degli altri enti pubblici, allo scopo di ottenere, non già un livellamento delle condizioni economiche dei lavoratori, che sarebbe impossibile, ma almeno una perequazione approssimativa; poiché, se in Italia il complesso dei lavoratori deve imporsi dei sacrifici nella situazione in cui siamo oggi, è giusto che questi sacrifici siano il più equamente possibile ripartiti tra tutti, e non accentrati su un settore particolare di lavoratori. Questo non è giusto, e tanto l’Assemblea Costituente, quanto il Paese, debbono far sentire al Governo che non è tollerabile questa ingiustizia.
Ma c’è un’altra rivendicazione alla quale debbo accennare: quella della elevazione della esenzione della imposta di ricchezza mobile C-2. Debbo far rilevare ai colleghi l’ironia anche del nome di questa imposta: «ricchezza mobile».
I lavoratori, oggi, che non hanno una remunerazione sufficiente per assicurare i bisogni più indispensabili della loro esistenza, debbono pagare un’imposta di ricchezza mobile, mentre c’è la miseria permanente, c’è la fame fissa, stabile.
Ora, questa esenzione bisogna elevarla almeno alle 280 mila lire, e con uno sforzo di buona volontà e anche di immaginazione, non sarebbe difficile al Ministero del tesoro di trovare altri strati sociali su cui riversare il peso di questa imposta, di cui noi domandiamo che siano liberati tutti i lavoratori e non soltanto quelli dello Stato e degli enti pubblici.
Passo infine a trattare la questione che riguarda i pensionati. Anche su questo punto diamo atto al Governo della prova di buona volontà che ha dato con le misure che sono state adottate. Ma anche questo è un settore molto doloroso; i miglioramenti sono del tutto insufficienti. Bisogna che il Paese sia richiamato alla necessità di compiere uno sforzo collettivo, che è indispensabile per riuscire ad assicurare a quei lavoratori che hanno onestamente lavorato tutta la vita per sé e per la collettività nazionale, non già una vita agiata, perché questo è impossibile – sarebbe illogico domandarlo – ma un minimo di esistenza tollerabile.
Non si può chiedere a questi vecchi lavoratori di soffrire la fame e di sentire il bisogno di umiliarsi sino a tendere la mano. Bisogna fare qualche cosa di più per i pensionati. Bisogna, in modo particolare, assicurare un più sensibile aumento alle pensioni minime, perché il 15 per cento su pensioni irrisorie porta ad un aumento così irrilevante che potrebbe assumere quasi il carattere di un insulto, il che non è certamente nelle intenzioni del Governo. Bisognerà dunque assicurare alle pensioni minime un aumento superiore al 15 e al 25 per cento, che faccia sentire a quei poveretti che lo Stato ha fatto veramente qualche cosa per loro.
Un ultimo punto: chiedo scusa, signor Presidente. Nel comunicato del Governo, è fatto cenno al licenziamento, nel corso dell’anno, del 5 per cento del personale di ruolo e non di ruolo. L’onorevole Sottosegretario non ne ha parlato in questo momento.
CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Perché nelle tre interrogazioni non era fatto cenno di ciò.
DI VITTORIO. Gli è che noi non potevamo indovinare le intenzioni del Governo e quindi non lo abbiamo interrogato su questo punto; ma, nel comunicato alla stampa, ne è fatto cenno. Ora, io credo che non si possa parlare, nella situazione presente, di licenziamento di nessuno. Oggi la piaga della disoccupazione è già gravissima per il Paese e lo Stato ha il dovere di compiere i maggiori sforzi possibili per attenuare, per guarire questa piaga, e non già per aggravarla.
Anche, infatti, se contenuti nella misura del 5 per cento, tali licenziamenti aggraverebbero la situazione ed io penso che la cosa è tanto più ingiustificata, in quanto oggi vi sono degli uffici pubblici che mancano di personale. È vero che nella maggior parte dei casi vi è esuberanza di personale; però, onorevole Sottosegretario, lei mi dia atto che, per esempio, negli uffici delle pensioni manca il personale, tanto che non si riesce, in un anno, a risolvere la pratica inerente ad una pensione che varrebbe a risollevare una famiglia rimasta in uno stato di completo abbandono.
Ora, se accade questo, prima di parlare di eventuali licenziamenti, bisogna provvedere a soddisfare le esigenze di questi uffici che debbono rispondere a bisogni vitali della Nazione.
Concludendo, la Confederazione generale del lavoro esaminerà tutti questi problemi e riprenderà le trattative con il Governo, per cercare di ottenere una soluzione soddisfacente. Noi ci auguriamo che il Governo voglia continuare gli sforzi necessari per dare a questi lavoratori la soddisfazione che essi meritano. Questo sarà indispensabile per evitare al Paese perturbamenti nei servizi pubblici che potrebbero avere gravi ripercussioni nella vita della Nazione. La Confederazione non mira ad altro che ad ottenere il minimo indispensabile per assicurare al Paese, nelle contingenze gravi del momento, la maggiore normalità nei servizi pubblici. (Applausi).
PRESIDENTE. Poiché gli altri onorevoli interroganti si associano, io penso, alle dichiarazioni fatte dall’onorevole Di Vittorio, si prosegue nelle interrogazioni.
Segue l’interrogazione degli onorevoli Macrelli, Sardiello, Conti, al Ministro di grazia e giustizia, «per conoscere quali provvedimenti intenda adottare, in via d’urgenza, di fronte allo stato di disagio morale e materiale in cui versa la Magistratura italiana».
Sullo stesso argomento sono state presentate anche due altre interrogazioni:
Vigorelli Cairo, Carboni, Filippini, Fietti, Morini, Persico, Bennani, Corsi, Salerno, Pignatari, Calamandrei, al Ministro di grazia e giustizia, «per sapere se non ritenga doveroso ed urgente risolvere la situazione di persistente agitazione della Magistratura, che è stata accentuata dalla perplessità del Governo e determina un aggravamento del doloroso disagio in cui versano gli Uffici giudiziari; e se a tale fine non reputi equo ed opportuno accogliere senz’altro le legittime aspirazioni morali ed economiche ripetutamente espresse dai rappresentanti dei magistrati italiani»;
Caccuri, Gabrieli, al Ministro di grazia e giustizia, «per conoscere se non sia doveroso accogliere con particolare benevolenza il grido di disperazione dei magistrati d’Italia, decisi a tutto in questo momento fuor che a barattare la giustizia e l’onore, di cui si sentono, oggi più che mai, gelosi tutori».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia ha facoltà di rispondere.
MERLIN UMBERTO, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia. È la terza volta che nel giro di poche settimane il Governo deve rispondere ad interrogazioni di onorevoli deputati che domandano quali provvidenze si siano prese, o si intendano prendere per risolvere i gravi problemi morali e materiali che angustiano la Magistratura.
Il Governo ne è lieto perché l’interessamento degli onorevoli deputati dimostra la gelosa cura con cui il potere legislativo vuole difendere e, vorrei dire, appoggiare la libertà, l’indipendenza e la dignità del potere giudiziario.
Ho già detto altre volte e ripeto che il problema morale della Magistratura non può essere risolto dal Governo. Verranno fra breve in discussione davanti a questa Assemblea gli articoli del nuovo Statuto che riguardano la Magistratura. Si tratterà di riconoscerne la piena indipendenza (e su questo punto non vi sono dissensi profondi), si tratterà di rispettarne l’autonomia.
Accettare in pieno la teoria di Montesquieu o riconoscere che essa è superata dal tempo? Io non posso pronunciarmi su questo punto arduo e complesso né il Governo lo può fare. Dovrà decidere la Costituente. I magistrati vorrebbero che subito il Governo modificasse il loro ordinamento giuridico, che risale alla legge fascista del 1923. Ma, mentre il Governo ha già fatto molto con la legge Togliatti del 1946, torno a dire che la complessa questione va risolta dalla Costituente, e poiché l’attesa sarà di pochi giorni, pare a me che questo breve rinvio possa essere sopportato con senso di fiducia verso la Costituente eletta dal popolo.
Ma io so benissimo che la questione più grave è quella del pane quotidiano. Io ho già riconosciuto più volte, davanti a questa Assemblea, che la retribuzione di cui gode la Magistratura non è confacente, non tanto alla sua dignità, al suo prestigio e alla sua indipendenza, quanto alle più elementari necessità della vita. Dir questo era un dovere, ma era anche un dovere aggiungere che noi non possiamo venire incontro ai bisogni dei magistrati con della nuova carta sempre più svalutata. Dobbiamo risanare il bilancio, colmare il deficit, avviarlo al pareggio, e solo allora eventuali miglioramenti costituiranno un beneficio reale.
Ora il Governo, da mesi, aveva deliberato un congruo aumento della indennità di toga e un possibile aumento delle ore straordinarie di lavoro. I magistrati non hanno creduto soddisfacenti questi benefici ed hanno chiesto il raddoppio della indennità di toga con un onere per lo Stato, in aggiunta al precedente, di altri trecento milioni. Nel frattempo batteva alle porte del Governo tutta la categoria degli statali e dei parastatali.
Come ha comunicato in questa stessa seduta il collega Petrilli, il Consiglio dei Ministri, l’altro giorno, ha concesso un miglioramento dello stipendio-base del 15 per cento, ha concesso la revisione e l’aumento dell’indennità di carovita e ancora l’aumento del minimo imponibile esente da ricchezza mobile, portandolo a 150 mila lire. Di tali benefici godranno anche i magistrati, il che compenserà quasi completamente l’aumento della indennità di toga da essi domandato. Naturalmente il Governo emanerà il decreto, già predisposto e trasmesso alla Costituente, per cui i benefici generali si aggiungeranno a quelli particolari già concessi.
Io non posso dire nulla più di questo, né fare promesse che il Governo non potrebbe mantenere. Prego gli onorevoli interroganti di considerare:
1°) che tutta questa tragica situazione finanziaria che ci impedisce di fare quello che il nostro cuore vorrebbe è la triste eredità del fascismo;
2°) che noi, a guardar bene in faccia la realtà, siamo, fra i paesi d’Europa, forse uno dei più fortunati;
3°) che, constatando la tragica situazione degli altri, vi è ragione di conforto e si potrà trarre nuovo stimolo a quella unione di tutte le forze, con la quale potremo risalire dall’abisso in cui, per colpa del fascismo, eravamo caduti.
PRESIDENTE. L’onorevole Macrelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
MACRELLI. Dico subito che non sono soddisfatto della risposta che ha dato l’onorevole Sottosegretario alla giustizia alla mia interrogazione e prendo proprio lo spunto dall’inizio della sua risposta.
Egli ha detto che per la terza volta, nel giro di poche settimane, il Governo è stato chiamato dall’Assemblea Costituente a rispondere su questo problema grave e delicato.
Se è vero che per tre volte i deputati, rappresentanti del Paese in questa Assemblea, hanno creduto opportuno e doveroso richiamare l’attenzione del Governo e sollecitare le sue provvidenze per la classe dei magistrati, significa che il Governo non ha accettato le voci di appello che venivano da tutti i banchi, da tutti i settori dell’Assemblea, significa che i provvedimenti adottati fino ad oggi non corrispondono a quelle che sono le legittime e modeste aspirazioni della Magistratura italiana.
Quello che ha detto oggi l’onorevole Merlin è, in fondo, quello che aveva già dichiarato nelle precedenti sedute e particolarmente in quella del 12 aprile, quando rispose all’interrogazione dell’onorevole Bertini ed altri; anzi ha peggiorato la situazione aggiungendo cose che a noi hanno fatto una sgradita e penosa impressione. Ha dimenticato di dire innanzitutto, l’onorevole Sottosegretario alla giustizia, che le richieste fatte dalla Magistratura, per quanto riguarda la indennità di toga, erano state sottoposte già all’esame della prima Commissione dell’Assemblea in cui sono rappresentati tutti i partiti e tutte le correnti, prima Commissione in cui si è esaminato il problema anche sotto il profilo economico e finanziario.
Il Governo aveva fissato una indennità di toga in queste cifre: da un minimo di 3437 lire per i gradi 10° ed 11° ad un massimo di 6875 per il grado 1°. La rappresentanza dell’Associazione dei magistrati, sentita, con un atto squisitamente e politicamente democratico, dalla prima Commissione, aveva presentato una proposta che noi crediamo equa: minimo di 8000 e massimo di 15.000 lire, per indennità di toga che la prima Commissione dell’Assemblea aveva accolto in pieno, votando un ordine del giorno, che ne raccomandava l’accettazione.
Il Governo ha risposto con un no categorico e reciso, proprio nella ultima riunione di sabato scorso, se non erro. Ed oggi voi avete sentito, onorevoli colleghi, la risposta che ha dato il Sottosegretario alla Giustizia, il quale ha aggiunto che l’argomento sarà trattato in un altro momento ed in un’altra sede; è quindi un nuovo rinvio di quelle che sono le legittime richieste della Magistratura.
Ma l’onorevole Merlin, o meglio il Governo e soprattutto il Ministero della giustizia, dimentica una certa relazione che pure dovrebbe essere nota, specialmente quando si ha il dovere e l’obbligo di venire davanti all’Assemblea a portare cifre e cose concrete. È una relazione del vostro Ministero, sia pure di altra data: risale abbastanza lontano nel tempo. Le cifre saranno modificate, saranno variate: ma in senso peggiore. La relazione del Ministero della giustizia a proposito del trattamento economico dei magistrati fa questi rilievi che sono sintomatici, eloquentissimi, e sui quali richiamo non solo l’attenzione del Governo, che mi pare sia limitata sotto questo aspetto, ma l’attenzione dell’Assemblea Costituente. Il trattamento economico dei magistrati in Italia è inferiore dal 15,56 per cento al 22,36 per cento rispetto ai funzionari di pubblica sicurezza, dal 12,37 al 25 per cento rispetto agli ufficiali dell’esercito; dal 38 al 40 per cento rispetto agli ufficiali dei carabinieri. La relazione poi fa una statistica in raffronto a quelle che sono le condizioni economico-finanziarie della Magistratura negli altri paesi. Si parla, per esempio, del 19,81 per cento al 38 per cento in meno rispetto all’Olanda; del 28 al 53 per cento in meno rispetto alla Svizzera; e così di seguito. Ma c’è un rilievo grave e importante, ed è questo: che uno stanziamento di 215 milioni (parliamo del 1940) per il personale e per spese di ufficio corrispondeva allora a 460 milioni in cifra tonda, i quali coprivano quasi per intero l’onere complessivo di bilancio.
MERLIN UMBERTO, Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia. Però è superato.
MACRELLI. Lo avete superato in peggio, onorevole Merlin. Fate pure i rapporti dal 1940 al 1947 e voi vedrete – ed è una constatazione di fatto che potete compiere – che il bilancio della giustizia è l’unico bilancio attivo che può permettere ancora al Governo quelle elargizioni e quelle provvidenze che i magistrati richiedono. Ma, aggiunge l’onorevole Sottosegretario: «noi abbiamo dato l’indennità di carica; noi abbiamo aggiunto le ore straordinarie»; le indennità di carica valgono per tutti i funzionari; per le ore straordinarie si è fatto una specie di forfait da 30 a 60 ore, e si è detto: «è già un privilegio, perché i magistrati non hanno un orario di ufficio». Ma, onorevole Merlin, mi rivolgo a lei; lei esercita la professione come me e come altri che hanno firmato le interrogazioni. Noi viviamo continuamente, a contatto quotidiano con i magistrati, soprattutto nelle nostre città di provincia, e sappiamo quale vita conducano: orario di ufficio pesantissimo, udienze civili, udienze penali, istruttorie civili, istruttorie penali e non basta: lavoro a casa nelle ore che dovrebbero dedicarsi alla famiglia, al riposo, allo studio. Le condizioni della Magistratura italiana sono tanto umilianti che noi assistiamo a questo doloroso fenomeno, che non vorrei chiamare fenomeno, perché è la conseguenza delle condizioni in cui vivono i nostri giudici: si verifica un esodo continuo di magistrati che preferiscono affrontare la vita in un’altra maniera: lasciare la toga di magistrato per rivestire quella dell’avvocato o per darsi ad altra professione.
Preoccupiamoci di questo, signori del Governo, e non soltanto dal punto di vista economico, ma soprattutto dal punto di vista morale. Perché la Magistratura non chiede soltanto delle migliori condizioni materiali, ma, innanzi tutto, delle migliori condizioni morali.
Alle ripetute domande risponde oggi il Governo per bocca dall’onorevole Merlin con un «fine di non ricevere»: discuterà l’Assemblea Costituente. Sta bene, discuteremo. Ma quando, e come, e quale soluzione troveremo?
L’onorevole Marlin ha accennato a quel famoso decreto di intonazione e di spirito nettamente fascista che è il decreto dell’11 novembre 1923.
Purtroppo, alla distanza di 24 anni, ancora oggi, in regime democratico repubblicano, nonostante la nuova atmosfera, si mantiene questo decreto che rappresenta la violazione più patente e più profonda dei diritti della Magistratura italiana.
Bisogna che il Governo si convinca, e si convincano i colleghi, che i magistrati non sono i soliti impiegati di cui si è parlato e si parla continuamente. I magistrati fanno parte di un organo speciale, fanno parte di un potere dello Stato. Lasciamo andare la teoria di Montesquieu: esaminiamo il problema così come si presenta al nostro spirito e alla nostra intelligenza. Bisogna cancellare quel decreto, bisogna mettere i magistrati nella condizione di compiere onestamente la loro funzione per il nostro Paese e per la giustizia.
Certo è che quando dal banco del Governo non si sentono soltanto le parole dell’onorevole Merlin, ma anche quelle di un Ministro che ha detto quel che avete sentito l’altro giorno, noi abbiamo il diritto e il dovere di protestare a nome della Magistratura italiana e degli avvocati italiani.
Ricordatevi che se ci sono stati i casi Pilotti, e se anche qualche giudice ha male applicato una amnistia male data e male congegnata, ci sono magistrati, specialmente fra i giovani, che guardano con fiducia alla nuova democrazia della Repubblica italiana. Dobbiamo andare incontro a questi magistrati che difenderanno domani la libertà del nostro Paese attraverso la giustizia. (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Vigorelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
VIGORELLI. Non ho bisogno di aggiungere altro a quanto ha detto l’amico Macrelli. Desidero soltanto unire la protesta mia e dei compagni che hanno firmato la mia interrogazione, alla protesta dell’onorevole Macrelli. Voglio anche fare testimonianza, come avvocato, che ingiustamente qui dentro si afferma che i magistrati siano reazionari, o siano insensibili a quelle che sono le nuove situazioni determinatesi dopo l’avvento della Repubblica nel nostro Paese.
CLERICI. Lo avete sempre detto voi da quella parte.
VIGORELLI. Io non ho mai detto cose simili e posso assicurare che nessuno del mio Gruppo le ha mai pensate. (Interruzioni).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non interrompano.
VIGORELLI. La Magistratura, qui dentro, fino adesso, l’abbiamo sentita ingiuriare soltanto dal banco del Governo e non è esatto che da questi banchi si sia applaudito. (Interruzioni al centro).
Comunque, non soltanto non abbiamo applaudito, ma, per mia voce, il mio gruppo dichiara e ripete la sua protesta contro questo giudizio e invita ancora una volta il Governo a provvedere. La nostra interrogazione chiedeva «se il Governo non ritenga doveroso e urgente risolvere la situazione di persistente agitazione della Magistratura». Ora su questo punto non abbiamo inteso una parola: sicché l’agitazione continuerà, e ancora una volta si dovrà dire che i responsabili non ne saranno i giudici, i quali hanno dimostrato fin qui una grande sopportazione, ma il Governo, che si assume questa ulteriore responsabilità, perché non comprende come, mentre i professori possono dare lezioni private, mentre gli stessi cancellieri e ufficiali giudiziari hanno particolari diritti che ne arrotondano i compensi, mentre tutti gli impiegati in un modo o nell’altro possono migliorare con particolari attività la loro situazione economica, i giudici sono legati materialmente e moralmente al loro ufficio, che per essere il più alto di tutti è anche quello che maggiormente li impegna. Noi chiediamo a questi, che non sono funzionarî come gli altri, di dare l’esempio della dirittura e della comprensione e nel tempo stesso neghiamo loro persino il riconoscimento più semplice ed umano dei loro diritti. Da questi banchi, io desidero che vada alla magistratura italiana l’espressione della nostra cordialità e della nostra solidarietà.
PRESIDENTE. L’onorevole Caccuri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
CACCURI. È ovvio dire che nemmeno io posso dichiararmi soddisfatto per quanto riguarda le rivendicazioni economiche della magistratura, che praticamente non vede accolte le sue richieste. Vorrei che il Governo si preoccupasse seriamente della insostenibile situazione economica dei magistrati. Vorrei che avesse piena comprensione per questa categoria di funzionari, la sola che non percepisce proventi straordinari, che vive, soltanto dello stipendio, che, per divieto espresso dell’ordinamento giudiziario, non può esplicare alcuna attività lucrativa al di fuori dell’impiego e che pur ha particolari esigenze di dignità e di prestigio per l’esplicazione della sua altissima funzione. Quando invero, onorevoli colleghi, si vede un magistrato, per l’impossibilità di pagare una domestica, andare in giro con la borsa della spesa nei mercati o a pranzare con la famiglia nelle mense popolarissime o peggio ancora con le scarpe rotte e i pantaloni rattoppati nelle aule di udienza, si sente evidentemente menomato il decoro stesso dell’Amministrazione della giustizia e si crea nel contempo, attorno a questa categoria di funzionari che pur nella generalità compie in pieno il proprio dovere, una ingiusta atmosfera di diffidenza e di sospetto. Vorrei pertanto che il Governo affrontasse in pieno e risolvesse il tormentoso problema economico della magistratura, che è problema tutto particolare e che si riflette sull’intero andamento della giustizia. Se esigenze di bilancio non lo consentono, si accolga almeno la richiesta della Cassa per i magistrati, che dovrebbe essere costituita da una particolare tassa di sentenza a carico dei privati, senza alcun aggravio per lo Stato.
E vorrei, nel contempo, onorevoli colleghi, che – come bene ebbe a dire ieri l’altro il collega Scalfaro – anche da questa Aula giungesse l’eco di una parola di fede e di incoraggiamento per quei magistrati che assolvono il loro difficile compito con abnegazione vera; che, pur fra tanta corruttela, si gloriano della loro miseria e sanno tener alta la dignità e l’onore nel diuturno travaglio della vita giudiziaria, anche fra gli spasimi della sofferenza e della fame.
E vorrei ancora che tutti, senza distinzione di partiti, concorressimo sinceramente a mantenere alto il prestigio della magistratura che – credetelo, onorevoli colleghi – compie diuturnamente episodi, spesso ignorati, di vero eroismo, per mantenere fede ad una tradizione di dirittura e di indipendenza e per resistere a tutte le pressioni; di questa magistratura alla quale, onorevoli colleghi, ho anch’io l’onore di appartenere e alla quale la parte sana del popolo italiano, in mezzo a tanto disfacimento morale, guarda ancora oggi con fiducia e con simpatia, guarda come ad un baluardo di libertà e di giustizia, senza cui non vi può essere né civiltà, né Stato, né democrazia degna di questo nome. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Morini e Sampietro, al Governo, «per sapere se è a conoscenza che nelle grotte del Colle Oppio e di Piazza Consolazione vivono numerose famiglie sinistrate in condizioni di vita trogloditica; e per conoscere quali provvedimenti immediati intende prendere per eliminare questa vergogna».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.
CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Sono stati eseguiti immediatamente accertamenti sulla situazione segnalata dagli onorevoli interroganti, e posso assicurare che è stato disposto di urgenza che i 59 senza tetto attualmente rifugiati nelle grotte di Piazza della Consolazione e del Colle Oppio vengano, nel giro di pochi giorni, sistemati altrove a cura dell’Ente comunale di assistenza.
PRESIDENTE. L’onorevole Morini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
MORINI. Mi dichiaro pienamente soddisfatto delle dichiarazioni rese dal rappresentante del Governo, in quanto la rapidità con cui si è agito dimostra che il Governo si è reso conto di una situazione che era assolutamente insostenibile.
PRESIDENTE. Segue un’altra interrogazione dell’onorevole Morini, al Governo, «per conoscere se le disposizioni, in corso di studio e riguardanti il pagamento dei debiti delle formazioni partigiane nel periodo della lotta di liberazione, sono comprensive anche del pagamento dei debiti assunti dai vari C.L.N. provinciali e comunali – regolarmente costituiti – per la lotta di liberazione, nonché per i provvedimenti e gli atti di assistenza ai partigiani ed alle vittime delle rappresaglie nazi-fasciste anche nel periodo immediatamente successivo alla liberazione».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’assistenza ai reduci e ai partigiani ha facoltà di rispondere.
MOSCATELLI, Sottosegretario di Stato per l’assistenza ai reduci e ai partigiani. Lo schema di provvedimento legislativo per la liquidazione, a carico dello Stato, dei debiti contratti dalle formazioni partigiane durante la lotta di liberazione, è stato già elaborato, d’intesa con le varie Amministrazioni interessate. È quindi da prevedere che esso possa essere, tra breve, sottoposto all’approvazione del Consiglio dai Ministri.
L’oggetto del provvedimento è costituito dalle obbligazioni, in danaro o in natura, che i comandanti delle formazioni partigiane dovettero contrarre nel corso della lotta di liberazione, al fine di procacciarsi i mezzi indispensabili per il sostentamento delle formazioni stesse ed in relazione alle molteplici esigenze che si andavano via via manifestando. Il provvedimento non riguarda, invece, le irregolari occupazioni di immobili e gli irregolari od abusivi prelevamenti di cose mobili. Il legislatore è già intervenuto a disciplinare questa materia (decreto legislativo 6 settembre 1946, n. 226) comprendendo tali occupazioni e prelevamenti tra i fatti di guerra, ai fini del risarcimento di danni ad essi conseguiti.
Le disposizioni in corso non contemplano espressamente le obbligazioni che siano state assunte dai Comitati di Liberazione Nazionale per finanziare l’attività partigiana. Ma, naturalmente, se ed in quanto trattisi di somme destinate alle formazioni e impiegate ai fini della lotta di liberazione, le obbligazioni contratte dai Comitati di Liberazione Nazionale non differiscono da quelle che vennero direttamente assunte dai comandanti partigiani. Di conseguenza, i singoli interessati potranno ottenere la liquidazione dei loro conti nei limiti e con le modalità previste dall’emanando provvedimento.
Peraltro, lo schema esclude espressamente da ogni rimborso le prestazioni avvenute in forza di tassazioni disposte dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, dopo il riconoscimento di esso da parte del Governo italiano. Non sarebbe, quindi, ammissibile che lo Stato considerasse oggi come un suo debito le somme o i beni in natura corrisposti in base al suddetto titolo, cioè in adempimento di un dovere tributario.
L’esclusione è fondata sulla considerazione che siffatte prestazioni debbano ritenersi quali contribuzioni imposte da un legittimo organo dello Stato. Tale infatti deve considerarsi il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia nell’ultima fase della guerra, dopo la delega dei poteri che ebbe dal Governo.
Quanto alle obbligazioni assunte per attività di carattere assistenziale, esse potranno rientrare nella sfera del provvedimento in esame, solo quando risultino strettamente collegate ai fini della lotta di liberazione.
PRESIDENTE. L’onorevole Morini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
MORINI. Contrariamente alla prima interrogazione, non posso dichiararmi per nulla soddisfatto delle dichiarazioni rese dal Governo, e sono convinto che il primo a non essere soddisfatto di questa risposta sia l’onorevole Sottosegretario che mi ha dato la risposta stessa, se si rende conto – e non può non rendersi conto – della situazione che si è venuta a creare e che si trascina da circa due anni.
Il problema che ho sottoposto all’esame del Governo è duplice: estensione del provvedimento che il Governo stava prendendo a favore dei debiti assunti dalle formazioni, anche ai Comitati di liberazione nazionale; estensione di questi provvedimenti oltre la data di liberazione; estensione, quindi, cronologica la seconda, estensione di competenza la prima.
Sul primo punto io mi permetto di far presente che non è sufficiente il dire che si ritiene che anche i debiti dei C.L.N. fino al 25 aprile rientreranno nelle disposizioni che stabiliscono il pagamento dei debiti delle formazioni, in quanto ciò sarà fonte di nuove contestazioni; e se il Governo è in quest’ordine di idee, sarà opportuno che stabilisca espressamente nella norma questa estensione e questa specificazione.
Per quanto riguarda l’altra questione, siamo nettamente di parere opposto. Non è assolutamente possibile fermare al 25 aprile la liquidazione dei debiti dei C.L.N., perché al 25 aprile, per molti C.L.N., è incominciato proprio il periodo in cui sono aumentati i debiti, perché le formazioni partigiane sono scese dalle montagne; si sono sparpagliate nei vari paesi e si sono date alla caccia delle varie formazioni nazifasciste, e i numerosi C.L.N. sono entrati in azione cercando di mantenere e sussidiare queste formazioni. In quel momento si dovettero assumere fortissimi debiti e una parte di questi debiti non sono stati pagati ancora.
In base a quale criterio si può fare distinzione tra azioni compiute prima del 25 aprile ed azioni immediatamente successive al 25 aprile stesso? Non riesco a comprenderlo. Vi furono poi altre forme di assistenza che i C.L.N. hanno dato alle formazioni dei partigiani: assistenza alle famiglie colpite dalle rappresaglie nazifasciste, assistenza ai partigiani stessi nel periodo delicatissimo in cui svestivano la divisa per rientrare nella vita normale borghese ed avevano bisogno almeno di un piccolo aiuto, talora limitato ad un paio di scarpe e ad un vestito perché la maggior parte dei partigiani tornava dalle montagne senza più nemmeno un vestito borghese da indossare.
Se non ci rendiamo conto, e mi rivolgo soprattutto agli uomini che provengono dalla resistenza e che siedono in questa Assemblea, della necessità di impedire ed eliminare l’inconveniente gravissimo di fronte al quale noi oggi ci troviamo – del contrasto cioè tra coloro che, rispondendo alle richieste dei C.L.N., hanno fornito materiali e merci ai partigiani e alle loro varie formazioni, ed i C.L.N. stessi che, talora per calcoli errati delle loro disponibilità, non ebbero più liquidi – se non ci rendiamo conto, ripeto, di questa situazione incresciosa che ha portato, e porta tuttora, a numerose vertenze giudiziarie ancora in corso, vuol dire che non ci rendiamo conto neppure del grave discredito che portiamo al movimento della resistenza, dando così un ben triste esempio.
PRESIDENTE. La prego, onorevole Morini, concluda!
MORINI. Concludo subito signor Presidente: è una questione importante che richiede la particolare attenzione del Governo, i cui poteri sono derivati dal suo padre diretto, il C.L.N., affinché il Governo stesso non si renda colpevole di una grave azione verso questo suo padre. È anche una questione di diritto sostanziale: questi debiti debbono essere assolutamente pagati. Prego l’onorevole Moscatelli di rendersi interprete specialmente presso i membri del Governo che provengono dalla resistenza, affinché venga sollecitata l’emanazione da parte del Governo stesso di questo atto di giustizia. (Applausi).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Lucifero, al Ministro dell’interno «per conoscere per quali ragioni non si sono ancora indette le elezioni comunali nella città di Roma; protraendosi così la anormale situazione che fa sì che, fra tutte le grandi città d’Italia, proprio la Capitale sia la sola a non avere una Amministrazione democraticamente eletta».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.
CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Le elezioni amministrative a Roma non si sono potute fino ad oggi fissare perché era in corso la revisione delle liste elettorali. Ultimata la revisione, non vi è ragione tecnica che legittimi il rinvio delle elezioni.
Il Consiglio dei Ministri, come è stato reso noto alla stampa, si è recentemente occupato della questione, data l’importanza di carattere politico che essa riveste, ed ha deciso che le elezioni nel Comune di Roma si tengano entro il mese di giugno, lasciando al Ministro dell’interno di fissare il giorno, in relazione anche alla data della chiusura delle scuole.
PRESIDENTE. L’onorevole Lucifero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
LUCIFERO. Da quanto ha detto l’onorevole Sottosegretario di Stato potrei creare l’anomalia che finalmente un uomo dell’opposizione si dica soddisfatto delle dichiarazioni del Governo, di cui i partiti governativi non sono soddisfatti mai. Avrei, però gradito che l’onorevole Sottosegretario di Stato ci avesse detto il giorno.
CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Entro il 20 di giugno.
LUCIFERO. Le buone intenzioni del Consiglio dei Ministri sono come certe cambiali, che alla scadenza si rinnovano. Quindi, il fatto che si dica: «entro giugno», ha un’importanza relativa perché ho sentito dire tante volte: entro maggio, entro giugno ecc., e poi non è mai successo niente. La mia insoddisfazione si limita perciò al fatto che vorrei avere la certezza della data, perché il 7 luglio scade un termine, e quindi le elezioni si debbono fare prima del 7 luglio.
CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. La sua è una soddisfazione, quindi, con beneficio di inventario.
LUCIFERO. Spero, comunque, che il Governo manterrà, una volta tanto, il suo impegno.
CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo manterrà il suo impegno.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Benedettini, Miccolis, Cicerone, Fresa, Lagravinese Pasquale, Condorelli, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro della pubblica istruzione, «per sapere per quali motivi il Governo lasci passare intenzionalmente sotto silenzio, e nel Paese, e nelle scuole, e nelle Accademie, e alla R.A.I., e in quello che si chiama «Istituto di studi romani» una data come quella del 21 aprile, in cui cade esattamente e per la prima volta dall’unificazione d’Italia, un centenario (il 27°) della fondazione di Roma. Data che è ricordata in tutto il mondo civile e che appartiene a noi più che agli altri e che non sembra giusto passi inosservata per il solo fatto che il passato regime ne faceva notoriamente oggetto di speculazione politica. Ciò si chiede anche perché risulta che la R.A.I. ha respinto con meschini pretesti ogni tempestiva proposta a che la storica ricorrenza venisse, almeno, segnalata dalle trasmittenti romane».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.
BERNINI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Premesso che, per quanto si riferisce alla mancata segnalazione da parte delle trasmittenti romane di un qualsiasi accenno alla ricorrenza centenaria della fondazione di Roma, la questione esula dalla competenza del Ministero della pubblica istruzione, in quanto, com’è noto, la R.A.I. non fa capo al Ministero stesso; e che, per quanto riguarda le Accademie in genere e l’Istituto di Studi Romani in particolare, trattasi di Enti che, pur dipendendo dal Ministero stesso, agiscono, nel campo delle iniziative del genere, indipendentemente da istruzioni ministeriali, dato il carattere di libertà accademica che loro è particolare, resta l’aspetto strettamente scolastico della questione. A tale proposito si fa presente che, esclusa la possibilità di concedere per la ricorrenza un giorno di vacanza, dato che cadevano nello stesso periodo altri giorni festivi, quali l’anniversario del 25 aprile e la festa del lavoro, si è preferito lasciare le eventuali commemorazioni della ricorrenza alle particolari iniziative dei capi di istituti e dei docenti, senza impartire alcuna esplicita istruzione al riguardo.
Per conto mio, dato che, sia pure modestamente, ho dedicato tutta la mia vita allo studio del latino e dell’antica civiltà latina, madre di tutte le civiltà, ed in particolare della nostra, credo opportuno di poter aggiungere che la libertà e la spontaneità di cui sopra, danno, a mio parere, alla commemorazione della grande data un carattere che tende a differenziarsi, nel modo più reciso, da quella che gli stessi onorevoli interroganti giudicano speculazione politica sul 21 aprile, fatta dal fascismo.
PRESIDENTE. L’onorevole Benedettini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
BENEDETTINI. Sono dispiacente di dover dichiarare all’onorevole Sottosegretario per la pubblica istruzione che, ovviamente, non posso essere soddisfatto della sua dichiarazione perché, sorpassando pure tutte le considerazioni fatte a proposito delle accademie, della scuola, della R.A.I. alla quale, tra parentesi, mi risulta essere stata data disposizione tassativa perché non si facesse nessun cenno della ricorrenza grandiosa di cui si trattava… (Commenti a sinistra – Interruzioni).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non interrompano.
BENEDETTINI. …non ritengo sia una giustificazione il fatto che il passato regime poteva fare una speculazione politica di questa data: se la ricorrenza del Natale di Roma appartiene al mondo intero, a maggior ragione appartiene a noi romani che, per la prima volta dall’unificazione d’Italia, abbiamo l’occasione di vedere ricordata qui, nel ventisettesimo centenario, questa ricorrenza.
A parte questo, prego il Governo, se effettivamente si vuole in Italia raggiungere quella pacificazione che significa superamento di tutti i preconcetti, di non permettere che considerazioni di questo genere influiscano nelle determinazioni da prendere, perché, se c’è qualche partito che cerca, con imposizioni e con azioni più o meno dirette, di minacciare lo svolgimento normale dell’attività dello Stato, ne va tenuto profondamente conto. (Commenti a sinistra).
Noi abbiamo visto e sappiamo che oggi il popolo non gradisce queste minacce; il popolo non chiede che siano fatte imposizioni di azioni dirette più o meno, con gli episodî che disgraziatamente abbiamo avuto a deplorare in questi ultimi tempi.
Bisogna riportare la libertà vera in tutti i settori… (Interruzioni a sinistra).
BENEDETTINI. …e dobbiamo volere che anche in questa Assemblea, dove non sempre si può dire quello che si pensa, o per disciplina di partito o per convenienza…
PRESIDENTE. Onorevole Benedettini, ma questo non riguarda la sua interrogazione.
BENEDETTINI. Onorevole Presidente, abbiamo avuto anche qui delle prove di ciò che dico; permetta una parola per rispondere ad alcuni colleghi dell’altra sponda. Qui abbiamo visto, quando si è discussa la questione dell’ordine del giorno dell’onorevole Rocco Gullo…
UBERTI. Che cosa c’entra questo?
BENEDETTINI …mentre ufficialmente l’Assemblea era quasi totalitariamente contraria alla proposta dell’onorevole Gullo, un voto soltanto nello scrutinio segreto ha determinato la disapprovazione dell’ordine del giorno Gullo. (Rumori – Proteste a sinistra).
Questo significa che molti non hanno il coraggio di dire apertamente quello che pensano e fra quello che si dice e quello che si fa c’è evidentissimo contrasto. Noi dobbiamo permettere al popolo italiano di esprimersi liberamente al di fuori dalle imposizioni e dalle intimidazioni. Ed io credo e spero che nella prossima Assemblea legislativa venga gente che sia libera da impacci e che abbia il coraggio civile di dire liberamente quello che pensa. Questo vuole il popolo italiano. Non credo quindi che il Governo, accettando un’imposizione più o meno larvata da parte di partiti interessati, abbia fatto bene con il dare ordine che passasse sotto silenzio la data del 21 aprile.
Io mi auguro che i sentimenti di pacificazione siano effettivamente sentiti e, se la guerra civile, come è stato dichiarato… (Rumori a sinistra).
PRESIDENTE. Ma questo non ha che fare con la sua interrogazione, onorevole Benedettini.
BENEDETTINI …come è stato dichiarato dai comunisti, e precisamente dal così detto colonnello Valerio, dovrà scoppiare, ed essi non la temono, noi diciamo altamente che tanto meno la temono gli italiani che osano amare la Patria al di sopra dei propri partiti.
Quindi mi auguro che questo sistema della paura sia abbandonato. Noi non abbiamo paura di nessuno. Noi dobbiamo riportarci all’amore e non all’odio, perché gli italiani sono stufi di guerre, di vendette, di sangue, di azioni violente. L’Italia si ricostituirà quando un fronte nazionale unirà tutti gli italiani in amore ed accordo, al di fuori di tutte queste imposizioni che oggi vengono a sfasare anche le cose più belle, come poteva essere quella della ricorrenza del Natale di Roma, al di fuori e al di sopra di ogni questione politica.
PRESIDENTE. È così trascorso il tempo assegnato alle interrogazioni.
Interrogazioni con richiesta di risposta urgente.
PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta a d’urgenza:
«Al Ministro dell’interno, per sapere se e quali responsabilità siano state accertate nella gestione dell’amministrazione dell’ospedale «San Carlo» a Potenza di cui sono state clamorosamente denunziate le irregolarità da un suicidio, dall’arresto del direttore amministrativo, da ammanchi per milioni; se non creda urgente, improrogabile, rimuovere l’avvocato Pagliuca dal posto di presidente del Consiglio d’amministrazione, già commissario per oltre tre anni, su cui ricade, con ogni certezza, almeno la responsabilità morale di gravi irregolarità e di rimuoverlo da Presidente della deputazione, che illegittimamente detiene in dispregio della volontà popolare che ha battuto il Pagliuca, prima nelle elezioni amministrative nel proprio mandamento e successivamente nelle elezioni politiche in tutta la regione.
«Reale Vito».
«Al Governo, per sapere in quali modo e con quali mezzi, intenda aiutare il professor Guarnieri affinché la fabbricazione e lo sfruttamento del farmaco anticancerogeno «F A 2» vengano assicurati all’Italia e sottratti, quindi, alla speculazione di gruppi affaristici stranieri.
«Morini, Paris».
«Al Ministro dei trasporti, per conoscere il perché del mancato, promesso miglioramento delle comunicazioni ferroviarie tra la Capitale e le Puglie a partire dal 4 maggio corrente; e se il risentimento di quelle popolazioni meridionali trovi giustificazione nella ormai superata disparità di trattamento fra Nord e Sud.
«Miccolis, Rodi, Perrone Capano, Cicerone, Recca, Reale Vito, Colitto, Caccuri».
«Al Ministro della difesa, per sapere quali provvedimenti intenda prendere onde eliminare la situazione anormale ed insostenibile che si è creata a Siena, in seguito al persistente e non giustificato atteggiamento del comandante di territorio di Firenze generale De Simone, il quale si oppone alla rimozione dei poligoni di tiro di Pescaia, situati nell’abitato della città, costituenti continui pericoli, disturbi e malcontento nei cittadini e rendendo tesi i rapporti tra la popolazione e il nuovo esercito repubblicano italiano. Tali poligoni possono agevolmente essere trasferiti nei poligoni di Petruccio, Montarioso e Pieze al Bozzone, distanti pochi chilometri di ottime strade. La opposizione del generale De Simone è quanto mai inopportuna, in quanto sembrava che lo stesso Ministero della difesa avesse nel passato riconosciuto giustificate le lamentele del pubblico, ed avesse deciso la rimozione dei poligoni, e tutte le altre autorità italiane ed alleate, civili e militari, si sono espresse in più occasioni favorevolmente ai desideri della popolazione.
«Monticelli».
Chiedo al Governo quando intende rispondere.
BERNINI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Il Governo si riserva di far conoscere quando potrà rispondere a queste interrogazioni.
COLONNETTI Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLONNETTI Nella seduta dell’11 aprile ho presentato un’interrogazione al Ministro della pubblica istruzione riguardante i professori universitari, che poneva un problema, parallelo a quello dei magistrati, che in quella seduta era stato discusso dal Sottosegretario Umberto Merlin.
Oggi si è parlato dei magistrati, ma di questa questione dei professori universitari non si è fatto cenno e io non ho avuto alcuna risposta.
Faccio istanza a lei, signor Presidente, perché a quell’interrogazione sia riconosciuto il carattere d’urgenza ed al Sottosegretario per l’istruzione perché, d’accordo col Ministro, voglia farla inserire nell’ordine del giorno della prossima seduta.
BERNINI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Io credo che il Ministro non avrà nulla in contrario perché a questa interrogazione sia riconosciuto il carattere di urgenza.
MICCOLIS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICCOLIS. C’è un volume di interrogazioni, alcune delle quali sono da considerare anche urgenti e alcune delle quali sono datate fin dal luglio scorso. Io mi azzarderei a proporre che i Ministri competenti vogliano rispondere almeno per iscritto.
PRESIDENTE. Onorevole Miccolis, si possono segnalare quelle ritenute urgenti perché siano iscritte all’ordine del giorno. Le faccio rilevare che nella seduta di stamane ne abbiamo esaurito un notevole numero. Comunque le interrogazioni possono essere ripresentate con richiesta di risposta scritta.
COCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COCCIA. Ho presentato da tempo al Presidente del Consiglio e al Ministro del tesoro una interpellanza.
PRESIDENTE. Avverto che una prossima seduta sarà interamente dedicata allo svolgimento delle interpellanze.
FOGAGNOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FOGAGNOLO. Ho presentato una interrogazione, con richiesta d’urgenza, relativa alla liquidazione delle pensioni di guerra.
PRESIDENTE. In questa materia sono state presentate varie interrogazioni, che saranno raggruppate e poste all’ordine del giorno di una prossima seduta.
PETRILLI, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Il Governo è pronto a rispondere, nella seduta che sarà fissata per lo svolgimento delle interrogazioni.
CIANCA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIANCA. Anch’io ho presentato, con l’onorevole Calamandrei, una interrogazione riguardante i professori universitari. Rivolgerei preghiera all’onorevole Presidenza di volerla considerare urgente.
PRESIDENTE. L’onorevole Colonnetti ha già sottolineato l’urgenza di questo argomento.
BERNINI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Il Governo è pronto a rispondere e attende che l’interrogazione sia posta all’ordine del giorno.
MORINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORINI. Chiedo al Ministro dell’interno quando intende rispondere ad una interrogazione relativa alla «Sisal», dato che tanti milioni ogni settimana invece di andare al «Coni» vanno a detta società.
CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Risponderò appena l’interrogazione sarà inscritta all’ordine del giorno. C’è un provvedimento legislativo in materia.
La seduta termina alle 12.50.