ASSEMBLEA COSTITUENTE
CVIII.
SEDUTA ANTIMERIDIANA DI SABATO 3 MAGGIO 1947
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TUPINI
INDICE
Congedo:
Presidente
Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno:
Presidente
Disegno di legge: Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale (Seguito della discussione):
Presidente
Gullo Rocco
Giannini
Macrelli
Pera
Proia
Fogagnolo
Bibolotti
Einaudi
Vernocchi, Relatore
Cappa, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Cianca
Corbino
Lussu
Interrogazioni con richiesta d’urgenza:
Presidente
Carpano Maglioli, Sottosegretario di Stato per l’interno
Interrogazioni e interpellanza (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 10.
DE VITA, Segretario, legge il processo verbale della seduta antimeridiana del 30 aprile.
(È approvato).
Congedo.
PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il deputato Foa.
(È concesso).
Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno (Doc. IlI, n. 3-bis).
PRESIDENTE. La Giunta delle elezioni, nella sua relazione, propone la convalida dell’onorevole Carmine De Martino.
Se non vi sono osservazioni, metto a partito questa proposta.
(È approvata).
Seguito della discussione del disegno di legge: Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale (12).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale (12).
É pervenuta alla Presidenza una proposta di sospensiva, firmata dai deputati: Pera, Gullo Rocco, Canepa, Caporali, Villani, Binni, Persico, Di Gloria, Preti, Bennani, Saragat, Grilli, Morini, Chiaramello, Mazzoni, Taddia, Bianchi Bianca, Paris, Zagari, Filippini, Tremelloni, Zanardi, Ruggiero, Foa, Nasi, Cianca, Schiavetti, D’Aragona, Lami Starnuti, Ghidini, Veroni, Piemonte, Treves, Canevari, Matteotti Matteo, Salerno, De Mercurio.
Procedo all’appello dei firmatari della proposta.
(Segue l’appello).
Onorevoli colleghi, ho proceduto all’appello dei firmatari della proposta di sospensiva per accertare se quindici di essi – come è richiesto dal Regolamento – siano presenti. Poiché ne risultano presenti solo undici, la proposta di sospensiva non può esser messa in discussione.
GULLO ROCCO. Chiedo di parlare per mozione d’ordine.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GULLO ROCCO. È perfettamente vero che fino a questo momento non sono presenti quindici firmatari della proposta di sospensiva, ma è anche vero che, purtroppo, non sono presenti anche moltissimi membri dell’Assemblea Costituente. Ora nessuno oserebbe in questo momento chiedere la verifica del numero legale che porterebbe alla constatazione che il disegno di legge non si può discutere per mancanza di detto numero legale. Cerchiamo quindi di metterci d’accordo, se possibile, e cioè rinviare, sia pure per pochi minuti, la discussione, in maniera che la proposta di sospensiva possa avere il numero legale di firmatari.
PRESIDENTE. I firmatari possono sempre riproporre in sede di discussione di merito la proposta di sospensiva. Comunque le faccio presente che la constatazione del numero legale lei può chiederla soltanto al momento in cui si sta per procedere ad una votazione.
Riprendiamo, pertanto, la discussione del disegno di legge.
È iscritto a parlare l’onorevole Giannini. Ne ha facoltà.
GIANNINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, su questa legge della cinematografia mi ero preparato per parlare a lungo, ma mi pare sia meglio sbrigarci subito, senza perderci in chiacchiere, senza fare un esame approfondito di quello che più interessava il mio spirito: cioè il contenuto artistico e industriale del cinematografo.
Desidero innanzi tutto dire una parola sulla proposta di sospensiva della discussione.
Questa legge è stata progettata allo scopo di far riprendere l’attività dell’industria cinematografica italiana. La legge non ha pretese. Avrebbe bisogno di grandi è radicali ritocchi, ma devo rendere omaggio a un collega col quale non troppo spesso mi trovo d’accordo, l’onorevole Di Vittorio, il quale, nella seduta precedente a questa in cui si parlò di cinematografia, raccomandò caldamente l’approvazione della legge allo scopo di far riaprire i cantieri e dar lavoro a tutti gli artisti e a tutte le maestranze che lavorano in cinematografia. Vi dirò che il mio intervento in quella discussione, fatto allo scopo di chiarire certi particolari che ora accennerò, mi ha procurato l’interessamento di tanta gente che mi ha scritto e di tanti amici del cinematografo che son venuti a parlarmi. Potrei discutere per due ore su questo argomento. Spero che l’Assemblea mi sarà grata per il fatto che le risparmio queste due ore. Domenica scorsa ho pregato alcuni amici di riunirsi con me al teatro «Quattro Fontane» per discutere quelli che io credevo gli inconvenienti della legge. Sono intervenuti industriali, artisti, rappresentanti della Camera del lavoro ed abbiamo finito col trovare una linea comune di accordo.
La sostanza è questa: l’industria cinematografica è un’industria che consuma un’enormità di capitale, un’enormità di danaro. È una industria potentissima. Ma è principalmente un’industria di persone, di uomini. Si possono avere dei miliardi nel cinema, ma non avendo gli uomini si perdono i miliardi e il cinema non si fa.
Disgraziatamente, come accade per tutte le arti, nessuno nasce perfetto cinematografista. Ciascuno ha bisogno di studio, così come tutti hanno bisogno di farsi. Però, mentre in altre arti (come la mia, per esempio) basta avere un blocco di carta, e una penna, e si può scrivere quel che si vuole e poi gettarlo nel cestino perché la perdita è di poco conto, il creatore dell’opera d’arte cinematografica, questo artista che una volta io proposi di chiamare cinematurgo (è vero, Andreotti, che si può dire così? Tu sai il greco!), questo cinematurgo, dicevo, ha bisogno, per imparare a fare del cinematografo, di consumare pellicola. Il prezzo di questa pellicola lo dovete calcolare così: c’è una pellicola negativa sulla quale si riprende la scena, ma questa pellicola non è proiettabile. Bisogna che sia stampata su una pellicola positiva. Dunque sono due pellicole. Poi ce ne è una terza: che è il negativo del suono, ed un’altra ancora, su cui si fa il positivo del suono. Sono dunque quattro pellicole: ogni metro corrisponde a quattro metri. Ma nel prezzo bruto di questa pellicola va aggiunto tutto quello che costa praticamente la costruzione d’una scena, ossia la costruzione scenica a sé stante, gli attori, la sceneggiatura, tutto! Il metro utile di pellicola viene così a costare, certe volte, cento mila lire.
Voi comprendete dunque, onorevoli colleghi, quanto sia difficile e quanto sia pericoloso per un uomo d’ingegno e di cuore che voglia darsi al cinematografo, fare i suoi primi esperimenti.
Ed ecco che nel cinematografo interviene il capitalista, ossia colui che, allettato dal grandissimo guadagno che il cinematografo può offrire, mette il suo capitale; ma fa pesare questo suo capitale su quella che è la costruzione del film.
Ora la legge, così com’è congegnata, non è perfetta. Però, con i premi che conferisce, con gli sgravi che concede, consente un esperimento, consente la possibilità al produttore isolato, ossia non soltanto alla grande società anonima cinematografica, ma alla cooperativa di cinematografisti – come se ne sono formate col doppiato fra attori e perfino fra operai – di fare il suo tentativo industriale.
Noi non possiamo e non dobbiamo impedire che questi isolati possano realizzare un film anche non eccellente, perché anche nell’errore si ha il vantaggio della creazione, della formazione, dell’affinamento d’un personale di più. E la cinematografia, mi permetto di ripeterlo, è solamente questione di personale.
C’è a questo punto (ed ecco dove si appuntava la mia critica la volta scorsa), l’ufficio centrale per la cinematografia, che deve sentire il parere di un comitato tecnico per concedere le facilitazioni. Studiatela la legge! Ora, questo comitato tecnico, secondo come sarà composto, potrà rovinare o non rovinare lo sforzo d’un produttore isolato.
Intendiamoci, non rovinerà mai lo sforzo del grande capitale cinematografico, non rovinerà mai lo sforzo del grande produttore; innanzi tutto perché il grande produttore si presenta all’esame nelle migliori condizioni. Dopo aver speso 60, 70 milioni, qualche cosa avrà sempre fatto. Secondo – perché conosciamo i casi della vita – la grande produzione, il grande industriale, la grande banca, quando vogliono riescono sempre ad affascinare i comitati. E allora io propongo – per non tediarvi più a lungo con una discussione tecnica – soltanto questo: di prolungare di soli cinque giorni l’obbligatorietà di proiezione del film italiano nelle sale cinematografiche, portandola da quindici a venti giorni al trimestre; di modificare la composizione del comitato tecnico facendo intervenire in esso un maggior numero di lavoratori, sia indicati dalle maestranze, sia dalla parte direttiva dell’industria cinematografica, registi e autori.
C’è stata un’obiezione da parte degli esercenti, i quali sono anch’essi una categoria rispettabile del cinematografo, e hanno diritti che non possono essere ignorati. Gli esercenti temono d’essere obbligati, per questa legge, a subire l’eventuale ricatto del film italiano, del film italiano fatto male, del film italiano prodotto in numero esagerato. A parte il giudizio che darà il comitato tecnico sui film, classificando quelli che hanno e quelli che non hanno il diritto alla proiezione obbligatoria, noi possiamo stabilire che per il maggiore aumento dei giorni di proiezione, chiesto dai produttori, si potrà addivenire anno per anno, su semplice decreto del Presidente del Consiglio, tenendo conto delle condizioni del mercato e dei film prodotti durante l’anno. In queste condizioni, e senza portare più a lungo una discussione tecnica – che per me sarebbe affascinante e gradita ma per i colleghi certamente non lo sarebbe – propongo di approvare questa legge, la quale darà immediato lavoro a moltissimi italiani, dando di nuovo l’abbrivio, e diciamo il nuovo primo giro di manovella a quella che è la nostra produzione cinematografica, la quale, per le sue intrinseche qualità regionali, per le sue specifiche caratteristiche, è finalmente uscita dall’Italia: tanto vero che si proiettano in America e in Francia nostri film con grandissimo successo.
Prego quindi i colleghi di approvare questa leggina con la semplice modificazione all’articolo 13 sulla composizione del comitato tecnico; aggiungere un altro rappresentante dei lavoratori del cinema, così avremo due rappresentanti invece di uno, designati dalle organizzazioni sindacali; un rappresentante degli industriali cinematografici designato dalla relativa organizzazione sindacale dell’industria del film; un rappresentante per l’esercizio cinematografico designato dalla rispettiva organizzazione. Questo secondo rappresentante dei lavoratori del film, raccomando in special modo ai rappresentanti della Confederazione del lavoro, di volerlo scegliere tra gli elementi direttivi dell’industria cinematografica, la quale sarà così difesa da un operaio, e anche da un regista e da un tecnico.
Sulla proposta di sospensiva, la quale mi consta sia diretta al nobile scopo di studiare più profondamente i problemi cinematografici, pregherei l’onorevole Fogagnolo di volerla trasformare nella proposta di un Comitato parlamentare per la cinematografia, al quale Comitato, se egli lo proporrà, io prometto tutta quell’opera che posso dare. (Applausi).
MACRELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACRELLI. Onorevoli colleghi, vi chiedo di approvare il disegno di legge che viene oggi presentato, sia pure con quelle modificazioni che crederete di apportarvi attraverso gli emendamenti sottoposti al vostro esame. Un ritardo, e così rispondo implicitamente alla proposta che si è fatta di sospensiva, un ritardo in questa materia sarebbe grave e pregiudizievole, soprattutto per una larga categoria di lavoratori del cinema. Sono migliaia di persone che vivono di questa attività e di questa industria. Sospendere oggi vorrebbe dire aggravare il lavoro di produzione e la condizione della cinematografia italiana, che merita, invece, tutto il nostro appoggio, tutta la nostra vigile attenzione. Ho sentito in una seduta precedente alcune osservazioni, alcune critiche, che potranno avere anche un certo valore. Si è detto però a un dato punto che la legge era frutto di improvvisazione, dovuta specialmente a mancanza di tempo per raccogliere tutti gli elementi necessari ad una seria preparazione.
Posso opporre una recisa smentita. Non si tratta di un lavoro di improvvisazione e di fantasia. La legge è stata discussa a lungo in più riunioni dal Consiglio dei Ministri; dal Comitato interministeriale di cui facevo parte; dai rappresentanti delle varie categorie interessate. Abbiamo discusso a lungo con coloro che vivono della cinematografia e nell’ambiente cinematografico e siamo arrivati alla formulazione di quel progetto che oggi è al vostro esame. Non sarà una cosa perfetta, ma noi siamo stati mossi da una duplice preoccupazione: salvare l’industria cinematografica italiana, che dà pane e lavoro a tanti; affermare ancora una volta la tradizione artistica nostra.
Ci siamo riusciti? Non lo sappiamo. Certo, voi siete liberi di apportare le modifiche che crederete opportune, ma intanto il tentativo dovrà essere fatto, e avrà la sua efficacia nell’avvenire, una volta superate le diffidenze, le ostilità, create all’interno e all’estero dal regime totalitario e incompetente del fascismo. Ma non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che oggi noi dobbiamo risolvere questa che è anche una necessità della nostra vita economica, sociale, artistica e morale; perché non bisogna trascurare l’importanza a cui è assurta oggi la cinematografia. L’Italia, la nuova Italia deve poter dire la sua alta parola, anche in questo campo.
Credo che il presente disegno di legge non sia identico al progetto formulato dal Comitato interministeriale. Non importa. Io non voglio qui stabilire e rivendicare la nostra paternità su quel progetto; discutiamolo pure: qualche osservazione dovrò fare anch’io. Come l’onorevole Giannini, anch’io ho ricevuto lettere, ordini del giorno, mozioni, giornali che adoperano anche parole molto gravi, sulle quali richiamo l’attenzione del Governo e soprattutto del Relatore.
Leggo per esempio degli appunti che si sono fatti a proposito dell’articolo 4, che viene definito un assurdo. Si dice in una rivista cinematografica che l’ulteriore quota del 6 per cento destinata ai film più meritevoli sarà assegnata, sentito il parere di un Comitato tecnico; e si aggiunge: «È di nuovo la ridda di milioni sottomano che ricomincia». Si definisce il sistema delle Commissioni come un sistema di truffa e di corruzione.
Io non sono d’accordo con queste osservazioni; però intendiamoci bene: il cinematografo italiano, purtroppo, ha perduto la sua magnifica tradizione, tradizione di arte e di onestà che si era affermata attraverso i tempi. Col fascismo le cose sono cambiate; voi lo ricordate meglio di me. E allora, poiché viviamo o cerchiamo di vivere in un’atmosfera nuova e in un ambiente nuovo, facciamo sì che su di noi – cioè, sulle Commissioni che dovranno decidere circa l’assegnazione dei premi – non cadano quei sospetti di cui parlano gli articoli, le riviste a cui ho accennato. Noi non vogliamo che sorgano ombre attorno agli uomini che mettiamo a vigilare questo che è un ramo importante dell’industria e della vita artistica italiana. Trovino l’Assemblea Costituente, il Governo, la Commissione, i mezzi per ovviare a queste critiche, e per ciò anche a questi sospetti; tanto più che si afferma ad un certo momento, sempre criticando l’articolo 4, che il sistema per la divisione dei premi non è esatto e costituisce anzi una patente ingiustizia. Si arriva anche alla formulazione di un principio che io sottopongo al vostro esame e alla vostra decisione. Poiché sembra ingiusto premiare dei film che non hanno una possibilità di affermazione nel campo industriale e soprattutto nel campo artistico, si dice: ciascun film potrà venire premiato in base alla sua riuscita. È esatto questo? Deciderete voi. Certo, noi vogliamo che la cinematografia resti veramente espressione dell’animo italiano, della tradizione italiana, e che intorno alla cinematografia non si raccolgano ancora gli speculatori, come nel passato. Aria libera ed aria pura, una volta tanto, anche in questo campo.
Le osservazioni continuano. Si è detto, ad un certo momento, per l’articolo 7 che la limitazione è troppo forte. Voi avete sentito un accenno fatto proprio in questo momento anche dell’onorevole Giannini. L’articolo 7 fissa un numero di quindici giorni, per trimestre, riservati alla proiezione di film italiani. Molti colleghi, fra cui l’onorevole Giannini e l’onorevole Arata, hanno proposto di superare questo limite. L’onorevole Giannini, mentre nella precedente seduta aveva parlato di libertà assoluta, oggi ha parlato di venti giorni. L’onorevole Arata è andato anche oltre. Vi dico subito che al Consiglio dei Ministri ed anche nel Comitato interministeriale si è affrontata la questione: alcuni avevano parlato di 120 giorni, altri di novanta, noi avevamo indicato un via intermedia che però venne scartata dalla maggioranza dei Ministri. Sicché, siamo rimasti alla formulazione odierna, e forse quanto si è stabilito risponde a quelle che sono le condizioni della cinematografia di oggi. Noi non abbiamo quell’attrezzatura piena e completa che ci possa permettere di affrontare liberamente e, lasciatemelo dire, spregiudicatamente il problema. Col tempo si vedrà. Vi dicevo che in fondo è un tentativo ed un esperimento che noi facciamo. D’altro lato, io penso che un vincolo maggiore, ossia un aumento esagerato del numero dei film nazionali, andrebbe sicuramente a discapito dell’arte, della produzione artistica.
Credo quindi che il termine limitato del disegno di legge possa essere mantenuto.
Osservazioni di rilievo modesto, che però hanno la loro importanza, si riferiscono all’articolo 12 e all’articolo 14.
Nell’articolo 12 si parla di una Commissione consultiva nominata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ma non ne vengono stabiliti e fissati i compiti. Si parla, in una frase molto generica, di esame dei problemi di carattere generale interessanti la cinematografia. Ora, mi sembra troppo poco. È vero che ad un certo momento, con riferimento soprattutto all’articolo 14, la legge rimanda ad un regolamento annesso al Regio decreto 24 settembre 1923, n. 3287; ma sono passati ormai ventiquattro anni e credo che in questo tempo la cinematografia abbia cambiato, come sono cambiate, fortunatamente, molte cose in Italia. Ed allora, vorrei richiamare il Governo ed il Relatore al riesame di quel regolamento molto antico per renderlo applicabile alle nuove norme contenute nel disegno di legge ed alle esigenze imposte dai nuovi tempi.
Nell’articolo 14 poi si dice che: «Le Commissioni di primo grado per la revisione cinematografica sono così composte ecc.». E perché si adopera il plurale? Perché si parla di Commissioni di primo grado, mentre si parla di commissione di revisione? Anche quella di primo grado è unica e sola. Allora occorrerà modificare questo comma nel senso da me indicato.
VERNOCCHI, Relatore. Vi sono le commissioni provinciali…
MACRELLI. Allora modificate e correggete in modo da far comprendere che esistono anche le commissioni provinciali.
VERNOCCHI, Relatore. Ma questo si riferisce alla legge precedente.
PRESIDENTE. Lascino che l’oratore parli liberamente.
MACRELLI. Ma allora dovevate fare esplicito riferimento a quella legge per rendere comprensibile l’attuale.
A proposito dell’articolo 14 faccio un’ulteriore osservazione. Vi si dice: «Le commissioni di primo grado sono formate da un funzionario di un ufficio centrale, da un magistrato, ecc.». D’accordo. Sono ottimi elementi che potranno servire, ma dimentichiamo che se abbiamo sempre detto che la cinematografia è un’industria, abbiamo pure affermato che la cinematografia è anche espressione di arte. Allora non basta il rappresentante funzionario dell’ufficio centrale, non basta il magistrato ed il rappresentante del Ministero degli interni, ma è sperabile che debba dire la sua parola anche il Ministero della pubblica istruzione attraverso la direzione generale delle belle arti; è sperabile che anche le associazioni culturali in Italia debbano avere il modo di esprimere il loro pensiero. Sotto questo profilo ho presentato due emendamenti all’articolo 14: uno per le commissioni di primo grado ed uno per le commissioni di revisione, in cui chiedo che si comprendano oltre ai rappresentanti indicati all’articolo 14, anche i rappresentanti della pubblica istruzione (Direzione generale delle belle arti) ed anche un rappresentante delle associazioni culturali. Allora dimostreremo non solo a noi, ma al mondo che la cinematografia in Italia è concepita come un’espressione che attiene più che alla materia, allo spirito. La cinematografia non è solo industria, che fa lavorare e guadagnare, ma è anche affermazione di arte e di bellezza che è tradizione classica della nostra Patria. (Applausi).
PERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERA. Onorevoli colleghi, nella seduta precedente come in quella odierna, questo disegno di legge ha avuto larghi consensi, approvazioni e anche lodi nei diversi settori. Io non mi posso associare e sarò in aperto dissenso con quello che è stato detto sull’argomento. Dirò anzi di più. Mi pare che questo coro di consensi sia dovuto da una parte a voci non completamente disinteressate e, d’altra parte, ad una imperfetta conoscenza delle disposizioni molto pericolose contenute in questo disegno di legge. Questo è solo in apparenza ispirato a motivi plausibili, cioè dalla opportunità di difendere l’industria cinematografica italiana.
La protezione industriale è un vecchio tema discusso tante volte in quest’aula, e da questi banchi si sono sempre levate voci antiprotezionistiche nell’interesse delle finanze dello Stato e nell’interesse dei lavoratori stessi. Queste formule protezionistiche, suscitatrici di diffidenza e che creano immancabilmente le rappresaglie di ordine economico da parte degli altri Stati, non sono quelle a cui deve ricorrere la stremata economia italiana in questo momento.
Ma io verrò più tardi su questo punto e vi dimostrerò come si vorrebbe, a questa stremata economia ed alle esangui casse dello Stato far sostenere uno sforzo che neppure i Paesi vincitori e ricchi hanno osato di imporre al loro bilancio.
Comunque, vi sono due tentativi contro i quali noi abbiamo il dovere di insorgere: uno è di carattere finanziario, ed è mosso da una sparuta classe di produttori, non più di quaranta…
PROIA. E li chiama sparuti!
PERA. Come Presidente dell’A.N.I.C.A. lei ha sostenuto l’interesse di questi produttori in quest’aula.
PROIA. Era mio dovere.
PERA. L’altro tentativo è di carattere politico, volendosi con questa legge porre l’arma potente (su questa potenza tutti i settori erano d’accordo) della cinematografia al servizio del partito al potere. (Proteste — Commenti al centro).
Voglio rispondervi subito: questo disegno di legge è stato inviato alla terza Commissione legislativa, e questa ha protestato, nelle persone degli onorevoli Lucifero e Foa, contro il pericolo di porre la cinematografia italiana al servizio del partito al potere, ed ha rinviato per questa preoccupazione appunto il disegno di legge alla discussione dell’Assemblea. Ma c’è di più: quando noi trattiamo le questioni di tragica urgenza, come quella dei lavori pubblici, degli acquedotti, delle case ai senza tetto ecc., c’è sempre la Commissione finanziaria che è chiamata a dare il suo parere. Invece, per questo disegno di legge, dove sono in giuoco miliardi, la Commissione finanziaria non è stata chiamata a dare il suo avviso, che era a mio modo di vedere indispensabile.
Io vorrei esaminare brevemente l’ispirazione, il contenuto e le ripercussioni della legge nel campo finanziario, politico e sociale, a cui faceva accenno l’onorevole Macrelli poc’anzi. Devo dire subito all’onorevole Macrelli una cosa: che c’è già purtroppo, dico purtroppo, dall’ottobre 1945 una legge che dà sovvenzioni e premi a questi 40 produttori italiani, e quindi per il momento non si dovrebbero avere preoccupazioni per quanto concerne i lavoratori; ma noi sappiamo che i lavoratori sono sempre stati tirati in ballo quando si è trattato di proteggere l’industria nazionale a beneficio di pochi speculatori, con danno delle finanze e dell’economia nazionale, nonché (e questo è provato) delle classi lavoratrici stesse.
MACRELLI. Lei dimentica quello che ha detto l’onorevole Di Vittorio l’altro giorno.
PERA. A me non interessa quello che ha detto l’onorevole Di Vittorio. Dimostrerò che l’onorevole Di Vittorio poteva avere, come ha, anche torto; dimostrerò che, quando i disoccupati premono alle porte di Montecitorio e quando, per Diano Marina, città della mia circoscrizione dove l’epidemia di tifo ha fatto numerosissime vittime, non si sono trovati ancora i quattrini per fare l’acquedotto e la fognatura, mi pare che ci siano anche altri disoccupati ed altri lavoratori in Italia che hanno diritto a sentirsi proteggere, se vi è come vi è, purtroppo, una protezione industriale. (Approvazioni).
Si è detto che si deve tornare ai vecchi fastigi della cinematografia italiana. Venti e più anni fa: e si era al tempo del film muto e la vicenda narrata da italiani sulla celluloide poteva essere diffusa in tutto il mondo. Oggi, dopo il film sonoro e dopo il film parlato, la situazione si è capovolta. Gli americani hanno preso un vasto e forte sopravvento su tutte le industrie della cinematografia, non solo italiana, ma europea perché, mentre noi parliamo a quarantacinque milioni di italiani, essi con i loro film in inglese rispondono al gusto, allo spirito e all’orecchio di metà della popolazione civile del mondo.
L’insana arroganza fascista non volle comprendere e sperperò centinaia di milioni in Cinecittà, diventata il paese di Bengodi, anziché la rivale di Hollywood e in un elefantiaco complesso di bardature parassitarie di cui è cenno nella relazione Vernocchi – illudendosi di poter ridare all’industria cinematografica un primato che era irrimediabilmente perduto.
L’inconsulta politica fascista produsse l’effetto di creare in Italia una piccola cerchia di produttori che si sono formati la strana mentalità di credersi strumenti di divulgazione dell’arte, del pensiero, della civiltà italiana, e di dovere compiere la loro missione a spese dello Stato. E quando io ho sentito dire qui che a Parigi si fa la coda davanti a cinematografi che proiettano film italiani, io posso dire che alcuni dei film italiani che sono proiettati a Parigi fanno l’esaltazione delle nostre miserie morali, come la prostituzione, e io, da italiano, a Parigi, ho dovuto arrossirne.
RUSSO PEREZ. Per questo non hanno niente da imparare da noi.
PERA. Si parla della necessità di far conoscere la nostra civiltà nel mondo e si giustifica la richiesta di centinaia di milioni appunto con questo scopo nazionale.
Ma veniamo adesso ai produttori, onorevole Proia. Essi beneficiavano, sotto il fascismo, di una disposizione di legge che dava sovvenzioni e obbligava l’esercizio a programmare film italiani in una determinata misura.
All’indomani della liberazione, la legge del 5 ottobre 1945 faceva piazza pulita di tutte le passate sovrastrutture cinematografiche, ma non riusciva però a sopprimere le sovvenzioni e prescriveva che, in via eccezionale, fosse distolto dal gettito delle tasse erariali il 10 per cento dell’incasso lordo e in più il 4 per cento sempre dell’incasso lordo a favore del film nazionale giudicato meritevole di premio.
Non ancora sodisfatti della legge 5 ottobre 1945, i produttori vollero riconquistare l’abrogato beneficio della programmazione obbligatoria del film italiano per un determinato periodo annuo. E vi riuscirono con una convenzione liberamente stipulata il 10 gennaio 1946 fra la loro organizzazione (Anica) e quella degli esercenti (Agis).
Ma questo patto non prevedeva drastiche sanzioni contro l’esercizio eventualmente contravventore.
Perciò i produttori hanno chiesto che la legge sancisse la detta sovvenzione, comminando pene severe agli inadempienti.
PROIA. Gli esercenti non l’hanno mai rispettato.
PERA. La richiesta dei produttori in questo punto è da accogliersi, perché non può essere antiliberale decretare una obbligatorietà già bene accetta da parte di chi doveva subire l’obbligo.
Vi sono, però delle riserve da fare su questo punto stante la possibilità del produttore di avvalersi del suo monopolio, pur limitato ai sessanta giorni, per imporre condizioni leonine. Ma opportuni accorgimenti potranno certamente essere trovati per ovviare alla automaticità della sanzione. Comunque la programmazione dei sessanta giorni potrebbe essere sancita. Ma dove la pretesa diventa speculazione esosa è nell’aver approfittato della nuova legge che i produttori stessi hanno dichiarato ufficialmente di avere elaborata con gli uffici ministeriali, per forzare al massimo i privilegi ottenuti nell’ottobre del 1945 e che nessun paese al mondo concede all’industria cinematografica. Essi vogliono togliere il carattere di eccezionalità della legge del 1945 e vogliono essere ben tranquilli per pascersi bene in questa sovvenzione. Ottennero così che la legge portasse la sovvenzione ed i premi al 18 per cento per i filmi normali, al 4 per cento per i film di attualità ed al 3 per cento per i documentari (percentuali sugli incassi lordi), togliendo alle dette sovvenzioni il carattere di eccezionalità del decreto del 5 ottobre 1945, emanato quando la Costituente non era stata ancora eletta.
Io richiamo la vostra attenzione sulla manovra di pochi speculatori ai danni delle finanze dello Stato. Io propugno l’inopportunità di continuare il pericoloso sistema delle sovvenzioni, per i seguenti motivi: 1° se si indulge sul protezionismo per una industria, non vi è ragione che lo stesso non si faccia per le altre. È evidente che qui entriamo nel vasto campo del protezionismo. Se si accetta questo principio, e quello delle sovvenzioni, bisogna accettare le conseguenze di cui siamo, dopo tanti anni di nazionalismo economico, gli spettatori sbigottiti. È la concezione fascista dell’economia che ritorna in auge, e noi socialisti, che non vediamo incompatibilità fra le nostre teorie e la libera circolazione degli uomini e delle cose nel mondo, abbiamo il dovere di mettere in guardia contro questi pericolosi slittamenti. Se io fossi convinto che le invocate sovvenzioni potessero fare il bene dei lavoratori ed arrecar loro un reale beneficio, non sarei proprio io deputato socialista ad ostacolarle. Ma sono convinto del contrario. In realtà gli interessi dei lavoratori non sono qui che uno specioso pretesto per mettere una maschera su una legge cinematografica che gli industriali vorrebbero varare a loro esclusivo beneficio e che nessuna industria del mondo, né in Francia, né in Inghilterra, né in altri paesi vinti o vincitori ha osato chiedere allo Stato…
PROIA. Dappertutto.
PERA. Nessuno lo ha fatto. Nella relazione vi è l’elenco di tutti gli Stati che danno la programmazione obbligatoria. Io sfido chiunque a dire un nome di Stato che oltre la programmazione obbligatoria, dia sovvenzioni e premi.
PROIA. Chiedo di parlare per fatto personale.
GIANNINI. Lasci andare; certe cose il collega non le sa.
PERA. Io sostengo il giusto e lo sostengo senza alcun interesse e senza fatto personale. Io dico che le sovvenzioni, che sono sempre discutibili in regime normale, non sono accettabili e costituiscono un’ingiuria in questo momento, quando noi deputati andiamo al Ministero dei lavori pubblici a chiedere i pochi fondi per rifare gli acquedotti, per rifare le strade e le case sinistrate e ci sentiamo rispondere che non ci sono denari e le circolari sono partite per i Provveditori alle opere pubbliche onde far sapere ai Comuni di non sperare più, che non ci sono oramai più quattrini per riparare alle tragiche conseguenze della guerra!
Io vengo adesso al punto cruciale. Le passate sovvenzioni trovavano una contropartita nel gettito delle tasse erariali apportate alle casse dello Stato dagli stessi film sovvenzionati. Ora una cosa mi ha colpito. Qui il 19 aprile scorso si è discusso sulla legge per la cinematografia, ma non si è detto che dal 29 marzo precedente esisteva un decreto che devolveva ai Comuni tutte le tasse erariali dei biglietti di entrata ai cinema. Lo Stato devolveva quindi ai Comuni il gettito completo di queste tasse erariali stimato dall’onorevole Proia a quattro miliardi.
PROIA. Ma servirà ai Comuni!
PERA. Ma io dico il vero quando affermo, onorevoli colleghi, che prima, di fronte al miliardo che costerà per il 1947 il sistema delle sovvenzioni e dei premi, vi era almeno una contropartita nel bilancio dello Stato nel settore della cinematografia ove entravano quattro miliardi per le dette tasse erariali. Ora questa contropartita non esiste più e non esisterà più nei prossimi esercizi. Dirò di più: che sono stupito che si siano usati certi termini da lei, on. Proia, e dall’onorevole Vernocchi, relatore nel presentare questo disegno di legge. La relazione dell’onorevole Vernocchi è del 10 aprile; il decreto che trasferisce ai Comuni la totalità delle tasse erariali cinematografiche è del 29 marzo. Non si parla di questo decreto nella relazione, ma si dice qualcosa di più: a pagina 2 della relazione dell’onorevole Vernocchi io leggo: «L’articolo 4 eleva al 12 per cento lo sgravio fiscale a favore del produttore di films nazionali, fissato nella misura del 10 per cento dal decreto 5 ottobre 1945, numero 678».
Sgravio fiscale? Ma questa parola ha ancora un senso in Italia? Non si tratta di sgravio fiscale; è un esborso da parte del Tesoro dello Stato. Io ho esposto e dimostrato che tutto quello che proviene dalle tasse erariali sui biglietti d’ingresso va ai Comuni. Come potete parlare di sgravio fiscale? Voi dovete avere il coraggio di parlare di vero effettivo esborso da parte delle casse dello Stato del premio e della sovvenzione ai produttori del film nazionale.
Del resto, perché sovvenzionare questa industria, a parte il concetto generale di giustizia distributiva per le altre industrie che vi osterebbe? Ha forse essa oneri maggiori delle altre?
No, onorevole Proia, non li ha.
Le altre industrie esigono installazioni e stabilimenti, macchinari e capitali.
Il produttore cinematografico, che è il beneficiario delle provvidenze di questa legge (gli stabilimenti di prova e di posa essendo estranei ai benefici della legge), non deve né provvedersi degli impianti né disporre di tutti i capitali occorrenti alla produzione.
GIANNINI. Come produce senza gl’impianti?
PERA. Ricorrendo ai teatri di presa dello Stato a Cinecittà, e delle aziende private.
C’è da stabilire una differenza essenziale fra il produttore, che non corre rischio industriale, e l’industriale che corre questo rischio colle sue installazioni e coll’obbligo dell’ammortamento.
Del resto, per quanto concerne la mano d’opera, il produttore assume a tempo fissò determinato tecnici, artisti e mano d’opera; mentre gli altri produttori assumono a tempo indeterminato, con tutte le responsabilità e le alee conseguenti.
Il produttore cinematografico non ha bisogno di disporre di grandi capitali, in quanto che lo Stato, continuando la protezione instaurata dal passato regime, gli assicura il credito cinematografico imposto alla Banca Nazionale del Lavoro, la cui dotazione verrebbe incrementata di ulteriori 150 milioni, se voi approvate il disegno di legge.
GIANNINI. Io ne ho chiesto 600, perché 150 sarebbero irrisori.
PERA. Abbiamo concezioni diverse.
Il produttore cinematografico è un industriale sui generis, occasionale, saltuario; non deve preoccuparsi delle spese di ammortamento.
Adesso darò delle cifre.
Un film di buona fattura costa oggi dai 30 ai 35 milioni in Italia. Esso, nel periodo di sfruttamento in Italia, assicura al produttore, coi proventi del noleggio, che attingono dal 35 al 40 per cento degli incassi netti da tasse erariali, oltre dall’ammontare delle spese, un discreto utile.
Se poi si aggiungono i proventi in valuta pregiata derivanti dallo sfruttamento all’estero e se si pensa all’utile di congiuntura, realizzato in questi anni, sulla differenza fra il costo del film e il continuo incremento del gettito del noleggio, si vede che il produttore fa un eccellente affare.
E lo Stato interviene, per soccorrere il povero produttore, raddoppiando tutti i proventi del noleggio colle sovvenzioni; perché il 18 per cento dell’incasso lordo conseguito dal film corrisponde al 40 per cento dell’incasso netto percepito dal noleggio.
E questa cuccagna allieta il film italiano per 4 anni, dalla sua prima apparizione sullo schermo.
Non c’è migliore sistema, per invogliare la produzione del basso prodotto e l’avventura del borsanerista, che desidera vedere la sua amante sullo schermo.
Attualmente, onorevole Giannini, vi è la protezione della legge dell’ottobre 1945.
Il produttore del cortometraggio offre già in questo momento gratuitamente il suo documentario e il beneficio gli viene dalle casse dello Stato.
PROIA. Il cortometraggio non lo vogliono proiettare gli esercenti.
PRESIDENTE. Onorevole Proia, Lei ha chiesto di parlare per fatto personale; in quella sede parlerà.
PERA. Il giuoco delle sovvenzioni è posto nel disegno di legge alla discrezione di un comitato tecnico che è composto nella sua schiacciante maggioranza di funzionari ministeriali. Questi dovrebbero giudicare il valore culturale e artistico dei film ai fini del premio addizionale del 6 per cento sull’incasso lordo, senza avere alcuna competenza specifica. Il loro giudizio sarebbe gravato di sospetto per l’inevitabile inframmettenza politica, come del resto riconosce lo stesso relatore a pagina 2 della sua relazione. La cinematografia italiana viene così messa alla mercé del partito al Governo. Queste sono le nostalgie di cui parlavo pocanzi.
In questo ordine di idee c’è il pericolo che ogni programma cinematografico sia tutto l’anno accompagnato dalla proiezione di un cortometraggio. Gli esercenti non lo vogliono e si dice che lo vogliono solo per 60 giorni all’anno. Vorrei allora che ci si spiegasse la contradizione: perché il documentario obbligatorio per tutto l’anno? Per favorire l’industria estera legata all’industriale italiano, oppure per fare il primo salto verso quello che era il sistema fascista di imporre tutto l’anno il documentario a favore di colui che sappiamo? Perché avete voi posto l’obbligo tutto l’anno, quando per sessanta giorni solamente voi ponete il documentario? Non è nelle vostre nostalgie forse una più forte, quella di arrivare con una leggina – che potrebbe passare di fronte a diciotto deputati come rischiava di passare questa – a imporre la programmazione del film documentario italiano per tutto l’anno?
Una voce. Sarebbe utile.
PERA. Oh! nostalgie! Noi vedremmo oggi l’onorevole De Gasperi proiettato in tutti i cinematografi.
PROIA. Non abbiamo fatto nessun documentario.
PERA. Lo vedremo domani. Anche se ci volete considerare delle persone interessate, vuol dire che non abbiamo almeno ambizioni ministeriali. (Interruzioni).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, abbiano la cortesia di non interrompere. Non capisco questa eccitazione, onorevole Pera, per una legge come questa.
PERA. Io espongo delle cifre.
L’Italia è l’unico Paese che nelle condizioni di miseria e di fame in cui siamo, si prende il lusso di dare delle sovvenzioni all’industria cinematografica. Nella relazione si parla delle nazioni straniere dove vi è protezionismo del film e si porta l’esempio dell’estero. Dico che questi Paesi stranieri parlano di programmazione obbligatoria, e questa noi l’accettiamo, e mai di sovvenzioni e di premi!
Ma da noi si torna a parlare dell’eterno tema della bilancia commerciale, l’eterno tema che si tira in ballo ogni volta che un’industria vuol essere protetta. Si è parlato di bilancia commerciale, ma non si è detto tutto: si è parlato di indebitamento dell’economia italiana, in quanto questi film stranieri costavano, sia per il noleggio che per la vendita, molti quattrini.
Ebbene vorrei che non fosse dimenticato dai rappresentanti dei produttori cinematografici questo fatto: che il Ministero del commercio estero ha consentito l’importazione di film esteri all’espressa condizione che il regolamento del noleggio e dell’acquisto sia fatto in lire, e non una sola lira sia esportata e che il ricavato del film straniero rimanga in Italia in un conto bloccato e controllato dal Governo e sia speso nel nostro Paese. (Commenti).
Mi sembra che le esclamazioni siano di stupore.
GIANNINI. Si, di stupore: le risponderò io!
PRESIDENTE. Onorevole Giannini, risponderà a suo tempo; non preannunzi la sua risposta.
PERA. Ha fatto bene il Ministero del commercio con l’estero: i film stranieri non possono essere pagati in valuta. Dirò di più: se valuta clandestinamente è andata all’estero per acquisto o noleggio di film, forse qualche produttore ne è anche responsabile, in quanto che doveva completare nel programma il suo film.
Io ho detto a grandi linee qual era il mio concetto su questo disegno di legge che trovo molto pericoloso.
Mi sembra di aver dimostrato il pericolo finanziario.
L’onorevole De Gasperi ha parlato tre giorni fa della tragica situazione in cui siamo attualmente per la finanza e la moneta nazionale. Bisogna fare delle restrizioni; bisogna accettarle, se non vogliamo andare all’estrema sciagura.
In queste condizioni io chiedo se questo disegno di legge possa essere così facilmente approvato. Affermo che nel bilancio dello Stato vengono già a mancare i quattro miliardi provenienti dagli incassi cinematografici e che sono stati dati ai Comuni; e che, per il giuoco delle sovvenzioni, altri quattro miliardi possono venire a carico dello Stato.
Sono quindi quattro miliardi di minori entrate, e tre o quattro miliardi di maggiori uscite: sono sette od otto miliardi che questa legge può costare al bilancio dello Stato. (Interruzione dell’onorevole Musolino).
Io non proteggo i film americani; prendo la difesa delle finanze dello Stato; (Commenti a sinistra). Noi non ci sentiamo tranquilli per i motivi d’ordine politico ai quali ho accennato, non ci sentiamo tranquilli per i motivi di ordine finanziario ai quali ho fatto riferimento, non ci sentiamo tranquilli per il modo col quale questa legge senza essere passata alla Commissione finanziaria è stata portata all’Assemblea Costituente e non ci sentiamo tranquilli per il modo col quale sono state redatte le relazioni, dove invece di parlare di esborsi, si parla di sgravio fiscale. In queste condizioni, onorevoli colleghi, mi pare che bisogna avere il coraggio di dire chiaramente il proprio pensiero. Noi chiediamo che questo disegno di legge venga riesaminato e rielaborato. Io rispondo all’onorevole Macrelli dicendo che per il momento esiste già una legge dell’ottobre 1945 che assegna vistosi premi e vistose sovvenzioni. Ebbene, c’è il modo di studiare non solamente nei particolari tecnici, ma nello spirito informatore e nelle sue conseguenze sul bilancio dello Stato. Ecco perché, nel superiore interesse delle stremate finanze dello Stato, noi chiediamo che questo disegno di legge sia rinviato al Governo per un nuovo e più attento esame. (Applausi – Commenti).
PROIA. Chiedo di parlare per fatto personale.
GIANNINI. Chiedo anch’io di parlare per fatto personale.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Proia.
PROIA. Devo ricordare all’onorevole Pera, che ha accennato al fatto che i produttori italiani abbiano nel passato guadagnato cifre iperboliche di milioni…
LUSSU. Che c’entra il fatto personale?
PRESIDENTE. Onorevole Lussu, la prego, se deve fare un’osservazione la faccia a me. Io ho ritenuto che ci fosse il fatto personale e credo che l’onorevole Pera, che l’ha suscitato, non sia del suo parere. Ogni volta che l’onorevole Pera ha detto qualche cosa di interessante, e tutte sono state interessanti le sue osservazioni, ha fatto un accenno personale all’onorevole Proia. Io quindi, proprio per questo, credo che l’onorevole Proia abbia diritto di parlare.
Non ne fa una questione, onorevole Lussu?
LUSSU. No.
PRESIDENTE. Allora si rimetta al Presidente.
PROIA. Volevo, dunque, ricordare all’onorevole Pera che i produttori italiani, all’indomani della sconfitta, si trovarono esposti nei diversi istituti bancari per circa 600 milioni di lire. (Commenti a sinistra).
Voci. Non è vero!
PROIA. Questo è esatto! (Interruzione dell’onorevole Zanardi).
PRESIDENTE. Onorevole Zanardi, non interrompa.
PROIA. Dovetti chiedere al Governo dell’epoca un decreto di moratoria perché i produttori pagassero faticosamente i debiti contratti. Questi in sostanza furono i grandi guadagni. (Commenti a sinistra – Interruzioni).
PRESIDENTE. Che cosa è questa intolleranza? Lascino parlare, onorevoli colleghi.
Una voce a sinistra. Avevano guadagnato prima.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non interrompano. Potranno chiedere di parlare.
PROIA. I produttori italiani continuarono, anche in tempi difficili, anzi difficilissimi, a lavorare soltanto perché desideravano di tenere in vita i teatri e dar lavoro alle maestranze, perché esse non si disperdessero, in special modo a Roma, ove quelle preziose maestranze tanto cooperarono e cooperano per l’industria cinematografica. Quindi debbo concludere che i produttori italiani hanno fatto sempre il loro dovere.
Le voci dei presunti guadagni fanno parte delle solite fantasticherie che circolano intorno a questa nostra industria. (Commenti a sinistra – Interruzione dell’onorevole Fogagnolo).
Lei, onorevole Fogagnolo, sa perfettamente come stanno le cose.
Tutto questo che ho detto riguarda la produzione e il noleggio.
Debbo aggiungere all’onorevole Pera, per amore di lealtà, che altrettanto non può dirsi per altri settori cinematografici che hanno molto guadagnato, e che oggi cercano con tutti i mezzi di ostacolare l’approvazione di questo disegno di legge che il Governo ha sottoposto al nostro esame. Perché qui ci sono interessi colossali che giocano… (Commenti a sinistra…).
Una voce a sinistra. Appunto per questo!
PROIA. Appunto per questo io difendo lealmente gli interessi della mia categoria, e lo dichiaro francamente, ma gli altri si nascondono, non so sotto quali interessi. (Commenti a sinistra – Approvazioni).
PERA. Chiedo di parlare per fatto personale.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, raccomando la calma.
Ha chiesto prima di parlare per fatto personale l’onorevole Giannini. Ne ha facoltà.
GIANNINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono costretto a prendere la parola per fatto personale, perché l’onorevole Pera nella sua dissertazione sull’industria cinematografica, diverse volte si è rivolto a me personalmente, quasi indicandomi come difensore di particolari interessi industriali.
PERA. No! No!
GIANNINI. Scusi, mi consenta di darle le spiegazioni a cui lei ha diritto e che è mio dovere dare. Io ho ricavato questa impressione: che lei forse ha una conoscenza del problema cinematografico troppo recente, direi troppo fresca. Guardi, io che me ne intendo, e da molti anni, m’ero preparato, come ho detto, a fare un lungo discorso, nel quale avrei potuto sfoggiare tutta la mia competenza. Me ne sono astenuto, perché l’ora stringe, e non vale la pena di scendere in tanti particolari. Lei, onorevole Pera, s’è perduto in certe minuzie, l’esame delle quali mi consente di darle subito torto, e di dimostrarglielo.
Lei ha cominciato col dire: perché si sovvenziona l’industria cinematografica? Io le rispondo: perché si sovvenzionano le altre industrie? La Fiat, che costa miliardi? L’I.R.I., che si sta mangiando tutto il Paese? Quindi il perché c’è. (Interruzione a sinistra).
Scusi, abbia pazienza; e spero che il tono della mia voce che credo gentilissimo, possa servire anche ai suoi colleghi; se sbaglio, mi correggeranno.
L’onorevole Pera ha parlato degli interessi dei grandi produttori. Lei è in errore, onorevole Pera, perché i grandi produttori, s’infischiano di queste sciocchezze. I grandi produttori, coloro che fanno i film che costano 100-150 milioni, li fanno in compartecipazione con le grandi editrici straniere, e le loro pellicole sono imposte «dalla qualità» in Italia. (Interruzione dell’onorevole Pera).
Abbia pazienza, onorevole Pera, non s’inquieti; le dico fatti. Questi grandi produttori, quando imbroccano i loro film, guadagnano enormemente e in Italia e all’estero.
Queste provvidenze sono richieste per i piccoli produttori; sono richieste per gli artisti isolati che vogliono fare un tentativo proprio. E la verità di quanto io le affermo è dimostrata dal fatto che a favore di questa legge ci sono i partiti più contrastanti: l’onorevole Di Vittorio, comunista, è favorevole; noi qualunquisti siamo favorevoli; l’onorevole Macrelli, repubblicano, è favorevole; i democratici cristiani sono favorevoli. Non è possibile che ci sia, dietro questa protezione all’industria e non agli industriali, l’alleanza di quattro partiti. Lei ha, per lo meno, equivocato, onorevole Pera.
Lei parla dell’estero, dei grandi danari che si fanno all’estero. È vero, è vero, è sacrosantamente vero quello che ha detto lei, onorevole Pera. Si guadagna enormemente all’estero: ma all’estero bisogna andarci. Non basta fare un film per proiettarlo all’estero; ne va uno su cento, uno su cinquanta, è il terno al lotto che prende il produttore, come nel caso del piccolo produttore del film «Sciuscià». Lei non può prendere l’estero come una regola generale. Magari andassero tutti i nostri film all’estero! Allora non avremmo bisogno di sovvenzioni, saremmo noi a sovvenzionare lo Stato.
Ancora, lei, onorevole Pera, ha detto che la programmazione è obbligatoria. Ma, onorevole Pera, la programmazione è «sempre» obbligatoria. In questo momento la programmazione obbligatoria è quella degli americani, perché gli americani hanno tutti i film; quindi impongono la loro produzione. Il giorno in cui noi avessimo film superiori, noi renderemmo obbligatoria la programmazione senza le leggi.
Finalmente – e non voglio uscire dai limiti di tempo concessomi dall’onorevole Presidente – lei ha detto che in materia di importazione di film il Ministero del commercio estero ha preteso che questi film fossero pagati in lire, che queste lire non potessero uscire dall’Italia, e che rimanessero invece in conto bloccato presso di noi. Onorevole Pera, è vero, le do atto di questo; ma devo anche dirle che si tratta di uno dei più grandi errori che ha commesso verso la cinematografia il Ministero del commercio estero. Per questa ragione: perché le case americane, le quali sono le uniche fornitrici di film all’Italia, non stanno facendo altro che incassare frutti di noleggi fatti ai loro prezzi e alle loro percentuali, in virtù precisamente del monopolio che permette loro di imporre, senza leggi, la programmazione dei loro film. A quest’ora ci sono una diecina di miliardi accumulati, che non si possono sbloccare, e che si devono spendere in Italia. Onorevole Pera, che cosa accade spendendoli in Italia? Che un bel giorno gli americani si comprano tutti i cinematografi italiani, e allora la cinematografia italiana me la saluta lei e ce la salutiamo tutti quanti. L’E.N.I.G. è praticamente in vendita, perché è fallita di fatto se non di diritto, fallita come sono fallite altre attività statali. Il giorno in cui l’E.N.I.G., con tutti i suoi cinematografi, dovrà andare in liquidazione per la sua cattiva amministrazione, troverà come acquirenti gli americani, i quali prenderanno i nostri cinematografi, fatti col nostro lavoro e con la nostra produzione, pagandoli col nostro danaro.
Quindi, onorevole Pera, – forse lei non ha avuto sufficienti informazioni in materia cinematografica – le sarei tanto grato se lei non vedesse un interesse, dietro le mie parole, per i produttori; così come mi guardo bene io dal vedere, dietro le sue parole, gli interessi di un’altra categoria: quella degli esercenti. Dal resto, quando si difende onestamente un interesse industriale italiano, bisogna per forza difendere qualcuno.
PRESIDENTE. Ha chiesto la parola per fatto personale l’onorevole Pera. Ne ha facoltà.
PERA. Rispondo subito all’onorevole Giannini, e dopo risponderò all’onorevole Proia.
All’onorevole Giannini devo questo chiarimento: che io non ho fatto allusioni nei suoi confronti in quanto io lo sospettassi di difendere degli interessi. Non ho fatto alcuna allusione, onorevole Giannini.
GIANNINI. La ringrazio.
PERA. Lei deve darmene atto.
GIANNINI. La ringrazio e ne prendo atto.
PERA. Sento il dovere di dichiararlo, ma ho l’obbligo anche di rispondere a qualche sua affermazione. Lei dice che questa legge è a vantaggio dei piccoli produttori in quanto il grande produttore non sa che farsene; ma anche il grande produttore ne è beneficiato… ed avrà anche lui la sua parte di sovvenzioni.
GIANNINI. Certamente!
PERA. Ma c’è un motivo di più: bisogna essere guardinghi nel dare premi e sovvenzioni quando questi premi e sovvenzioni possono andare anche a beneficio di industriali stranieri. Un’altra questione lei ha fatta, ed è quella della disposizione emanata dal Ministero del Commercio estero. Questo Ministero, in data 3 aprile 1947, ha adottato la disposizione che ho letto e lei ha il legittimo timore, che anche noi condividiamo, che stranieri possano venire ad accumulare grandi fortune col noleggio dei films in Italia, arrivando poi all’acquisto di nostre sale cinematografiche. Mi permetta di ricordare che il Ministero ha previsto appunto all’art. 6 che le disponibilità del suddetto fondo cinematografico potranno essere utilizzate dai titolari solamente previo benestare del «Cambital». Per conseguenza, o noi abbiamo fiducia nel Ministero del commercio estero o non abbiamo questa fiducia. In questo caso vuol dire che esso non difende gli interessi italiani. (Approvazioni a sinistra).
Per quanto concerne l’onorevole Proia, confesso di non avere afferrato la prima parte del suo dire. Se, da una frase dell’onorevole Giannini, è vero che lei abbia fatto allusione agli interessi che io difenderei…
PROIA. Lo escludo.
PERA. Ne prendo atto e rispondo all’onorevole Proia che il fatto che egli rappresenti degli interessi che sono raggruppati dalla A.N.I.C.A. è legittimo. Ricordo che quando furono fatte accuse contro l’onorevole Proia, io personalmente insorsi perché trovavo che non ci fosse nulla di male nel fatto che un deputato fosse alla Presidenza dell’A.N.I.C.A. Ma quando lei dice che i grandi e piccoli produttori hanno perso moltissimi quattrini, sento la necessità di leggerle un elenco degli incassi realizzati a tutto dicembre 1945 da film italiani usciti in prima visione: 484 milioni. Un altro elenco riguarda gli incassi conseguiti dai film italiani a tutto il secondo semestre 1946: 3 miliardi e 726 milioni! Ciò vuol dire che, a parte la notizia venuta dall’America, secondo la quale un grande produttore italiano avrebbe comprato un intero circuito di sale cinematografiche a New York, lei non ha il diritto di gridare alla miseria dei produttori italiani.
C’è comunque un fatto: cosa ho sostenuto? Che la legge deve essere rielaborata e riesaminata. Io voglio che gl’interessi degli industriali stranieri non siano protetti e difesi e proprio da questi banchi socialisti si leverà anche la voce della protesta contro la protezione industriale di film stranieri o di altre industrie non italiane. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Poiché la serie dei fatti personali è esaurita (Si ride), comunico che è pervenuta alla Presidenza una nuova proposta di sospensiva a firma degli onorevoli Cairo, Gullo Rocco, Chiaramello, Pignatari, Tomba, Fogagnolo, Costa, Fornara, Vigorelli, Longhena, Pera, Paris, Tonello, Zanardi, Di Giovanni, Veroni, Lami Starnuti, Morini, Cianca.
Procedo all’appello dei firmatari.
(Segue l’appello).
Poiché i firmatari risultano presenti, apro la discussione sulla proposta di sospensiva, avvertendo che, a norma del Regolamento, hanno diritto di parlare due oratori a favore e due contro.
FOGAGNOLO. Chiedo di parlare a favore della sospensiva.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FOGAGNOLO. La domanda di sospensiva credo che sia più che giustificata, per le ragioni che mi permetterò di esprimere molto brevemente; cioè perché c’è ragione di ritenere che gli onorevoli colleghi non siano sufficientemente illuminati circa l’importanza del disegno di legge che viene presentato in relazione con le soluzioni che è possibile escogitare a favore della cinematografia italiana, senza intaccare il patrimonio dello Stato, che è già tanto compromesso: e di ciò nessuno ha ancora fatto menzione. Ne ha fatto menzione il Governo nel preparare quella breve relazione che precede il disegno di legge. Dice la relazione: «La complessità dei problemi connessi all’attività cinematografica, attività a cui sono strettamente collegati, tra l’altro, notevoli interessi patrimoniali dello Stato…».
Ora, se noi dovessimo ricorrere al più illustre consesso di ragionieri, o di contabili, o di professori di università specializzati in materia del genere, e dovessimo pregarli di fare i conti di quello che è costata allo Stato la cinematografia italiana dal momento in cui il Governo fascista ha voluto prenderla sotto la sua protezione, io credo che si starebbe degli anni ad aspettare che i conti arrivassero, e quando dovessero arrivare, noi vedremmo delle cifre paurose; perché non possiamo dimenticare come è nata la cinematografia di Stato, che ha incominciato a imperversare in Italia dopo il 1930. Fino al 1930, abbiamo avuto veramente un’industria seria che era legata ad un nome che si chiamava Stefano Pittaluga; non era mai ricorsa ai mezzi che ha poi inaugurato il fascismo e che oggi ancora noi seguiamo, perseverando in questa via errata.
Quando è morto Pittaluga, abbiamo constatato una grande verità, quella stessa verità che il magnate americano Samuel Goldwin gettò in faccia a Vittorio Mussolini, quando andò in America ad offrire i famosi cinquanta milioni di dollari per prender parte all’industria di Hollywood. «Ebbene, rispose Samuel Goldwin, l’industria cinematografica moderna non è una questione di denaro; è una questione di cervello e noi americani, se voi avete dei cervelli da mandare, saremo pronti ad aprirvi le braccia». Ma ai milioni di dollari offerti dal figlio del duce, Samuel Goldwin non abboccò.
Siamo già al 1936; ma, nel frattempo, era. avvenuto che, dopo la morte di Pittaluga, il fascismo aveva creato il famoso Ente nazionale per la cinematografia ed aveva incominciato ad erogare il denaro dello Stato.
PRESIDENTE. Onorevole Fogagnolo, mi consenta di farle notare che lei ora sta entrando nel merito. (Rumori).
MINIO. Questo è ostruzionismo sistematico.
FOGAGNOLO. Se non volete sentire le cose serie attraverso le quali si arriva a dimostrare che ci sono… (Rumori – Proteste).
PRESIDENTE. Abbiano la cortesia: c’è bisogno di fare queste interruzioni?
FOGAGNOLO. Scusate tanto, onorevoli colleghi: ma quando leggo nel resoconto della seduta di quindici giorni fa che l’onorevole Proia, il quale viene qui oggi a dirci che bisogna provvedere all’approvazione di questo disegno di legge perché ci sono delle maestranze che hanno bisogno di lavorare e senza questo disegno di legge non potrebbero lavorare, io gli domando come egli può spiegare la sua proposta di emendamento all’articolo 3, che mi permetto di leggere:
«In via eccezionale (siamo sempre nelle vie eccezionali, come quelle dell’altro provvedimento del 1945 che doveva anch’esso essere eccezionale) potranno essere considerati nazionali i film prodotti in Italia o all’estero da case italiane in regime di compartecipazione artistica, tecnica e finanziaria con le case estere, quando la realizzazione di detti film sia riconosciuta, di volta in volta, di interesse nazionale, ai fini economici ed artistici, da parte dell’Ufficio centrale per la cinematografia, sentito il parere del Comitato tecnico, di cui al successivo articolo 13».
Una voce a destra. Noi respingiamo questo emendamento.
FOGAGNOLO. Ora, qui si scopre il giuoco: dovevate almeno avere l’abilità di non proporre questi emendamenti i quali mascherano quello che giustamente affermava il collega sviluppando il suo argomento: qui si tratta di una protezione, puramente e semplicemente, degli industriali della cinematografia.
E non ci venga a dire l’onorevole Proia che essi hanno perduto 600 milioni: potranno averli perduti; ma noi sappiamo anche quale vita spendereccia essi conducano e come scialacquino il loro denaro. C’è chi ha guadagnato e chi ha perduto. Ed allora, se qualcuno ha guadagnato, vuol dire che è stato capace. Chi ha perduto difficilmente è stato disgraziato; probabilmente è stato o un incapace, o uno che spendeva più di quello che incassava.
Ora, tornando a quello che stavo per dire circa la sospensiva, io vorrei proporre all’Assemblea un rinvio, non un rinvio a carattere sabotativo, ma un rinvio per esaminare serenamente, con la reciproca buona volontà, come si può – e si può – venire incontro e dare un aiuto all’industria cinematografica italiana.
Noi abbiamo un circuito, che si chiama il circuito E.N.I.C. Era il vecchio circuito della Pittaluga che è andato poi modificandosi con l’intervento del fascismo, che ha messo i Freddi e tanti altri nomi che saranno passati in modo poco lusinghiero nella storia cinematografica italiana. Non è oggi portando dal 10 al 12 per cento il prelievo sugli incassi che si risolve il problema. Noi abbiamo un circuito di sale cinematografiche: sono, mi pare, 140 locali; l’onorevole Giannini ha detto 100. Ad ogni modo se questo problema della cinematografia fosse esaminato nel suo insieme e non con un decretino… (Interruzioni).
PRESIDENTE. Onorevole Fogagnolo, io richiamo i colleghi che la interrompono, ma ciascuno di noi deve tener presente il regolamento. Mi rimetto alla sua sensibilità.
FOGAGNOLO. È la prima volta, da quando sono deputato, che prendo la parola. Domando se posso essere considerato come uno che faccia il sabotatore. Non credo che gli altri colleghi abbiano avuto lo stesso trattamento.
PRESIDENTE. Non è questo. Io dico che anche per non sollevare le proteste dei suoi colleghi i quali fanno appello a me perché applichi il Regolamento, lei dovrebbe parlare sulla sospensiva che ha proposto e non sul merito.
FOGAGNOLO. Devo esporre le ragioni per le quali questo disegno di legge dovrebbe essere rinviato, non dico di molto, ma almeno, di un mese.
Ora, la ragione del rinvio l’ho spiegata, ed è dovuta al fatto che ritengo che questa Assemblea non sia sufficientemente illuminata sull’importanza del problema, di cui è oggetto il disegno di legge. Quindi necessiterebbe un rinvio, ma non un rinvio puro e semplice, perché allora si potrebbe dire che ci può essere un’intenzione temporeggiatrice che io non ho. Noi non siamo contrari, e la domanda che io vorrei fare è questa: l’Assemblea sospenda l’esame del disegno di legge sull’ordinamento dell’industria cinematografica nazionale ed inviti il Governo ad affidare ad una apposita Commissione di tecnici l’esame di tutto il problema cinematografico italiano in relazione anche alle attività svolte da enti, cui sono strettamente collegati notevoli interessi patrimoniali dello Stato. Questa Commissione dovrebbe presentare entro un mese la sua relazione e fare proposte concrete per definire l’indirizzo da dare a tutta l’attività cinematografica.
Dissento dall’onorevole Giannini circa il giudizio da lui dato sulla attività dell’E.N.I.C. L’attività di esercizio di questo Ente è utile, sana e notevole: però potrà essere sempre in perdita, finché farà il noleggiatore di pellicole o finché ascolterà gli inviti di certe case americane che vanno ad offrirgli 75 milioni per fare della produzione in partecipazione, con lo scopo evidente di impadronirsi del circuito di sale cinematografiche che l’E.N.I.C. possiede. Dalla relazione Vernocchi risulta che la Russia possiede un notevole circuito di sale cinematografiche (25.000); che l’Inghilterra ne sta requisendo 500. Anche in Italia sarà saggia politica allargare e consolidare il circuito di sale dell’E.N.I.C. e metterle a disposizione del film italiano, se si vuole seriamente aiutarlo senza ricorrere alle casse dello Stato, allo scopo di aiutare in modo oneroso per la Tesoreria i produttori di pellicole italiane.
Per quanto riguarda l’istituto «Luce», sembra che in questi giorni il Consiglio dei Ministri abbia dato l’incarico a tre Ministri di studiarne la soppressione. Ebbene: bisogna invece studiare seriamente l’attività utile che il «Luce» può svolgere nell’interesse della cinematografia italiana.
Ecco, onorevole Presidente, le ragioni che militano a favore del rinvio. Si nomini una Commissione parlamentare che prenda in esame tutto il complesso problema della cinematografia italiana e questa Commissione riferisca entro un mese la soluzione più conveniente.
BIBOLOTTI. Chiedo di parlare contro la sospensiva.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIBOLOTTI. Mi riservo di entrare nel merito se la sospensiva sarà respinta.
È da troppo tempo che il senso artistico degli italiani è offeso sullo schermo da produzioni che abbassano o tendono ad abbassare il livello morale del nostro popolo. È da troppo tempo che l’influenza straniera nel suo aspetto più deteriore trova nella cinematografia una sua arma di penetrazione, ed è doveroso che animi italiani facciano tutto quanto è possibile, e lo facciano presto, perché sorga finalmente un’arte cinematografica nazionale.
Io penso che ciascuno di noi, onorevoli colleghi, ha gioito quando sullo schermo italiano è comparso un film italiano che glorificava non soltanto la resistenza del popolo italiano, ma costituiva un merito, e una gloria per la capacità artistica della produzione italiana.
Crollata la tirannia fascista e riconquistata la libertà, è necessario che lo Stato incoraggi tutte le manifestazioni dell’arte. E, di fronte alle minacce, non soltanto ipotetiche, ma concrete d’una invasione a carattere permanente di musiche e danze negre ed alla glorificazione del gangsterismo, penso sia dovere dello Stato difendere la nostra morale, il nostro senso artistico.
Il disegno di legge presentato può essere oggetto di critiche e ci riserviamo di farle; ma dobbiamo dire al Governo che ha fatto bene, anzi avrebbe dovuto prendere prima queste misure, per difendere i lavoratori italiani. Parlo anche come sindacalista: migliaia di lavoratori attendono che l’Assemblea decida la ripresa della loro attività; essi domandano che l’ostruzionismo, tentato altrove ed anche dalla Commissione parlamentare, sia condannato, perché l’interesse dei lavoratori è che non si perda più tempo e che questo disegno di legge, pur difettoso e meritevole di emendamenti, che saranno presentati, sia portato all’approvazione dell’Assemblea.
Per queste ragioni sono contro la sospensiva; e prego gli onorevoli colleghi di riflettere. Specialmente a quelli che han parlato dai banchi più vicini al mio vorrei dire che non è ponendosi sul terreno del liberismo economico vecchio stile che si difendono gli interessi delle classi lavoratrici (Interruzioni degli onorevoli Pera e Fogagnolo); non è ponendosi sul terreno d’un risorto liberismo che si tutelano gli interessi dei lavoratori.
FOGAGNOLO. Non c’entra la politica, qui.
BIBOLOTTI. Faccio appello agli onorevoli colleghi, perché respingano la proposta di sospensiva, che, secondo l’avviso del mio Gruppo, ha carattere ostruzionistico, lesivo degli interessi delle aziende, delle masse lavoratrici italiane e del popolo italiano.
Per queste ragioni, riservandomi di entrare nel merito della discussione, dichiaro che il mio Gruppo voterà contro la proposta di sospensiva.
EINAUDI. Chiedo di parlare a favore della sospensiva.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EINAUDI. Parlo in qualità di laico della cinematografia e confesso di avere appreso tutte le mie notizie al riguardo in questa seduta.
Ma le cose esposte dall’onorevole Pera, dal punto di vista finanziario ed economico, mi sono parse così gravi, che un rinvio, se non ad una Commissione apposita, alla Commissione di finanza mi pare nostro assoluto dovere.
Non è possibile, così leggermente, senza che nella relazione della Commissione sia fatto cenno ad una qualsiasi dimostrazione intorno agli effetti del provvedimento per la finanza dello Stato, non è possibile, senza che la relazione della Commissione dica nulla sui risultati delle provvidenze di credito date durante il passato regime alla cinematografia, approvare il disegno di legge oggi presentato al nostro esame.
Il rinvio alla Commissione di finanza mi pare tanto più necessario, in quanto è stata annunziata una discussione sulla politica finanziaria generale dello Stato; in quella sede sarà necessario esaminare a fondo in quali casi lo Stato deve intervenire, ed in quali casi no, a favore di iniziative private.
Ho sentito parlare di sussidi, di sovvenzioni date alla Fiat e ad altre industrie italiane; e si sono ricordati i sussidi passati come precedenti validi, in virtù dei quali si dovrebbero dare oggi nuove sovvenzioni; ma io dico che, se mai, le sovvenzioni date in passato dovrebbero essere rivedute e, se lo consiglia l’interesse pubblico, fatte cessare. Soltanto da una discussione generale nella quale le provvidenze a favore della cinematografia vengano messe a paragone con le altre provvidenze prese in passato o da prendere in avvenire a favore delle altre industrie nazionali, soltanto dall’esame di un bilancio generale della spesa pubblica nella quale tutte le provvidenze siano catalogate e graduate per ordine di importanza, si potrà trarre un giudizio fondato su quelle che meritano di essere messe per prime e quelle che debbono essere messe per seconde od ultime. Io mi posso rallegrare vivamente che dai banchi socialisti sia venuta una parola così ardente contro la protezione doganale all’industria, ma quelli che, come me, hanno fama di essere liberisti, sono i primi a riconoscere che l’intervento dello Stato in taluni casi è necessario. Ma l’intervento deve essere ragionato e non può mai essere dato volta per volta; deve essere ragionato in funzione di un bilancio generale: bisogna stabilire quali sono le spese che lo Stato può sopportare, le imposte alle quali può rinunciare. Senza una discussione generale, un voto il quale sia dato in questo modo è un voto che si appalesa prematuro. Occorre un rinvio alla Commissione di finanza, la quale discuta al tempo stesso i problemi relativi alle sovvenzioni oggi proposte, all’industria cinematografica e ai legittimi proventi che lo Stato può ricavare dalle rappresentazioni teatrali. Occorre altresì una discussione fatta dalla medesima Commissione di finanza e tesoro su quelle che siano state le conseguenze passate del credito cinematografico e quelle che potranno essere in avvenire.
Non illudiamoci che il problema si possa risolvere a sé stante, perché si afferma che i sussidi alla cinematografia si pagherebbero con un prelievo sulle tasse prelevate sui proventi degli spettacoli cinematografici. Faccio astrazione dalla circostanza che i proventi delle tasse vanno oggi ai comuni, laddove i contributi all’industria cinematografica sono pagati dall’erario statale. Ma è falso il principio stesso dei contributi pagati con una speciale imposta. Troppo comodo l’alibi che in tal modo ci procureremmo. In verità tutte le imposte, qualunque sia il loro nome, sono pagate col reddito dei contribuenti e tutte spettano al tesoro dello Stato. È il tesoro che paga in definitiva e sempre, e sempre paga col denaro dei contribuenti. Epperciò nessuna spesa può essere votata a sé; ma tutte debbono essere graduate in funzione delle disponibilità di bilancio. Soltanto su questa base la Costituente può dare un voto il quale persuada sul serio l’opinione pubblica. Per ciò io, senza manifestare nessuna opinione in merito, dico che è nostro dovere rinviare il progetto alla Commissione di finanza e tesoro.
GIANNINI. Chiedo di parlare contro la sospensiva.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rispondo subito ad alcune osservazioni dell’onorevole Einaudi. Il rinvio alla Commissione di finanza presuppone che questa sia una legge affrettatissima, una legge non elaborata. Ora, questa legge, onorevole Einaudi, è stata presentata di concerto da vari Ministri, fra cui anche il Ministro delle finanze. La sua discussione è durata un anno. Aggiungo, per lei che poco fa era assente, che nella giornata di domenica ho convocato alcuni rappresentanti delle categorie cinematografiche a Roma, e sono stato a diretto contatto con quei lavoratori del cinematografo. Essendosi impiegato tanto tempo nella discussone di questa legge, il suo rinvio alla Commissione di finanza, tenendo conto anche del fatto che non si tratta di legge di capitale importanza, non mi pare sia necessario.
È vero che c’è un punto sul quale anch’io dovrei sentirmi particolarmente vulnerabile, ed è quello del liberismo, in cui ci ha fatto cadere l’onorevole Bibolotti, il quale ha parlato contro il liberismo. Ma il mare tempestoso in cui si trova il nostro adorato liberismo non è creazione nostra, né della legge sulla cinematografia, ma delle circostanze, e del prolungarsi della discussione a tal punto, che siamo usciti in argomenti che non c’entravano affatto. Questa è una legge che non ha una importanza basilare; non è una legge che costituisca uno dei pilastri dello Stato. È una legge fatta allo scopo di riavviare un’industria, di dar lavoro alle maestranze, e anche agli intellettuali: e in questo c’è un mio grandissimo interesse personale che non posso nascondere.
Nessuno è più liberista di noi. Ma dobbiamo cominciare proprio con questa legge la pratica liberista?
SCOCCIMARRO. È la realtà che insegna, onorevole Giannini!
GIANNINI. Grazie dell’appoggio! All’onorevole Fogagnolo dirò che il Comitato di studio da lui immaginato per coordinare tutta l’attività cinematografica porterebbe a quel totalitarismo cinematografico che egli vuol combattere. L’onorevole Fogagnolo si deve mettere d’accordo con se stesso. (Vivaci interruzioni dell’onorevole Fogagnolo). Vede come è cattivo: io l’ho lasciato parlare prima; adesso lei non vuol lasciar parlare me. (Si ride).
In quanto alla competenza, di cui questa Assemblea sarebbe priva sui problemi cinematografici, ricordo all’amico Fogagnolo che egli ha parlato delle intimità della cinematografia, nelle quali non abbiamo il diritto di portare un’Assemblea politica. In un’Assemblea politica dobbiamo guardare i problemi nelle loro linee generali: non possiamo pretendere che l’Assemblea abbia una competenza specifica su ogni problema.
FOGAGNOLO. E allora perché ha parlato di negativo e di positivo?
GIANNINI. Vi ho accennato di volo per rispondere all’onorevole Pera. Lei ha parlato dell’E.N.I.C. che è un’azienda statale, o parastatale, come si usa dire adesso. Se dovessimo discutere sui suoi intimi particolari, avremmo bisogno d’una giornata intera soltanto per stabilire la nomenclatura degli argomenti da trattare. Per l’E.N.I.C. potrei risponderle che mentre tutti i cinematografi guadagnano, il solo E.N.I.C., gestito dallo Stato, perde nell’esercizio dei suoi cinematografi.
PRESIDENTE. Onorevole Giannini, non approfondisca anche lei.
GIANNINI. Ha ragione, onorevole Presidente. Mi scusi. Dicevo che l’onorevole Fogagnolo pretenderebbe di portare alla competenza dell’Assemblea problemi troppo minuti. Mi domando spaventato in quale condizione ci troveremmo se un giorno dovessimo discutere una legge sulle levatrici: in quali intimità dovremmo scendere per far acquistare all’Assemblea la necessaria competenza in materia. (Si ride – Commenti).
Concludo domandando che si continui la discussione della legge e che la proposta di sospensiva sia respinta.
PRESIDENTE. Hanno ora diritto di parlare l’onorevole Relatore e il rappresentante del Governo per esprimere il loro avviso sulla proposta di sospensiva.
Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.
VERNOCCHI, Relatore. Non entro nel merito, e mi limito soltanto ad accennare perché sono favorevole alla legge e contrario alla proposta di sospensiva.
Questa legge non è stata preparata dal Governo. Questa legge, la cui origine risale a due anni or sono, è stata preparata da una commissione paritetica, nominata, sia pure in definitiva, dal Governo, ma su designazione delle varie organizzazioni professionali, di industriali e di lavoratori, che si è riunita molte volte e ha redatto il disegno di legge.
La Commissione ne compilò prima uno che stabiliva delle provvidenze maggiori dal punto di vista del contingentamento allo schermo e poi altri; e questi disegni di legge, che a volta a volta si sono avvicendati e sono giunti sino sulla soglia del Consiglio dei Ministri, a un determinato momento, non si sa perché, sono stati tutti sospesi e sono stati messi a dormire. Ma è che allora giocavano delle influenze straniere e particolarmente di case americane, che non avevano interesse che rinascesse l’industria cinematografica del nostro Paese e che tenevano, in definitiva, il monopolio del nostro mercato. Considerate queste cifre: il mercato italiano può assorbire solamente 250 film all’anno. Ebbene, vi sono 500 film stranieri, nella grande maggioranza americani, in questo momento nel nostro Paese. Quindi non c’è posto per il film di produzione italiana. Ma voglio dirvi che questo disegno di legge ha un interesse particolare per la classe lavoratrice, per quella classe lavoratrice che oggi non ha lavoro e che vuole lavorare colle sue maestranze specializzate, che sono di capacità veramente eccezionale, coi suoi registi, coi suoi attori, coi suoi sceneggiatori, coi suoi artisti, coi suoi soggettisti, che gli stranieri ci invidiano. Basta ricordare il successo che alcuni film hanno avuto in Europa e in America, per darvi la sensazione che effettivamente noi abbiamo la possibilità di portare l’industria cinematografica ancora in primo piano, così come era prima del fascismo, quando esisteva ancora il film muto. Pensate al film «Roma città aperta», che oggi è in America, introdotto clandestinamente, e che al suo fortunato possessore, il quale non ha potuto ottenere che un cinematografo di 300 posti alla periferia di Nuova York, in questo momento ha già dato un guadagno di cinque miliardi di lire italiane.
Questo sta a dimostrare che cosa è il nostro film. E vi dirò che ha fatto più bene «Roma città aperta» in America, nell’opinione pubblica americana, alla quale ha dato la dimostrazione soprattutto dello sforzo compiuto dal nostro Paese nella lotta per la liberazione e nella ricostruzione, che tutte le ambascerie mandate dal Governo. Ad ogni modo su questo mi intratterrò nella discussione di merito quando risponderò agli altri oratori. Ma voglio farvi notare per ora che i lavoratori che vivono direttamente nell’industria cinematografica sono circa cinquantamila e coloro che vivono ai margini del cinematografo sono oltre 100 mila. Hanno un peso notevole, onorevoli colleghi, e sono proprio queste maestranze che hanno insistito particolarmente perché sia approvata una legge che dia la possibilità all’industria italiana di rinascere.
PERA. Ma questo è protezionismo.
VERNOCCHI, Relatore. Non è protezionismo. Il professore Einaudi è maestro di economia ed io non ho il coraggio di discutere con lui di una materia che mi può insegnare. Ma a lui dirò solo questo: crede lei che, nella tragica situazione particolare dell’Italia, dopo un regime di rigido protezionismo come abbiamo avuto per 23 anni, si possa passare immediatamente al regime liberista il più assoluto? Io credo che occorra procedere per gradi; e qui si procede per gradi, perché questa legge è temporanea. Anche il contingente allo schermo è temporaneo, perché se, nell’anno prossimo, la produzione italiana avrà il successo che prevediamo, i giorni di obbligatorietà saranno diminuiti gradatamente fino a raggiungere la normalità. Non è quindi una protezione definitiva. Questa legge vuol solo dare la possibilità all’industria di risorgere in questo particolare, difficile momento.
PERA. L’avete, la legge!
CAPPA, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Non è vero.
VERNOCCHI. Non abbiamo una legge. La legge del 1945 non conteneva una condizione essenziale per l’industria italiana: non stabiliva il contingente allo schermo che dispiace ai nostri esercenti, i quali hanno fatto grossi guadagni nel 1946 col film americano e a questi guadagni non vogliono rinunziare neanche oggi. Pensate che l’incasso dei cinematografi nel 1946 è stato di 13 miliardi e 500 milioni di lire. Questa è la somma che va considerata. Orbene, sapete voi, tradotto in cifre, che cosa lo Stato verserà come provvidenze al film italiano tenendo conto che percepisce 4 miliardi di tasse erariali?
L’industria cinematografica italiana non assorbirà che una somma che va dai 150 ai 200 milioni. (Interruzione dell’onorevole Pera).
Le domando, onorevole Pera, se lo Stato, il quale incassa per virtù dell’industria cinematografica 4 miliardi all’anno di tasse, non abbia il dovere, ad un determinato momento, di cercare di aiutare anche quest’industria che gli offre una entrata così rilevante. E 150 milioni non sono una cifra eccessiva, una rovina!
Per queste ragioni, sinteticamente esposte, dichiaro di essere favorevole alla discussione del disegno di legge e contrario alla sospensiva. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Faccio osservare, onorevoli colleghi, che questa legge, come è stato già rilevato, non è affatto una improvvisazione; non è stata creata da particolari correnti di interessi che l’abbiano sollecitata. In realtà, come ha ricordato il collega Vernocchi, da anni si domandava una legge che rendesse possibile la ripresa dell’attività cinematografica nazionale.
Lo schema è stato redatto da una Commissione composta dei rappresentanti di categorie varie e dei rappresentanti dei Ministeri competenti; è stata elaborata, discussa, vagliata, portata al Consiglio dei Ministri con l’adesione di tutti i Ministri competenti. Il Consiglio l’ha riesaminata e discussa e finalmente l’ha approvata mandandola all’Assemblea. La Commissione dell’Assemblea Costituente ha fatto alcune osservazioni. La legge è ritornata al Consiglio dei Ministri e oggi è davanti a voi.
lo, come l’onorevole Einaudi, sono un laico in materia cinematografica. (Commenti a sinistra). Lo confesso.
VERNOCCHI, Relatore. Anche troppo!
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Anche troppo! Però ho cercato di portare nell’esame e nel complesso di questa legge un criterio pratico, positivo, contemperando le varie correnti, le varie domande, i vari interessi; e credo che coloro che hanno partecipato ad alcune riunioni che ho presiedute potrebbero testimoniare come mi siano stati a cuore particolarmente gli interessi dello Stato, oltre che il desiderio di vedere realmente ripresa in Italia una produzione cinematografica che ci renda possibile, se non di liberarci totalmente – ciò che credo difficile per ora – dalla produzione straniera, almeno di avviarci verso una partecipazione alla produzione che è rappresentata nelle nostre sale cinematografiche.
Questa legge vuole appunto incoraggiare l’industria nazionale; io sono lieto di aver qui constatato che, a parte la viva opposizione dell’amico e collega Pera, in complesso altri, che si erano manifestati fuori di qui e dentro di qui, nelle prime discussioni, contrari in parte alla legge, o che per lo meno formulavano varie obiezioni, si sono poi quasi conciliati; come per un’altra legge, che avrò l’onere e l’onore di sostenere davanti a questa Assemblea dopo molte polemiche di stampa, spero si troverà un accordo, così mi è parso che su questa legge l’accordo, in complesso fosse trovato e raggiunto fra gli esponenti delle varie materie cinematografiche e l’industria cinematografica.
Dice l’amico Pera che c’è già una legge che tutela in parte questa produzione cinematografica. Ebbene, una legge c’è, ma l’attuale progetto la migliora in parte, in quanto migliora le percentuali in favore della produzione nazionale. In questa legge nello stesso tempo si riorganizza l’Ufficio cinematografico, nel tentativo che io voglio fare e che ho cercato di fare, di sbloccare, di liquidare il vecchio Ministero della cultura popolare.
Ma veda, collega Pera, in realtà, nella legge che sussiste a regolare la produzione cinematografica nazionale, non vi è un articolo che appare in questa legge, e che probabilmente ha creato la polemica di stampa e l’opposizione di cui lei, in completa e perfetta buona fede, si è fatta eco. Non c’è nella legge precedente l’obbligo della riserva di sessanta giorni di rappresentazioni alla produzione nazionale.
PERA. Ma siamo d’accordo.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. L’obbligo di riservare sessanta giorni alla produzione nazionale non è contenuto nella legge precedente; donde le opposizioni che sono state fatte prima nelle varie commissioni e che poi vengono ad affiorare oggi nell’Assemblea Costituente contro la presente nuova legge. In realtà esse provengono dai conduttori di sale cinematografiche particolarmente toccati da quest’obbligo di riserva di sessanta giorni imposto a favore dell’industria nazionale.
Per il resto, la sostanza della legge è quella che era prima, con alcuni miglioramenti tecnici che credo anche lei, onorevole Pera, dovrà ammettere.
PERA. Per i produttori.
CAPPA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Per queste ragioni, io ritengo che sia utile respingere la domanda di un rinvio. Questo progetto si trascina da molto tempo, ha subìto tutti gli studi e le revisioni possibili. Del resto, l’Assemblea Costituente potrà discuterlo articolo per articolo. Se l’onorevole Pera ed altri ritengono che certi sussidi e certi concorsi siano eccessivi nell’aumento che è stato fatto, potremo qui vagliarli con tutta libertà; ma ritengo, nell’interesse dell’economia nazionale e delle maestranze, sia conveniente che questa legge sia varata. Pertanto, il Governo chiede che sia respinta la domanda di rinvio.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, devo ora porre in votazione la proposta di sospensiva.
LUSSU. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE Onorevole Lussu, sulla proposta di sospensiva non dovrebbero farsi dichiarazioni di voto. (Interruzione dell’onorevole Tonello).
Onorevole Tonello, sono io giudice dell’opportunità di quanto devo dire.
La proposta di sospensiva è del seguente tenore:
«I sottoscritti chiedono che venga sospesa la discussione del progetto di legge sull’industria cinematografica e che il progetto sia rinviato al Governo per l’ulteriore esame».
CIANCA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa?
CIANCA. Vorrei dire che ora si tratta di stabilire le finalità di questo rinvio. Quindi, mi pare che le dichiarazioni di voto debbano essere autorizzate, anche perché da queste dichiarazioni di voto possono essere precisati i fini che noi ci proponiamo di raggiungere.
PRESIDENTE. Nei limiti espressi dall’onorevole Cianca consento qualche breve dichiarazione.
CIANCA. Ho inteso discutere di liberalismo e di vincolismo. Qui il problema non c’entra. Si tratta di difendere – si è detto – i legittimi interessi della industria cinematografica italiana e gli interessi delle maestranze. Su questo punto siamo perfettamente d’accordo. Dichiaro di essere assolutamente ignaro della materia, ma mi trovo di fronte a un disegno di legge, il cui titolo è questo: «Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale». Ora, noi abbiamo creato delle Commissioni alle quali abbiamo deferito il compito di discutere determinati problemi. Io chiedo: perché questo disegno di legge, il quale si intitola alla «industria cinematografica» e investe problemi di carattere finanziario deve arrivare dinanzi a noi senza il parere preventivo delle due Commissioni specificamente competenti: della Commissione di finanza e della Commissione dell’industria e commercio? (Approvazioni). È per questo, e per questo solo, che aderiamo alla proposta di sospensiva.
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, nei limiti di una dichiarazione di voto.
CORBINO. Sono per la sospensiva nell’interesse dello stesso disegno di legge, che si sta discutendo fra vivi contrasti…
Una voce da sinistra. Sulla sospensiva hanno parlato già due oratori a favore e due contro.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per non suscitare altre questioni ho consentito che si facciano anche dichiarazioni di voto.
Prego però i colleghi di non abusare di questa concessione.
CORBINO. Dovremo perdere una settimana per esaminare il disegno di legge e non abbiamo tempo: si mandi alle Commissioni, che provvedano direttamente sulle proposte…
Una voce. C’è già stato.
CORBINO. Ed il Governo provveda in merito come ha il diritto e il dovere di fare!
LUSSU. Chiedo di parlare.
GRASSI. Mi appello al Regolamento.
PRESIDENTE. Ritengo opportuno consentire all’onorevole Lussu una breve dichiarazione.
LUSSU. Desidero chiarire un punto, e per questo principalmente ho chiesto la parola. Si è voluto dare al dibattito un carattere politico che non esiste. Lo dimostra il fatto che i colleghi comunisti si trovano su questo problema d’accordo con quelli dell’«Uomo qualunque» (Commenti); ed io stesso sono d’accordo sia con l’onorevole Pera che con l’onorevole Einaudi. Ciò dimostra che non c’è questione politica, che non ci sono né sabotatori né opposizione massimalistica, ma soltanto una opposizione obiettiva. Io sono favorevole ad ogni iniziativa cinematografica e sono entusiasta del cinema. Debbo dire anzi che, sotto questo aspetto, ho simpatia verso l’onorevole Guglielmo Giannini, non perché è Presidente dell’«Uomo qualunque»…
GIANNINI. Grazie, grazie!
LUSSU. …ma perché si è occupato di letteratura e di cinematografia nel passato. Simpatia anche per gli industriali, perché se gli industriali non si occupassero del cinema, non se ne occuperebbe davvero nessuno. Il problema presenta ora riserve e complicazioni. L’onorevole Giannini ha rinunciato ad un discorso di due ore che era indispensabile perché tutti ci facessimo una idea esatta del problema; ma, poiché egli non ne ha parlato, e ne ha parlato invece abbondantemente in opposizione l’onorevole Pera, noi ci siamo sentiti preoccupati dalle argomentazioni da lui esposte; per cui rispondere negativamente ad una proposta di sospensiva, in coscienza, mi pare troppo.
Concludo dicendo che era indispensabile il parere della Commissione di finanza. In linea di principio si può discutere sulla questione del protezionismo, ma nel fatto specifico occorre questo parere, che non c’è stato. Concordo con le conclusioni dell’onorevole Corbino: noi non avremo il tempo di discutere per alcuni giorni questa legge. Il Governo e le Commissioni decidano e poi vedremo.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di sospensiva.
(Dopo prova e controprova, non è approvata).
Il seguito della discussione di questo disegno di legge è rinviato ad una prossima seduta.
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di urgenza:
«Al Ministro dell’interno, sui sanguinosi incidenti avvenuti a Potenza il 29 aprile ultimo scorso durante i quali fu fatto fuoco sulla folla provocando la morte di due cittadini con il ferimento di altri 14. E per sapere se siano state accertate le cause della sommossa, se ne siano stati individuati i fomentatori e se siano state acclarate le responsabilità dell’eccidio.
«Pignatari, Canevari, Carboni, Zanardi, Rossi Paolo, Paris, Gullo Rocco, Morini».
«Al Ministro dell’interno, sul grave e sanguinoso incidente del 29 aprile a Potenza, che ha causato la morte di due cittadini e il ferimento di altri quattordici, per sapere se siano stati individuati i provocatori della sommossa e i responsabili dell’eccidio.
«Zotta, Colombo Emilio».
«Al Ministro dell’interno, per conoscere i motivi per cui sarebbe stato deciso, contrariamente a precise disposizioni di legge, di sciogliere il consiglio comunale di Roccarainola (provincia di Napoli) senza indire, come di regola, elezioni suppletive che provvedessero alla sostituzione di un gruppo di consiglieri dimissionari.
«Schiavetti, Cianca, Lussu».
«Al Governo, per conoscere quali provvedimenti intenda emettere per la sistemazione della Mostra triennale delle Terre italiane d’Oltremare e per la restituzione ai legittimi proprietari dei terreni sottoposti a espropriazione provvisoria, ma sui quali non è sorta alcuna costruzione stabile.
«Riccio Stefano».
«Ai Ministri dei trasporti e delle finanze e tesoro, per avere assicurazione che aderiranno alla legittima richiesta degli equipaggi delle navi traghetto dello Stretto di Messina tendente ad aver riconosciuta l’indennità mine. E ciò al fine di equiparare le condizioni economiche degli stessi a quelle del personale della Marina mercantile ed alleviare parzialmente la loro disagiatissima situazione ed anche per evitare che un eventuale sciopero paralizzi tutto il traffico della Sicilia.
«Bonino».
Chiedo al Governo quando intende rispondere.
CARPANO MAGLIOLI, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo si riserva di fissare le date in cui risponderà a queste interrogazioni.
Interrogazioni e interpellanza.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e di una interpellanza pervenute alla Presidenza.
SCHIRATTI, Segretario, legge.
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, perché consideri se non ritenga opportuno, perché possano avere congrua sistemazione coloro che da oltre dieci anni prestano servizio presso le cancellerie giudiziarie quali avventizi, un provvedimento legislativo, che autorizzi un concorso interno per aiutante di cancelleria, così come fu fatto dopo la guerra 1915-18, al quale possano prendere parte gli interessati senza limite di età.
«Colitto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, perché consideri se non ritenga opportuno, perché possano avere congrua sistemazione coloro che da oltre dieci anni prestano servizio nelle preture come funzionanti ufficiali giudiziari, un provvedimento legislativo, che li autorizzi a prendere parte ai concorsi ad ufficiali giudiziari effettivi, senza limite d’età.
«Colitto».
«Il sottoscritto chiede di interrogare l’Alto Commissario per l’alimentazione, sulla situazione degli industriali della pastificazione della provincia di Campobasso, che lamentano vivamente il serio inconveniente della ridottissima lavorazione, verificatasi durante il decorso mese di dicembre, che certamente si protrarrà sino al nuovo raccolto.
«Tale situazione è aggravata dall’assoluto divieto di pastificare per conto terzi e per conto dei produttori e, si teme, quindi, il ripetersi di quanto si verificò nell’annata 1945-1946 e cioè una inattività per sette lunghi mesi delle industrie con enorme danno dei lavoratori e dei cittadini consumatori.
«Si fa presente, inoltre, che l’industria della pastificazione è nella predetta provincia particolarmente sviluppata e conta oltre cinquanta aziende con circa duemila lavoratori, i quali non hanno la possibilità di dedicarsi temporaneamente ad altri lavori principalmente in conseguenza del lungo periodo invernale.
«Ciò premesso, l’interrogante chiede all’Alto Commissario se, per ovviare alla non lieta situazione verificatasi, e che certamente si aggraverà, non ritenga opportuno permettere la pastificazione per conto terzi, regolarmente controllata dalle locali autorità, dalla quale i pastifici potrebbero trattenere una percentuale da fissarsi, da mettere poi a disposizione del tesseramento locale.
«In proposito si rammenta che la disposizione vigente, che dà permesso ai produttori di versare grano ai granai del popolo per avere in cambio la relativa tessera per la pasta, non ha dato, almeno nella ripetuta provincia, buoni risultati in conseguenza della mancata distribuzione dei generi tesserati.
«Colitto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere i motivi per il quale, dopo aver annunciato come prossima, fin dallo scorso anno, l’ammissione dei diplomati degli istituti tecnici alle facoltà universitarie di agraria e di ingegneria, quest’ultima previo esame integrativo, e dopo aver dato incarico ad una apposita commissione di realizzare entro il 31 gennaio 1947 l’accesso degli abilitati tecnici alle suddette facoltà universitarie, nonostante che tale ammissione sia stata riconosciuta anche dal Consiglio superiore della pubblica istruzione giusta e doverosa perché completamento degli studi iniziati, non abbia ancora provveduto a mantenere nei fatti la promessa e realizzato questa necessità urgente e doverosa per questo gruppo di studenti, molti dei quali hanno combattuto per la Patria e per la libertà ed oggi si vedono stroncata la loro carriera come guiderdone di una vita di dolori, di eroismo e di sacrificio. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Tega».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non ritenga opportuno di promuovere la abrogazione dell’articolo 3 del decreto legislativo presidenziale 22 giugno 1946, n. 33, in considerazione del fatto che la disposizione contenuta nell’articolo medesimo, limitativa del godimento del contributo statale pel caso che i mutui agrari siano estinti entro il quinquennio della decorrenza dell’ammortamento, risulta in stridente contrasto con l’articolo 1 del decreto medesimo, e con la necessità di incoraggiare la esecuzione delle opere di ricostruzione e di miglioramento fondiario-agrario. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Corsini, Jacini, Pallastrelli».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere i motivi per cui non è stato ancora proposto un provvedimento legislativo che consenti a quegli architetti che non potettero essere iscritti nell’albo professionale per la mancanza della tessera fascista, di presentare i loro titoli alla speciale commissione incaricata di valutarli, prorogando a loro favore il termine già più volte prorogato durante il regime fascista, con la esclusione di coloro che «avessero svolto una pubblica attività in contradizione con gli interessi della Nazione», secondo la formula di evidente carattere settario dell’articolo 3 delle norme di coordinamento dettate con il decreto 27 ottobre 1927, n. 2145.
«Per sapere altresì se l’onorevole Ministro ritenga giusto che venga mantenuta questa esclusione, la quale sembra patrocinata da qualche collegio professionale con lo specioso pretesto di un eventuale esame non rigoroso dei titoli (esame che potrebbe anche esser prescritto con particolare rigore), mentre potrebbe ritenersi che la tendenza a perpetuare l’ostracismo da parte di collegi già costituiti con la partecipazione di architetti ammessi sotto il regime fascista sia ispirata a una ingiusta tutela di categoria in danno di professionisti meritevoli e dal passato politico impeccabile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Schiavetti».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non ritenga opportuno regolare la posizione giuridica delle migliaia e migliaia di cittadini altoatesini di lingua tedesca già optanti nel 1939 per la cittadinanza tedesca, emigrati in seguito in Germania e dopo la fine della guerra rientrati clandestinamente in Italia, nella provincia di Bolzano. Tali cittadini, vittime di una falsa propaganda non disgiunta la minaccia nel 1939, nella quale è coinvolta anche la responsabilità dell’autorità d’allora, a cui si è fatta intravedere una prossima situazione con la cosiddetta legge Parri sulle opzioni, vivono in una situazione di precaria provvisorietà, privi di qualsiasi diritto, senza la possibilità di procurarsi un’occupazione per mezzo dei locali Uffici del lavoro.
«La sollecita emanazione di norme che regolino definitivamente o almeno in via provvisoria la posizione di migliaia di famiglie di lavoratori sarebbe non solo un atto di doverosa magnanimità e di profonda umanità da parte del Governo, ma un atto che sarebbe altamente apprezzato e porrebbe le premesse per un’auspicabile distensione degli animi e per un miglioramento dei rapporti fra i cittadini dei due gruppi etnici conviventi in quella provincia. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Matteotti Matteo, Paris».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere le ragioni per le quali ai dipendenti dell’Ufficio di Rovereto Borgo Sacco non vengano corrisposte le indennità previste dall’articolo 2 del decreto legislativo 11 gennaio 1946, n. 18, mentre tali indennità sono regolarmente liquidate agli altri dipendenti statali che lavorano e abitano nello stesso rione di Borgo Sacco della città di Rovereto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Paris».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere se non ritenga opportuno abrogare le disposizioni che comminano provvedimenti disciplinari per gli ufficiali di complemento che hanno collaborato col tedesco invasore, limitatamente agli ufficiali di complemento altoatesini di cittadinanza italiana.
«Tali ufficiali, come pure le loro famiglie, sono stati oggetto di pressioni morali e anche di vessazioni da parte delle autorità italiane fino al 1939. Da quell’anno, con l’opzione per la cittadinanza italiana, dimostrarono con un atto ufficiale la loro fiducia in un giusto riconoscimento dei loro diritti da parte italiana, sfidando le minacce e le violenze dei nazisti altoatesini, lasciati volutamente impuniti dall’autorità italiana.
«L’8 settembre 1943 le S.S. instaurarono un regime di terrore nei confronti di quanti avevano optato per la cittadinanza italiana, delle loro famiglie e dei parenti fino al terzo grado.
«È quindi comprensibile che essi si sottomettessero ed eseguissero gli ordini delle S.S., sapendo con certezza che in caso di diserzione i loro congiunti sarebbero stati deportati e trucidati. Non, quindi, collaborazione ci fu, ma vera e propria punizione da parte dei tedeschi, che considerarono la loro lealtà verso l’Italia un tradimento degli ideali del Grossdeutschland.
«L’annullamento dei provvedimenti pronunziati e l’abrogazione delle disposizioni relative è un atto di giustizia riparatrice per questi leali cittadini, vessati da italiani e da tedeschi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Paris».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro della difesa (aeronautica), per conoscere quanto vi sia di vero nella notizia pubblicata da tutta la stampa napoletana, secondo la quale un complesso di lavori, che dovrà essere eseguito necessariamente nell’aeroporto di Capodichino, sarebbe stato assegnato ad una ditta dell’Alta Italia, in ispreto della legge sul sesto, dei diritti degli stabilimenti da gran tempo esistenti in Napoli e soprattutto dell’interesse delle maestranze specializzate che attendono ansiosamente di poter lavorare per provvedere ai loro bisogni di vita. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Persico, Rodinò Mario».
«Il sottoscritto chiede d’interpellare i Ministri della marina mercantile e delle finanze e tesoro, per conoscere dal primo quando vorrà provvedere alla promozione al grado superiore del personale civile delle Capitanerie di porto, che trovasi ai gradi X, XI e XII da un ventennio ed alcuni nientemeno che dal 1922 e non certo per demeriti, e dal secondo se non ritenga opportuno approvare, dando ad esso esecuzione, il progetto di ristretto ampliamento di organico di detto personale, già inoltrato ad esso Ministero delle finanze e del tesoro, col quale è stato in parte ripreso quello analogo presentato nel 1942 e che, pur approvato dal Ministero delle finanze, non poté avere applicazione, essendo intervenuto il divieto del Capo del Governo di qualsiasi proposta, per la durata della guerra, di ampliamento di organici.
«Colitto».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
Così pure l’interpellanza sarà iscritta all’ordine del giorno, qualora i Ministri interessati non vi si oppongano nel termine regolamentare.
La seduta termina alle 12.45.