ASSEMBLEA COSTITUENTE
CVII.
SEDUTA DI VENERDÌ 2 MAGGIO 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
indi
DEL VICEPRESIDENTE PECORARI
INDICE
Congedi:
Presidente
Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Svolgimento):
Presidente
Scelba, Ministro dell’interno
Li Causi
Nenni
Miccolis
Mattarella
Varvaro
Di Giovanni
Orlando Vittorio Emanuele
Musotto
Giannini
Bellavista
Russo Perez
Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):
Presidente
Gullo rocco
Corbino
Giannini
Barbareschi
Persico
Lagravinese Pasquale
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione
Mastino Pietro
Scoccimarro Perrone Capano
Fuschini
Lucifero
Gronchi
Orlando Vittorio Emanuele
Mazzoni
Votazione segreta:
Presidente
Lucifero
Benedettini
Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):
Presidente
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Sui lavori dell’Assemblea:
Scoccimarro
Ghidini
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Presidente
Proia
Giannini
Gullo Rocco
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 15.10.
MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 29 aprile.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati: Silone, Vigna, Zerbi, Gortani, Grilli, Codignola, Nicotra, Treves, Simonini, Pignedoli, Rumor, Bulloni, De Caro Raffaele.
(Sono concessi).
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di urgenza:
«Al Ministro dell’interno, sui gravissimi fatti di San Giuseppe Jato e Sancipirrello, che, traverso una criminale imboscata, produssero la morte di 8 lavoratori, fra cui una giovane donna, e il ferimento di circa altri 30, tra cui un bambino, che versano in gravissime condizioni. Ancora una volta le forze della reazione tentano di sopprimere il grandioso movimento dei contadini, affermatosi così vigoroso e deciso nelle elezioni del 20 aprile.
«Musotto, Li Causi, Montalbano, D’Amico Michele, De Vita, Fiore».
«Al Ministro dell’interno, per conoscere una esatta versione dei luttuosi fatti di ieri nella provincia di Palermo e per sapere quali misure siano state adottate dal Ministero.
«Mattarella».
«Al Ministro dell’interno per conoscere le sue informazioni sulla orribile strage perpetrata in Sicilia contro innocenti lavoratori in festa da parte di criminali ignobili il cui gesto nefando ha offeso sanguinosamente l’onore e il cuore del generoso popolo siciliano; quali provvedimenti abbia adottato e si proponga di adottare per la scoperta e la punizione dei colpevoli; per il soccorso delle vittime e delle loro famiglie; ed infine per ristabilire in Sicilia l’imperio assoluto della legge e il rispetto della libertà e dei diritti delle classi lavoratrici.
«Varvaro».
«Al Ministro dell’interno, sui luttuosi recenti avvenimenti in Sicilia. Nei pressi di San Giuseppe Jato, in una aggressione premeditata e organizzata per moventi di resistenza politica contro un pacifico corteo di lavoratori che si recavano a celebrare la festa del lavoro, ad opera di sicari appostati nelle colline circostanti, provvisti di armi automatiche, hanno trovato la morte otto lavoratori, fra cui una donna, e altri trentadue sono rimasti feriti. Chiedono di sapere quali urgenti e adatti provvedimenti il Governo abbia preso e intenda attuare per colpire tutti i responsabili, reprimendo il grave fenomeno, che potrebbe essere foriero di più gravi conseguenze.
«Di Giovanni, Rocco Gullo, Di Gloria, Pera, Vigorelli, Bennani, Zanardi, Lami Starnuti, Rossi Paolo, D’Aragona, Bocconi, Ghidini».
L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.
SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevoli colleghi, la giornata del primo maggio svoltasi nel più perfetto ordire in tutta l’Italia è stata funestata da un tragico e doloroso episodio che ha colpito la mia Isola.
Ieri, verso le 10 circa, un migliaio di persone dei comuni della Piana dei Greci si riuniva, come tutti gli anni, in località Portella della Ginestra per celebrare la festa del primo maggio. Durante la riunione e mentre parlava un rappresentante dei lavoratori, da un costone vicino venivano sparati colpi di arma automatica sulla folla provocando la morte di sette persone e 33 feriti. La polizia, avvertita a Palermo, interveniva immediatamente coi mezzi a sua disposizione, comprese alcune autoblinde, e nelle perlustrazioni eseguite nella zona nel pomeriggio e anche nella notte sono già state arrestate 74 persone.
Una voce da sinistra. Poche.
SCELBA, Ministro dell’interno. Altre 14 persone indiziate sono ricercate dalla polizia. Sono questi gli ultimi dati pervenuti al Ministero dell’interno. Appena informato ieri mattina dei luttuosi avvenimenti, mi sono tenuto in contatto tutto il giorno e fino a tarda ora della notte di ieri con le autorità locali per avere informazioni. Nello stesso tempo richiamavo l’attenzione delle autorità locali, del prefetto e del questore, perché fossero mobilitate tutte le forze di polizia a disposizione, allo scopo di rintracciare ed arrestare i responsabili di così criminosi fatti. Si deve al pronto intervento della polizia se si è potuto procedere agli arresti cui ho prima accennato.
Non abbiamo notizie circa la qualità delle persone arrestate, né possiamo esprimere un giudizio sulle causali, ma, a giudicare dalle modalità del delitto, non è difficile immaginarne i moventi e le finalità. Il delitto si è consumato in una zona fortunatamente limitata – e sarebbe estremamente ingiusto generalizzare a tutta la Sicilia – in cui persistono mentalità feudali sorde e chiuse, che pensano di ripagarsi con un’imboscata o con una bravata fatta eseguire da arnesi da galera per torti ricevuti. Non è una manifestazione politica questo delitto: nessun partito politico oserebbe organizzare manifestazioni del genere, non fosse altro perché è facile immaginare che i risultati sarebbero nettamente opposti a quelli sperati. Si spara sulla folla dei lavoratori, non perché tali, ma perché rei di reclamare un nuovo diritto.
Si vendica l’offesa, così come si sparerebbe su un singolo, per un qualsivoglia torto ricevuto, individuale o familiare.
Con analoga mentalità, anche se con moventi e finalità diversi, in altre regioni d’Italia si uccidono da altri criminali e con forme analoghe di banditismo i proprietari. Lo dico a difesa della mia Isola, i cui avvenimenti sono spesso presentati in termini di eccezionalità che nulla hanno a che vedere con la realtà isolana, non diversa da quella del resto d’Italia.
La zona in cui si è maturato il delitto tende ogni giorno più a restringersi e non è lontano il giorno in cui potrà scomparire del tutto, quando le strade, le comunicazioni in genere, le scuole e le trasformazioni fondiarie avranno fatto scomparire quelle larghe distese di terreni senza case, senza alberi e senza stabile vita sociale, quando avranno fatto scomparire le condizioni sociali arretrate che perpetuano l’esistenza di mentalità anch’esse arretrate.
Ogni cittadino, ogni uomo non può non deplorare questi residui di banditismo feudale, ed il Governo esprime il profondo e sentito cordoglio per le vittime, per le loro famiglie e per quella popolazione laboriosa così dolorosamente colpita; nello stesso tempo esprime l’augurio che il legittimo sdegno causato nei lavoratori, ma che è anche di ogni animo onesto, di ogni uomo senza distinzione di colore politico, l’augurio che il delittuoso episodio non siano causa di nuove lotte o che abbiano a colpire uomini o cose che nulla hanno a che vedere con un delitto unanimemente e sinceramente deprecato. (Approvazioni).
PRESIDENTE. L’onorevole Li Causi ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
LI CAUSI. Onorevoli colleghi, debbo immediatamente dichiarare che non sono niente affatto sodisfatto delle dichiarazioni del Ministro dell’interno, Onorevole Scelba, perché il modo politico con cui egli ha voluto esprimere un giudizio sugli avvenimenti siciliani deve essere nettamente respinto da ogni cittadino onesto, indipendentemente dalla fede politica o religiosa.
È ora che si finisca con questa retorica di difesa della Sicilia, difendendone le manifestazioni più deteriori e più incivili: il popolo siciliano che va difeso è quello che, nella sua enorme maggioranza, il 20 aprile ha espresso il suo sentimento profondamente democratico e profondamente unitario. Questa è la Sicilia che noi difendiamo e non le manifestazioni di un passato che deve essere inesorabilmente estirpato.
Onorevoli colleghi, ho visto con i miei occhi – perché arrivo oggi – quello che è avvenuto in quella zona che conosco di persona, perché l’anno scorso sono stato io in quel posto a celebrare il primo maggio, ed ho visto una bambina di tre anni trucidata, cinque orfani impietriti dall’orrore, attorno alla madre morta. Ho visto una vecchia di settantatre anni ferita, ho visto giovani di sedici anni con le carni lacerate. E raccontava quella vecchia in siciliano: «Quando ho sentito sparare, ho battuto le mani, perché credevo che fossero i mortaretti di gioia».
Dalla Portella della Paglia si entra nel Piano della Ginestra dove c’è un sasso sacro alla memoria di Nicola Barbato; ed è dal 1894 che ogni anno, su quel pianoro, i contadini di San Giuseppe Jato partendo da est, i contadini di Piana dei Greci partendo da ovest, con le famiglie, i muli bardati a festa, con le vivande, si riuniscono per festeggiare il primo maggio.
E i contadini di Piana dei Greci, per venti anni, durante il fascismo, hanno conservato il labaro del fascio del 1894 che oggi torna a risplendere al sole.
Ebbene, è su questa folla innocente e gioiosa che dai due costoni, La Cometa e La Pizzuta, sono partite raffiche di mitragliatrice. Le prime vittime del fuoco micidiale sono stati i muli che facevano siepe, come negli accampamenti dei pionieri. Aggiustato il tiro, incominciarono ad essere falciate le vite umane. Un particolare che si acclarerà, ma che già è stato fatto presente alle autorità: il maresciallo dei carabinieri di Piana dei Greci, in un feudo dietro La Pizzuta, «schiticchiava»: in siciliano, vuol dire che si divertiva a mangiare, coi mafiosi della zona. I nomi dei probabili organizzatori della strage sono corsi sulla bocca di tutti e noi li facciamo, perché li abbiamo fatti sulla stampa e i contadini della zona li conoscono, e li conosce anche l’onorevole Bellavista. Sono i Terrana. gli Zito, i Bosco, i Romano, i Troia, i Riolo-Matranga; sono i capi mafia, sono i gabelloti, sono gli esponenti del partito monarchico e del blocco monarchico liberal-qualunquista di San Giuseppe Jato. (Interruzioni e proteste a destra – Rumori – Scambio di apostrofi).
BELLAVISTA. Siete voi gli assassini!
GIANNINI. Il giornalista Li Causi non ha diritto di parlare qui! È un diffamatore! Ha quaranta querele per diffamazione. (Rumori).
LI CAUSI. Assassini erano dei qualunquisti!
PRESIDENTE. Onorevole Giannini, lasci parlare l’onorevole Li Causi. Chiederà dopo la parola per fatto personale, alla fine di questa discussione.
GIANNINI. Sta bene, la chiederò.
LI CAUSI. Onorevole Bellavista, lei conosce i mafiosi di San Giuseppe Jato; lei sa che, dopo uno dei suoi numerosi comizi a San Giuseppe Jato, il mafioso Celeste ebbe a dire ai contadini: «Voi mi conoscete: chi voterà per il blocco del popolo non avrà né padre, né madre!».
Molti bambini di Piana e di San Giuseppe Jato oggi non hanno né padre, né madre.
Smentite, se avete il coraggio!
GIANNINI. Qualunque cosa diciate voi è una menzogna. (Rumori).
LI CAUSI. Come è possibile che un fatto di tale enorme gravità, così inaudita, abbia potuto accadere, un fatto che desta orrore nella comune coscienza? Come è possibile che una tale strage mostruosa abbia potuto essere premeditata e freddamente organizzata? Siamo di fronte ad un fatto che mostra la decisa volontà di provocare in Sicilia la guerra civile, di mantenere, specialmente dopo il responso del 20 aprile, l’Isola in uno stato di tensione, di torbida agitazione.
Ed il Ministro Scelba dovrebbe sapere, tranne che i suoi funzionari non lo informino, che proprio dopo il 20 aprile si sono intensificate le provocazioni politiche, le intimidazioni contro i lavoratori. La mattina del primo maggio, sia a San Giuseppe Jato che a Piana dei Greci, delinquenti che si fregiavano del distintivo dell’Uomo qualunque hanno avvertito: fate la festa stamane, vedremo chi riderà stasera. (Proteste a destra – Rumori – Scambio di apostrofi fra la destra e l’estrema sinistra).
PRESIDENTE. Facciano silenzio, onorevoli colleghi!
LI CAUSI. Ebbene, vogliamo dire che se si vuole stroncare alla radice questa mala pianta della delinquenza politica al soldo degli agrari e il mafioso gabelloto sfruttatore dei contadini, ed in particolare in quella zona dove la lotta dei contadini è stata aspra, onorevole Scelba, liberateci dagli alti funzionari addetti alla polizia, profondamente compromessi con i monarchici prima e dopo il 2 giugno come siete stato informato; e liberateci da quei marescialli dei carabinieri che in questi posti vanno a braccetto coi mafiosi mentre respingono costantemente e cercano di mettere in galera con ogni pretesto il segretario della sezione comunista, della sezione socialista, i segretari dei partiti democratici, il segretario della Camera del lavoro…
MICCOLIS. Tutti i delinquenti.
LI CAUSI. Onorevole Scelba, ci sono stati i fischi di Messina a De Gasperi; ma se voi credete che, sparando su di noi, domani non si spari su De Gasperi, è una grossa illusione la vostra!
Una voce a destra. Osate qui dire che in Sicilia si spara contro i contadini! In Italia settentrionale si spara…
NENNI. Il Presidente mi consenta di dire una parola in deroga a tutti i regolamenti. Ci sono cose che non sono possibili: una persona, non so chi, all’estrema destra ha gridato che sono tutti delinquenti…
MICCOLIS. Sono stato io! (Agitazione – Scambio di vivacissime apostrofi fra l’estrema sinistra e la destra – Tumulto – Il Presidente sospende la seduta e fa sgombrare le tribune).
(La seduta, sospesa alle 15.40, è ripresa alle 15.45).
PRESIDENTE. Prego gli onorevoli colleghi di far silenzio. (Interruzione dell’onorevole Giannini).
Onorevole Giannini, prego anche lei di tacere. Se vorrà, parlerà dopo per fatto personale.
La parola deve essere ridata a colui che parlava al momento in cui l’incidente è avvenuto. (Interruzione dell’onorevole Tonello). La prego di tacere, onorevole Tonello.
Pertanto la parola spetta all’onorevole Li Causi, che stava parlando.
Nessuno potrebbe privanelo. Se l’onorevole Miccolis intende di spiegare immediatamente le parole che ha pronunziato e che hanno provocato le reazioni di altri settori dell’Assemblea, per questo solo scopo posso dargli facoltà di parlare.
GIANNINI. In una circostanza come questa….
PRESIDENTE. Onorevole Giannini, faccia silenzio. Ha facoltà di parlare l’onorevole Miccolis.
MICCOLIS. Io devo innanzi tutto chiarire, perché c’è stato un qui pro quo.
Ho sentito dall’altra parte dire: «Si arresta Tizio, Caio, Sempronio». Io ho detto: si arrestano i delinquenti responsabili. (Rumori a sinistra).
Una voce a sinistra. Non è vero.
MICCOLIS. Non ho inteso offendere nessuno; ho inteso difendere le forze pubbliche che hanno bisogno, in questo momento, di mantenere l’ordine. Ripeto: non ho inteso offendere nessuno; ho cercato semplicemente di precisare che va considerata la forza pubblica come quella che è tenuta a mantenere l’ordine e quindi ad arrestare i responsabili delinquenti.
Una voce a sinistra. Non ha detto questo.
MICCOLIS. Questo ho detto,
PRESIDENTE. L’argomento di cui si parla è talmente triste per il cuore di tutti noi, che anche se avessimo alcune ragioni per sentirci colpiti dovremmo saper frenare i nostri impulsi e tacere. Onorevole Li Causi, riprenda a parlare.
LI CAUSI. Onorevoli colleghi, ripeto al Ministro dell’interno per la posizione da lui assunta su gli avvenimenti di Sicilia che i fischi di Messina all’onorevole De Gasperi diventeranno pallottole anche contro l’onorevole De Gasperi; rendetevi conto, signori, amici democratici cristiani, che non si difende la Sicilia al modo dell’onorevole Scelba! Affermando come fa il Ministro degli interni che in Sicilia avviene l’opposto di quello che avviene al settentrione, cioè che lassù i contadini uccidono i proprietari mentre in Sicilia i proprietari uccidono i contadini, si dice cosa non vera e politicamente pericolosa; come si vuole chiudere gli occhi dinanzi alla realtà minimizzando l’avvenimento per non intaccare l’onore della Sicilia. La Sicilia è onorata ed è stata grandemente onorata dopo il 20 aprile dalle manifestazioni di giubilo di tutto il paese,
CANDELA. È onorata da quando è nata.
PRESIDENTE. Non interrompa; non sente l’inutilità di questa interruzione?
LI CAUSI. Anche voi siete responsabili… (Interruzioni a destra).
Le stesse manifestazioni le abbiamo avute in altre provincie della Sicilia, e grondano sangue le mani dei sicari degli agrari, esponenti del partito monarchico e del blocco liberale qualunquista della provincia di Agrigento, sangue del compagno Accursio Miraglia.
Non è un fenomeno sporadico, né localizzato. La polizia sa che questa gente è armata, e guai se avessero vinto loro! A quest’ora ci avrebbero fisicamente soppressi. Ed è perché non hanno vinto che sfogano il loro bestiale odio contro i contadini che hanno votato con schiacciante maggioranza per il Blocco del Popolo.
Dietro costoro ci sono i fondatori del fronte antibolscevico. A Palermo, all’indomani del 20 aprile, si sono iniziate le provocazioni monarchiche contro gli operai.
Il Governo non si è voluto render conto che in Sicilia bisogna far piazza pulita di tutti gli alti dirigenti della pubblica amministrazione, della polizia, ed anche della Magistratura. Basta coi massacri, più orrendi di quelli consumati dai tedeschi e dai fascisti repubblichini contro le popolazioni inermi! (Vivi applausi a sinistra).
PRESIDENTE. L’onorevole Mattarella, firmatario della seconda interrogazione, ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
MATTARELLA. Come membro dell’Assemblea Costituente e come deputato siciliano, mi auguro che le misure prese e le disposizioni date valgano ad assicurare al più presto alla giustizia i responsabili della barbara inumana imboscata.
Ciò non soltanto per una esigenza di giustizia riparatrice, ma anche perché solo nel rigore della legge potranno essere stroncate manifestazioni di così grave criminalità al servizio di interessi di casta.
Quello che è avvenuto a Portella è non soltanto grave dal punto di vista umano per il sangue che è stato versato e per i lutti che sono stati determinati, ma anche per il modo come rimboscata è avvenuta, che denota una fredda e implacabile organizzazione criminosa (Applausi a sinistra), organizzazione e manifestazione criminose che non possono non allarmare quanti guardano all’avvenire e allo sviluppo democratico e libero della vita isolana, perché libertà e democrazia sono anzitutto condanna di ogni forma di violenza soprattutto quando questa violenza si estrinseca in manifestazioni di così preoccupante criminalità. (Vivi applausi) Noi eleviamo il nostro pensiero commosso e deferente alle vittime del grave misfatto di ieri, inviamo alle famiglie di questi innocenti lavoratori l’espressione della nostra solidarietà, mentre leviamo la più fiera protesta e la nostra esecrazione contro atteggiamenti e manifestazioni che turbano la coscienza civile e libera del popolo italiano e che gettano indubbiamente un’ombra di turbamento sulla vita politica siciliana. Perché essi determinano preoccupazioni per il suo sviluppo democratico e allarmano per le conquiste nel campo del lavoro, alle quali la Sicilia si prepara attraverso il suo nuovo ordinamento, che vuole e deve essere ordinamento di vera ed integrale democrazia, per assicurare al popolo siciliano non soltanto la libera manifestazione dei suoi diritti politici, ma anche un libero sviluppo del suo progresso sociale, che si estrinseca nell’affermazione di quei principî di elevazione del mondo del lavoro, che misfatti come quelli di ieri non sono certamente capaci di arrestare. (Vivi, prolungati applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Varvaro ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
VARVARO. Io intendo esprimere un pensiero sereno con l’invito a questa Assemblea di compiere, veramente e solennemente, un gesto di solidarietà, da ogni suo settore, con le vittime di questo piombo crudele e con l’intero popolo siciliano che è stato offeso da questo gesto inumano nella sua sensibilità e nel suo onore (Applausi). Credo di non potere manifestare sodisfazione per le dichiarazioni. del Ministro dell’interno. Uguali dichiarazioni egli ha fatto anche in occasioni simili, cioè dichiarazioni generiche sempre e promesse di fare; ma qui non è più il caso di precisare quello che si è fatto o quello che si fa; qui bisogna rivolgere alla Sicilia una parola che tranquillizzi veramente. Siamo al terzo o al quarto episodio di uccisioni e al secondo di strage. Per quanto la sorgente del male sia stata diversa, nelle diverse manifestazioni, e ogni volta il Ministro dell’interno abbia fatto promesse di inchieste, di accertamenti, di provvedimenti, ogni volta, con monotonia esasperante, queste promesse sono cadute nel vuoto e non se ne è parlato più.
Io credo di dover avvertire che questa volta le cose sono un po’ diverse. Secondo la mia sensibilità, se oggi non si interviene sul serio, con provvedimenti che tranquillizzino tutti e che sembrino efficaci a tutti, a tutte le classi e a tutti i paesi della Sicilia, se non si fa questo, veramente, sebbene anche involontariamente, si darà inizio in Sicilia alla guerra civile. Perché chi viene dalla Sicilia conosce quale sia lo stato di tensione che si è determinato dopo le elezioni nel nostro Paese, nella nostra isola. Quindi, anche perché il Ministro ha dichiarato di non avere ancora informazioni precise, io debbo dichiararmi pel momento insodisfatto. E credo che questa Camera dovrà avere dal Ministro più concrete informazioni, non solo, ma dovrà avere notizia di provvedimenti avveduti, decisi, rassicuranti; e allora potremo dichiararci sodisfatti.
In questo momento, io mi limito ad invocare che tutto ciò avvenga e ad inviare il mio accorato sentimento di cordoglio alle vittime, alle famiglie e all’intero popolo della Sicilia (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Di Giovanni ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
DI GIOVANNI. Onorevoli colleghi, a me sembra che nella specie non si tratti di dichiararsi più o meno sodisfatti della risposta del Ministro. Io sento che tutta l’Assemblea deve esprimere la propria voce di protesta contro il gravissimo fenomeno di delinquenza collettiva a sfondo politico. Io penso che anche dall’altra parte dell’Assemblea debba levarsi la voce di protesta…
GIANNINI. Grazie! Grazie!
DI GIOVANNI. …perché da nessun settore potrà partire una voce difforme; né alcuno può condividere la responsabilità di questo doloroso, tristissimo…
GIANNINI. Meno male!
DI GIOVANNI. …fenomeno di delinquenza politica. Certo, il Governo deve non solo agire con severità, con rapidità, per reprimere, ma deve – a mio avviso – agire per prevenire. C’è tutta una serie di fatti deplorevoli che da tempo si vanno verificando. Occorre – come si è accennato dall’onorevole Li Causi – epurare i funzionari, mandar via tutti quelli che sono legati alla vecchia mentalità, alle vecchie tradizioni, alla reazione; e ce ne sono molti. Fare, insomma, che si modifichi e si purifichi l’ambiente. Il fatto odierno è gravissimo; potrebbe essere foriero di altri episodi non meno gravi. Io vorrei ricordare al Governo – e ricordo anche un po’ a tutti noi – che la reazione anarchica e violenta sale dal basso, quando l’anarchia morale, la violenza, e le provocazioni scendono dall’alto (Applausi a sinistra).
Videant consules ne quid res publica detrimentum capiat (Applausi).
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. (Segni di attenzione). Io vorrei davvero che la mia estrema età e la vita da me vissuta in una intimità continua, intensa, col popolo siciliano, mi autorizzassero, in questo momento, a dire che attraverso me parla il popolo della Sicilia (Applausi a destra), e ad affermare che esso, nella sua unanimità, da poiché i delinquenti ed i selvaggi non si computano fra i componenti di un popolo civile, ripudia quest’atto violento e manifesta tutta la sua profonda indignazione.
Orribile fatto, il quale ci ferisce nel nostro onore: onore di Siciliani, onore di isolani. Eravamo così fieri di avere il primato – me ne vantai recentemente io stesso – nell’abominare gli eccidi e gli assassini politici; mantenevamo alto l’onore di queste elezioni, che si erano svolte nella più perfetta tranquillità; vedevamo in ciò un segno di superiorità morale che ci compensava della nostra povertà; ed ecco piombare su di noi questo fatto orribile, il quale ci rende pensosi sulle cause profonde di esso!
Onorevole Ministro, qui occorre che giustizia sia fatta; ad ogni costo, deve esser fatta. Il sangue di queste vittime lo esige e grida vendetta. (Vivi, generali applausi). Quel piccolo bambino ucciso, quella povera donna trucidata (ricorrono al cuore, fra le varie vittime, i casi più dolorosi e raccapriccianti) bisogna che siano vendicati. Lo comanda la giustizia; lo esige l’onore di Sicilia, in questo momento offeso e compromesso. (Vivi, generali applausi).
MUSOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MUSOTTO. Onorevoli colleghi, io dirò una parola serena. Ho inteso la risposta dell’onorevole Ministro dell’interno. Siete con me d’accordo, onorevole Ministro. Voi amate la Sicilia quanto l’amo io: siamo entrambi siciliani. Ma, credete che questi fatti, nella loro eccezionale gravità, possano esaurirsi attraverso un’interrogazione e attraverso una risposta, sia pure autorevole, che voi avete dato? No. Occorre che il Governo non si fermi alla superficie, né si accontenti delle relazioni che mandano i funzionari del Governo. Occorre affondare le mani, occorre in tutti i modi sradicare le cause mediate ed immediate dell’accaduto. Io, in questo tragico momento della vita della mia terra, desidero sollecitare il senso di responsabilità del Governo.
Vorrei dire ai nostri avversari, agli avversari delle classi lavoratrici – e le mie parole non le rivolgo a quelli dell’aula; esse vanno e devono andare al di là dell’Assemblea –: che siano caduti capi e gregari, che ne cadano ogni giorno; che monta, onorevoli colleghi? È l’idea che è insopprimibile: l’idea non sarà mai soppressa. Potrà cadere anche Giacomo Schirò, il tenace ed ardente calzolaio di San Giuseppe Jato, che ieri arringava le classi lavoratrici nel raduno di Piana dei Greci; sarà rimpiazzato perché quest’idea vive nelle menti, nei cuori di tutti i nostri contadini, direi che è nell’aria, un’aria nuova in Sicilia: aria di risveglio, di rinnovati propositi.
A nome della Sicilia, dei lavoratori della Sicilia, dei nostri compagni lavoratori, io chiedo, Presidente dell’Assemblea, che voi vogliate sospendere per mezz’ora in segno di lutto e di solidarietà la seduta, e che sia inviato alle famiglie delle vittime il cordoglio di tutta l’Assemblea italiana. (Applausi).
GIANNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNINI. Nessuno più di noi è contro le violenze; ma contro non soltanto a parole e in quest’aula, ma contro nel Paese e sui nostri giornali. Un oratore d’estrema sinistra ha riferito poco fa, nel suo discorso che ha dato luogo a incidenti, di una lega antibolscevica costituitasi a Palermo subito dopo le elezioni. Bene, onorevole Li Causi, nemmeno a farlo apposta, nell’ultimo numero del mio giornale L’Uomo Qualunque è combattuta precisamente quella iniziativa, ed è detto che la nostra politica, che vuol rivendicare e ritiene di aver diritto di rivendicare i diritti della classe borghese produttrice di lavoro, non deve dire «contro» chi è ma dire soltanto «in pro» di chi è. Quindi attribuendo a noi l’iniziativa della lega antibolscevica lei ha detto cosa inesatta.
Ma c’è di più, signor Presidente. Ogni discussione politica presuppone un minimo di lealtà e di buona fede. Per questo ci associamo a quanto ha detto l’onorevole Musotto e a quanto ha detto l’onorevole Orlando, nostro maestro. Ma non possiamo prendere per buona la informazione dell’onorevole Li Causi che è giornalista e che dirige un giornale che batte il record delle diffamazioni. (Proteste dell’onorevole Li Causi). Ne ha quaranta. Da un giornale diretto da un deputato in quelle condizioni non possiamo ascoltare… (Interruzioni dell’onorevole Li Causi) …non possiamo ascoltare che canzoni e non fatti. (Proteste a sinistra – Rumori).
LI CAUSI. Cantava lei, mentre io ero in galera!
GIANNINI. Noi dobbiamo tutti quanti richiedere per la serietà dell’Assemblea… (Interruzione dell’onorevole Li Causi).
PRESIDENTE. Onorevole Li Causi, la prego di far silenzio.
GIANNINI. …per la serietà della Assemblea che i fatti che si recano alla nostra cognizione siano esatti e provati.
Una voce a sinistra. Ci sono i morti.
GIANNINI. I morti non sono fatti. (Interruzioni a sinistra). Questi morti non si sono succisi da sé. Qualcuno li ha uccisi. Come possiamo credere alla sentenza che ha portato l’onorevole Li Causi? Egli è venuto qui a portare una sentenza, firmata, bollata, timbrata e accettata, e questo mentre ella onorevole Ministro dell’interno non sa ancora chi sono i colpevoli. E l’onorevole Mattarella non sa nemmeno chi sono i colpevoli…
LI CAUSI. Il popolo lo sa e le autorità non lo sanno.
GIANNINI. Ma lei è un diffamatore professionale. Ora, noi ci associamo alla richiesta che i delinquenti, autori di questa strage, siano perseguiti e puniti. (Rumori – Interruzioni a sinistra).
Ma non vedete che siete isolati? Noi mettiamo a disposizione… (Interruzioni – Rumori).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, io desidero sapere se dobbiamo sospendere nuovamente la seduta.
GIANNINI. Noi mettiamo a disposizione dell’onorevole Ministro dell’interno tutta la nostra organizzazione di partito in Sicilia, ove mai egli avesse bisogno di aiuto, per la ricerca di questi colpevoli…
LI CAUSI. Staremmo freschi!
GIANNINI. …e respingiamo nel modo più reciso la sentenza bell’e fatta, senza istruttoria e senza testimoni, pronunciata da un interessato, professionalmente diffamatore… (Invettiva dell’onorevole Li Causi).
GIANNINI. …che viene a fare in questa aula la sua piccola speculazione elettorale. (Vivi rumori – Interruzioni a sinistra).
PRESIDENTE. Onorevole Giannini, lei si è permesso un’ingiuria sanguinosa a carico di un suo collega (Interruzione degli onorevoli Malvestiti e Gronchi).
Onorevole Gronchi, anche lei diventa un elemento di turbamento?
Se l’Assemblea mi permette, io potrò concludere l’osservazione che volevo fare all’onorevole Giannini. Di ingiurie, ne abbiamo sentite tante, ma l’ingiuria dell’onorevole Giannini tocca un campo che è riservato solo al giudizio dell’Assemblea. Le denunce di diffamazione a carico dell’onorevole Li Causi non sono ancora state esaminate dalla Commissione incaricata di decidere sulle autorizzazioni a procedere e nessuno dei processi relativi ha avuto ancora la propria celebrazione in udienza; e pertanto penso che nessuno di noi può anticipare anche solo con l’impiego di appellativi né la decisione della Commissione per le autorizzazioni a procedere, né la decisione dei magistrati. Era questa l’osservazione che volevo fare all’onorevole Giannini.
GIANNINI. Onorevole Signor Presidente, chiedo di poterle offrire una spiegazione, che potrà servire anche all’Assemblea. Per quanto riguarda il giudizio che pende sull’onorevole Li Causi, sono perfettamente d’accordo con lei, signor Presidente, e non potrei non esserlo, data la sua intelligenza e la sua rapidità di percezione dei fatti giuridici.
Mi permetto però di far notare che la mia osservazione non aveva carattere di giudizio, tant’è vero che lei per primo l’ha definita una «sanguinosa ingiuria». È, difatti, un’ingiuria; ma è un’ingiuria che io ho profferita «dopo» che dall’onorevole Li Causi era stata fatta una accusa che era un’altra sanguinosa ingiuria, tanto più sanguinosa, in quanto il sangue è recente, e tanto più immeritata, in quanto si sa – specialmente nel settore comunista – quale sia stata l’opera di molti di noi per consolidare la pace fra i partiti.
Così, dunque, signor Presidente, io accetto la sua osservazione sulla giuridicità della parola; non posso accettarla per quanto riguarda l’ingiuria che io ho profferita unicamente dopò essere stato ingiuriato. (Rumori a sinistra – Approvazioni a destra).
BELLAVISTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELLAVISTA. Onorevole Presidente, mi consenta di sollevarmi dalla miseria del fatto personale, per un atto che sento imperioso in questo momento nella mia coscienza di siciliano.
Consenta ad un disgraziato che è stato condannato a fare una guerra dove ha visto tanto sangue, e che ha orrore del sangue, di apprestarsi a rendere atto di omaggio a quelle bare dove riposano le vittime innocenti di Piano della Ginestra. Con cuore di siciliano che ha ripugnanza per tutto quello che è successo; senza retorica falsa; io non mi fregherò le mani, come ha fatto qualcuno, e non in questo settore.
E vengo al fatto personale, vengo alla miseria del fatto personale.
Si, è vero che io ho fatto un comizio; non c’è il testo stenografico e perciò la buona fede del deputato Li Causi potrà essere, forse, stata sorpresa; è possibile. Dopo che io ho fatto un comizio a San Cipirrello, qualcun altro ha parlato. E con ciò? Ho sentito fare una affermazione ed ho letto nel giornale che il deputato Li Causi dirige, La Voce della Sicilia, una allusione che, con linguaggio un po’ diverso, è stata ripetuta qui dentro, e cioè che ci sono stati comizi infiammatori da parte di chi vi parla. In un crocicchio fuori di questa aula, il deputato Li Causi ha ripetuto che il comiziante infiammatorio sarei stato io. Nemico di tutte le violenze e perciò anche di quella verbale, ho il dovere di insorgere contro questa insinuazione e faccio una domanda, categorica e precisa; se mai egli personalmente (che, malgrado la delusione di oggi, stimavo) ha udito un mio comizio. Il vero si è che io ho avuto oggi una delusione penosa, profonda, nei confronti di un avversario che io stimavo; ho dovuto constatare, con l’amarezza terribile che dà il disinganno, che egli ha tradito questa mia aspettativa, perché la fazione lo ha completamente accecato e la speculazione ha sommerso quello che sedici anni di nobili sofferenze avevano elevato in lui.
Oggi non sei stato più tu, Li Causi; oggi non sei stato più tu, quando hai voluto speculare su quelle bare e su quelle tombe. (Rumori – Proteste a sinistra).
Per il resto, è già abbastanza che io respinga da me questo amarissimo calice che il deputato Li Causi vuole offrirmi, perché non voglio turbare il lutto per i poveri morti e ho presente la bambina di cui si parlava poc’anzi e la povera donna: dinanzi a queste vittime l’Assemblea si inchina; ma l’Assemblea Costituente, dinanzi a queste vittime, giura di vendicarle nella giustizia: non specula. (Applausi a destra – Rumori a sinistra).
RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO PEREZ. Come deputato siciliano, mi associo alle parole di compianto per le vittime pronunciate dagli onorevoli colleghi e mi auguro che la giustizia possa al più presto raggiungere i rei e colpirli inesorabilmente. E mi auguro anche che, quando saranno conosciuti i nomi dei responsabili, emerga che non vi è stato fra essi alcuno nato da genitori siciliani, nato in terra di Sicilia ed anche che non vi sia alcuno iscritto ad alcun partito politico. (Rumori – Interruzioni a sinistra).
Quanto alle allusioni fatte anche in questa occasione dal deputato Li Causi, l’Assemblea sa che so rispondere – e bene – alle interruzioni e alle insinuazioni; ma questa volta il mio dolore e il mio sdegno per quanto è accaduto in Sicilia sono così profondi e il momento è così austeramente tragico, che voglio dargli la soddisfazione di poter dire che almeno una volta ho lasciato cadere la sua interruzione. (Rumori a sinistra – Interruzione dell’onorevole Li Causi).
SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. In occasione dei fatti di Sciacca, io assicurai l’Assemblea e soprattutto l’onorevole Li Causi, il quale aveva lanciato da questa Camera un’accusa analoga a quella da lui oggi rivolta contro le autorità di pubblica sicurezza nella Sicilia, che le autorità stesse avrebbero fatto il loro dovere.
Aggiunsi, in quell’occasione come in altre, che non sempre è possibile al Governo prevenire e non era possibile in questo caso prevenire, perché nessuna misura di polizia particolare poteva essere presa per una manifestazione popolare che contemporaneamente si svolgeva in tutti i comuni d’Italia.
Dissi in quell’occasione che se non è possibile al Governo prevenire, il Governo compirà il suo dovere perché i responsabili non rimangano impuniti. È stata mantenuta la parola onorevole Li Causi. Lei sa che i responsabili dell’assassinio di Miraglia, segretario della Camera del lavoro di Sciacca, liberati dall’autorità giudiziaria dopo essere stati tempestivamente arrestati dalla Pubblica Sicurezza, sono stati nuovamente arrestati; prove schiaccianti, compresa la confessione degli arrestati, sono risultate, dalle quali emerge che la Pubblica Sicurezza aveva compiuto il proprio dovere.
Il collega Gullo, qui presente, Ministro della giustizia, ha rivolto una lettera ufficiale al Ministro dell’interno dichiarando che, dopo aver esaminato l’azione della polizia in Sicilia, egli non aveva nulla da lamentare e riconosceva esplicitamente che la polizia aveva compiuto tutto il suo dovere.
Anche all’onorevole Orlando, il quale ha chiesto che le vittime di Piana dei Greci non rimangano invendicate, io intendo dare qui la stessa assicurazione. La polizia ha già compiuto il suo dovere perché il poter annunziare alla Camera, a poche ore dal delitto, che ben 74 persone sono state arrestate in tutta la zona, dimostra che la polizia non è rimasta inerte di fronte al delitto che così profondamente ha colpito il Paese e l’Assemblea. Ho detto da principio che tutta la giornata e la notte mi sono mantenuto in contatto con le Autorità locali e che i miei ordini sono stati perentori. Tutto deve essere fatto e compiuto perché i responsabili siano acciuffati e siano consegnati all’Autorità giudiziaria, perché abbiano la severa e giusta sanzione che meritano. (Applausi).
C’è oggi una procedura speciale la quale colpisce questi crimini. Non spetta al Ministro dell’interno e non spetta all’Autorità politica di giudicare i responsabili dei crimini. La polizia ha il dovere di rintracciare i delinquenti e di consegnarli all’Autorità giudiziaria. Io mi auguro, onorevoli colleghi, che la Magistratura partecipi con la necessaria solerzia, perché dobbiamo riconoscere che non sempre essa (e non soltanto in Sicilia, onorevoli colleghi della sinistra, ma dalla Sicilia alla Lombardia) interviene tempestivamente a reprimere i delitti contro la libertà dei cittadini (Commenti).
Io vorrei che da questo Parlamento si levasse un voto: che la Magistratura senta inderogabile la necessità di una pronta e rapida repressione e punizione di tutti i delitti che si compiono contro la libertà dei cittadini. (Applausi).
Tutto sarà compiuto dalle Autorità, senza bisogno, onorevoli colleghi, di epurazione o meno. Se l’epurazione si dovrà fare, si farà, ma non ha responsabilità la Pubblica Sicurezza, onorevole Li Causi, dei fatti che sono avvenuti.
Ho già accennato a quello che è il mio pensiero sulla causale del delitto quando ho dichiarato che questo non è un delitto politico. E non può essere un delitto politico perché nessuna organizzazione politica potrebbe rivendicare a sé la manifestazione e la sua organizzazione. (Applausi a destra – Proteste a sinistra).
Da quanto ho detto, onorevole Li Causi, è evidente che non si tratta di delitto politico. Ho anche aggiunto che questo delitto è maturato in un clima sociale indubbiamente arretrato che può avere anche un significato politico generale. Dicendo che non è un delitto politico, intendo riferirmi ad una organizzazione politica concreta. Il delitto è maturato in un’atmosfera sociale indubbiamente arretrata, indubbiamente feudale che persiste in zone che ogni giorno più tendono a restringersi e che scompariranno al più presto.
Ma, onorevoli colleghi, questi episodi di violenza che turbano la nostra coscienza e la nostra anima risuonano troppo frequentemente in questa Assemblea. E questo è il problema politico della vita italiana. Non è soltanto l’episodio di Palermo, ma è l’episodio che si ripete in molte città d’Italia (Applausi al centro), e continuamente l’Assemblea è chiamata a dovere esprimere la sua condanna contro queste manifestazioni che noi potremmo definire prettamente fasciste, se fascismo vuol dire soprattutto un regime, un metodo e un sistema politico che fa della violenza il mezzo normale della sua affermazione.
Onorevoli colleghi, noi dobbiamo reagire contro queste manifestazioni. E certo gli uomini che sono usciti dalla volontà popolare, che vengono dopo il crollo del fascismo e che lavorano quotidianamente per creare in Italia un regime di libertà e di democrazia, questi uomini non possono non essere unanimi di fronte a manifestazioni di violenza e di intolleranza che raggiungono persino il delitto.
Accogliamo l’invito che è venuto qui da molti oratori: finiamola con le divisioni, finiamola con l’eccitamento agli odî, con l’eccitamento alla violenza (Commenti), facciamo sentire al Paese che l’Assemblea è unita almeno nel suo giudizio di condanna contro questi crimini che disonorano la vita democratica di un popolo. Se noi siamo uniti almeno in questo, se facciamo comprendere a tutti i settori, a tutte le zone grigie e neutre, che noi condanniamo unanimemente queste manifestazioni e che lavoriamo per costruire un clima di rispetto e di libertà, che noi vogliamo che le competizioni politiche siano portate sul terreno della libertà democratica e che la lotta politica non divenga il mezzo di distruzione degli avversari, ma il mezzo di scelta degli uomini migliori per governare la cosa pubblica, il Paese abbandonerà queste forme di violenza, queste forme di delinquenza.
MAZZONI. La parola al Ministro di grazia e giustizia! Tocca a lui!
SCELBA, Ministro dell’interno. Sì, onorevole Mazzoni, tocca a lui. Ma io ho già detto che l’Assemblea deve far sentire alla Magistratura come il senso della libertà è di tutti gli organi dello Stato, deve far sentire che pregiudiziale ad ogni vita democratica è la repressione dei delitti contro la libertà. (Commenti – Interruzioni degli onorevoli Badini Confalonieri e Benedetti).
RUBILLI. Perché non provvede la Magistratura?
SCELBA, Ministro dell’interno. Io dico agli onorevoli colleghi, i quali mi interrogano sull’azione della Magistratura, benché non spetti a me di rispondere su questo tema, io dico: perché il Governo abbia effettivamente il potere di agire, debbono essere il clima, l’atmosfera e la sensibilità politica di tutto il Paese a sorreggerne l’azione. (Applausi al centro).
RUBILLI. Abbiamo fede nella Magistratura! (Applausi).
SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo si associa alla proposta fatta dall’onorevole Varvaro perché questa Assemblea esprima un voto concreto di adesione alla manifestazione di cordoglio e di lutto, che è nei nostri cuori, per il delitto consumato nella Sicilia; e si associa alle parole di conforto e di condoglianze, che da questa Assemblea sono state inviate alle famiglie delle vittime e ai due comuni così duramente colpiti. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. È pervenuto alla Presidenza il testo d’una risoluzione della quale si propone la votazione all’Assemblea.
Io comprendo perfettamente che non è in sede di interrogazione che, a tenore del Regolamento, si può proporre e votare una risoluzione. Ma penso che sarebbe da parte mia una finzione filistea, se volessi, in questo momento invocare il Regolamento per reprimere una manifestazione, che, d’altra parte, ha già trovato voce nella parola di colleghi sedenti in tutti i settori.
E credo che nessuno parlerà di violazione del Regolamento, se, in forma precisa e con parole esplicite, tutta L’Assemblea darà espressione al senso di sdegno, di corruccio e di solidarietà che l’anima e la sommove.
Do, pertanto, lettura del testo di questa risoluzione:
«L’Assemblea Costituente, interprete dell’indignazione della Nazione contro il vile agguato di Portella della Ginestra dove, nella giornata del 1° maggio, il sangue dei contadini siciliani è stato sparso per cieca difesa di interessi che degenera in fanatico odio di parte; udite le dichiarazioni del Governo; attende dalle autorità e dal civismo dei cittadini un’azione energica per individuare e affidare alla giustizia gli autori e i mandanti della strage; sollecita immediate misure di assistenza per le famiglie colpite; esprime il voto che siano banditi inesorabilmente dal costume del paese i mezzi della violenza e della sopraffazione e che partiti, classi, cittadini trovino tutti nella legalità democratica l’inderogabile limite di ogni pubblica manifestazione; e delibera di sospendere la seduta per mezz’ora in segno di solidarietà col popolo siciliano».
Nenni, Togliatti, Gronchi, Saragat, Cevolotto, Pacciardi, Lombardi Riccardo, Cianca.
Ho già detto che anche la sola lettura di questo documento supera la norma del Regolamento ed anche le consuetudini legate a questa discussione di inizio di seduta, discussione sulle interrogazioni al Governo. Più ancora se passassimo o se passeremo ad una votazione.
Ma, d’altra parte, è proposto formalmente che l’Assemblea sospenda per mezz’ora i propri lavori in segno di solidarietà col popolo siciliano; ed un voto a questo proposito è dunque necessario.
Se il voto, anziché sulla nuda proposta, ai svolgerà sopra il testo motivato d’una risoluzione, noi, mi pare, non faremo che dare maggiore significato alla votazione ed alla decisione conseguente. Ed a questo punto noi dobbiamo forse chiederci, di fronte al sangue versato, al turbamento provocato, se veramente abbiamo fatto, tutti, tutto il possibile perché episodi così tragici e dolorosi non si possano verificare nella vita del nostro Paese. Non credo di esorbitare da quei poteri che la carica mi affida, né di ledere la legge d’imparzialità che la regge, se pongo un tale quesito. Questa è l’Assemblea Costituente della Repubblica italiana, e il Presidente di questa Assemblea deve sapere, quando necessario, esprimere la volontà repubblicana del Paese, la quale esige che, dopo aver trasformato nella definizione e nella forma esteriore lo Stato, in questa forma vengano creati nuovi tipi di convivenza sociale e di rapporti economici e politici. Questo è appunto il compito fondamentale dell’Assemblea. Allora solo, egregi colleghi, quando un tale compito sarà assolto, i morti, che oggi stiamo ricordando e piangendo, saranno placati perché, a loro degna memoria, resterà tutto quello che era nostro dovere di fare e che avremo fatto.
Poco fa il Ministro dell’interno ha dichiarato che non soltanto il potere esecutivo è chiamato a garantire al popolo italiano le sue prime conquiste democratiche, ma che a ciò sono impegnati anche gli altri poteri dello Stato. Ed è vero. Egregi colleghi, io penso che se ci fu mai un momento, una situazione, nella quale veramente la divisione dei poteri rappresenta qualcosa di artificioso, esso è l’attuale: perché a difesa della Repubblica e delle necessità del popolo italiano devono stare, uniti, anzi fusi saldamente, tutti i poteri e tutte le funzioni dello Stato. (Applausi).
Ciò nonostante, non dobbiamo dimenticare che il potere che in noi si incorpora, il potere legislativo elevato nella sua sublimazione a potere costituente, ha una funzione preminente che si esplica nel controllo su tutta l’attività dello Stato. Non per nulla e non a torto il Ministro della giustizia così frequentemente riceve interrogazioni che si riferiscono al funzionamento dell’apparato giudiziario. Ciò significa che l’Assemblea Costituente ha diritto di controllo sull’amministrazione della giustizia e che, esercitandolo, non viola, non diminuisce, non ferisce l’indipendenza della Magistratura, che è sacra sì, ma che fa corpo tutt’uno con tutta l’altra organizzazione del nostro Stato.
Ed è per questo che io dico: oggi l’Assemblea Costituente ha commemorato con parole sdegnate, addolorate, se anche non concordi, le vittime dell’orribile eccidio di San Giuseppe Jato. Ma l’Assemblea Costituente non deve essere paga di questo; non ha con questo esaurito il proprio mandato, neanche quello morale; essa deve seguire accuratamente l’opera che il potere esecutivo e anche il potere giudiziario svolgeranno perché giustizia sia fatta, pronta, severa e imparziale. Noi abbiamo fede che così sarà. Ma non dobbiamo trascurare ugualmente di valerci di quel potere massimo che le masse popolari del Paese ci hanno affidato nel momento che ci hanno eletto: potere di controllo, di critica, di stimolo, di richiamo a cui non possiamo assolutamente rinunciare. Esprimo a nome dell’Assemblea tutto il nostro profondo cordoglio dinanzi alle bare appena chiuse, la nostra solidarietà fraterna per le famiglie delle vittime, la nostra volontà ferrea di sorreggere con l’opera, il consiglio e l’affetto il popolo siciliano nella faticosa impresa di redenzione sociale e politica della sua terra senza la quale nessun’altra terra d’Italia potrà raggiungere mai quella pace nel lavoro che renderà impossibile il ripetersi di avvenimenti tanto tristi ed orribili.
Chiedo all’Assemblea se essa approva il testo del quale ho dato lettura. Approvandolo, essa accetta la proposta di sospensione della seduta per mezz’ora in segno di cordoglio e di solidarietà con il popolo siciliano.
(Tutta l’Assemblea si leva in piedi – Vivissimi, generali, prolungati applausi).
La risoluzione è approvata all’unanimità. Sospendo dunque per mezz’ora la seduta in segno di lutto e di solidarietà col popolo siciliano e con le vittime dell’inumano eccidio. (Nuovi, ripetuti applausi).
(La seduta, sospesa alle 17, è ripresa alle 17.30).
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Come i colleghi ricordano, siamo rimasti d’intesa che, prima di passare all’esame del terzo Titolo, avremmo esaminato il metodo ulteriore del nostro lavoro, essenzialmente in base ad alcune proposte che, da una parte, hanno presentato all’ufficio di Presidente gli onorevoli Barbareschi, Scoccimarro, Mastino Gesumino, e Grassi; dall’altra l’onorevole Persico.
Queste proposte rappresentano la conclusione dello scambio di opinioni avvenuto in alcune riunioni amichevoli che, per iniziativa della Presidenza, si sono tenute nel corso della settimana passata fra le rappresentanze di tutti i Gruppi dell’Assemblea Costituente.
Sembra inutile osservare che, come per ogni singolo collega, anche per la Presidenza dell’Assemblea il problema del modo col quale il nostro lavoro si veniva svolgendo era stato ragione di preoccupazione, o quanto meno incitamento ad esaminare il metodo migliore da seguire. Le discussioni sulla materia costituzionale sottoposta al nostro esame portano con sé l’inconveniente di una loro lentezza naturale dovuta per l’appunto all’ampiezza della materia, forse non completamente commisurata al tempo che la Costituente ha a sua disposizione per portare a termine i suoi lavori fondamentali. Ma a ciò si aggiungono gli impegni paralleli o complementari che la legge istitutiva ha affidato all’Assemblea.
Le conclusioni a cui si è giunti, a questo proposito, sono riassunte nella proposta degli onorevoli Barbareschi, Scoccimarro, Mastino e Grassi. Successivamente l’onorevole Persico ha portato un ulteriore contributo, e oggi stesso l’onorevole Mortati ha presentato alla Presidenza altre proposte orientate nello stesso senso.
Alla fine della precedente seduta ho dato lettura di una risoluzione presentata dall’onorevole Giannini e da numerosi altri colleghi relativa al problema del termine dei lavori dell’Assemblea Costituente. Ora è evidente che il problema del metodo dei nostri lavori è di carattere tecnico, organizzativo, il quale non ne trascende gli aspetti politici, ma non pone su questi il suo accento principale, mentre quello posto dall’onorevole Giannini è di carattere politico, per quanto formalmente si richiami solo a termini di carattere cronologico. I due problemi hanno una interdipendenza, ma il primo consente soluzioni che non pregiudicano senz’altro la soluzione del secondo.
Avendo così esposto la questione, prima di riprendere l’esame del progetto di Costituzione, chiedo all’Assemblea di volersi pronunciare su di essa.
Le proposte sono state concretate nei seguenti testi:
«L’Assemblea Costituente, sulla base dell’esperienza realizzata nel corso della discussione dei primi tre capitoli del progetto di Costituzione,
allo scopo di rendere l’ulteriore lavoro costituzionale più idoneo ad un tempestivo e vantaggioso suo concludersi, senza con ciò impedire ogni utile contributo da parte di lutti i propri componenti,
preoccupata nello stesso tempo di rendere possibile il necessario esame e l’approvazione delle altre leggi che sono di sua competenza,
delibera di attenersi nella discussione delle rimanenti parti del progetto di Costituzione alle seguenti norme:
- a) soppressione della discussione generale sui titoli;
- b) svolgimento degli emendamenti ai singoli articoli da parte dei presentatori, col tempo massimo di parola di 15 minuti;
- c) dichiarazioni di voto, col tempo massimo di parola di 10 minuti;
- d) discussione generale, a premessa dell’esame degli articoli contenuti nel titolo relativo, con limitazione degli iscritti da 1 a 3 per gruppo proporzionalmente alla forza numerica e limitazione del tempo in tre quarti d’ora, sulle seguenti questioni:
1°) Regione (sua introduzione nell’ordinamento dello Stato);
2°) composizione della seconda Camera;
- e) l’esame dei titoli ed articoli relativi alla Regione ed alla seconda Camera seguirà, nell’ordine, subito dopo esaurita la discussione della prima parte del progetto.
«Barbareschi, Scoccimarro, Mastini Gesumino, Grassi».
«A) La discussione generale sui titoli sarà limitata al numero massimo di tre oratori per Gruppo;
«B) Sugli emendamenti ai singoli articoli potranno parlare, oltre il proponente, non più di tre oratori per Gruppo con limitazione di tempo a 20 minuti per ciascun oratore;
«C) Le dichiarazioni di voto non potranno durare più di 10 minuti.
«Persico».
«a) Si fa luogo alla discussione generale sui singoli titoli solo quando siano presentati, prima che si inizi l’esame dei medesimi, ordini del giorno, i quali determinino o modifichino il concetto ispiratore dei vari gruppi di disposizioni.
«b) Possono prendere parte alla discussione generale, oltre i presentatori degli ordini del giorno, non più di tre deputati per i Gruppi che contino un numero superiore a cento iscritti, e non più di un deputato per quelli con un numero inferiore.
«c) Le votazioni sugli ordini del giorno servono di direttiva per la discussione degli articoli, e da esse conseguono gli effetti di cui all’articolo 89 del Regolamento.
«Mortati».
Di più gli onorevoli Giannini, Selvaggi, Rodinò Mario, Puoti, Bencivenga, Miccolis, Venditti, Marina, Mastrojanni, Corsini, Tumminelli, Perugi, Coppa, Colitto, Tieri, Cicerone, Vilardi, Tripepi, Marinaro, Mazza, Maffioli, Rodi, Russo Perez hanno proposto il seguente ordine del giorno:
«L’Assemblea Costituente afferma che il mandato del quale è investita per la elaborazione della Costituzione e delle altre leggi assegnate alla sua competenza «deve» e «può» essere pienamente eseguito nei limiti di tempo tassativamente prestabiliti».
GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GULLO ROCCO. Onorevoli colleghi, le proposte che sono state presentate oggi rivestono un carattere di particolare gravità; mi riferisco in un primo tempo, soprattutto, alla proposta dell’onorevole Barbareschi ed altri, che riguarda l’ordine dei lavori. Osservo che mentre è logico e anche opportuno che i Gruppi a mezzo dei loro rappresentanti si riuniscano per esaminare la situazione e per poter prendere degli accordi interni per ciò che si riferisce all’ordine dei lavori, non può però l’Assemblea, nel suo complesso, adottare dei provvedimenti, i quali, a parer mio e a parere del mio Gruppo, rappresenterebbero una vera e propria violazione del Regolamento della Camera, perché ciò che si chiede oggi in sostanza è di derogare a precise norme del Regolamento. Ora io penso non soltanto che il Regolamento è garanzia di forma e di sostanza – e garanzia soprattutto per le minoranze – ma mi permetto anche di osservare che quando, a suo tempo, fu deliberato questo Regolamento e successivamente furono ad esso apportate delle modifiche, non si pensava certamente a perdere del tempo. Non sarà stato un momento eccezionale come quello attuale, ma indubbiamente, anche quando fu decisa la formula di quel Regolamento, si cercò di contemperare due esigenze: quelle due stesse esigenze che dominano l’attuale momento, e cioè l’esigenza della migliore utilizzazione del tempo e l’esigenza del migliore modo di discutere i progetti di legge.
In sostanza, noi troviamo già nel Regolamento l’ordine dei nostri lavori, perché all’art. 86 esso stabilisce come devono essere discusse le leggi ordinarie; la cui discussione deve essere in un primo tempo fatta sul progetto di legge in generale, mentre – dice lo stesso art. 86 – in determinati casi – e cioè per le leggi che hanno carattere di particolare importanza – la discussione può essere fatta anche sui singoli titoli.
Ora, per la Costituzione, cioè per la legge delle leggi, non possono, a parer mio, essere adottati criteri diversi da quelli stabiliti dal Regolamento per la discussione di leggi di molto minore importanza e di molto minore gravità. E, d’altra parte, l’illustre Presidente di questa Assemblea, fin dal momento in cui l’Assemblea cominciò – anzi prima ancora che essa cominciasse – a discutere la Costituzione, tracciò delle direttive, che rispondevano del resto anche alle modalità del Regolamento; direttive che la Camera ha approvato. E queste direttive ci dicevano che la Costituzione – il progetto di Costituzione – doveva essere discusso dapprima nel suo complesso e poi nei singoli titoli. E io mi permetto di ricordare che quando qualche oratore, in sede di discussione generale, stava per addentrarsi nella discussione dei singoli titoli, è stato autorevolmente richiamato dall’onorevole Presidente, perché questa discussione egli avrebbe potuto e dovuto fare nel momento in cui sarebbero venuti in discussione i titoli particolari. Così che, quando oggi ci si propone di abolire la discussione sui titoli, in sostanza noi verremmo a fare cosa diversa da quella stabilita dal Regolamento, cosa diversa da ciò che il Presidente, col consenso dell’Assemblea, aveva tracciato all’inizio dei nostri lavori. E incorreremmo anche in un’altra grave lacuna, in quanto non avremmo neppure potuto discutere in sede di discussione generale questi singoli titoli.
Se la proposta si limitasse soltanto a non discutere alcuni titoli, io potrei anche pensare che non verseremmo in una aperta violazione del Regolamento, in quanto l’articolo 86 rende facoltativa la discussione per i singoli titoli; e allora la questione avrebbe più un carattere pratico che teorico: cioè, noi potremmo rinunciare alla discussione su qualche singolo titolo, ma resterebbe la questione di ordine pratico, e cioè, per quale di questi titoli noi dovremmo rinunciare alla discussione.
Il progetto Barbareschi e compagni ci ha detto che la discussione dovrebbe essere limitata soltanto al titolo riguardante le due Camere ed a quello riguardante le Regioni; mentre in un primo progetto si voleva anche aggiungere il titolo riguardante la magistratura e l’altro riguardante la Corte costituzionale. Rimarrebbero scoperti i titoli riguardanti il Capo dello Stato, il Governo e le garanzie costituzionali.
Ed io penso che anche da un punto di vista pratico sarebbe strano rinunciare alla discussione su questi titoli. Non solo, ma mi permetto di dire che noi non realizzeremo alcun guadagno di tempo per il modo come la discussione si dovrebbe svolgere in seguito alla mancata discussione generale. Ci si dice che si potranno presentare e discutere degli emendamenti. L’emendamento, secondo il valore letterale della parola, è una semplice correzione, e noi abbiamo visto qui presentare, all’ultimo momento, degli emendamenti sostitutivi e aggiuntivi che rappresentano qualcosa di molto diverso dall’articolo originale che ci era stato in un primo tempo presentato per lo studio e la discussione. E penso, anche per ragioni tecniche, che sarebbe molto meglio esprimere il proprio giudizio e discutere sui singoli titoli, perché in questo modo potremmo discutere i principî generali anziché discutere soltanto le norme obbiettive. Penso quindi che non realizzeremmo nessuna economia di tempo. Ma dove noi protestiamo è soprattutto nella limitazione del numero degli oratori, è soprattutto nella limitazione del numero in proporzione dei gruppi. Noi possiamo accettare tutto ciò come disciplina interna di Grippo, come autodisciplina dei singoli membri dell’Assemblea, ma non possiamo stabilire il principio che la limitazione possa avvenire a seconda dell’importanza numerica dei Gruppi.
Ognuno di noi qui dentro riassume in sé una particella della sovranità popolare, ed ognuno di noi, indipendentemente dal Gruppo a cui appartiene e indipendentemente dal numero dei componenti del Gruppo, ha il diritto di portare la sua libera parola nella discussione della legge delle leggi. Noi quindi ci limitiamo ad invocare il rispetto del regolamento, e col collega Rossi ed altri colleghi della Camera abbiamo presentato al riguardo un ordine del giorno, che sottopongo all’Assemblea:
«L’Assemblea Costituente, conscia del grave e solenne suo compito, non ritiene di dover introdurre particolari limitazioni all’ordine delle discussioni nel momento stesso in cui viene in esame la parte essenziale del progetto; e lascia all’interna disciplina dei suoi membri l’impegno di contenere la discussione in termini di sobrietà, col rigido rispetto del Regolamento esistente».
Completo la mia esposizione. Noi sappiamo che il nostro dovere è quello di far presto, noi sappiamo che vi sono dei termini cui potremmo derogare, ma a cui faremmo bene, se ciò fosse possibile, non derogare. Noi sappiamo che è bene non perdere tempo in discussioni mutili, ma non possiamo stabilire, neppure attraverso le risoluzioni di maggioranza, quali sono le discussioni inutili e quali quelle utili. Ma, a questo punto, è bene non girare attorno all’ostacolo; è bene affrontare l’ostacolo che è stato intravisto anche dai presentatori di quell’altra risoluzione in cui si afferma che l’Assemblea può e deve terminare i suoi lavori entro il 24 giugno. Noi pensiamo che in questo momento l’Assemblea non debba decidere nulla perché è dovere dell’Assemblea, indipendentemente dal termine assegnato, o che si dice sia assegnato, dall’articolo 4 della legge 16 marzo 1946, svolgere nel più breve tempo possibile i propri lavori, e ciò non per risoluzione di maggioranza e non per un voto di maggioranza dell’Assemblea, giacché io penso che trattandosi di una modifica del regolamento, se a questo si vuole arrivare vi si deve arrivare attraverso la forma normale. Lo stesso regolamento, all’articolo 18, dice quali sono le procedure e le formalità per arrivare ad una riforma del regolamento. Quindi io penso che se anche uno solo dei membri di questa Assemblea che rimanesse isolato, desse voto contrario a questa risoluzione (che non molto opportunamente è stata firmata da tre rappresentanti di gruppi di maggioranza) avrebbe diritto a fare appello al regolamento contro la decisione della maggioranza.
Debbo dire una parola contro la risoluzione presentata dall’on. Giannini e da altri colleghi. Non è questo il momento per discuterla. La questione però è stata posta e io debbo dire il mio pensiero. La questione non è giuridica ma politica. Dal punto di vista politico noi possiamo riconoscere l’opportunità di non derogare alla legge del 16 marzo. Dal punto di vista personale sentiamo il disagio di non prorogare il termine di questo nostro mandato che ci è invidiato da chi ignora i pesi che esso comporta. È questione non giuridica, ma di opportunità, di sensibilità, ma se si vuole dal punto di vista giuridico affermare che questa Assemblea Costituente, che ha ricevuto il mandato dalla sovranità popolare, sia legata ad una legge fatta da un governo del C.L.N. che non aveva ancora la sua investitura dal suffragio universale, da una monarchia che ora non esiste più, e che questa legge debba vincolare il popolo italiano, si determinerebbe un assurdo politico e giuridico. Ho trovato dei precedenti nelle parole del compagno on. Mazzoni, che quando alcuni volevano limitare i poteri della futura Assemblea Costituente, affermava: «C’è da avere la febbre costituzionale; pensate che noi coi poteri che abbiamo stiamo scrivendo le tavole della Costituente e gli organismi la cui elaborazione interna noi stabiliremo nelle grandi linee? Noi non possiamo fare ipoteche notarili di quello che minuziosamente sarà la Costituente di domani».
C’è anche qualche piccolo precedente storico: pensate le risate che farebbero i ragazzi delle nostre scuole se ad essi fosse detto che a Mirabeau (di Mirabeau non ve ne sono all’Assemblea Costituente per fortuna), nel momento in cui gli Stati Generali decidevano le sorti della Francia, fosse stato opposto che gli Stati Generali non erano stati convocati per fare quello che stavano facendo, ma che essi dovevano limitarsi a ciò che era tracciato da un rescritto del re di Francia simile al decreto luogotenenziale del 25 giugno 1944, e al decreto luogotenenziale successivo del 16 marzo 1946 che pare sia l’unica cosa sacra ed inviolabile rimasta in piedi in Italia.
Il massimo rispetto è dovuto secondo alcuni a questo decreto che fu più volte violato e che fu a sua volta violatore di altre norme giuridiche, perché questo decreto del 16 marzo 1946 porta il titolo: Integrazione e modifiche del decreto legislativo luogotenenziale del 25 giugno 1944.
Infatti questo decreto istitutivo dell’Assemblea Costituente era stato preceduto da un altro decreto pure del 1944 in cui era stabilito che la risoluzione della questione istituzionale sarebbe stata affidata all’Assemblea Costituente, e ciò fu stabilito dagli stessi organi che più tardi approvarono il decreto successivo, del 16 marzo 1946, con cui si stabilisce invece di risolvere il problema istituzionale mediante referendum.
Il decreto 16 marzo 1946 è violatore quindi di precedenti decreti ministeriali e fu a sua volta violato prima che l’Assemblea Costituente fosse eletta, nell’articolo 2, ultimo capoverso, dove si era stabilito che, «qualora la maggioranza degli elettori votanti si pronunci in favore della monarchia, continuerà l’attuale regime luogotenenziale fino alla entrata in vigore delle deliberazioni dell’Assemblea». Voi ricorderete, egregi colleghi, che il regime luogotenenziale ebbe a trasformarsi viceversa con l’abdicazione dell’allora sovrano, e con l’assunzione delle funzioni di re da parte di Umberto di Savoia. Poi noi lo abbiamo scalfito nel suo articolo 3 quando abbiamo giustamente deliberato di limitare il potere legislativo del Governo, o meglio di essere partecipi anche noi dell’attività legislativa del Governo.
Al riguardo io non debbo fare delle dissertazioni, che sarebbero sciupate dopo ciò che autorevoli giuristi e costituzionalisti hanno detto, e qualcuno anche recentemente. È di oggi una intervista in un giornale, con l’onorevole Mortati, dove è espresso un autorevolissimo giudizio di questo insigne costituzionalista.
Fra l’altro noi diciamo che questa legge, che pure ha una fonte legale, perché legale dobbiamo considerare anche il Governo del Comitato di liberazione, è revocabile. E comunque anche nel testo di questa legge noi potremmo trovare (e potremmo farne a meno perché la sovranità popolare ci è stata data attraverso il suffragio del popolo) che in essa si riconosce ciò che non potrebbe non essere riconosciuto; e cioè che la materia costituzionale, non soltanto la Carta costituzionale, ma tutte le leggi di carattere costituzionale, sono riservate all’Assemblea Costituente. Durante il periodo della Costituente, e fino alla convocazione del Parlamento, a norma della nuova Costituzione i poteri legislativi restano delegati, salvo la materia costituzionale, al Governo, e cioè qualsiasi legge di carattere costituzionale resta sempre devoluta all’Assemblea Costituente. E sarebbe una legge di carattere costituzionale anche quella di una eventuale proroga dei termini della Costituente.
Ma, noi stiamo dicendo da alcune settimane: dobbiamo far presto, vi sono pochi mesi ancora ecc., e tutti noi lo ripetiamo, anche perché capiterà in questa occasione (e forse per primo a me) che il primo che abbia il coraggio di dire una parola sincera su questo argomento, si sentirà dire da parte avversa: che si vogliono sabotare le elezioni, che non si vuole arrivare alle elezioni, che si vuole conservare la medaglietta ecc. Ed è una triste esperienza che noi siciliani abbiamo fatto anche in occasione delle elezioni del 20 aprile, perché anche in quel caso, e soprattutto per chiarire la situazione costituzionale siciliana (perché fino a questo momento si ignora quale è il destino della regione, se la Prefettura rimarrà o non rimarrà, a quale organo sarà devoluta la tutela dei comuni, che sono in questo momento abbandonati a se stessi, come si dovrà risolvere la questione per evitare un maggiore accentramento a Palermo rispetto all’accentramento nei riguardi delle diverse altre provincie ecc.) anche allora, qualcuno che prospettò la questione si sentì dire che era nemico dell’autonomia, che voleva sabotare ecc. e si colse l’occasione per tante speculazioni elettorali, così come si dirà ora se qualcuno ha il coraggio di affermare la verità, e cioè che è impossibile di arrivare alla data del 24 giugno 1947, che ciò si fa per conservare la medaglietta, o perché non si vuole obbedire a quella legge ecc. Noi diciamo che, per colpa delle cose, noi siamo arrivati ad una situazione per cui, per quanti sforzi si possano fare, noi non arriveremo certamente a finire i nostri lavori entro il 24 giugno 1947.
Possiamo dire delle belle parole; possiamo presentare belle risoluzioni, con le virgolette per sottolineare le parole «può» e «deve»; ma noi, con tutta la nostra buona volontà, lavorando giorno e notte, non arriveremo lo stesso ad esaurire il nostro lavoro, anzi i nostri lavori.
Ed allora, la. colpa di chi è?
Io ricordo che a suo tempo noi – senza discutere e nessuno di questi difensori del termine improrogabile ha aperto bocca – abbiamo dato quattro mesi alla Commissione dei settantacinque e poi altri quattro mesi alla stessa Commissione dei settantacinque e, in quel periodo di tempo, l’attività dell’Assemblea Costituente si limitò soltanto a discutere sulla modifica dell’articolo 3 del decreto 16 marzo 1946 e sulla formula del giuramento degli impiegati dello Stato. Noi concedemmo tempo alla Commissione dei settantacinque, perché non volemmo strozzare il suo lavoro. Ora, dovrebbe essere strozzato il nostro e noi dovremmo passare alla storia non come soloni, ma come quel soldato greco che portò, morente, la notizia della vittoria di Maratona. Ma noi, anche morendo, non riusciremmo lo stesso ed esaurire i nostri lavori nel termine prescritto.
Ed allora, decidiamo quello che dobbiamo fare; ma soprattutto affidiamoci al senso di disciplina interna dei gruppi e di autodisciplina di noi stessi. Volete mettervi d’accordo fra Gruppi di maggioranza o di minoranza? Stabilitelo fra voi.
Fra l’altro, mi permetto osservare che c’è una piccola difficoltà anche per la designazione di uno, due o tre oratori per ogni Gruppo, designazione che dovrebbe essere fatta a seconda dei Gruppi, maggiori o minori. Ciò si potrebbe fare se noi avessimo soltanto una seduta pomeridiana, dando il tempo ai Gruppi di riunirsi nel periodo antimeridiano, perché solo in questo caso potrebbero essere designati dei delegati per parlare a nome di tutto il Gruppo, in quanto si tratterebbe non di una scelta che cadrebbe a priori sul migliore o sul più autorevole, ma di una scelta che sorgerebbe dalla discussione nel Gruppo, che anticiperebbe e sostituirebbe la discussione in Assemblea e darebbe la possibilità a coloro che hanno meglio interpretato il pensiero della maggioranza di parlare a nome del Gruppo, non perché rappresentino soltanto un determinato e prescritto indirizzo politico, ma perché rappresenterebbero veramente l’opinione della maggioranza o della totalità del Gruppo
Riassumendo: sottopongo all’esame e all’eventuale approvazione dell’Assemblea l’ordine del giorno presentato. Il nostro pensiero è che noi, indipendentemente dalla questione della prorogabilità o meno – per cui, ripeto, la questione è solo di opportunità e di sensibilità politica, ma non è, certo, una questione giuridica – noi sentiamo il dovere di fare presto. Ma non affidiamo la maggiore brevità del termine dei lavori allo strozzamento delle discussioni ed alla violazione del regolamento, bensì alla nostra stessa serietà ed al nostro senso intimo, interiore di disciplina. (Applausi).
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. Io aderisco in quasi tutto il suo svolgimento con il pensiero del collega Rocco Gullo, il quale ha detto qui quello che io ho avuto occasione di dire in quelle conversazioni amichevoli alle quali ha fatto riferimento il nostro Presidente all’inizio della discussione.
A parte la questione dell’applicazione, diciamo così, soltanto formale del regolamento, perché sostanzialmente anche l’onorevole Gullo Rocco sarebbe dell’idea di violarlo, attraverso l’accordo nell’interno dei Gruppi, io sono convinto che noi non otterremmo una notevole economia di tempo dalla soppressane delle discussioni generali sui titoli, perché gli oratori delle discussioni generali svolgono, nello stesso momento in cui parlano in sede generale, gli emendamenti per i singoli articoli. Per questo motivo l’eventuale economia di tempo si riferirebbe soltanto alla maggior larghezza che verrebbe lasciata all’oratore della parte generale, in confronto del presentatore degli emendamenti, larghezza che sarebbe costituita da trenta minuti, anziché da quindici. Chi vorrà dunque parlare per trenta minuti presenterà due emendamenti e i trenta minuti li avrà lo stesso.
Ecco perché io ritengo che in tal modo non guadagneremmo del tempo; ne guadagneremo invece se sapremo imporci una maggior disciplina di Gruppo ed una maggior disciplina personale, che valga a farci contenere il numero degli oratori nella discussione generale e il numero degli emendamenti da presentare.
Ma l’onorevole Rocco Gullo ha affrontato anche il problema sostanziale che, a mio giudizio, sta dietro alla questione di procedura, perché noi, in fondo, vogliamo discutere una questione di procedura, in quanto abbiamo oggi la sensazione della inopportunità di affrontare la questione di fondo; cioè a dire se noi potremo finire entro il 24 giugno. Da qui a tale data non ci sono che quarantaquattro giornate non festive. Anche a fare tre sedute al giorno (Commenti) – io infatti, in sede di riunione di presidenti di Gruppo, avevo formulato la proposta di fare le discussioni generali con sedute continue dalle nove alle ventiquattro… (Commenti).
Voci. Si muore!
CORBINO. No, non si muore; perché si dovrebbe morire? Ma comunque io vi dico che, con quarantaquattro giornate di fronte a noi, qualunque sforzo diretto a contenere la discussione entro i limiti più stretti che si possano immaginare non basterà per farci approvare la Costituzione, le leggi elettorali e le leggi complementari indispensabili per il futuro funzionamento dell’ordinamento costituzionale.
E allora il problema noi ce lo dobbiamo porre, pur senza pretendere di risolverlo oggi, perché è un problema che deve essere esaminato su una risoluzione ben precisa nei suoi considerando e nelle parti deliberative.
Non c’è dubbio però che noi abbiamo perduto otto mesi, nel senso che abbiamo affidato alla Commissione dei settantacinque di compiere un lavoro sul quale noi avremmo dovuto poi fare a nostra volta un lavoro di cernita o di controllo puramente politico. Noi invece stiamo scendendo nel dettaglio di tutto il contenuto del progetto costituzionale che è in esame; e allora è evidente che, se otto mesi sono stati appena sufficienti per una Commissione di 75 membri, per 555 deputati, senza essere pessimista, ce ne vorrebbero otto volte tante, il che vuol dire circa 60 mesi.
Non è il caso certo di pensare a cifre così elevate; ma non c’è dubbio che i quarantaquattro giorni che ci stanno davanti non bastano.
A mio giudizio, noi abbiamo dunque tre decisioni da adottare. La prima è quella di eliminare dal nostro ordine del giorno tutto ciò che non è strettamente indispensabile che sia esaminato dall’Assemblea e che ci allontana dal fine principale che dobbiamo raggiungere, che è quello di approvare la Costituzione. Quindi alcune discussioni si possono anche non fare; noi potremmo pregare il Governo di assumersi la responsabilità dei decreti legislativi che crede di approvare, o potremmo rimandare al Governo i decreti la cui discussione ci porterebbe via un tempo tanto lungo quanto quello occorrente per il progetto stesso di Costituzione.
La seconda decisione è di lavorare con la massima intensità possibile per dare al Paese la sensazione che non vogliamo perdere un’ora di tempo, e convengo nell’opportunità che alcuni giorni della settimana non si faccia seduta antimeridiana e si dedichi invece la mattinata a riunioni di Gruppo, se l’esperienza ci consentirà di trarre la conclusione che attraverso le riunioni di Gruppo si potrà risparmiare una parte del tempo che viene a perdere l’Assemblea con l’eliminazione parziale della seduta antimeridiana. Io non ci credo, perché non faremo le riunioni di Gruppo per andare in giro per i Ministeri e perderemo la mattinata utile anche agli effetti della discussione per la Costituzione.
E infine, dando eventualmente incarico formale alla Presidenza di studiare il problema, dobbiamo proporci di risolvere il problema costituzionale della proroga dei nostri poteri, problema che, come ha accennato l’onorevole Gullo, ha carattere non soltanto giuridico ma anche squisitamente politico. In esso infatti sono in giuoco gli interessi dei singoli Gruppi che desiderano di far più presto o più tardi le elezioni; e poi vi è, al di sopra degli interessi dei gruppi, l’interesse del Paese rispetto al quale si dovrebbe esaminare la maggiore convenienza o di affrettare i tempi nei riguardi della data delle prossime elezioni, o di dare un po’ di respiro per la sistemazione di tanti altri problemi di ordine economico e sociale sui quali preme la speciale atmosfera elettorale.
Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che nell’atteggiamento di molti di noi (e mi ci metto anche io in mezzo, e ci metto anche il mio Gruppo) opera qualche cosa che è nel sub-cosciente, che talvolta ci vela la visione esatta degli interessi generali. Non lo facciamo, badate bene, in malafede. Lo facciamo nella più perfetta buona fede, ma ciascuno di noi non può mai sottrarsi alla tentazione di mettere a raffronto gl’interessi generali con gl’interessi propri e, come accade nel campo politico, si finisce sempre col far coincidere gli interessi generali con i propri interessi.
A meno che, dunque, qualcuno qui non venga a scoprire l’ottavo giorno della settimana o la venticinquesima ora del giorno, su queste tre decisioni credo che dovremo essere d’accordo. (Applausi).
GIANNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi. Non è una norma prudente quella di fermarsi in mezzo alla navigazione per discutere la rotta. Di regola è stabilito che il capitano è il solo padrone, dopo Dio, a bordo. Senonché accade anche che ci siano navigazioni eccessivamente perigliose, in cui il pericolo è dovuto alla imprevidenza, è dovuto alla impreparazione, è dovuto magari al capriccio del capitano. Si è trascinati fuori rotta e in questo caso io penso che l’equipaggio, che i passeggeri, che magari una piccola aliquota degli esseri viventi che sono a bordo abbia il diritto di dire: «Piano amico, non erano questi i patti fra noi quando ci siamo imbarcati, bisogna ridiscuterne». Ed è questo che noi facciamo in questo momento, levandoci a chiedere in piena navigazione, e diciamo pure in piena discussione della nuova Costituzione della Repubblica italiana, se noi riusciremo a compiere felicemente il viaggio.
Non vi nascondo che sono preoccupatissimo di trovarmi in contrasto col mio maestro Francesco Nitti, al quale sono particolarmente affezionato, con l’amico Corbino, con l’onorevole Rocco Gullo, e spaventatissimo di trovarmi invece d’accordo con l’onorevole Nenni (Si ride)…
NENNI. Spero non sia vero!
GIANNINI. …il cui pensiero fosforescente, e direi dilemmatico, di solito non condivido.
Noi ci troviamo qui investiti di un mandato. Quale è questo mandato? È quello che scaturisce dal decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98. Che cosa stabilisce questo decreto? Stabilisce che l’Assemblea Costituente deve fare la Costituzione e le altre leggi in esso precisamente specificate, e approvare i trattati di pace.
Ma il mandato non si limita solamente a questo. Il mandato stabilisce formalmente il termine di tempo in cui esso deve essere eseguito. Con molta prudenza e prevedendo che otto mesi potessero essere insufficienti al compimento di quest’opera, il mandato ci dà la facoltà di prorogarli di ulteriori quattro mesi: i quattro mesi di proroga che portano al 24 giugno 1947 il limite estremo del tempo nel quale dobbiamo compiere il dovere che abbiamo accettato liberamente di compiere. Questo è stato accettato dal corpo elettorale. Questo è stato accettato da ciascuno di noi, accettando la candidatura e partecipando alle elezioni. Il nostro dovere è dunque quello di fare la Costituzione e gli altri atti legislativi che ci sono stati commessi, e farli nei limiti di tempo che ci furono assegnati. Mancando anche ad un solo punto di questo vero e proprio contratto bilaterale fra il Paese e noi, siamo inadempienti e bisogna avere il coraggio – e la dignità – di confessarlo e di accettarne le conseguenze.
Non mancano i volenterosi suggeritori di rimedi e di espedienti, che noi respingiamo, e che dobbiamo respingere appunto perché rimedi e appunto perché espedienti.
C’è chi dice che il nostro è un corpo politico, e che per tale ragione può auto-prorogarsi finché non abbia esaurito la sua funzione. Ma questa è una argomentazione atta solo a creare una inconcepibile differenza fra debitori, per cui un debitore ordinario deve pagare alla scadenza, e un debitore che sia corpo politico può esimersi da quest’onere. (Commenti).
Associandoci a quest’argomentazione – è proprio così! – noi sanciremmo il principio che i corpi politici possono impunemente mancare agli impegni che assumono. Se il creditore del debitore ordinario è un cittadino ordinario, il nostro creditore è il Paese; quindi, a debitore eccezionale corrisponde un creditore eccezionale. (Commenti). Variano le proporzioni del rapporto creditizio, non varia il rapporto creditizio.
Ma io mi domando: siamo noi già alla inadempienza? Al fallimento della Costituente? Secondo noi, no.
Il tempo che ci rimane è più che sufficiente per approvare una Costituzione, che sia una Costituzione e non un complesso legislativo specialissimo, di carattere monumentale, in cui si vogliano fissare non già le premesse della nuova legislazione che dovrà avere lo Stato italiano, ma tutto il contratto sociale istesso, pieno ed intero, legalizzando, per alzata e seduta, una rivoluzione che non si può fare né in otto né in dodici mesi. (Interruzione dell’onorevole Canevari).
Abbiamo assistito alla discussione sulla scuola, certamente interessantissima, ma che in certi momenti c’è apparsa come una disputa fra insegnanti, della quale a noi, non insegnanti, sfuggivano, forse, i veri e proprî significati.
Ascoltando gli onorevoli Marchesi, Codignola, Malagugini e anche l’amico onorevole Tumminelli, a volte abbiamo avuto la netta impressione di vedere i volti e le figure di bonzi oppressi da terribili segreti, mancanti del coraggio per rivelarli ai comuni mortali. E ci siamo domandati, udendo le minuzie di quella discussione, perché mai le mance ai bidelli non fossero state consacrate nella Costituzione insieme alla precisazione dell’obbligo di chi dovrà pagarle. (Commenti).
L’osservazione fatta per la discussione sulla scuola si può ripetere sul tutto, già approvato o ancora da approvare.
La pretesa di volere consacrare costituzionalmente ogni particolare, ogni minuzia, porta, per fatalità, all’abborracciamento, all’errore: per cui noi abbiamo approvato gli articoli sulla stampa, che noi giornalisti sappiamo, con certezza, quanto siano inapplicabili e come non saranno applicati da nessun Governo.
Non citerò altri esempi sui titoli ancora da discutere, perché non ritengo d’avere il diritto di anticipare, a nostro beneficio, una discussione. Ma mi limiterò a farne due brevissimi su quanto è stato già approvato, su cui – grazie al Cielo! – non c’è più da discutere.
L’articolo 3 dice: «I cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di condizione sociale, di religione, di opinione politica, hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge».
Sarebbe bastato, onorevoli colleghi, dire: «I cittadini sono uguali di fronte alla legge».
Al secondo comma dell’articolo 10 è detto: «Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge».
Basta che il Governo non gli dia il passaporto, perché il cittadino perda la sua libertà di andare e venire.
Se dunque, noi ci limiteremo a fare la Costituzione, senza pretendere di rifare tutti i codici, noi ridurremo i temi di discussione senza strozzare la discussione.
Onorevole Rocco Gullo, nessuno vuole, nessuno desidera strozzarla.
È questo che dobbiamo fare: ridurre i temi.
Il testo originario del progetto di Costituzione era di circa 400 articoli.
La Commissione, che, intendiamoci, non s’intende attaccare ma aiutare, ha ridotto quei 400 articoli in 130. Bisogna avere il coraggio di ridurli a cinquanta, a quaranta, e si deve e si può farlo. (Commenti).
Ci sono Costituzioni formidabili in pochi articoli: i dieci Comandamenti sono dieci righe. Solo così noi potremo pagare il nostro debito alla scadenza del 24 giugno. (Commenti).
Abbiate pazienza. A questo punto sorge un’altra obiezione, sul «tipo» della nostra Costituzione. Abbiamo stabilito di fare un «tipo» di Costituzione. Queste Costituzioni sembra siano di vari tipi: rigido, semirigido, non rigido. Ma chi ha stabilito i tipi? e avevamo noi il diritto, e avevano il diritto coloro che hanno scelto il tipo più lungo e difficile, di non tenere conto dei limiti di tempo loro assegnati? Nel nostro mandato non si fa parola del tipo di Costituzione da fare: ci si dice solo di farla. Era ovvio supporre che bisognasse fare il tipo che consentisse di farla nel modo più spedito. Nel nostro mandato non c’è nemmeno che la Costituente debba aggiornarsi quando c’è una crisi ministeriale: noi ci siamo aggiornati. Perché? Chi c’impediva di discutere la Costituzione mentre l’onorevole De Gasperi sudava le sue storiche camicie? Ci dicono i sostenitori del tipo pletorico e a lungo metraggio: «Va bene, sarà stato commesso un errore, ma ormai non si può tornare indietro». Non c’è nulla di più falso, di più vieto di questa frase che è un luogo comune come tanti altri che avvelenano la nostra vita politica. Se s’imbocca un vicolo cieco si deve tornare indietro. Se si cade in un pozzo bisogna tornare indietro. Non si può pretendere di attraversare il pianeta e di uscire dagli antipodi. Ai sostenitori del tipo prolisso io desidero poi fare anche un’altra obiezione, che è questa: siamo certi di non esorbitare dal nostro mandato pretendendo di stabilire anche i minimi dettagli della legislazione futura? Siamo certi che la regolare Camera dei deputati e il Senato, quando saranno regolarmente eletti, non dichiareranno che noi siamo usciti non solo dai limiti di tempo, ma da quelli segnati dallo spirito del mandato, e non si mettano a rifare tutto da capo? Ecco un’altra ragione per non esorbitare dal mandato in nessun modo: concludere il nostro lavoro il 24 giugno e stabilire che le prossime elezioni politiche non debbano essere fatte oltre la domenica del 12 ottobre 1947. (Commenti).
C’è un’ultima obiezione alla quale devo rispondere ed è questa: «Voi dell’Uomo Qualunque avete partecipato ai lavori della Commissione; voi, dunque, siete corresponsabili di quanto è accaduto e accadrà». È purtroppo facile per noi rispondere a questo. Dico purtroppo, perché noi non siamo qui per recriminare, ma per collaborare nei limiti delle nostre forze e della nostra capacità.
Una voce …e debolezza.
GIANNINI. Anche la debolezza serve a qualche cosa. Voi che siete forti credo facciate molto meno di noi. Alla discussione pubblica abbiamo partecipato con la più grande moderazione, astenendoci in questi ultimi giorni anche dalle dichiarazioni di voto, appunto per non allungare i lavori.
Dagli stessi verbali delle Commissioni si potrà desumere quale sia stata l’opera dei nostri amici. Ma, a parte questa indagine, che non sappiamo bene di quale utilità possa essere, sta in fatto che il doveroso intervento dei nostri amici nelle discussioni delle Commissioni è stato regolato secondo l’atto politico da noi compiuto il 24 giugno 1946, reso pubblico dai giornali, probabilmente dimenticato da voi ma non da noi. Mi riferisco alla prima riunione del Gruppo parlamentare del nostro Fronte, tenutasi il 24 giugno 1946, nella quale, dopo aver constatato l’indifferenza del mondo politico, della stampa, dello stesso Governo ai problemi della Costituzione che eravamo chiamati a fare, e la polarizzazione dell’attenzione generale sui problemi relativi alla crisi che si sapeva dover essere aperta, si affermò fra l’altro:
«Il Gruppo riafferma l’assoluta non importanza del problema di chi dovrà governare durante il periodo della Costituente, che è e rimane sovrana. È perciò indifferente la persona di chi debba fare il ministro; e ritenendo la funzione di governo un dovere, e non un mezzo per assicurarsi vantaggi politici, suggerisce che tale funzione sia assunta dal partito che ha ottenuto il maggior numero di suffragi senza perder tempo in discussioni su dosature, colori, tendenze ed altri sorpassati temi della vecchia politica; e ciò per consentire alla Costituente di discutere e approvare la nuova Costituzione dello Stato, in ottemperanza al mandato ricevuto dagli elettori»,
Né i nostri rappresentanti nelle sottocommissioni hanno compiuto atti che il loro dovere politico avrebbe sconsigliato di fare, ma si sono preoccupati di compiere il loro dovere al più presto. Non sarebbe stato certo col loro numero esiguo che essi avrebbero potuto, anche se in dannata ipotesi avessero voluto, intralciare i lavori della Costituente.
È bene che ciò sia detto, e chiaramente, perché il Paese sappia a chi risalgono le responsabilità della situazione attuale e di quella che andrà mano a mano maturando, e spero senza aggravarsi.
Sosteniamo quindi che l’Assemblea Costituente debba e possa assolvere il suo compito nei limiti di tempo che il mandato ricevuto le stabilisce, e preghiamo il Presidente di voler mettere in votazione il nostro ordine del giorno, che esprime, riconfermandoli, il diritto e il dovere della Costituente, e di ciascuno degli uomini che il popolo italiano ha eletto a rappresentarlo in questa Assemblea. (Applausi a destra).
BARBARESCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARBARESCHI. Mancherei al primo elementare dovere se intervenendo nella discussione per chiedere all’Assemblea di definire con la maggiore rapidità possibile i suoi lavori non mi attenessi alla massima sobrietà per esporre le ragioni che hanno provocato e giustificano la mozione che insieme ad altri colleghi ho presentato.
Pur non essendo un competente io so che i nostri giuristi troveranno le ragioni per giustificare il prolungamento dei nostri lavori. Un decreto emanato da un Governo provvisorio per la formazione della Costituente, primo organismo regolarmente eletto dal popolo dopo la liberazione, può essere certamente modificato dalla Costituente stessa.
Però ci sarà una piccola osservazione da fare è cioè se per il fatto di aver già prorogato il nostro lavoro, valendoci proprio di quanto è contenuto nella stessa legge istitutiva della Costituente, non si sia con ciò già affermato che i termini di durata della Costituente sono quelli fissati nel decreto stesso. Ma, indipendentemente da questo, noi siamo spinti ad invocare dall’Assemblea la discussione dei lavori nei termini fissati dal decreto costitutivo, anche senza associarci alla richiesta precisa presentata dall’onorevole Giannini, proprio per una ragione politica, perché io condivido pienamente le ragioni qui esposte dall’onorevole Corbino, solo che ne modifico la esposizione. Per noi non sono le valutazioni dei partiti che possono giudicare essere questo momento più favorevole di altro per invocare le elezioni o che possono giudicare che la situazione politica creata nel Paese non rappresenti più quella situazione politica che qui ci ha portati, ma sono le ragioni economico-politiche, specialmente, che impongono a noi stessi di dare a questo nostro Paese, il quale ce lo chiede quotidianamente, quegli istituti definitivi, che permetteranno di dare al Paese stesso quella legislazione di cui ha bisogno per potere rifarsi e per potere iniziare seriamente la sua ricostruzione. (Applausi).
PERSICO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERSICO. Onorevoli colleghi, parlo a titolo personale poiché per il Gruppo al quale appartengo ha già parlato l’onorevole Rocco Gullo e io sono d’accordo con lui. Ma credo doveroso spiegare all’onorevole Giannini che la sua mossa, che ha fine solamente politico, non è affatto pratica. Egli dice che l’Assemblea deve e può concludere entro il 24 giugno i suoi lavori.
Egli dice cosa che sa inesatta, come del resto autorevolmente ha detto anche l’onorevole Corbino, perché noi abbiamo l’esperienza di quello che è avvenuto fino ad oggi: in 8 mesi 5 Commissioni, che lavorano contemporaneamente, quindi come se avessero lavorato 40 mesi, hanno fatto il progetto. Ora le soluzioni potevano essere due; o il progetto si discuteva articolo per articolo, o il progetto si accettava o si respingeva in blocco. Sarebbe assurdo che la Costituente eletta per fare il nuovo Statuto non lo discutesse, perché allora tanto valeva eleggere 75 e non 555 deputati. Bisognava quindi discuterlo, e allora la logica ci diceva che qualunque forma di discussione si fosse fatta e per quanto l’abilità e la severità del Presidente avessero contenuto nei limiti più ristretti la discussione, il tempo avrebbe dovuto essere almeno il doppio di quello impiegato dalla Commissione.
La pratica ci ha detto che dal 4 marzo al 2 maggio, in due mesi, abbiamo approvato faticosamente 29 articoli, con una media di meno di 15 al mese. Abbiamo ancora altri due mesi. Potremo approvare altri 30 articoli, ma lavorando con grande alacrità, cioè arriveremo a 59 articoli: quindi è praticamente impossibile l’approvazione dei 109 articoli che ancora rimangono. Per completare la discussione occorrerebbero tre o quattro mesi di lavoro.
Ma, poi, non è questo solo il lavoro che deve compiere la Costituente. Prima di tutto la Costituzione non è varata con l’approvazione degli articoli: ci sarà una Commissione di coordinamento, ci sarà una Commissione di revisione anche linguistica, lessicale, la quale dovrà impiegare un certo tempo per coordinare, per dare forma più italiana alle disposizioni; dopo di che dovremo rileggere, sia pure rapidamente, e approvare il testo coordinato; quindi si tratterà di un altro lavoro che richiederà almeno altri 15 giorni.
Poi c’è il lavoro delle leggi ordinarie. Badate che noi abbiamo reclamato, con le modifiche al Regolamento approvate il 17 settembre, che molte leggi dovevano venire all’Assemblea e non essere approvate soltanto dal Governo; e abbiamo nominato le quattro Commissioni per l’esame preliminare dei progetti di legge. Queste hanno lavorato moltissimo, ma l’Assemblea non ha lavorato. Ci siamo occupati soltanto delle riforme alla legge comunale e provinciale – una piccola legge che approvammo in quattro o cinque sedute antimeridiane – e non si è fatto altro. Restano le leggi elettorali, che necessariamente dovremo approvare prima che siano conclusi i lavori dell’Assemblea Costituente; la discussione finanziaria, la legge sull’imposta patrimoniale, il trattato di pace, ed altre leggi che bisognerà approvare, per coordinare il lavoro della futura Camera e del futuro Senato. Tutte queste leggi ci porteranno del lavoro per qualche mese di tempo. E allora, perché vogliamo dare ad intendere, onorevole Giannini, che possiamo fare entro il 24 giugno tutto il compito che ci spetta? È un’illusione! Noi possiamo dire una sola cosa: che oggi questa questione non è all’ordine del giorno, che è una questione che dovrà essere decisa in base ad una mozione che dovrà essere presentata, discussa e approvata a suo tempo e allora vedremo se è possibile o meno arrivare al compimento dei nostri lavori nel termine del 24 giugno. Quindi oggi limitiamo la discussione alla proposta dell’onorevole Barbareschi di abbreviare i lavori dall’Assemblea Costituente rispetto alla nuova Costituzione.
E qui io dico, onorevoli colleghi, che non si può – e in questo convengo pienamente con l’onorevole Gullo – togliere ai membri dell’Assemblea Costituente i diritti consacrati nel Regolamento, per compiere quella opera che è poi la ragione stessa per cui gli elettori ci hanno mandati in quest’aula. Perché è stranissimo: si dice: «Dobbiamo fare la Costituzione»; poi non vogliamo fare la Costituzione, perché se arrivassimo a restringere la discussione, secondo il testo della proposta Barbareschi, Scoccimarro, Mastino Gesumino, Grassi, noi faremmo una discussione in cui dovremmo saltare interi capitoli: infatti, secondo la proposta, la discussione generale sarebbe limitata alla Regione e alla formazione della seconda Camera, di modo che resterebbero senza discussione generale parti importantissime come la formazione delle leggi, come il Capo dello Stato, come il Governo, come l’ordinamento delle pubbliche amministrazioni, come la Magistratura, la Corte costituzionale e la revisione della Costituzione: cioè le parti forse più delicate e più difficili dal punto di vista giuridico resterebbero senza una discussone generale. Bisogna poi considerare che la discussione generale anche riguardo alla Regione e alla seconda Camera avrà tale ampiezza e richiederà un sì lungo studio – pensate che sulla Regione quasi tutti i membri della Costituente avranno da esprimere il loro parere – che non sarà certo possibile rinchiuderla nel giro di 44 sedute, quante ancora ne rimangono.
E allora io dico: siamo sinceri, siamo leali; non è vero, onorevole Giannini, che la legge 16 maggio 1946 sia di ostacolo a questa nostra discussione. Io ricordo quello che disse nella seduta del 15 luglio un autorevole deputato della vostra parte, l’onorevole Mastrojanni, il quale affermò:
«Io penso che l’Assemblea Costituente abbia non solo il diritto, ma anche il dovere di negare a quel decreto legislativo luogotenenziale, col quale il Governo si è arrogato il diritto di legiferare, ogni diritto e ogni consistenza dal punto di vista giuridico costituzionale, in quanto che, essendosi formata oggi l’Assemblea Costituente sovrana, tutte le leggi che l’hanno preceduta e che hanno avuto la loro origine non suffragata né giustificata dalla volontà espressa del popolo, debbano, per poter perpetuare in avvenire la loro esistenza e giustificare la loro consistenza giuridico-costituzionale, ricevere il crisma della nostra volontà, cioè della volontà sovrana del popolo che si è espressa recentemente attraverso di noi, che dobbiamo difendere il popolo nei suoi sacrosanti diritti».
GIANNINI. Al 15 luglio, non si sapeva che si sarebbero perduti otto mesi invano.
PERSICO. Non significa niente che si sono perduti otto mesi. Voi avete negato ogni valore alla legge 16 marzo 1946. Noi non neghiamo ogni valore a questa legge, ma diciamo che questa legge ha già provveduto alla possibilità di una proroga, ed ha provveduto con un termine di quattro mesi.
Ma il periodo di proroga è insito nella legge 16 marzo 1946, perché il legislatore disse che si poteva prorogare il termine, come già è avvenuto, senza discutere, su proposta del Presidente e senza che nessuno prendesse la parola. Quindi, possiamo ancora prorogare, e non è vero che si vada a fare un salto nel buio, e non è vero, come ha detto un autorevolissimo scrittore di parte cattolica, che prorogando la Costituente si farebbe un colpo di Stato. Il colpo di Stato si ha quando con un atto di violenza, sia pure parlamentare, si rovescia un Governo per sostituirne un altro, non quando si mantiene fermo un Governo per rendergli possibili tutte le sue future esplicazioni. Quindi, parlare di colpo di Stato non è esatto. Del resto, in questo momento, ho letto un articolo, sulla Voce Repubblicana di oggi, in cui l’onorevole Mortati, pur essendo dello stesso partito che si onorò di avere come suo creatore Don Sturzo, riconosce la possibilità che si possa prorogare l’Assemblea Costituente senza ledere i diritti del popolo, né i diritti degli elettori che ci hanno mandati in quest’aula.
GIANNINI. Fra dieci anni saremo ancora a questo punto!
PERSICO. Io sarei di questa opinione: cerchiamo di accontentare il giusto desiderio del Presidente di affrettare la discussione e di restringerla, se è possibile, non nei limiti proposti dall’onorevole Barbareschi, ma nei limiti molto più ristretti del mio ordine del giorno. Ci accorgeremo, tra un mese, ai primi di giugno, che la nostra fatica avrà fatto pochissimi progressi e che avremo approvato altri quindici o venti articoli. Ed allora, vi sarà la necessità assoluta di una proroga ed anche Giannini non potrà affermare che la Costituente può e deve terminare i suoi lavori entro il 24 giugno. Allora, affronteremo la questione. Ci saranno molte proposte; convocare un’altra Costituente sulla base della vecchia legge, o prorogare i nostri lavori per un termine non previsto, perché non è possibile prefissare un termine. Infatti, il legislatore ha sbagliato quando ha detto quattro mesi; se avesse detto che essa sarebbe stata prorogata fino al compimento dei suoi lavori, non ci sarebbe stata la questione dei quattro mesi perché non ci sarebbe stato questo termine insufficiente.
Oggi la questione è quella di accedere o meno alla proposta che alcuni capi partito hanno fatto di restringere le modalità ed i termini della discussione; e su questo punto mi riservo di svolgere, se del caso, il mio ordine del giorno che cerca di diminuire le limitazioni che dovrebbero essere imposte alla libertà della nostra parola. (Applausi).
LAGRAVINESE PASQUALE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LAGRAVINESE PASQUALE. Onorevoli colleghi, parlerò pochi minuti. Non mi interessano in questo momento le grandi questioni giuridiche o costituzionali. La Costituente potrà terminare i suoi lavori fra un mese o fra un anno; questo per me non ha oggi nessuna importanza perché sarà deciso dall’Assemblea la quale è giudice sovrana. Mi importa soltanto di porre alcune questioni pratiche, perché il nostro lavoro potrà e dovrà finire fra un mese. Molte cose inutili le potremo togliere lo stesso dall’ordine della discussione. (Conversazioni).
PRESIDENTE. Si direbbe che questa questione, di cui da venti giorni tanto si parla, abbia perso oggi nell’aula ogni interesse.
UBERTI. Troppi discorsi.
PRESIDENTE. Onorevole Uberti, bisogna sentirli questi discorsi; se non desidera sentirli, almeno acconsenta che altri li sentano, e perciò non interrompa.
LAGRAVINESE PASQUALE. Dicevo, farò proposte pratiche che vanno attuate indipendentemente dal tempo che metterà la Costituente nell’espletare i suoi lavori. Per quel che riguarda per esempio la limitazione del numero degli oratori, di cui ho sentito parlare nell’ordine del giorno letto dal signor Presidente, ammetto che vi siano in effetti talune discussioni di carattere generale che possano essere soppresse. Fino a questo momento questo non si è fatto, mentre gli istituti discussi fino ad oggi potevano benissimo essere esaminati solo articolo per articolo, attraverso emendamenti, trattandosi di istituti che già preesistono nella vita sociale dei popoli: famiglia, lavoro, religione. Altri istituti sono di carattere eminentemente politico, null’altro che politico, e possono essere creati, modificati, distrutti solo da una legge. Quelli invece di nuova creazione debbono essere precedentemente discussi ed in precedenza accettati. Per esempio la Regione, il Parlamento, il sistema bicamerale non si possono discutere solo articolo per articolo il che presupporrebbe averle già accettate nella Costituzione mentre così non è, per esempio, per la Regione, che deve ancora essere (e Dio non voglia che sia) accettata. Queste discussioni generali fanno sì che non si può limitare il numero degli oratori come vorrebbe l’ordine del giorno presentato dagli onorevoli colleghi.
Per quanto riguarda la limitazione del numero degli oratori, questa si può fare nei Gruppi, diceva Rocco Gullo. Sarà, ma a questo neppure credo perché si tratta di questioni – ed insisto su quella delle Regioni – così complesse che per discuterle non basta un oratore solo.
Non si tratta di questioni di correnti dottrinarie, di gruppi politici. Qui ognuno porta il suo contributo secondo la propria competenza. Può darsi che ci siano nell’Assemblea Gruppi che hanno menti enciclopediche per cui basti un solo oratore, mentre altri Gruppi non hanno queste menti enciclopediche.
La questione delle Regioni richiede una competenza non solo politica ma anche storica, geografica, etnica, e non è possibile pretendere da un solo oratore che tratti il problema in tutta la sua complessità. Ed inoltre la limitazione del numero degli oratori non è una situazione accettabile, perché ognuno deve dare il suo contributo, e questo contributo può venire indipendentemente da qualsiasi settore dell’Assemblea, senza che vi siano alcuna corrente politica od alcun settore che possano vietare questo contributo. Anche perché, secondo il criterio della proporzione, che ho sentito proporre, vi potrebbero essere Gruppi che potrebbero avvantaggiarsi della competenza di molti loro iscritti, ed altri no; così per esempio il Partito d’azione avrebbe appena un quinto di oratore, se dovesse prevalere questo concetto della assegnazione proporzionale.
Quindi si deve essere contrari a questa forma di distribuzione di lavoro, che rappresenta addirittura un tentativo di strozzamento della nostra discussione. Un po’ di tempo lo abbiamo perduto, diciamolo francamente, ed il collega che mi interrompeva all’inizio del mio discorso lamentava appunto la eccessiva lunghezza di certi discorsi: si sono fatti effettivamente dei discorsi troppo lunghi, che potevano essere anche abbreviati. Ma oggi questa limitazione non è più possibile, perché il tempo che si è perduto nel non far niente non si può guadagnare col far molto, in fretta e male. E qui si inserisce un’altra mia proposta, perché l’economia del tempo non si ottiene soltanto accorciando la parte dei discorsi, delle discussioni, ma anche dando un certo ordine al lavoro: il lavoro disordinato non è altro che uno sperpero di tempo.
Ora, nel progetto di Costituzione io noto che c’è un certo disordine in questo senso: tra breve noi discuteremo il Parlamento e poi la questione delle Regioni.
RUINI, Presidente della Commissione perla Costituzione. Si discute prima la Regione. Lo abbiamo già deliberato in Assemblea.
LAGRAVINESE PASQUALE. Che sia stato già deliberato non mi consta.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Che vi sia stata una votazione in Assemblea, no, ma fin da quando decidemmo di discutere il progetto di Costituzione si disse, e l’Assemblea non fece alcuna opposizione – e quindi si intende che ci siamo messi su questo cammino – che avremmo discusso la Regione subito dopo aver finito la prima parte della Costituzione sui diritti e doveri del cittadino. Questa era l’intesa di tutti. Se v’è ora una proposta formale a questo riguardo, potremmo adottarla a conferma di quella prima intesa.
LAGRAVINESE PASQUALE. Noi ci troveremmo ad aver approvato precedentemente un istituto come quello del Parlamento, in cui la seconda Camera che si chiama, non so perché, dei senatori, ha la sua base nella Regione. Noi potremmo domani effettivamente, approvando questa prima parte del Parlamento, trovarci di fronte alla questione della Regione per cui la discussione precedente verrebbe a crollare. Si accetterebbe il figlio prima di accettare la madre. Per questo, prima di arrivare alla questione del Parlamento potrà essere opportuno di discutere il problema della Regione.
Questo lo dico per contribuire anch’io a quella economia di tempo che occorrerà in qualunque modo fissare, senza incertezza, per contribuire a che questo lavoro sia spogliato di tutte le inutili scorie. (Approvazioni).
MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTINO PIETRO. Io parlo per esprimere il punto di vista del Gruppo parlamentare autonomista.
Penso che la questione principale, in questo momento, non sia quella relativa alla possibilità di una nuova proroga della vita della Costituente; sibbene quella di provvedere a che i lavori dell’Assemblea, rispondendo alla funzione alta, completa per cui l’Assemblea fu eletta, siano effettuati nel minor termine di tempo possibile.
La questione relativa alla eventualità di una proroga può essere oggetto di lunghe e di profonde discussioni che però non hanno motivo di essere condotte in questo momento.
L’onorevole Giannini ha accennato ad un patto che sarebbe intervenuto fra elettori ed eligendi, gli allora candidati, gli eletti di adesso, perché allora noi avremmo chiesto un mandato in base al decreto legislativo che fissava in un anno la vita della Costituente; la fiducia degli elettori ci sarebbe stata quindi – secondo la tesi dell’onorevole Giannini – accordata per otto mesi, prorogabili ad un anno, ma mai per più di un anno.
Si potrebbe, a mio avviso giustamente, rispondere che gli elettori ci hanno, soprattutto, dato un mandato, questo: di fornire allo Stato la nuova Costituzione.
Questo è lo scopo principale, direi prevalente, assorbente, che soverchia qualunque altro; di modo che noi potremmo rispondere – se, giunti al 24 giugno, ci trovassimo nella impossibilità di aver definito i lavori – affermando il diritto di concederci la proroga necessaria per giungere alla conclusione di quei lavori che rappresentano, praticamente, la sostanza del mandato che dagli elettori ci fu conferito.
D’altra parte, l’articolo 3 del decreto istitutivo parla di vita della Costituente che possa o debba durare nell’esercizio della propria funzione fino a quando non sia convocato il nuovo Parlamento, vale a dire indica un termine che potrebbe coincidere con quello di un anno – indicato nel successivo articolo 4 – ma che potrebbe essere anche diverso.
Non è il caso che io – ho premesso come questa non sia la questione fondamentale od urgente in questo momento – accenni ad esempi precedenti, storici e giuridici, in cui assemblee e corpi legislativi trovarono giustificazione a prolungare la propria vita, oltre i termini stabiliti dalla legge o dagli elettori, traendo per ciò motivo dalla sovranità del mandato ricevuto e dall’altezza delle funzioni da assolvere. Non è il caso, perché in tutti è presente la necessità – sentita sia da quelli che ritengono che si possa arrivare ad una proroga dei lavori, come dagli altri che ritengono che una proroga sia impossibile – di affrettare questi lavori. L’onorevole Gullo Rocco ha interloquito su questioni di seria importanza, in quanto egli trova una prima eventuale difficoltà ad una modificazione dell’ordine dei nostri lavori nel fatto che vi è già un Regolamento dell’Assemblea e che una nostra modificazione del Regolamento stesso non è possibile se non seguendo la via prefissata a ciò appositamente.
Ora, io apprezzo la serietà di questa eccezione, ma mi permetto sommessamente di rilevare come non tutte le disposizioni del Regolamento siano essenziali. Ve ne sono, sì, di carattere essenziale che non possono essere annullate, o violate, sotto pena di nullità, e vi sono disposizioni che si possono anche violare, in quanto non essenziali.
Quando, ad esempio, nell’articolo 86 si dice come la discussione generale debba premettersi alla discussione sui vari articoli, non è che con ciò si stabilisca, in via assoluta, l’obbligo di procedere ad una discussione di ordine generale, ma si è voluto semplicemente regolare quanto di solito avviene, ma che potrebbe anche non avvenire. Questo e non altro.
Noi possiamo quindi benissimo accordarci fra noi, direi internamente, per la linea da seguire circa i nostri lavori, con l’intento anzitutto di far sì che le limitazioni di tempo imposteci non siano di nocumento all’ampiezza di esame dei problemi e alla precisione e alla giustezza delle decisioni che noi dovremmo prendere.
Ma un altro obiettivo noi dobbiamo perseguire, ed è quello di eliminare tutto ciò che è inutile. Ora, l’onorevole Corbino, a questo proposito, ha manifestato un pensiero, direi, in certo senso, scettico. Egli ritiene che l’eliminazione della discussione generalissima non conduca ad un risparmio di tempo, in quanto quella discussione generalissima, eliminata da un lato, risorgerebbe dall’altro, quando si dovesse procedere alla discussione degli emendamenti.
Questo non è completamente esatto; me lo consenta l’onorevole Corbino. Io ho ascoltato con piacere tutte le discussioni che si sono fatte; ora, non tutte queste discussioni sono state precisamente condotte con quel criterio, direi, di sintesi che è normalmente opportuno nelle discussioni, e lo è maggiormente in quelle dell’Assemblea Costituente.
Molte volte si è infatti divagato in campi affini alla materia trattata, se non addirittura in campi affatto lontani. Noi abbiamo per esperienza constatato che, su certe materie, il numero degli oratori ha raggiunto la cifra di quaranta, talvolta di cinquanta e perfino di sessanta.
È necessario quindi che noi troviamo la possibilità di opporre un rimedio, o che per lo meno lo cerchiamo. Io faccio delle proposte concrete. Si è detto che si dovrebbe eliminare la discussione generalissima, riducendo la discussione generale al titolo della Regione e alla questione della seconda Camera. Ora, io credo e noi crediamo di essere nel giusto richiedendo che una discussione generale venga ammessa anche per il potere giudiziario e per la Corte costituzionale, argomenti e materie di una importanza straordinaria.
Faccio anche una considerazione più pratica. Nel caso che un deputato presenti su uno stesso titolo emendamenti relativi a più articoli, invece che quindici minuti per un solo emendamento, dovrebbe parlare una volta sola per tutti, salvo, s’intende, a beneficiare di un termine maggiore dei quindici minuti.
Ho da confermare però un concetto espresso chiarissimamente dall’onorevole Gullo, secondo il quale non è giusto proporzionare il numero di quelli che potranno intervenire nella discussione alle forze dei Gruppi. Il Gruppo costituito anche da pochi iscritti ha diritto alla libertà di parola, intesa anche nel senso della molteplicità dei possibili interventi. Sarà proprio in questo campo che i Gruppi dovranno provvedere internamente per far sì che nell’Aula si intervenga solo in modo proporzionato all’importanza del tema. Nell’ordine del giorno presentato dall’onorevole Giannini e da altri è detto che l’Assemblea Costituente afferma che il mandato del quale è investita per la elaborazione della Costituzione e delle altre leggi assegnate alla sua competenza «deve» e «può» essere pienamente eseguito, nei limiti di tempo tassativamente prestabiliti.
Io dico che questo ordine del giorno, non nell’intendimento del proponente, ma di fatto, finirebbe, in qualunque senso lo si voti, col pregiudicare quella questione di merito e di sostanza sulla quale, come ho detto oggi, non possiamo e non dobbiamo pronunciarci, vale a dire la possibilità della concessione di una nuova proroga. Quando si afferma che si deve finire entro il 24 giugno già la questione è decisa. Se quella questione la vogliamo decidere, la si presenti direttamente alla discussione e al giudizio dell’Assemblea. Si inviti, vale a dire, l’Assemblea ad esaminare e a decidere se la Costituente abbia la possibilità di concedersi una nuova proroga, ma non vi si arrivi attraverso un ordine del giorno che, apparentemente, ha uno scopo diverso.
Nella seconda parte dello stesso ordine del giorno è detto che l’Assemblea dichiara che può essere pienamente eseguito il proprio compito nei limiti di tempo prestabiliti.
L’Assemblea deve partire dal presupposto di fare il possibile e comportarsi in modo che il possibile sia fatto perché i lavori possano essere compiuti entro il 24 giugno, ma non farebbe una cosa seria se oggi affermasse che può finirli e poi non li finisse. Questa Assemblea non può pronunciarsi o, meglio, si può pronunciare in linea di probabilità ma non di certezza. Quindi, in definitiva, il Gruppo autonomista riafferma la necessità che i lavori siano conclusi entro il 24 giugno; ammette i criteri che sono stati proposti perché si arrivi a definirli entro questo limite di tempo, non riconoscendo però giusta una riduzione nel numero degli intervenuti nella discussione in rapporto alla composizione numerica dei vari gruppi, e ritiene necessario che la discussione generale venga condotta anche sui titoli della Magistratura e della Corte costituzionale, (Applausi).
SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCOCCIMARRO. Farò brevi dichiarazioni. Di fronte alla duplice tesi che è stata qui esposta, di coloro i quali ritengono che la Costituente deve finire i suoi lavori il 24 giugno e non può prolungarsi oltre questo termine; e la tesi opposta che la Costituente può prorogare i propri lavori oltre il 24 giugno, il Gruppo comunista ritiene che la Costituente deve finire i suoi lavori il 24 giugno, non perché giuridicamente non possa eventualmente prorogarli, ma perché una necessità politica ci impone di non prolungarli oltre quel termine. E la necessità politica non è soltanto quella alla quale alcuni colleghi pensano: cioè che la composizione di quest’Assemblea non corrisponda più ai rapporti reali delle forze politiche nel Paese. Vi è una ragione politica ancor più importante: sono maturati nel nostro Paese gravi problemi, specialmente nel campo economico, che non possono essere risolti se non con una discussione in una regolare assemblea legislativa.
Il Governo si trova di fronte a questioni che nelle condizioni attuali non può risolvere, mentre la situazione del Paese esige che siano risolte al più presto. Questa, per noi, è l’esigenza più urgente che ci impone di portare a termine i nostri lavori entro il 24 giugno.
Ora, se si vuole arrivare a questo bisogna modificare radicalmente il nostro modo di lavoro, altrimenti i nostri lavori non saranno finiti per il 24 giugno.
Bisogna tener presente che, oltre alla Costituzione, la Costituente deve occuparsi della legge elettorale, della ratifica del Trattato di pace e di altre leggi: solo per la discussione finanziaria sono già iscritti a parlare trenta oratori. Ora, è chiaro che se si considera il complesso dei problemi che si dovrebbero qui discutere, è certo che in quaranta giorni non si può finire.
Questo è il motivo delle nostre proposte. L’onorevole Giannini, che vuol finire il 24 giugno, come vogliamo noi, se pure per altri motivi, ritiene che per farlo bisogna mutare la materia della nostra discussione. Ora, io faccio osservare che, per via indiretta, in realtà egli ripropone il problema del tipo della Costituzione. E siccome l’Assemblea già diverse volte si è pronunciata di non rinviare ad un preambolo tanta parte della materia che si vuole definita nel testo della Costituzione, se si accettasse la proposta dell’onorevole Giannini bisognerebbe passar sopra a quella decisione dell’Assemblea. E siccome è prevedibile che, riproponendo il problema in quei termini, l’Assemblea riconfermerebbe il giudizio già espresso, è chiaro che il metodo attraverso cui l’onorevole Giannini propone di abbreviare i nostri lavori non è fattibile né realizzabile.
All’onorevole Gullo Rocco, il quale ci dice che la Costituente ha giuridicamente il potere di prorogarsi, io vorrei chiedere come mai, se la Costituente ha quel potere, non avrebbe poi il potere di modificare il suo funzionamento interno e qualche norma del suo regolamento. Essa può fare anche questo: se l’Assemblea è sovrana può ad un certo momento apportare modifiche al suo funzionamento.
L’appello che si vuol fare all’autodisciplina dei Gruppi è giusto, ma si può anche fare appello all’autodisciplina dell’Assemblea nel suo complesso. Le proposte che noi facciamo non hanno altro significato che questo: noi proponiamo all’Assemblea che autodisciplini il proprio lavoro in modo da rendere possibile che il 24 giugno si possa dire: abbiamo finito i nostri lavori.
Si è parlato di responsabilità, di fallimento della Costituente se per il 24 giugno i lavori non saranno finiti. Mi pare che siano parole grosse, molto grosse; e non voglio neanche parlare dell’accenno al colpo di Stato; penso che coloro stessi che l’hanno pronunciato, nel loro intimo sanno che non è il caso!… I colpi di Stato sono ben altra cosa che il prorogare d’un mese o di qualche settimana la discussione di un’Assemblea.
Ma a noi pare che daremmo al Paese la prova d’una deficiente sensibilità politica, di una deficiente comprensione dei bisogni e dei problemi che sono maturati in Italia, se noi non facessimo tutto il possibile per terminare il 24 giugno i nostri lavori. Ripeto: per noi non si tratta di una questione giuridica, non si tratta del fallimento della Costituente o di responsabilità storiche, ma di problemi estremamente gravi, che il Governo oggi, per il modo come è costretto a funzionare, non può risolvere e che tuttavia devono essere risolti; e potranno essere risolti solo da una normale assemblea legislativa.
Per queste fondamentali ragioni, noi manteniamo le proposte fatte. Anzi, se quelle proposte non garantissero ancora che per il 24 giugno i nostri lavori saranno finiti, il Gruppo comunista è pronto ad accettare tutte le ulteriori limitazioni, che i colleghi volessero proporre. Ma una cosa è essenziale: finire il 24 giugno.
Troppo grosse questioni attendono di essere risolte nel nostro Paese e non possiamo rinviarle. (Applausi a sinistra).
PERRONE CAPANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERRONE CAPANO. Onorevoli colleghi, dichiaro di essere d’accordo con le conclusioni espresse testé dall’onorevole Scoccimarro.
Noi abbiamo finora dato una grande importanza ai nostri diritti; dobbiamo dare maggiore importanza ai nostri doveri. Ed il primo dovere è, a mio avviso, di stare ai patti che abbiamo conclusi col popolo italiano. Perché la legge 16 marzo 1946 non è soltanto una legge, ma è un patto, che ha poi avuto la sanzione di un voto popolare, col quale è stato esplicitamente a noi conferito un duplice mandato: un mandato, direi, quantitativo e qualitativo, un mandato attinente al contenuto della nostra azione, e relativo al tempo entro il quale questa nostra azione deve svolgersi.
Non ho mai sentito che i poteri derivanti da un mandato possono essere modificati dal mandatario. Questo si verificherebbe, qualora noi prorogassimo la durata della Costituente oltre il termine stabilito da quella legge, che si ebbe la sanzione popolare il 2 giugno. E quando, a questo proposito, l’onorevole Scoccimarro dice che una considerazione politica deve, soprattutto, guidarci nel giungere alla conclusione che oltre il 24 giugno non si possano protrarre i nostri lavori, egli dice indubbiamente cosa esatta e ancora di più allorché la sostiene con la considerazione che vi è ormai l’improrogabile necessità per il Paese d’una Assemblea legislativa con pieni poteri legislativi, che assolva, quindi, il compito di controllare meglio l’azione del Governo e di effettuare essa la legislazione civile.
Ma io credo che a questa considerazione che ne debba aggiungere un’altra: si debba riconoscere, cioè, che, anche quando si consideri il problema sotto l’aspetto giuridico, in realtà non si possa risolverlo che obbedendo sempre ad una considerazione di natura politica, riconoscendo cioè, d’accordo con gli onorevoli Giannini e Scoccimarro, che oltre il 24 giugno prossimo venturo non è possibile prolungare la durata del nostro ufficio senza offendere la volontà del popolo italiano.
Infatti, quando si considera questo delicato problema sotto il suo aspetto giuridico, si riconosce in sostanza che viene in discussione il principio se alla legge si debba o no prestare ossequio; il principio, se nel campo della osservanza delle leggi l’esempio positivo non debba venire precisamente dai legislatori. E allora, secondo me, precisamente in omaggio a quei principî di libertà e democrazia, ai quali dobbiamo sempre prestare ossequio e per il trionfo dei quali siamo qui dentro, dobbiamo concludere che la risoluzione del problema della durata, della vita e dei poteri della Costituente, comunque esaminato, non può essere risolto se non in senso rigido e negativo per la concessione di una qualsiasi proroga.
Ma vi è da risolvere – ed ho finito – un altro aspetto della situazione ed è quello relativo alla conciliabilità di questo nostro dovere di non andare oltre la data segnata dalla volontà del popolo italiano con l’altro nostro dovere che è di fare una buona Costituzione o per lo meno di riconoscere che la Costituzione è una cosa seria e non può essere improvvisata. Abbiamo perduto del tempo: le responsabilità di questa perdita di tempo saranno assodate in un secondo momento. Stabilirà la storia se la colpa è o no del tripartito; se il torto deriva dall’aver nominato un parlamentino nel seno del Parlamento e dall’aver delegato a questo parlamentino il compito che, viceversa, poteva essere conferito a pochi costituzionalisti che lo avrebbero assolto in pochi giorni. Ora noi abbiamo occupato mesi per coordinare il lavoro, per discutere gli articoli e per arrivare a qualche cosa di conclusivo e di serio da assegnare poi alla Storia in un breve periodo di tempo. Assoderà la Storia questo. Ma oggi dobbiamo riconoscere che improvvisare non possiamo, e affrettarci in questi lavori con ritmo bersaglieresco non sarebbe serio. Io aderisco alle proposte dell’onorevole Persico, che mi sembrano le meglio informate a conciliare le due esigenze, e non ho paura di concludere affermando che il termine non deve tuttavia in nessun caso essere prorogato. Se la Costituente non riuscirà entro quel termine ad assolvere il suo compito, non per questo essa potrà andare oltre i limiti di tempo che le furono assegnati. La conseguenza logica, giuridica e politica sarà che il popolo verrà chiamato nuovamente alle urne per eleggere un’Assemblea legislativa con poteri costituenti. (Commenti).
E credo doveroso a questo punto raccomandare un’altra cosa: vi è una legge, vi sono anzi delle leggi che noi non possiamo assolutamente rimandare, per le quali la discussione è urgente, perché senza di esse la convocazione del popolo alle urne per eleggere una nuova Assemblea legislativa – o legislativa e costituente al tempo stesso – non potrà essere effettuata. Sono queste le leggi elettorali. Affrettiamoci a mettere all’ordine del giorno le leggi elettorali.
FUSCHINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FUSCHINI. Onorevoli colleghi, mi limiterò ad alcune osservazioni di indole prevalentemente tecnica.
Due sono le questioni che sono state prospettate in questa Assemblea per limitare i lavori che l’Assemblea stessa deve concludere per l’approvazione della Costituzione.
Circa la proroga dei termini della Costituente mi permetto di osservare che la questione, altamente politica, oltre che giuridica, non può, a mio avviso, essere fatta dall’Assemblea senza che vi intervenga, come elemento interessato, anche il Governo. Perciò ritengo che la discussione proposta dall’onorevole Giannini sia in questo momento intempestiva e mi associo alla richiesta di sospensiva che su di essa è stata proposta dall’onorevole Corbino, soprattutto per questa ragione: l’articolo 3 del decreto 16 marzo 1946 stabilisce che durante il periodo della Costituente e fino alla convocazione del nuovo Parlamento, che sarà creato dalla nuova Costituzione, il potere legislativo resta delegato – salvo la materia costituzionale – al Governo.
Ora, alla proroga dei lavori dell’Assemblea Costituente è connessa la proroga dei poteri del Governo, poteri di indole legislativa, che non possono essere discussi senza, ripeto, che sia presente il Governo.
Occorre quindi che la mozione dell’onorevole Giannini sia inscritta nell’ordine del giorno d’accordo con il Governo per modo che la discussione avvenga in maniera esauriente e completa.
Noi non intendiamo esprimere in questo momento il nostro pensiero politico sulla proroga della Costituente; siamo però favorevoli ad abbreviare per quanto sia possibile i lavori dell’Assemblea Costituente: riteniamo cioè un dovere sopprimere tutte quelle ridondanze di discussioni che possano turbare il sollecito andamento dei lavori. Ma crediamo che questo non sia ancora il momento per decidere la proroga della Costituente, perché con riduzioni adeguate, logiche e sensate che si possono fare della discussione, possiamo raggiungere i tempi necessari che sono stabiliti dalla legge.
Orbene, a questo proposito mi domando se le proposte fatte dagli onorevoli Scoccimarro, Barbareschi, Mastino Gesumino e Grassi siano adeguate allo scopo che si vuole raggiungere.
Io ritengo che non lo siano. Non è che io intenda proporre emendamento a queste proposte che, non so perché, sono venute all’Assemblea in questa forma, dirò così, alquanto rudimentale. L’Assemblea può sempre modificare il proprio Regolamento, che è quello della Camera dei Deputati prefascista, perché l’Assemblea, come ogni Camera, è sempre padrona del proprio Regolamento; ma mi sembra che si tratti di proposte che la Giunta del Regolamento dovrebbe esaminare per conto suo e presentare all’Assemblea in quella forma regolare che è stabilita dal Regolamento.
Non voglio perder tempo. Faccio semplicemente osservare che ogni modifica di regolamento deve essere contenuta entro i limiti indispensabili per salvaguardare i diritti dei Gruppi di minoranza.
Ora vi sono alcune proposte che non salvaguardano, a mio avviso, abbastanza i diritti delle minoranze. L’articolo 86 del Regolamento indica la possibilità che una discussione generale di un disegno di legge possa essere divisa in discussione per parti e per titoli. Noi abbiamo stabilito, in una deliberazione precedente, di fare la discussione per titoli. Ci siamo però accorti, se non sbaglio, che la discussione per titoli prende uno sviluppo eccessivo, mentre se noi avessimo limitato la discussione generale sulla prima parte della Costituzione e poi ci fossimo riservati di far a suo tempo la discussione generale della seconda parte, avremmo probabilmente abbreviato la discussione. Se noi ora sopprimiamo la discussione per titoli, non facciamo alcuna offesa al Regolamento, perché il Regolamento dispone che la discussione può essere anche fatta semplicemente per parti. Sarei pertanto dell’avviso di abbandonare il sistema della discussione per titoli per tutto quello che rimane da discutere del progetto di Costituzione e di fare invece soltanto la discussione per parti. Il che vorrebbe dire abbandonare la discussione dei titoli quarto e quinto della prima parte, e fare invece la discussione generale della seconda parte, senza fare la discussione separata per titoli di questa seconda parte. Circa la partecipazione a questa ultima discussione generale, la libertà di intervento dei deputati dovrebbe essere completa, giacché contro eventuali eccessi vi sono già nel Regolamento i mezzi idonei per evitarli e vi può essere anche la disciplina dei gruppi. Una notevole quantità di deputati accusa la Commissione dei settantacinque di avere «perduto del tempo». Io credo che non sia esatto dire «perduto del tempo»; abbiamo impiegato del tempo, quello che era necessario per potere sottoporre all’Assemblea un progetto meritevole di essere discusso, come di fatto lo è, in questa Assemblea e dalla pubblica opinione che comincia soltanto ora a interessarsi seriamente, nella stampa quotidiana, nelle riviste e nei periodici, della Costituzione. Per regolare pertanto in modo più proficuo e sollecito i nostri lavori per l’approvazione della nuova Costituzione, dobbiamo attenerci al Regolamento e non porre con una nuova disposizione limiti agli interventi nella discussione in rapporto alla importanza numerica dei Gruppi.
Questo ultimo potrà essere un criterio al quale potranno ispirarsi i Gruppi internamente, ma non deve diventare una rigida norma di regolamento. Quindi è proprio soltanto dalla disciplina dei Gruppi e dalla disciplina e sensibilità degli stessi deputati che potremo efficacemente ottenere un più contenuto sviluppo dei nostri lavori.
Mi sia consentito di rilevare che due eccezioni si potrebbero fare al metodo della discussione generale per parti.
La prima eccezione riguarda il titolo III della prima parte e la seconda il titolo V della seconda parte. Il titolo terzo disciplina i rapporti economico-sociali. Credo che questa sia la parte più interessante della Costituzione, per i principî che vi si affermano, che non abbiamo visto inseriti così ampiamente in vecchie e recenti Costituzioni d’Europa.
E siccome questi principî rappresentano le direttive della nostra futura vita nazionale, è opportuno che siano discussi e approfonditi con la necessaria ampiezza perché l’Assemblea affermi chiaramente il proprio pensiero, dopo che tanto chiaramente lo ha affermato la Commissione dei settantacinque.
La seconda eccezione riguarda il titolo che contiene le disposizioni sulla Regione. È questo il secondo lato veramente nuovo del progetto di Costituzione. Esso merita di essere approfondito in tutti i suoi molteplici aspetti. Su alcuni punti vi è forte controversia fra i Gruppi parlamentari e fra le correnti dell’opinione pubblica. Vi sono nel progetto disposizioni che possono essere eliminate senza che la creazione della Regione ne riceva menomazione.
Mi sia infine consentito di dire una parola soltanto su quanto ha detto l’onorevole Giannini. Egli ha affermato che il lavoro fatto dalle Sottocommissioni deve essere completamente capovolto. L’onorevole Giannini ha un mezzo molto semplice, se vuole ridurre gli articoli del progetto, deve chiedere, e può chiederlo ogni volta che se ne presenti l’occasione, la soppressione, o proporre altri testi che abbiano forme stilistiche più snelle, più sintetiche. La Commissione dei settantacinque ha fatto del suo meglio e le Sottocommissioni hanno lavorato intensamente. Possono aver lavorato bene oppure meno bene, ma hanno di fronte al Paese adempiuto al dovere di presentare uno schema di Costituzione, sul quale tutti, qui e fuori di qui, possono esprimere il loro libero e motivato parere. La Commissione del resto ha indicato una nuova struttura dello Stato, che è il punto centrale e più decisivo del progetto: questa struttura bisognerà discutere attentamente e con ogni larghezza se vogliamo che gli istituti che la compongono riescano ben congegnati ed equilibrati perché siano praticamente utili al migliore svolgimento della vita politica del nostro Paese. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. In attesa di metterci d’accordo sulla questione più ampia, cerchiamo ora di arrivare ad una decisione relativa al metodo di lavoro.
Voci. Chiusura! Chiusura!
PRESIDENTE. È stata chiesta la chiusura. Domando se è appoggiata.
(È appoggiata).
Si intende che, approvando la chiusura, gli iscritti a parlare, che sono ancora cinque o sei, decadono da questa facoltà. (Commenti).
MACRELLI. Non è esatto.
PRESIDENTE. Onorevole Macrelli, ella, da vecchio parlamentare quale è, non dovrebbe cadere in questi equivoci. Si era deciso di fare diversamente alla Consulta, ma noi ci atteniamo al Regolamento della Camera dei Deputati, secondo il quale chiusura significa decadenza dalla facoltà di parlare.
Pongo in votazione la proposta di chiusura. (È approvata).
Poiché non abbiamo un testo ufficiale, e non esiste una Commissione che lo abbia esaminato, credo che dobbiamo prendere come base la proposta inizialmente depositata alla Presidenza a firma degli onorevoli Barbareschi, Scoccimarro, Mastino Gesumino e Grassi. Vi è prima però da decidere circa la questione posta all’Assemblea dal documento presentato dall’onorevole Giannini e da numerosi altri colleghi. Credo però che essa non possa trovare una soluzione a conclusione di questo dibattito. È stato fatto presente, da alcuni colleghi che hanno parlato, che questo esige la partecipazione del Governo e d’altra parte, come problema politico investe un più ampio campo della discussione.
Credo che è per questo che i colleghi che hanno parlato hanno appena sfiorato l’argomento, perché hanno avvertito l’esigenza di un esame più approfondito. (Commenti).
Prego l’onorevole Giannini di accettare questa impostazione. Il documento che egli ha depositato dovrebbe, data la sua forma, trovare assolutamente in questa seduta una decisione. Ma l’argomento necessita di una discussione più approfondita, che ha gravi aspetti politici e giuridici. L’onorevole Giannini mi autorizzi, la prego, a tenere in riserva la sua proposta, salvo a riproporla dopo che l’Assemblea abbia deciso sul metodo dei propri lavori.
GIANNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNINI. È appunto in considerazione di quanto lei ha esposto in questo momento, che la compilazione di questo nostro documento è stata tenuta volutamente in modo generico, per sentire i colleghi di qualunque parte dell’Assemblea, tanto è vero che, se non ho mal compreso, anche l’onorevole Scoccimarro non si è trovato affatto lontano da questo che era il nostro criterio e cioè che la Costituente possa e debba esaurire i lavori nel termine prefisso. Però, signor Presidente, poiché lei mi assicura che questo ordine del giorno potrà essere rimesso in discussione, io non posso che inchinarmi alla sua volontà perché non intendo farle scortesia; ma esprimo il desiderio che sia ripreso in esame in forma di mozione e con la sicurezza che sarà discusso.
PRESIDENTE. Onorevole Giannini, qualora io per dimenticanza non riproponessi la questione all’Assemblea, lei può sempre ripresentarla sotto forma di mozione.
GIANNINI. La ringrazio.
GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GULLO ROCCO. Mi permetto di dissentire dal criterio che è stato esposto circa l’ordine della votazione perché, a parer mio – e potrei sbagliarmi – l’ordine del giorno a firma mia e degli altri colleghi dovrebbe avere la precedenza sulle altre proposte, in quanto ha un valore sostanziale, se non formale, di pregiudiziale. E questo ho anche indicato nelle parole che ho detto, in quanto ho sostenuto che la proposta Barbareschi, Scoccimarro ed altri fosse contraria al Regolamento. E sono in questo d’accordo con l’onorevole Fuschini circa la possibilità di arrivare a dare un ordine ai nostri lavori attraverso la forma normale di modifica del Regolamento.
Ora, io penso che non soltanto per questo valore di pregiudiziale, ma per il fatto che esso è soppressivo delle proposte fatte, dovrebbe avere la precedenza il mio ordine del giorno, il quale eliminerebbe ogni discussione sulle altre due proposte. Nel caso che non fosse approvato ritengo che dovrebbe essere posta ai voti subito dopo la proposta Persico.
PRESIDENTE. Onorevole Gullo, se lei non avesse avuto impazienza e se si fosse fidato della mia imparzialità, avrei detto io stesso le stesse cose. Ho infatti dichiarato che la proposta Barbareschi dovrà essere presa come base; il che significa che, come per un disegno di legge, si sarebbero dovuti esaminare e votare dapprima gli emendamenti, e, innanzi tutto, l’emendamento soppressivo. Pertanto, la ringrazio di aver esposto all’Assemblea ciò che avrei detto io successivamente.
GULLO ROCCO. Chiedo scusa.
PRESIDENTE. Dicevo dunque, egregi colleghi, che la proposta Barbareschi, Scoccimarro, Mastino Gesumino e Grassi dovrà essere presa come base in questa nostra discussione.
Devo anzitutto porre in votazione l’ordine del giorno presentato dagli onorevoli: Rocco Gullo, Canepa, Rossi Paolo, Di Giovanni, Nasi, Lami Starnuti, Morini, Bennani, Canevari, Mazzoni, Taddia, Bocconi, Persico:
«L’Assemblea Costituente, conscia del grave e solenne suo compito, non ritiene di dover introdurre particolari limitazioni all’ordine delle discussioni nel momento stesso in cui viene in esame la parte essenziale del progetto; e lascia all’interna disciplina dei suoi membri l’impegno di mantenere la discussione in termini di sobrietà, con rigido rispetto del regolamento esistente».
Su questo ordine del giorno è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Gullo Rocco, Di Giovanni, Di Gloria, Morini, Persico, Bocconi, Costantini, Canepa, Zanardi, Veroni, Lami Starnuti, Bennani, Paris, Nasi, Villani, Corsi, Mazzoni, Calosso, Tremelloni, Rossi Paolo, Cairo, Cevolotto.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Avrei chiesto la parola per una dichiarazione di voto; ma dopo la richiesta di votazione segreta vi rinunzio.
GRONCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRONCHI. Avevo intenzione di parlare per chiarire la posizione che noi assumiamo di fronte all’ordine del giorno dell’onorevole Rocco Gullo e colleghi; ma, dopo la richiesta di scrutinio segreto, è evidente che una dichiarazione di voto potrebbe sembrare, almeno regolamentarmente, paradossale.
PRESIDENTE. A rigore di termini non c’è nessun articolo di Regolamento che vieti le dichiarazioni di voto quando vi siano votazioni a scrutinio segreto. Ero tenuto a chiarire questo principio dopo la dichiarazione dell’onorevole Gronchi.
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Io ritengo che la dichiarazione di voto sia sempre permessa: è una garanzia, a cui non si può rinunciare. Se molti votano con le due palline in mano, in modo da farle vedere, non sembra giustificato che si possa proibire, a chi voglia farla, quella dichiarazione.
In secondo luogo, vi è una tale connessione fra le tre proposte che una dichiarazione di voto si dovrebbe permettere per tutt’e tre; perché tra l’estremo di dire che le cose debbano continuare come prima e l’altro estremo di quella specie di ordine del giorno, che potrebbe essere qualificato – se il termine non è troppo forte – «a ghigliottina», «a capestro», che sarebbe l’ordine del giorno con le quattro firme, vi sono tante vie di mezzo. Quindi la mia opinione, contenendomi nei termini del Regolamento, è: 1°) che siano permesse dichiarazioni di voto, anche se c’è lo scrutinio segreto. Non c’è nessuno articolo che le vieti, e neppure nessuna ragione; 2°) che le dichiarazioni di voto si facciano ora su tutt’e tre le proposte, ed io mi riservo di chiedere la parola su tutt’e tre.
PRESIDENTE. L’onorevole Orlando Vittorio Emanuele ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Farò una brevissima dichiarazione di voto. Primo punto: vi è un mandato, che noi violiamo? Violiamo noi il nostro mandato, se non restiamo nei limiti prescritti dalla legge? Secondo me, no. Noi non violiamo alcun mandato. Che il rapporto tra la Camera, ossia l’Assemblea eletta, e gli elettori, o l’insieme degli elettori, sia un mandato, io non l’ho mai creduto, e continuo a non crederlo: non c’è un rapporto di mandato, e credo che questa sia, nel diritto costituzionale, una questione superata. Ciò io sostenni già quando vigeva lo scrutinio uninominale, in un’epoca, cioè, nella quale era possibile avvicinarsi di più all’ipotesi del mandato; ma, oggi poi, con lo scrutinio di lista e con la rappresentanza proporzionale, proprio non saprei dove si possa più andarlo a trovare questo mandato. Mandato, dunque, non v’è; e sotto questo riguardo, non violiamo nulla.
Che cosa, invece, c’è? C’è, indubbiamente, una competenza: fare la Costituzione. Questa competenza è affidata ad un organo, come sempre avviene, e quest’organo è una Assemblea, che deve esercitare la sua funzione e che è stata nominata per tale scopo.
Questa è la maniera con cui io mi pongo il quesito: noi abbiamo avuto affidato dalla legge, e non già dal mandato elettorale, il compito di fare una Costituzione, e di farla entro un termine stabilito.
Certamente, si pone innanzi tutto la seguente questione: possiamo noi giuridicamente sorpassare il termine? Senza dubbio, sì. E ciò, appunto perché, se così non fosse, chi la farebbe allora una legge di tal genere? Se versassimo, in ipotesi, in uno stato di impossibilità – ad impossibilia nemo tenetur – che cosa faremmo? È evidente che ci debba essere la maniera di uscirne. Vi è il precedente italiano della proroga di un anno di quella legislatura, che fece la guerra 1915-18. Allora, c’era un termine; e questo termine era imposto dallo Statuto, non – come nel caso nostro – da una legge – che, poi, di fatto, non è che un decreto legislativo semplicemente –: ebbene, l’Assemblea si ritenne allora autorizzata a prorogare i suoi poteri sotto l’impero di una ragione di necessità.
E, se non vi basta il precedente italiano, vi sono i due precedenti inglesi: la Camera dei Comuni, che pure è assai più rigorosa di altre nell’osservanza di queste norme, tuttavia prorogò, una prima volta, la legislatura della guerra 1915-18, ed una seconda volta quella di questa guerra ultima. Dunque, il potere lo abbiamo: il che, però, non vuole significare, senz’altro, che dobbiamo usarlo.
Vi è una questione affidata al nostro giudizio, al giudizio dell’Assemblea. Da un lato, sta il termine: esso mi impone non legislativamente, ma perché fu voluto, perché la lotta elettorale si combatté su questa piattaforma; mi impone non già per il mandato, bensì per l’osservanza di un impegno politicamente preso. Ma, da un altro lato, noi ci metteremmo in contradizione con noi stessi, qualora l’Assemblea decretasse la propria fine senz’avere assolto lo specifico compito con tanta solennità affidatole.
Vorrei restare nei limiti della dichiarazione di voto; ma mi permetto di aggiungere ancora qualche considerazione. Ci sono o non ci sono scusanti di questa nostra situazione presente? Perché siamo arrivati a questo stato di cose? Colpe ce ne sono; ma qualche scusante, forse, non manca. Io, in altra occasione, ebbi a dire che questa Assemblea non è già che abbia discusso troppo, secondo me; anzi, in un certo senso, essa ha forse discusso troppo poco. Il suo torto – come allora dimostrai – è stato quello di aver voluto approvare in cinque sedute cinque leggi, e leggi di quale importanza! Mi basti ricordare che abbiamo fatto la legge sull’istruzione, abbiamo fatto la legge sulla sanità pubblica, abbiamo fatto la legge che regola i rapporti familiari. Tutto questo, dunque, abbiamo fatto, e l’abbiamo fatto piuttosto precipitosamente, se vogliamo essere sinceri. Ciò si poteva evitare, ed in tal senso io ho fatto quello che ho potuto. Ma ormai lo stato delle cose è quello che è: non ci illudiamo, e piuttosto guardiamo in faccia la situazione. La necessità della proroga s’impone. Certo, io non manco di rendermi conto dei voti di coloro, i quali ancor meno per l’osservanza del termine che per il sentimento di rifarsi direttamente a quella che è la sorgente democratica del potere, cioè l’appello al popolo, la proroga non vogliono.
Sotto questo aspetto, una tale opinione può meritare rispetto; ma, d’altro lato, possiamo noi dire seriamente di dare al Paese una Costituzione, qualora si adotti l’emendamento dalle quattro firme? Io francamente dico che, in tal caso, saremmo costretti a dichiarare, che noi non discutiamo la Costituzione, perché, mentre la prima parte del progetto non contiene che dichiarazioni, definizioni, enunciazioni di principî, la vera e propria Costituzione sta nella seconda parte; e sarebbe proprio questa seconda parte che noi voteremmo senza discussione generale. Or, francamente, lasciatemi dire che questo non è serio. (Approvazioni).
Noi dobbiamo scegliere fra due fallimenti: o il fallimento dell’inosservanza della data o il fallimento di non dare al Paese veramente la Costituzione. Ebbene, per conto mio, preferisco la prima cosa; la Costituzione la dobbiamo dare e, per darla, la dobbiamo discutere. (Vivi applausi).
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non ho potuto raccogliere il Comitato di redazione; ho sentito però alcuni colleghi che sono d’accordo con me. Ad ogni modo, la mia dichiarazione valga come dichiarazione personale che sento l’obbligo di fare, specialmente dopo che in quest’Aula sono suonate le parole altissime di Vittorio Emanuele Orlando, e debbo fare dichiarazioni contrarie, perché non desidero che l’Assemblea si assuma così grave responsabilità di fronte al Paese.
Dichiaro innanzitutto che non aderisco all’ordine del giorno dell’onorevole Gullo. Era in esso adombrato un motivo che venne poi svolto dall’onorevole Corbino e da altri colleghi. Ed è questo: con rettifiche regolamentari, o subregolamentari, o pseudo regolamentari, non si otterrà alcun risultato; i ritardi si possono spostare nell’altra metà, cioè nella discussione degli emendamenti.
È vero, ma io faccio un ragionamento molto semplice: con la proposta dell’onorevole Barbareschi, la cura non sarà completa; sarà una cura a metà; ma perché dobbiamo rinunciare a questa prima parte della cura? Vi sarà anche l’altra; se ci metteremo sulla via di quella disciplina dei gruppi che è stata qui invocata da tutti, dall’onorevole Gullo all’onorevole Corbino.
Di autodisciplina, dei deputati e dei Gruppi, c’è bisogno per adempiere il nostro mandato. Il Comitato di redazione, oggi, non funziona più; anche per ragioni di tempo; è vero; è difficile che funzioni con tre sedute di Assemblea al giorno; ma vi sono anche ragioni d’altro ordine; e qui si potrebbe invocare l’autodisciplina. Ridiamo efficacia al Comitato.
DI GIOVANNI. E i settantacinque?
RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. I settantacinque hanno dato pieno mandato ai diciotto: nessuna difficoltà del resto di riconvocare, se lo si desidera, la Commissione plenaria. Norme nuove di procedura ed autodisciplina nell’attuale sono necessarie per rendere più efficiente e fruttuoso il metodo di discussione. Voglio fermare rapidissimamente, in due minuti, l’attenzione su ciò che avviene qui. Facciamo lavorare un’Assemblea di 550 persone come un comitato tecnico di formulazione di articoli e di norme costituzionali.
È possibile ciò? Io lo domando. Anche per le leggi è risuonato, poco tempo fa, il grido nella Costituente francese che il Parlamento non può discuterne ed elaborarle così minutamente.
Dalle assemblee di popolo, nelle democrazie dirette, si era passati al Parlamento per la funzione legislativa. Si avverte ora la difficoltà di questa funzione anche pel Parlamento. Gli altri Paesi si mettono sopra una via di decentramento legislativo, nel senso che le leggi si limitano a stabilire i principii e le direttive, da svolgere poi in altra sede. Ad ogni modo, se i Parlamenti discutono le leggi ordinarie articolo per articolo, non fanno così per i Codici, di cui delegano la formazione a commissioni ed organi competenti. Direte che la Costituzione è una cosa che non può essere delegata, che deve approvarsi articolo per articolo. Ma appunto per questo, che è non rinunciabile diritto e dovere dei costituenti, bisogna invocare l’autodisciplina; se no, non riusciremo a nulla.
Che cosa è avvenuto qui? Si è entrati nei più minuti particolari; con una pioggia di emendamenti spesso formali; se ne parla, se ne discute, con un tecnicismo minuto che non è applicabile in un’Assemblea di 550 persone. Nessuna Costituente, né la tedesca di Weimar, né quella recente francese, ha discusso le carte costituzionali con tale metodo. Al profilo tecnico si aggiunge il politico: sono inevitabili gli urti di partiti: perché la Costituzione è un supremo atto politico; ma dovrebbero limitarsi ai punti essenziali; e svolgersi con ordine e responsabilità; non con improvvisazioni e ripicchi. Fatto sta che siamo arrivati ad appelli nominali e scrutini segreti anche per parole e semicomma. In nessuna Costituente è avvenuto ciò.
Io non voglio sottrarre all’Assemblea quella che è una sua indefettibile prerogativa: esaminare, decidere, approvare articolo per articolo. Ma ho sentito tante volte esaltare ed invocare l’autodisciplina (dall’onorevole Gullo, dall’onorevole Corbino, da tutti quanti), che debbo ripetere anch’io questa ormai abusata parola, e chiedere che diventi realtà. Il primo passo è votare queste norme limitative… (Commenti).
Dobbiamo farlo, ed essere sinceri; dobbiamo scegliere fra due vie: la proposta dell’onorevole Giannini di dichiarare illegale ogni proroga dei nostri poteri oltre giugno; (ed è giuridicamente inesatta, anche se non dobbiamo addivenire alla proroga); e la proposta dell’onorevole Rocco Gullo, che, nel respingere ogni acceleramento di discussione, adombra un desiderio, se non una decisione implicita di proroga. Fra le due vie dobbiamo prendere la giusta; far di tutto per rendere più rapidi i nostri lavori.
Ho finito. Vorrei soltanto dire una parola rispettosa all’onorevole Orlando. Io gli sono profondamente devoto, ma non posso tacergli che la sua adesione – che tale è in sostanza – alla proroga mi ha addolorato. Che egli mi perdoni! Non si è, come io ho fatto, lavorato da dieci mesi, giorno per giorno, faticosamente a questo schema di Costituzione, senza avere il diritto di denunciare i pericoli di questo metodo di discussione e, se così continua, di un inevitabile rinvio. Non difendo il testo com’è. Ho chiuso la mia relazione qui col fervido voto che voi lo modifichiate e miglioriate. Ma siete sicuri che il risultato di questo modo di discutere sia un miglioramento?
L’onorevole Orlando sa che io vagheggiavo una Costituzione breve, semplice, chiara; di norme giuridiche; che rimandasse ad un preambolo di ampio respiro le direttive etico-politiche. La mia idea non è prevalsa; si è ritenuto di fare una Costituzione che contenesse anche linee e criteri programmatici, sociali ed economici. E sta bene. Anche questa soluzione si spiega e giustifica in questo clima storico. Ho continuato a lavorare, con fervore e fedeltà. L’opera nostra venne compiuta, ed ha una sua linea ed un suo stile. I critici troveranno che non è un vero quadro; ma un mosaico; che talvolta però, come a San Pietro, si confonde col quadro. Ora, nella discussione, si rimuovono i pezzetti di mosaico, e si sostituiscono con altre pietruzze, senza guardare all’insieme. È un miglioramento?
Volete la proroga? Ma guardate fuori di qui. Guardate al Paese che attende uno sforzo decisivo di ricostruzione economica e finanziaria. Nessuno sforzo per la nostra salvezza in economia e finanza è possibile, senza che vi sia fiducia. All’interno e all’estero. A conquistare la fiducia concorrono anche il metodo e l’impegno del nostro lavoro. (Commenti). Se renderemo il nostro lavoro rapido ed efficiente, daremo una prova che può essere decisiva per la democrazia (Commenti).
L’onorevole Orlando ha parlato di fallimento. Fuori di qui, verso l’Assemblea, sale il malcontento e si accentua il distacco del Paese. Il fallimento, l’incapacità di darci una Carta costituzionale, può essere qualcosa di più: un fallimento per la democrazia. (Applausi).
GIANNINI. Allora deve accettare il mio ordine del giorno.
GRONCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRONCHI. Sarò veramente brevissimo, e mi pare di averne già dato prova. Noi siamo contro la proposta, che in fondo è una pregiudiziale, dell’onorevole Rocco Gullo. Si potrà discutere se le misure elencate nella proposta Barbareschi, Scoccimarro ed altri siano le più adatte a raggiungere lo scopo, siano troppo o troppo poco restrittive; ma conveniamo su questo punto: essere politicamente utile ed opportuno, per la stessa posizione di questa Assemblea di fronte all’opinione pubblica, che noi, senza soffocare i lavori di studio e di discussione della Costituzione, ne affrettiamo il corso il più possibile. Probabilmente la situazione di fatto che si presenta all’Assemblea prelude a modifiche di Regolamento che appariranno necessarie alla procedura, dirò così, funzionale di un’Assemblea moderna, che non rappresenta più atomisticamente delle individualità, ma piuttosto quelle grandi collettività politiche che sono i partiti. (Commenti). Il che imporrà probabilmente, non solo per la questione che oggi consideriamo, ma per lo stesso normale funzionamento legislativo, qualche misura che valga non a soffocare la libertà di discussione, ma a disciplinarla e perciò a renderla concreta ed efficiente.
Ecco la ragione per cui noi siamo contro la pregiudiziale e ci riserviamo, semmai, di esaminare l’opportunità maggiore o minore delle singole misure proposte.
Votazione segreta.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione a scrutinio segreto dell’ordine del giorno Gullo Rocco e altri.
Si faccia la chiama.
MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.
(Segue la notazione).
Presidenza del Vicepresidente PECORARI
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).
Presidenza del Presidente TERRACINI
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:
Presenti e votanti 348
Maggioranza 175
Voti favorevoli 172
Voti contrari 176
Faccio presente che nell’urna bianca sono state trovate 350 palline, mentre i votanti risultano essere 348. Molto probabilmente qualche collega ha posto le due palline nella stessa urna. Questo, peraltro, non sposta la maggioranza contraria all’accettazione dell’ordine del giorno dell’onorevole Rocco Gallo.
Credo di poter concludere nel senso che l’Assemblea non approva l’ordine del giorno.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Vorrei sapere se nell’altra urna si sono trovate due palline in meno.
PRESIDENTE. Nell’urna nera sono state, infatti, trovate due palline in meno.
BENEDETTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTINI. Chiedo se, data la circostanza che l’onorevole Presidente ha rilevato, sia opportuno rifare la votazione. (Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Benedettini, vi è una disposizione del Regolamento che prevede per l’appunto questo caso.
Il secondo comma dell’articolo 106 dice:
«Quando però si verificassero irregolarità, e segnatamente se il numero dei voti risultasse superiore in qualche urna al numero dei votanti, il Presidente, apprezzate le circostanze, potrà annullare la votazione e disporre che sia tosto rifatta».
Sta dunque al Presidente di valutare le circostanze, e poiché, pur tenendo conto della irregolarità riscontrata, il risultato della votazione non muterebbe, non ritengo di dover far ripetere la votazione.
Hanno preso parte alla votazione:
Abozzi – Adonnino – Alberti – Allegato – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Azzi.
Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Ilio – Basile – Basso – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Benvenuti – Bergamini – Bernabei – Bemamonti – Bertini Giovanni – Bianchi Costantino – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bocconi – Bonfantini – Bonino – Bonomelli – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco. Lucarelli – Bovetti – Braschi – Bubbio – Bucci.
Caiati – Cairo – Calosso – Camangi – Camposarcuno – Candela – Canevari – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Capua – Carbonari – Carboni – Caristia – Caroleo – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Corsini – Cortese – Costa – Costantini – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.
Damiani – D’Amico Michele – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Vita – Di Fausto – Di Giovanni – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dugoni.
Fabbri – Fabriani – Faccio – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Flecchia – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galioto – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gatta – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gorreri – Gotelli Angela – Grassi – Grieco – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Rocco.
Imperiate – Iotti Leonilde.
Jacini – Jacometti.
Laconi – La Gravinese Nicola – La Gravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Laudi – La Rocca – Lazzati – Leone Francesco – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Riccardo – Longo – Lucifero – Lupis – Lussu.
Macrelli – Maffi – Maffioli – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Marazza – Mariani Enrico – Marinaro – Martinelli – Martino Gaetano – Marzarotto – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mattarella – Matteotti Carlo – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Mario – Monterisi – Monticelli – Montini – Morandi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Murgia – Musolino – Musotto.
Nasi – Negarville – Nenni – Nobili Oro – Noce Teresa – Notarianni.
Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.
Pacciardi – Pallastrelli – Paratore – Paris – Pat – Pecorari – Pellegrini – Pera – Perassi – Perlingieri – Perrone Capano – Persico – Petrilli – Piccioni – Ponti – Preti – Priolo – Proia – Pucci – Puoti.
Quarello – Quintieri Adolfo – Quintieri Quinto.
Raimondi – Ravagnan – Reale Vito – Recca – Rescigno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Mario – Rognoni – Romano – Rossi Maria Maddalena – Rossi Paolo – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini – Russo Perez.
Saccenti – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sardiello – Scarpa – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Secchia – Sereni – Siles – Silipo – Spano – Stella – Sullo Fiorentino.
Taddia – Tambroni Armaroli – Taviani – Tega – Terranova – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Togni – Tomba – Tonello – Tonetti – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valmarana – Venditti – Vernocchi – Veroni – Vicentini – Vigo – Vigorelli – Villabruna – Villani – Volpe.
Zaccagnini – Zanardi – Zotta – Zuccarini.
Sono in congedo:
Aldisio – Angelini – Arata.
Bernardi – Bettiol – Boldrini – Bordon – Bulloni.
Cartia – Cavallotti – Codignola – Cosattini – De Caro Raffaele.
Falchi – Fedeli Aldo
Gortani – Grilli.
La Pira – Lombardo Ivan Matteo.
Nicotra – Negarville.
Parri – Pellizzari – Penna Ottavia – Pignedoli.
Rapelli – Rumor – Roselli.
Silone – Simonini.
Treves.
Vigna – Vinciguerra.
Zerbi.
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L’onorevole Benedetti ha presentato la seguente proposta:
«L’Assemblea invita la Giunta per il Regolamento a proporre le modificazioni da apportarsi al metodo della discussione».
Dato il suo contenuto, questa proposta deve esser posta in votazione con precedenza.
MAZZONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAZZONI. Noi del Gruppo del Partito socialista dei lavoratori italiani ci associamo alla proposta dell’onorevole Benedetti.
FUSCHINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FUSCHINI. Aderiamo alla proposta dell’onorevole Benedetti, che riteniamo la più logica.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Benedetti.
(È approvata).
Con ciò s’intendono decadute tutte le altre proposte.
Il seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana è rinviato a domani.
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:
«Al Ministro dell’interno, per sapere come il Governo intenda sanare la Sicilia dalla mafia.
«Natoli».
Al Ministro dell’interno e delle finanze e tesoro, 1°) per conoscere le ragioni del telegramma ai prefetti in data 23 marzo 1947, n 2110-15700 A. V., col quale, in deroga alla circolare 12 settembre 1946, n. 43097, sezione gabinetto Ministero dell’interno, si vieta l’assegnazione di generi razionati agli enti comunali di consumo;
2°) per conoscere le ragioni del pregiudizievole ritardo nella concessione della garanzia del 60 per cento a favore di detti enti da parte dello Stato;
3°) per sapere se non credano di precisare che detti enti non debbono andare soggetti alla imposta di ricchezza mobile e tanto meno alla imposta generale sulla entrata, ritenendoli enti di distribuzione e non di scambio.
«Ferrarese, Garlato, Bastianetti, Ponti, Marzarotto, Guariento, Cappelletti».
«Al Ministro, dell’interno, sui fatti che hanno portato all’arresto dei fratelli Antonio e Salvatore Fusaro ed altri di Lecce per traffico d’armi e sui motivi che hanno consigliato l’autorità di pubblica sicurezza di Lecce, dopo un breve interrogatorio, al rilascio dei due Fusaro arrestati in flagranza di reato.
«Grieco».
Chiedo al Governo quando intende rispondere.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Governo risponderà a queste interrogazioni nella seduta antimeridiana di lunedì prossimo che, com’è noto, sarà interamente dedicata allo svolgimento delle interrogazioni urgenti.
Sui lavori dell’Assemblea.
SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCOCCIMARRO. Chiedo che sia convocata di urgenza la Giunta per il Regolamento e che nella giornata di domani decida e ci porti la sua proposta. In attesa chiedo che non si inizi la discussione generale sul Titolo terzo del progetto di Costituzione fino a che non siano state discusse e approvate le proposte della Giunta stessa.
GHIDINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GHIDINI. Chiedo se a seguito della votazione avvenuta si debba sospendere l’esame del progetto di Costituzione.
PRESIDENTE. È evidente che, fino a quando non saranno state approvate le modificazioni o le aggiunte al Regolamento, le discussioni dovranno procedere secondo le norme del Regolamento in vigore. Non c’è dubbio che, dopo l’approvazione della proposta dell’onorevole Benedetti, la Giunta per il Regolamento sarà subito da me, che ne sono il Presidente, convocata; ma non è detto, onorevole Scoccimarro, che la Giunta per il Regolamento possa nella giornata di domani, date le varie posizioni oggi manifestate dall’Assemblea, concludere.
SCOCCIMARRO. Si potrebbe rinviare a lunedì la discussione del progetto di Costituzione.
PRESIDENTE. Se io avessi l’assicurazione da tutti i componenti della Giunta per il Regolamento che si giungerà prima di lunedì ad una conclusione, non avrei niente in contrario ad accettare la sua proposta, ma non posso chiedere, a priori, tale impegno. D’altra parte anche avendo cominciato la discussione generale sul terzo Titolo, noi potremo troncarla se l’Assemblea approverà un diverso metodo di lavoro.
Mi si suggerisce di vedere se non sia possibile tenere domani la seduta per le interrogazioni. Ciò dipende dai Ministri.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non mi pare che sia possibile.
PRESIDENTE. Onorevole De Gasperi, vi sono ventidue interrogazioni con carattere di urgenza che risalgono al 15 del mese scorso, alle quali i Ministri forse potrebbero rispondere.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. A qualcuna non è possibile rispondere subito. D’altra parte domani si deve riunire il Consiglio dei Ministri e, se si attende all’una, non si può attendere all’altra cosa.
PRESIDENTE. V’è un’altra possibilità aperta. Da parecchi giorni l’esame del disegno di legge sulla cinematografia è in attesa di essere portato a conclusione. Vorrei sapere da coloro che hanno sollecitato il rinvio – che evidentemente non può essere sine die – se ritengono che sia giunto il momento di sciogliere la riserva.
PROIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PROIA. Si potrebbe mettere all’ordine del giorno il disegno di legge sulla cinematografia.
PRESIDENTE. È quello che stavo dicendo io.
GIANNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNINI. La decisione sul disegno di legge dell’industria cinematografica è urgentissima.
GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GULLO ROCCO. Noi tutti ci proponiamo di fare più presto possibile, con o senza modifiche al Regolamento. Poiché è stata fatta una proposta, approvata dall’Assemblea, di rinviare la questione alla Giunta per il Regolamento, noi non ci permettiamo di dare alcun suggerimento, perché sarà lo stesso onorevole Presidente, che è Presidente della Giunta per il Regolamento, a fare ciò che riterrà suo dovere di fare. Però noi chiediamo che l’Assemblea non perda altro tempo, oltre quello che ha già perduto per decidere di abbreviare i lavori. (Commenti – Interruzioni). Domani noi perderemo un altro giorno, perché volendo monopolizzare ciò che non è monopolio di alcuno, cioè il desiderio di fare presto e, aggiungiamo noi, di fare presto e bene, si finisce col perdere tempo. (Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Gullo Rocco, faccia una proposta!
GULLO ROCCO. La cinematografia ha molta importanza, ma la Costituzione ne ha molta di più. Aggiungo che abbiamo già preparato una proposta con la quale domandiamo – e dobbiamo dirlo oggi, per evitare che sia una sorpresa domani – una sospensiva del disegno di legge sulla cinematografia. Se questa proposta fosse accolta, evidentemente la giornata di domani andrebbe perduta. Noi chiediamo che domani si ritorni a discutere sulla Costituzione, col metodo adottato finora. Se la Giunta per il Regolamento farà altre proposte, e queste saranno accolte, noi fermeremo la discussione al punto in cui sarà arrivata e andremo avanti con il nuovo metodo. (Commenti).
PRESIDENTE. Propongo che domani si tenga una seduta antimeridiana per riprendere l’esame del disegno di legge sull’industria cinematografica.
Nella seduta pomeridiana sarà proseguito l’esame del progetto di Costituzione, secondo il sistema finora seguito, salvo le proposte della Giunta per il Regolamento.
(Così rimane stabilito).
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere il modo con cui è stata preparata e si è svolta la dimostrazione dei contadini il 29 aprile in Piazza Prefettura in Potenza, se conosce i paesi di provenienza dei dimostranti, le cause che hanno determinato la manifestazione, il contegno della polizia in tale circostanza.
«Reale Vito».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e tesoro e dell’interno, per conoscere quando verranno emanate le provvidenze circa il nuovo trattamento di quiescenza ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni e se non ritengano equo che il collocamento a riposo di coloro che abbiano anche raggiunto i massimi limiti di età e di servizio venga attuato non prima che le dette nuove provvidenze saranno entrate in vigore. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Bellavista».
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della difesa, per sapere se è esatto che si intende assegnare un lavoro aeronautico di notevole importanza (che per ragioni tecniche deve essere eseguito nelle adiacenze dell’aeroporto di Capodichino in Napoli) ad una ditta industriale del Nord, non tenendo conto di stabilimenti del genere, esistenti in Napoli, e ormai derequisiti, delle maestranze napoletane in tali lavori specializzate e degli innumerevoli disoccupati che rendono così grave la situazione napoletana. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Salerno, La Rocca».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 21.35.
Ordine del giorno per le sedute di domani.
Alle ore 10:
- – Elezione contestata per la circoscrizione di Salerno (Carmine De Martino). (Documento III, n. 3-bis).
- – Seguito della discussione del disegno di legge:
Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale (12).
Alle ore 16:
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.