Come nasce la Costituzione

ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 6 MARZO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

LI.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 6 MARZO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente                                                                                                        

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio:

Presidente                                                                                                        

Sui poteri di una Commissione:

Presidente                                                                                            Rubilli      

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri                                               

Lucifero                                                                                                           

Selvaggi                                                                                                           

Nenni                                                                                                                

Gronchi                                                                                                            

Persico                                                                                                             

Dugoni                                                                                                              

Orlando Vittorio Emanuele                                                                         

Gullo Rocco                                                                                                    

Tonello                                                                                                            

La Malfa                                                                                                          

Corbino                                                                                                            

Russo Perez                                                                                                     

Molè                                                                                                                 

Grassi                                                                                                               

Togliatti                                                                                                          

Interrogazioni (Svolgimento):

Togni, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale                      

Gabrieli                                                                                                            

Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro Michele Parise, per il reato di vilipendio dell’Assemblea Costituente:

Presidente                                                                                                        

Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Colombi, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa:

Presidente                                                                                                        

La Rocca                                                                                                          

Ciampitti, Relatore                                                                                            

Scalfaro                                                                                                          

Presentazione di un disegno di legge:

Sforza, Ministro degli affari esteri                                                                     

Interrogazioni ed interpellanza con richiesta d’urgenza:

Presidente                                                                                                        

Gullo, Ministro di grazia e giustizia                                                                   

Martino Gaetano                                                                                           

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 10.

Congedo.

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati De Caro Raffaele e Mentasti.

(Sono concessi).

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione incaricata di esaminare il fondamento dell’accusa rivolta, nella seduta del 26 febbraio 1947, dall’onorevole Finocchiaro Aprile all’onorevole Parri, ha proceduto alla propria costituzione, nominando Presidente l’onorevole Reale Vito, Vicepresidente l’onorevole Della Seta, Segretario l’onorevole Corbi.

Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio.

PRESIDENTE. Il Ministro di grazia e giustizia ha trasmesso una domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Li Causi, per il reato di diffamazione a mezze della stampa.

Sarà stampata, distribuita e inviata alla Commissione competente.

Sui poteri di una commissione.

PRESIDENTE. Prima d’iniziare l’esame degli argomenti all’ordine del giorno, chiedo all’Assemblea di volersi trattenere sulla questione relativa all’attività della Commissione nominata su proposta dell’onorevole Natoli alcune sedute or sono.

Ho ricevuto dal Presidente della Commissione stessa, onorevole Rubilli, il testo di un ordine del giorno che la Commissione, sin dalla sua prima seduta, ha approvato, e che successivamente ha confermato, avendo sentito la necessità di riesaminare questa sua prima decisione, in conseguenza di alcune osservazioni che erano state mosse.

Devo comunicare all’Assemblea il testo di questo ordine del giorno ufficialmente, sebbene in realtà a tutti i colleghi, dai giornali di stamane, e anche da quelli di ieri sera, sia stato già offerto integralmente. Ora, tale ordine del giorno, essendo stato comunicato personalmente a me come Presidente dell’assemblea, avrebbe dovuto trovare soltanto attraverso le parole mie comunicazione ai membri dell’Assemblea stessa.

I poteri della stampa sono grandi e noi li rispettiamo. Riconosco che i giornalisti hanno diritto di attingere ogni volta che possono alle fonti di notizie. Certe volte, tuttavia, occorrerebbe che le fonti non offrissero troppo facilmente, a coloro che sono assetati, la possibilità di togliersi la sete.

Comunque, in via ufficiale l’Assemblea ignora l’ordine del giorno votato dalla Commissione, e ufficialmente lo comunico in questo momento.

L’ordine del giorno è stato trasmesso a me, ma evidentemente è destinato all’Assemblea, perché se, come Presidente, ho proceduto alla designazione dei componenti della Commissione, ho assolto in questa maniera al mandato che avevo ricevuto. Dopo di che i rapporti tra Commissione e Assemblea si devono svolgere direttamente, e io non posso essere che un semplice tramite per qualsiasi comunicazione.

L’ordine del giorno è il seguente:

«La Commissione, nominata dal Presidente dell’Assemblea Costituente nella seduta del 19 febbraio 1947, in seguito all’approvazione della proposta Natoli;

considerato che la proposta stessa assegna alla Commissione tre ordini d’indagini:

1°) esaminare gli elementi che saranno comunicati dal Governo e dalla Presidenza dell’Assemblea, concernenti i deputati i quali «coprano una carica retribuita e affidata dal Governo presso enti parastatali, economici, finanziari o in altri organismi che abbiano relazione con lo Stato»; ovvero facciano parte «di istituii finanziari, economici o imprese private»;

2°) riferire alla Presidenza dell’Assemblea le «proposte circa eventuali casi d’incompatibilità morale e politica»;

3°) riferire circa «l’opportunità di stabilire nel regolamento della futura Camera o nella legge elettorale norme riguardanti il problema generale delle incompatibilità»;

ha espresso all’unanimità l’avviso che, mentre per formulare le proposte di legge sulle future incompatibilità, potranno essere sufficienti gli elementi che il Governo e la Presidenza dell’Assemblea si sono impegnati di fornire alla Commissione, per adempiere invece al compito, assai più delicato e che più vivamente interessa l’opinione pubblica, previsto dal n. 2, è necessario che la Commissione disponga dei poteri per indagare sulla fondatezza delle accuse, lesive dell’onorabilità, formulate contro deputati nella pubblica discussione dell’Assemblea».

Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente della Commissione. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Ho domandato la parola per chiarire ancora meglio, e con maggiore precisione, il concetto della Commissione, e per eliminare eventuali equivoci che potrebbero creare anche delle difficoltà o legali o regolamentari.

Posso garantire all’Assemblea che questo ordine del giorno che ha letto il Presidente venne votato all’unanimità e dopo ampia e serena discussione. Posso anche riferire che il pensiero della Commissione è questo: di non fare di più, ma neanche di meno di quello che l’Assemblea, la sola competente a decidere, vuole e prescrive. Io ero momentaneamente lontano dall’aula allorché venne votata – e credo anche all’unanimità – la proposta Natoli.

Non ho elementi, quindi, per sapere se l’Assemblea, in uno di quegli scorci di seduta, che spesso sono anche confusi e tumultuari, abbia ben ponderato la portata di quella proposta e ne abbia considerate quelle che forse ne possono essere le inevitabili conseguenze.

La proposta Natoli senza dubbio chiede che si indaghi sulla incompatibilità morale e politica, ed è certo altresì (questa è la seconda osservazione che bisogna soprattutto tener presente) che non derivò per considerazioni astratte o da un pensiero momentaneo sorto nella mente dell’onorevole Natoli, ma rappresentò la conseguenza e la conclusione immediata di quello che si era verificato in quest’Aula per le allusioni fatte in rapporto ad alcuni Deputati e per le risposte che da questi Deputati vennero, più o meno efficaci e convincenti.

Ora, se è così, se si considera il concetto informativo della proposta Natoli, se si considera lo scopo per cui essa venne presentata (perché le cose acquistano anche valore dal momento in cui si verificano), è indiscutibile che sarebbe una ingenuità credere che si tratti di un esame puramente giuridico delle incompatibilità presenti o future. Le incompatibilità, le quali non hanno né carattere morale né carattere politico, ma non possono avere che un carattere esclusivamente giuridico, sono esaminate e decise, se attuali, dalla Giunta delle elezioni; se future vanno proposte dalla Commissione che si dovrà occupare della prossima legge elettorale.

Quindi, senza dubbio, si tratta di ben altro, e la parola incompatibilità è servita solo ad ammorbidire il concetto dell’onorevole Natoli accolto poi e fatto proprio dall’Assemblea; bisogna perciò consentire che la Commissione sia posta in grado di espletare intero e con coscienza il compito che ad essa è stato affidato.

In fondo, noi non domandiamo niente di più di quello che si può ritenere di già consentito; non è esatto, come ho sentito sospettare da qualcuno, che noi intendiamo mutarci sin da ora in una Commissione di inchiesta. Noi domandiamo soltanto, per tranquillità della nostra coscienza, che sia meglio chiarito il pensiero dell’Assemblea. È implicito nella stessa proposta Natoli che delle indagini debbano essere fatte e che accertamenti dovranno aver luogo. Noi, quindi, se non possiamo d’un tratto mutarci in una Commissione di inchiesta, non possiamo neanche considerarci una semplice Commissione di studio, perché, per l’indole del nostro compito, riteniamo essenziali le più ampie indagini. Ma desideriamo un’autorizzazione più chiara, più precisa ed esplicita da parte dell’Assemblea.

Occorre innanzi tutto stabilire la sussistenza dei fatti riferiti in quest’Aula e che sono ormai di dominio pubblico (è inutile dissimularlo); quando poi sia stato definito se le accuse siano fondate o meno, occorre esaminare quale valore e quale portata possano avere dal punto di vista giuridico, morale e politico.

Questo a noi sembra il compito affidato alla Commissione; e sarà indispensabile, se tali accertamenti debbono pure essere fatti, che venga dall’Assemblea un’autorizzazione che permetta tra l’altro di sentire parti interessate e testimoni, di chiedere informazioni e documenti. Se noi non siamo a tanto regolarmente ed esplicitamente facoltati, non possiamo farlo, e non sappiamo in che modo ci sia dato emettere un giudizio veramente consapevole.

Come vedete, adunque, ho sentito il bisogno, anche a nome dei miei colleghi, di chiarire la portata della nostra richiesta; niente di nuovo o di inutile noi domandiamo, ma vogliamo soltanto i mezzi, i poteri, la possibilità di espletare il compito che dall’Assemblea ci è stata affidato.

Onorevoli colleghi, in questo compito, che potrà essere, come si spera, assai lieto, se si potrà, ancora una volta, ribadire e riaffermare la più pura illibatezza di tutti i Deputati, senza distinzione di partito, ma che potrà anche essere assai increscioso, se per lo meno il più lieve appunto, il più tenue dei rilievi potrà esser fatto in rapporto anche ad un solo dei nostri colleghi; in questo compito che, senza dubbio e senza esagerare, è seguito appassionatamente dalla pubblica opinione, di fronte alla prima e più grande Assemblea creata dalla nuova Repubblica, noi non abbiamo che un solo desiderio, cioè che le eventuali manchevolezze, le eventuali delusioni non siano mai attribuite a colpa o deficienza della Commissione, la quale, comunque l’Assemblea si pronunzi, nei limiti che ad essa saranno assegnati, saprà compiere intero e con serena obbiettività il proprio dovere. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha Chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Debbo fare, a nome del Consiglio dei Ministri, la seguente dichiarazione votata dal Consiglio stesso ad unanimità:

«Il Governo accetta, da parte sua, l’ordine del giorno presentato dalla Commissione, nella sua interezza.

«Per quanto riguarda le accuse mosse dall’onorevole Finocchiaro Aprile ad alcuni suoi componenti, il Governo ha già accertato che nessun addebito può essere ad essi fatto, così come risulta dalle dichiarazioni qui pronunziate dal Presidente del Consiglio, le quali hanno raccolto la fiducia dell’Assemblea Costituente.

«Tuttavia, il Governo fa espressa e formale richiesta che anche per gli addebiti mossi a Ministri la Commissione inviti l’onorevole Finocchiaro Aprile a produrre gli elementi, che egli considera come prove delle sue affermazioni (Vivi generali applausi), affinché si possa valutarne l’attendibilità e trarne un giudizio, che valga, anche nei confronti di chi ha lanciato l’accusa, come tutela della dignità e del decoro dell’Assemblea». (Vivissimi, generali applausi).

Dovrebbe bastare, perché la dichiarazione è molto chiara. Tuttavia, poiché nella stampa, e forse anche in qualche collega può essere nato il dubbio, in modo particolare dal mio atteggiamento, che fosse nel mio proposito di nascondere qualche cosa o di rifugiarmi dietro il voto di fiducia dell’Assemblea, sento il personale bisogno di aggiungere alcune parole di commento ad illustrazione di questo ordine del giorno.

PERTINI. Speriamo che il commento non guasti il testo.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Non lo guasterà. Ricordo che l’onorevole Finocchiaro Aprile il 17 febbraio ha espresso il senso delle sue accuse con queste parole:

«Non ci si deve avvalere del mandato parlamentare per andare all’arrembaggio di cariche largamente remunerative». Così egli stesso ha indicato lo scopo, la mèta, la finalità, il sapore del suo attacco e delle sue accuse».

Egli ha inteso di porre una questione generale di dignità e di moralità pubblica.

Di fronte a che io devo osservare che nella preparazione stessa dell’ordine del giorno, nelle conversazioni avvenute in quell’occasione, il Governo non ha mai inteso di porre limitazioni agli accertamenti che vorrà fare la Commissione intorno al problema delle incompatibilità, generiche o personali, parlamentari.

Se a tale scopo la Commissione non troverà sufficienti i dati che il Governo ha trasmesso o che, su richiesta della Commissione, trasmetterà, esso è pronto a mettere a disposizione della Commissione tutti i mezzi di cui dispone.

La Commissione, per quanto dipende dal Governo, è completamente libera ed efficiente nelle sue indagini e nei suoi apprezzamenti. In quanto alle attività ministeriali, il Governo, di fronte alle accuse dell’onorevole Finocchiaro Aprile, ha assunto solidalmente le sue responsabilità e l’Assemblea, col suo voto di fiducia, ne ha preso atto. Tuttavia la dignità e il decoro dell’Assemblea – finalità dell’ordine del giorno dell’onorevole Natoli, unanimemente accolto – vanno salvaguardati anche nei confronti del Deputato che ha mosso le accuse dirette all’attività ministeriale. Il Governo pensa perciò che la Commissione debba chiedere all’accusatore i suoi elementi di prova. Se da questi essa traesse la convinzione che fosse necessaria una inchiesta parlamentare sull’opera dei Ministri, la proporrà; in caso contrario, il decoro dell’Assemblea dovrà essere salvaguardato nei confronti dell’accusatore. (Vivissimi, generali applausi).

Il Governo, di fronte a una campagna che dilaga nel Paese, deve pur dirlo: il Governo ha la coscienza tranquilla. Dopo il ventennio dell’immensa corruzione fascista, durante il quale non funzionò né il controllo parlamentare né quello della stampa… (Applausi).

TOGLIATTI. Barzini esaltava il fascismo allora (Commenti).

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. …il Governo democratico non ha posto altro limite alla critica che la difesa del proprio onore e di quello dei funzionari dell’Amministrazione. Il Governo ha accolto ed accoglie, come elemento indispensabile del regime democratico, il controllo, la discussione, la critica dell’Assemblea; e la stampa usa oggi di una libertà che, in qualche caso – io non voglio qui generalizzare, ché ho il massimo rispetto per la stampa onesta – non ha sempre corrisposto ad un senso obiettivo di responsabilità. (Vivi applausi).

Il Governo ha proceduto, esso stesso, come accennai altra volta portando anche delle cifre, senza riguardo, contro funzionarî indiziati di corruzione, avanzo di abitudini di un tempo, e intende ora, con il vostro concorso, di intensificare la sua vigilanza. Ma non è giusto che tutta l’Amministrazione venga avvolta come da una nube di sospetti e di accuse che non merita, né è giusto che uomini i quali hanno assunto le più pesanti responsabilità per servire il Paese in un’ora difficile, si vedano accusati con avventatezza di colpe che non hanno.

Qui vi è un patrimonio comune a tutti i partiti che viene messo in pericolo; qui si tocca, consapevolmente o no, il regime, il sistema di Governo, (Vivissimi generali applausi); insinuando nella coscienza spesso ignara del popolo che nulla è mutato, che la corruzione fascista continua, che la morale democratica vale quella dittatoriale. (Vivi applausi).

Come Ministro, e a nome anche dei miei colleghi, dichiaro all’opinione pubblica che noi non isfuggiremo, che noi non temiamo, ma anzi desideriamo ogni controllo possibile. Come uomo ad uomini, dico che sono umiliato, che anni di povertà o, comunque, di resistenza ad ogni lusinga dei potenti non bastino ad affrancare dalle insidie della calunnia i galantuomini che servono con sacrificio il proprio Paese. (Tutta l’Assemblea si leva in piedi Vivissimi generali prolungati applausi).

E termino facendo appello alla Camera tutta, in modo particolare alla Commissione, di voler collaborare, cosicché questa campagna di calunnie possa aver fine e non più ripetersi. (Vivissimi applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Ho chiesto la parola, benché dopo le esplicite dichiarazioni del Presidente del Consiglio, che ha dissipato i sospetti che erano stati messi in giro dalla stampa, poteva essere inutile, perché mi trovo in una situazione particolare. Cioè, io sono il solo Deputato che, dopo aver votato a favore della sospensiva proposta dall’onorevole Reale, giustificando il fatto appunto con l’osservare che certe decisioni vanno prese con ponderatezza, poi votò contro la costituzione della Commissione d’inchiesta, perché mi sembrava nebulosa tutta la procedura attraverso la quale si era arrivati a questa nomina, e ritenevo che si sarebbero avute le perplessità, le discussioni, i commenti che successivamente si sono avuti. E ciò dissi allora nella mia dichiarazione di voto.

Io penso – e in questo concordo col Presidente del Consiglio – che gli uomini i quali hanno la responsabilità della cosa pubblica, siano su questi o su quel banco, debbano essere veramente come la moglie di Cesare. Noi dobbiamo accettare che la Commissione abbia tutti i poteri, per dare al Paese, non solo, come noi speriamo e siamo certi, la sicurezza che gli uomini che lo guidano sono moralmente degni di farlo, ma che non potrà più accadere in Italia che uomini indegni possano sedersi a questi o a quei posti. (Approvazioni a destra).

PRESIDENTE. Credo che possiamo adesso precisare, per quanto sia dal commento fatto dall’onorevole Rubilli all’ordine del giorno votato dalla Commissione, sia dalle dichiarazioni dell’onorevole Presidente del Consiglio appaiano già ben chiari quegli elementi che, almeno fino a poco fa, apparivano, magari non a tutti, alquanto oscuri e non ben comprensibili.

La Commissione può, quindi, d’ora innanzi, lavorare per portare rapidamente a termine l’incarico che l’Assemblea le ha affidato. Essa ha chiaro di fronte a sé il mandato del quale è stata investita: da una parte quella ricerca sopra le incompatibilità, che la Commissione stessa ha con molta chiarezza precisato nei punti elencati dall’ordine del giorno che ha votato, e del quale l’Assemblea ha preso oggi conoscenza. Pertanto, la Commissione dovrà esaminare gli elementi che saranno comunicati dal Governo alla Presidenza dell’Assemblea. Rileggo le parole dell’ordine del giorno della Commissione, perché in tal modo equivoci o dubbi non potranno più sorgere: «Esaminare gli elementi che saranno comunicati dal Governo e dalla Presidenza dell’Assemblea, concernenti i Deputati i quali coprano una carica retribuita e affidata dal Governo presso enti parastatali, economici, finanziari o in altri organismi che abbiano relazione con lo Stato», ovvero facciano parte di «istituti finanziari, economici o imprese private». Ecco il primo incarico dato alla Commissione. 2°) Riferire alla Presidenza dell’Assemblea le «proposte circa eventuali casi di incompatibilità, morale e politica»; 3°) riferire circa «l’opportunità di stabilire nel Regolamento della futura Camera o nella legge elettorale norme riguardanti il problema generale delle incompatibilità».

La Commissione invita coloro che hanno presentato accuse a fornire alla Commissione stessa elementi probatori o comunque che siano parsi sufficienti per potere elevare le accuse stesse. La Commissione indagherà sopra l’attendibilità di queste accuse, traendo poi, alla fine di questa ricerca che chiamerei pregiudiziale, le conseguenze che essa riterrà del caso e che eventualmente presenterà all’Assemblea.

V’è il problema dei poteri. Questi poteri consistono non soltanto nell’esaminare e analizzare gli elenchi che saranno forniti, e che anzi sono stati già trasmessi sia dalla Presidenza del Consiglio, sia dalla Presidenza dell’Assemblea – questi ultimi sulla base delle dichiarazioni che sono state fornite dai singoli membri dell’Assemblea – ma anche nel fare quegli altri accertamenti che essa riterrà necessari in relazione all’incarico che ha ricevuto.

Fin dal primo momento avevo assicurato il Presidente della Commissione che, qualunque richiesta in questo senso fosse stata fatta dalla Commissione alla Presidenza dell’Assemblea, sarebbe stata pienamente sodisfatta; ed oggi il Presidente del Consiglio ha, a sua volta, dichiarato che il Governo stesso darà alla Commissione tutto quel sostegno e quell’ausilio che è nelle sue facoltà di dare sulla base delle richieste che la Commissione stessa gli presenterà. I poteri della Commissione, quindi, non sono così limitati, come qualcuno aveva inizialmente inteso, a fare una pura indagine che si sarebbe risolta, secondo una parola adoperata un po’ nei giorni scorsi, a degli accertamenti di carattere statistico. Anche la statistica c’è, ma in quanto strumento per andare più in là e dare indicazioni su ciò che si vuole raggiungere.

Fissato in questo modo il mandato che l’Assemblea aveva già dato e che oggi, con gli applausi con i quali ha salutato alcune dichiarazioni fatte, riconferma; e chiarito che i poteri della Commissione sono ampi, così come essa richiede, credo interpretare il desiderio dell’Assemblea stessa, pregando la Commissione di fare ciò che essa, d’altra parte, ha desiderato fare fin dall’inizio, svolgere cioè il più rapidamente possibile il suo lavoro, in modo che questo episodio spiacevole della vita della nostra Assemblea possa sollecitamente esser chiuso e noi possiamo, quindi, con piena tranquillità d’animo e di coscienza, applicarci interamente al compito che il Paese ci ha affidato. (Vivissimi, generali applausi).

Ha chiesto di parlare l’onorevole Rubidi. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Penso molto modestamente che gli applausi non rappresentino una forma di votazione. Quindi, pregherei l’onorevole Presidente, se crede, di mettere in votazione quello che è stato ormai quasi deliberato ed accolto col consenso del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Rubilli ed egregi colleghi, mi pare che le parole che si sono dette qui avevano uno scopo ed un significato di chiarimento. Noi abbiamo dato tutti insieme un’interpretazione ad una decisione che l’Assemblea aveva preso. Ritengo che quella decisione non ha visto aggiungersi nulla di nuovo e di diverso, e d’altra parte la Commissione stessa, nelle parole dell’onorevole Rubilli, all’inizio di questa seduta, aveva detto che essa chiedeva di avere dei chiarimenti e delle delucidazioni sopra il significato ed il valore della decisione presa dall’Assemblea su proposta dell’onorevole Natoli. Ripeto che ciò che è stato detto da alcuni ha avuto appunto questo scopo. Gli applausi non sono certamente una forma di votazione normale, per quanto alcune volte siano una forma di votazione implicita. Ma, evidentemente, questi applausi hanno un significato, cioè che i chiarimenti, le delucidazioni e le spiegazioni che sono state date non soltanto sodisfano oggi l’Assemblea, ma riecheggiano quello che essa pensava nel passato.

Infine, onorevole Rubilli, la Presidenza può mettere in votazione delle proposte che le vengano trasmesse, non può presentare per la votazione dei documenti che essa stessa elabora. (Commenti a destra).

Dico che la proposta fatta deve trovare una forma. L’ordine del giorno della Commissione non può di per so stesso diventare l’ordine del giorno dell’Assemblea, ma l’Assemblea può fare una proposta nella quale dica che l’Assemblea fa proprio l’ordine del giorno.

LUCIFERO. Lo faccio mio, e lo propongo all’Assemblea come ordine del giorno da votare alla fine di questa discussione.

PRESIDENTE. Siamo già alla fine della discussione, onorevole Lucifero.

Gli onorevoli Tupini, Molè e Molinelli hanno presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea, udite le dichiarazioni del Governo, approva l’ordine del giorno della Commissione degli Undici».

Inoltre gli onorevoli Togliatti, Nerini e Gronchi hanno presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente, approvando le comunicazioni del Governo e l’ordine del giorno della Commissione, passa all’ordine del giorno».

SELVAGGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SELVAGGI. Delle comunicazioni del Governo noi possiamo prender atto, ma esse non hanno nulla a che fare con l’ordine del giorno della Commissione. Cosa ha che fare il Governo con la Commissione? (Vivi commenti al centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Io ho fatto un fugace accenno nel mio precedente intervento ad una questione politica che sembrava si adombrasse in questa questione che politica non è, non può e non deve essere.

Qui non si tratta di stabilire se si approvano le dichiarazioni fatte dal Presidente del Consiglio. Del resto la Camera ha unanimemente dimostrato di approvare quello che nobilmente ha detto l’onorevole De Gasperi.

Ma qui si tratta di chiarire di che cosa decidiamo. Noi decidiamo d’un fatto interno dell’Assemblea, di una questione che riguarda i Deputati e i Ministri soltanto in quanto Deputati, non in quanto Ministri.

Il Governo è completamente estraneo alla questione, tanto è vero che, pendendo questa discussione, il Governo ha avuto il voto di fiducia. Qui non si tratta di riprendere una discussione su terreno politico.

«Udite le dichiarazioni del Governo», significa dare un voto politico. Onorevoli Colleghi, l’onorevole De Gasperi lo sa, e voi tutti lo sapete: se io potessi votare la sfiducia al Governo due volte al giorno lo farei volentieri. (Commenti).

UBERTI. Si capisce, lei fa l’opposizione!

LUCIFERO. Questa è la vera opposizione, e se volete la democrazia in Italia, imparate a rispettare l’opposizione, imparate ad amare l’opposizione, tutela, palladio e primo interprete della democrazia. (Applausi a destra).

Qui si tratta semplicemente di chiarire che nelle decisioni che riguardano se stessa, l’Assemblea non conosce che se stessa, e, quindi, prende le sue decisioni nei propri riguardi, con la propria responsabilità.

In queste decisioni i signori membri del i Governo sono dei Deputati come noi e niente più di noi; quindi io sono del parere che voler introdurre una questione politica dove una questione politica non c’è, significa non solo alterare il significato profondo della decisione che noi prendiamo, ma voler spostare tutto il piano di una discussione e di una deliberazione; ed io sono convinto che se rifletteranno attentamente a quello che io ho detto gli onorevoli colleghi, compresi quelli del Governo, si convinceranno che bisogna separare completamente quella che può essere la decisione e l’attività politica, da quella che è semplicemente una questione di dignità e di vita interna del Parlamento. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Nenni. Ne ha facoltà.

NENNI. Onorevoli colleghi, mi sembra che il problema, così come è stato posto dal collega Lucifero, non si presenti logicamente. Noi abbiamo avuto in questa Assemblea una richiesta della Commissione degli Undici sui poteri di indagine che, siamo tutti d’accordo, la Commissione deve avere.

Abbiamo udito il Presidente del Consiglio fare una dichiarazione di carattere politico, alla quale noi desideriamo di dare la nostra piena ed intera approvazione, e desideriamo di dargliela non per il fatto in sé dell’intervento del Governo in questo dibattito, ma per il significato che le parole del Presidente del Consiglio hanno assunto di protesta contro il tentativo politico di diffamare, e l’Assemblea Costituente e il Governo, per cercare di coprire le responsabilità del vecchio regime e quanto del vecchio regime persiste nell’attuale società. (Vivi applausi a sinistra e al centro).

Sembra a me che, accordando alla Commissione degli Undici i poteri che essa chiede (che ha il diritto di chiedere, e direi anche il dovere di chiedere, perché è eletta non per soffocare un eventuale scandalo, ma per dimostrare dov’è lo scandalo, se scandalo di diffamazione o scandalo di indegnità) (Approvazioni), noi dobbiamo nel contempo affermare la nostra solidarietà politica col Presidente del Consiglio per le parole così degne e così ferme che egli ha pronunziato qualche istante fa in quest’Aula. Questo è il significato del nostro ordine del giorno e aggiungo che nell’apprezzamento che intendiamo dare delle parole pronunziate dal Presidente del Consiglio mi pare che nulla possa urtare i colleghi della destra, giacché il Presidente del Consiglio ha parlato qui più che nella sua qualità di Capo del Governo, in quella di tutore del decoro e della onorabilità di tutta la democrazia italiana. (Applausi a sinistra e al centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Gronchi. Ne ha facoltà.

GRONCHI. Desidererei aggiungere una sola osservazione, che è questa: nella dichiarazione del Presidente del Consiglio si fa esplicito invito alla Commissione a considerare anche la posizione di coloro che lanciano accuse senza avere elementi probanti di qualche serietà. Ora è evidente che questa specie di invito, che il Governo giustamente fa alla Commissione, di sanzionare almeno moralmente coloro i quali, cogliendo dicerie e insinuazioni, si fanno perturbatori della dignità e della solennità di questa Assemblea, offendendo per ciò stesso il suo decoro, deve essere approvato esplicitamente dall’intera Assemblea, ed è perciò che non è fuor di luogo che noi abbiamo incluso nell’ordine del giorno, presentato dai colleghi Togliatti e Nenni, anche l’approvazione delle dichiarazioni del Governo. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Persico. Ne ha facoltà.

PERSICO. Onorevoli colleghi, abbiamo presentato, a nome del Gruppo parlamentare del Partito socialista dei lavoratori italiani, un ordine del giorno puro e semplice, nel quale si dice testualmente così: «L’Assemblea, udite le richieste della Commissione degli Undici, le approva e passa all’ordine del giorno».

Vogliamo dire subito all’onorevole Presidente del Consiglio che questa formulazione non ha nessun significato contrario alle sue dichiarazioni, che noi abbiamo applaudite e approvate, ma rimette la questione nei suoi veri termini di fatto e di diritto. Che cosa ha chiesto l’onorevole Rubilli nel discorso, col quale si è iniziata questa discussione? Ha chiesto che alla Commissione d’indagine (non d’inchiesta, perché non è tale, ma una Commissione che potrà preparare eventualmente l’inchiesta) fossero dati i poteri che non aveva. E perché tale richiesta? Perché tutta questa procedura è nata attraverso un errore di tecnica parlamentare. Rispondendo ad una interrogazione dell’onorevole Natoli, il Presidente del Consiglio ne ha accettato il contenuto ed allora dalla interrogazione è nata una proposta, il che è veramente assai strano e credo che non ci sia nessun precedente parlamentare in proposito. La proposta fu formulata lì per lì, e, alla fine di seduta, lo stesso onorevole Natoli, presentò la sua frettolosa conclusione. Ecco perché la Commissione, e per essa l’onorevole Rubilli, ha chiesto a noi di specificare e di determinare. Il Governo ha fatto una dichiarazione che noi abbiamo ascoltata ed approvata, e tutti riconosciamo la nobiltà dell’intervento del Capo del Governo nella discussione. Ma la discussione è demandata all’Assemblea: il Governo è estraneo in questo momento alla stessa. Il Governo è rappresentato qui da un numero ragguardevole di degnissimi Deputati, ma non ha interesse diretto alla questione. La discussione si svolge nell’ambito parlamentare tra il Presidente dell’Assemblea, la Commissione e i singoli Deputati; abbiamo quindi un solo dovere, quello di ritenere giusta la richiesta fatta dall’onorevole Rubilli a nome della Commissione e di approvare la estensione temporanea dei suoi poteri; dico temporanea, perché voi vedrete, successivamente, che si dovranno dare altri più estesi poteri alla Commissione, la quale attualmente ha soltanto dei poteri direi quasi storico-statistici e non ha altro compito che quello di fare indagini preliminari.

Del resto, questa è la prassi parlamentare. Nel suo libro sulle inchieste parlamentari lo stesso Arcoleo sostiene appunto che in questi casi in un primo tempo bisogna nominare una Commissione di indagine e, solo quando vengano portati innanzi all’Assemblea risultati positivi, viene nominata la vera Commissione di inchiesta.

Ed allora, sembra che il Governo debba accettare il nostro ordine del giorno, perché non v’ha nulla di offensivo per lui, né viene posta alcuna questione di fiducia. Sarebbe strano che, appena pochi giorni dopo il voto di fiducia, fosse presentata una nuova questione in un caso in cui la fiducia non c’entra. L’Assemblea ha ascoltato le dichiarazioni del Governo, le ha applaudite: ecco il caso in cui l’applauso è un voto. L’Assemblea ha acclamato il Capo del Governo che vuole sia tutelata la dignità dei membri del Governo e quella di tutta l’Assemblea. Siamo anche concordi nel volere che, alla luce dei fatti, questa pesante nebbia che grava sull’Assemblea sia una volta per sempre allontanata. Per questo l’Assemblea ha delegato ad undici dei suoi membri una facoltà d’indagine e vuole che questi undici egregi colleghi esercitino il loro mandato nel modo migliore per la tutela della dignità dell’Assemblea. Non mi sembra che si debba aggiungere a questa, che è una situazione di fatto, una questione di fiducia, che è estranea al fatto stesso.

Quindi ritengo che l’Assemblea debba rimettere veramente sulla giusta via quella discussione – nata male per le osservazioni che ho fatto in precedenza – e dar vita ad una vera e propria Commissione di indagine, approvando le proposte dell’onorevole Rubilli intese ad aumentare, per il momento, i poteri per poter giungere ad un risultato positivo. (Applausi).

SELVAGGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SELVAGGI. Mi associo completamente a quanto ha dichiarato l’onorevole Persico. Desidero aggiungere solo una osservazione circa quanto ho sentito dire in merito al voto politico chiesto dagli onorevoli Togliatti, Nenni e Gronchi. Il voto politico il Governo lo ha già avuto a maggioranza quando è stata discussa la politica del Governo e quando già questo problema morale esisteva. Non vedo quindi perché oggi, senza nessuna ragione, debbano essere mischiati un problema essenzialmente morale…

UBERTI. Non c’è un problema morale! (Commenti Proteste a destra).

SELVAGGI. Se c’è una Commissione di inchiesta per decidere sulla onorabilità di tutti noi, per me c’è un problema morale. (Commenti).

È necessario che questo problema sia chiarito; è un problema morale che investe alcuni di noi. (Commenti Interruzione dell’onorevole Uberti). L’onorevole Uberti lo chiami come vuole, io lo chiamo problema morale. Non vedo, quindi, perché bisogna mettere insieme una questione morale e una questione politica con un voto che riguarda una semplice procedura interna dell’Assemblea Costituente.

Il Governo questa mattina poteva anche non fare delle dichiarazioni; ad ogni modo le ha fatte, ha interferito, in certo senso, nell’attività interna dell’Assemblea. Comunque noi abbiamo dato atto, da tutti i banchi, con il nostro applauso, delle intenzioni del Governo ed abbiamo applaudito in modo particolare alle parole dette personalmente dall’onorevole De Gasperi, considerandone tutto il valore. Ci siamo tutti alzati in piedi per applaudire perché egli si è fatto difensore della dignità della democrazia in Italia e del rispetto che è dovuto alle persone che in questo momento la rappresentano.

Tuttavia, ripeto, non vedo perché bisogna mettere insieme una questione politica con una questione che ha carattere semplicemente interno dell’Assemblea e che nulla ha a che fare con il Governo; il voto politico il Governo lo ha avuto al termine della discussione sulle dichiarazioni del Governo stesso. Non vedo perché il voto debba essere ripetuto oggi: il problema è soltanto questo; dare alla Commissione degli Undici i poteri che essa richiede. Non c’è altra via di uscita e sul tappeto non c’è un altro problema. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Dugoni. Ne ha facoltà.

DUGONI. Noi eravamo d’avviso che non fosse necessario un voto, dopo il consenso manifesto che l’Assemblea aveva dato, tanto alle dichiarazioni del Presidente della Commissione, quanto alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio.

Tuttavia, giacché un voto è richiesto, è sembrato a noi che non fosse possibile disgiungere le dichiarazioni della Commissione da quelle del Governo.

Il Governo aveva ampliato il dibattito, portandolo anche dal piano puramente riservato all’Assemblea e agli accusati, al più ampio campo dell’accusa nei confronti dell’onorevole Finocchiaro Aprile. Cioè, l’onorevole Finocchiaro Aprile, che aveva portato qui delle accuse riguardanti Deputati e Ministri, dovrebbe e deve essere chiamato a rispondere di fronte alla Commissione.

Questa dichiarazione del Presidente del Consiglio noi vogliamo consacrare con questo ordine del giorno presentato.

SELVAGGI. Allora, è inutile che vi sia la Commissione degli Undici.

DUGONI. Malgrado ciò, diciamo: votiamo per divisione: cioè, prima la parte dell’ordine del giorno, in cui si approvano le dichiarazioni e le proposte della Commissione d’inchiesta; poi l’altra parte in cui votiamo, non la fiducia al Governo (Interruzioni), ma le dichiarazioni del Governo, in quanto allarghino il dibattito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Orlando Vittorio Emanuele. Ne ha facoltà.

ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Io non ho ben capito la questione, forse – chissà? – a causa degli altoparlanti. Quando l’oratore comincia a parlare, io sento; appena l’altoparlante entra in funzione, io non sento più. (Ilarità). Non capisco, dicevo, la questione.

Prima di tutto, pare che si contesti da quella parte (Accenna a destra) l’aggiungere, nella qualsiasi votazione che faremo, l’inciso: «Udite le dichiarazioni del Governo». Ora, da un punto di vista generale, direi: Come è possibile, qui, nell’Assemblea, prescindere dal Governo e dal suo intervento nelle discussioni e deliberazioni di essa? Ed anzi, poiché viene a proposito, dirò che non ho approvato è non approvo l’assenza del Governo da quei banchi durante la discussione della Costituzione. Come può un’Assemblea squisitamente politica, che ha riposto la sua fiducia in una direzione politica, qual è quella che deriva dal Gabinetto, in un momento così solenne, come questo in cui si vota la Costituzione dello Stato, prescindere affatto dal Governo e – se mi si permette l’espressione – manovrare in libertà? Un’Assemblea politica separata dal Governo non la concepisco se non in casi eccezionalissimi, quando è lo stesso Governo che, per sue ragioni, dichiara di volersi astenere, come accade in materia di convalidazione di elezioni, per rispetto alle prerogative della Camera. Il Governo dichiara di astenersi; ma ciò non vuol dire che sia da ammettersi una possibilità normale di una sua assenza in qualsiasi discussione politica.

Mi pare che l’onorevole Selvaggi abbia detto: «È una questione morale, non politica».

Prima di tutto, la distinzione – in questa sede e su questa materia – fra morale e politica la intendo difficilmente.

In secondo luogo, una questione che tocca l’onoratezza di questo corpo sovrano dello Stato non è, per ciò stesso, politica? Ed in quanto uno degli aggrediti fa parte del Governo, non diviene la questione politica per eccellenza? Se le dichiarazioni del Governo non sono essenziali per la votazione, che dovremo fare?

In verità, mi pare che sarebbe fuor di luogo, anzi addirittura strano, se non si aggiungesse: «Udite le dichiarazioni del Governo». Bisogna che ciò sia espressamente detto.

Viene poi la questione del chiarimento dei poteri; ma su di essa mi pare che il discorso del Presidente dei Consiglio abbia bastantemente chiarito. Rimane, tuttavia, un aspetto delicato ed arduo di tale questione, che può meritare qualche spiegazione di più.

Per quanto riguarda i poteri, io ho sentito il mio amico Persico fare una distinzione fra poteri di indagine e poteri di inchiesta. Or, a prima vista, può sembrare che sia la stessa cosa. Però, una differenza in concreto c’è, ed ecco in qual senso.

Se i poteri riguardano la Camera, perché è dalla Camera che è partita l’offesa e dalla Camera muove l’iniziativa, essa ha tutti i poteri, compreso quello di dire al collega che ha accusato se egli sia un diffamatore o un calunniatore. Non occorre, quindi, un trasferimento di poteri. Se poi i poteri toccano gli uffici pubblici, cioè a dire qualora, per avventura, la Commissione senta il bisogno di avere contatti con uffici pubblici, di prender visione di documenti pubblici, di sottoporre funzionari ad interrogatori, anche per tutto ciò i poteri ci sono; e ci sono per il fatto stesso di queste dichiarazioni del Governo. Vedete, tutt’al più, se sia necessario riconoscerli; ma, poiché il Governo ha consentito, questi poteri li avete. (Commenti).

Dove invece i poteri mancherebbero, è per quanto riguarda il cittadino. Il cittadino, infatti, non obbedisce che alla legge. Oh, badiamo: il cittadino può prestarsi volontariamente, e credo che in fondo, dopo tutto, egli si presterebbe. Ma se vi fosse bisogno di un intervento coattivo, di un atto di sovranità, allora occorrerebbe una Commissione di inchiesta, allora occorrerebbe una legge. Ora, a me pare che, allo stato delle cose, data la sensibilità che il nostro popolo ha dimostrato riguardo a queste accuse, non sia necessario ricorrere alla procedura di un disegno di legge.

Di fronte anche alla consistenza delle accuse mosse, qui troverebbe luogo la distinzione dell’onorevole Persico. In un primo tempo, si presenta sufficiente un periodo di indagini con i poteri che ho detto: cioè, nei riflessi parlamentari e nei riflessi dell’Amministrazione pubblica e del Governo; dopo di che, la Commissione trarrà le sue conclusioni. Io ritengo ed auguro che ciò possa bastare perché l’Assemblea sia in grado di formarsi un giudizio su queste accuse. Che se si rendessero, in seguito, necessari altri poteri, i quali potrebbero essere diretti anche contro l’accusatore – ben inteso, dobbiamo supporre tanto il caso che le accuse risultino fondate quanto il caso contrario – giudicherà allora l’Assemblea se e come quei poteri vadano estesi e rafforzati. Quindi, a me pare che, approvando l’ordine del giorno, così com’è stato proposto, la questione sia sufficientemente chiarita. (Applausi).

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Sembrava, un’ora fa, che non valesse la pena di intervenire in questo dibattiti; ed anzi, da parte di molti di noi, si aveva l’impressione che si fosse drammatizzato su ciò su cui non era opportuno drammatizzare, perché, in fondo, fin dal primo momento siamo stati tutti d’accordo. Anche il presidente della Commissione, onorevole Rubilli, se mi consente questa modesta osservazione, ha parlato forse un po’ più a lungo del necessario, quasi che contro la richiesta della Commissione vi potessero essere opposizioni da parte di qualcuno. Per fortuna non vi furono opposizioni, e le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, onorevole De Gasperi, sono servite per far finire in un bicchiere d’acqua la tempesta profetizzata dalla stampa. E allora, dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, accolte da un applauso unanime, sembrava che non ci dovesse essere altro. Ma giustamente il Presidente della Commissione ha voluto ché l’applauso, che in fondo era l’applauso alla richiesta della Commissione, si traducesse in un voto. E a questo punto occorreva puramente e semplicemente votare l’accoglimento delle richieste della Commissione. Invece si è voluto inserire un elemento nuovo che ha complicato quello che era necessario semplificare; anzi, che era già stato semplificato sia dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, sia dall’opinione unanime espressa da tutti noi.

MOLINELLI. L’applauso andava al Presidente del Consiglio e alle sue dichiarazioni.

GULLO ROCCO. Ma l’applauso era un applauso personale. (Interruzioni Commenti). Esso esprimeva la speranza che c’è in tutti gli uomini onesti, che non vi sia nulla di vero nelle accuse che sono state fatte. (Applausi a destra). Ma quando noi diciamo che abbiamo questa speranza e che vogliamo credere che nessuna delle accuse pronunciate da qualsiasi banco e contro qualsiasi dei membri di questa Assemblea o del Governo risponda a verità, questa speranza, che si è poi concretata in questo applauso, non dice già che fin dal principio vogliamo, non dico tagliare le indagini, ma dare semplicemente l’impressione che attraverso un voto di fiducia si voglia tagliare le indagini. (Commenti).

Onorevoli colleghi, le questioni a volte assumono un aspetto procedurale, un aspetto più rigido. Ora, quando intervengono fattori morali, anche noi avvocati dobbiamo dimenticarci di essere dei giuristi; soprattutto non dobbiamo essere dei causidici. Qui la questione è semplice, e non riguarda il Governo; il Governo in questo momento è estraneo alla questione. La Commissione di inchiesta ha proposto di avere quei poteri, che di fatto essa non aveva avuto con la nomina fatta di questa Commissione il 18 del mese scorso. E allora a noi non resta, lasciando da parte ogni voto di fiducia (Commenti Interruzioni), ogni voto di approvazione, che accettare puramente e semplicemente le richieste della Commissione.

E badate, onorevoli colleghi, che questo voto che si chiede complica, anziché semplificare, la discussione, perché potrebbe dare l’impressione ad una parte che vi sia una maggioranza che voglia sopraffare una minoranza (Approvazioni a destra); mentre da parte di chi non è disposto a votare neanche per divisione – come ha proposto l’onorevole Dugoni – quella parte dell’ordine del giorno, questo gesto potrebbe essere interpretato come sfiducia al Governo in questa particolare occasione. E in noi non c’è nulla di questo; non c’è che un solo desiderio: il desiderio già manifestato dalla Commissione, cioè che la luce sia fatta e la verità accertata; aggiungo, il desiderio che questa verità possa rivelarci che non c’è nulla di losco, che non c’è nulla di guasto nel nuovo regime democratico repubblicano. Ma noi, col nostro voto puro e semplice, semplifichiamo; voi, con l’aggiunta che avete fatto, complicate la situazione. Da parte nostra dichiariamo di votare semplicemente e puramente l’accoglimento delle proposte della Commissione. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Tonello. Ne ha facoltà.

TONELLO. Onorevoli colleghi, io non sono un giurista, ma nel considerare le cose vado a cercare quella che è la voce della mia coscienza di galantuomo.

Era stata concessa questa Commissione di indagine, che non è una Commissione d’inchiesta, e va bene. Ad un certo momento gli amici e colleghi di questa Commissione hanno detto: sarà bene che l’Assemblea precisi meglio quali sono le nostre possibilità di indagini. Ed allora hanno votato un ordine del giorno. Era naturale che questo ordine del giorno fosse dall’Assemblea accolto; ma intanto voi non dovete dimenticare che attraverso la stampa e attraverso talune dichiarazioni di uomini politici, pareva che gli uomini del Governo, alcuni dei quali sono anche indicati nelle accuse, non vedessero di buon occhio questa estensione di indagini sul loro operato.

E allora perché mi venite a dire che il Governo non c’entra, che il Governo è estraneo? Ma il Governo era direttamente interessato e quando noi abbiamo applaudito poco fa, abbiamo applaudito a De Gasperi il quale ha detto: si faccia l’indagine su tutto, perché io non ho nulla da rimproverarmi. Ora non è giusto che noi che sanzioniamo questa nostra determinazione, non diciamo che il Governo non è contrario a questa indagine, perché il Governo è anzi il primo a dire che sia fatta la luce. Anche se io fossi un oppositore – va bene che non sono neanche tanto un sostenitore del Governo – (Si ride) sentirei nella mia coscienza il bisogno di dire: De Gasperi ha detto che non è contrario. De Gasperi, che fino a prova contraria deve difendere i suoi compagni di lavoro, oggi, di fronte alla domanda della Commissione e di fronte alla realtà delle cose, dice: Sì, la Commissione questo diritto l’ha e noi non ci opponiamo.

Volete sollevare obiezioni, voi della destra, e fare gli oppositori dove non occorre farlo! In questo terreno noi dobbiamo dare ragione al Governo e dire che prendiamo atto anche delle dichiarazioni del Governo. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

LA MALFA. Non vorrei che l’Assemblea, che ha trovato l’unanimità sulla sostanza della questione (e questa unanimità è quella che importa di fronte al Paese) si dividesse su questioni secondarie. Mi pare che l’unanimità dell’Assemblea sia stata raggiunta su questo punto che, a mio giudizio, è stato convenientemente illustrato dall’onorevole Persico e convalidato dall’autorità dell’onorevole Orlando.

In sostanza, è esatto quanto dice l’onorevole Persico, che noi diamo oggi alla Commissione i poteri di una Commissione di indagine, non di una vera e propria Commissione di inchiesta. Io credo che questa procedura sia la più corretta e direi la più seria.

In questa Assemblea, sono state lanciate delle accuse. Prima di procedere alla nomina di una Commissione di inchiesta è giusto che si accerti l’attendibilità di queste accuse, perché altrimenti la vita politica del nostro Paese sarebbe alla mercé di qualsiasi avventata accusa.

Quindi, Commissione di indagine con tutti i poteri che alla Commissione sono necessari per accertare l’attendibilità delle accuse mosse. Naturalmente, è stato stabilito che la Commissione, dopo aver vagliato le accuse, potrà richiedere all’Assemblea la costituzione di una Commissione di inchiesta. Questa mi pare la posizione raggiunta sul problema dall’Assemblea.

Ora, al Gruppo repubblicano pare che nessuno degli ordini del giorno abbia messo a punto la questione sostanziale; quindi, chiedo alla Presidenza di sospendere per dieci minuti la seduta in maniera che l’Assemblea possa raggiungere l’unanimità sulla questione. (Commenti).

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Onorevoli colleghi, ho l’impressione che non si capisca più niente. Noi avremmo qui un interesse, che per me è preminente, sia per l’Assemblea che per il Governo, cioè che la deliberazione sia unanime. Ora, perché rendere impossibile questa unanimità, facendo entrar in una questione in cui la politica, come si è detto, non ci deve entrare, un elemento politico? Quando voi volete che il voto abbia anche significato di fiducia del Governo (Commenti al centro), bisogna che allora il Governo esplicitamente dica che al voto non annette nessun significato di fiducia, non perché da parte nostra vi possa essere il più lontano dubbio che le accuse involgano più o meno seriamente membri del Governo (io personalmente ho avuto occasione di fare al Presidente del Consiglio delle dichiarazioni in questo senso), ma perché, non più tardi di otto giorni fa, noi abbiamo votato contro la fiducia del Governo, ed a così breve distanza non mi pare che ci sia, né nella situazione generale, né nel fatto concreto, un complesso di mutamenti tale che ci induca a mutare il nostro atteggiamento politico.

Ecco perché io ritengo che votare l’ordine del giorno puro e semplice che concede i poteri di indagine richiesti dalla Commissione sia quello che, dalla maniera con cui si è svolta la discussione, potrebbe chiudere la discussione medesima con quella unanimità che, a mio giudizio, sarebbe necessaria in un problema come quello che è stato posto di fronte all’Assemblea. (Commenti).

UBERTI. Sicché per essere unanimi dobbiamo accettare il vostro punto di vista. (Commenti).

DE GASPERI. Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE GASPERI. Presidente del Consiglio dei Ministri. Mi pareva di essermi collocato in una posizione superiore a quella del presente Governo. Mi pareva che la mia tesi e le mie conclusioni riguardassero il regime democratico e la difesa che a questo regime noi dobbiamo. (Applausi).

Se l’Assemblea desidera onestamente e francamente esprimersi su tale questione, senza che ciò implichi un voto di fiducia generale nel consueto senso parlamentare, accetto tale desiderio. Non richiedo, pertanto, che questo voto di fiducia, dato alla democrazia e all’antifascismo, implichi anche un voto di fiducia parlamentare che, del resto, il Governo ha già ottenuto. (Vivi applausi).

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Sembra anche a me che l’aggiungere all’ordine del giorno la frase «udite le dichiarazioni del Governo». ci faccia incorrere in un equivoco. Il Governo vuole o non vuole che siano concessi alla Commissione i poteri che essa richiede? Sembra di sì. (Commenti). Però nelle dichiarazioni del Governo, che noi non possiamo naturalmente aver imparato a memoria per averle soltanto ascoltate, c’è una parte, diremo così, ufficiale, quella che il Presidente ha letto e nella quale, in fondo, si dice questo: per quanto riguarda quelli tra gli imputati che appartengono al Governo, noi consideriamo la questione chiusa e decisa. Poi ha aggiunto, se mal non ricordo: «E adesso aggiungo delle dichiarazioni personali». (Commenti).

In queste seconde dichiarazioni di carattere personale egli disse di non aver niente in contrario a che la Commissione abbia i poteri richiesti.

E, se anche io abbia capito male, ciò prova che includere la frase «Udite le dichiarazioni del Governo», può far incorrere in equivoci; quindi, chiedo che sia votato l’ordine del giorno puro e semplice! (Commenti).

MOLÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLÈ; Insieme con gli onorevoli Tupini e Molinelli avevo presentato un ordine del giorno, che avrebbe evitato gli equivoci di una discussione assolutamente inutile e dannosa.

Perché è sorta questa discussione? Perché ci sono alcuni che dicono: «Il Governo chiede un voto di fiducia. E noi non intendiamo di darlo, pregiudicando il nostro atteggiamento futuro».

Tutti infatti dichiarano di approvare quanto l’onorevole De Gasperi ha detto in difesa della democrazia contro il tentativo di menomarne gl’istituti, coinvolgendo tutti gli uomini rappresentativi in una sola atmosfera di discredito complessivo. Ma alcuni non intendono, nella questione che attualmente si dibatte, pregiudicare la loro posizione, in attesa delle indagini degli Undici, con un voto di fiducia preventiva. E questo pensano che avverrebbe, accettando l’ordine del giorno che contiene l’approvazione delle dichiarazioni del Governo.

Ma l’ordine del giorno che noi abbiamo presentato toglie di mezzo la ragione del dissidio, ricomponendo l’unanimità dell’Assemblea. Perché la sua dizione è chiara: «L’Assemblea, udite le dichiarazioni del Governo, approva l’ordine del giorno della Commissione degli Undici». Ora se si può evitare di approvare le dichiarazioni del Governo, non si può non prenderne atto. Onorevoli colleghi, se voi non prendete atto delle dichiarazioni del Governo, voi negate implicitamente alla Commissione i poteri per agire, perché, in tanto la Commissione può interrogare i funzionari e richiedere i documenti che si trovano negli uffici, in quanto il Governo ha dichiarato di metterli a sua disposizione. Se il Governo nobilmente si è messo a disposizione della Commissione, potete non prendere atto di questo impegno solenne, che dà un contenuto concreto ai poteri della Commissione? Sarebbe un non senso. Io penso che, al di sopra e al di fuori di ogni preoccupazione di parte, l’Assemblea debba, con un voto unanime, dimostrare il suo proposito così di fare la luce, che di troncare la ignobile speculazione scandalistica, che non risparmia ormai più nessuno, dando al Paese la precisa sensazione che essa affronta le questioni che attengono al suo prestigio e al suo decoro, in piena concordia d’intenti.

Io dichiaro pertanto, anche a nome degli onorevoli Tupini e Molinelli, di mantenere il nostro ordine del giorno e penso che l’Assemblea farebbe bene a votarlo all’unanimità. (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Grassi. Ne ha facoltà.

GRASSI. Onorevoli colleghi, ho presentato un ordine del giorno molto semplice:

«L’Assemblea, udite le dichiarazioni del Governo, approva l’ordine del giorno della Commissione e passa all’ordine del giorno».

Mi pare che in questa maniera si sintetizza la situazione presente, in quanto è necessario, al di fuori di ogni interesse di parte, di prendere atto delle dichiarazioni del Governo. La questione è squisitamente giuridica e politica, perché l’Assemblea, per quanto riguarda l’organismo politico, deve vivere sulle basi regolamentari che sono il fondamento della sua essenza e della sua funzione.

Ora, non c’è dubbio che in questo caso non pensiamo a Commissioni d’inchiesta che avrebbero altre direttive ed altre procedure; noi siamo sempre nei limiti regolamentari dell’articolo 80-bis per cui, di fronte ad accuse formulate da un membro dell’Assemblea contro membri dell’Assemblea, questa trova la maniera, sulla stessa richiesta di coloro che sono stati colpiti, di dare un giudizio attraverso una Commissione nominata dalla Presidenza. Quindi la Commissione è una Commissione presidenziale. Questi sono i limiti politici e giuridici della questione. Ora, di fronte ai membri dell’Assemblea i quali facciano richiesta al Presidente perché si indaghi sulla accusa lanciata, non v’è dubbio che la Commissione può e deve operare mettendo allo stesso livello l’accusato e l’accusatore, per stabilire nettamente se ci sono colpe o calunnie; ma, di fronte alla situazione particolare in cui un membro dell’Assemblea è anche membro del Governo, sorge la questione specifica.

Potrebbe il membro del Governo essere sciolto dalla responsabilità collettiva del Gabinetto ed essere messo sotto indagine la parte dell’Assemblea? Ecco la necessità della frase «udite le dichiarazioni del Governo», perché il Presidente del Consiglio, appunto per poter dire una parola decisiva su questa tendenza scandalistica, la quale ha cercato di colpire anche membri del Governo, poteva trincerarsi dietro il voto politico, che è il mezzo con cui le Assemblee possono censurare e colpire il Gabinetto o parte del Gabinetto. Il Presidente del Consiglio non ha creduto di trincerarsi dietro questo voto, ma ha detto: metto anche i membri del Governo, i quali sono stati accusati nell’Assemblea, da un membro dell’Assemblea, nelle stesse Condizioni degli altri.

Ora questa situazione alla quale ha fatto cenno l’illustre Maestro onorevole Orlando poco fa, stabilisce la possibilità che la Commissione vada oltre quei limiti ai quali non poteva andare col suo ordine del giorno precedente. Quindi l’Assemblea, prendendo atto delle richieste della Commissione, non può fare a meno di dire «udite le dichiarazioni del Governo», perché sono le dichiarazioni del Governo che stabiliscono la possibilità che si indaghi anche sui membri dell’Assemblea investiti delle funzioni ministeriali. Noi speriamo che le indagini possano essere rapidamente avviate da parte della Commissione, in modo da mettere la parola fine a questa ondata scandalistica che investe la nostra Assemblea. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Togliatti. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Onorevoli colleghi, parlo come uno dei presentatori dell’ordine del giorno intorno al quale si sta discutendo, ma non voglio ripetere cose che già sono state dette, e per questo sarò brevissimo. Desidero fare osservare all’onorevole Lucifero due cose: la prima è che in un’Assemblea politica non vi è nessuna questione la quale non sia politica, in qualunque modo essa venga sollevata. Desidero inoltre fare osservare all’onorevole Lucifero e agli altri colleghi che hanno sostenuto un’opinione differente dalla nostra, che occorre guardare alla realtà: non possiamo giocare a mosca cieca, non possiamo ignorare che attorno a questa questione è stata scatenata una campagna la quale non ha investito soltanto Tizio, Caio o Sempronio, ma ha investito tutti gli istituti democratici, tutto il metodo democratico che noi stiamo attuando qui per rinnovare l’Italia. (Vivi applausi a sinistra).

Ora, si dice, il Presidente del Consiglio vuole un voto di fiducia. L’onorevole De Gasperi lo ha già precisato e ben precisato, secondo me. Se l’onorevole De Gasperi parlando qui avesse ripetuto le cose che ha detto dieci giorni or sono a chiusura del dibattito sulle dichiarazioni da lui fatte in sede di presentazione del nuovo Governo, la vostra opinione sarebbe giusta; egli sarebbe venuto qui a chiedervi un secondo voto di fiducia. Ma egli non vi ha nemmeno alluso e non ci ha chiesto un secondo voto di fiducia. Effettivamente egli ha posto qui soltanto la questione generale del metodo democratico, che deve essere seguito quando si presentano questioni di questo genere, ed ha aggiunto: voi chiedete poteri di indagine; benissimo, avrete i poteri d’indagine che sono necessari per fare piena luce sulle accuse e sulle diffamazioni, e, se sarà necessario e quando sarà necessario, su coloro che appaiono colpiti da accuse che abbiano il menomo fondamento. Questo ha detto il Presidente del Consiglio; egli soprattutto, poi, non ha qui difeso la onorabilità di Tizio, Caio o di Sempronio, ma delle istituzioni che noi rappresentiamo e di cui siamo una parte; ha difeso la democrazia contro un attacco ingiustificato, non onesto, che viene da parte di forze le quali, per quanto grande sia l’abilità con cui si riescono a mascherare, sappiamo che cosa rappresentano e che cosa sono. (Applausi a sinistra ed al centro).

Onorevoli colleghi, mettiamoci pure d’accordo per trovare un ordine del giorno che raccolga il massimo dei voti.

PERTINI. L’unanimità.

TOGLIATTI. Comunque sia ben chiaro che il voto del nostro Gruppo significa approvazione delle dichiarazioni del presidente del Consiglio. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. Gli onorevoli Tupini, Molè e Molinelli hanno così modificato il loro ordine del giorno, affinché su di esso si possa raccogliere l’adesione unanime dell’Assemblea:

«L’Assemblea, udite le dichiarazioni del Presidente della Commissione degli Undici e quelle del Presidente del Consiglio, accoglie la richiesta della Commissione e passa all’ordine del giorno».

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI Desidero dire una sola cosa: qui avviene proprio l’imprevedibile. Si era di già votato, se non nella forma, almeno nella sostanza. Tante volte noi creiamo degli equivoci la cui colpa può essere attribuita non alla stampa o all’opinione pubblica, ma a noi stessi, Deve ritenersi certo che dopo le semplici mie dichiarazioni, e dopo le autorevoli dichiarazioni del Presidente del Consiglio, si era avuto il consenso unanime di tutta l’Assemblea. (Commenti). Ora, frazionare un voto e dire che non è unanime, significa distruggere questo accordo e questa intesa che si erano già verificati. (Commenti). Noi non possiamo sopprimere le dichiarazioni mie né quelle del Presidente del Consiglio: vi sono state e bisogna prenderne atto. Soltanto il Presidente, interpretando ed intuendo l’unanimità di consensi, ha detto che bastavano gli applausi ad esprimerla. Io mi sono permesso di pregare che si degnasse anche di chiedere a norma e con le forme previste dal Regolamento, almeno una votazione per alzata e seduta, che maggiormente avvalorasse questa unanimità di consensi determinatasi con gli applausi generali dell’Assemblea. La discussione che ne è seguita poteva anche non verificarsi. Dichiaro ad ogni modo che, qualunque sia l’ordine del giorno prescelto, la Commissione si asterrà dalla votazione per doverosa delicatezza.

PRESIDENTE. Onorevole Rubilli, tutta questa discussione mi sembra che l’abbia procurata lei! (Si ride Applausi).

RUBILLI. La colpa è del Regolamento, ed il Regolamento non l’ho fatto io.

PRESIDENTE. Onorevole Rubilli, non sono stato io a dire che l’applauso non è votazione. È stato lei a chiedere che l’applauso fosse tradotto in votazione formale.

Io avevo proposto che la votazione avvenisse per l’appunto sull’ordine del giorno, che, forse, un’ora fa, se fosse stato immediatamente accolto, avrebbe evitato questa lunga discussione.

Comunque pongo ai voti l’ordine del giorno Tupini, Molè e Molinelli, del quale ho dato lettura.

CORBINO. Chiedo la parola per dichiarazione di voti.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Dichiaro che, dopo le parole del Presidente del Consiglio, ed accolta la mia preghiera di spogliare questa questione di qualunque significato di fiducia nel Governo, noi voteremo a favore dell’ordine del giorno presentato, desiderando che l’unanimità dell’Assemblea dia al Paese la certezza che non c’è nessun settore, in cui la sensibilità personale e la sensibilità politica siano poste in discussione di fronte ad attacchi di qualsiasi natura, da qualunque parte essi vengano. (Applausi).

SELVAGGI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SELVAGGI. Dichiaro, a nome del mio gruppo, che voteremo a favore dell’ordine del giorno, così come è stato presentato, dichiarando, però, che interpretiamo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio come una difesa, come una riaffermazione della dignità di questa Assemblea, in tutti i suoi membri, e della dignità della democrazia italiana. (Commenti).

PERSICO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Dichiaro, anche a nome dei colleghi del Partito socialista dei lavoratori italiani, di votare a favore dell’ordine del giorno, col significato che esso valga a snebbiare ogni situazione di sospetto verso i membri dell’Assemblea.

NENNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NENNI. Devo dichiarare, come presentatore del primo ordine del giorno in discussione, che, giacché sull’ordine del giorno Tupini, che per noi ha lo stesso significato, si forma l’unanimità dell’Assemblea, non abbiamo nessuna obiezione a ritirare il nostro ordine del giorno.

PRESIDENTE. Rileggo l’ordine del giorno posto in votazione:

«L’Assemblea, udite le dichiarazioni del Presidente della Commissione degli Undici e quelle del Presidente del Consiglio, accoglie la richiesta della Commissione e passa all’ordine del giorno».

(L’ordine del giorno è approvato all’unanimità, astenendosi la Commissione – Vivi generali applausi).

Sono certo che la Commissione, investita dei poteri, che essa giustamente richiedeva, si porrà all’opera in modo da potere rapidamente comunicare all’Assemblea il risultato dei suoi lavori.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni.

La prima è quella dell’onorevole Candela, al Ministro dell’interno e all’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, «per conoscere perché da cinque mesi (1° ottobre 1946) i dispensari antitracomatosi pubblici e scolastici della provincia di Messina sono chiusi; se non ritiene opportuno farli riaprire con ogni sollecitudine, dato il carattere endemico ed anche epidemico del tracoma in quella provincia».

Non essendo presente l’interrogante, si intende che vi abbia rinunziato.

Segue l’interrogazione dell’onorevole Gabrieli, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro del lavoro e previdenza sociale, «per conoscere le ragioni per cui il Governo è rimasto indifferente dinanzi al gravissimo fenomeno della disoccupazione agricola nel Salento, ove la piccola e media proprietà terriera, essendo costretta da oltre un anno ad assorbire la mano d’opera disoccupata in lavori improduttivi, se non dannosi, si è venuta a trovare in condizioni quasi disperate. L’interrogante segnala l’opportunità politica e sociale di disciplinare il fenomeno con un provvedimento legislativo che metta a carico dello Stato, e quindi della generalità dei cittadini, l’onere dei veri disoccupati e bisognosi».

L’onorevole Sottosegretario per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà di rispondere.

TOGNI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Prima di entrare nel merito della proposta interrogazione sembra opportuno premettere talune considerazioni di carattere generale perché il problema possa essere inquadrato nella sua giusta luce.

Il Salento è una zona quasi esclusivamente agraria. Le colture prevalenti sono le cerealicole e quelle dell’ulivo, delle viti e del tabacco.

La forma di conduzione prevalente nella zona è quella in economia.

Si ha quindi un’altissima cifra di bracciantato agricolo, quale non trova riscontro neppure in altre provincie della Puglia, che notoriamente è una regione dove nel settore agricolo l’attività bracciantile è sempre stata di gran lunga prevalente.

Giovi al riguardo l’esame dei seguenti dati:

Provincia di Bari: di fronte ad una popolazione addetta a lavorazioni agricole di circa 60.000 unità, si hanno 5000 salariati fissi, 54.000 braccianti o giornalieri di campagna:

Provincia di Foggia: di fronte ad una popolazione addetta ai lavori della terra di circa 70.000 unità, si hanno 8000 salariati fissi, 5000 mezzadri e coloni e 54.000 braccianti:

Provincia di Lecce: di fronte ad una popolazione addetta a lavori agricoli di circa 100.000 unità, si hanno 1200 salariati fissi, 1500 coloni e mezzadri, ivi compresi i piccoli coloni, e ben 95.000 braccianti.

Se si estende poi l’esame alle altre provincie dell’Italia meridionale, vediamo come la provincia di Lecce presenta di gran lunga il maggior numero di giornalieri di campagna, come risulta dal presente prospetto:

Provincie di:

Lecce                        95.000 giornalieri di campagna

Bari                          56.000

Foggia                      54.000

Catanzaro                  53.000           

Catania                     52.000           

Reggio Calabria         46.000           

Brindisi                     44.000

Taranto                     40.000

Sotto questo profilo la situazione del Salento si presenta quindi particolarmente grave, anche in considerazione del fatto che per il passato molta manovalanza agricola emigrava nella stagione invernale nelle provincie limitrofe, mentre questo fenomeno di migrazione interna è venuto, ora, quasi completamente a cessare a causa, molto probabilmente, delle generali difficoltà economiche e del conseguente rallentamento delle attività produttive.

Si è quindi determinata una preoccupante situazione di disagio per la categoria per la quale il prefetto della Provincia, analogamente a quanto avvenuto in altre provincie della Puglia, ha ritenuto necessario disciplinare il collocamento della mano d’opera agricola con norme che impongono a ciascun proprietario terriero l’assorbimento di un determinato quantitativo di giornalieri di campagna, non peraltro in modo indiscriminato, tenendo conto della sola estensione dei fondi, ma proporzionando l’assunzione obbligatoria di mano d’opera agricola alle singole colture praticate, e distinguendo la mano d’opera che deve essere assorbita direttamente dai conduttori dei fondi, siano essi proprietari o affittuari, da quella che deve essere assunta a carico dei proprietari come tali per compiere lavori di miglioria e di trasformazione fondiaria.

A questo punto è bene fare le seguenti precisazioni. L’onorevole interrogante ha affermato che il Governo sia rimasto indifferente dinanzi al gravissimo fenomeno della disoccupazione agricola del Salento. Non sembra al riguardo che tale asserzione corrisponda alla situazione di fatto, in quanto in un primo tempo, attraverso l’azione delle autorità prefettizie locali tuttora in atto, e successivamente mediante l’invio di una apposita Commissione di studio che recentemente ha presentato le sue conclusioni, si è cercato di risolvere il problema in via generale.

Si deve accennare anche, al riguardo, che presso il Ministero del lavoro è in corso lo studio per l’approntamento di un opportuno decreto legislativo diretto a disciplinare la materia sul piano nazionale, in modo da conciliare la necessità di ridurre la disoccupazione della mano d’opera agricola con quella di ottenere una migliore coltivazione delle terre e quindi un incremento della produzione.

L’onorevole Gabrieli ha altresì affermato che «a seguito della imposizione di mano d’opera la piccola e media proprietà terriera, essendo costretta da oltre un anno ad assorbire la mano d’opera disoccupata in lavori improduttivi se non dannosi, si è venuta a trovare in condizioni quasi disperate».

Si deve premettere al riguardo che l’imponibile di mano d’opera recentemente disposto nelle provincie pugliesi per fronteggiare una situazione che presenta, senza dubbio, caratteri di gravità dovuti anche a motivi contingenti ed eccezionali, oltre che intrinseci, è già da diversi decenni in applicazione, ad esempio, nelle provincie di Ferrara, di Rovigo e di Mantova, dove pure si riscontrano analoghe situazioni di esuberanza di mano d’opera bracciantile e dove è stato possibile conseguire con questo mezzo notevoli risultati, sia ai fini della sensibile riduzione del fenomeno della disoccupazione stagionale, sia ai fini di un effettivo miglioramento fondiario, che ha portato le dette provincie all’avanguardia della intensità produttiva e del perfezionamento colturale.

Il sistema è quindi già passato, sia pure in diversi ambienti, attraverso il vaglio di una lunga esperienza, con risultati più che favorevoli e che superano di gran lunga gli eventuali immancabili inconvenienti.

Ciò premesso, in linea di principio giova esaminare se, nel caso specifico, il decreto prefettizio che ha stabilito il collocamento obbligatorio della mano d’opera nella provincia di Lecce, abbia carattere di eccessiva ed ingiustificata onerosità, tale da riuscire insopportabile specie per le piccole e medie aziende.

Il decreto prefettizio fissa il quantitativo medio di mano d’opera che le aziende debbono annualmente assorbire per ogni ettaro a coltura; i dati presentano carattere di attendibilità, sia perché in linea tecnica generale non sembrano eccessivamente elevati, sia perché sono stati determinati su parere dell’Ispettorato dell’agricoltura.

L’applicazione del decreto è inoltre affidata ad apposite commissioni comunali miste, in cui gli interessi degli agricoltori siano garantiti dalla presenza di due propri rappresentanti.

Inoltre è stato disposto che l’agricoltore possa distribuire nel corso dell’anno, con suo criterio discrezionale, l’assorbimento del quantitativo di mano d’opera impostagli, così da consentire l’utilizzazione nella maniera più appropriata, secondo le esigenze della tecnica colturale e delle necessità di miglioramento di fondi.

Per quanto si riferisce in particolare alle piccole proprietà terriere, il decreto prefettizio ha disposto che nell’imponibile aziendale siano detratte le giornate lavorative del conduttore della azienda e dei suoi familiari in ragione di 200 giornate all’anno per ogni unità uomo dai 14 ai 65 anni.

Il senso di equilibrio cui si è ispirata tale disposizione risulta chiaramente dal seguente esempio.

L’imponibile di mano d’opera annualmente previsto per un ettaro di seminativo arborato e di oliveto promiscuo è di 27 giornate lavorative; ad una famiglia di coltivatori diretti composta di tre unità lavorative uomo vengono detratte 600 giornate. Ciò significa che nessun imponibile di mano d’opera viene addossato al predetto coltivatore per i primi 22 ettari di terreno ([200 x 3]: 27 = 22.2).

Ma anche a prescindere dal diretto esame delle disposizioni localmente adottate, occorre tener presente che il Governo ha già affrontato il problema sul piano generale con il decreto 1° luglio 1946, n. 31, diretto appunto a favorire la ripresa dell’efficienza produttiva delle aziende agricole e l’utilizzazione della mano d’opera agricola disoccupata. Come è noto, ai sensi del predetto decreto, il Ministero dell’agricoltura e delle foreste è stato autorizzato a concedere sussidi che vanno dal 35 per cento al 67 per cento della spesa occorrente per lavori agricoli di carattere straordinario, ciò che riduce ancora in misura sensibile l’onere derivante agli agricoltori dall’imposizione di mano d’opera agricola per far fronte ai lavori predetti.

Non si nega che nella pratica applicazione di tutte le predette disposizioni si siano potuti verificare taluni inconvenienti e soprattutto talune sperequazioni, per l’eliminazione delle quali le autorità locali, d’accordo con le organizzazioni sindacali interessate, pongono la loro cura costante.

L’onorevole interrogante ha ritenuto infine di segnalare «l’opportunità politica e sociale di disciplinare il fenomeno con un provvedimento legislativo che metta a carico dello Stato, e quindi della generalità dei cittadini, l’onere dei veri disoccupati e bisognosi».

Si deve preliminarmente osservare che il citato decreto 1° luglio 1946, n. 31, sia pure in via indiretta, risponde già all’esigenza prospettata dall’onorevole Gabrieli.

Ogni altro provvedimento di carattere generale da adottare in sede di finanziamento della estensione del sussidio di disoccupazione alle categorie agricole non sembra attuabile allo stato della legislazione vigente, sia perché, secondo le norme in vigore, gli oneri assicurativi gravano per ora direttamente sui singoli settori della produzione a cui appartengono i lavoratori assicurati, sia perché, come è noto, finora i lavoratori agricoli sono esclusi, per un complesso di ragioni, dal beneficio dell’assicurazione contro la disoccupazione.

Altra questione è che i gravissimi problemi sopra indicati siano sollecitamente posti allo studio ed a questo riguardo si possono fornire le più ampie assicurazioni che da parte del Ministero del lavoro non si tralascerà di svolgere ogni possibile concreta attività per raggiungere una soluzione organica e definitiva.

PRESIDENTE. L’onorevole Gabrieli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

GABRIELI. Apprezzo lo sforzo, di cui mi ha dato atto la dichiarazione dell’onorevole Sottosegretario, che ha compiuto il Governo per venire incontro alle esigenze veramente allarmanti della disoccupazione nel Salento; ma allo stato dei fatti non posso dichiararmi soddisfatto.

La situazione è talmente grave in quella zona che la Commissione composta dai rappresentanti di tutti i Comuni e di tutte le categorie interessate ha raggiunto Roma per essere ricevuta dagli organi governativi e per esporre direttamente le proprie necessità al Presidente del Consiglio.

Da oltre un anno i proprietari agricoli del Salento subiscono il peso di una disoccupazione in gran parte fittizia, che li ha letteralmente esauriti. Né il decreto prefettizio ha potuto sanare e legalizzare la situazione, perché già dopo il primo mese di attuazione, onorevole Sottosegretario, è stato completamente violato a danno dei proprietarî agricoli, in quanto il carico di mano d’opera imponibile, previsto in quel decreto, è stato completamente sostenuto dai proprietari, sicché restano ancora dieci mesi ed il decreto rimane scoperto, e gli aventi diritto invocheranno non più il decreto, ma la forza delle loro ragioni per essere occupati e per richiedere quelle mercedi che i proprietarî non sono più in grado di pagare.

Attualmente il fenomeno ha assunto forme allarmanti e insostenibili. Molti onesti agricoltori sono costretti a vendere i loro beni, frutto di decenni di lavoro; altri, in numero rilevante, sono stati messi nella necessità dolorosa di allontanarsi dal Comune di origine per liberarsi dall’incubo quotidiano che finisce per ridurli alla disperazione. Si è costretti ogni giorno a pagare alte mercedi per lavori inutili ed anche dannosi. I disordini e le agitazioni sono frequentissimi. Sono stati sequestrati sindaci di alcuni Comuni importanti, e fra questi un deputato, l’onorevole Vallone.

Il problema ha due aspetti: da un lato la così detta disoccupazione o non esiste, o esiste in proporzioni molto ridotte. Essa viene creata ed ingrossata dagli agenti del disordine che hanno finito per togliere ogni tranquillità alle popolazioni salentine, che sono state sempre amanti del lavoro e della operosità. E così, ai varî disoccupati bisognosi, ai quali mai è stato negato e sarà negato quel compenso e quell’aiuto che è doveroso, si mischiano i disoccupati di professione, i quali si improvvisano braccianti nelle campagne, ed altra gente, che, pur non avendo bisogno, trova modo, per approfittare della generale confusione, di percepire un salario cui non corrisponde un effettivo rendimento. In tal modo, molte aziende sono in rovina. Lo Stato ha l’obbligo di intervenire per disciplinare il fenomeno, riportandolo sulle vie della legalità. Esso deve istituire uffici statali, allo scopo di controllare e di accertare l’effettivo stato di disoccupazione dei richiedenti. Lo Stato ha il dovere di intervenire introducendo il sussidio a favore dei disoccupati e sottraendo in tal modo il singolo ad un obbligo che la legge ed i civili ordinamenti non impongono. Lo Stato deve curare che la legge e l’ordine pubblico siano rigorosamente osservati a difesa della pace sociale. (Applausi al centro).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni inscritte all’ordine del giorno di oggi.

Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro Michele Parise, per il reato di vilipendio all’Assemblea Costituente.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: «Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro Michele Parise, per il reato di vilipendio dell’Assemblea Costituente». (Documento I, n. 3).

La Commissione all’unanimità propone all’Assemblea di negare la chiesta autorizzazione. Pongo ai voti tale proposta.

(È approvata).

Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Colombi, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Domanda di autorizzazione a procedere in giudizio contro il deputato Colombi, per il reato di diffamazione a mezzo della stampa.

La Commissione conclude proponendo di concedere l’autorizzazione.

Ha chiesto di parlare l’onorevole La Rocca. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. A me pare che la richiesta autorizzazione debba essere negata dall’Assemblea per un duplice ordine di motivi: in fatto e in diritto, e per la tutela dell’esercizio della libertà di critica e di controllo da parte dei membri di questa Assemblea.

Non ho il privilegio di essere un anziano di questa Assemblea e mi si dice che la vecchia prassi abbia stabilito che l’autorizzazione a procedere si nega unicamente quando vi è il sospetto di una persecuzione politica. Mi pare che questo criterio non possa essere adottato nel caso attuale, innanzitutto perché questa prassi si riferisce ad una situazione politica e storica già superata, alla situazione esistente prima dello stabilirsi della dittatura, in un’epoca di stagnazione e di quiete, in cui pure uno starnuto era un gran caso. D’altra parte, la teoria è grigia, mentre l’albero della vita è perennemente verde, come diceva il poeta. Bisogna giudicare non già con un criterio strettamente giuridico, ma porre una questione di principio, sul piano politico.

Qual è il fatto che ha dato luogo alla risposta dell’onorevole Colombi, per cui si chiede l’autorizzazione a procedere?

C’è stata una campagna continua da parte di un giornale dell’Emilia, campagna che arroventava l’atmosfera, avvelenava gli animi e speculava sulla situazione politica generale, alimentando intrighi e manovre nel campo internazionale e auspicando quasi una nuova guerra, mentre la disfatta aveva ridotto il paese a due tronchi sanguinanti, aveva rovinata la nostra economia, distrutte le città, devastate ed arse le campagne, diroccate le fabbriche e le case, stroncato il fiore della nostra giovinezza, sconvolta la famiglia. A questa campagna, che appariva ed era un crimine ai danni della Nazione, l’onorevole Colombi rispose che il giornalista, autore degli articoli incendiari, avrebbe fatto molto meglio a tacere e a ritirarsi sulle montagne, dove era stato, camuffandosi da partigiano.

Il che significava, a giudizio della maggioranza della Commissione, quasi intaccare il patrimonio morale, ledere quel diritto alla tutela della propria persona, volendo giudicare con la bilancia dell’orafo.

Ora qui si solleva un’altra questione, che cioè il criterio politico debba prevalere su quello giuridico, e che l’uomo politico italiano, nell’esercizio della sua attività, quando veda in giuoco i sovrani interessi del Paese, che devono naturalmente superare quelli individuali, abbia anche il diritto, nella polemica, di mettere un po’ in soffitta l’avversario, di ridurlo al silenzio.

Con un criterio diverso, rischiamo d’imbavagliare tutta la stampa, di soffocare la polemica politica.

D’altra parte, la molla, la spinta, nella questione, è essenzialmente politica. Il motivo determinante della polemica ha la sua radice nella ragione politica. L’individuo non c’entra: si colpisce la corrente che tende a mettere il Paese un’altra volta sul piano inclinato dei conflitti internazionali.

Noi siamo stati per vent’anni la forza motrice della rinascita del Paese e col nostro sacrificio e con la nostra lotta abbiamo cercato di difendere, insieme con gli altri antifascisti, l’onore e la dignità della Nazione di fronte alla storia e in faccia all’avvenire, Siamo stati chiamati provocatori di torbidi, assassini, antinazionali. E nessuno di noi ha mai pensato di uscire dal terreno politico e mettersi sul binario giudiziario, per udire il magistrato pronunciare la condanna a una multa.

Pur col massimo rispetto per le tradizioni giuridiche, credo che non dobbiamo farci guidare dai giudizi dei vari Papiniani e Labeoni e Giustiniani, se non vogliamo che lo spirito dei morti continui a guidare i vivi.

Né accade richiamarsi, con pedanteria e con angustia mentale, al fatto, in sé e per sé, come Shylok rivendicava la libbra di carne, in base al contratto. L’onorevole Colombi, nella polemica, ha interpretato lo spirito nazionale ed ha cercato di difendere la pace, l’ordine e gli interessi supremi della Nazione di fronte ad un giornalista che, esercitando il diritto della libertà di stampa, ma abusandone, cercava di buttare il Paese in quello abisso in cui si è frantumato e dal quale lavoriamo a risollevarlo.

Credo che l’Assemblea debba, nel caso concreto, subordinare il criterio rigorosamente giuridico a quello preminente politico e – sovvertendo la vecchia prassi, se è esistita – stabilire che quando non si è mossi dall’intenzione di colpire altri per il gusto di colpire, e fare dell’immunità parlamentare un privilegio per rompere gli schemi della legge; che quando, sul terreno della lotta politica, si tratta di difendere interessi superiori, che sovrastano e debbono far tacere quelli individuali, bisogna negare l’autorizzazione a procedere, per la tutela della libertà di critica e di controllo, per la tutela di quei diritti che potrebbero dirsi, con l’immagine del grande tragico greco, il «flore del bottino», se per bottino intendiamo quell’insieme di diritti e di libertà, riconquistati con tanto sangue sul cadavere del fascismo. (Applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Relatore onorevole Ciampitti. Ne ha facoltà.

CIAMPITTI, Relatore. Come Relatore della Commissione per le autorizzazioni a procedere, devo difendere l’opera, non tanto mia, quanto della maggioranza della Commissione per le autorizzazioni a procedere contro le critiche e gli addebiti che sono stati mossi dal collega che mi ha preceduto. È bene che l’Assemblea conosca, sia pure brevissimamente, di che cosa si tratti.

È stata sottoposta al giudizio della Commissione una domanda di autorizzazione a procedere contro l’onorevole Arturo Colombi in base a querela sporta con ampia facoltà di prova, in data 9 agosto 1946, dal giornalista Tullio Giordana, direttore del Giornale dell’Emilia, il quale ha ritenuto di ravvisare gli estremi della diffamazione a mezzo della stampa in un articolo pubblicato il 3 agosto 1946 nel giornale La lotta, organo della Federazione provinciale bolognese del Partito Comunista Italiano, articolo firmato con le iniziali A.C., corrispondenti al nome e cognome dell’onorevole Arturo Colombi, che, del resto, è direttore responsabile del giornale stesso, e che in una dichiarazione che ha reso alla Procura della Repubblica di Bologna, ha ammesso esplicitamente di essere l’autore dell’articolo. Il querelante Tullio Giordana fa consistere il reato di diffamazione nelle frasi «fanfarone», la «sua lurida pellaccia» nonché nella attribuzione del fatto specifico e determinato di «essersi durante la lotta partigiana rifugiato comodamente in un albergo di montagna, allo scopo di mettersi al sicuro».

In una prima seduta la Commissione per le autorizzazioni, a procedere, per un eccesso di scrupolo, credette opportuno di richiamare i precedenti giornalistici, sia in rapporto al giornale di cui è direttore il Tullio Giordana – Il Giornale dell’Emilia – sia in rapporto al giornale La Lotta di cui è direttore l’onorevole Colombi, per l’eventualità che si potessero trovare in questi precedenti gli elementi per escludere o per mettere in dubbio l’esistenza del delitto di diffamazione, di cui il Giordana si lamentava. Questo materiale giornalistico fu fornito alla Commissione, per il tramite dell’autorità giudiziaria di Bologna, e la Commissione ha portato il suo esame sopra questo materiale, pervenendo alla conclusione che neanche l’articolo specificamente invocato dal Colombi dal titolo «Shylok e la realtà» pubblicato il 28 luglio 1946 nel Giornale dell’Emilia, potesse dare l’appiglio alla giustificazione della diffamazione che si conteneva nell’articolo incriminato.

Intanto la Commissione, dopo maturo esame, perveniva a queste conclusioni specifiche:

1°) che nessun dubbio potesse sorgere che autore dell’articolo incriminato fosse l’onorevole Colombi, per le ragioni che ho già accennato poco fa, perché egli è il direttore responsabile, perché egli aveva firmato con le proprie iniziali l’articolo, perché egli esplicitamente lo aveva ammesso davanti al Procuratore della Repubblica di Bologna;

2°) che, tenuto conto delle funzioni di delibazione assegnate alla Commissione per le autorizzazioni a procedere, per negare o concedere l’autorizzazione a procedimento penale, contro chi è protetto da garanzie parlamentari – (il che non implica naturalmente un giudizio di merito che è riservato al magistrato) – non si possa non riconoscere la necessità di concedere la chiesta autorizzazione;

3°) che l’articolo querelato sembra contenere gli estremi della diffamazione. Il fatto materiale è contenuto nell’articolo, già acquisito agli atti, e che sia offensivo è evidente, non occorrendo dimostrare che costituiscano un’offesa all’altrui onore e all’altrui reputazione le espressioni «fanfarone», «lurida pellaccia» e simili e più specialmente non si può mettere in dubbio che costituisca offesa alla reputazione e all’onore di una persona l’attribuzione del fatto determinato che durante la lotta partigiana essa si sia allontanata e si sia rifugiata in un albergo di montagna, per mettere al sicuro la propria pelle.

Una voce a sinistra. È vero. (Commenti).

Una voce a destra. Non è vero, e lo sapete bene che non è vero. (Commenti).

CIAMPITTI. Tanto più era rilevante la cosa, in quanto il giornalista Giordana ha assunto e ha dimostrato di essere stato tra i partigiani col grado di ufficiale superiore, sicché l’attribuirgli che durante la lotta partigiana egli si fosse rifugiato in un albergo di montagna, per mettere al sicuro la sua pelle, era un’affermazione più che lesiva dell’onore, del patrimonio morale e della reputazione di questo giornalista;

4°) d’altra parte resta sempre salvo e impregiudicato il diritto dell’onorevole Colombi di provare davanti al Magistrato, in periodo istruttorio o in pubblico dibattimento, la propria incolpevolezza, sia in fatto che in diritto, e di ottenere l’esenzione dalla pena se, avvalendosi dell’ampia facoltà concessagli dal querelante, riuscisse a dare la prova della verità del fatto addebitato al Giordana;

5°) né vale, a mutare l’opinione della Commissione, il risultato dell’esame da essa portato sul materiale giornalistico esibito dalla parte avversa e nemmeno di quello di cui all’articolo «Shylok e la realtà» al quale l’onorevole Colombi fa particolare riferimento, e che invoca specificamente per giustificare il proprio operato.

Difatti l’onorevole Colombi come si è difeso davanti al Procuratore della Repubblica di Bologna? In questa maniera: l’articolo incriminato fu scritto a seguito di un atteggiamento nazionalistico, guerrafondaio, antipartigiano e anticomunista assunto dal Giornale dell’Emilia, in un complesso di pubblicazioni culminate nell’articolo di fondo dal titolo «Shylok e la realtà» apparso su detto giornale il 28 luglio 1946. Ora la Commissione non poteva entrare nel merito, se cioè fosse giustificata la reazione, se così si può chiamare, dell’onorevole Colombi; se mai la questione può interessare il Magistrato del merito, sia nel periodo istruttorio, sia nel pubblico dibattimento, in quanto che la funzione della Commissione per le autorizzazioni a procedere è limitata semplicemente ad una delibazione sommaria, nel senso di stabilire se sia o non il caso di autorizzare il procedimento penale. Con questo né si condanna, né si assolve, perché questo compito è riservato al Magistrato.

Ora, l’onorevole collega, che ha mosso appunti e critiche alla decisione della Commissione per le autorizzazioni a procedere, faceva appello alla tutela della libertà di critica e di controllo, sostenendo che tale diritto fosse incondizionato nel senso che si potesse anche ingiuriare ed offendere impunemente a mezzo della stampa. La Commissione ha rilevato che, se pure l’articolo «Shylok e la realtà» avesse potuto dare appiglio all’onorevole Colombi per replicare e confutare quello che Tullio Giordana aveva scritto, questo si sarebbe potuto fare senza ingiuriare e diffamare. Comunque, ci troviamo di fronte ad un fatto specifico attribuito dal Colombi al Tullio Giordana, cioè che durante la lotta partigiana il Giordana si sarebbe rifugiato, per paura, in un albergo di montagna, per mettere al sicuro la propria pelle. Ed allora una delle due; o questo è vero, o non è vero. Se è vero, il Colombi potrà fornirne le prove nel periodo istruttorio o nel pubblico dibattimento ed allora andrà esente da pena ed il Giordana pagherà anche le spese di giudizio; se invece non è vero, resta il fatto che il Giordana è stato diffamato ed ha querelato legittimamente l’onorevole Colombi, e questi dovrà subirne le conseguenze. Se il Colombi ha altri mezzi per giustificare la mancanza del dolo o di altri elementi costitutivi dal reato, può farlo in periodo istruttorio o in pubblico dibattimento, ma venire a discutere oggi della libertà di critica e di controllo, quando ci troviamo di fronte ad un delitto di diffamazione, a me pare che sia un fuor d’opera. D’altra parte se ne vuol fare una questione politica? Io ammetto che possano esserci stati precedenti giornalistici, cui si appella l’onorevole Colombi, ma non è detto che in una polemica anche di natura politica, anche quando c’è eccitazione di animi, sia consentito di diffamare e di ingiuriare un galantuomo, perché se questo si fa, allora si tradisce veramente la finalità della disposizione che richiede la autorizzazione a procedere contro chi è rivestito del mandato parlamentare. Negando, sempre ed in ogni caso, l’autorizzazione a procedere, si creerebbe la falsa convinzione che basta esser deputato per poter violare impunemente la legge, perché la qualità di deputato esime dal rispondere davanti al magistrato delle violazioni di legge.

L’onorevole collega, sostenitore della tesi opposta, ha sentito il bisogno di deformare e minimizzare il fatto specifico attribuito dall’onorevole Colombi al Giordana, asserendo che dopo tutto il Colombi avrebbe detto: «Faresti meglio a tacere ed andartene in montagna dove sei stato». Questa è la prova migliore della onesta convinzione dell’onorevole collega della sussistenza del reato, dal momento che ben diversa fu l’espressione adoperata e tale da rappresentare una grave offesa al patrimonio morale del Giordana. Una cosa è dire: vattene in montagna e taci, va in montagna dove sei stato; altro è dire: tu che ti vanti di essere stato un combattente, anzi un comandante durante la lotta partigiana, non è vero che hai combattuto con i partigiani; tu te ne sei scappato in montagna, ti sei rifugiato in un albergo per mettere al sicuro la pelle.

Per queste ragioni, e per quelle che per brevità si omettono, a me pare che il giudizio della Commissione, che non è, del resto, e non dev’essere né di affermazione, né di esclusione di responsabilità, limitandosi a stabilire se concorrano le condizioni per concedere o negare l’autorizzazione a procedere, debba essere accolto.

E confido che l’Assemblea delibererà negli stessi sensi, compiendo un atto di serena giustizia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Scalfaro. Ne ha facoltà.

SCALFARO. È soltanto per una ulteriore chiarificazione.

Mi pare sia indispensabile porre chiara «una affermazione; che, cioè, nell’istituto della immunità parlamentare quello che conta, oserei dire, è un contenuto eminentemente negativo; cioè, noi abbiamo il compito – l’avevamo prima nella Commissione e l’abbiamo oggi come Assemblea – di vedere se sotto accuse o denunzie o comunque sotto parvenze giuridiche siano mascherate delle ombre o delle realtà di persecuzione politica.

Quando abbiamo compiuto questo, si è esaurito il nostro compito. Non possiamo entrare nel merito.

Per sintetizzare, vi è da una parte un articolo di Tullio Giordana che a noi non interessa nel suo contenuto, ma che certo non ha alcuna offesa personale per nessuno; dall’altra la risposta del collega Colombi, che scende a delle accuse o ingiurie nei confronti del Giordana («quel botolo di Giordana», «scriba fascista» ed altro).

È quindi il fatto preciso diffamatorio, il fatto concreto. Si dice: «tu che ti sei vantato di essere stato in montagna, quando in montagna non sei stato; sei stato in albergo».

Attraverso l’istruttoria della Commissione siamo venuti a conoscenza di altri elementi: che, cioè, altra volta il Giordana fu accusato nello stesso senso; ed il Giordana ebbe a pubblicare la documentazione delle sue attività partigiane, il che eventualmente porterebbe ad incidere maggiormente nel lato soggettivo, perché esistano gli elementi del reato.

Ma questo a noi non può interessare; non possiamo assolutamente entrare nel merito.

A noi basta che vi siano questi elementi; basta che escludiamo un contenuto di persecuzione politica; basta inoltre che vediamo un cittadino italiano, il quale chiede di poter ottenere una dichiarazione pubblica, formale, circa le sue attività e chiede, in altri termini, di passare da querelante ad imputato, perché questo è l’atteggiamento di chi dà querela con ampia facoltà di prova. Non possiamo votare contro la autorizzazione a procedere, perché – mi si consenta – daremmo l’impressione alla Nazione che l’istituto della immunità parlamentare è uno scudo, dietro il quale ci si può nascondere, in nome del quale noi, qui dentro, abbiamo diritto di criticare e di trascendere in ingiurie e diffamazioni, mentre gli altri questo diritto non hanno.

In altri termini, l’istituto della immunità parlamentare, anziché essere un istituto di tutela non di noi singoli, ma della veste nostra di deputati, rappresentanti del popolo, finirebbe per avere i caratteri di un istituto di ingiustizia. (Applausi a destra).

PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta dell’onorevole La Rocca di non accogliere le conclusioni della Commissione e negare quindi l’autorizzazione a procedere contro l’onorevole Colombi.

(Non è approvata).

Pongo ai voti le conclusioni della Commissione.

(Sono approvate).

Il seguito dello svolgimento dell’ordine del giorno è rinviato a domani alle ore 10.

Presentazione di un disegno di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro degli affari esteri. Ne ha facoltà.

SFORZA, Ministro degli affari esteri. Mi onoro di presentare il seguente disegno di legge:

«Approvazione dell’accordo per la costituzione della Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura».

PRESIDENTE. Do atto all’onorevole Ministro degli affari esteri della presentazione di questo disegno di legge. Sarà trasmesso alla Commissione competente.

Interrogazioni ed interpellanza con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. L’onorevole Pacciardi ha presentato, con richiesta di risposta urgente, la seguente interrogazione:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, sul senso e la portata delle sue strabilianti dichiarazioni ai giornalisti stranieri, relative alla stabilità del regime repubblicano».

Gli onorevoli Angelucci e Dominedò hanno pure richiesto che sia risposto d’urgenza alla interrogazione circa la sospensione, presso gli Uffici del Genio civile del Lazio e presso il Provveditorato delle opere pubbliche di ogni attività tendente a predisporre i lavori pubblici già in programma ed il relativo finanziamento.

Gli onorevoli Condorelli, Benedettini, Colonna, Penna Ottavia, Perrone Capano, Miccolis hanno presentato la seguente interrogazione urgente:

«Al Ministro dell’interno, per conoscere: a) in base a quali disposizioni di legge l’onorevole Ministro si è inteso autorizzato a vietare con una circolare telegrafica «l’esposizione in pubblico o in luoghi aperti al pubblico della bandiera con lo scudo sabaudo e di altri emblemi della decaduta monarchia», scudo ed emblemi che sono anche insegne e distintivi di partiti e associazioni politiche; b) se ritenga che ciò, oltreché arbitrario ed illegale, non sia, comunque, contrario ai principî fondamentali e più certi della libertà politica; c) se non creda necessario revocare d’urgenza la denunciata circolare telegrafica, che costituisce un palese eccesso di potere, una flagrante violazione della libertà politica, una grave offesa al sentimento di milioni di italiani, un oltraggio alla storia».

Chiedo al Governo quando intenda rispondere.

GULLO, Ministro di grazia e giustizia. Domani i Ministri interessati comunicheranno quando intendono rispondere.

PRESIDENTE. L’onorevole Codacci Pisanelli ha presentato la seguente interpellanza con carattere d’urgenza.

«Al Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare per restituire il dovuto prestigio all’Istituto orientale di Napoli, riportandolo alla sua missione di custode, diffusore e incrementatore del patrimonio di cultura e civiltà, merito degli orientalisti italiani».

Chiedo al governo quando intenda rispondere.

GULLO, Ministro di grazia e giustizia. Il Ministro della pubblica istruzione comunicherà domani quando intende rispondere a questa interpellanza.

MARTINO GAETANO. Ricordo di aver presentato una interrogazione con carattere di urgenza all’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica.

PRESIDENTE. Avverto che il Governo ha già fatto sapere che risponderà quanto prima.

Interrogazioni e interpellanze.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

AMADEI, Segretario, legge.

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere i motivi per cui non si è dato corso alla pratica relativa alla statizzazione della Scuola d’arte di Enna, tanto utile per l’interno della Sicilia.;

«Romano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere i motivi per cui non si eleva a sede di Pretura la sezione staccata di Pietraperzia dipendente da Barrafranca.

«Romano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere i motivi per cui non si eleva a sede di Pretura la sezione staccata di Biancavilla, dipendente da Adrano.

«Romano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere quali siano i proponimenti del Ministero dei lavori pubblici relativamente alla ferrovia che dovrebbe congiungere Catania a Nicosia, già quasi completa fino a Regalbuto, in considerazione anche che i lavori eseguiti sono in completo stato di abbandono.

«Romano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere – essendo noto che le condizioni economiche dei pensionati diventano ogni giorno più disagevoli e preoccupanti – quali provvedimenti si intendano adottare in merito ad una equiparazione ai trattamenti di contingenza concessi agli altri impiegati, mediante la corresponsione:

1°) del premio della Repubblica;

2°) della tredicesima mensilità;

3°) degli aumenti, per effetti della scala mobile, sulle indennità caro viveri.

«Marinaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere:

1°) se risulti che, malgrado il disposto del decreto legislativo presidenziale del 27 giugno 1946, n. 19, che prevede l’esecuzione del lavoro straordinario da parte dei dipendenti dello Stato – civili e militari – il Ministero della difesa – Esercito – abbia ancora giacenti numerose richieste di pagamento per lavoro effettuato sin dal mese di giugno 1946 da parte di impiegati civili degli enti periferici;

2°) le ragioni per le quali, malgrado le disposizioni generiche sopracitate, non sia stato ancora autorizzato l’inoltro al Ministero della difesa – Esercito – delle proposte di compenso per lavoro straordinario eseguito dai militari degli enti periferici;

3°) se risulti che non è stato ancora autorizzato il pagamento del lavoro straordinario effettuato dai militari e civili degli enti periferici nel 1946, mentre tutti gli ufficiali ed i civili del Ministero della difesa – Esercito – lo hanno da tempo riscosso, in base al lavoro svolto, coi criteri fissati dal decreto legislativo presidenziale 27 giugno 1946, n. 19;

4°) se non sia indispensabile, per un complesso di ovvie ragioni, usare una maggiore cautela nel concedere beneficî solo al personale delle Amministrazioni centrali, lasciando che quello addetto agli enti dipendenti raggiunga poi la parità dei diritti attraverso manifestazioni che contribuiscono a minare la disciplina dei dipendenti statali.

«Perugi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’agricoltura e delle finanze e tesoro, per segnalare che attraverso la scarsità delle dotazioni concesse, si raggiunge la soppressione di istituti di ricerca scientifica e di difesa delle piante dalle malattie.

«Tale è il caso della gloriosa stazione di patologia vegetale di Roma, cui si assegnano lire 600 mila, con il carico di tre avventizie.

«Rivera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’interno, per conoscere quali provvedimenti intendano adottare in materia di Commissariati alloggi (rivelatisi assai spesso inutili o addirittura dannosi) e, in particolare, quali provvedimenti siano stati adottati in seguito alle gravi ammissioni fatte dal prefetto di Roma in merito alle irregolarità burocratiche e giudiziarie verificatesi nel Commissariato alloggi di Roma.

«Mazzei».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se non intenda revocare il divieto, posto nel 1940, al bando ed all’espletamento dei concorsi a primari, aiuti ed assistenti ospedalieri. Si tenga presente che in realtà, ancor prima del divieto per lo scoppio della guerra, da un biennio, cioè dal 1938, perché alla legge di tale anno le Amministrazioni non avevan fatto seguire i regolamenti relativi, non si bandivano più concorsi: quindi quasi da dieci anni il personale, ospedaliero non è più rinnovato, ed è scelto unicamente con criteri, che non dànno sempre garanzia di serietà e di ossequio alla giustizia.

«Ora, siccome non si intende né abolire né ripristinare la legge del 1938 e neppure si vuole modificarla, l’interrogante chiede se non sia il caso, in attesa che modifiche vengano apportate alla legge o che nuova legge sia preparata ed approvata – il che importerà non breve periodo di tempo – di permettere che le singole amministrazioni, applicando i loro regolamenti interni, bandiscano concorsi valevoli per un biennio.

«Così il Governo avrebbe la possibilità di compilare una legge ed un regolamento rispondenti ai nuovi concetti della funzione ospitaliera, e sarebbe nel contempo eliminato l’inconveniente, che turba assai la vita delle istituzioni preposte alla cura ed all’assistenza degli ammalati.

«L’interrogante crede non conforme a ragioni di sana amministrazione il dilazionare ancora tali concorsi.

«Longhena».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se il più volte annunciato progetto di legge riguardante quei dipendenti dagli enti locali che, sottoposti a giudizio di epurazione e discriminati, trovano ostacolo, nell’avversione e nelle proteste dei colleghi, ad essere rimessi in servizio, stia per essere approvato, ed ancora se sia esatto che da tale progetto siano esclusi i dipendenti dalle opere pie, così che queste vengono a trovarsi in difficoltà, non sapendo come sistemare non pochi dipendenti conforme a serietà ed a giustizia.

«L’interrogante non nasconde la propria meraviglia per la lentezza del provvedimento ed anche per la sua incompletezza.

«Longhena».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere esattamente la natura degli accordi intervenuti per la costituzione delle linee aeree civili italo-americana ed italo-inglese, in relazione anche alla assunzione del personale.

«Geuna».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se risponde a verità che l’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica abbia disposto, con sua circolare ai Prefetti ed agli Uffici sanitari provinciali, che venga sospesa la rigida applicazione delle norme del Codice penale e del testo unico delle leggi sanitarie, le quali vietano l’esercizio abusivo della professione di medico-odontoiatra. E per conoscere, nel caso affermativo, quali ragioni abbiano ispirato tale provvedimento.

«Martino Gaetano».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e delle finanze e tesoro, per conoscere di urgenza lo stato attuale dell’organico dei vigili del fuoco (dall’interrogante prospettato in precedenti interrogazioni e colloqui) e per invitarli a soprassedere a qualsiasi riduzione di personale, non solo per le benemerenze di guerra da questo Corpo acquisite, ma per l’importanza medesima del servizio contro gli incendi e contro tutti gli altri imprevisti dannosi della vita. Esso merita una più ampia applicazione, anche ai centri urbani minori, anziché intempestive riduzioni in antitesi con la tutela degli uomini e delle cose sancita dal progetto della nuova Costituzione italiana. L’interrogante richiama inoltre l’attenzione degli onorevoli Ministri perché vogliano, in linea subordinata, rinviare ogni variazione di organico alla formazione della nuova Camera dei Deputati, cui è devoluta la responsabilità delle riforme fra le quali, non ultima, quella del servizio contro gli incendi e gli altri eventi dannosi improvvisi ed imprevisti della vita.

«Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere quale provvedimento riparatore intenda adottare a favore degli ufficiali effettivi che hanno partecipato al Corpo nazionale di liberazione, i quali si troverebbero in uno stato d’inferiorità di fronte alla pur giusta immissione di partigiani nell’Esercito col grado di capitano (decreto n. 304 del 16 settembre 1946), e se non ritenga doveroso equiparare moralmente ai partigiani, mercé qualche avanzamento straordinario o altro vantaggio di carriera, tutti coloro che, con la spontanea adesione al Corpo nazionale di liberazione, hanno fervidamente e valorosamente contribuito ad esaltare l’onore e le altre virtù civili e militari dell’Esercito italiano.

«Caso».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, sull’ingiusta sentenza emessa recentemente dalla la Sezione del tribunale di Lecce contro sei giovani di Maglie, appartenenti al Fronte della Gioventù, e con la quale essi furono condannati a ben 18 mesi di carcere, per aver semplicemente tentato di prendere possesso di un locale, che era stato loro promesso dalla Prefettura come sede della propria organizzazione.

«Trattandosi di sei giovani, tutti onesti lavoratori e di buonissima condotta, la detta sentenza ha offeso il senso di giustizia della popolazione ed è stata generalmente interpretata come un atto fazioso.

«L’interrogante chiede quale provvedimento intenda prendere l’onorevole Ministro per riparare sollecitamente alla ingiustizia di cui sono vittime i sei giovani in questione, al fine di calmare il vivo e giustificato malcontento che la sentenza ha suscitato nelle masse del popolo.

«Di Vittorio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, per sapere quali provvidenze intenda assumere nei confronti dei dipendenti dell’Amministrazione delle poste e telegrafi che versano in precarie condizioni finanziarie: il commesso di ruolo, sia celibe che sposato, percepisce lire 11.000 al mese; l’ausiliario lire 9000; il diurnista lire 8400; il responsabile notturno, con tutte le responsabilità che tale sorveglianza comporta, percepisce lire 7,25 per notte in più dello stipendio. Qualsiasi operaio, specie se lavora di notte, è meglio retribuito. Per sapere ancora per quali motivi non siano stati concessi i richiesti aumenti.

«Badini Confalonieri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere se ritenga opportuno emanare apposita disposizione legislativa che stabilisca la riammissione in termine dei contribuenti già ammessi al godimento della temporanea esenzione dell’imposta di ricchezza mobile per gli opifici tecnicamente organizzati, per il periodo in cui non hanno potuto godere di tal beneficio per la distruzione totale o parziale o per danneggiamento dei detti opifici causato dagli eventi bellici.

«Castelli Avolio».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno modificare il decreto legislativo luogotenenziale 4 agosto 1945, n. 453, nel senso di estenderne l’applicazione anche agli orfani della guerra 1915-1918, affinché possa esser connesso anche ad essi il collocamento nelle graduatorie speciali sia per il conferimento di provvisoriati, sia per i prossimi concorsi.

«Non appare, infatti, equa una discriminazione tra gli orfani dell’una o dell’altra guerra, essendo identica la privazione da essi sofferta con l’immolazione dei propri genitori. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Zaccagnino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non ritenga assolutamente inadeguato il contributo assegnato alla provincia di Treviso in base alla legge 1° luglio 1946, n. 31, per favorire la ripresa produttiva delle aziende agricole con la esecuzione di lavori di miglioramento agrario, anche a sollievo della disoccupazione, contributo finora limitato a quindici milioni (che si dovrebbe almeno quadruplicare), in una provincia che conta un centinaio di comuni che insieme sommano oltre 600 mila abitanti, con circa 40 mila braccianti disoccupati e molti centri gravemente danneggiati dalla guerra; ché, soltanto nella zona dell’aeroporto di Treviso si richiederà la disponibilità di una cinquantina di milioni, per ottenere di restituire le terre di una modesta zona alla produttività. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Ghidetti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per richiamare la sua attenzione sulla situazione di una benemerita categoria di personale della scuola.

«Con la revisione dello stato giuridico ed economico dei segretari economi e dei vicesegretari degli istituti e delle scuole d’istruzione media tecnica, contemplata dal decreto legislativo presidenziale del 27 giugno 1947, n. 107, si è finalmente resa giustizia ad una benemerita classe d’impiegati che, a differenza di quanto avveniva nei ruoli delle altre amministrazioni, iniziavano e terminavano la loro carriera rispettivamente nei gradi 11° e 12° del gruppo B.

«Eliminato così un evidente stato di disagio morale e materiale del personale suddetto, occorrerebbe completare l’opera di giustizia iniziata, dando a quei segretari e vicesegretari degli istituti e delle scuole d’istruzione media tecnica, i quali da anni aspettano una sistemazione definitiva prestando servizio da supplenti o incaricati, la possibilità di una carriera.

«Trattasi di personale che, nella quasi totalità, è degno di ogni benevola considerazione sia per il servizio encomiabile da molto tempo prestato, sia per le capacità dimostrate nell’espletamento delle proprie mansioni, rendendosi certamente degno di ricoprire un posto di ruolo nell’amministrazione dello Stato.

«Detto personale attende finalmente di avere la sicurezza del proprio lavoro in modo da continuare a prestare la propria opera con maggiore serenità, senza l’assillo della sua futura sorte e con la certezza di potere percepire, dopo avere spese le proprie energie in una vita di lavoro, una modesta pensione nella vecchiezza.

«L’interrogante chiede di sapere se il Ministro intenda adottare in favore di esso i seguenti provvedimenti:

1°) passaggio in ruolo, su proposta dei rispettivi capi d’istituto o mediante concorso interno, dei segretari e vicesegretari che, in possesso del prescritto titolo di studio o di altro titolo equipollente, abbiano prestato per lo meno un quinquennio di lodevole servizio;

2°) riconoscimento agli effetti della carriera di tutto o, in tesi subordinata, di parte del servizio prestato da supplente o incaricato, applicando, a seconda dei casi particolari, gli articoli del decreto legislativo presidenziale del 27 giugno 1946, n. 107;

3°) conseguente modificazione delle piante organiche, su proposta dei capi d’istituto, tendente a trasformare in posti di ruolo i posti previsti per incarico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Firrao».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se la Direzione generale della pubblica sicurezza abbia indagato sulle notizie date dal Risorgimento Liberale del 28 dicembre 1946, in una corrispondenza da Firenze a firma Emanuele Farneti, nella quale si parlava di traffici d’armi tra agricoltori toscani e del Mezzogiorno e della esistenza in Toscana di gruppi armati organizzati dagli agricoltori; e quali risultati ha dato la eventuale inchiesta di polizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Grieco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e delle finanze e tesoro, per conoscere i motivi per i quali non ancora si è ritenuto di estendere ai maestri elementari insegnanti in Napoli, ma costretti a risiedere fuori del centro urbano, le indennità stabilite per le città sinistrate;

«Le spese notevoli che tale categoria di impiegati deve sostenere per il viaggio quotidiano ed una refezione fuori casa; il servizio effettivamente prestato nella città più duramente colpita dalla guerra; le particolari condizioni di disagio in cui essa si dibatte, rendono legittima l’aspirazione in oggetto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«De Falco».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e tesoro e dell’agricoltura e foreste, per sapere come mai nella provincia di Bologna non sia stata accolta la richiesta dei braccianti, perché sia loro riconosciuto il prezzo politico per il grano ritirato e da ritirare. Tale prezzo si pratica nelle finitime provincie di Modena, Ferrara e Ravenna; e la condizione dei suddetti lavoratori dopo quasi tre mesi di ininterrotta disoccupazione è così dura da determinare fra essi una grave agitazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Longhena».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro delle finanze e tesoro, per conoscere se abbiano ricevuto la commovente e ben motivata istanza degli abitanti delle frazioni di Lotte, Mortola Superiore ed Inferiore, San Lorenzo, Ville, Calandri, Scalza, Sant’Antonio, Grimaldi, Carletti, Villatella, tutte del comune di Ventimiglia, tendente ad ottenere un temporaneo esonero dalle imposte sui beni immobili e dalla complementare sul reddito; e quali provvedimenti intendano prendere per venire incontro a quelle sventurate popolazioni, sulle quali gravano in modo eccezionale – pur nella comune sventura – i danni e le conseguenze in genere della non voluta guerra. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pellizzari».

«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere:

1°) se non ritenga necessario, in considerazione dell’alto numero di senzatetto che ha la città di Foggia, in conseguenza dei noti bombardamenti sulla città, di cedere a quel comune – sia pure provvisoriamente – le cosiddette «casermette», attualmente non utilizzate e dove comodamente potrebbero trovare alloggio ben 400 famiglie;

2°) se non ritenga opportuno disporre per il trasferimento della Infermeria presidiaria nei propri locali di via Manzoni in Foggia, da quelli attualmente occupati, ove avevano sede l’Ospedale provinciale di maternità ed il Brefotrofio provinciale, i quali furono costretti a sfollare a causa dei noti bombardamenti sulla città.

«Detta sistemazione è tanto più urgente in quanto un numero rilevante di piccoli nati del Brefotrofio vive in inadatte corsie del Preventorio di Manfredonia con un’alta percentuale di mortalità; né l’Ospedale di maternità, l’unico in provincia della specialità di ostetricia e ginecologia, può dare ricovero alle gestanti per la ristrettezza dei locali nei quali è attualmente ospitato (Ospedale oftalmico di Lucera). (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Imperiale, Allegato».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della difesa e delle finanze e tesoro, per sapere se e quali provvedimenti intenda assumere il Governo nei riguardi di quegli ufficiali della Marina militare che, già appartenendo al «ruolo speciale di complemento», parteciparono ai concorsi per il passaggio nel «ruolo speciale in servizio permanente effettivo» indetti a norma dell’articolo 6 della legge 3 dicembre 1942, n. 1417, e tuttora attendono di conoscere l’esito dei concorsi stessi; ciò in relazione al diverso trattamento di quiescenza previsto per gli ufficiali in servizio permanente effettivo e per quelli del « ruolo speciale di complemento» dagli articoli 4 e seguenti del decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 490. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bibolotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, in merito all’occupazione delle miniere del Valdarno, da parte di quelle maestranze, ed alla conseguente gestione delle miniere stesse da parte di un cosiddetto «Comitato provvisorio di gestione» degli operai.

«In particolare, l’interrogante chiede di conoscere se e quali misure erano state prese preventivamente per impedire tali atti di violenza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Marinaro».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se sono stati concessi alla Cooperativa «Il Cavatore», Cava di Villa Inglese in Torre del Greco, i carri ferroviari occorrenti per il trasporto di pietrisco ed altri materiali alle Ferrovie dello Stato, Sezione lavori di Napoli, poiché, essendosi saturato ogni spazio disponibile, si è dovuto sospendere il lavoro con gravissimo disagio economico per circa 400 operai rimasti disoccupati. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mazza».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere:

1°) se conviene nel principio che i magistrati, essendo direttamente investiti dell’esercizio indipendente di uno dei poteri dello Stato – principio, questo, accolto anche negli articoli 94 e 97 del progetto di Costituzione – debbano godere di un trattamento economico adeguato, indipendentemente da quello riservato agli impiegati dello Stato;

2°) se, in relazione a quanto premesso, intenda aderire od opporsi ai provvedimenti intesi a tradurre in atto, per ora almeno in parte, l’adeguamento della situazione economica della Magistratura alla sua posizione istituzionale;

3°) in particolare, se intenda aderire od opporsi alla istituzione di una cassa nazionale magistrati, da alimentarsi con il gettito di apposita tassa.

«A quanto risulta, il relativo schema di decreto trovasi fin dal settembre 1946 presso il Tesoro, che non ha ancora dato alcuna risposta al Ministero della giustizia.

«Si chiede, in particolare, di conoscere se intenda opporsi allo schema, benché esso implichi non un onere per l’erario, ma solo la istituzione di una speciale tassa giudiziaria; istituzione alla quale aveva già aderito il precedente Ministro delle finanze;

4°) si chiede di conoscere, altresì, se è vero che per le gravose funzioni di giudice istruttore e di presidente di Assise vengano corrisposte indennità mensili nette di lire 41 e di lire 23 rispettivamente per i giudici istruttori dei grandi e dei piccoli tribunali e di lire 59 per i presidenti di Assise e se l’onorevole Ministro del tesoro giudica adeguate tali misure, o ritiene invece di aderire all’aumento di esse, richiesto da tempo dal Ministero di grazia e giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Matteo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’industria e del commercio, per sapere per quale ragione non è intervenuto per risolvere, sullo stesso piano dello stabilimento Ilva di Piombino, con lo stanziamento di fondi per la predetta Società, la situazione dello Stabilimento siderurgico di Portoferraio, intorno al quale gravita tutta la vita dell’Isola e per cui sono stati proposti alcuni progetti di ricostruzione ritenuti sconsigliabili, per ragioni contingenti, dalla Commissione governativa. E per conoscere, altresì, se non sia possibile effettuare l’assegnazione di parte delle somme richieste a titolo di indennizzo di guerra, che si aggira su «un miliardo e duecento milioni» o somministrando l’aiuto governativo sotto forma di assegnazione mensile, per esempio, di lire 50 milioni, per un periodo di 14-18 mesi, richiesto dal completamento dei lavori di ricostruzione.

«Tale ricostruzione consentirebbe una ripresa generale della vita economica dell’Isola in un complesso di attività, che oggi rimangono allo stato latente, perché non ci si accinge ad iniziative, ritenute poco prudenti in uno stato di abbandono e di miseria, e risolverebbe il problema gravissimo della disoccupazione locale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Matteotti Matteo».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri delle finanze e tesoro e dell’agricoltura e foreste, per sapere se non intendano adottare delle misure di sgravio fiscali e di contribuzione da parte dello Stato, previste dalle vigenti norme, per venire incontro alle popolazioni dei seguenti comuni della provincia di Savona: Andora, Alassio, Stellanello, Testico, Garlenda, Villanova di Albenga, Onzo, Vendone, Casanova Lerrone, Erli, Zuccarello, Cisano sul Neva, Toirano, Balestrino, Arnasco, Albenga, Laigueglia, Ortovero, Nasino, Castelbianco, Castelvecchio di Rocca Barbena, e dei seguenti della provincia di Imperia: Chiusavecchia, Chiusanico, Borgomaro, Caravonica, Cesio, Rezzo, Vessalico, Borghetto d’Arroscia, Pieve di Teco, Pornassio, Cosio d’Arroscia, che ebbero a subire, in seguito alle eccezionali nevicate del decorso mese di febbraio, danni ingentissimi alle colture e specialmente alle zone olivate, ove una grandissima quantità di piante venne distrutta. Detti danni sono tanto più gravi in quanto sono necessari parecchi anni per la ricostituzione degli oliveti danneggiati o distrutti. Le misure invocate sono urgenti e indispensabili, in quanto l’olivo rappresenta per tutti i comuni indicati la principale coltura e per molti, anzi, l’unica fonte di lavoro e possibilità di occupazione della popolazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pera».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare i Ministri dell’interno e della pubblica istruzione, sul grave problema della tubercolosi infantile. Sta per iniziarsi la terza estate dalla liberazione d’Italia: le cifre constatanti la tubercolosi infantile diventano sempre più paurose. Se l’iniziativa privata fa qualcosa, ma sparsamente ed inorganicamente e senza collegamento, l’iniziativa statale e quella comunale è nulla, o quasi. Obbedendo a vecchi concetti ed a distinzioni ormai superate si crede che l’assistenza all’infanzia e la profilassi infantile siano spese straordinarie facoltative, e perciò si tollera dai Comuni che i ragionieri del Ministero dell’interno cancellino dai bilanci tutte le somme impostate a tali scopi.

«L’interpellante chiede di sapere se, in vista di un alto interesse nazionale – quale è l’assistenza all’infanzia misera e la sua protezione contro gli assalti del male più fiero – a difesa della ricchezza fisica – ed anche morale – della generazione di domani, non si creda opportuno, nell’attesa che una moderna legislazione sistemi tutta questa vasta materia, in ossequio agli articoli 25 e 26 del progetto di Costituzione, accogliere le proposte seguenti di cui l’interpellante a sé non dissimula l’azione rivoluzionaria:

  1. a) siano momentaneamente raccolte sotto l’amministrazione comunale delle città capoluogo di provincia tutte le istituzioni di assistenza all’infanzia ed alla fanciullezza;
  2. b) del pari si concentrino nell’amministrazione comunale tutte le proprietà dell’ex G.I.L., ora rette da Commissari, delle quali proprietà è già cominciata la dispersione, ché cessioni temporanee son già avvenute e di tali cessioni hanno avvantaggiato gli enti e gli individui più pronti a gettarsi sulle proprietà comuni.

«Tale concentrazione dovrebbe avvenire provincia per provincia.

«Cesserebbero così le gestioni commissariali, cesserebbe ogni ragione di spesa e s’otterrebbe la garanzia della conservazione intatta del patrimonio;

  1. c) il prefetto, con i suoi organi adatti, provveda all’attuazione di queste concentrazioni nel Comune capoluogo di provincia e secondo il disposto dell’articolo 58 della legge 1890;
  2. d) tutte le lodevoli iniziative di enti, di partiti, di individui siano collegate con queste istituzioni a cui si riferisce la presente interpellanza;
  3. e) un Comitato di poche persone adatte nominate dal Consiglio comunale del Comune capoluogo di provincia dirigerà ed amministrerà l’insieme di istituti per l’infanzia che verrà in tal modo a costituirsi.

«Longhena».

«I sottoscritti chiedono d’interpellare il Ministro della difesa, sulla situazione presente delle Forze armate italiane e sulle linee programmatiche del nuovo ordinamento delle Forze stesse.

«Bozzi, Reale Vito».

«Il sottoscritto chiede d’interpellare il Ministro della difesa, per conoscere come egli intenda valorizzare il patrimonio di eroismi e sacrifici compiuti dall’Esercito durante le operazioni belliche, a partire dal 1940 fino al termine della guerra, al fine di farne base morale per la ricostruzione dell’Esercito.

«Per avere, inoltre, assicurazioni che la selezione politica negli alti gradi della gerarchia non infirmi il principio democratico di un Esercito a servizio nella Nazione ed allontani il sospetto di diventare uno strumento di parte capace di porre in pericolo le libertà civili; che tale selezione non allontani dall’Esercito capi che hanno dimostrato il loro valore sui campi di battaglia e soprattutto uomini di carattere; che il piccolo Esercito che ci è concesso mantenere possa riscuotere la fiducia dell’intera Nazione, sicché costituisca l’intelaiatura della Nazione in armi, qualora deprecabili eventi lo richiedessero.

«Per chiedere, infine, se, a rassicurare il Paese, al riguardo di quanto sopra, non ritenga opportuno portare alla discussione in Parlamento leggi e decreti, riguardanti le Forze armate, anteriori al 2 giugno 1946, emanati da Governi non investiti di quell’autorità che deriva dalla fiducia di una Camera elettiva ed in clima politico diverso dall’attuale.

«Bencivenga».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure le interpellanze saranno iscritte nell’ordine del giorno, qualora i Ministri interessati non vi si oppongano nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 12.45.