ASSEMBLEA COSTITUENTE
XLVIII.
SEDUTA DI GIOVEDÌ 27 FEBBRAIO 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDI
DEL VICEPRESIDENTE CONTI
INDICE
Sul processo verbale:
Ambrosini
Commemorazione:
Presidente
Li Causi
Musotto
Castiglia
Salvatore
La Malfa
Villani
Condorelli
Cappa, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Nomina di una Commissione:
Presidente
Interrogazioni (Svolgimento):
Cappa, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
De Maria
Preziosi
Pella, Sottosegretario di Stato per le finanze
Camangi
Lupis, Sottosegretario di Stato per gli italiani all’estero
Togni, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale
Sullo
Platone
Scelba, Ministro dell’interno
Mazzoni
Seguito della discussione di una mozione:
Presidente
Presentazione di un disegno di legge:
Gullo, Ministro di grazia e giustizia
Comunicazioni del Presidente:
Presidente
Si riprende la discussione della mozione:
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri
La Malfa
Li Causi
De Vita
Orlando Vittorio Emanuele
Lussu
Basso
Patricolo
Taviani
Cifaldi
Interrogazioni con richiesta d’urgenza:
Presidente
Scelba, Ministro dell’interno
Bellavista
Gasparotto, Ministro della difesa
Cevolotto
Cingolani
Fuschini
Romita, Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Riccio
Bonomi Paolo
Ferrari, Ministro dei trasporti
Cifaldi
Gullo, Ministro di grazia e giustizia
Li Causi
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Sostituzione di Commissari:
Presidente
Sull’ordine del giorno:
Presidente
Rubilli
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 16.
MATTEI TERESA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta precedente.
Sul processo verbale.
AMBROSINI. Chiedo di parlare sul processo verbale, per chiarire il pensiero da me espresso nella seduta precedente.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AMBROSINI. Dal processo verbale risulta che l’onorevole Codignola ha detto che io avrei lasciato un dubbio sulla sovranità dell’Assemblea Costituente affermando che questa deve tenersi nei limiti del diritto preesistente.
Io non voglio né debbo tornare sul merito della questione, ma ho il dovere di diradare il dubbio, anzi di dire esplicitamente che esso è assolutamente infondato.
Io ho detto semplicemente che l’Assemblea Costituente può modificare il diritto preesistente, ma seguendo i procedimenti che sono fissati dall’ordinamento giuridico. Infatti, dal resoconto risultano queste mie espresse parole: «L’Assemblea è sovrana, ma, nelle sue decisioni, non può sorpassare le norme del suo statuto particolare», cioè del suo Regolamento». Non può quindi modificare o abrogare una legge, come si vorrebbe concretamente nel caso discusso, attraverso alla votazione di una mozione come quella presentata dagli onorevoli Nasi e La Malfa.
L’asserzione dell’onorevole Codignola è quindi infondata.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, il processo verbale s’intende approvato.
(È approvato).
Commemorazione.
PRESIDENTE. (Sorge in piedi e con lui tutta l’Assemblea). Domenica scorsa i contadini siciliani, in fraterna solidarietà con i contadini di tutte le altre Regioni d’Italia, hanno celebrato fra campi e borgate il loro lavoro aspro e fecondo, le loro aspirazioni umane e sociali, le loro conquiste combattute e progressive.
Era fra loro, come sempre da un cinquantennio ad ogni maggiore o minore episodio della loro vita collettiva, l’onorevole Antonio D’Agata, eletto a quest’Assemblea dalla circoscrizione di Catania, e sindaco di Avola. E passando, nel corso di poche ore, dall’uno all’altro Paese del Siracusano, egli aveva ripetuto ai lavoratori le parole serene d’insegnamento con le quali era già riuscito, nel suo più lontano infaticato apostolato, a trarli da una umiliata soggezione quasi servile a dignità di popolo, capaci di volere e capaci di combattere per realizzare la propria volontà. Ultime parole, sgorgate dal suo cuore buono e dettategli da un intelletto che aveva nutrito di ogni scienza che più lo sorreggesse a trovare soluzione ai problemi che diuturnamente la sua regione gli proponeva; nelle sue terre mal possedute, negli agglomerati urbani mal costruiti, nelle sue vie di comunicazioni malamente tracciate, nella sua ricchezza mal distribuita, nei suoi impeti di liberazione mal compresi, e nel suo generoso mai raffrenato slancio verso ogni nobile battaglia, umana e civile. Ultime parole: ché, il giorno appresso la morte è scesa su di lui a sigillargli le labbra, a concluderne l’opera.
Onorevoli colleghi, Antonio D’Agata fino dal 1898 – era nato nel 1882 – aveva scelto a propria impresa la difesa dei lavoratori; ed a questa restò fedele, per mutare di fortune politiche, fino all’ultimo respiro. Da allora a poco a poco il suo coraggio, la sua dirittura morale, la sua capacità di lavoro pratico, la sua dedizione all’opera intrapresa gli acquistarono la fiducia e l’affetto della maggioranza dei suoi concittadini che lo elessero, nel 1914, sindaco di Avola.
Nel 1919 egli fu eletto alla XXV legislatura; ma l’anno restò segnato nella sua vita, forse più che per questa pur alta dignità conferitagli per voto popolare, per la vittoriosa azione da lui ispirata e diretta che assicurò ai contadini della sua zona l’assegnazione di sterili ed estesi feudi, resi poi dal loro lavoro opimi giardini a mandorleto. Il fascismo non lo piegò, ché anzi lo convinse a definire più risolutamente il suo pensiero politico. Ed iscrittosi al Partito comunista, in rappresentanza di questo venne eletto nel marzo 1946 a consigliere comunale e quindi a sindaco di Avola, e nel giugno successivo a Deputato all’Assemblea Costituente.
La sua morte priva noi di un collaboratore prezioso, la sua terra di un degno rappresentante; la Repubblica di un fedelissimo, che ha tenacemente operato perché essa si affermasse nel cuore dei suoi concittadini. (Segni di assenso).
LI CAUSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LI CAUSI. Dopo le parole del nostro Presidente, vorrei dire brevissimamente della nobile vita del deputato Antonino d’Agata, appartenente al Gruppo comunista dei Deputati alla Costituente. Ed anche a nome di tutta la Deputazione siciliana, che ha voluto darmi l’incarico di commemorare il nostro scomparso, rievoco la sua figura.
Quando, qualche giorno fa, in una delle sedute della scorsa settimana, l’abbiamo visto muoversi agilmente, per impedire episodi che avrebbero un po’ agitato la nostra Assemblea, perché la calma non fosse turbata, siamo stati tutti ammirati che quest’uomo sessantacinquenne avesse tanta agilità di spirito da avvertire che la nostra Assemblea conservasse quella calma che Egli per tutta la sua esistenza ha conservato, risolvendo gravissimi problemi.
Il nostro Presidente ci ha detto come giovanissimo egli fu portato a schierarsi accanto ai contadini del Siracusano e come in brevi anni, per la sua instancabile opera, per la concretezza con cui sapeva svolgere e quindi porre i problemi e perciò andare incontro alle esigenze dei lavoratori, fosse eletto sindaco della sua città, uno dei primi comuni socialisti della provincia di Siracusa, e come questa carica tenesse fino al 1923, quando i fascisti costrinsero l’amministrazione da lui presieduta a sciogliersi.
L’atto più importante della sua esistenza, quello che rimane nella sua opera, noi siciliani e quanti non siciliani abbiano percorso il tratto da Noto a Siracusa, ricordiamo. Ricordiamo come le lande pietrose, i feudi del marchese di Cassibile, nel 1920 occupati, sotto la guida di Antonio d’Agata, dai contadini siciliani, ora siano i migliori mandorleti di quella provincia e come ancora oggi egli fosse trepidante perché sta per scadere il termine per la riconsegna dei feudi al proprietario ed egli si preoccupava profondamente che la fatica venticinquennale dei contadini non fosse perduta per essi.
Costretto ad emigrare, per le minacce del fascismo, in Svizzera, si diede ad organizzare e dirigere le cooperative di nostri muratori, specialmente nella Svizzera tedesca, e soleva con noi, suoi vecchi amici, compiacersi di quegli anni in cui egli trovò conforto in terra di esilio all’amarezza della perduta libertà della sua Patria, nell’aver lasciato anche all’estero questa traccia della sua operosità.
Rieletto dopo la caduta del fascismo, regime al quale egli mai aveva aderito, a sindaco di Avola, ogni giorno, parlando con noi, si preoccupava di tutti i problemi riguardanti il suo comune: dalla scuola all’acquedotto, dall’assistenza all’alimentazione. È andato in giro qui a Roma, in cerca di aiuti, in cerca di sostegni perché i suoi contadini continuassero ad avere le sue amorevoli cure.
Alla fine del 1945, egli che fino dal 1898 aveva ininterrottamente militato nel Partito socialista italiano, egli che sentiva profondamente l’unità delle masse lavoratrici, egli che aveva guardato con ammirazione allo sforzo che i lavoratori durante il ventennio del fascismo avevano compiuto per conservare all’Italia la dignità di Paese libero, aveva visto nel Partito comunista quello che maggiormente avrebbe sodisfatto le sue aspirazioni, il suo intimo senso, il suo profondo attaccamento alla causa dei lavoratori.
E così è passato al nostro partito, al quale dava tutto l’entusiasmo della sua vita, e nelle cui file si può dire è morto sulla breccia, se è vero che domenica scorsa, durante la Giornata del contadino, egli spirava, poco dopo aver pronunziato davanti a quei contadini le parole di amore e di assistenza che il suo nobile animo gli ispirava. (Approvazioni).
MUSOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MUSOTTO. Come siciliano, e come deputato del Partito socialista italiano, a nome del quale parlo, dichiaro di associarmi alle espressioni di cordoglio per la morte immatura ed improvvisa dell’onorevole Antonio D’Agata.
Io non ebbi con lui cordialità di rapporti, non ebbi questa ventura, Egli era nativo di un’altra zona della Sicilia, quella orientale. Ma anche da noi fu sempre viva ed operante la risonanza del suo nome, e lo considerammo erede della dottrina socialista di Nicola Barbato, che creò in Sicilia apostoli e martiri.
È vero quello che ha ricordato il compagno Li Causi; egli, provvisto di beni, può dirsi che tutto abbia speso per l’interesse della classe lavoratrice, e la sorresse in quella particolare lotta per la conquista delle terre dell’ex feudo della marchesa di Cassibile, ne aiutò lo sviluppo in tutto il movimento cooperativo.
Egli lascia a noi eredità di affetti e anche tesoro di esempi e di ammonimenti. Perciò la sua memoria ci resterà cara e particolarmente diletta.
Preghiamo che il Presidente, interprete dei sentimenti unanimi dell’Assemblea Costituente, invii le condoglianze alla famiglia e alla cittadina di Avola che gli diede i natali.
CASTIGLIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTIGLIA. A nome del Gruppo qualunquista, mi associo alle espressioni di cordoglio per la perdita immatura del collega D’Agata.
SALVATORE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALVATORE. Alla memoria dell’onorevole D’Agata giunga l’espressione del cordoglio da parte del Gruppo della Democrazia cristiana siciliana.
Io che ebbi la consolazione di conoscerlo intimamente e che seguii per parecchio tempo l’ansia della sua anima nella rivendicazione dei diritti dei lavoratori della nostra Sicilia, anche se le ideologie ci separarono, ho trovato in lui una di quelle luci che brillano lungo il percorso dell’esistenza e del travaglio dell’umana fatica. (Approvazioni).
LA MALFA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA MALFA. Ho conosciuto il collega D’Agata di recente e ricordo che nelle conversazioni con lui, io più giovane di lui, ho avuto modo di ammirare le sue grandi, le sue umane qualità.
In nome anche del Gruppo repubblicano cui appartengo, mando un commosso saluto e le più vive condoglianze alla famiglia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Villani. Ne ha facoltà.
VILLÀNI. A nome del Gruppo parlamentare del Partito socialista dei lavoratori italiani, mi associo alle nobilissime parole pronunziate dal compagno Li Causi ed a quelle dette dal Presidente a ricordo del compagno Antonino D’Agata, recentemente rapito all’affetto dei lavoratori siciliani, esprimendo il nostro profondo cordoglio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Condorelli. Ne ha facoltà.
CONDORELLI. A nome del Partito liberale, mi associo, con animo profondamente angosciato, al cordoglio espresso dai precedenti oratori e, sovrattutto, a quanto così nobilmente, a nome di tutto il Gruppo parlamentare siciliano, ha detto il collega onorevole Li Causi.
D’Agata fu certamente un cavaliere dell’ideale, come ha attestato tutta quanta la sua vita, che fu una sintesi ammirabile di consonanza tra pensiero e azione.
Innanzi a tanta unità e integrità morale noi riverenti ci inchiniamo.
CAPPA, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAPPA, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Il Governo si associa alle nobilissime parole pronunziate dal Presidente e dagli altri nostri colleghi in memoria del collega D’Agata, e si associa alla proposta dell’onorevole Musotto perché la Presidenza della Camera invii le condoglianze alla famiglia.
PRESIDENTE. La Presidenza si farà interprete presso i familiari e presso la città di Avola del cordoglio espresso dall’Assemblea in occasione della morte dell’onorevole D’Agata.
Nomina di una Commissione.
PRESIDENTE. Comunico che, a norma dell’articolo 80-bis del Regolamento, invocato ieri dall’onorevole Parri, ho chiamato a far parte della Commissione incaricata di esaminare il fondamento dell’accusa rivolta nella seduta di ieri dall’onorevole Finocchiaro Aprile all’onorevole Parri gli onorevoli Abozzi, Bruni, Cappi, Cevolotto, Corbi, Della Seta, Lombardo Ivan Matteo, Lucifero, Reale Vito, Schiavetti e Zanardi.
Invito gli onorevoli colleghi predetti a riunirsi domani, venerdì, alle ore 10, per costituire la Presidenza della Commissione e iniziare subito i lavori.
La. Commissione dovrà presentare le sue conclusioni, sempre a norma dell’articolo 80-bis, entro il termine del 15 marzo prossimo venturo.
Presidenza del Vicepresidente CONTI
Svolgimento di interrogazioni.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Interrogazioni.
Le due prime interrogazioni riflettono lo stesso argomento e saranno quindi svolte insieme.
La prima è degli onorevoli De Maria, Codacci Pisanelli, Franceschini, Trimarchi, Gui, Storchi, Corsanego, Moro, Colombo, Di Fausto, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’interno, «per conoscere quali provvedimenti ha adottato il Governo a favore degli esuli giuliani cui si rivolge in questa ora tragica della nostra storia l’attenzione accorata e fraterna di tutti gli italiani».
La seconda è dell’onorevole Preziosi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per sapere: a) se e quali provvedimenti sono stati disposti per venire in soccorso – ih maniera concreta – in favore dei profughi istriani ed in special modo di quelli di Pola, abbandonati quasi a se stessi (basti per tutti l’episodio di Roma dell’arrivo di centinaia di profughi senza che nessuno li accogliesse); b) se non è il caso di assegnare ad un ente cooperativo di contadini istriani profughi, che ascendono al numero di 16.000, la tenuta ex reale di Castel Porziano, che, invece, pare si voglia vendere a privati per la somma di 400 milioni; c) se il Governo non reputa necessaria la emanazione di un decreto-legge, di urgenza, che, come per i reduci, contempli l’assunzione obbligatoria di una aliquota di profughi dalle terre irredente (Istria, Venezia Giulia, Briga e Tenda) nei vari uffici governativi o in aziende controllate dallo Stato, dando così un pane, che non abbia soltanto l’aspetto di una umiliante elemosina a tante povere famiglie italiane, degne di ogni considerazione».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha facoltà di rispondere.
CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Gli onorevoli interroganti si sono fatti eco di una pubblicazione romana che la Presidenza del Consiglio corresse con un suo comunicato.
L’esodo spontaneo degli italiani da Pola si va svolgendo con la regolarità e con il minor disagio degli esuli compatibile con le condizioni generali del Paese, mediante l’applicazione del piano di provvidenze predisposto da un apposito Comitato interministeriale; il quale piano comprende: apprestamento gratuito dei mezzi di trasporto marittimi e terrestri; organizzazione dei turni di partenza; un sussidio di viaggio di 3000 lire per ogni capo di famiglia bisognosa e 1000 per ogni altro componente; rifornimento alimentare durante il viaggio con posti di ristoro assicurati nei luoghi di sbarco e di tappa a cura delle locali autorità, con il concorso della Croce Rossa Italiana, della Pontificia Commissione di assistenza, degli organi dell’Assistenza post-bellica e dei Comitati giuliani; spedizione organizzata delle masserizie e provvisorio immagazzinaggio nei luoghi di sbarco in preparazione del successivo smistamento; preventiva determinazione, per coloro che non abbiano possibilità singole di sistemazione, delle località di destinazione, con predisposizione di alloggi in case private o presso comunità o istituti.
Le notizie quotidianamente pervenute assicurano della sodisfacente attuazione delle dette provvidenze – oltre che da parte degli organi dello Stato – da parte dei benefici enti che vi collaborano ed ai quali mi è propizia l’occasione per esprimere il riconoscimento del fattivo spirito di solidarietà che essi portano nell’opera di conforto e di aiuto ai fratelli istriani.
Senza dire delle accoglienze veramente affettuose di Venezia e di Ancona – punti preordinati di sbarco – è certo che gli esuli, i quali si sono attenuti agli itinerari e alle indicazioni loro forniti, hanno raggiunto le loro destinazioni senza inconvenienti e senza mancare della necessaria assistenza.
Nel caso, a cui l’interrogante onorevole Preziosi fa più specialmente riferimento – dell’arrivo di esuli alla stazione ferroviaria di Roma – gli accertamenti fatti escludono che si sia trattato di insufficienza d’organizzazione in luogo, ma se mai di contrattempi nelle notizie sull’orario d’arrivo. L’episodio per altro fu di breve momento, e tutto fu rapidamente sistemato. Alla Stazione Termini prestano la loro opera la Croce Rossa, l’Organizzazione dell’assistenza post-bellica, l’Opera pontificia e il Comitato giuliano, tutti con mezzi adeguati.
Le ferrovie hanno messo a disposizione sufficienti locali per gli eventuali pernottamenti, che sono stati attrezzati con materiale dell’Ente comunale assistenza di Roma.
Non ha alcun fondamento l’episodio denunciato di polesani che sarebbero stati respinti da Genova a Roma. Da accertamenti fatti è risultato che una trentina di esuli giunti a Genova furono destinati a Rapallo in un albergo appositamente riservato. Essi però, contrariamente alle indicazioni ricevute, vollero proseguire per Roma adducendo vari motivi di carattere personale, cosicché giunsero inaspettati alla Stazione di Termini, e non avendo qui in Roma punti d’appoggio dovettero essere sistemati con mezzi di fortuna in stazione.
Va del resto riconosciuto che i polesani in esodo stanno dando una prova di educazione civile veramente ammirevole rendendosi conto, meglio di taluni facili critici, delle gravi difficoltà che si debbono superare per l’assistenza ed in genere attenendosi con molto ordine e compostezza alle indicazioni e suggerimenti che loro vengono dati.
Alla richiesta di notizie, di cui ai numeri 2 e 3 dell’interrogazione, il Governo risponde che i problemi della sistemazione definitiva degli esuli sono ora in corso di esame e quanto prima si spera di apprestare un piano organico che ripari – entro i più larghi limiti possibili – ai danni patiti dagli esuli.
Non è un mistero la importanza, anche dal punto di vista finanziario, di un tale compito e le improvvisazioni in materia non sono consentite. Ma posso in coscienza assicurare gli interroganti che il Governo, in via di sistemazione dei suoi organi funzionali, ha sommamente a cuore la sorte di tutti i giuliani che l’iniquo Trattato costringe ad abbandonare, esuli, la loro terra natale.
Come provvidenza di immediata attuazione è stato disposto per la corresponsione, già in atto, agli esuli polesani di uno speciale eccezionale sussidio che assicura loro per i primi mesi i mezzi di sostentamento. Ma la finalità che il Governo soprattutto si prefigge è il loro inserimento nell’attività produttiva nazionale.
Per quanto riguarda specificamente la assunzione obbligatoria di aliquote di personale proveniente dalla Venezia Giulia nei pubblici uffici, sono in grado di assicurare l’onorevole interrogante che il Governo da molti mesi ha disposto la riassunzione, anche in soprannumero, di tutti gli impiegati e operai statali e parastatali, provenienti dalla Venezia Giulia a motivo dell’esodo, nei corrispondenti uffici sparsi per l’Italia, cosicché già varie migliaia sono stati sistemati con le loro famiglie, e non hanno mancato di manifestare al Governo la loro piena sodisfazione.
Altro provvedimento è in preparazione per favorire l’assunzione degli esuli nei posti lavorativi in generale.
Oltre a ciò, vengono e saranno promosse e incoraggiate tutte le iniziative atte a dare stabile sistemazione di vita a nuclei di lavoratori e alle loro famiglie.
Vari progetti sono in proposito avviati; e nel quadro di tali provvidenze sarà tenuta presente, per la possibilità che possa offrire, anche la segnalazione relativa alla tenuta di Castel Porziano.
PRESIDENTE. L’onorevole De Maria ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
DE MARIA. Non ci riteniamo completamente sodisfatti. Prima di tutto ci preme di prospettare il problema giuliano nella sua giusta luce, come un problema che interessa la totalità del popolo italiano. Oggi in molti individui, anzi dovremo dire in diverse categorie di individui, si ha paura quasi di parlare di Nazione e di nazionalità, come se ciò facesse pensare a delle idee ispiratrici di un passato forse ancora recente e che stiamo scontando; idee che ci hanno portato all’attuazione di principî di imperialismo e di espansioni territoriali, da cui oggi siamo in perfetto antagonismo sia per la realtà concreta dei fatti, sia perché siamo ideologicamente agli antipodi.
Non dobbiamo dimenticare che, finché la democrazia con i suoi principî spirituali e morali ispirerà la vita della nostra Nazione, come dell’Europa e del mondo, i concetti di imperialismo, di violenza, di totalitarismo, saranno banditi dalla vita collettiva dei popoli. Questo però non vuol dire rinnegare quei principî di nazionalità che sono alla base della vita stessa dei popoli e misconoscendo i quali compiremmo delitto di lesa nazione. Non possiamo lasciar passare perciò che la Nazione sia mutilata dei suoi territori, senza estrinsecare questo profondo dolore del nostro animo.
Può sembrare strano che sia proprio io, pugliese, a parlare a favore dei fratelli giuliani; ma mi pare che proprio perché appartengo ad una regione che non è stata molto colpita dalla guerra debba sentire più forte il sentimento della solidarietà, verso quei connazionali che stanno più amaramente scontando la guerra stessa.
Abbiamo voluto commemorare l’ingiusto trattato di pace con 10 minuti di silenzio; ma mi pare che tutto ciò non basti. Dobbiamo dimostrare di essere solidalmente uniti a coloro che soffrono e che piangono, a coloro che stanno scontando tutta la tragicità tremenda di quest’ora.
La sciagura più grande che possa colpire un popolo si è abbattuta sulla Venezia Giulia: essa è stata separata dalla madre patria; ma i giuliani hanno abbandonato la loro terra, le loro case, il loro focolare, gli stessi loro morti, per non rinnegare la loro Patria, per manifestare il loro spirito di attaccamento alla più bella tra le Madri: l’Italia stessa.
L’italianità della Venezia Giulia non può essere posta in dubbio da alcuno; né la potrà cancellare un trattato di pace ingiustamente imposto; l’italianità della Venezia Giulia è dimostrata da mille e mille prove, dalla dominazione romana alla Repubblica veneta, che hanno lasciato tracce indelebili in quelle zone. Parenzo, Capo d’Istria e tutte le altre città della Venezia Giulia sono create, vivificate dallo spirito italiano, né possiamo dimenticare Nazario Sauro, Tommaseo (dalmata) e tanti e tanti Grandi che hanno scritto pagine gloriose di storia italiana. Per questo, ripeto, dinanzi agli esuli giuliani che sono i gloriosi eredi ed i continuatori di questa tradizione italica, noi non possiamo rimanere indifferenti; di fronte alla loro angoscia e al loro dolore dobbiamo cercare concretamente e solidalmente di esprimere loro la nostra fraternità.
Non importa che essi vadano via da una regione dove s’è stabilito questo o quel regime. A noi importa soltanto che essi sono degli italiani, che, per rimaner fedeli alla loro Nazione, devono cercare asilo e rifugio nella loro Madre Patria.
E questo ci impone dei doveri. Io vorrei che da quest’Aula si levasse un grido di appello non soltanto al Governo – che ha già fatto quello che può fare e speriamo che possa e voglia fare anche di più – e che la nostra voce avesse una eco in tutte le città, dovunque vi sono associazioni assistenziali, filantropiche, caritative, qualunque siano i fini che si prefiggono, affinché sentano il dovere di questa solidarietà fraterna, sentano che questo è il momento di mostrarsi veramente un cuore solo, un’anima sola, sentano che la voce della Patria straziata è una cosa che ci tocca nel più intimo del nostro essere, che la Patria è sangue del nostro sangue, anima della nostra anima. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Onorevole De Maria, la prego di concludere.
DE MARIA. Qualcuno, forse, troverà esagerate queste mie parole. Voglio citare le parole di una operaia della Manifattura dei tabacchi di Pola: «Alcuni si meravigliano dell’esodo di questi connazionali; essi farebbero altrettanto. Mai si ama tanto la propria terra come quando essa ci viene rapita».
Concludendo, io chiedo al Governo diversi provvedimenti:
che i profughi della zona B (giuliani e dalmati) siano equiparati ai polesi, perché per i polesi c’è un permesso ufficiale di sgombero e possono portar via anche le loro masserizie; mentre invece i profughi della zona B possono portare soltanto il vestito che hanno indosso (ai polesi si dà un sussidio che agli altri, invece, non è garantito);
che i profughi giuliani e dalmati siano equiparati ai reduci. I reduci tornano nella loro Patria, nel loro ambiente, mentre questi disgraziati vanno in altri luoghi, in altre zone, spesso anche di clima diverso.
Vi è, infine, il problema degli alloggi. Ho qui un articolo di giornale in cui si parla del campo di Rasina di Rassa: qui i vecchi non hanno letto, i bambini piangono perché hanno fame. Manca anche un cappellano.
Le condizioni non sono così rosee come forse potrebbe apparire dalle parole dell’onorevole Sottosegretario di Stato. Nella stessa stazione Termini vi sono profughi polesi che alloggiano sotto le pensiline da diverse notti. Noi vogliamo suggerire al Governo di requisire qualche castello o villa o qualche ex casa della G.I.L. per dare alloggio a questi poveri disgraziati fratelli.
E quando avremo fatto tutto quanto è in nostro potere, avremo reso meno pesante l’esilio ai giuliani in attesa che Dio faccia scoccare nel quadrante della storia l’ora in cui ogni popolo sarà libero nella propria dimora e sarà l’artefice dei propri destini. (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Preziosi ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
PREZIOSI. Debbo dichiararmi in gran parte sodisfatto della risposta dell’onorevole Cappa, se non altro perché egli, con le sue dichiarazioni, ci ha detto che il Governo sta per affrontare il problema dei profughi giuliani e delle altre terre irredente con un piano concreto che dovrebbe risolvere molti problemi e sistemare definitivamente questi nostri fratelli.
Ho posto alcuni interrogativi all’onorevole Cappa; primo, se era vero l’episodio della stazione Termini, ed egli mi ha detto che si è trattato di un contrattempo. Ne prendo atto e penso che questo episodio non debba ripetersi in alcun modo, perché l’assistenza deve essere soprattutto tempestiva. Nel secondo interrogativo ho chiesto se fosse vero che la tenuta di Castel Porziano si dovrebbe vendere ad estranei per 400 milioni di lire. L’onorevole Cappa dice che non è vero.
CAPPA, Sottosegretario di Stato per la Presidenza dei Consiglio dei Ministri. Ho detto che non mi consta.
PREZIOSI. Dato però che è vero che esiste una lega di contadini, un consorzio o quanto meno degli enti consorziati fra contadini istriani, forte di 10.000 unità, chiedo al Governo se non sia il caso di affidare questa enorme estensione di terreno (che per altro non è coltivata perché si tratta di una riserva di caccia) a quei lavoratori che potrebbero dissodare la terra, dando non solo incremento all’agricoltura, ma provvedendo anche alle loro necessità.
Il terzo punto della mia interrogazione riguarda l’opportunità di emanare un decreto legislativo che provveda, così come s’è fatto per i reduci, a fare obbligo dell’assunzione dei profughi della Venezia Giulia e di altre terre irredente in quegli uffici in cui vi è bisogno di impiegati. Dice l’onorevole Cappa che anche a questo proposito il Governo sta provvedendo, e noi ce lo auguriamo.
Il problema dei profughi va risolto assolutamente nel più breve tempo possibile. Ciascuno di noi, leggendo la stampa quotidiana, prova un senso di sconforto per quanto riguarda i profughi di Pola e di altre terre; perché, quando qualche giornale ha preso l’iniziativa di invitare i privati a mettere a disposizione di questi nostri fratelli profughi dei posti o comunque del lavoro, ha dovuto registrare, da parte dei lettori, soltanto offerte di posti per donne di servizio. Dobbiamo proprio dare la prova a questi nostri fratelli che per loro non c’è posto nella nostra terra? Non bisogna fare nessuna speculazione ed è necessario che questi nostri fratelli, che reputano impossibile vivere ulteriormente in terre che non sono più italiane e vengono a noi fiduciosi, siano accolti a braccia aperte: facciamo per loro tutto quanto è possibile. È questo, indubbiamente, un nostro preciso dovere, che noi compiremo con tutto il cuore e con tutto il nostro entusiasmo. (Applausi).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Camangi, al Ministro delle finanze e del tesoro, «per sapere se non creda opportuno, in attesa che venga definita la questione dell’esonero dal pagamento dell’imposta generale sull’entrata per i trasferimenti di merci effettuati dalle cooperative di consumo ai soci delle medesime, di disporre perché si sospenda intanto, da parte degli uffici, la esazione del canone di abbonamento delle dette cooperative, esazione che dovrebbe essere effettuata entro la fine del corrente mese».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.
PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. La soluzione della questione concernente il trattamento da farsi agli effetti dell’imposizione dell’imposta alle cooperative di consumo è subordinata alla possibilità di emanazione di precise norme da parte del Ministero del lavoro, le quali consentano di individuare, caso per caso, la vera natura giuridica dell’Ente, giacché soltanto se il medesimo assolve una funzione mutualistica, potrà esaminarsi la possibilità di riconoscere che nella fase distributiva dei prodotti ai soci non si renda applicabile l’imposta sull’entrata.
Comunque, allo stato delle vigenti disposizioni che hanno, come è noto, carattere tassativo, nessun provvedimento del genere può essere preso né, tanto meno, è possibile consentire la chiesta sospensione dell’applicazione del tributo, e di questo sono dolente, giacché le cooperative, finché non sarà intervenuta una nuova disciplina, sono da considerarsi, nei riflessi dell’imposta sulla entrata, come veri e propri dettaglianti, soggetti come gli altri a tutti gli obblighi fiscali che fanno carico a questi ultimi.
D’altra parte, l’adozione del chiesto trattamento agevolativo sarebbe poco opportuna, in quanto acuirebbe una situazione di agitazione che già esiste nel ceto commerciale dei dettaglianti, i quali, colpiti già da varî tributi fiscali di notevole pressione, vedono in tale agevolazione un nuovo elemento di ingiusta concorrenza, specialmente ad opera di quelle cooperative che, sotto tale nome, svolgono una vera attività commerciale e speculativa.
Tutto ciò premesso, posso assicurare l’onorevole interrogante che è stato sollecitato il Ministero del lavoro a portare a termine, con la migliore sollecitudine possibile, la nuova legislazione sulle cooperative, nello stesso tempo che il Ministero delle finanze esamina con particolare benevolenza il complesso dei problemi fiscali concernenti le cooperative di consumo.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
CAMANGI. Non posso evidentemente dichiararmi sodisfatto. Non avevo voluto entrare nel merito del problema, perché ero stato informato che la questione era allo studio del Ministro del lavoro. Volevo soltanto riferirmi a qualche cosa di più contingente. Molte cooperative, a mio avviso, avrebbero il diritto di essere esonerate da questo pagamento e io chiedevo soltanto che, in attesa della definizione della questione, si prorogasse il termine del pagamento che scade alla fine di questo mese, anche per evitare un insieme di formalità burocratiche che deriverebbero dal dover chiedere poi i rimborsi. D’altra parte, la spiegazione molto dettagliata del Sottosegretario alle finanze, mi fa pensare con molta preoccupazione a quello che sarà l’esito della questione. Non sembra vi siano molte speranze circa tale buon esito ed io mi permetto di richiamare l’attenzione del Sottosegretario alle finanze su questo punto. Ci saranno, è vero, delle cooperative spurie che non meriteranno un trattamento speciale di questo genere, e allora si procederà nei loro confronti; ma ci sono quelle vere, costituite dai lavoratori che, attraverso di esse cercano di ovviare a tanti inconvenienti, specie nel campo alimentare.
D’altra parte mi pare che la questione, nei suoi termini logici e giuridici, sia chiarissima. Si tratta di stabilire se, nel momento in cui le cooperative trasferiscono ai propri soci le merci che hanno acquistate, fanno un’operazione di vendita oppure un’operazione di distribuzione. È evidente che fanno soltanto una distribuzione, ed a questo proposito ricordo che in Inghilterra – dove forse si è più precisi anche nel linguaggio – quelle che da noi vengono chiamate cooperative di consumo sono invece chiamate cooperative di distribuzione, proprio per accentuare questa loro funzione.
Io, quindi, voglio non disperare dell’avvenire, benché dovrei disperare, data l’antifona che ho ascoltato; e mi auguro che la questione sia esaminata con molta attenzione e che si voglia andare incontro alle cooperative non soltanto a parole, ma anche con i fatti. E in questo caso non si tratta di stabilire dei privilegi, ma di dare un’applicazione logica, giusta, razionale, ad una norma di legge. E se anche si dovesse, in questo caso, dare un’applicazione un poco benevola alla legge, sarebbe uno dei tanti modi che si potrebbero usare per dimostrare che veramente, con i fatti, si vuole aiutare la cooperazione.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Sullo, ai Ministri degli affari esteri e del lavoro e previdenza sociale, «per conoscere se non ritengano, di fronte allo stato d’animo messianico diffusosi nel Paese sulla possibilità di emigrare senza limite nel numero e senza ritardo nel tempo in Argentina, intervenire con una immediata dichiarazione chiarificatrice al fine di: 1°) rendere nota, se è possibile, la procedura da seguire per il reclutamento per evitare che il pullulare di iniziative private incontrollate non sia oggetto di delusioni che si riverserebbero non solo sugli eventuali responsabili, ma anche sul Governo; 2°) fornire all’opinione pubblica (se per regolamentare il reclutamento occorre ancora attendere) elementi che diano l’esatta visione delle possibilità emigratorie distinte per categorie e ripartite nel tempo; 3°) vietare per ora, comunque, prenotazioni illegittime che in talune zone sono diventate anche oggetto di private speculazioni. L’interrogante ritiene che solo con una tempestiva precisazione si possa evitare nel Paese il sorgere di correnti di sfiducia e di delusione prodotte da facili entusiasmi».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per gli italiani all’estero ha facoltà di rispondere.
LUPIS, Sottosegretario di Stato per gli italiani all’estero. Il Ministero degli affari esteri concorda pienamente con l’onorevole interrogante circa l’opportunità di far conoscere al più presto le modalità che dovranno essere osservate nel reclutamento dei lavoratori per l’Argentina, in conformità dell’accordo recentemente firmato, nonché l’epoca in cui potranno aver luogo le prime partenze.
È infatti desiderabile che l’opinione pubblica e gli interessati (in parte disorientati da alcune intempestive pubblicazioni di stampa) vengano opportunamente informati, anche ad evitare che profittatori, nei riguardi dei quali dovranno essere adottate con estremo rigore le sanzioni di legge, continuino ad esercitare attorno ai candidati all’espatrio azioni speculative.
La Direzione generale dell’emigrazione del Ministero degli affari esteri ha già promosso per domani 28 febbraio una riunione alla quale parteciperanno i rappresentanti del Ministero del lavoro e della Confederazione generale italiana del lavoro, nella quale verrà concordata una comune linea di condotta per gli ulteriori sviluppi dell’accordo e per tenere opportunamente informato il pubblico circa tali sviluppi.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà di rispondere a sua volta all’interrogazione dell’onorevole Sullo.
TOGNI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale aveva già rilevato come la notizia della conclusione delle trattative con la Delegazione argentina per l’avviamento emigratorio di lavoratori italiani avesse suscitato diffuse, eccessive aspettative. Al fine di infrenare la giustificata impazienza ed atti intempestivi, è stato diramato alla stampa quotidiana e diffuso anche attraverso la radio, un comunicato nel quale sono precisati i seguenti punti:
1°) l’inizio dei reclutamenti potrà aver luogo soltanto dopo che la Delegazione argentina, ai sensi del trattato, avrà fatto conoscere il numero delle richieste e le rispettive categorie professionali degli emigranti, con le indicazioni delle condizioni di lavoro;
2°) i reclutamenti saranno effettuati, come del resto tutti gli altri reclutamenti emigratori, dagli Uffici del lavoro, ai quali gli interessati si potranno rivolgere per avere tutte le informazioni utili per giudicare della loro convenienza all’espatrio, ed avere precise notizie sulla procedura da seguire;
3°) sono messi in guardia gli interessati, nei confronti di private speculazioni, che mediante compensi provvedono all’accettazione di domande. E a tal uopo gli interessati sono stati avvertiti che saranno prese in considerazione soltanto le domande presentate agli Uffici del lavoro, direttamente o indirettamente, per mezzo delle organizzazioni sindacali.
Questo Ministero non mancherà di denunciare le speculazioni del genere, perché siano colpiti coloro che raccolgono le domande dei lavoratori con fini di lucro.
È intendimento, infine, di questo Ministero, di intesa con quello degli affari esteri, di concordare al più presto con la Missione argentina, non soltanto le modalità tecniche dell’avviamento dei lavoratori, ma anche una dichiarazione ufficiale che precisi le prime effettive possibilità di emigrazione che, come è noto, sono strettamente legate alla disponibilità dei mezzi di trasporto sia italiani, sia argentini, sia di altre bandiere.
Sia per l’esame di questo punto, sia per determinare la procedura da seguire per il reclutamento dei lavoratori, è già stata indetta per domani 28 febbraio, come avete già sentito un’apposita riunione interministeriale.
PRESIDENTE. L’onorevole Sullo ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
SULLO. Non posso dichiararmi sodisfatto delle risposte degli onorevoli Sottosegretari, non solo perché in realtà dalle loro risposte non è venuta una dichiarazione esplicita sull’indirizzo che è stato seguito nelle trattative, e che si intende seguire nel futuro; ma anche perché, volendo rispondere a quello che avevo detto circa ciò che poteva essere fatto o è stato fatto da privati speculatori, si è affermato che gli Uffici del lavoro sono gli unici autorizzati a ricevere le domande – e fin qui va bene – direttamente dagli interessati – e anche questo va bene – o indirettamente attraverso le organizzazioni sindacali.
Ora è evidente che in questa maniera si va da un eccesso all’altro. Noi non possiamo, nella politica emigratoria che dobbiamo seguire nel futuro, tornare alla emigrazione individuale e lasciare che lo Stato si disinteressi dell’emigrante e non gli dia garanzia, anche se l’emigrante, in un eccesso di entusiasmo, che poi diventerà pessimismo, non se ne preoccupi. Ma, d’altra parte, non possiamo ammettere che le uniche organizzazioni che si devono interessare di questa emigrazione debbano essere le organizzazioni sindacali.
Se il tono della mia interrogazione voleva far sì che il Governo provvedesse al più presto ad eliminare, comunque, le speculazioni dei privati speculatori che incidono gravemente nella fiducia dell’emigrante nel futuro, d’altra parte io non credo di aver chiesto quello che è avvenuto, quello che deve avvenire, quello che il Governo o il Ministero del lavoro vogliono che avvenga, che cioè la Confederazione generale del lavoro assume il monopolio della collaborazione con il Ministero del lavoro.
Vi sono organizzazioni in Italia, a nome delle quali posso parlare…
DI VITTORIO. Quali?
SULLO. …le organizzazioni cattoliche in generale, le quali hanno il diritto di avere una rappresentanza e di dare la loro collaborazione, tanto più che si tratta dell’aiuto che viene dato da nazioni cattoliche di altre parti del mondo. Io credo che queste organizzazioni possano e debbano essere accettate da chi non vuole fare della questione dell’emigrazione monopolio diretto o indiretto che potrebbe anche, senza volontà degli individui, diventare faziosità.
Penso che sia necessario che nella politica emigratoria le organizzazioni sindacali possano e debbano affiancarsi alle organizzazioni cattoliche, e chiedo che il Ministero del lavoro e il Ministero degli esteri tengano presente tutto questo. A questo proposito devo dire che purtroppo il Ministero degli affari esteri e il Ministero del lavoro, in molti momenti, hanno delle sfasature nei loro reciproci rapporti, ed io posso dire per esperienza diretta che in Italia due sono gli organi che non danno affidamento necessario dal punto di vista dell’aiuto e dell’attrezzatura che dallo Stato dovrebbero essere dati, cioè due organi molto delicati: la Direzione generale degli italiani all’estero e la Direzione pensioni del Ministero del tesoro.
Ma, lasciando da parte questa parentesi, mi rendo interprete del pensiero dei cattolici italiani, chiedendo che specialmente il Patronato delle Associazioni cattoliche lavoratori italiani e le altre organizzazioni cattoliche siano chiamate ad una piena collaborazione in quest’opera, che deve servire al rinnovamento ed alla ricostruzione della nostra Italia, la quale si ricostruisce non solo qui, ma anche con le organizzazioni cattoliche all’estero.
Devo, quindi, dichiarare di non essere sodisfatto e spero che quello che ho detto non abbia soltanto un’eco qui, ma anche nei lavori che i Ministeri faranno e nelle decisioni che i Ministri adotteranno.
D’altra parte, devo dichiararmi insodisfatto, perché non si è risposto fondamentalmente sull’indirizzo che si dovrà seguire nel futuro.
Spero che i Ministeri interessati, e specialmente il Ministero del lavoro, terranno in giusto conto quello che ho detto, altrimenti mi riservo di intervenire ancora una volta in questa materia e di chiedere ancora una volta che i Ministri interessati si decidano su questa strada. (Applausi al centro).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Platone, al Ministro delle finanze e del tesoro, «per sapere: 1°) se non ritenga opportuno vietare la riscossione per mezzo delle Esattorie, di contributi associativi di enti diversi, sistema che gli stessi fascisti con legge 12 luglio 1940, n. 1199, vietarono e punirono con la sola eccezione per i contributi volontari corrisposti dai cittadini al partito nazionale fascista; 2°) quali provvedimenti intenda adottare nei confronti della «Coltivatori diretti» di Asti, la quale, senza autorizzazione, passava agli esattori della provincia, per la distribuzione con la bolletta delle tasse, le sue cartelle di pagamento compilate in modo da lasciar supporre trattarsi di contributi obbligatori, le quali cartelle furono consegnate a tutti i proprietari di terreni «iscritti e non iscritti» alla Coltivatori diretti ed il contributo venne fissato in base alla superficie posseduta o al reddito, variando cioè, da contadino a contadino, valendosi all’uopo degli elenchi dell’Ufficio contributi unificati, di cui è direttore lo stesso dirigente della Coltivatori diretti; 3°) se non ritenga opportuno e urgente revocare la successiva autorizzazione concessa in data 7 febbraio corrente dalla Direzione imposte dirette, che si presta ad abusi ed equivoci e menoma gravemente il carattere di assoluta volontarietà che deve essere assicurato ad ogni contributo associativo».
Il Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.
PELLA, Sottosegretario di Stato per le finanze. Desidero assicurare l’onorevole interrogante, per quanto riguarda il punto primo dell’interrogazione, che il Ministero ha ferma intenzione di far rispettare, soprattutto nel suo spirito informatore, la citata legge 12 luglio 1940. Concessioni sono state accordate per la riscossione di contributi associativi meramente facoltativi; ad esempio, dei contributi associativi della Confederazione generale del commercio, la quale riscossione non ha dato luogo a nessun inconveniente.
Per quanto riflette l’ulteriore parte dell’interrogazione, ed in particolare i commi 2° e 3°, desidero far presente che in data 7 febbraio 1947, il Ministero delle finanze testualmente scriveva all’intendenza di Asti:
«In relazione alla nota sopra distinta, si fa presente che la riscossione dei contributi associativi della Federazione provinciale coltivatori diretti di codesto capoluogo potrà essere affidata agli esattori delle imposte, previ accordi diretti tra Federazione ed esattori. Dovrà però trattarsi di servizio di esazione puro e semplice, a carattere volontario, restando escluso che dette quote possano essere incluse nelle cartelle e negli avvisi di mora, e che per il recupero l’esattore possa procedere coattivamente. Codesta Intendenza deciderà sulla concessione».
Faccio osservare che si era lasciato all’intendente di finanza di decidere definitivamente, non perché io desideri in questo modo scaricare l’Amministrazione centrale di una responsabilità che intendo anzi avocare all’Amministrazione stessa, ma perché il Ministero si è preoccupato di far esaminare in loco se potessero nascere inconvenienti. È stato stamane scritto all’Intendenza di finanza, affinché riferisca in proposito.
Se effettivamente gli inconvenienti lamentati dall’onorevole interrogante dovessero essere confermati, il Ministero ritornerà sul contenuto della lettera citata. Se invece gli inconvenienti non esistessero, non si vedrebbe ragione per tornare sulla concessione.
PRESIDENTE. L’onorevole Platone ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
PLATONE. La risposta dell’onorevole Sottosegretario non può lasciarmi pienamente sodisfatto.
Si tratta di un fatto grave e di una questione di principio molto delicata che deve essere assolutamente risolta.
Il fatto è noto: la Federazione coltivatori diretti di Asti, alla fine di gennaio, pur essendole stata negata l’autorizzazione da parte dell’Intendenza di finanza, ha consegnato agli esattori della provincia, per la distribuzione con le bollette delle tasse, le sue cartelle di pagamento compilate in modo da lasciar supporre trattarsi di contributi obbligatori (comunque sulle stesse non si diceva trattarsi di contributi volontari).
Le cartelle furono consegnate a tutti i proprietari di terreni, iscritti e non iscritti alla Coltivatori diretti, ed il contributo fu fissato in base all’importanza della proprietà o del reddito, variando da contadino a contadino.
La Coltivatori diretti deve essersi servita degli elenchi dell’ufficio contributi unificati, di cui è direttore il dirigente della stessa Coltivatori diretti.
La stampa locale e piemontese si impadroniva della questione e si accendevano vivaci polemiche per cui l’Intendenza di finanza ritenne necessario intervenire con un suo comunicato in data 4 febbraio del tenore seguente:
«Ad evitare possibili dubbi sulla natura e sulla obbligatorietà dei contributi associativi della Federazione provinciale Coltivatori diretti, di cui sta per essere iniziata la riscossione, la locale Intendenza di finanza precisa che: 1°) trattasi di contributi assolutamente volontari, di cui non è ammessa la riscossione per mezzo di ruolo; 2°) l’Intendenza ha negato l’autorizzazione a far riscuotere detti contributi per mezzo degli esattori delle imposte dirette, salvo le determinazioni del superiore Ministero delle finanze, al quale la predetta Federazione ha ora indirizzato la sua richiesta».
Successivamente il Ministero delle finanze, con lettera del 7 febbraio diretta all’Intendenza di Asti, autorizzava la Coltivatori diretti ad affidare all’esattore delle imposte la riscossione dei propri contributi associativi, scrivendo quanto ha riferito l’onorevole Sottosegretario di Stato.
A questo punto è necessario ricordare che la materia è stata regolata dalla legge 12 luglio 1940, n. 1199, che stabilisce:
«Art. 1. – Chiunque, fuori dei casi previsti e regolati da leggi speciali, richiede agli appartenenti ad una determinata categoria di cittadini o a un numero notevole di essi, a titolo di contribuzione volontaria per qualsiasi ente, istituzione od opera anche di pubblico interesse, somme in misura determinata in precedenza e con riferimento a indici che ne commisurano l’ammontare in relazione alle terre possedute o coltivate o al reddito percepito o in relazione comunque alla consistenza patrimoniale mobiliare o immobiliare, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecento a lire cinquemila.
«Art. 3. – Non sono compresi fra le contribuzioni di cui all’articolo 1 i contributi volontari corrisposti dai cittadini al Partito nazionale fascista e alle sue organizzazioni dipendenti, ecc.».
In questa situazione, chiara appare l’enormità del fatto compiuto dalla Coltivatori diretti, per nulla sanato dal tardivo e compiacente intervento del Ministero delle finanze.
Ma il fatto, che racchiude gli estremi di un preciso reato, avrà forse un seguito in altra sede.
A noi sta soprattutto a cuore che questa faccenda non abbia valore di pericoloso precedente, non rappresenti cioè quello spiraglio attraverso il quale potranno lanciarsi enti, istituzioni, società, partiti per tentare di ottenere, attraverso l’opera dell’esattore, l’esazione di quote e contributi da associati più o meno renitenti.
Vogliamo considerare in vigore la legge del luglio 1940? E allora in tale legge è stabilita una sola eccezione, a favore del partito fascista.
Vuole la Coltivatori diretti godere di questo trattamento di favore? Vuole il Ministero dar vita a questi privilegi o sancire il principio che tutti possono rivolgersi agli esattori?
Basta enunciare la cosa per constatare quanto sia enorme e pericolosa.
È per questo che, mentre ne siamo in tempo, noi diciamo: si lasci agli esattori il loro compito già così gravoso e antipatico. Si chiuda prontamente questa strada che è fonte di equivoco, confusione, abusi e costrizioni.
Non deve essere lecito a nessuno di stabilire delle vere e proprie tassazioni, come ha ritenuto di potere fare la Coltivatori diretti di Asti, stabilendo contributi associativi differenziati e non deve neppure essere ammesso che la volontarietà dei contributi associativi sia menomata ed annullata dall’intervento dell’esattore.
Sia questo sistema uno dei tanti tristi ricordi di un passato che tutti vogliamo dimenticare. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Mazzoni, Piemonte, Montemartino, Rossi Paolo, Ghidini, Canepa, Canevari, Pera, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere se, di fronte a denunzie che sono cadute ieri nel silenzio angosciato e turbato dall’Assemblea, e relative a sistemi adottati dalla polizia in Sicilia, non ritenga necessario promuovere senza indugio una inchiesta per accertare i fatti nella loro oggettività. In caso affermativo, se per rispetto alla pubblica coscienza e per la stessa necessità di prestigio delle Autorità, non ritiene assolutamente necessario che la indipendenza e serenità della inchiesta siano garantite dal suo carattere parlamentare».
L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.
SCELBA, Ministro dell’interno. L’interrogazione dell’onorevole Mazzoni è diretta al Presidente del Consiglio dei Ministri, ma i fatti, che ne formano oggetto, ricadono nella specifica competenza del Ministero dell’interno; è per questo che rispondo io, d’accordo anche col Presidente del Consiglio dei Ministri, all’interrogazione dell’onorevole Mazzoni.
I fatti lamentati nell’interrogazione sono stati denunciati, in questa Assemblea, dall’onorevole Gallo. Io non ero presente alle dichiarazioni dell’onorevole Gallo – mi dispiace di non vederlo qui presente – e non ho potuto partecipare quindi all’emozione che l’Assemblea ha provata nel sentir riferire fatti che colpiscono l’onore della polizia italiana e soprattutto dei carabinieri d’Italia.
Ho letto il testo stenografico del discorso pronunciato dall’onorevole Gallo; e da tutto il suo discorso traspare chiara una preoccupazione: di dimostrare, di fronte all’Italia e di fronte alla Sicilia, anzi, di fronte al mondo – perché si appella a tutto il mondo civile – che il Governo d’Italia infierisce nella Sicilia contro il movimento separatista. Ed egli non si vuol riferire evidentemente a fatti passati, ma a fatti presenti.
Ora, i fatti concreti che sono stati denunciati dall’onorevole Gallo si possono riassumere in tre casi: anzitutto, la polizia italiana richiede alle sezioni del M.I.S. (Movimento Indipendentista Siciliano) il numero degli iscritti e i nomi degli iscritti e dei dirigenti del movimento; e ciò a scopo evidente di persecuzione.
Se una persecuzione è questo fatto, la persecuzione involge tutti i partiti politici, perché la polizia italiana – in base ad una disposizione ancora vigente – si accerta normalmente della esistenza dei partiti e dei loro dirigenti. (Commenti a sinistra – Interruzioni).
È stato domandato al Ministro dell’interno se i partiti sono obbligati a fornire questi dati. In regime fascista un obbligo di questo genere era troppo evidente; ed io ho risposto che i partiti non hanno il dovere di rispondere ad inquisizioni di questo genere. (Commenti a sinistra).
Una voce a sinistra. Meno male!
SCELBA, Ministro dell’interno. Seconda questione: gli arrestati del movimento separatista.
Ho fatto una indagine, per sapere quanti sono gli arrestati del movimento separatista in questo momento in Sicilia. Essi sono appena dodici: nove imputati esclusivamente di reati comuni; tre di reati comuni e di reati così detti politici. Fra questi vi è un giovane studente – a cui si è accennato anche nella discussione – ammalato, e che si trova all’infermeria. La sua malattia non è così grave da giustificare l’internamento in una casa di cura.
E veniamo al fatto più grave, che ha commosso l’Assemblea: le sevizie a cui sarebbero sottoposti gli indipendentisti siciliani, i quali, come dico, in questo momento sono dodici, e per reati comuni, non per reati politici. L’accusa che la polizia italiana, e in modo speciale i carabinieri, abbiano commesso delle sevizie contro gli indipendentisti, non è di oggi. Già in una interrogazione dell’onorevole Finocchiaro Aprile, del 19 luglio dello scorso anno, veniva denunciato questo fatto. E io desidero richiamare quello che l’onorevole Finocchiaro Aprile disse allora, perché oggi, nelle parole dell’onorevole Gallo, non si fa che ripetere la stessa accusa, alla quale fu già risposto allora dall’onorevole Presidente del Consiglio. L’onorevole Finocchiaro Aprile accennò soprattutto ad un fatto.
Un maresciallo dei carabinieri, un certo Leone, ricorreva ai più bassi mezzi di tortura: metteva sulla pancia dei ragazzi dei bicchieri entro ai quali vi erano degli scarafaggi. Era questa l’accusa, la quale derivava da un documento che si trova agli atti. Io mi permetterò di leggere questo documento, perché l’onorevole Gallo non ha fatto che riecheggiare il contenuto del documento stesso nel suo discorso. È una lettera di un ragazzo imputato di reati comuni e diretta alla madre, dove descrive che egli è stato costretto a confessare il suo misfatto con i mezzi che sono descritti nella lettera. Eccone un brano che trova conferma nelle parole dell’onorevole Gallo: «Martedì 29 verso le ore 7.30 mi vengono a chiamare e mi fanno salire nella camera di tortura, mi invitano a parlare e alle mie proteste mi danno uno schiaffo e mi fanno spogliare; poscia mi legano ad una cassetta. Così legato, con la testa a penzoloni, incominciano a versare acqua sulla mia faccia. Dopo un po’ sospesero e mi dissero di parlare. Al mio rifiuto ripresero l’operazione tappandomi il naso e la bocca. Poi ripetono la domanda, ma io non so proprio cosa dire e la orribile tortura si ripete». E così continua la lettera.
Il fatto denunciato in questa lettera ed altri reati di sevizie che sarebbero stati compiuti dai carabinieri d’Italia contro gli imputati o arrestati del movimento indipendentista furono oggetto, non dico di una inchiesta da parte della stessa Arma dei carabinieri, a cui fu denunciato il fatto (e ciò conterebbe poco perché giustamente l’onorevole Pertini osservava che i Corpi non hanno interesse di mettere in luce le eventuali magagne che sono anzi portate a nasconderle, ed io posso anche accettare questa spiegazione), ma furono portati a conoscenza dell’autorità giudiziaria penale, la quale ha fatto una regolare istruttoria ed ha chiuso il processo archiviando gli atti e dicendo che non esisteva la più lontana prova che questo fatto fosse stato compiuto dai carabinieri d’Italia. (Commenti – Proteste).
Ora, onorevoli colleghi, se noi vogliamo diffidare di tutti, noi non sappiamo come agire. Comunque, ripeto che non è in discussione la responsabilità del Ministro che parla o del Governo attuale. Si tratta di fatti largamente superati ed io ne posso parlare quindi con estrema obiettività, perché non difendo me, né l’attuale Governo. Dico che questo fatto fu denunziato all’Autorità giudiziaria penale e fu portato a conoscenza anche del Procuratore generale presso la Corte d’appello, oltre che del Procuratore competente presso il Tribunale, affinché la Magistratura superiore potesse compiere, se lo avesse ritenuto, una sua particolare istruttoria, o seguire, comunque, questo processo. Se si vuol dire che il giudizio dell’Autorità giudiziaria penale non vale nulla, dobbiamo dire che anche alla Corte d’appello c’è tutta gente facile all’omertà e a coprire i delitti che vengono compiuti in Italia in questo momento.
E allora, onorevoli colleghi, se il fatto denunciato dall’onorevole Gallo non è nuovo e questo fatto, insieme con, altri, è stato coperto da una pronuncia dell’Autorità giudiziaria penale, non possiamo oggi, come potere politico, tornare a sindacare ciò che è un giudicato di quell’Autorità.
E allora, quale è la ragione della rinnovata accusa? C’è una ragione fondamentale in questa campagna che si ripete è si rinnuova continuamente contro l’Arma dei carabinieri in Sicilia e talvolta anche in altre regioni d’Italia, ed è precisamente questa: i carabinieri d’Italia – in Sicilia sono carabinieri siciliani – hanno combattuto una lotta decisa contro la delinquenza comune mascheratasi da delinquenza politica e contro la delinquenza politica che non rifuggiva dall’allearsi con la delinquenza comune per realizzare i propri interessi di parte. (Applausi al centro).
E c’è anche una seconda ragione: il tentativo politico di screditare in Sicilia le sue istituzioni, i suoi organi, i suoi funzionari. In Sicilia questo serviva al movimento indipendentista perché – l’ha detto l’onorevole Gallo nelle sue dichiarazioni dell’altra volta – «i siciliani si devono convincere e sono convinti che al di là dello Stretto non ci sono esseri che rassomigliano a fratelli», perché, al di là dello Stretto, gli italiani e soprattutto, diciamo, gli italiani dell’epoca post-fascista, gli italiani della democrazia, del nuovo regime d’Italia dovevano essere presentati come lo strumento nemico degli interessi della Sicilia.
È questo il motivo per cui continuamente viene attentato a quella che è l’azione dei carabinieri. Ma non dimentichiamo che quest’azione di denigrazione dell’opera dei carabinieri rimonta al 1945, quando gli assalti contro le caserme dei carabinieri erano all’ordine del giorno. Soltanto lo scorso anno i carabinieri d’Italia, che sono siciliani, hanno avuto ben 50 morti: 50 carabinieri sono caduti in Sicilia vittime della delinquenza siciliana, politica e non politica!
E allora, se questi sono i fatti, se nessun fatto nuovo emerge oggi da questa situazione, perché un’inchiesta parlamentare? Per consentire all’onorevole Gallo, come egli ha dichiarato, di poter presentare documenti, le prove delle sevizie che sono state compiute in Sicilia?
Perché egli dice che soltanto alla Commissione parlamentare presenterà queste prove? Perché?
Se l’onorevole Gallo ha delle prove e non vuole consegnarle ai poteri costituiti esecutivi, le depositi alla Presidenza dell’Assemblea Costituente ed io sarò felicissimo se, attraverso questi documenti, potremo rintracciare la verità. Se responsabilità ci saranno, il Governo agirà come si conviene ad un Governo che ha il dovere di difendere non soltanto le leggi, ma anche il senso di umanità; perché, se queste sevizie sonò vere, esse offendono più che la legge il nostro senso di umanità e di civiltà. (Applausi al centro). O per consentire all’onorevole Gallo…
MAZZONI. Lei ha dimenticato che io non sono l’onorevole Gallo. (Si ride).
SCELBA, Ministro dell’interno. L’onorevole Mazzoni mi consenta e mi scusi, ma la sua interrogazione suona così: «Per conoscere se, di fronte a denunzie che sono cadute ieri nel silenzio angosciato e turbato dell’Assemblea, e relative a sistemi adottati dalla polizia in Sicilia, non ritenga necessario, ecc.». Sono questi i fatti che hanno determinato la giusta interrogazione dell’onorevole Mazzoni e rendo omaggio al suo spirito che tende ad eliminare dalla coscienza popolare anche l’ombra di un sospetto che in Sicilia, o addirittura in tutta l’Italia, si possano commettere gesti che sono condannati dal senso di umanità. Ed allora è necessario, onorevole Mazzoni, che io mi riferisca alle denunce alle quali si riferisce la sua interrogazione e non posso che controbattere e contrastare queste denunce generiche, in quanto nessuna denuncia personale e specifica viene da lei fatta.
Questi dunque sono i fatti. Anche l’onorevole Gallo, nel suo discorso ha chiesto una Commissione d’inchiesta. Egli ha anche detto: non faccio nomi, uno solo ne faccio, il mio, e chiedo di far parte di questa Commissione. Così vi dirò dove si potranno scovare i responsabili.
Ora, onorevoli colleghi, mi pare che l’onorevole Gallo sia la persona meno indicata per poter invocare questo diritto, se è vero, come è vero, che egli ha un fatto personale con i carabinieri e quindi ci sarebbe una legittima suspicione di mancanza di obiettività; se è vero, come è vero, che nei suoi confronti pende un procedimento penale. Io mi auguro per lui, per l’onore dell’Assemblea, per l’onore dei siciliani, che le imputazioni a suo carico risultino inesistenti ed egli possa uscire trionfalmente innocente da questa situazione. Glielo auguro di tutto cuore; ma fino a quando queste imputazioni, per cui esiste una formale istruttoria davanti ai giudici siciliani, rimangono in piedi, mi pare che egli sia la persona meno indicata a reclamare di far parte di una tale Commissione di inchiesta.
Ricordo che l’onorevole Gallo è imputato dei seguenti capi d’accusa. Lasciando stare l’insurrezione armata contro i poteri dello Stato, egli deve rispondere di omicidio dell’appuntato dei carabinieri Cappello Giovanni, di tentato omicidio del sottotenente di fanteria Corcione Giovanni, del vice brigadiere dei carabinieri Maugeri, dei fanti Coralbo Giuseppe e Previtera Giuseppe; di invasione di terre e di edifici privati, di correità in rapina, di sequestro di persone e di tentata estorsione in danno di Scuderi Carlo, di correità in rapina e di tentata estorsione in danno dì Grimaldi Giuseppe, ecc… (Commenti).
Onorevoli colleghi, quando l’onorevole Gallo in questa Assemblea invoca una Commissione parlamentare di inchiesta per accertare le sevizie dei carabinieri e chiede di far parte di questa Commissione, a me pare che egli sia la persona meno indicata e che le accuse provengano da una fonte che appare abbastanza sospetta. Ed allora dico questo, onorevole Mazzoni, che non è stato dato, non dico una prova, ma neppure un indizio di prova delle sevizie compiute in Sicilia.
Vi è solo un documento, ed è una sentenza penale che nega la sussistenza dei fatti; e non possiamo dire che la sentenza del magistrato non vale nulla, perché, se ammettiamo questo principio, tutto crolla in Italia. Se questa è la realtà, una Commissione di inchiesta per che cosa?
Onorevoli colleghi, noi siamo qui da quindici giorni sotto la ipnosi della calunnia, siamo qui da 15 giorni a dover ascoltare una serie di denigrazioni e di accuse che tendono ad investire gli uomini del Governo ed a colpire, in realtà, la democrazia e tutta l’Italia democratica e repubblicana. Da 15 giorni, il Parlamento assiste a questo spettacolo e il Paese ne è disgustato. (Applausi). E allora io dico: non è forse, o signori, giunto il tempo che noi reagiamo contro questo tentativo di coinvolgere tutta la vita italiana, dagli uomini di Governo al Parlamento, dalla burocrazia ai carabinieri, per preparare il terreno fecondo agli uomini che possono asservirci e preparare una nuova dittatura in Italia? Io qui non difendo l’opera di un Ministro o del Governo; ciò non ì riguarda infatti l’azione ministeriale nostra, perché siamo qui da pochi giorni. Questi sono fatti che coinvolgono tutti i ministeri, da quello Parri a quelli De Gasperi. La corruzione c’è in Italia e potranno anche esserci state le violenze da parte della polizia; ma ricordiamo che è l’eredità fascista che pesa su di noi. (Commenti). Ma la democrazia di oggi ha avuto, per la prima, il coraggio di denunziare i responsabili e di colpire gli autori di questi delitti. Questa prova l’abbiamo data; questa prova il Governo la darà e si dovrà agire col massimo rigore.
Non starò a leggervi una circolare che ho fatto inviare dal Capo della polizia a tutti gli organi da lui dipendenti. In essa ho ricordato quali debbano essere le funzioni della polizia in un regime democratico e sono giunto anche a suggerimenti pratici dettati dalla mia vita di antifascista.
In quei tempi, la polizia mandava un biglietto ove era detto semplicemente: «Presentarsi al Commissariato». Ciò costituiva un tormento per le famiglie, perché non si sapeva che potesse significare. Io ho detto pertanto: Abbiate l’amabilità di indicare sempre l’oggetto, in modo che il cittadino sappia, e non abbia a soffrire il timore della polizia, poiché essa non deve essere considerata che come uno strumento di difesa del cittadino.
E allora, onorevole Mazzoni, se i fatti non ci sono, se il Governo democratico vi darà l’assicurazione perentoria che in questo campo sarà fatto tutto quanto si ravviserà necessario perché la vita degli organi della polizia si svolga in un terreno confacente alla vita democratica, se tutte queste calunnie non servono che a screditare la democrazia appena rinata, se tutto quanto si è insinuato non esiste, io dico allora: facciamo credito agli uomini della nuova democrazia, i quali hanno preso l’impegno che questi mezzi che sono stati confacenti alla vita fascista siano banditi dalla vita italiana in regime democratico; si faccia credito al Governo, il quale prende formale impegno che fatti di questo genere, se saranno denunciati, saranno accertati e perseguiti non attraverso gli organi normali della polizia, ma attraverso altri organi che possano dare la miglior garanzia che i procedimenti relativi non siano influenzati dallo spirito di corpo.
Prego quindi l’onorevole Mazzoni di non voler insistere sulla sua proposta di una Commissione d’inchiesta, la quale non avrebbe quella base morale e quella ragione obiettiva che dovrebbero giustificare un provvedimento di tanta importanza.
Ripeto che l’Assemblea è libera di decidere e che non viene investita alcuna responsabilità di Governo. Ma so che in giuoco non è la responsabilità di un uomo o di un Governo: tutto ciò fa parte di un tentativo molto più vasto, forse non materialmente concordato, ma certo spiritualmente concordato, per ottenere che la nuova democrazia antifascista e repubblicana possa essere sommersa o diminuita o svigorita nella sua potenzialità e nella sua efficienza da questo continuo dilagare di ingiurie, di calunnie e di accuse, che non hanno alcuna base nella realtà politica del Paese. (Vivi applausi al centro).
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
MAZZONI. Signor Ministro, io non sono parte civile in una piccola causa di pretura e dichiaro francamente che i documenti ai quali ella ha accennato riguardano una udienza che non è la nostra. Io sono Deputato in una Assemblea nella quale, latitante il Governo, per un’ora abbiamo sentito, con la tristezza in cuore, un silenzio che era più pesante delle accuse che venivano dagli scanni occupati dagli indipendentisti siciliani.
Ella dice che di certi fatti non si ha il diritto di abusare. È una questione nella quale non posso intervenire. In materia morale tutte le voci sono buone per accusare. (Proteste al centro). Non v’è nessun diritto di rifiutare di ascoltarle. Se io ho dichiarato prima che non sono l’onorevole Gallo, l’ho detto perché ci tengo, in questa Assemblea nella quale, per la incandescenza delle passioni e dello scandalismo, ormai tutto è fatto di relatività e di ombre oscure, a dichiarare che io non ho inteso minimamente di prestarmi ad un’azione contro il Governo.
Le dirò di più. Lei che è giovane nei miei confronti, se si informerà saprà che la vecchia demagogia ferravilliana di dare addosso sempre alla polizia non è mai stata di mio gusto. Tanto più oggi che riconosciamo che la polizia deve nobilmente, spesso tormentosamente, difendere gli interessi del nostro Paese; e quello che essa fa di buono, senza ipocrisie deve essere riconosciuto, ed è riconosciuto da me prima ancora che dal Ministero dell’interno.
Detto questo, perché non si facciano confusioni, riconosco che ella doveva ben rispondere a me, perché l’interrogazione era mia, ma doveva distinguere la motivazione che riguarda l’onorevole Gallo con quella che riguarda me. È una cosa assolutamente diversa.
Detto questo, voglio dirle, signor Ministro, che come Deputato, avendo assistito l’altro giorno con vera pena – dico pena e credo che tutti i Deputati che erano qui avranno sentito la mia stessa impressione – non potevo che chiedere al Governo di fare qualche cosa di concreto. Questi contradittori con gli «imputati», come li chiamate voi (perché si assiste al fatto straordinario che l’accusatore lo portate qui e gli leggete la fedina penale; e vi do per buona questa mostruosità), questi contradittori non risolvono, signor Ministro, la questione.
Avete lamentato, poco fa, che questa Assemblea è trasformata in uno scandalo permanente. Avete ragione, ma quale è il modo elegante, onesto e sereno di portare la questione al di sopra della perfidia individuale e della malizia collettiva? È quello di elevarla al di sopra delle volgarità e delle personalità.
L’altro giorno abbiamo vibrato tutti di una grande commozione di galantuomini e, lasciatemelo dire, di uomini politici, quando finalmente un nostro collega accusato (Indica l’onorevole Parri), e che noi amiamo profondamente per la illibata bellezza del suo passato, ha chiesto una Commissione d’inchiesta. E voi avete sentito che se è toccato l’onore di un uomo, l’Assemblea legislativa può benissimo formare una Commissione parlamentare, perché in un uomo si simboleggia la delicata posizione del Paese in questo momento. (Applausi).
Io non so niente sul merito delle atrocità denunziate. La mia innocenza, innocenza qualificata, intendiamoci bene, in questa materia, è tale che non mi sono occupato di farmi dare informazioni. Non ne so niente, perché non me ne importa niente. Solo questo io so: che avendo vissuto per circa una trentina d’anni in questo Parlamento, di referti di carabinieri e di guardie di pubblica sicurezza che dichiaravano ben ammazzato l’imputato, ne abbiamo sentiti a dozzine, per non dire a centinaia.
Io domando che il colloquio fra voi, che siete il Capo della pubblica sicurezza, e l’accusatore esca dalla piccola orbita. E se voi lo farete uscire, compirete un atto politico, salverete l’Assemblea dagli intrighi, dai pettegolezzi e dalle disgustose espressioni.
Questa, signor Ministro, è la sana invocazione della democrazia. Democrazia è finestre spalancate, non immiserimento. (Applausi). E questo senza preoccupazione dei fatti specifici.
Io mi auguro che non siano veri i fatti. Ricordo che i fatti sono stati già detti altre volte e non sono né due, né tre; ho visto giornali dove ne sono citati a dozzine.
Sono tre mesi e mezzo che ho presentato un’interrogazione. Perché il Ministro non si è mai degnato di frugare in questo sacco uricemico della vanità umana, che si chiama elenco delle interrogazioni, e non ha pescato fuori la mia interrogazione è non ha chiesto di rispondermi? Una volta questo si faceva. Ora queste interrogazioni sono come il compito di Pierino: si scrivono, poi viene un Sottosegretario con la risposta scritta già pronta, anche quando la risposta non è stata chiesta. (Si ride). Ed abbiamo assistito a qualche cosa di ancora più buffo: l’interrogante che risponde con un altro scartafaccio già scritto alla risposta del Sottosegretario. (Si ride).
Orbene, una volta in quest’aula, in una seduta tempestosa, verso le tre del pomeriggio, io avevo presentato una interrogazione, chiedendo la discussione urgente, per sapere da Antonio Salandra come erano stati erogati i fondi del terremoto.
È inutile dire che non aveva punte personali e morali; sanno tutti chi fu quell’uomo di Stato, morto povero come tutti i veri uomini di Stato. (Applausi). Io volevo criticare quello che mi pareva ci fosse di fazioso, nell’erogazione dei fondi; e perciò avevo presentato la mia interrogazione. Poi me ne sono venuto alla Camera tranquillamente pensando che la sera il Ministro avrebbe dichiarato quando doveva rispondere.
Sapete quanto grande era e magnifica la sensibilità di quei tempi?
Mentre io, vicino al mio amico Modigliani, che mi assistette poi nell’infortunio con tutte le astuzie di procedurista principe che egli conosce, aspettavo la dichiarazione del Ministro, Antonio Salandra non aspettò che la mia interrogazioncella facesse il suo turno, come si aspetta adesso con questi voluminosi capitoli di storia, ma saltò al banco del Governo e disse: onorevole Mazzoni, io rispondo immediatamente!
Quelli erano tempi e quelli erano Governi! (Applausi). La morale della favola c’è.
Voglio dire che se il Governo, il quale ha adottato la teoria ufficiale del disprezzo, a seconda della simpatia che esso ha degli oratori che fanno le accuse, avesse guardato nell’elenco delle interrogazioni, avrebbe visto che da tre mesi c’è una interrogazione mia identica a quella che ho presentata adesso.
Se il Governo avesse capito che non si può lasciare in sospeso queste questioni, che non si può soprattutto lasciare che un Deputato presenti interrogazioni su argomenti gravi senza che gli sia risposto, probabilmente la seduta penosa di ieri non ci sarebbe stata e la questione sarebbe stata svuotata fin d’allora. Non l’avete voluto e vi è piombata addosso la seduta di ieri e quella d’oggi.
Non c’è che un modo per trovare le parole di sdegno che voi volete. Ci sto anch’io per le parole di sdegno, ma deve essere lo sdegno che nasce dalla coscienza delle cose. La parola di sdegno è questa: lasciare che in mezzo a queste escandescenze di tutti i giorni si faccia strada una parola serena. Questa Assemblea ha molti torti, lo sappiamo tutti. Si dibatte in contradizioni continue, vorrei dire che si dibatte dal suo atto di nascita, che porta la firma di una Consulta irresponsabile. Ma, se ha molti torti, tuttavia di molti di questi potrebbe purgarsi e c’è un solo modo: stroncare le malignità alla luce del sole.
Per Parri, inchiesta: bene, così si stroncano le malizie umane. Ma quando per un’ora si sente nell’Assemblea atterrita, stomacata disgustata, uno stillicidio di cose che mettono orrore, anche l’ultimo portinaio d’Italia capisce che il colloquio non si esaurisce in questo contradittorio tra me e il Ministro Scelba. Un modo solo avevate di sostenere la democrazia: e non temiate di essere deboli, se accedete ad un’inchiesta parlamentare. Siete deboli quando la sfuggite (Approvazioni a destra), perché sarete inseguiti dalla folla, la quale, a torto o a ragione, dirà che avete paura.
Per queste modeste ragioni e per obbedire al Presidente che mi guarda con occhi corrucciati, quasi per ammonirmi che è passato il tempo consentito dal regolamento, devo dichiarare che sono insodisfatto, scandalosamente insodisfatto; e mi riservo, d’accordo coi nostri amici (ripetendo che non intendiamo – il che sarebbe indegno per la nostra dignità e fierezza – di trarre occasione per dare uno sgambetto al Governo), di presentare formale proposta perché l’inchiesta sui fatti di Sicilia sia fatta e sia di garanzia onesta e chiara per tutti gli italiani. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro dell’interno. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. Ho dichiarato all’onorevole Mazzoni che spetta all’Assemblea di decidere sull’opportunità o meno di nominare una Commissione d’inchiesta. Ho dichiarato che il Governo non si oppone, per quel che lo riguarda, a questa richiesta. Mi sono soltanto limitato a dire che non si può, come sistema democratico, stabilire e decidere una Commissione d’inchiesta per ogni e qualsiasi fatto che venga denunziato in questa Assemblea quando questi fatti o non hanno alcuna base di prova, o siano stati smentiti da accertamenti del magistrato.
Ciò ho detto e ripeto, che noi non possiamo dare al Paese la sensazione che qualcosa ci sia (e questa sensazione è sempre data quando si nomina una Commissione d’inchiesta) mentre nel caso specifico non c’è nessuna prova, e anzi risulta documentato che i fatti sono inesistenti. Ma, chiarito questo, l’Assemblea è libera, e come Ministro dell’interno sarò felicissimo, se la Commissione sarà decisa e accerterà, per l’onore dei carabinieri d’Italia, che i fatti denunziati in questa Assemblea, fatti che considero denunziati soltanto a scopo tendenzioso e politico, risulteranno assolutamente inesistenti. (Vivi applausi al centro).
Seguito della discussione di una mozione.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione sulla mozione dell’onorevole Nasi, firmata anche dagli onorevoli La Malfa, Di Giovanni, Lombardi Riccardo, Canevari, Veroni, Cevolotto, Silone, Rossi Paolo, Preziosi, Corsi, Bocconi, Costantini, Lombardo Ivan Matteo:
«L’Assemblea, ritenuto che per la realizzazione organica dello Statuto siciliano, ad evitare eventuali conflitti di carattere costituzionale dopo la sua applicazione, occorre che lo Statuto sia coordinato colla Costituzione della Repubblica, come del resto è previsto dallo Statuto stesso; ritenuto, altresì, che i lavori della Commissione paritetica per lo Statuto siciliano non sono ancora conclusi, ciò che pregiudica la migliore realizzazione dell’autonomia; considerato che le elezioni per l’Assemblea siciliana, indette per il 20 aprile, non sono, allo stato, conciliabili con le premesse esigenze; invita il Governo a disporre le elezioni in Sicilia alla data più vicina possibile, dopo l’avvenuto coordinamento costituzionale in sede di Assemblea».
Voci. Chiusura! Chiusura!
PRESIDENTE: Domando se la chiusura sia appoggiata.
(È appoggiata).
Nessuno chiedendo di parlare, la metto ai voti.
(È approvata).
(La seduta, sospesa alle 18.5, è ripresa alle 18.30).
Presentazione di un disegno di legge.
GULLO. Ministro di grazia e giustizia. Mi onoro di presentare all’Assemblea il seguente disegno di legge: Riforma del Codice di procedura civile.
PRESIDENTE. Do atto all’onorevole Ministro di grazia e giustizia della presentazione di questo disegno di legge.
Sarà trasmesso alla Commissione competente.
Comunicazioni del Presidente.
PRESIDENTE. Comunico che gli onorevoli D’Onofrio, Secchia e La Rocca sono stati chiamati a far parte, rispettivamente, della Commissione per la Costituzione, della seconda Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge, e della Giunta delle elezioni.
Si riprende la discussione della mozione.
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulla mozione La Malfa e altri.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri. Ne ha facoltà.
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Onorevoli colleghi, credo che il Governo possa limitarsi a brevi e riassuntive dichiarazioni, dopo il diffuso dibattito, che ha chiarito la situazione giuridica e politica delle elezioni siciliane.
Sta di fatto – e nessuno l’ha potuto contestare – che il Governo era obbligato, per legge, a indire le elezioni regionali in Sicilia.
La data di queste elezioni è stata stabilita dal Consiglio dei Ministri, in seguito alle unanimi insistenze dei deputati siciliani di tutti i partiti; insistenze confermate da una riunione di rappresentanti di partiti a Palermo, presieduta dall’Alto Commissario, il quale ce ne rimetteva il verbale. Da questo risultava che all’unanimità si richiedeva l’urgente convocazione dei comizi elettorali; alcuni la richiedevano addirittura per gennaio; poi la maggioranza si è accordata per il prossimo aprile.
Il Consiglio dei Ministri ha tenuto conto di questi desideri ed ha stabilito la data del 20 aprile.
Non nego che alcune preoccupazioni, di carattere giuridico e di carattere politico, espresse dagli interpellanti, sovrattutto dall’onorevole La Malfa, abbiamo fondamento.
Innegabilmente, c’era da prevedere e c’era ragione di sperare che l’Assemblea, nel frattempo, avrebbe fatto l’opera di coordinamento prevista dallo Statuto siciliano.
Vi devo ricordare che il Governo ha sottoposto all’Assemblea già dal 2 agosto il testo del provvedimento per l’autonomia siciliana. E quindi l’Assemblea avrebbe avuto possibilità di affrontare questo problema di coordinamento, benché, comprendo, per la necessità di seguire una certa linea logica nel costruire il testo della Costituzione, e soprattutto nel fissare le norme generiche per le autonomie regionali, abbia preferito attendere che questa prima parte fosse definita, per passare poi agli Statuti particolari delle Regioni, Statuti che sono previsti per le Isole e per la Venezia Tridentina.
Ma il fatto è che non era previsto che in tutto questo periodo questa opera di coordinamento non si fosse iniziata ed eventualmente non fosse maturata, fino al punto da potere prevedere con certezza quali fossero le parti di eventuale frizione con i termini della legge esistente.
Comunque, se questo è vero, è anche vero che, prima che l’Assemblea regionale siciliana sia convocata, vi sono ancora parecchie settimane, e che l’Assemblea Costituente, in base al testo che fissa alcune norme anche per le autonomie regionali, potrà avere la possibilità di fare l’opera di coordinamento prevista, in modo che, quando l’Assemblea regionale si sarà convocata, si troverà dinanzi, se non ad un formale deliberato finale, certo ad una maturazione dei punti di vista dell’Assemblea Costituente, in modo che eventuali conflitti, con buona volontà delle due parti, possano essere eliminati.
Certo, vi sono delle contradizioni in questa soluzione del problema; innegabilmente non tutto procede come in un apparato di orologeria. Ma bisogna ricordare le origini dello Statuto siciliano e contemporaneamente il lento progredire del testo della Costituzione.
La stessa cosa si potrebbe dire anche per lo Statuto della Val d’Aosta; d’altra parte difficoltà vi sono e sorgeranno anche per gli impegni presi riguardo alla Venezia Tridentina. In realtà, se dovessimo affidarci solo alla formalità giuridica, al testo degli Statuti, ben difficilmente si potrebbe procedere nel modo che sì è preceduto. Dobbiamo però convenire che si tratta di problemi politici che si risolvono a mano a mano che la loro urgenza si manifesta e si impone, e che presuppongono un certo senso unitario di cooperazione fra quella che sarà la Regione – che è sempre una parte della Patria unitaria – e quella che sarà la rappresentanza di questa unità nazionale. Abbiamo noi ragione dì dubitare che la rappresentanza siciliana non sia nella sua quasi totalità – o totalità senz’altro – animata da uno spirito diverso da quello di costruire le fortune generali della Patria, inserendovi una situazione particolare per la Sicilia? Non lo credo. Passata la burrasca, passata l’ebbrezza di un momento – forse derivate da ispirazione del di fuori – io credo che possiamo contare sul patriottismo e sul senso unitario della Sicilia. (Applausi al centro).
E quindi, i pericoli che teoricamente si possono immaginare, praticamente non sussisteranno. Comunque, come ho prima accennato, la Costituente ha ancora il tempo di contribuire a questa pacifica soluzione, intervenendo prima che l’Assemblea siciliana sia costituita. Non trovo quindi nessuna ragione impellente per rinviare le elezioni; ma ne trovo molte per non accettare il rinvio una volta che le elezioni siano fissate. Se vi fosse una ragione di opportunità, se si trattasse di quindici giorni prima o quindici giorni dopo, per ragioni locali, o, comunque, per ragioni di congruenza con altre attività nazionali, la proposta potrebbe essere messa in discussione, e risolta da un punto di vista meramente tecnico di opportunità. Ma disgraziatamente gli stessi proponenti l’hanno legata al contenuto dell’autonomia siciliana. Intendiamoci: non che io dubiti del loro sentimento autonomistico, ma in realtà, volendo motivare le ragioni del rinvio, hanno dovuto mettere in forse la misura, per lo meno, e la qualità dell’autonomia siciliana.
Ed ecco dove diventa pericoloso l’accettare un rinvio che, altrimenti, potrebbe essere discutibile. Diventa pericoloso per il fatto che si possa dare, con qualche fondamento, l’impressione che si mette in dubbio quella che i siciliani considerano una conquista, e che si voglia tornare indietro.
Ora, debbo aggiungere che questo sarebbe un cattivo esempio; anche per le particolari autonomie a cui si accenna nel testo della Costituzione. Siamo accusati in altre parti (mi riferisco all’Alto Adige ed all’Austria) di venire meno alla nostra parola perché, per un debito e ragionevole riguardo alla preparazione della Costituente, e, d’altro canto, poiché il Trattato stesso ci concede un anno di tempo per l’applicazione dell’Accordo italo-austriaco, abbiamo dovuto andare a rilento nella elaborazione dello Statuto per la Venezia Tridentina e rispettivamente per l’Alto Adige; ma abbiamo sempre dichiarato con assoluta lealtà che ci riconoscevamo impegnati, prima che dal Trattato, da dichiarazioni di autonomia fatte da noi stessi sul terreno della nostra sovranità, a concedere le forme autonomistiche desiderate.
Da parte avversaria, specie nelle polemiche estere, soprattutto in confronto dell’Austria, si va ripetendo che l’Italia da lunga pezza usa questo sistema: di promettere e poi nel fatto di non mantenere. Lo so. Ora è piena intenzione di tutti, di coloro che hanno parlato pro e contro la mozione, invece, di mantenere. Però noi dobbiamo evitare le impressioni che questa accusa possa avere qualche ombra di fondamento.
Ecco perché, alle ragioni specifiche siciliane, io aggiungo una ragione generica, che riguarda tutte le tendenze autonomistiche e tutti gli impegni presi di fronte a particolari situazioni. Per tutte queste ragioni il Governo non può accettare la mozione La Malfa. Prego l’Assemblea di respingerla, pur riaffermando che sarebbe opera patriottica e di grande preveggenza che l’Assemblea in questo periodo (tenendo conto anche delle obiezioni fatte da parte dei promotori della mozione) affrontasse il problema del coordinamento e conducesse le cose fino al punto che, quando le decisioni saranno prese, sia certo e sicuro l’orientamento della legislazione italiana. (Vivi applausi al centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
LA MALFA. Sono grato all’onorevole Presidente del Consiglio di quello che ha detto, e dal fatto di condividere le preoccupazioni dei firmatari stessi della mozione. Mi pare di rilevate, dalle sue dichiarazioni, che esiste una responsabilità dell’Assemblea, non più del Governo, nei riguardi dello Statuto dell’autonomia siciliana.
L’onorevole Presidente del Consiglio ha dichiarato infatti di avere inviato, a nome del Governo, il progetto all’Assemblea Costituente fin dal 2 agosto; e mi pare che abbia invitato l’Assemblea a non lasciar trascorrere altro tempo o ad intraprendere l’esame dello Statuto prima che il Governo regionale entri in funzione. Con ciò l’onorevole Presidente del Consiglio ha rimesso completamente all’Assemblea la decisione circa l’esame dello Statuto.
Da parte mia, né le dichiarazioni del collega ed amico Ambrosini, né le dichiarazioni dell’onorevole Bellavista mi hanno sodisfatto dal punto di vista, non direi soltanto giuridico, ma costituzionale. Le preoccupazioni che ho rivelate sono preoccupazioni di ordine costituzionale, ma al fondo di esse vi è una preoccupazione di carattere politico.
. Non ho messo in. dubbio – e non potevo mettere in dubbio – la validità del decreto legislativo che approva lo Statuto siciliano; volevo sapere e conoscere dall’Assemblea che cosa pensasse della coesistenza di questo Statuto con la costituzione generale del Paese e con quell’articolo della Costituzione, nel quale si prevedono leggi speciali in materia di statuti regionali.
Mi dispiace dire che su questo punto la discussione non mi ha dato sodisfazione alcuna. D’altra parte, non mi è chiara la ragione per la quale è necessario discutere lo Statuto – se non si riesce a discuterlo prima dell’entrata in funzione del Governo regionale – nel momento stesso in cui il Governo regionale entra in funzione. Noi avremmo una situazione per lo meno delicata, di una discussione in sede di questa Assemblea, quando un Governo, in base ad uno Statuto regionale, comincia ad esercitare le sue funzioni in Sicilia.
Avevo avanzato l’idea che una proroga di un mese o di un mese e mezzo potesse sanare questa situazione. Credo con ciò di aver fatto tutto il mio dovere di siciliano e di Deputato alla Costituente. L’Assemblea non è soltanto un organo politico, ma un organo costituzionale. Essa non può guardare soltanto al rapporto di forze politiche attuale, ma deve decidere problemi fondamentali del Paese per un lungo periodo di tempo. Mi pare che ci sia una diversità tra le funzioni prettamente politiche dell’Assemblea e le funzioni costituzionali: la funzione costituzionale si riferisce ad un grande numero di anni e l’Assemblea Costituente deve creare una Costituzione in cui il problema della coesistenza dei vari istituti sia risolto, a prescindere dal rapporto delle forze politiche che noi attualmente possiamo accertare.
Sono costretto a chiedere – per scrupolo di coscienza – che la mozione sia votata, pur rendendomi conto che il rapporto delle forze politiche oggi esistente non consente che il mio punto di vista sia accolto.
PRESIDENTE. Dobbiamo ora procedere alla votazione della mozione.
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, l’onorevole Li Causi. Ne ha facoltà.
LI CAUSI. Il Gruppo comunista alla Costituente dichiara di votare contro la mozione dell’onorevole La Malfa, appuntò perché nella sua motivazione presenta un problema di fondo che, in sostanza, verrebbe a sospendere l’attuazione dell’autonomia.
Ieri abbiamo inteso, nel sereno dibattito su questo argomento, le ragioni giuridiche e pubblicistiche che sono state espresse pro e contro.
Io desidero invece richiamare l’attenzione dell’Assemblea – giustificando la nostra posizione – sullo sfondo politico del problema. Già nelle discussioni avvenute ieri ed oggi, quasi anticipandosi le discussioni politiche sulle elezioni siciliane, la situazione siciliana è stata illuminata, attraverso bagliori, nei suoi aspetti contradittori per le forze politiche che si agitano, e soprattutto per la mancata chiarificazione politica circa l’azione passata di tutte le forze in Sicilia.
Ora le situazioni politiche, se non si chiariscono, se rimangono torbide, se cioè in questa Assemblea, sul terreno nazionale, non mostrano la limpidezza della loro azione passata, che ha le sue ripercussioni ancor oggi è evidente che i bagliori improvvisi turbano, impressionano e dànno l’idea che qualcosa debba ancora chiarirsi. Di fatti molti problemi acutissimi esistono in Sicilia, il cui fondo è costituito dalle contradizioni economiche dell’Isola. Vi sono i problemi della terra, delle zolfare, dell’attività mineraria, delle esportazioni, problemi che interessano l’estero e l’interno; il problema della valuta, per non parlare di tutti gli altri problemi di contingenza che si pongono in Sicilia con particolare acutezza. Pensate alle miniere; se il Governo non interviene vi sono cinquantamila persone (le famiglie di 10-12 mila minatori) che sono minacciate dalla fame e che vivono alla giornata. Vi sono contrasti che riguardano i vagoni ferroviari per l’esportazione degli agrumi; il problema di chi deve disporre della valuta, come questa valuta viene impiegata, cioè quanta di questa valuta va agli esportatori siciliani per i loro bisogni in Sicilia e quanta viene impiegata per il resto del Paese; v’è, in prima linea, il problema della terra che rende acuta la situazione e che può soltanto chiarificarsi se andremo incontro con fiducia al popolo siciliano e se permetteremo che in Sicilia, attraverso questi problemi, avvenga la chiarificazione.
Ed a questo proposito, se qui si è assistito a qualche cosa che ha impressionato giustamente l’Assemblea Costituente, è perché situazioni passate (ciò che è avvenuto dal 1943 ad oggi) ancora sussistono. Vi sono forze che avrebbero dovuto essere profondamente colpite per la loro azione passata e sono state lasciate invece indisturbate, e vi sono responsabili nei corpi di polizia e negli altri poteri dello Stato che sono compromessi in determinate situazioni del passato, indipendentemente dal fatto che si tratti di repubblicani o di monarchici, per la particolare azione svolta in favore della monarchia per intrighi monarchici.
Ieri c’è stato uno scambio di invettive fra i protagonisti della tragedia di allora ed è stato fatto il nome di qualche generale. Ebbene il Governo, la polizia e gli uomini politici siciliani, tutte queste cose le sanno, e ancora non si è provveduto a porre in rilievo l’azione delittuosa di questi elementi, perché tutta la coscienza nazionale e la coscienza siciliana potessero essere chiarificate e soprattutto tranquillizzate. Ove infatti rimanesse questa atmosfera torbida, creata da tutto ciò che ha costituito un compromesso nel passato, permarrà in Sicilia una situazione che potrà essere chiarita soltanto dalle elezioni, attraverso il palpito della regione. Tutte le cose che sono state dette in questa Assemblea dovranno essere approfondite e chiarite durante il processo di queste elezioni, e, soprattutto, dovranno essere posti tutti questi problemi nell’Assemblea regionale, giacché è difficile che essi siano posti in questa Assemblea nazionale.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Li Causi.
LI CAUSI. Ho finito. Per fare in modo che questa situazione non incancrenisca, ma possa invece essere affrontata, auspichiamo le elezioni per il 20 aprile, applichiamo cioè la autonomia regionale che abbiamo approvata.
DE VITA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE VITA. L’onorevole La Malfa, svolgendo ieri la mozione da lui presentata, ha fatto presente che il gruppo parlamentare repubblicano non condivideva la tesi da lui sostenuta. In tema di dichiarazione di voto, a nome del gruppo parlamentare repubblicano, dichiaro che voteremo contro la mozione presentata dall’onorevole La Malfa. (Applausi al centro).
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. (Applausi). Sono state sollevate, in questa discussione, una questione costituzionale ed una questione politica. Io non sono d’accordo con l’onorevole La Malfa quando egli definisce il carattere dell’Assemblea, in quanto Costituente, come non politico: in ogni caso, un’Assemblea come questa, eletta dal popolo, è per eccellenza politica, soprattutto politica. Le questioni, però, possono considerarsi sotto i due diversi angoli visuali. La natura costituzionale di un argomento si può concepire come un limite qualsiasi a quella competenza, istituzionalmente spettante a questa Assemblea, di provvedere intorno a tutto quanto tocca ordinamento dello Stato? Certamente no. Io direi che il porre la questione è già pericoloso, perché ciò supporrebbe che vi sia un limite: e chi lo giudicherebbe? Dall’altro lato, come distingueremo noi, a priori, una legge, se sia costituzionale oppur no? Se qualcuno qui mi dà il criterio di una distinzione obiettiva tra legge costituzionale e legge Ordinaria: cioè, non quello dell’importanza che ognuno può, secondo il suo gusto, attribuire alle leggi, ma quello che si basa sulla intrinseca natura di esse; se qualcuno, ripeto, mi offre un tale criterio, mi farà compiere un vero progresso nella scienza, che pure per tanti anni ho coltivata. E non c’è da meravigliarsene, se è vero che Bonaventura Zumbini, il quale fu un grande letterato, ultra ottantenne – e quindi, da questo lato, collega mio – ad un amico, che gli domandava che cosa stesse studiando rispose: la grammatica italiana. Dunque, si è sempre in tempo per apprendere.
Questa distinzione io non la conosco. Il passato Parlamento, in rapporto allo Statuto albertino, non avrebbe potuto modificare la eleggibilità del deputato, perché lo Statuto prevedeva l’età; eppure, quel medesimo Parlamento poté riconoscere nello Stato un altro sovrano, con l’approvazione della legge delle guarentigie. Io vi pregherei di dirmi se possa darsi una legge più costituzionale di quella delle guarentigie, che istituì un sovrano e lo dichiarò inviolabile, cioè a dire irresponsabile. E questo fece un’Assemblea fornita, di poteri legislativi ordinari.
Ma, anche in rapporto all’attuale progetto di Costituzione, vi sono leggi vigenti che non perdono il loro vigore, per il fatto che – secondo le notizie che si hanno, anzi ormai questo progetto è stato distribuito – esse sono rimesse in questione dalla futura Costituzione. La quale, fra l’altro, si occupa del divorzio, senza che per questo cessino d’aver vigore oggidì le norme del Codice civile sul matrimonio; ed altrettanto si dica dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa.
Il che, dunque, cosa significa? Significa che questa nostra attività costituente non impedisce la continuazione ritmica della legislazione ordinaria; né si può dire che vi sia una distinzione obiettiva di competenza, perché effettivamente questa non esiste. La legge che approva lo Statuto siciliano è una legge dello Stato, che disciplina questa forma di reggimento e di amministrazione autonoma. È legge, come sono leggi le norme del Codice civile, che disciplinano i rapporti tra i figli legittimi e gli illegittimi: argomento, sul quale si ha, nel progetto della Costituzione, una disposizione che sovverte tutto. Eppure, presentemente, quelle disposizioni del Codice si applicano; ed allora perché non si dovrebbe applicare la legge sull’autonomia siciliana?
Voi non contestate l’esistenza di questa legge. Se la contestaste, ne discuteremmo. Ma voi – ripeto – non la contestate: la legge c’è. Voi dite solo che è bene non applicarla.
In ogni modo, io rispetto l’opinione dell’amico La Malfa, che è un uomo acutissimo; e con ciò ammetto che si tratti di una questione discutibile. Ma una pregiudiziale che si opponga non c’è: quindi, al mio senso costituzionale non si impone come un imperativo categorico che l’applicazione di una legge esistente debba necessariamente venire rinviata o sospesa.
Comunque, io sorpasso la questione costituzionale.
Resta la questione politica; la quale dovrebbe indurre il Governo, e soltanto il Governo, e non so che cosa c’entri la responsabilità dell’Assemblea – le Assemblee non hanno mai responsabilità, perché la responsabilità è sempre dei Governi per ciò che fanno e per ciò che non fanno – a decidere se sia opportuno, oppur no, il rinvio. Il Governo può, nella sua responsabilità, ritenere opportuno il rinvio, come può, sempre nella sua responsabilità, ritenerlo non opportuno: e ciò, indipendentemente da ogni questione di costituzionalità, che qui non si pone.
Ora, signori, del punto di vista politico, io crederei un grave errore l’intervenire nel senso sospensivo: e tanto peggio, con una motivazione, la quale non si riferisce ad una questione di carattere temporaneo circa accordi da prendere, ma collega l’entrata in vigore di questa legge con il coordinamento. Ma, per coordinare, bisogna ordinare, e noi non potremmo, quindi, esaurire l’argomento se non dopo di avere discusso ed approvati gli articoli sulle Costituzioni delle Regioni.
Io auguro all’Assemblea di poter far ciò in poche settimane. Mi si è riferito – non so se sia vero – che probabilmente occorrerà una disposizione transitoria, la quale, per la prima attuazione del nuovo Statuto, proporrebbe una maniera di costituzione della seconda Camera, di cui il terzo dovrà essere votato dai rappresentanti delle Regioni, e si aggiunge che occorreranno due anni per poter costituire questo corpo elettorale.
Voi vedete che questo coordinamento potrebbe rinviare la cosa sine die, e l’impressione delle nostre popolazioni sarebbe pessima.
Io non voglio dire che sia questa una caratteristica esclusiva di noi siciliani. Mi duole un po’ – lo dirò francamente, come un vecchio papà – mi duole un po’ che di questa mia Sicilia si incominci a parlare un po’ troppo (Applausi), e che abbia l’aria di una regione diventata un fenomeno vivente, come la donna barbuta delle fiere. (Ilarità). Ma, insomma, noi abbiamo i nostri dolori e questi li hanno un po’ tutte le regioni consorelle. Affratelliamoci, mettendo fraternamente insieme i nostri dolori e i nostri bisogni. (Applausi).
Ad ogni modo, io non riaprirò una discussione penosa, penosissima direi. Vi dico soltanto: «Pensate, una guerra, una tale guerra, ed il periodo tremendo che la precedette!». Io mi dolgo che circa il fascismo si sia verificato il fenomeno degli alberi, che hanno impedito di vedere la foresta. Noi ci siamo troppo occupati delle colpe degli individui, ed abbiamo perduto di vista quello che è stato il regime per se stesso, indipendentemente da tutti i torti che gli si possono imputare. (Approvazioni a destra). Ora, di fronte a quel regime la Sicilia fu sempre all’opposizione; virtualmente, la Sicilia per 20 anni si separò. Condussi io una battaglia elettorale a Palermo nell’agosto del 1925, dopo tre anni dalla marcia su Roma, dopo l’assassinio, già avvenuto da oltre un anno, del nostro caro Matteotti. Ebbene, allora noi potemmo a Palermo combattere la battaglia per le strade. Restammo noi padroni delle strade, e, negli scontri che avvennero, all’ospedale noi abbiamo mandato i fascisti, non ci siamo andati noi! (Applausi).
La Sicilia per vénti anni fu separata, non diede alcun contributo al fascismo. I nostri segretari federali, i Commissari ai comuni e tutti i gerarchi dello Stato corporativo venivano dal Continente, perché in Sicilia non si trovava il personale adatto.
Così la Sicilia visse quelle giornate, così traversò quel periodo. Sopravvenne poi la guerra: questa scossa formidabile, paragonabile a quei terremoti nostri, calabro-siculi, che hanno potuto scuotere i monumenti più saldi; ed un periodo di smarrimento si poté verificare. Questo io so: liberata Roma nei primi di giugno, sorse un’atmosfera di preoccupazione. Diciamolo pure. La Sicilia è perduta, la Sicilia è separatista: era questa la grave e diffusa separazione.
Orbene, io andai poco dopo a Palermo con il mio aereo («mio» per modo di dire; un aereo, che è sempre un comodissimo mezzo di viaggiare) (Si ride). Là parlai nella sede della Società di Storia Patria, rigurgitante di gente, che si riversava nelle piazze, dove erano gli altoparlanti; e dissi: «Non è concepibile un’Italia senza la Sicilia, né una Sicilia senza l’Italia!». (Vivissimi, prolungati, generali applausi).
Questo io lo dissi nei primi di luglio del 1944, e il popolo, tutto il popolo, comprese.
Un altro episodio ricordo: Sopravvenne, due o tre mesi dopo, la chiamata di una classe di leva. Era quello – come ho detto – un periodo turbato da fenomeni di grave smarrimento, e quindi si iniziò una propaganda perché le reclute non si presentassero. Questa propaganda aveva radici nelle università.
Mi recai nell’Università, in mezzo agli studenti, e chiesi loro: «Ma da quando in qua il Siciliano ha l’aria di volersi sottrarre ad un pericolo?».
È il lato da cui bisogna pigliare i miei conterranei.
Ed essi mi risposero: «Ma, professore, come vuole che noi ci battiamo (si parlava allora delle spedizioni in Giappone) con gli Alleati, che ci contestano Trieste?».
Ed era questo l’animo separatista! Il motivo determinante era, evidentemente, patriottico e nazionalista. (Vivi applausi).
Una voce all’estrema sinistra. Non nazionalista, ma nazionale! (Rumori).
ORLANDO VITTORIO EMANUELE. Ebbene, signori, questa Sicilia è fedelissima, e fedelissima rimarrà. Ma voi le avete detto: Avrete l’autonomia. Questa è un’idea politica, che poi si è diffusa. A che cosa potrà servire, sarebbe lungo spiegare, troppo lungo; e non è questo il momento. Ma una cosa è certa: questo impegno è stato preso. Il mantenerlo è questione di onore. E voterò contro la mozione. (Vivissimi applausi).
LUSSU. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUSSU. L’Assemblea mi consenta di parlare, non a nome del gruppo parlamentare a cui appartengo, ma come rappresentante degli autonomisti d’Italia.
Quelli che hanno controllato da vicino lo svolgimento della vita politica nel Mezzogiorno e nelle Isole, sanno che in Sardegna prese consistenza e forza, fin dall’altro dopoguerra, un movimento autonomistico intorno al quale si strinsero le forze più democratiche che combatterono contro il fascismo prima e dopo le leggi eccezionali; movimento che diventò ancora più forte dopo la liberazione, comunicando a tutti i Partiti locali la sua aspirazione autonomistica.
E se questo movimento in Sardegna non ha preso le forme drammatiche che ha per la Sicilia, lo si deve al fatto che in Sardegna c’è stata una differente formazione e maturazione politica dei dirigenti.
Credo che, principalmente per non creare difficoltà al Governo democratico prima e difficoltà alla Repubblica dopo, il movimento estesosi a tutta l’Isola è stato contenuto. Come facente parte del movimento autonomistico sardo, io devo dichiarare che mi trovo nella necessità di non condividere né l’una opinione né l’altra, perciò sono costretto ad astenermi nella votazione della mozione presentata dall’onorevole La Malfa, perché, il modo di vedere su queste elezioni non è totalmente condiviso dai rappresentanti siciliani. Lo stesso collega La Malfa che è siciliano, presenta una mozione per il rinvio.
Devo dire che la questione che interessa noi principalmente e che interessa questa Assemblea è il problema della riforma della struttura dello Stato.
Io credo che non ci sia nessuno in questa Assemblea che non renda omaggio alla coscienza e alla serietà politica dell’onorevole La Malfa. Egli si è espresso in termini altamente politici dal punto di vista del potere costituzionale dell’Assemblea.
Ma il punto fondamentale per noi è questo: lo Statuto per la Sicilia potrà essere domani modificato in modo notevole, oppure no?
Ecco la questione fondamentale che ci interessa; la questione delle elezioni, secondo me, interessa poco.
A mio parere – e lo stesso onorevole La Malfa nelle sue dichiarazioni ha precisato che non intende intaccare il contenuto dello Statuto siciliano – a mio parere lo Statuto siciliano potrà essere messo in rapporto, coordinato ai principî fondamentali in materia autonomistica, che usciranno da questa Assemblea Costituente, ma non potrà essere sostanzialmente modificato.
Se venisse modificato, si creerebbe un atto politico estremamente pericoloso, di cui a nessuno qua dentro sfugge la portata.
Noi, autonomisti sardi, ci sentiamo strettamente legati a quella che è oramai una conquista politica e costituzionale dei rappresentanti della Sicilia.
Devo ricordare – me lo consenta il Presidente – che nel maggio scorso noi ottenemmo, e dal Governo – era Presidente lo stesso onorevole De Gasperi – e dalla Consulta, attraverso la Giunta eletta per esaminare il progetto dello Statuto siciliano, che, in attesa d’una maggiore elaborazione, per cui vi era tutto il tempo necessario, lo Statuto siciliano fosse provvisoriamente esteso anche alla Sardegna.
I rappresentanti della Consulta sarda ritennero fosse più opportuno elaborare lo Statuto per la Sardegna, autonomamente, indipendentemente da quello siciliano.
Comunque, lo Statuto siciliano rappresenta ormai un diritto acquisito, e non può essere modificato in nessun modo, se mai solo leggermente modificato, e solo in rapporto ai principî fondamentali fissati nella Costituzione.
In quanto alle elezioni, gli autonomisti sardi sono perfettamente indifferenti che si facciano in aprile, in maggio o a giugno. L’essenziale della riforma è lo Statuto. Pertanto, siccome nella questione delle elezioni gli stessi deputati siciliani si sono divisi, io mi astengo.
BASSO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BASSO. A nome del gruppo parlamentare del Partito socialista italiano, di fronte ai due aspetti che la discussione ha assunto, aspetto politico ed aspetto costituzionale, devo dichiarare che ci asterremo dal voto.
Non possiamo votare contro la mozione La Malfa, perché riteniamo che le asserzioni contenute nella mozione circa la incostituzionalità del provvedimento, col quale si è addivenuto alla convocazione dei comizi elettorali, siano fondate. Nonostante l’affermazione contraria fatta testé dall’onorevole Orlando, io credo che, se è vero che i confini fra la materia costituzionale e la materia comune sono difficili a tracciarsi, in questo caso è la stessa legge 15 maggio 1946, che ha approvato lo Statuto, che contiene in se stessa, nell’articolo unico, la dichiarazione della sua natura costituzionale, proprio per il rinvio che l’articolo fa al coordinamento con la Costituzione. Ed essendo quindi indiscutibile la natura costituzionale di questa legge, non vi è dubbio che il Governo che l’ha emanata non aveva il potere di emanarla perché, per il disposto dell’articolo 1 della legge approvata dal Governo di Salerno, che convocava la Costituente, la materia costituzionale era già allora devoluta alla futura Assemblea Costituente, di cui la legge costitutiva era stata emanata nel marzo 1946; cioè anteriormente alla legge che ha approvato lo Statuto siciliano.
L’incostituzionalità della legge fu del resto rilevata già dalla stessa Corte dei Conti, la quale rifiutò di registrare la legge del 15 maggio 1946 – ossia la registrò con riserva – mandando alla Presidenza dell’Assemblea Costituente, in data 29 giugno 1946 la sua decisione di registrazione con riserva, perché l’Assemblea Costituente, investita di poteri costituzionali, risolvesse il dissidio fra Governo e Corte dei Conti.
Credo quindi che non possa sussistere dubbio sulla incostituzionalità della legge. Ma se vi fosse dubbio per questa legge, non ve ne può essere per il decreto legislativo successivo, con cui il Governo ha convocato i comizi elettorali. La legge che convoca i comizi elettorali dice che questi comizi sono convocati in applicazione dell’articolo 42 dello Statuto siciliano. Orbene, l’articolo 42 prescrive tassativamente che i comizi elettorali debbano essere convocati in virtù di una emananda legge elettorale. E, nonostante le spiegazioni date ieri dal collega professor Ambrosini, è certo che quando si scrive «emananda», si deve intendere emananda e non emanata. E quando una legge del maggio 1946 si riferisce ad una legge che deve ancora essere emanata, ad una disposizione futura, non c’è dubbio che non si possano convocare dei comizi elettorali in base a questa legge che a tutt’oggi non è ancora emanata. Non si può quindi negare che sul piano costituzionale siamo in presenza di una grave leggerezza con cui tutta questa materia è stata trattata.
E non è soltanto l’aspetto giuridico che ci preoccupa, quanto quello che vi sta dietro, proprio perché siamo preoccupati che questa autonomia siciliana, questo Parlamento siciliano abbiano delle solide fondamenta. Noi riteniamo che sia stato un errore affidarne la convocazione a delle leggi la cui validità è stata messa in dubbio dalla Corte dei Conti, la cui validità potrà domani essere contestata. Noi corriamo il rischio di convocare un Parlamento siciliano che non abbia i poteri che gli riconosce la legge; noi corriamo il rischio, con la convocazione dei comizi elettorali per il 20 aprile, di chiamare gli elettori ad eleggere un’Assemblea che in virtù dello Statuto approvato dovrebbe avere determinati poteri, ma che probabilmente si troverà ad avere, in sede di applicazione della futura Costituzione, dei poteri diversi. Non so se la Costituzione dello Stato accetterà integralmente lo Statuto siciliano o lo modificherà. Certo è assurdo che il 20 aprile gli elettori siciliani siano chiamati ad eleggere un Parlamento, cui sono conferiti determinati poteri, mentre questo Parlamento, magari subito dopo eletto, per effetto di un voto di questa Assemblea Costruente, potrebbe trovarsi ridotto a poteri minori. Allora veramente il popolo siciliano potrebbe dolersi della leggerezza con cui è stato chiamato a questi comizi elettorali, potrebbe supporre di essere stato ingannato. La nostra preoccupazione politica, il nostro desiderio più forte è di dare a questa grande manifestazione del popolo siciliano una base di serietà, che riteniamo non sia nelle disposizioni della legge. D’altra parte in questo atteggiamento noi siamo coerenti con le riserve che l’onorevole Nenni ha fatte in sede di discussione di questa legge in Consiglio dei Ministri. Ma c’è d’altra parte in questa discussione anche un aspetto politico; si è data a questo dibattito un’ampiezza che è andata alquanto al di là dei limiti puramente costituzionali; si è voluto vedere nell’atteggiamento assunto dai diversi parlamentari che hanno parlato pro e contro la mozione presentata dall’onorevole La Malfa, un atteggiamento pro e contro l’autonomia, un atteggiamento pro e contro le elezioni siciliane.
Ora noi non vogliamo su questo terreno che l’atteggiamento del Partito socialista si presti ad equivoci; noi, riservandoci di discutere in sede di Costituzione i limiti e l’estensione dell’autonomia, affermiamo che siamo favorevoli al principio dell’autonomia, e non potremmo non essere favorevoli a questo principio, in quanto ritentiamo che la democrazia si realizza soltanto nella misura in cui le masse possano effettivamente partecipare alla direzione della vita pubblica. E non c’è dubbio che l’autonomia, in quanto avvicina le masse a determinati problemi politici, rappresenti un potente strumento di educazione all’autogoverno. Noi siamo quindi favorevoli all’autonomia e non abbiamo niente in contrario a che le elezioni siciliane siano fatte al più presto, e perciò non possiamo votare favorevolmente alla mozione La Malfa, perché non possiamo assumere un atteggiamento che potrebbe prestarsi ad altre interpretazioni.
Per questi motivi, nel conflitto fra i due aspetti che il problema ha assunto, noi ci asteniamo dal voto, dando alla nostra astensione il significato di un invito all’Assemblea Costituente di accelerare l’approvazione dello Statuto siciliano per dare finalmente al popolo siciliano quello strumento di legalità che esso giustamente attende. (Applausi a sinistra).
PATRICOLO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATRICOLO. A nome del Gruppo parlamentare dell’Uomo Qualunque, dichiaro che noi voteremo contro la mozione La Malfa, per varie ragioni di cui dirò brevemente. Anzitutto la mozione, come è stata presentata a questa Assemblea, non diceva chiaramente quali fossero le argomentazioni che poi furono presentate a noi dall’onorevole La Malfa.
La mozione presentava due quesiti: l’uno di carattere costituzionale ed il secondo di carattere tecnico-pratico; ma la verità sulla presentazione della mozione ci è stata detta dall’onorevole La Malfa ieri, e questa verità egli l’aveva già anticipata in un articolo che abbiamo letto in un giornale, sul Momento Sera, due giorni fa.
Per la questione costituzionale non penso di dover prendere la parola, dato che tanti illustri giuristi hanno dato il loro parere. Debbo però soffermarmi su quello che l’onorevole La Malfa chiama il punto di vista politico, sulla questione cioè politica, e questo non solo in rappresentanza del Gruppo qualunquista, ma anche come deputato siciliano e come sindaco della città di Palermo. L’onorevole La Malfa ieri ha detto esplicitamente di avere delle preoccupazioni di carattere politico, in quanto in Sicilia ci sono oggi delle correnti politiche che hanno preso buona padronanza della massa del popolo: abbiamo avuto le recenti elezioni che hanno dato molti e molti voti al partito dell’Uomo Qualunque, al partito monarchico, e questo impressiona l’onorevole La Malfa, e penso che impressioni altri deputati di altri settori.
Ebbene, l’onorevole La Malfa, dopo avere parlato del nostro successo autentico, non solo in Sicilia, ma che si è esteso anche a tutta l’Italia meridionale, compresa Roma, ha quasi fatto vedere il timore che questi partiti prendano il sopravvento nella vita politica meridionale ed ha parlato di democrazia, quasi che la democrazia in Italia si trovi in pericolo per il fatto che l’Uomo Qualunque oggi amministra le principali città dell’Italia meridionale. Si rassicuri l’onorevole La Malfa, si rassicurino anche gli altri deputati che come lui la pensano, che in Sicilia, dove esistono delle amministrazioni qualunquiste, a Palermo, Catania, Messina, la democrazia è rispettata in pieno. Non c’è nessuna minaccia per i vostri principî democratici, che sono anche i nostri.
Da pochi mesi noi abbiamo delle amministrazioni comunali ed abbiamo dato sempre esempio di vera e sana democrazia e me ne appello a qualche deputato qui presente, che fa parte dei nostri consigli stando all’opposizione. Le nostre amministrazioni in Sicilia – non dico che insegnino la democrazia ad altri – ma hanno dato esempio di piena democrazia. Quindi, non vedo perché debba tanto preoccupare questa situazione politica.
E, d’altra parte, onorevole La Malfa, noi non possiamo dimenticare quello che è stata la Sicilia ieri e, direi, negli anni passati: la Sicilia, voi tutti sapete, nel 1860 si è unita plebiscitariamente all’Italia, sotto il segno della monarchia sabauda, come attesta l’iscrizione che abbiamo in quest’Aula. Il 2 giugno ha riconfermato la sua fede monarchica; però, quando la Repubblica ha inviato in Sicilia un Alto Commissario, nella persona dell’avvocato Selvaggi, che, se non sbaglio, è iscritto al Partito storico repubblicano, la Sicilia tutta ha collaborato con quest’uomo, senza distinzione di classi, di partiti e di ideologie politiche.
Questo dimostra come sia matura la Sicilia a collaborare con d’Italia repubblicana, senza essere presa da quella febbre, diciamo, di partigianeria politica. E questo, che torna ad onore del popolo siciliano, io desidero richiamare a voi.
D’altra parte, la Sicilia, come è stato riconosciuto qui dai deputati dei vari settori, da vari partiti e da Ministri al Governo, è stata maltrattata, bistrattata, dimenticata dai passati Governi, ed è venuto il momento in cui lo Stato italiano, oggi repubblicano, deve renderle giustizia; ma io vi domando se si può continuare a rendere giustizia alla Sicilia con il sistema dei commissari e degli alti commissari, di consoli e di proconsoli, come nell’antica Roma.
Credo che questo sistema non sia democratico e, se noi vogliamo fare della vera democrazia in Sicilia, dobbiamo abbandonare il sistema dei commissariati. È vero che l’avvocato Selvaggi gode della stima dei siciliani, perché è un uomo probo, di buon senso, equilibrato; ma non vorrei ricordarvi – per fare dell’ironia – che una volta in Sicilia, Roma repubblicana mandò Marco Tullio Cicerone, un grande giurista, ma dopo di lui venne Verre.
Ebbene, io non credo che sia il caso di rischiare questa avventura; ma noi abbiamo temuto, in questi mesi, quando si è parlato della elezione di Selvaggi a sindaco di Roma, perché avremmo visto allontanare un uomo veramente equilibrato che per la Repubblica è stato un buon ambasciatore presso la Sicilia monarchica.
Quindi, vi dico, torniamo alla democrazia e non abbiate paura se in Sicilia il Partito liberale o dell’Uomo Qualunque o monarchico potranno avere più larghi consensi che non nelle elezioni passate.
La democrazia, signori, non è soltanto dove esiste un’amministrazione o socialista o comunista o repubblicana o democristiana: la democrazia è là dove il popolo può liberamente eleggere i suoi rappresentanti.
Perù, dopo questa premessa, dichiaro di accettare le assicurazioni del Presidente De Gasperi fino ad un certo punto, in quanto l’onorevole De Gasperi ha detto qualcosa che ci lascia perplessi. Egli dice: lasciamo che si facciano oggi le elezioni; poi, in tema di coordinamento, potremo vedere se e quanto potrà essere accettato di questo Statuto. Vorrei pertanto da parte del Governo l’assicurazione formale che, per quanto lo riguarda, lo Statuto della autonomia siciliana non verrà toccato.
PRESIDENTE. Non c’entra il Governo, onorevole Patricolo. È questione che riguarda la sovranità dell’Assemblea.
PATRICOLO. Debbo osservare un’altra cosa che è stata detta qui, credo, dal precedente oratore, cioè che il coordinamento potrebbe involgere anche la struttura e l’essenza dello Statuto dell’autonomia regionale. Io questo non lo ritengo giuridicamente ammissibile, perché le norme di coordinamento per me sono quelle che stabiliscono la possibilità di attuare integralmente lo Statuto dell’autonomia nel quadro della Costituzione; ma se queste norme non dovessero rispettare l’autonomia regionale nella sua pienezza di sostanza e di forma, allora non sarebbero più norme di coordinamento, ma di modificazione. E noi questo concetto non possiamo accettarlo. Questo almeno è il parere del partito che rappresento.
Quindi, per queste ragioni, ripeto che il Gruppo parlamentare dell’Uomo Qualunque voterà contro la mozione dell’onorevole La Malfa.
TAVIANl. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TAVIÀNI. Conformemente alle dichiarazioni degli amici onorevoli Ambrosini, Caronia e Vigo dichiaro che il Gruppo parlamentare democristiano voterà contro la mozione La Malfa.
CIFALDI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIFALDI. A nome del Gruppo parlamentare liberale dichiaro che voteremo contro la mozione La Malfa, non tanto per le questioni di carattere giuridico esposte dall’onorevole Orlando, quanto per ragioni politiche. È necessario mantenere gli impegni assunti dal Governo, mostrare che questi impegni vengono rispettati e giungere quindi ad una chiarificazione che riteniamo indispensabile per tranquillizzare gli animi dei siciliani.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la mozione La Malfa.
(Dopo prova e controprova, e tenuto conto degli astenuti, la mozione non è approvata).
Presidenza del Presidente TERRACINI
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. L’onorevole Bellavista ha presentato, chiedendo risposta d’urgenza, la seguente interrogazione:
«Ai Ministri dell’interno e dei lavori pubblici per conoscere le più precise notizie circa le conseguenze dell’attuale eruzione dell’Etna e conoscere le provvidenze adottate per venire incontro alle popolazioni della zona, minacciate da sì grave pericolo».
L’onorevole Ministro dell’interno desidera rispondere subito a questa interrogazione. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. L’interrogazione ha carattere di estrema urgenza. Desidero informare l’Assemblea sulla situazione determinatasi in Sicilia in seguito all’eruzione dell’Etna. Le ultime informazioni pervenute al Ministero lasciano prevedere che, in poco tempo, potrà essere investito da parte delle lave anche qualche centro abitato. Dalle autorità locali non sono stati chiesti, fino a questo momento, soccorsi di qualsiasi natura; il Ministero anzi, per suo conto, si è premurato di richiedere notizie, che vengono fornite di ora in ora, ed ha chiesto al Prefetto se ha bisogno di qualche cosa.
Fino a questo momento, ripeto, nessuna richiesta è pervenuta al Governo. Assicuro l’Assemblea che, anche come siciliano e come cittadino della provincia di Catania, seguo con la massima attenzione l’eruzione dell’Etna, col proposito di fare intervenire il Governo nel modo più largo, qualora si presentassero improvvise necessità.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
BELLAVISTA. Mi dichiaro sodisfatto.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Fuschini, Scoca, De Palma, Mastino Gesumino, Martinelli, Adonnino hanno presentato la seguente interrogazione, chiedendo risposta d’urgenza.
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri della difesa e di grazia e giustizia, per conoscere quanto ci sia di vero su quanto ha pubblicato un giornale di oggi circa la denuncia presentata al Procuratore della Repubblica contro due ex Ministri dell’aeronautica».
GASPAROTTO. Ministro della difesa. Chiedo di rispondere subito a questa interrogazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPAROTTO. Ministro della difesa. Ho appreso in questo momento la notizia della pubblicazione apparsa sul Giornale d’Italia e ciò mi sorprende, in quanto dei fatti di cui parla la denuncia che si asserisce presentata all’autorità giudiziaria si è già discusso in questa Assemblea, e largamente, da parte degli onorevoli Cevolotto e Cingolani.
D’altronde, intorno a questi fatti è stata presentata da tempo un’interpellanza dell’onorevole Finocchiaro Aprile. I miei uffici da molti giorni mi hanno apprestato largo materiale per la risposta. Credo che non sia il caso di leggere tutto il relativo cospicuo fascicolo. Rilevo soltanto, per fissare un punto che credo decisivo nella questione in parola e che ha già appassionato l’Assemblea, che con decreto del 16 agosto 1946 del Ministro dell’aeronautica fu istituita una Commissione incaricata di esaminare comparativamente i vari progetti presentati al Ministero dell’aeronautica per l’istituzione dei servizi di trasporto aereo e di determinare il piano organico per l’attuazione dei servizi stessi; per modo che l’assegnazione alle varie società concorrenti – e sono dieci – delle diverse linee aeree che dovranno essere percorse sul territorio nazionale dalle ali italiane è stata deliberata da una Commissione così composta: presidente il Ministro dell’aeronautica; membri: il professore Ambrosini, presidente della Facoltà di ingegneria aeronautica all’Università di Roma; l’ingegnere Ancis Aldo, tenente colonnello del Genio aeronautico, capo divisione della Direzione generale dell’aviazione civile e traffico aereo; il dottor Cacopardo Salvatore, reggente la Direzione generale della aviazione civile e traffico aereo; il dottor Chinigò Moses, condirettore dell’Istituto per la ricostruzione industriale; l’ingegnere Mele Mario, maggiore generale del Genio aeronautico; il colonnello Remondino Aldo, sottocapo di Stato Maggiore dell’aeronautica militare; il dottor Salvo Salvatore, direttore capo divisione della Direzione generale dell’aviazione civile e traffico aereo; segretario: il dottor Squitieri Michele, primo segretario della Direzione generale dell’aviazione civile e traffico aereo.
Pertanto, la deliberazione presa circa la distribuzione delle linee aeree è opera non personale del Ministro, ma di questa Commissione nominata con decreto del 16 agosto 1946.
Queste assegnazioni, inevitabilmente, hanno formato oggetto di discussione. Tuttavia, ho il piacere di preannunciare che proprio in questi giorni, in seguito a contatti intervenuti fra il Ministero ed i rappresentanti delle varie linee aeree, siamo in via di risoluzione conciliativa ed equitativa, sicché c’è da sperare che la navigazione aerea civile possa senz’altro diventare un fatto compiuto e venga a far parte dell’Amministrazione militare, in quanto che è risaputo che gli aerei che fanno servizio civile attualmente sono tutti alla dipendenza dell’aviazione militare.
Devo dichiarare – e non sarei altrimenti sincero – che la pubblicazione mi ha molto sorpreso, perché basterebbe aver seguito le discussioni intervenute nei giorni scorsi in questa Assemblea per giudicarla inopportuna.
CEVOLOTTO. Chiedo la parola.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEVOLOTTO. Quando in condizioni di armistizio rigorosissime io ho sostenuto, per la prima volta, che il capitale americano si impegnasse in Italia, quando ho ottenuto questo, ho creduto di aver fatto bene nell’interesse del Paese e di essermi acquistato un po’ di merito.
Non avrei mai supposto che un qualche pazzo potesse trasformare questo, che doveva essere un successo, in una denuncia al Procuratore della Repubblica.
Ad ogni modo, dirò che dell’accusa che mi si fa e che sarebbe quella di aver danneggiato l’erario ottenendo il concorso di minoranza del capitale straniero nelle nostre società di navigazione aerea, io non so vedere il profilo giuridico ed il reato. Siccome però in quella denuncia si parla di reato – e dai giornali ho appreso che vi sarebbe anche la firma di un nostro collega, la firma dell’onorevole Finocchiaro Aprile (Commenti prolungati) – desidero che la questione sia portata qui, per poter chiedere immediatamente una inchiesta parlamentare, che altrimenti non ho mezzo di domandare. Comunque, poiché il Presidente mi ha fatto l’onore di nominarmi membro della Commissione d’indagine sulla questione Finocchiaro Aprile-Parri, dico subito che do le dimissioni da quella Commissione, alla quale non devo più appartenere.
D’altra parte, nella denuncia (della quale mi sfugge il profilo giuridico, perché non so come si possa derivare una responsabilità penale dal fato di aver compiuto un atto ministeriale che potrebbe essere criticabile in questa sede sotto l’aspetto politico, ma che non può costituire reato) vi è un punto che voglio mettere in luce. Ad un certo momento si dice: L’onorevole Cevolotto ha aderito alle suggestioni di un generale. Questo generale viene accusato, niente di meno, che di aver cercato di ottenere dagli Alleati che essi sequestrassero come preda bellica le proprietà dell’Ala Littoria, ora Ala Italiana.
Io ho motivo di ritenere e ritengo che anche l’accusa contro quel generale sia una bassa calunnia (Approvazioni), perché non ammetto neanche lontanamente che un generale italiano non abbia difeso, come poteva e come sapeva ma con tutti i mezzi, quella che era proprietà nostra, importa poco se di una società o di un’altra.
So che il Ministero ha agito con tutti i mezzi, anche con qualche trucco (e non me ne pento) per cercare di togliere alla preda bellica alleata tutto quello che era possibile salvare.
Nella denuncia in un altro punto si dice: l’onorevole Cevolotto, seguendo le suggestioni di quel generale, si era intanto procacciato la presidenza della futura L.A.I. alla quale poi avrebbe rinunciato.
Io non ho rinunciato a niente, perché niente mi è stato offerto.
Ma dico anche questo: che in tempo non sospetto, parlando con molte persone che possono essere testimoni quando si voglia (è per questo che esigo l’inchiesta parlamentare) io ho dichiarato che quando avessi lasciato il posto di Ministro, seguendo il buon costume antico, avrei ripreso la mia libera professione e non avrei accettato incarichi di nessuna specie.
Io ho il diritto di proclamare calunniose queste volgari diffamazioni che si fanno a scopo scandalistico, e non so come vi sia una stampa che cerca di fomentare un tale scandalismo fuori di posto. (Applausi).
Ma ho il diritto anche di chiedere in questa sede che mi si dia modo, attraverso un’inchiesta parlamentare, di smascherare i volgari calunniatori. (Vivi applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Cingolani. Ne ha facoltà.
CINGOLANI. Onorevoli colleghi, per quanto mi riguarda, mi limito a ricordare alla Camera che io il giorno 24 scorso ho pronunciato un modesto ma appassionato discorso per l’aeronautica. Ad un certo momento ho nominato l’Ala Littoria, oggi Ala Italiana, e ho detto precisamente così: «Per parlare dell’Ala Italiana dovrei troppo soffermarmi e occupare l’attenzione degli onorevoli colleghi. Ma siccome è stata da tempo presentata un’interpellanza in proposito dall’onorevole Finocchiaro Aprile, prego la cortesia dell’onorevole Finocchiaro Aprile di farsi parte diligente per far porre all’ordine del giorno della prossima discussione la sua interpellanza.
Si alzò a parlare l’onorevole Finocchiaro Aprile promettendo che si sarebbe fatto appunto parte diligente.
Che cosa è accaduto a tre giorni di distanza? L’onorevole Finocchiaro Aprile già da due mesi aveva presentato un’interpellanza, senza farsi mai parte diligente per farla fissare all’ordine del giorno. L’aveva però sbandierata in pubblici comizi a scopo di sobillamento di alcune masse non organizzate della Federazione della gente dell’aria, la quale invece è stata sempre lealmente a contatto con tutti i Ministri. L’attuale segretario generale ingegnere Simonetti si è dichiarato estraneo completamente a questo movimento.
Ebbene, a Roma questo movimento non organizzato ebbe la sua espressione in un certo comizio tenuto il 26 gennaio di questo anno al cinema Moderno, e nel quale fu votato un ordine del giorno che dice fra l’altro:
«Vista l’interpellanza presentata all’Assemblea Costituente dall’onorevole Finocchiaro Aprile che rispecchia fedelmente, ecc., delibera, ecc.».
Sicché è dimostrata una collusione tra l’onorevole Finocchiaro Aprile e gli agitatori di questo gruppo di agitati e sobillati, al di fuori della organizzazione della gente dell’aria, che per le vie normali e con contatti diretti ha sempre difeso strenuamente la causa dei piloti civili e comunque della «gente dell’aria» rimasta disoccupata a causa degli eventi bellici.
Io ero pronto da tempo a rispondere. Oggi se l’interpellanza venisse presentata toccherà all’attuale Ministro della difesa di mettere le cose a posto. Ma io voglio denunziare qui il malcostume di far formulare dalla stampa queste vaghe calunniose accuse, in spregio alla funzione e responsabilità parlamentare.
Qui, nell’Aula, c’era tutta la possibilità di parlare a fondo di questa società con capitale statale di 90.000.000, che è costata allo Stato fior di milioni, che è stata regolarmente messa in liquidazione perché costava all’erario nella attuale posizione di completa inattività circa 100 milioni l’anno di perdita e che consente, a conti fatti, fino al marzo 1947, a liquidazione compiuta, una previsione di spesa di oltre 546 milioni.
E non si tratta di migliaia di disoccupati.
Questi erano 934 tra dirigenti, naviganti, impiegati, operai, di cui 377 all’estero. Tutti sarebbero stati assorbiti. Dovevano seguire la disciplina della organizzazione nazionale che hanno seguito le maestranze specializzate della Federazione nazionale della gente dell’aria, le cui trattative con le società civili avvengono in continuazione per formare la graduatoria ispirata alle capacità e ai bisogni dei civili rimasti disoccupati. Questa è la via maestra da seguire.
Se è vero che è stata presentata una denunzia al Procuratore della Repubblica, io ne sarò lietissimo, perché anche fuori di qui sento di poter difendere tutto quello che ho fatto con rettitudine di coscienza, e difendere anche la purezza di intenzioni di tutti coloro che hanno seduto al seggio di Ministri per l’aeronautica.
Chiedo alla Presidenza della Camera che se venisse da parte del Procuratore della Repubblica la domanda di autorizzazione a procedere, ne fosse accelerato l’accoglimento. Sono il primo a chiederlo, e vedremo, qui e fuori di qui, come risplenderà l’onore altissimo dell’ala italiana. (Vivi applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
FUSCHINI. Sono lieto di aver provocato le dichiarazioni del Ministro della difesa e sono lieto che l’Assemblea abbia sentito le difese di due egregi galantuomini che siedono nella nostra Assemblea e che le danno prestigio.
Ormai vogliamo dire alto e franco a tutti gli italiani che noi che siamo qui dentro non abbiamo paura né di denunzie, né di inchieste parlamentari, perché possiamo tener alta la testa, perché agiamo per la difesa e per gli interessi del Paese e non nell’interesse di alcuna parte o di alcuna persona. (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Stefano Riccio ha presentato, unitamente alla onorevole Guidi Angela, la seguente interrogazione:
«Al Governo, per conoscere se, oltre le Camere di lavoro, può ogni libera associazione raccogliere domande di emigrazione e trasmetterle direttamente all’Ufficio del lavoro; e se è soltanto l’Ufficio del lavoro che decide sulle domande con esame comparativo».
Sullo stesso argomento, l’onorevole Bonomi Paolo ha presentato la seguente interrogazione:
«Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere le ragioni in base alle quali e stata concessa agli Uffici provinciali del lavoro e alle Camere del lavoro l’esclusiva per la raccolta delle domande di coloro che desiderano emigrare in Argentina.
«Se è vero che lo Stato ha il diritto e il dovere di vigilare e intervenire contro gli speculatori privati, non può negare agli Enti e alle Associazioni che diano garanzia di serietà e capacità di raccogliere le iscrizioni di quanti vogliono emigrare per trasmetterle agli Uffici provinciali del lavoro.
«Rilevo ad esempio che non può negarsi il diritto di reclutare gli emigranti tra le categorie agricole alla Confederazione nazionale coltivatori diretti».
Sulle due interrogazioni è stato chiesto lo svolgimento d’urgenza.
Chiedo al Governo se intende rispondere.
ROMITA, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. La circolare a mia firma, che è stata chiamata in causa, mi pareva e mi pare non dovesse dar luogo a preoccupazioni.
Io pensavo e penso che gli Uffici di collocamento, gli Uffici provinciali del lavoro fossero gli organi più sicuri e più adatti per garantire che l’emigrazione avverrà nell’interesse di tutti, al disopra dei partiti, al disopra di ogni interesse di parte.
Io mi ero preoccupato di stroncare immediatamente certe iniziative private, che avevano scopo speculativo e che potevano disturbare gli accordi presi colla Delegazione argentina.
Ma pareva e mi pare che, pur estendendo l’incarico alle Camere del lavoro, che devono fare capo agli Uffici del lavoro, i quali sono organi dello Stato, non creavo nessun privilegio. Le Camere del lavoro rappresentano tutto il movimento sindacale italiano ed i Partiti, ed in particolare i tre Partiti; io perciò credevo e credo che ci diano sufficiente garanzia di agire nell’interesse dei lavoratori emigranti.
Ad ogni modo, siccome ho il dovere di preoccuparmi anche di eventuali divergenze, ho il dovere di tranquillizzare tutti che, finché sarò al Ministero del lavoro, sarò al disopra dei partiti, e nel caso specifico curando soltanto l’interesse del buon nome italiano, attuando una oculata e saggia scelta di correnti emigratorie.
Io sono pronto a discutere cogli onorevoli interroganti in seno ad una Commissione che formerò con loro, con i rappresentanti della Camera del lavoro e con gli Uffici del lavoro per avere la garanzia che all’estero andranno emigranti che terranno alto l’onore italiano. (Applausi).
PRESIDENTE. L’onorevole Riccio ha facolta di dichiarare se sia sodisfatto.
RICCIO. Non posso dichiararmi sodisfatto delle dichiarazioni del Ministro per ragioni di ordine giuridico e di ordine pratico.
La ragione di ordine giuridico ha due aspetti.
Primo aspetto: siamo ancora e speriamo di continuare ad esserlo, in regime di libertà sindacale. La unità sindacale, realizzata nella Confederazione del lavoro non ha annullata la libertà di associazione. Oltre le Camere del lavoro esistono altre associazioni di lavoratori che pure hanno organi di assistenza. (Approvazioni al centro e a destra – Commenti – Rumori).
DI VITTORIO. Quali sono?
RICCIO. Sono l’Associazione cattolica lavoratori italiani (A.C.L.I.) e la Gioventù italiana operaia cattolica (G.I.O.C.). Sono due organizzazioni che esistono ed hanno il diritto a veder tutelata la loro libertà e possono e devono assistere i loro associati. I diritti di queste associazioni non possono essere conculcati. Come per le Camere del lavoro, così per queste organizzazioni, come anche per la Confederazione dei coltivatori diretti (Interruzioni), vanno riconosciute uguali facoltà per la tutela e l’assistenza dei loro organizzati.
Secondo argomento: l’emigrazione non è materia sindacale, assolutamente. (Interruzioni a sinistra).
Per quest’altra via, credo non si debba e non si possa sostenere il monopolio delle Camere del lavoro. (Interruzioni a sinistra). In molti paesi non vi sono le Camere di lavoro…
DI VITTORIO. Non è vero.
RICCIO. …ma vi sono delle libere associazioni di lavoratori. E queste libere associazioni di lavoratori hanno il diritto di inoltrare agli Uffici di lavoro delle domande e di vederle esaminate con gli stessi criteri, con cui sono esaminate quelle inoltrate dalle Camere del lavoro.
Sono d’accordo col Ministro che deve essere l’Ufficio del lavoro a decidere, perché esso rappresenta lo Stato; e lo Stato può e deve intervenire per garantire la realizzazione del diritto al lavoro, anche quando il cittadino è costretto ad andare fuori. Ma non posso essere d’accordo col Ministro, quando si dà il monopolio alle Camere del lavoro di inoltrare queste domande. Chiedo quindi che il Ministro rettifichi subito il comunicato che ha fatto e che sia dichiarato espressamente che anche le A.C.L.I., la G.I.O.C. ed i Coltivatori diretti possono inoltrare le domande stesse. (Applausi al centro e a destra – Rumori a sinistra).
PRESIDENTE: L’onorevole Bonomi Paolo ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
BONOMI PAOLO. Prendo atto delle precise dichiarazioni del Ministro del lavoro, e lo ringrazio per la promessa che ha fatto di chiamare anche le altre organizzazioni per stabilire e studiare il modo migliore per avviare l’emigrazione.
DI VITTORIO. Tutti i lavoratori fanno capo alla Confederazione generale del lavoro, che è unitaria.
PRESIDENTE. Onorevole Di Vittorio, almeno in fine di seduta, la prego di non interrompere.
BONOMI PAOLO. Credo che tutti abbiamo il dovere di stroncare la speculazione che ne possono fare i privati, ma credo altrettanto che tutti noi dobbiamo essere convinti di una cosa: che se la libertà c’è, deve essere una libertà per tutti. Io mi rivolgo agli amici sindacalisti della Confederazione del lavoro e della Confederterra, per chiedere loro: È vero che dei piccoli affittuari, è vero che dei piccoli proprietari, in special modo delle nostre montagne, che oggi non vivono, perché in quelle valli c’è la fame, chiedono di emigrare? Ma non è altrettanto vero, amici e compagni della Confederterra, che questi piccoli proprietari militano e nelle nostre file e nelle file dei Coltivatori diretti? Conseguenza logica è che noi, come organizzatori sindacali, non solo abbiamo il diritto, ma il dovere di aiutarli, di assecondarli nel fare le pratiche, per potere domani mandar fuori della gente specializzata anche nel lavoro dei campi, che faccia onore e mandi ricchezza alla madre Patria. (Applausi al centro e a destra).
PRESIDENTE. È stata presentata, con richiesta di svolgimento d’urgenza, dagli onorevoli Cifaldi e Lucifero la seguente interrogazione:
«Chiedono d’interrogare gli onorevoli Ministri dell’interno e dei trasporti, per conoscere che cosa ci sia di vero sui fatti pubblicati da qualche giornale circa il trasporto di ordigni di guerra e di materiale esplosivo fatto da privati su strada rotabile e per ferrovia e per conoscere quali provvedimenti intendano nel caso adottare per identificare e punire i colpevoli e prevenire l’eventuale ripetersi di fatti simili».
Chiedo all’onorevole Ministro dell’interno se intende rispondere.
SCELBA, Ministro dell’interno. Nei giorni scorsi i giornali hanno pubblicato che sulla rotabile Ancona-Rimini sono stati fermati dei carri che trasportavano ordigni di guerra. Dalle indagini, prontamente esperite in materia, è risultato che si trattava di rottami bellici, di carri armati senza motore o senza ruote venduti dall’A.R.A.R. ad una ditta che aveva un permesso regolamentare rilasciato. Non si trattava quindi di ordigni di guerra. Il carro era stato fermato perché l’autorizzazione non era in possesso dell’autista. A Bologna, dove le indagini furono esperite, risultò, perché poté essere presentato, che vi era il regolare permesso. Quindi la notizia, per quanto riguarda almeno il fermo esperito sulla rotabile, non ha nessuna consistenza. Per quanto si riferisce a trasporti su ferrovie, non sono in grado di dare nessuna precisazione, poiché questo riguarda il Ministro dei trasporti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro dei trasporti. Ne ha facoltà.
FERRARI, Ministro dei trasporti. Non posso rispondere in questo momento, perché manco dei dati necessari. Potrò rispondere domani.
PRESIDENTE. L’onorevole Cifaldi ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
CIFALDI. Non posso dichiararmi sodisfatto di quanto ha detto il Ministro dell’interno circa la seconda parte dell’interrogazione. Per quanto si riferisce al trasporto degli ordigni bellici e carri armati nel tratto Ancora-Rimini mi dichiaro sodisfatto delle precisazioni che lo stesso onorevole Ministro ha voluto favorire all’Assemblea; ma per il secondo episodio io credo che egli poteva e doveva essere in condizione di dare maggiori chiarimenti.
Infatti, il trasporto di dieci quintali di esplosivo, come ha riportato la stampa quotidiana, non riguarda soltanto il Ministro dei trasporti, come l’onorevole Ministro dell’interno ha dichiarato di ritenere, ma riguarda principalmente e precipuamente il Ministro dell’interno. E siccome questo è un fatto accaduto da qualche giorno, sarebbe stato possibile sperare che al Ministro dell’interno, per quello che riflette la tranquillità e la sicurezza pubblica, l’episodio fosse conosciuto.
Comunque, prego l’onorevole Ministro dell’interno di voler dare domani, insieme all’onorevole Ministro dei trasporti, delle spiegazioni, riservandomi di interloquire ancora sull’argomento.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Montalbano e Li Causi hanno presentato, chiedendo lo svolgimento d’urgenza, la seguente interrogazione:
«Ai Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per conoscere quali provvedimenti intendano adottare contro il Capo dell’Ispettorato di pubblica sicurezza della Sicilia, dottor Messana, colpevole di non avere osservato per l’assassinio del ragioniere Miraglia da Sciacca, l’articolo 219 del Codice di procedura penale, il quale gli faceva obbligo di «assicurarne le prove, ricercare i colpevoli e raccogliere quant’altro potesse servire all’applicazione della legge penale».
«Invero l’ispettore Messana condusse in quella occasione indagini deliberatamente molto affrettate, allo scopo di rendere impossibile la scoperta della verità e l’attuazione della giustizia».
L’onorevole Ministro dell’interno ha chiesto di rispondere. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. Per quanto mi risulta, sono stati arrestati i responsabili dell’assassinio del segretario della Camera confederale del lavoro di Sciacca. Ritengo che con questo l’autorità di pubblica sicurezza abbia compiuto il proprio dovere. Sulle prove della responsabilità degli arrestati, non ho dati ed elementi da poter fornire immediatamente agli onorevoli interroganti; quindi mi riservo di richiedere precisazioni e di fornirle in una successiva seduta.
TOGLIATTI. È un reato o no, uccidere un comunista?
SCELBA, Ministro dell’interno. Certamente, sì.
TOGLIATTI. E allora perché li avete rilasciati? (Rumori – Commenti).
SCELBA, Ministro dell’interno. Apprendo in questo momento che gli arrestati per l’assassinio del segretario della Camera confederale sono stati rilasciati. Evidentemente, non è stata la polizia a rilasciare gli imputati, perché, essendo stati questi deferiti all’Autorità giudiziaria, ad essa sola spettava di decidere in materia. Questa non può quindi essere materia di competenza del Ministero dell’interno. (Applausi al centro – Rumori a sinistra).
Una voce a sinistra. Questo è vergognoso!
Una voce al centro. Domandatelo a Gullo! (Commenti – Rumori).
SCELBA, Ministro dell’interno. Ho risposto per la parte che riguarda il Ministero dell’interno. Ripeto che io non posso entrare in una materia che è di competenza di altri Ministri.
Spetterà al collega Gullo, Ministro della giustizia, di fornire le delucidazioni che vengono chieste in merito al rilascio degli imputati.
PRESIDENTE. L’interrogazione è stata rivolta anche al Ministro della giustizia, il quale, se crede, ha facoltà di rispondere.
GULLO, Ministro di grazia e giustizia. Non posso in questo momento fornire alcun chiarimento, perché ho chiesto gli elementi e, appena questi mi perverranno, sarò in condizione di rispondere agli onorevoli interroganti.
PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole interrogante se sia sodisfatto.
LI CAUSI. Mi permetto di richiamare l’attenzione di questa Assemblea su questo scandaloso fatto che abbiamo denunziato.
Il Miraglia è stato assassinato; ebbene, l’ispettore generale di pubblica sicurezza, dottor Messana, anziché prendere tutte le precauzioni perché gli indiziati fossero arrestati, ha proceduto in modo che fossero presi coloro che era certo, certissimo –come la Commissione nostra d’inchiesta ha potuto constatare – che dopo qualche giorno sarebbero stati messi fuori.
Si tratta di una cosa seria! C’è un morto e si sa, in Sicilia, chi sono coloro che l’hanno ucciso. Ebbene, è stato detto al commendatore Messana: «Badi che il raggio d’azione non è qui soltanto. Il raggio di azione si estende». Ora, se c’è a volte qualche indizio che delitti sono commessi da disgraziati, da lavoratori, da quelli che si chiamano banditi, e sono banditi sul serio, allora li trovate i mezzi per acciuffarli, allora fate le retate. Ma quando si tratta di «galantuomini», di grandi proprietari, allora «bisognaandar, cauti».
Debbo qui dire una cosa che ha molta importanza. Quando una notte, in provincia di Agrigento, si diffuse la voce dell’assassinio del Miraglia, i contadini sui camions erano disposti a fare una «jacquerie» contro i proprietari, e siamo stati noi ad impedirlo. (Applausi al centro). No, (Accenna al centro), non applaudite. Tanto sangue di operai e di organizzatori in Sicilia è stato versato, e i delitti rimangono impuniti, ed impunito è rimasto l’assassinio del segretario della Camera del lavoro di Baucina, compagno nostro. Era indiziato l’avvocato Varisco, di cui tutti conoscono i precedenti penali: ebbene, perché lo si arrestasse, è dovuta intervenire l’autorità di Palermo, perché il maresciallo del luogo non ne voleva sapere niente. Eppure tanti del posto avevano tutte le indicazioni. Naturalmente anche egli à stato assolto in istruttoria.
È un metodo che non può continuare, credetelo. C’è chi se ne lava le mani, dicendo: La polizia ha denunziato alla magistratura, la magistratura ha assolto, dunque tutto va per il meglio. E gli assassini dei nostri compagni rimangono impuniti.
Questa volta, per nostra volontà, per il nostro senso di responsabilità è stata impedita una «jacquerie». Siete voi disposti ad avallare questo stato di cose tremendo, che mai nessun assassino di nostri compagni venga preso dalla polizia? Ve lo dico con quel senso di profonda amarezza e di umanità che è in me e per la responsabilità che sento, essendo io un po’ il dirigente dei lavoratori in Sicilia. Badate, qui si fa presto, in un momento di retorica, a dire: la nostra Sicilia. Attenti! Prego di considerare la questione, anche perché gli attuali dirigenti della magistratura, della polizia, dei carabinieri, che sanno tutto del passato, di quello che è avvenuto dal 1943 ad oggi, conoscono i misfatti di tutti, compresi gli uomini politici. Ma come volete che si muovano in quell’ambiente in cui si esercitano le pressioni, dove l’autorità stenta a farsi strada, in quanto da mille parti si impedisce che questa gente possa seguire l’impulso della propria coscienza? E le autorità qui al centro sono informate, perché esse ricevono i rapporti dei carabinieri, dei questori, dello stesso Ispettorato di pubblica sicurezza, e sanno di questi intrighi, complicità, compromissioni che legano le mani anche a coloro che dovrebbero fare il loro dovere.
Prego dunque ancora una volta il Ministro Gullo che appuri il modo come è avvenuta questa scarcerazione, ed il Ministro dell’interno perché dall’ispettore Messana si faccia dare tutti gli elementi attraverso cui ha proceduto alla individuazione ed all’arresto di questi indiziati. I lavoratori siciliani hanno detto il loro «basta» contro questi sistemi, e se la magistratura, la polizia, il Governo, non vengono incontro a questi legittimi desideri dei siciliani, noi, un’altra volta, non potremo trattenerli e si avrà quello che vorremmo evitare. (Vivi applausi a sinistra – Commenti).
PRESIDENTE. L’onorevole Candela ha presentato la seguente interrogazione:
«Al Ministro dell’interno e all’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica, per conoscere perché da cinque mesi (1° ottobre 1946) i dispensari antitracomatosi pubblici e scolastici della provincia di Messina sono chiusi; se non ritiene opportuno farli riaprire con ogni sollecitudine, dato il carattere endemico ed anche epidemico del tracoma in quella provincia».
Di essa viene chiesta la discussione di urgenza.
Chiedo al Governo quando intende rispondere.
SCELBA, Ministro dell’interno. Risponderò nella prossima seduta.
PRESIDENTE. È pervenuta, da parte dell’onorevole Volpe, con richiesta di svolgimento urgente, la seguente interrogazione:
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere i motivi dell’esclusione degli insegnanti orfani di Caduti nella prima guerra mondiale dal beneficio di preferenza nelle supplenze di cui usufruiscono gli insegnanti orfani dell’ultima guerra; e per chiedere provvedimenti di riparazione a questo stato di stridente ingiustizia».
DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Governo risponderà nella prossima seduta.
Sostituzione di Commissari.
PRESIDENTE. Comunico che gli onorevoli Cevolotto e Lucifero hanno chiesto di essere sostituiti nella Commissione per il caso Parri-Finocchiaro Aprile.
Ho chiamato, pertanto, a far parte della Commissione, in loro vece, gli onorevoli Bassano e Crispo.
Sull’ordine del giorno.
PRESIDENTE. Bisognerebbe passare all’esame della questione relativa ai poteri e ai compiti della Commissione nominata dalla Presidenza in base alla risoluzione Natoli approvata dall’Assemblea. Stante l’ora tarda, e di intesa con il Presidente della Commissione, ritengo opportuno di rinviare alla prossima seduta le decisioni sull’argomento. Io penso che la questione si potrà trattare nella prossima seduta mattutina.
RUBILLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUBILLI. Data l’ora tarda e data l’importanza della questione, ad evitare che si ripeta ciò che di già avvenne altra volta quando, con una approvazione affrettata della proposta Natoli si determinò una situazione per cui sono sorti da ogni parte seri e numerosi dubbi d’interpretazione, penso anch’io sia bene rinviare.
PRESIDENTE. Le sedute si riprenderanno martedì 4 marzo alle 15, per dare inizio all’esame del progetto di Costituzione. Poiché è mio desiderio che, da allora, tutte le sedute pomeridiane siano dedicate integralmente all’esame del progetto di Costituzione, fisseremo, per ogni altro lavoro, delle sedute mattutine. Pertanto, sia l’esame della questione alla quale abbiamo fatto cenno, sia lo svolgimento delle interrogazioni delle quali i Ministri hanno chiesto il rinvio, avranno luogo nella prossima seduta mattutina, che avrà luogo presumibilmente mercoledì 5 marzo.
RUBILLI. Vorrei pregare se fosse possibile fissare la seduta mattutina a giovedì prossimo 6 marzo.
PRESIDENTE. Onorevole Rubilli, se la Commissione farà una richiesta in tal senso – e dovrà concertarsi al riguardo – penso che non vi sarà nulla da opporre. Se questa richiesta non vi sarà, resta inteso che l’argomento sarà affrontato nella prima seduta mattutina, che sarà tenuta quasi certamente mercoledì prossimo.
RUBILLI. Mi riservo di formulare una proposta dopo avere interpellato la Commissione.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle altre interrogazioni pervenute alla Presidenza.
MATTEI TERESA, Segretaria, legge.
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Ministro guardasigilli, per conoscere per quale ragione non è stata avocata all’autorità giudiziaria l’istruzione del procedimento penale per il rinvenimento di armi al Verano di Roma, mentre le indagini, come dalla stampa quotidiana, sono, ancora oggi, affidate all’Arma dei carabinieri.
«Cifaldi, Lucifero».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere se non ritenga opportuno trattenere, anche in qualità di giornalieri, fino a quando non verrà loro liquidata la pensione quei sottufficiali che all’età di 55 anni vengono collocati a riposo.
«Ciò per risparmiare a questi benemeriti servitori dello Stato, e alle loro famiglie, la miseria che nella lunga attesa li attanaglia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Lucifero».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se non ritenga opportuno provvedere alla istituzione di un’altra coppia di treni diretti fra Reggio Calabria e Roma, evitando così l’eccessivo e pericoloso affollamento, che si verifica sui treni, già in funzione, e che non riescono a smaltire l’intenso traffico dei viaggiatori del Mezzogiorno e della Sicilia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Priolo».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare per ovviare allo stato di preoccupazione e di agitazione, che già si delinea, in rapporto all’applicazione rigorosa della legge 1936, che determina le zone di rispetto a favore delle tonnare, nei confronti della pesca con fonti luminose (lampare). Data la contiguità delle tonnare, determinatasi in seguito all’aumento degli impianti, in alcuni tratti della costa, l’osservanza rigorosa della suddetta norma equivarrebbe alla completa cessazione della pesca con fonti luminose durante tutti i mesi di attività delle tonnare stesse, con conseguenze gravissime per l’economia è l’alimentazione nazionale, e con conseguente disoccupazione di migliaia di pescatori e di maestranze delle industrie sussidiarie, specialmente nella stagione in cui i pescatori traggono i loro mezzi di vita per tutta l’annata. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Borsellino».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere se – attuando le promesse più volte ripetute – intenda di abrogare la ingiusta disposizione che, nella liquidazione degli stipendi arretrati, preclude ai reduci dalla prigionia quegli aumenti successivi al 1944, che sono stati invece riconosciuti a quanti sono rimasti in territorio nazionale, anche se hanno appartenuto alle forze armate della repubblica sociale o sono stati assoggettati a giudizio di epurazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Vigorelli».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere se non intende:
1°) rinnovare almeno per il successivo triennio le concessioni di tabacco di minore entità (18-20 ettari) nella Regione Salentina, improvvisamente e con poco criterio d’opportunità revocate dalla Direzione generale del monopolio, con il solo risultato di impoverire l’unica industria ivi fiorente e privare del lavoro una numerosa categoria di lavoratori;
2°) revocare il provvedimento di soppressione dell’Istituto sperimentale di tabacchicoltura di Lecce e Scafati, quando essi comuni sono le sedi naturali di un tale Ente, all’incremento del quale i soli agricoltori della provincia di Lecce contribuiscono con somme di gran lunga maggiori;
3°) sollecitare l’invio alle provincie della Regione Salentina dei concimi atti al miglioramento dei terreni adibiti alla coltivazione del tabacco. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Cicerone».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere quali provvedimenti intenda prendere nei confronti dell’Istituto bacologico calabrese, ritenendosi utile la sua permanenza ed il suo rafforzamento, per il potenziamento della produzione serica in Calabria ed in Italia meridionale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Capua».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere quale esito abbia avuto l’esposto presentato al Presidente del Consiglio, in data 28 dicembre 1946, da parte di 60 famiglie di detenuti politici della Venezia Giulia, i quali, oltre a non aver usufruito dell’amnistia che non è stata estesa alla zona A, trovansi nelle carceri di Pola, e altrove, uniti a reclusi per incidenti politici verificatisi negli ultimi mesi, in completo abbandono, e per lo più a disposizione delle Autorità slave subentrate.
«Poiché risulta che alcuni prelievi siano già avvenuti per sottoporre gli imputati a procedimento giudiziario secondo le leggi jugoslave, si richiede con urgenza un provvedimento che riaffermi la piena giurisdizione delle autorità italiane su tali detenuti, e predisponga l’immediata traduzione di quanti cittadini italiani si trovino ora per qualsiasi motivo associati a carceri, rimaste in territorio non più appartenente alla Madre Patria. (Gl’interroganti chiedono la risposta scritta).
«Rodinò Mario, Cicerone, Ruoti, Coppa Ezio».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere quali urgenti provvedimenti intenda prendere per salvaguardare l’incolumità fisica degli agrari dei comuni di Quistello, Magnacavallo e Moglia (provincia di Mantova), continuamente sottoposti a vessazioni, imposizioni e rappresaglie da parte delle locali Federterra e Camera del lavoro, con mezzi e misure di violenza contrari ad ogni norma di diritto e libertà democratica e nella maggior parte dei casi assolutamente arbitrari e avversi alle disposizioni emanate dagli organi centrali. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Maffioli».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere perché non siasi ancora provveduto al nuovo ordinamento dell’Amministrazione forestale previsto dal decreto legislativo 6 dicembre 1943, n. 16-B, quando la continua disorganizzazione dei servizi forestali ha recato gravissimi danni alla conservazione e alla tutela dei boschi, alla ricostituzione della montagna italiana, e prodotto inoltre dissensi e ripercussioni nella compagine disciplinare del personale.
«In attesa dell’emanazione del provvedimento legislativo per la riorganizzazione del Corpo, si chiede pertanto che venga provveduto con urgenza:
1°) alla nomina del Capo del Corpo forestale, scelto fra gli ufficiali in servizio permanente effettivo del Corpo stesso, o tra persone particolarmente versate nei problemi della selvicoltura e dell’economia montana, in luogo delle due attuali discordi direzioni;
2°) alla preposizione all’Ufficio di capo della V divisione di elemento coscienzioso e capace di risolvere con opportunità e criterio gli inconvenienti esistenti;
3°) ad effettuare infine le promozioni, come in tutte le altre Amministrazioni civili o militari dello Stato, che vennero sospese fin dal 1943 a causa della mancata emanazione del suddetto provvedimento, e per le quali un ulteriore ritardo non sarebbe giustificato esistendo nel ruolo numerose vacanze che, per legge, devono essere coperte dal personale in servizio permanente effettivo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Capua».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei trasporti e delle finanze e tesoro, per sapere se non intendano al più presto presentare al Consiglio dei Ministri un decreto che estenda agli ex agenti delle Ferrovie dello Stato, esonerati in data anteriore all’avvento del fascismo, i beneficî previsti dal regio decreto-legge 6 gennaio 1944, n. 9. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Lozza».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della pubblica istruzione e delle finanze e tesoro, per sapere quali urgenti provvedimenti intendano prendere a favore degli insegnanti medi, di ruolo e non di ruolo, che hanno testé presentato, attraverso il Sindacato scuole, una serie di giuste rivendicazioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Lozza».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dei trasporti e di grazia e giustizia, per conoscere se e quali responsabilità sono emerse in riferimento al luttuoso incidente ferroviario verificatosi sul tratto Roma-Napoli e nel quale ebbe anche a verificarsi la morte dell’onorevole Battisti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Cifaldi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere – considerato che all’Unione provinciale contadini di Trento aderiscono come soci molti piccoli proprietari fittavoli e mezzadri, che non possono vivere del reddito dell’azienda agricola; considerato che tale situazione induce molti dei suddetti contadini ad emigrare – se non creda conveniente che la suddetta Unione possa collaborare coll’Ufficio del lavoro per regolare una razionale emigrazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Carbonari».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 20.40.
Ordine del giorno per la seduta di martedì, 4 marzo.
Alle ore 15:
Esame del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.