Come nasce la Costituzione

GIOVEDÌ 26 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

XXIV.

SEDUTA DI GIOVEDÌ 26 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SARAGAT

INDICE

Sul processo verbale:

Gullo Rocco                                                                                                    

Marinaro                                                                                                         

Mattarella                                                                                                     

Congedi:

Presidente                                                                                                        

Costituzione della quarta Commissione permanente:

Presidente                                                                                                        

Sostituzione di un Deputato dimissionario:

Presidente                                                                                                        

Verifica di poteri:

Presidente                                                                                                        

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri (Seguito e fine della discussione):

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri,

Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri                                            

Presidente                                                                                                        

Damiani                                                                                                            

Marinaro                                                                                                         

Finocchiaro Aprile                                                                                         

Benedetti                                                                                                         

Sforza                                                                                                              

Cianca                                                                                                              

Meda                                                                                                                 

Nitti                                                                                                                  

Preziosi                                                                                                            

Lucifero                                                                                                           

Pertini                                                                                                              

Sull’ordine del giorno:

Bellavista                                                                                                       

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri          

Interrogazione (Svolgimento):

Assennato                                                                                                        

De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri          

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 16.

Molinelli, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

Sul processo verbale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul processo verbale l’onorevole Gullo Rocco. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. Se la discussione generale non fosse stata chiusa, avrei sentito il dovere di iscrivermi a parlare ieri dopo le dichiarazioni fatte dall’onorevole Finocchiaro Aprile. Ma poiché la discussione generale era già chiusa, colgo l’occasione di parlare sul processo verbale per chiarire il pensiero che non è soltanto mio, ma di quella grande massa di siciliani che non condivide le idee del movimento indipendentista – e lo ha dimostrato dando a questo movimento meno di un decimo dei suoi voti – di quella grande massa di siciliani che, pur essendo tenacemente attaccati alla loro terra, non condividono il pensiero dell’onorevole Finocchiaro Aprile.

Dico subito che se l’onorevole Finocchiaro Aprile avesse parlato solo in difesa degli interessi siciliani ed avesse affrontato il problema della Sicilia nei suoi vari aspetti politici, tecnici, economici, egli avrebbe potuto aprire utilmente una discussione, alla quale avremmo potuto portare anche noi il nostro contributo, ed avrebbe potuto trovarci d’accordo con lui in una parte delle sue affermazioni, sul terreno delle rivendicazioni siciliane.

Ma, purtroppo, neanche questa volta siamo usciti dal campo delle affermazioni vaghe e generiche, di quelle affermazioni le quali, anziché giovare al Mezzogiorno e alla Sicilia, finiscono col nuocere, perché fanno credere che il problema del Mezzogiorno, il problema siciliano, non siano altro che espedienti elettorali o, peggio ancora, espedienti demagogici, mentre sono problemi veramente gravi e palpitanti, che richiedono interventi e soluzioni immediate ed urgenti.

Il difetto che noi meridionali abbiamo portato, a volte, nella discussione di questi problemi è proprio quello di non uscire dal campo del generico e di non affrontarne la soluzione con proposte concrete.

È quello che avremmo dovuto fare; è quello che faremo un’altra volta, in altra occasione e che non possiamo certamente fare in questa sede, in un momento in cui si discute solo sul processo verbale.

PREZIOSI. Ma noi lo abbiamo detto spesso al Governo e il Governo non è mai intervenuto!

GULLO ROCCO. Io voglio parlare in questo momento non certo per impostare in pochi minuti il problema del Mezzogiorno, perché rischierei di attirarmi lo stesso rimprovero che ho fatto ad altri; ma per dire all’onorevole Finocchiaro Aprile che il nostro dissenso dal suo ordine del giorno, dissenso su cui non si deve speculare, non è sulle giuste lagnanze e rivendicazioni del popolo siciliano, ma è sul mezzo che l’onorevole Finocchiaro crede di indicare per risolvere questi problemi.

Il mezzo che egli ha indicato è la separazione, o meglio l’indipendenza, parola nuova coniata per attenuare la prima, ma che non ha avuto fortuna in Sicilia, dove tutti si ostinano a chiamare separatisti gli indipendentisti. Noi diciamo che il mezzo non può esser questo, e che esso ha già nociuto all’Italia ed alla Sicilia, perché oltre tutte le complicazioni che ha portato anche sul terreno internazionale – dico, di sfuggita, che l’indipendenza siciliana è parola vuota di senso, e che noi l’indipendenza possiamo conservarla solo rimanendo uniti all’Italia (Vivi applausi), giacché la separazione comporterebbe fatalmente la dipendenza da uno Stato straniero – ne ha portato pure nel campo politico e in quello dell’ordine pubblico. Esso è, oltre tutto, un mezzo che ha crealo la disunione non soltanto fra Italia e Sicilia, ma soprattutto fra noi siciliani in un momento in cui avevamo un doppio motivo di essere uniti, come siciliani e come italiani. Questa propaganda ha creato ancora una volta un motivo di dissenso di cui non avevamo certo bisogno. Noi affermiamo che in questo momento non è la separazione, non è l’indipendenza il mezzo che noi dobbiamo accettare, la soluzione che noi dobbiamo scegliere, ora che abbiamo la possibilità di portare innanzi le giuste rivendicazioni e le giuste esigenze del popolo siciliano, di portarle alla ribalta dell’opinione pubblica, nella stampa, nei comizi, al Parlamento; ora che, vivaddio, si può parlare liberamente e che, forse per rifarci del tempo in cui abbiamo troppo taciuto, si può magari accusare di tradimento e di inganno il Presidente del Consiglio senza correre il rischio di andare in galera (Ilarità Applausi).

Voi avete indicato, onorevole Finocchiaro Aprile, una sola soluzione – questo risulta dal processo verbale – del problema siciliano: l’indipendenza. Io potrei rispondere alla vostra affermazione semplicistica con una affermazione semplice: la soluzione del problema siciliano, come di tanti altri problemi, potremmo trovarla nella soluzione del problema sociale. Ma io non voglio contrapporre alla vostra semplicistica formula indipendentistica la mia formula socialista. Io vi invito, così come ho invitato gli altri deputati siciliani in una riunione del gruppo parlamentare siciliano tenutasi a Palermo, ad affrontare lo studio di questi problemi siciliani d’accordo fra di noi; a vedere con lealtà e con sincerità quali sono i torti degli altri e quali eventualmente possono essere anche i torti nostri, della nostra classe dirigente. Così facendo, noi potremmo trovare, indipendentemente dalle nostre ideologie, un terreno comune, giacché vi sono dei problemi che investono il campo sociale e politico in cui le ideologie possono dividerci; ma vi sono altri problemi, vi sono soprattutto aspetti di emergenza di questi problemi, che possono trovarci tutti uniti e concordi.

È questo l’invito che vi faccio, e non dovete temere, onorevole Finocchiaro Aprile, che noi deputati socialisti possiamo essere legati alla disciplina di partito in tal modo da non potere venir incontro a queste giuste esigenze, perché il problema siciliano è problema di giustizia e come tale non può che trovare unanime e solidale il partito socialista. Voi avete fatto un appello alla separazione, noi facciamo un appello alla solidarietà ed alla comprensione nazionale; voi avete parlato dei miliardi delle esportazioni siciliane, noi aggiungiamo anche le diecine di migliaia di siciliani caduti per l’unità e l’indipendenza d’Italia, assieme agli altri italiani (Vivissimi applausi); voi avete parlato di rancore è di odio, noi vi diciamo che non c’è nessun sentimento di rancore o di odio nell’animo dei siciliani. È vero che voi quest’odio avete attribuito solo in linea di ipotesi all’Italia verso la Sicilia, ma non occorre che alcun settentrionale prenda la parola per smentire questo sentimento di odio e di rancore, perché noi siciliani consideriamo superflua la smentita. (Applausi).

Per quel che riguarda i sentimenti dei siciliani, io posso dirvi che non si tratta né di rancore, né tanto meno di odio. Può trattarsi invece di quello stato d’animo che un figlio può avere verso i genitori che egli crede possano preferire altri figli; è, se mai, una esasperazione dell’amore filiale, ma non è né rancore, né odio.

Noi affermiamo che nessun siciliano, nel profondo del suo spirito, rinnega la Patria italiana. Non potete rinnegarla nemmeno voi, onorevole Finocchiaro Aprile, che vi siete onorato di servire anche dal banco del Governo questa Patria; non l’ha rinnegata il vostro illustre genitore, che ha servito, nel Governo e nel campo della scienza giuridica, la Patria italiana. Noi siciliani non la rinneghiamo. Affermiamo invece che, così come l’Italia ha bisogno di riunire tutte le sue forze di fronte all’estero, noi siciliani abbiamo pure bisogno di riunire le nostre energie non per contrapporle ad un nemico o ad un avversario, ma perché sappiamo che, difendendo gli interessi della nostra regione, facciamo opera patriottica e nazionale; perché l’elevazione morale, politica, economica della Sicilia, cioè l’elevazione di una delle più grandi, delle più belle e generose regioni d’Italia, è elevazione della Nazione e della Patria. (Vivi generali applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul processo verbale l’onorevole Marinaro. Ne ha facoltà.

MARINARO. Ritengo necessario un breve chiarimento. La mia affermazione di ieri circa l’ammontare delle entrate e l’ammontare degli stipendi degli impiegati statali si riferiva, come era logico ed evidente, alle previsioni che erano state fatte per l’esercizio in corso, quali risultano dal bilancio preventivo dello Stato e quali sono state confermate, nella stessa seduta di ieri, dal Ministro del tesoro. Il Ministro delle finanze, invece, ha creduto di basare la sua smentita – che respingo – su quelli che potranno essere i definitivi risultati di questo stesso esercizio, che manifesta un aumento di entrate tali, non già da supplire tutte le spese, che anzi sono cresciute in misura maggiore (oltre il doppio di quelle preventivate), ma da coprire e superare le spese per gli impiegati. Ma ciò che io ho dimostrato, con cifre che non si possono smentire è che, per inerzia del Governo, la situazione è peggiorata durante la gestione del Ministro Corbino. Ma anche in queste condizioni, pur denunciando le responsabilità del passato, io sono convinto che se un sano, concreto, organico programma finanziario sarà subito predisposto e attuato, sarà ancora possibile difendere la lira e risanare la finanza italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul processo verbale l’onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.

MATTÀRELLA. Io intendo associarmi alle precisazioni del collega Rocco Gullo e mettere in rilievo come noi deputati siciliani non possiamo rimanere indifferenti alle parole che ieri sono state pronunciate in quest’aula e che costituiscono un turbamento della nostra sensibilità di italiani e di siciliani.

Molte di quelle parole hanno infatti gettato un’ombra sul sentimento patrio del popolo siciliano, il quale, anche nelle ore oscure del distacco e del disorientamento, non ha perduto la Patria italiana e si è sentito ad essa avvinto, nella comune speranza della rinascita del Paese, del quale il popolo siciliano sente di esser parte viva ed integrante. Quelle parole non rispecchiano la voce dell’anima siciliana. E, come ha ricordato il collega Gullo, il popolo siciliano ha dimostrato nelle elezioni del 2 giugno di non seguire quegli indirizzi politici che lo vorrebbero strappare all’integrità del Paese, al quale l’anima del popolo siciliano rimane decisamente legata.

Noi siamo perfettamente consapevoli e convinti della necessità e dell’esigenza che i problemi del Mezzogiorno, e con essi quelli della Sicilia, vengano affrontati e risolti con maggiore decisione e con maggiore comprensione di quanto non abbiano fatto i Governi del passato, ma non possiamo non protestare di fronte a parole e ad atteggiamenti che intendono presentare la Sicilia come una figliastra crudele ed implacabile, assetata di vendetta.

La Sicilia si sente figlia affettuosa, indissolubilmente legata alla Patria italiana. E alla resurrezione ed alla rinascita di questa Patria essa intende dare, come darà, interi, il suo sforzo e la sua opera. (Vivi applausi).

PRESIDENTE. Non essendovi altre osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i Deputati: Sardiello, Pera, Gui, Pignatari, Sartor, Franceschini, Costantini, De Mercurio, Grassi.

(Sono concessi).

Costituzione della quarta Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che la quarta Commissione permanente per l’esame dei disegni di legge si è così costituita: Presidente, Longo; Vicepresidente, Stampacchia; Segretario, Schiavetti.

Sostituzione di un Deputato dimissionario.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella sua riunione odierna, ha preso atto delle dimissioni dell’onorevole Antonio Greppi da Deputato per la Circoscrizione di Milano (IV), ed ha proposto la sua sostituzione col candidato Tremelloni Roberto, primo dei non eletti nella stessa lista del Partito Socialista Italiano per la Circoscrizione medesima.

Pongo ai voti questa proposta della Giunta.

(È approvata).

S’intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali reclami.

Verifica di poteri.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella riunione odierna, ha verificato non essere contestabili le elezioni dei seguenti Deputati, e, concorrendo in essi i requisiti previsti dalla legge, ha deliberato di proporne la convalida: Salizzoni Angelo, per la Circoscrizione di Bologna (XIII); Bozzi Aldo, per la Circoscrizione di Roma (XX); Bassano Carlo e Fabriani Amaido, per la Circoscrizione dell’Aquila (XXI).

Do atto alla Giunta di queste sue comunicazioni, e, salvi i casi di incompatibilità preesistenti e non conosciuti fino a questo momento, dichiaro convalidate queste elezioni.

Seguito e fine della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Onorevoli colleghi, quando mi sono accinto a risolvere la crisi Corbino, scoppiata assai male a proposito, allorché per pochi giorni ero trattenuto a Parigi per il negoziato italo-austriaco, la voce che saliva più frequente dalla stampa e dai voti dei gruppi parlamentari, era:

«Ci vuole un piano organico, bisogna proporre ed attuare provvedimenti concreti, ci vuole una direttiva economico-finanziaria concordata fra tutti i partiti di Governo».

Allora convocai i Ministri delle finanze e dei dicasteri economici, che, vedi caso, erano un comunista, un socialista e un democratico cristiano; misi loro accanto un puro tecnico, il Direttore della Banca d’Italia, e li pregai di indicare, nella forma più concreta possibile, i provvedimenti che bisognava prendere o integrare per assestare la nostra finanza, consolidare la lira ed assicurare la ripresa economica. In queste riunioni furono concordati all’unanimità, nelle loro linee direttive, i provvedimenti nel campo fiscale, nell’ambito della tesoreria, nel campo produttivo e in quello del lavoro, e vennero indicati l’ordine di attuazione dei provvedimenti stessi e le condizioni ed il momento tecnico nel quale possono e devono venir presi. Accanto alla immediata emissione del prestito interno, e prima dell’imposta patrimoniale personale, sono previste grosse tassazioni dei beni reali, cioè decurtazioni in maniera sensibile dei maggiori redditi dei possessori di azioni industriali, di terre, di case (quest’ultime verso lo sblocco di affitti condizionati a compenso per i meno abbienti) e sopra ogni altra cosa nella conclusione si insisteva per un più severo accertamento e quindi per una più adeguata riscossione di tributi ordinari.

Tale documento, che è un impegno, venne sottoposto al Consiglio dei Ministri, che lo fece anche suo. Tutti gli altri problemi di carattere politico-economico – carovita, scioperi, agitazioni, partigiani, ordine pubblico, occupazione delle terre, provvedimenti per i comuni e per la difesa della Repubblica, – reclamavano assicurazioni e precisazioni del Governo. Perciò, dopo aver chiesto al Vice Presidente del Comitato per la ricostruzione, ai Ministri dell’agricoltura e dell’industria, all’Alto Commissario per l’alimentazione, il loro contributo di informazioni e di direttive, completai le dichiarazioni finanziarie ed economiche con un riassunto di quello che il presente Ministero aveva fatto e della direttiva che intendeva seguire negli altri settori. Le dichiarazioni vennero poi sottoposte al parere del Consiglio dei Ministri, che, salvo alcune minori modifiche, le approvò.

Affermo questo non per sfuggire alla mia responsabilità personale, che assumo intera, né per addebitare ad altri la mia mentalità politica o il mio stile di Governo, in quanto contengano una nota personale, ma per dimostrare che ho proceduto in tutte le forme che possa esigere la solidarietà ministeriale di un Gabinetto di coalizione. Quindi, quando parlo da questo posto, mi sforzo di tenere una linea che sia una risultante, e se i miei amici politici devono consentire che io contenga entro tali limiti il mio particolare pensiero e l’ansia fervida del mio programma, i miei amici dei partiti di Governo hanno il diritto, ma anche il dovere, di ricordare l’esistenza di una solidarietà ministeriale, che porta come conseguenza una solidarietà di partiti al Governo. (Applausi al centro).

Posso ben comprendere che un giornale sistematicamente oppositore come il Risorgimento Liberale classifichi questo nostro sforzo di sintesi come il tentativo «di soffocare le lotte politiche nel compromesso», ma mi è più difficile comprendere come la nostra direttiva di assicurare l’evoluzione democratica nell’ambito delle leggi della Repubblica possa venire attribuita a mancanza di fede nelle classi lavoratrici.

Dateci la fede nella vostra collaborazione, nella stampa, nelle organizzazioni, nelle agitazioni e noi, il Governo – lo dico a nome di tutti – saremo con voi, per aiutare con tutte le forze la marcia del popolo verso il suo più pieno, più largo, più immediato governo della cosa pubblica. (Applausi al centro).

Il collega Negarville, rivendicando la responsabilità della crisi Corbino, ha qui dichiarato: «Abbiamo ritenuto necessario, doveroso, iniziare quella critica pubblica, che, doveva non soltanto interpretare il malessere del Paese, ma anche portare a una soluzione… Pensiamo, in sostanza di avere reso un servizio al Paese».

Non discuto il merito, limitandomi a dire, a proposito di questo, che in verità la campagna fu fatta anche contro di me, dipinto in certi manifesti come De Gasperi l’affamatore.

Ritengo, però, a parte tutto questo, mio obbligo di lealtà di affermare che una campagna sistematica – non parlo naturalmente di una critica occasionale concreta – che si vorrebbe far passare per critica costruttiva non può essere il metodo di un partito al Governo, per provocare modificazioni nel Gabinetto. Ogni partito della coalizione ha possibilità di agire dall’interno e, a meno che non si proponga, come suo diritto, di disdire il patto di coalizione, non può cercare una crisi dall’esterno.

Richiamandomi alle mie dichiarazioni programmatiche all’inizio di questo dibattito, riaffermo questo, in tesi generale. Non dunque, difesa di questo o di quel Governo, ma come problema del sistema democratico. Ciò vale, naturalmente, in questa misura, solo per i partiti politici direttamente implicati nella responsabilità governativa. Ma, se dobbiamo veramente costruire una democrazia popolare, dobbiamo trovare anche una via di collaborazione con altri organismi, specie con le organizzazioni sindacali. Sono lieto di ammettere che tale collaborazione ci è stata data in molte occasioni; e, mentre parliamo, facciamo vivi voti perché le rappresentanze sindacali organizzino tra di loro, in liberi accordi, quella tregua nel campo del lavoro che è una delle premesse indispensabili per consolidare la nostra situazione economico-finanziaria, come ha sostenuto anche il mio collega Ministro del tesoro ieri sera.

In alcuni casi, però, la collaborazione venne ottenuta a gran fatica o affatto. Porto l’esempio – se permettete – della occupazione delle terre di Catanzaro. E lo porto tanto più, in quanto devo dire che oggi, come oggi, una sufficiente collaborazione con la Federterra è stata raggiunta anche colà e gli allarmi, che erano stati lanciati a proposito della occupazione delle terre, si può dire che siano superati almeno per ora.

Dall’ultimo rapporto, finora, entro cinque giorni della decorsa settimana, sono state esaminate complessivamente 67 domande e concesse complessive 13.541 tumolate di terreno, di cui 590 per decreto ed il rimanente per bonario accordo, frutto dell’opera di persuasione, che il prefetto aveva precedentemente svolta presso l’organizzazione degli agricoltori e presso la Federterra, e del cauto, intelligente, energico intervento dei presidenti delle Commissioni.

I terreni occupati sono stati prevalentemente sgomberati o per opera persuasiva, o per intervento della forza pubblica, senza dar luogo ad incidenti.

Dice il prefetto di esser certo che il suo intervento conciliativo presso la Federterra e presso i partiti di massa ha scongiurato il pericolo che le decisioni delle commissioni possano essere sfruttate da altri atti inconsulti.

Stando così le cose e ritenendo con ciò di aver risposto all’interpellanza Caroleo, al quale naturalmente resta il diritto di svolgere questa sua interpellanza al momento opportuno, vorrei aggiungere come esempio e come argomento di metodologia politica e sindacale, che io non posso condividere i metodi seguiti all’inizio dalla Federterra.

Ho qui un manifesto, un curioso tentativo di conciliare il legale con l’illegale, l’occupazione con l’accettazione parziale di un giudizio, ecc. Direi che è una prova di buona volontà che non voglio negare, ma che mostra come sia ancora imperfetta l’accettazione del metodo legale e del metodo della responsabilità governativa.

Ecco come la Federterra in provincia di Catanzaro scriveva in un suo appello ai contadini:

«Il primo Governo della Repubblica, venendo incontro al vostro secolare sogno di poter lavorare in proprio un pezzo di terra, e per eliminare la grave disoccupazione dei reduci e dei contadini poveri, emanava un decreto-legge preparato dal Ministro Segni, che, allargando le precedenti disposizioni del Ministro Gullo, vi concedeva la terra, chiamandovi a fecondarla col vostro sudore».

E sin qui siamo in completa ortodossia. Ma ecco il secondo periodo:

«L’imminente inizio dei lavori per la preparazione delle semine vi ha spinto…» (e questa è una circostanza che viene contestata nettamente dal Ministero dell’agricoltura e dagli ispettori agrari inviati sul luogo, in un lungo rapporto) «… vi ha spinto ad occupare» (l’occupazione è fatta in 25 comuni contemporaneamente) «ad occupare tempestivamente i terreni, in attesa che le commissioni a ciò istituite regolarizzino il legale possesso delle terre occupate» (Commenti).

E fin qui è una constatazione di fatto. Poi si continua:

«La Federterra è al vostro fianco. Mantenetevi calmi, sereni, evitando qualsiasi incidente»; (anche questo è meritorio) «iniziate subito il lavoro delle semine, il grano che voi produrrete sfamerà tutto il popolo». (Commenti).

Ecco dove c’è evidente contraddizione, e dove direi che la propedeutica non ha avuto il risultato voluto. Non credo di esagerare se definisco questo documento un documento di buona volontà. Ma bisogna essere chiari e precisi sopra quello che è legge e sopra quello che è esigenza, la quale, attraverso la legge, deve essere soddisfatta. E quando si ha da fare un decreto che ha precisamente lo scopo di dare terre ai contadini poveri e bisogna premere sopra gli attuali proprietari perché accettino questa soluzione, sia in via conciliativa, sia in via di aggiudicazione legale, allora, per dar man forte al Governo, non bisogna occupare arbitrariamente le terre, ma bisogna premere sulle commissioni, rivolgersi ai prefetti, rivolgersi qui, se non basta ai prefetti, perché la legge sia il più rapidamente possibile attuata.

Questa è la strada della collaborazione, che non riguarda soltanto la riforma agraria, ma anche tutte le altre riforme che dovranno seguire. Questa è la strada della collaborazione delle forze popolari organizzate con gli organi del Governo.

Ho già risposto, passando ad altra materia, al mio egregio ex collaboratore Negarville, che il Governo sta già preparando la conferenza economica che egli desiderava. Il C.I.R. (Comitato Interministeriale per la Ricostruzione) ha avuto l’incarico di prepararne tutto il piano e se qualcuno desidera dare suggerimenti circa il programma e circa la partecipazione a questa conferenza, siamo a sua disposizione. Sarà una buona occasione per sentire le persone competenti in economia e gli interessati e credo che ciò darà anche modo ai membri del Governo dei vari settori economici di dimostrare, più che non si sia riusciti lungo questa discussione politica, che non è vero che il Governo sia stato abulico e che non provvedeva e non ha previsto.

Tutti i provvedimenti concreti che abbiamo o lanciato o iniziato per essere attuati, oppure abbiamo preparato, hanno avuto qui scarso rilievo e scarsissimo rilievo è toccato all’opera dei Ministri tecnici che in seno al Comitato di Ricostruzione svolgono, sotto la presidenza dell’amico Campilli, attività fecondissima.

Per opera del Ministro dell’industria, e questo l’ho accennato nelle mie dichiarazioni, ma nessuno vi si è soffermato, per quanto sia un fatto nuovo nell’economia italiana e di una incidenza notevole soprattutto come esempio, per opera del Ministro dell’industria è stato provveduta alla filatura di un certo blocco di cotone messo a disposizione dall’U.N.R.R.A. Secondo il programma di lavorazione concordato dal Ministero con gli industriali, dovranno essere forniti nel mese di ottobre 500.000 chilogrammi di prodotti finiti, un milione e mezzo in novembre, due milioni in dicembre, 3 milioni in gennaio 1947. Ora il Ministero dell’industria si occupa attivamente di organizzare la distribuzione dei prodotti col concorso della Confederazione del commercio, dei consorzi di distribuzione e con tutti gli organismi che posseggono una attrezzatura atta ai compiti che verranno loro affidati. Impresa questa di grande mole, di cui siamo appena all’inizio. Al cotone si aggiungeranno la lana e dopo le pelli in quantitativi rilevanti. Vi sono stati in questi giorni vivi negoziati con gli industriali lanieri per la lavorazione di un notevole contingente di lana, per la quale il Ministero insiste allo scopo di poterne iniziare la distribuzione dei manufatti entro il prossimo mese di dicembre. Gli industriali lanieri adducono la piena occupazione degli impianti per le lavorazioni in corso destinate all’esportazione, e hanno proposto di iniziare le prime consegne nella primavera del 1947, condizione questa che non possiamo accettare, cosicché siamo costretti ad esercitare attualmente una forte pressione onde ottenere che si proceda senza ulteriore ritardo alle lavorazioni destinate al mercato interno per il consumo dei ceti meno abbienti.

Da questo banco, e a nome di tutto il Governo, faccio appello agli industriali tessili perché, nel momento in cui molti di essi traggono larghi profitti da una congiuntura eccezionale, sappiano sacrificare una parte dei loro guadagni per corrispondere, secondo un superiore dovere civico, al fabbisogno delle popolazioni (Applausi generali) e dichiaro che, ove mancasse l’accordo, il Governo saprà esigere, con interventi necessari e di suprema energia, l’adempimento di questo dovere. (Vivi, generali applausi).

Ciò naturalmente deve ottenersi senza intaccare troppo il lavoro in corso per l’estero, perché riconosciamo l’importanza che ha per tutta l’economia l’esportazione. Il mio richiamo si rivolge a tutte le categorie produttive e commerciali, perché taluni non si illudano di potere impunemente abbandonarsi alla speculazione che si è sfrenata in quest’ultimo periodo contando sull’impotenza del Governò. Il Governo è deciso a mantenere il pieno controllo della situazione e ad agire con tutti i mezzi per imporre l’osservanza di quei regolamenti sui quali una ordinata ripresa della nostra economia deve fondarsi. II Governo comprende l’interesse delle diverse categorie; saluta lo spirito di iniziativa che esse possono manifestare; desidera vivamente la loro collaborazione; ma è deciso a non transigere con chiunque intende sottrarsi al dovere di contribuire disciplinatamente all’opera comune, sostenendo quelle rinunce, quei sacrifici che gli interessi della collettività richiedono. Un progetto di legge contro gli accaparratori e gli incettatori è in preparazione.

E, parlando di altre attività, promosse, iniziate, organizzate dal Comitato di ricostruzione, mi rivolgo all’onorevole Carmagnola, il quale nel suo concreto, sostanziale discorso, ha sottolineato, fra l’altro, l’opportunità di incrementare in tutti i modi possibili l’attività edilizia. Questo problema è stato sentito dal Governo come una necessità inderogabile, e per questo era già inserito nel programma dei nostri inizi. Avviare la ricostruzione edilizia significa non soltanto venire incontro al bisogno di abitazioni, ma anche rianimare un settore che promette di assorbire notevole capacità di lavoro, sia per domanda diretta, sia per quella indiretta nelle industrie connesse all’attività ricostruttiva. Per decisione del Comitato di ricostruzione i Ministeri competenti si sono dedicati allo studio del problema e hanno preparato ed elaborato schemi di disposizioni tendenti a rendere operante l’aiuto che all’attività edilizia può essere offerto dallo Stato, a facilitare gli Istituti di credito edilizio, a creare nei proprietari, nei costruttori lo stimolo anche economico della ripresa delle costruzioni dopo tanti anni di stasi. Una prossima seduta del Comitato sarà destinata al definitivo esame del coordinamento di questo piano, in modo che sia possibile al Consiglio dei Ministri deliberare al più presto sui progetti di legge già completi nei loro dettagli.

È lecito attendersi che con la ripresa dell’attività edilizia, unitamente ai lavori pubblici che proseguiranno col maggiore ritmo consentito dalle materie prime disponibili e dai crediti, il grave problema della disoccupazione potrà avere un rapido sollievo.

Collegato al problema della disoccupazione e del migliore ordinamento della produzione è la questione del blocco dei licenziamenti. Sapete che sono state costituite sette Commissioni per esaminare in concreto, in ciascun settore, le condizioni di lavoro e le possibilità di sblocco e di impiego. Queste sette Commissioni hanno ora terminato il lavoro e, come mi pare sia stato già accennato da qualcuno, il risultato è stato confortevole, in questo senso che, scendendo dalle alture delle troppo generiche affermazioni, si è trovato che in fondo il numero delle maestranze eccedenti in questi settori non supera i centosettanta-centottantamila lavoratori.

Non dovrebbe essere impossibile alla Commissione centrale, che nei prossimi giorni dovrà prendere le sue decisioni, di conciliare gli interessi delle classi lavoratrici con quelli della produzione, tanto più che tali interessi, se rettamente intesi, non possono non coincidere nel riconoscimento della comune esigenza del massimo impulso da dare alla produzione industriale italiana.

In tutte le decisioni della Commissione e nell’appoggio del Governo e delle categorie interessate, che sarà esplicato per dare l’applicazione ad esse, saranno sempre presenti le necessità di provvedere ai bisogni industriali e della ricostruzione, di sollecitare l’opportunità di lavoro per le maestranze in soprannumero. La necessità di aumentare le possibilità di lavoro, di incrementare il reddito e con questo le condizioni di vita del popolo che lavora, ha portato ad avviare lo studio di un piano generale di produzione nazionale. Un tale piano è in effetti indispensabile, anche solo per il controllo della importazione e della distribuzione interna delle principali materie prime, tutte rigidamente controllate su base internazionale ed anche come base per le trattative e per i finanziamenti esteri avviati o da avviare al fine di coprire il deficit della nostra bilancia dei pagamenti e di affrettare la ricostruzione economica del Paese.

In proposito, com’è apparso sui giornali, si è tenuto, in presenza del capo della nostra delegazione commerciale economica a Washington, una seduta del Comitato che si è occupato in dettaglio di questo piano.

Questi prestiti esteri ci verranno evidentemente concessi solo in quanto sapremo e potremo dimostrare agli eventuali finanziatori l’accorto uso delle somme che ci verranno date, secondo concreti programmi intesi a ricostruire i singoli settori della nostra economia: trasporti, telecomunicazioni, viabilità, edilizia, riconversione e riordinamento delle industrie, ecc., nonché ad aumentare il reddito nazionale; perché solo nella documentata sicurezza di tale aumento trova fondamento la garanzia che il capitale prestato potrà essere gradualmente da noi restituito.

Il piano di produzione industriale ed il programma delle opere pubbliche devono essere appoggiati e sostenuti da una accorta politica creditizia interna, e di ciò ha fatto largo accenno il Ministro del tesoro nella sua relazione.

Vorrei aggiungere un elemento di tranquillità e di ottimismo a quelli già detti dal collega Bertone, ed è questo: che gli indici della produzione industriale per il mese di agosto dicono che si è arrivati al 65 fino al 70 per cento del livello toccato nel 1938, mentre sei mesi or sono eravamo al 45 per cento, e nella seconda metà del 1945 si era scesi fino al 10-15 per cento di quel livello. È chiaro che la ripresa industriale non dipende soltanto dalla nostra volontà, ma anche da un complesso di fattori internazionali sui quali non è sempre possibile agire nella misura che può apparire desiderabile alla nostra impaziente volontà ed esigenza ricostruttiva.

Non deve essere nemmeno sottaciuto che il livello di produttività attuale non dà ancora garanzia di realizzare rapidamente un livello di vita tollerabile per il popolo italiano, le cui condizioni non si potevano dire soddisfacenti neppure prima della guerra; ma il valore del dato che ho richiamato è soprattutto di natura morale, perché testimonia la volontà del popolo italiano di ricostruire sulle rovine, ed è un fatto che l’opera del Governo, pur attraverso tante difficoltà, tante incertezze e tante critiche, non è stata inefficace.

Un particolare accenno ha fatto l’onorevole Carmagnola agli ostacoli che trova nella fiscalità lo sviluppo delle cooperative. Devo informarlo, se già non gli è noto, che un progetto al riguardo è stato presentato dal Ministero delle finanze per un trattamento migliore alle cooperative, progetto che ora si deve cercare di concretare. La difficoltà sta nel distinguere le cooperative vere da quelle false ed a questa opera si dedica ora il Ministro del lavoro.

Ora qualche cenno di risposta agli oratori, domandando scusa se la trattazione fatta da alcuni di essi, è stata presa in considerazione in termini generici senza che gli oratori stessi siano stati nominati.

Il primo (voglio dargli questa soddisfazione, poiché l’altra volta l’ho completamente dimenticato) l’onorevole Giannini ha affermato dalla «specula del buon senso» di avere scoperto che chi risolve la crisi, qualunque cosa si faccia, sono sempre i tre capi partito. I soli, ha detto, che in realtà governano il Paese. Onorevole Giannini, devo purtroppo contestare questa verità che lei ha affermato. Disgraziatamente non è così. Governare in un Governo di coalizione è molto più difficile che raggiungere un semplice accordo fra i tre. E non è detto che l’accordo fra i tre sia pronto e rapido. Comunque, mi pare di dover accettare come un buon augurio che da quei banchi sia venuto l’invito ai gruppi della maggioranza di mettersi d’accordo per fare un Governo veramente efficace. Se da voi è venuto questo invito, vuol dire che il sentimento è generale, che non c’è differenza tra un Governo o un altro, che tutti invocano che esso possa salvare il Paese in questo momento. (Applausi a destra).

GIANNINI. È il nostro solo desiderio.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. All’onorevole Cortese devo dichiarare che il sequestro delle armi non è sospeso, continua. Abbiamo dei sequestri caratteristici fatti nel Varesotto e in Emilia.

All’onorevole Bencivenga vorrei dare l’assicurazione che il vecchio decreto di sfollamento dell’esercito – che è una fatalità in relazione al trattato di pace e alle nostre condizioni finanziarie, perché sarebbe ridicolo supporre che possiamo avere un grande esercito con un numero straordinario di ufficiali superiori – questo vecchio decreto, che non è stato inventato dall’attuale Ministro della guerra, che l’ha trovato già deliberato dal Consiglio dei Ministri, per la riduzione dei ruoli, viene fatalmente a scadenza nel prossimo ottobre. Devo dire però che a questa azione non è di per sé connesso alcun carattere politico che svaluti in complesso coloro che ne vengono colpiti o che tocchi comunque l’onore dell’esercito italiano o il sentimento nazionale. (Applausi al centro e a destra).

All’amico onorevole Conti devo rispondere circa l’autonomia comunale. Non è vero che non siamo sulla strada giusta; è vero che, come Governo, possiamo fare poco nel periodo costituente per riformare la legislazione comunale. È vero che se esiste una legge dello Stato, secondo la quale i segretari comunali sono funzionari dello Stato, non possiamo da oggi a domani liberarci da questo sistema che è, naturalmente, anche un impegno verso il personale.

Se la Costituente reintrodurrà la completa autonomia a questo riguardo, non avrei personalmente nulla da opporre, ma intanto il Governo ha già fatto qualche cosa per anticipare una maggiore libertà dei comuni con un progetto di prossima emanazione, che riguarda il diminuito controllo previsto dalla legge comunale e provinciale in vigore. Non entro in dettagli.

Secondo: la questione finanziaria. È questa la questione più grossa. Noi facciamo qualche cosa in pratica per l’autonomia, perché preventiviamo ormai per il prossimo bilancio da 20 a 21 miliardi per l’integrazione dei bilanci comunali. È un’offerta che fa lo Stato proprio all’autonomia comunale; ma riconosciamo che non basta e che questo sistema, invece che provocare l’autonomia, può produrre anche il rovescio.

Quindi, bisogna tornare all’autosufficienza fiscale ed introdurre riforme che permettano ai comuni di approvvigionarsi da sé anche nel campo fiscale.

Il Ministro delle finanze mi dice che entro la settimana il progetto della finanza locale sarà pronto per essere presentato. (Approvazioni).

L’amico onorevole Conti ha accennato alle sue preoccupazioni repubblicane e mi piace dire che le sue conclusioni posso farle completamente mie, quando ha detto che «la Repubblica è un fatto organico», il che vuol dire che è un fatto semi-biologico che va crescendo, aumentando, una trasformazione di istituti e di coscienze e che è l’opera interiore di un popolo. È su per giù quello che ho affermato nelle mie dichiarazioni, che egli ha ripetuto con più competenza, con più impeto, con più entusiasmo, ma che diventa anche, per qualunque politica pratica democratica dell’Italia, una esigenza assoluta.

Io penso che ciascuno in tale materia può avere teoricamente le idee che crede, però il Governo è assolutamente contrario alla creazione di un legittimismo attivo, poiché deve riconoscere che esso, indipendentemente dalla forma, e cioè se monarchico o repubblicano, è diretto contro la democrazia ed i metodi della democrazia. Con il referendum si è deciso una buona volta, il popolo si è sottomesso all’autorità del responso, abbiamo una decisione, basta in Italia con questioni di regime: uniamoci! (Vivi, generali applausi).

È quindi la repubblica, la quale dovrà essere regime di libertà, che potrà raccogliere tutte le mentalità e tutte le tendenze di destra, di centro e di sinistra ed albergare anche coloro che non siano contenti dell’attuale sistema di Governo, che possono invocare una maggiore autorità del Governo stesso. Tutto questo può avvenire in repubblica, purché liberamente discusso e lealmente praticato. (Approvazioni).

Ho detto nelle ultime dichiarazioni che le leggi della solidarietà e della fraternità sono leggi eminentemente repubblicane, perché non sono solo nella tradizione, ma sono una esigenza assoluta perché la Repubblica viva e prosperi e si rafforzi. Ora noi dobbiamo augurarci che queste leggi penetrino soprattutto nel costume, prima ancora che nello statuto; perché lo statuto non è sufficiente se nel costume, nel rispetto vicendevole dei partiti, nel senso di responsabilità e di libertà noi non creiamo l’atmosfera in cui lo statuto possa essere onestamente applicato. (Applausi).

È stato fatto un accenno in un ordine del giorno, e qualcuno ne ha parlato anche durante la discussione, alla politica estera. È vero, il Governo si è impegnato di fare dinanzi alla Camera, nel momento opportuno, un’ampia discussione. È vero che la Camera, prima attraverso la Commissione dei trattati e poi in Assemblea plenaria o comunque sia, ha diritto di accettare o respingere un trattato; quindi niente verrà pregiudicato in questo senso; però non ritengo che questo momento, quando le trattative non sono ancora finite, sia il più opportuno per fare una grande discussione pubblica. Il discorso dell’onorevole Benedetti conteneva parecchi rimproveri contro la mia politica e contro la mia attività personale. Non reagisco in questo momento, ma non s’illuda che io con ciò gli dia ragione. Non accetto le sue conclusioni nei riguardi dei rapporti con la Francia, sulla mia attività generale e su quella della delegazione italiana a Parigi. Oggi è arrivato l’onorevole Bonomi; ciò darà occasione ad un’imminente convocazione della Commissione dei trattati; si entrerà nel dettaglio per fare il punto a proposito di queste trattative.

Permettetemi però che io dica che qualcosa si è ottenuto.

1°) Si è ottenuta l’affermazione morale della belligeranza e dei diritti di belligeranza, e ciò ha avuto delle conseguenze pratiche nell’articolazione che ne è seguita.

2°) Si è ottenuto un diritto, per quanto generico, delle minoranze. Non vuol dire per questo che siamo tranquilli, perché disgraziatamente un telegramma giunto ieri, che anche i giornali hanno pubblicato e che mi augurerei non fosse esatto, telegramma del Comitato di liberazione dell’Istria, dice che anche oggi si prendono provvedimenti che non potremmo accettare né riconoscere come contributo alla pacificazione internazionale: alla pacificazione, soprattutto, con gli slavi, la quale resta ancora una delle esigenze della nostra vita internazionale.

3°) Possiamo dire che esiste, dopo le trattative, dopo le discussioni, dopo i contatti avuti, una fondata speranza che le riparazioni non vadano al di là della cifra di 200 o 300 milioni di dollari complessivamente.

4°) Possiamo dire che abbiamo ottenuto diversi miglioramenti agli articoli 65, 68 e 69 e che, in via pratica, parecchie nazioni, che da principio hanno affermato i loro diritti in sede di trattato, stanno negoziando con noi per avere una soluzione bilaterale.

Forse qui non ha fatto tanta impressione; ma il trattato italo-austriaco ha avuto uri grande significato, un significato che a Parigi non è sfuggito, come non è sfuggito alla opinione pubblica internazionale. Questa povera Italia, accusata di essere l’erede delle oppressioni e di mantenerle ancora, questa povera Italia, che in tante sue parti ha ancora le membra sanguinanti, nei rapporti con gli altri popoli ha avuto però la forza, l’antiveggenza, la modernità, la fede nell’avvenire di passar sopra alle antiche considerazioni.

Io mi ricordo dei tempi delle lotte per l’Università di Innsbruck, quando abbiamo pagato il nostro contributo a questa italianità con la prigionia. Dopo cinquanta giorni venivamo liberati. Ma nessuno mai, né in Italia né in Austria, poté dire con sicurezza, con nozione certa, che la liberazione era dovuta all’intervento del Governo italiano, perché allora vigeva uno spirito ermetico di sovranità assoluta, per cui l’ammettere che una nazione, anche per vincoli di sangue, potesse intervenire, sia pure benevolmente, presso un alleato per attenuarne le condizioni etniche era un incrinare la sovranità assoluta dello Stato.

Ebbene, oggi, noi, Italia moderna, non abbiamo avuto paura di constatare pubblicamente ciò che già in parte è formulato nelle nostre leggi e in parte nei nostri progetti in corso di attuazione. Volevamo così dare innanzi ad un foro internazionale l’esempio del come devono essere garantite tutte le minoranze di tutti i paesi. Per tutto quello che ha attinenza alle opzioni, ai rapporti economici, ai rapporti di convivenza, noi siamo disposti – e non dubito che voi approverete, quando questa convenzione sarà portata alla Camera – a discorrere col Governo austriaco, al quale non riconosciamo sovranità su quei territori, ma riconosciamo l’esistenza di un comune amichevole interessamento. (Vivi generali applausi).

Lasciamo quindi le discussioni, lasciamo da parte la polemica in questo momento. Ricordiamoci che le decisioni non sono state ancora adottate.

Non ho obiezioni formali contro l’ordine del giorno del collega onorevole Benedetti, ma credo che esso possa essere riassunto in un’ultima parola che vorrei mi permetteste di dire anche a vostro nome, parola rivolta a Parigi, rivolta soprattutto ai rappresentanti di grandi Stati che sono responsabili dei termini della pace:

Strappandoci territori italiani, ferite profondamente l’anima nazionale, indebolite lo slancio del popolo italiano verso la elevazione democratica internazionale; addossandoci pesi insopportabili, ripetereste l’errore di Versaglia. Se tali fossero le vostre decisioni definitive, la corresponsabilità non potrebbe ricadere sul popolo italiano e i suoi rappresentanti, che da due anni hanno levato la loro invocazione di giustizia e la loro voce di protesta. (Vivi prolungati applausi).

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Presidente del Consiglio di voler esprimere il suo parere sui vari ordini del giorno.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Non ho nulla da obiettare sull’ordine del giorno Damiani: ne riconosco l’importanza.

Mi pare che l’ordine del giorno Marinaro, dopo le spiegazioni da lui stesso date e quelle del Ministro del tesoro, sia superato.

Non posso naturalmente accettare l’ordine del giorno di sfiducia dell’onorevole Perrone-Capano. Molto meno posso accettare l’ordine del giorno di sfiducia verso qualunque Governo italiano dell’onorevole Finocchiaro Aprile.

Credo di aver assorbito, nella mia dichiarazione, l’ordine del giorno Benedetti.

Accetto l’ordine del giorno Meda.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Damiani se intende mantenere il suo ordine del giorno.

DAMIANI. Intendo mantenerlo.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Marinaro se intende mantenere il suo ordine del giorno.

MARINARO. Lo ritiro.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Finocchiaro Aprile se intende mantenere il suo ordine del giorno.

FINOCCHIARO APRILE. Il Capo del Governo ha dichiarato di non potere accettare il mio ordine del giorno in quanto esso è diretto contro tutti i Governi. Non è vero. È stato un modo inelegante per sfuggire alla questione. Lasciamo stare quelli che saranno i Governi di domani. Badiamo, invece, al Governo di oggi. (Commenti Rumori).

Con questo ordine del giorno si invita il Governo ad emanare di urgenza i provvedimenti necessari a mettere la Sicilia a quel livello politico, morale, economico e sociale che la Sicilia e la civiltà esigono.

L’onorevole Presidente del Consiglio, a mio avviso, aveva il dovere di dire la sua opinione su questo ordine del giorno e non poteva sfuggire all’obbligo preciso di discolparsi dalle accuse precise e categoriche da me mossegli. Il suo silenzio non ha altro significato che egli non ha nulla da opporre alle mie accuse.

Ora, poiché il Capo del Governo non ha voluto esprimere il suo pensiero sul mio ordine del giorno, io ed i miei amici abbiamo il diritto di ritenere che il Governo si rifiuta ancora di provvedere secondo le nostre legittime richieste e che non voglia fare nulla, come mai nulla ha fatto, per la Sicilia. (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevole Benedetti, lei mantiene il suo ordine del giorno?

BENEDETTI. Prendo atto con piacere delle oneste e patriottiche dichiarazioni finali del Presidente del Consiglio e perciò ritiro il mio ordine del giorno. (Applausi).

PRESIDENTE. Si procederà ora alla votazione del seguente ordine del giorno accettato dal Governo:

«L’Assemblea Costituente, udite le dichiarazioni del Governo che lo impegnano al consolidamento delle nuove istituzioni democratiche repubblicane e ad una sollecita organica azione di politica economica,

le approva e passa all’ordine del giorno».

«Meda, Terracini, Taviani, Pertini, Lombardo Ivan Matteo, Natoli, Mazzei».

Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, l’onorevole Sforza. Ne ha facoltà.

SFORZA. Onorevoli colleghi, a costo di prendere un minuto di più del vostro tempo, desidero, prima di sottoporvi le brevi parole che la coscienza mi detta, confessarvi la ragione per cui mi limito ad una laconica dichiarazione di voto invece di essermi iscritto nella discussione generale. Con ciò esorbiterò forse dall’argomento delle dichiarazioni di voto, ma non prenderò che pochi secondi. E bensì vero che io ho udito in quest’aula discorsi notevolissimi per dottrina politica e per altezza morale, ma è anche vero, e permettetemi di comunicarvi nudo e crudo il mio pensiero, che sono profondamente convinto che il popolo italiano finirà per staccarsi poco a poco dall’Assemblea Costituente se gli verrà, anche a torto, il dubbio che noi parliamo troppo e che dimentichiamo il supremo dovere per il quale siamo qui, che è di dare al Paese, al più presto, una costituzione repubblicana. Di essa abbiamo bisogno urgente per creare quella stabilità repubblicana senza la quale è impossibile garantire la laboriosità ordinata, così indispensabile al popolo italiano per la propria risurrezione. È per questo che, per parlare, ho scelto la forma della dichiarazione di voto, misurandone ogni parola per essere brevissimo.

Noi agiamo contro il nostro interesse quando, da parte nostra, si accentua esclusivamente il lato italiano di certi problemi, e questo rimprovero non va certo al Presidente del Consiglio, che ogni volta che ha parlato a Parigi di fronte agli Alleati, ha costantemente espresso un suo sentimento di solidarietà fra l’Italia, l’Europa ed il mondo.

È per parlare efficacemente per l’Italia che noi dobbiamo fare sentire che parliamo europeo ancor più che italiano.

I nostri diplomatici dovrebbero ricordare almeno l’esempio del più grande diplomatico italiano dell’ottocento, Cavour. Nei suoi discorsi al Congresso di Parigi si cercherebbe invano una sola parola sua in favore del Piemonte e neppure dell’Italia. Egli parlò solo di due cose: pace, progresso; ma pensava sempre: Italia! Italia! E per questo vinse per l’Italia.

Malgrado le rovine, fra cui il fascismo ci precipitò, noi varremo ben un po’ più del piccolo Piemonte; ed anche noi vinceremo, se lo vorremo. Vinceremo perché siamo una delle nazioni più laboriose del mondo, perché per la prima volta da Cristoforo Colombo, il Mediterraneo è ridivenuto uno dei gangli vitali del nostro globo, perché noi italiani ci siamo in mezzo, e perché non si può fare una politica europea e una politica mediterranea senza gli italiani.

Se la pace ora non sembra sicura, non è per colpa né degli Stati Uniti, né della Gran Bretagna, né della Russia. È perché un invisibile protagonista turba ovunque gli spiriti e li rende malati. Questo protagonista si chiama Terrore, Paura, Sospetto. L’ho scontrato ovunque nell’America Latina, dove, per ciò che ci concerne, tutti i popoli e tutti i governi ci amano di amore fraterno. L’ho incontrato a Washington, a Londra, a Parigi.

Ma è bastato che ieri, in una intervista a un giornalista inglese, Stalin abbia dichiarato solennemente che la Russia non vuole la guerra, perché tutti gli spiriti si siano rasserenati negli Stati Uniti e che perfino Wall Street abbia esultato.

Tutti gli errori commessi finora da ogni parte non sono effetto né di perfidia conservatrice, né di perfidia sovietica; sono effetto della paura e del sospetto.

Si errò in Russia, quando si spinsero i comunisti francesi ad opporsi ad una intesa italo-francese. Si temeva fosse l’inizio del blocco occidentale. Era il contrario che era vero. I due blocchi ostili non potrebbero essere che opera dei tre giganti e dei loro vassalli. Ma due grandi valori morali, come l’Italia e la Francia, non possono divenire vassalli. Uniti, i due popoli formerebbero un quarto gigante, che cambierebbe felicemente il carattere delle conversazioni fra i tre organismi, i quali non hanno altro difetto che questo: che sono troppo pochi e sono troppo grossi.

Ma noi italiani tutti commettemmo forse a nostra volta un errore: e fu di non rompere, già molti mesi fa, il ghiaccio con la Russia e farle sapere in modo solenne che, amici lealissimi come vogliamo essere degli Stati Uniti e dell’Inghilterra, non diverremo mai strumento di blocchi ostili gli uni contro gli altri. E con questo non attribuisco colpa ad alcuno, perché la colpa sarebbe anche mia, che non insistei su questo concetto, quando ero membro del Governo. Ma tutti sanno, il Presidente del Consiglio per primo, quanto sia difficile decidere su problemi essenziali ma a torto non stimati urgenti, quando è una coalizione che governa.

Noi non dobbiamo mai dimenticare – anche quelli che delirano di bombe atomiche – che una guerra significherebbe automaticamente l’Italia del nord ridivenuta campo di battaglia dell’Europa, e noi, come al tempo dei Franchi e dei Longobardi, ridivenuti «un volgo disperso che nome non ha».

Dal canto suo la Francia dovrebbe sapere che ridiverrebbe la testa di ponte di eserciti stranieri, ciò che la porrebbe in una situazione ancor più umiliante della nostra, perché più ambigua.

A pace raggiunta (pace che per l’Europa e per noi mi auguro meno illogica e meno insensata di quella che oggi ci si propone, insensata perché senza scopo, giacché comprenderei una pace che ci voglia distruggere, una pace che ci voglia proteggere, una pace che ci voglia eliminare, una pace che voglia servirsi della nostra collaborazione, ma non questa specie di pace didascalica, moralistica, per cui ci si mette in un angolo con le orecchie di cartone – come si usava nelle antiche scuole – perché siamo stati cattivi, perché abbiamo subito un regime infame che la maggior parte degli Stati europei hanno applaudito ed approvato) (Applausi) a pace raggiunta – dico – pace che noi speriamo con tutto il cuore sia migliorata, perché non si può sentire senza profonda commozione la sincerità dell’accento delle parole testé qui pronunziate dall’onorevole De Gasperi; a pace raggiunta l’Italia avrà comunque una sua forza se, invece di indulgere in morbosità nazionalistiche, difenderà gli interessi nostri, mostrando che li tutela come elementi essenziali di interessi e problemi molto più vasti.

Il compito, in fondo, è men difficile di quello che sembri. Si veda ne Il Tempo di ieri la felice contemporanea pubblicazione di un articolo di Eden e dell’intervista di Stalin. In fondo, se si guarda all’essenza di quanto dicono il conservatore britannico e il Capo dello Stato sovietico, c’è fra essi molta più similitudine che a prima vista non paia, per ciò che concerne la pace.

Non cristallizziamoci troppo su noi soli. Pensiamo al mondo che cambia costantemente intorno a noi. Chi avrebbe pensato venti mesi fa che si sarebbe cominciato ad occhieggiare amorosamente coi tedeschi, come si è fatto qua e là in due o tre discorsi solenni, coi tedeschi che, contrariamente a noi italiani che siamo profondamente mutati, non hanno minimamente cambiato la loro psiche?

Dappertutto si auspica una riconciliazione molto più generale e sincera di quella un po’ machiavellica che taluni contemplano con i tedeschi. Sì, dappertutto si è stanchi di vivere coi nervi tesi, ma non si trova la strada. È nostro onore italiano – e mi permetta l’onorevole De Gasperi di riprendere le sue parole che egli forse ha il torto di aver pronunciato con tono troppo modesto – è nostro onore italiano che, nella cecità opaca dei negoziati di Parigi, noi demmo, prima e finora soli, un esempio luminoso con l’accordo italo-austriaco. Desidero sappiate con quali eccezionali accenti esso fu ufficialmente presentato a Parigi alla Commissione politico-territoriale dal suo presidente Eagleland. Leggo, traducendo letteralmente: «È per me causa di profonda gioia di presentare alla Commissione un accordo che è un alto raggio di luce e che fa grandissimo onore ai due Paesi che l’hanno concluso». (Applausi).

Sia nostra speranza suprema che nuovi raggi di luce rischiarino il cielo, presto o tardi, fra noi e tutti i nostri vicini. Le febbri nazionalistiche non sono mai eterne. Io rinvio gli jugoslavi ad una frase del Tommaseo che fu metà slavo e metà italiano: «Se non per amore è per forza che italiani e slavi dovranno intendersi». Che significa per me questa frase, oggi, quasi cento anni dopo che fu pronunziata? Questo: che mentre non credo a un pericolo di guerra fra due blocchi che mi auguro non si formeranno mai, intravedo invece un altro, sia pur lontano, pericolo di guerra. Vi fu qualcuno in Italia che nel 1920 disse alla Jugoslavia: fate la pace con noi perché fra venti anni la Germania verrà di nuovo verso l’Adriatico e, se non siamo d’accordo, schiaccerà voi e noi. Questo pericolo di guerra nel lontano avvenire è ancora lo stesso pericolo di ieri, è il pericolo germanico, e guai agli jugoslavi se non capiranno che potranno essere soltanto salvati dall’amicizia con l’Italia. (Applausi). Se gli jugoslavi capiranno, la pace nostra e la pace loro saranno sicure. Se ciò accadrà e se vi sarà una laboriosa concordia italiana all’interno il nostro avvenire è sicuro. Da soggetti di storia quali noi eravamo, il fascismo ci ridusse a meri oggetti di storia; ma noi ridiventeremo soggetti di storia, cioè liberi arbitri del nostro destino. Quel giorno, sol che lo vogliamo, l’Italia sarà rispettata nel mondo quale mai fu, quale Mazzini la sognò. (Applausi a sinistra e al centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Cianca. Ne ha facoltà.

CIANCA. Nella precedente votazione politica che concluse il dibattito di questa Assemblea, il gruppo autonomista decise di astenersi. Esso annunciò allora che questa sua astensione si sarebbe risolta in un atteggiamento di opposizione animato da uno spirito di critica costruttiva se il Governo si fosse rivelato incapace, come la sua stessa composizione lasciava intravedere, di tradurre in atto, con organicità ed energia, il programma di emergenza imposto dalla crisi del tempo.

La discussione che si è svolta sulle dichiarazioni dell’onorevole De Gasperi dimostra come le preoccupazioni e i timori che erano e sono in noi, appartengono anche a zone più o meno larghe delle stesse forze politiche rappresentate nel Ministero. Ieri l’altro un collega, parlando a nome di un partito che nel Governo ha e mantiene i suoi uomini, rimproverò al Governo di non aver fatto nulla.

Noi ci limitiamo a dire che esso ha fatto poco, ma aggiungiamo le ragioni per le quali la sua opera si è manifestata inferiore alle esigenze e alle aspettative del Paese, ragioni indicate dal nostro Lombardi e che permangono immutate. Pensiamo cioè che non sia valsa e che non possa apparire sufficiente la sostituzione dell’onorevole Corbino con l’onorevole Bertone, le cui nobili e oneste intenzioni annunciate nell’ottimistico discorso di ieri non ci appaiono la via sufficiente per dissipare le nostre apprensioni circa la mancanza di un piano concreto di risanamento economico.

Pensiamo che per l’insopprimibile giuoco dei dissensi interni e per la mancanza di uno slancio unitario di decisione e di azione il Governo si trova oggi di fronte ad una situazione obiettivamente aggravata, nelle stesse condizioni di scarsa efficienza nelle quali si è dibattuto finora. Da questa premessa deriva che noi mancheremmo di lealtà verso noi stessi e mancheremmo di coerenza se, in contrasto con lo sviluppo logico della posizione da noi assunta tre mesi fa, confondessimo oggi il nostro voto con quello dei partiti governativi. Noi abbiamo comune con questi partiti il proposito di difendere e consolidare le istituzioni democratiche repubblicane. Ma è appunto per questo che ci assegniamo il compito di agire nel campo dell’opposizione democratica, perché tra il fine che ci proponiamo e l’organo governativo destinato ad attuarlo, il rapporto diventi sempre più stretto e sempre più efficiente.

È chiaro, dunque, che la nostra opposizione si ispira a motivi e risponde a scopi che non hanno nulla di comune con quelli che determinano e animano l’opposizione di partiti e di interessi che sul piano politico e sul piano sociale noi combattiamo. È precisamente in contrasto coi fini cui tende quella opposizione che noi oggi assumiamo la incresciosa ma doverosa responsabilità di negare al Governo la nostra fiducia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Meda. Ne ha facoltà.

MEDA. Onorevoli colleghi, il voto favorevole che noi daremo al Governo non è un atto di formale disciplina di gruppo, ma ci è dettato da quel senso di responsabilità che tutti i cittadini, ed in modo particolare gli uomini ai quali il popolo ha affidato il compito della sua rappresentanza alla Assemblea Costituente, devono tenere a norma di vita in questo drammatico momento dell’esistenza nazionale.

Riconfermeremo la fiducia al Governo che è l’espressione delle forze più fattive del Paese, al Governo nel quale il popolo deve poter credere, perché crede nella libertà e nella democrazia. Altri ha affermato e potrà affermare che in questi ultimi tempi l’azione governativa è stata fiacca; che non si è fatto tutto ciò che si poteva, che si doveva fare, che le promesse per l’azione futura non dànno sufficiente garanzia di realizzazione del programma enunciato.

Onorevoli colleghi, la ricerca del meglio, se è nobile intento, spesse volte è remora ad un’opera ricostruttiva che non può non tenere conto delle possibilità e dell’ambiente nel quale deve svolgersi. Sarebbe pertanto deprecabile che noi mirassimo a raggiungere la meta più alta senza volere sobbarcarci alla fatica e alla pazienza del superamento degli ostacoli che si frappongono al nostro cammino; ostacoli duri e che talvolta si fanno più resistenti per la incoscienza e la caparbietà di talune categorie o gruppi di cittadini, i quali evidentemente non si sono ancora convinti che democrazia non significa anarchia; che la democrazia è una realtà, non una parola, e che la giustizia in regime democratico non si riduce ad una espressione formale, ma è precetto di azione, il venir meno al quale significa tradire l’idea che ha animato il sacrificio dei nostri morti.

Se all’indomani della realizzata unità nazionale, Massimo d’Azeglio poteva affermare che, fatta l’Italia, si dovevano fare gli italiani, noi dopo il 2 giugno di quest’anno, potevamo con certezza e con fierezza proclamare che, rinate la coscienza e la dignità degli italiani, si doveva fare l’Italia, ricostruire cioè lo Stato nei suoi ordinamenti costituzionali, nella sua struttura economica, nella sua armonia sociale.

Compito questo arduo e delicato, a1 quale tutti ci accingemmo con lo stesso entusiasmo col quale avevamo nel periodo della vergogna fascista tenuta viva la fede nella riscossa. Questa fede non ci viene meno oggi, ma si fa anzi più tenace, più profonda dinanzi al dovere di difendere il sacro patrimonio conquistato attraverso il calvario di tanti dolori, di tanti sacrifici.

Onorevoli colleghi, io ho il massimo rispetto per gli economisti, né discuto la fondatezza delle leggi economiche che, a criterio dei competenti, hanno dei corsi e dei ricorsi ai quali non ci si può sottrarre. Però lasciate pur che aggiunga che nel manifestarsi e nello svolgersi di ogni evento, che sia legato alla volontà ed alla umana attività, grande importanza ha il fattore psicologico: in bene ed in male. Spesse volte accadono nella vita dei popoli fatti che hanno del miracoloso. Non fu miracolo nel novembre 1917, dopo la bufera di Caporetto, la resistenza del Piave? I tecnici unanimi affermavano allora che non si sarebbe potuto arrestare l’avanzata austro-tedesca. Ma il Popolo e l’Esercito italiano, sconvolgendo ogni previsione dei competenti, seppero frenare l’impeto del nemico e vincere la guerra; la guerra nostra, la cui fine creava la possibilità di rapidissima definizione vittoriosa per gli Alleati della guerra che si combatteva su gli altri fronti europei. Ciò non dovrebbero dimenticare i grandi ed i piccoli del Lussemburgo. La storia dei popoli, quando è grondante di sangue e di lacrime e onusta di fato, non si cancella. Né, onorevoli colleghi, si può mortificare un popolo per l’ignominia del tiranno che lo ha perseguitato e torturato.

Non si può condannare l’Italia, che nell’altra guerra ed in questa offrì così valida resistenza contro l’Antieuropa rappresentata dalla prepotenza tedesca per il martirio di venti anni di fascismo. La democrazia rifugge da tali mostruosità che offendono la giustizia e la stessa civiltà.

A Parigi la nostra delegazione ha onestamente, umanamente esposte le ragioni per le quali l’Italia non può essere trattata alla stregua di una nazione nemica. Trieste nel piano della nuova sistemazione europea è un elemento di pace o di guerra. Noi lottiamo per una soluzione giusta, non per ragioni di vacuo nazionalismo. Difendiamo l’italianità di Trieste, perché in tal modo difendiamo la pace, difendiamo gli insopprimibili diritti della storia.

L’Italia vuole la pace. Nessun altro popolo ha forse dimostrato fino ad oggi tanta decisione e sincerità di propositi. L’accordo con l’Austria è prova eloquente di come il nostro Paese intenda collaborare con tutti i popoli in spirito di leale amicizia. (Interruzioni Vivi rumori Si grida: Basta! Basta!).

PRESIDENTE. Onorevole Meda, la invito a concludere.

MEDA. Onorevoli colleghi, noi crediamo nella onestà di tutte le nazioni, ma principalmente crediamo e fidiamo nel popolo nostro, il popolo che deve credere e confidare in noi. E questa fiducia faccia sì che al di sopra di ogni considerazione di carattere tecnico e politico, Popolo, Governo e Costituente si stringano in una fraterna solidarietà e mirino con fede al futuro.

NITTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NITTI. Vorrei fare una breve dichiara zionea nome dei miei amici del gruppo e mio.

L’impazienza con cui l’Assemblea ha accolto le dichiarazioni del presentatore dell’ordine del giorno firmato da tutti i partiti al Governo è un fatto nuovo e dimostra l’imbarazzo in cui tutti ci troviamo. Dimostra che quando un atto è deciso dai capi dei partiti al Governo non si vuole nemmeno discuterlo dai componenti dei partiti. Cos’è questo ordine del giorno e come viene? È evidente che ognuno di noi si domandi il perché di questa discussione e perché siamo riuniti e dobbiamo oggi, poi che così è deciso, chiudere la discussione… (Rumori). Questo ordine del giorno ci mette in un certo imbarazzo. Da che è venuta questa situazione? Le cose procedevano regolarmente, come possono procedere in questi tempi, quando sono intervenute le dimissioni del Ministro del tesoro Corbino. Perché si è dimesso? Il Presidente del Consiglio ha voluto sostenere l’opera dell’onorevole Corbino e non ha creduto fino all’ultimo accettare le dimissioni; poi ha esitato e l’onorevole Corbino si è dovuto dimettere: a ragione di che? E per l’opera di chi? Poi è venuta la lunga serie delle candidature o autocandidature, e son venuti fuori nomi di tecnici e di politici, nomi abbandonati il giorno stesso che erano pronunziati. Infine è venuto fuori inatteso il nome dell’onorevole Bertone. Si è presentato: ha parlato in forma tale da calmare le ansie e ha voluto dare assicurazione, pur non avendo sicurezza, che le cose sarebbero andate più o meno come si voleva andassero.

Perché allora, perché dunque ora tutta questa discussione, che è per lo meno superflua dal momento che tutto è deciso dai capi dei quattro partiti al Governo? L’onorevole Corbino non era troppo lontano da quello che si propone l’onorevole Bertone. E allora quale è la ragione della contesa?

Vi è forse minaccia di crisi nella composizione ministeriale? Questo nemmeno è vero, perché gli autori del dramma sono sempre gli stessi; nulla è mutato. (Commenti Rumori).

Una voce. Ma questa non è una dichiarazione di voto!

PRESIDENTE. Non siano così intolleranti; lascino parlare!

NITTI. La discussione generale, quindi, è superflua, in quanto, vedendo l’ordine del giorno, si trova che esso è sottoscritto in tutta regola da rappresentanti dei partiti essenziali che sono al Governo e che formano 426 voti sui 555 che sono in questa Aula. Dunque, nulla può essere mutato da questa discussione. Il Ministero rimarrà lo stesso, dal momento che gli stessi uomini che lo componevano, gli stessi partiti con la stessa maggioranza rimangono al Governo.

Che cosa dunque si discute adesso? Non un fatto politico che può dare luogo ad un voto, perché nulla è mutato. Si possono esprimere idee, tendenze, aspirazioni; non altro. Ma ciò che si deve fare è stato deciso in precedenza dai tre rappresentanti dei partiti.

Così ogni grande discussione è resa inutile prima ancora di nascere.

Noi aspettiamo, dunque. Non è il Governo e non è quest’Assemblea che regolano gli avvenimenti. Si finisce, anche senza volere, con fissare prima ciò che si deve discutere e ciò che non si deve. Quello che ora non si vuole discutere, e si evita anche di dire, saremo però costretti di vedere e di discutere quando fra poco i fatti l’imporranno. Il facile ottimismo o piuttosto l’abitudine presente di non voler vedere la verità, per non averne il dolore, non modificano la realtà.

Io non sono, come mi attribuiscono, pessimista sulla situazione.

La situazione è certamente molto grave, soprattutto la situazione finanziaria, ma è salvabile se noi seguiremo le vie che ci sono indicate dalla realtà. Le difficoltà non sono nel programma, ma nei mezzi di eseguire il programma. Attendiamo all’opera il Governo prima di giudicare.

Non mi abbandono a considerazioni di politica estera perché non devo parlarne ora. Ma il Presidente del Consiglio mi ha messo in un grave imbarazzo dicendo di non doverne parlare e poi parlandone. Come ho già detto, la pace a noi imposta è la peggiore possibile e non sarà modificata in nulla d’essenziale. Coloro che trattano della pace non devono dare illusioni.

Io sono nettamente contrario ad ammettere che la situazione di politica estera possa comunque essere modificata; lasciamo le visioni avveniristiche, i discorsi rosei. Non facciamo sogni, non parliamo di società future; queste cose io le conosco ancora meglio di quelli che ne parlano e so che non dobbiamo vaneggiare. Noi dobbiamo vivere nella realtà quale essa è; noi avremo la peggiore pace, ed è inutile illuderci circa mutamenti sostanziali; nulla sarà mutato di ciò che essenzialmente conosciamo.

Io leggo i giornali italiani che parlano dell’opera dei nostri rappresentanti a Parigi e spargono ogni giorno nuove illusioni. Vedo che seminano equivoci e fan credere a cose che non possono realizzarsi. Lettore assiduo di giornali stranieri, vedo il contrasto tra ciò che si dice, in merito a quello che avviene a Parigi, sulla stampa italiana e ciò che si dice sulla stampa straniera, soprattutto inglese. Mi pare che ancora una volta non si dica in Italia la verità. Non è bene lasciare il pubblico nell’illusione che le orrende cose che ci sono imposte possano essere sostanzialmente mutate; ciò non avverrà ed è meglio non discuterne, specie quando vi sono ancora trattative in corso. Noi abbiamo dato all’onorevole De Gasperi, quando è partito, un bill di indennità.

Abbiamo tutti votato all’unanimità la fiducia nell’azione di Governo nelle trattative di pace. Il Governo compia la sua opera; ne renderà conto alla fine e non ora.

Èchiaro che ci è stata fatale l’illusione che avevamo nei vincitori, non solo amici. Dichiarare sempre nostri alleati quelli che erano solo alleati fra loro, ci ha danneggiato più che ogni altra cosa. Ma lasciamo stare queste cose, ne parleremo dopo. (Commenti).

Una sola cosa non posso tacere. Devo chiedere formalmente all’onorevole De Gasperi (e lo devo fare perché altri non ne ha parlato e ne ha parlato invece solo egli stesso): vi è stato un accordo con l’Austria che rappresenta una diminuzione dell’Italia o qualcosa come una visione avvenirista singolarmente pericolosa. È stato a Parigi firmato il 6 settembre un accordo tra il Presidente De Gasperi ed il Ministro degli esteri austriaco Grueber. L’Osservatore Romano (il giornale italiano in cui leggo notizie precise in materia di politica estera nei riguardi dell’Italia), ha pubblicato l’annuncio di questo accordo ed ha dichiarato di essere certo che notevoli vantaggi sono riservati alle minoranze austriache; ha aggiunto però – e qui è la domanda che rivolgo all’onorevole De Gasperi – che il nostro Presidente del Consiglio avrebbe assicurato al primo Ministro austriaco l’adozione di garanzie internazionali a favore di minoranze austriache. Questo punto mi ha profondamente colpito. Il Presidente del Consiglio avrebbe dunque dato assicurazioni che vi saranno garanzie internazionali per le minoranze austriache (per pubblicarla l’Osservatore Romano, la notizia non può essere infondata). È la prima volta che ciò avviene nel nostro diritto. Nessuno Stato europeo ha fino ad ora accettato una simile condizione. Si è discusso ai tempi della lotta fra la Chiesa e lo Stato se qualcuna delle leggi ecclesiastiche, e particolarmente le guarentigie, dovessero o potessero avere garanzie internazionali, e lo Stato italiano ha sempre fieramente rifiutato. Ora noi daremmo una garanzia internazionale ad ogni reclamo del Governo austriaco o di cittadini austriaci. Ciò non potremmo mai accettare. Questa è una diminuzione della sovranità e della dignità dello Stato, e se la cosa fosse vera, come la presenta l’Osservatore Romano, noi non la accetteremmo mai.

SFORZA. Si può accettarla se significa la salvezza degli italiani in Jugoslavia.

NITTI. Che cosa significa ciò? Ed è vera questa garanzia? E non è più grave ancora, con un pretesto inesistente, la diminuzione più intollerabile della sovranità dello Stato italiano? (Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, l’onorevole Preziosi. Ne ha facoltà.

PREZIOSI. Devo fare una dichiarazione di voto non a nome del mio gruppo, ma a titolo personale e a nome di alcuni colleghi del Mezzogiorno, per affermare che noi voteremo la sfiducia, in segno di protesta contro il Governo che non ha sentito il dovere di dire, per bocca del suo Presidente, una parola di assicurazione per le popolazioni del Mezzogiorno (Interruzioni Rumori), circa la soluzione dei loro problemi immediati, per queste popolazioni che hanno subito le peggiori distruzioni della guerra, che hanno un titolo nobilissimo di priorità nella lotta contro i tedeschi, che hanno conosciuto l’ignavia di tanti Governi, che sono state neglette in tutti i tempi, che quindi hanno diritto di vedere riconosciuta dal primo Governo repubblicano la necessità della risoluzione in maniera concreta dei loro problemi.

Il fatto che il Governo abbia dimenticato questo suo dovere offende il Mezzogiorno e non porta certo un contributo alla ricostruzione della Patria ed alla unità, tanto necessaria, del Paese. (Interruzioni Rumori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Lucifero. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Una volta tanto io sono d’accordo con il Conte Sforza (Si ride) e quindi la mia dichiarazione di voto sarà brevissima.

Io non penso che in sede di dichiarazione di voto si possa proseguire la discussione generale. La dichiarazione di voto ad un Governo che ha fatto le sue dichiarazioni non vale per il suo passato, ma vale per il suo avvenire; ed infatti l’ordine del giorno che noi siamo chiamati a votare riguarda l’avvenire e parla specificatamente di due questioni: primo, consolidamento delle nuove istituzioni repubblicane democratiche: dichiaro, io monarchico, che sono d’accordo su questo consolidamento, perché ormai la Repubblica c’è ed è bene che sia consolidata. Solo se la Repubblica sarà veramente, come tutti desideriamo, una buona Repubblica, la questione istituzionale sarà stata risolta. (Applausi).

In secondo luogo, l’ordine del giorno che siamo chiamati a votare vuole una sollecita, organica azione di politica economica. È interesse comune di tutti noi, come italiani, come uomini di parte, come privati cittadini, che questa azione organica economica finalmente abbia la sua realizzazione. Quindi l’ordine del giorno dovrebbe trovarci pienamente consenzienti. Ma appunto perché vogliamo questo consolidamento, appunto perché vogliamo la risoluzione organica dei problemi economici, noi non possiamo dare la fiducia ad un Governo che manchi di solidità e dì organicità. E gli incidenti avvenuti in questa aula mentre parlava l’onorevole Meda ne sono stati la prova per chi poteva avere dei dubbi. (Rumori).

Il nostro voto è quindi questo: auguriamo all’onorevole De Gasperi, con tutto il cuore, che quanto è detto in questo ordine del giorno si possa verificare; promettiamo all’onorevole De Gasperi che lo aiuteremo in ogni modo nel suo sforzo perché quanto è contenuto in quest’ordine del giorno possa diventare realtà; ma non crediamo che questo Governo possa farlo, e quindi voteremo contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Pertini. Ne ha facoltà.

PERTINI. La mia non è una dichiarazione di voto. È una breve precisazione per eliminare ogni equivoco. La dichiarazione di voto fatta dall’onorevole Meda e l’accenno dell’onorevole Presidente del Consiglio nella sua risposta all’ordine del giorno in cui ha parlato esclusivamente come presentatore dell’onorevole Meda, potrebbero indurre qualcuno a pensare che l’ordine del giorno di fiducia sia presentato dalla Democrazia cristiana. L’ordine del giorno di fiducia è stato concordato dai quattro partiti. Se gli altri tre partiti non hanno preso la parola, in sede di dichiarazione di voto, è perché lealmente e onestamente hanno voluto mantenere l’impegno preso. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio. Ne ha facoltà.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Una brevissima osservazione.

Se mai in questa Assemblea e nella condotta del Governo potesse nascere un sentimento di avversione verso i postulati siciliani, lo sarebbe perché se ne è fatto interprete chi nello stesso momento all’Italia chiede e l’Italia rifiuta.

Ma poiché l’onorevole Gullo e l’onorevole Mattarella hanno già distinto la responsabilità della grande maggioranza del popolo siciliano dalle affermazioni separatiste, io colgo l’occasione per confermare che alla Sicilia il Governo rivolgerà tutto il suo particolare interessamento.

FINOCCHIARO APRILE. E non darà mai niente!

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Circa la dichiarazione dell’onorevole Nitti, avrei preferito che egli avesse rimesso alla Commissione dei trattati la precisazione che egli mi chiede.

Tuttavia avrò occasione di dimostrare che la convenzione italo-austriaca è composta di due parti nettamente distinte: una, in cui il Governo italiano, con le sue leggi, nella sua sovranità, riconferma impegni espressi già meno formalmente, anche in sede internazionale; la seconda, che riguarda veramente rapporti internazionali, perché quando si parla di consultare – badate bene – solo consultare, anche il Governo austriaco circa la questione delle opzioni, si parla di consultarlo sopra un rapporto internazionale creato da un malaugurato accordo Mussolini-Hitler. E poiché più di 50.000 di questi optanti, scacciati in parte dalla Cecoslovacchia, risiedono in Austria, e sono in questo momento senza cittadinanza, era naturale, era logico, era un elemento costitutivo di collaborazione e di fede in questa collaborazione che si dicesse: consulteremo anche il Governo austriaco.

Oltre questa questione, altre di carattere internazionale sono accennate nei rapporti fra l’Austria e l’Italia. Ulteriori precisazioni, mi permetta l’onorevole Nitti di dargliele nella Commissione dei trattati.

Devo aggiungere che è vero, come ha accennato l’onorevole Sforza, che la Conferenza ha preso atto con piacere di questo accordo intervenuto. Con ciò ha dato una registrazione, diciamo così, che può avere un certo aspetto internazionale. Ebbene, io dico, che questa è la via nuova, su cui bisogna marciare, perché è il cammino verso le forme della nuova democrazia internazionale. (Applausi generali).

Colgo l’occasione per dire all’onorevole Sforza una parola di ringraziamento per avere egli elevato il nostro sguardo verso i problemi maggiori ed internazionali e per ringraziarlo anche per la dignità, per la forza, per l’efficacia con cui egli ha svolto la sua missione presso i fratelli dell’America latina, interprete dei nostri sentimenti, che oggi voglio confermare come un vincolo presente, come una speranza dell’avvenire. (Applausi).

PRESIDENTE. Comunico che sull’ordine del giorno Meda ed altri accettato dal Governo è stata chiesta la votazione per appello nominale, dai seguenti deputati: Taviani, Meda, Bubbio, Galati, Castelli Edgardo, Ferrario Celestino, De Unterrichter Jervolino Maria, Zaccagnini, Federici Maria, Fantoni, Coccia, Balduzzi, Roselli, Montini, Ambrosini, Avanzini, Cavalli.

Procediamo alla votazione per appello nominale. Chi approva l’ordine del giorno risponderà ; chi non l’approva risponderà no.

Estraggo a sorte il nome del Deputato dal quale comincerà la chiama.

La chiama comincerà dall’onorevole Ayroldi.

Si faccia la chiama.

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Adonnino – Alberti – Aldisio – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Azzi.

Bacciconi – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basso – Battisti – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bennani – Benvenuti – Bernini Ferdinando – Bertini Giovanni – Bertola – Bertone – Biagioni – Bianchi Bruno – Bianchini Laura – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonfantini – Bonomelli – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bovetti – Braschi – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.

Caccuri – Caiati – Cairo – Caldera – Camangi – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Caprani – Carbonari – Carboni – Carignani – Caristia – Carmagnola – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Cavallari – Cavalli – Cerreti – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colombo Emilio – Conci Elisabetta – Conti – Coppi Alessandro – Corazzin – Corbi – Corsanego – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.

D’Agata – Damiani – D’Amico Diego – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Filpo – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – D’Onofrio – Dossetti.

Ermini.

Fabriani – Facchinetti – Falchi – Fanfani – Fantoni – Farini Carlo – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Filippini – Fioritto – Flecchia – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Garlato – Gavina – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gorreri – Gortani – Gotelli Angela – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale.

Jacini – Jacometti – Jervolino.

Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Pira – La Rocca – Leone Francesco – Leone Giovanni – Lettieri – Li Causi – Lizier – Lombardi Giovanni – Lombardo Matteo Ivan – Longo – Lopardi – Lozza – Lupis.

Macrelli – Magnani – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Mannironi – Marazza – Marconi – Mariani Enrico – Martinelli – Martino Enrico – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Micheli – Minio – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Monticelli – Montini – Moranino – Morelli Luigi – Morini – Moro – Mortati – Moscatelli – Murgia – Musolino – Musotto.

Nasi – Natoli Lamantea – Nenni – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Nobili Oro – Notarianni – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pajetta Gian Carlo – Pallastrelli – Paolucci – Paratore – Parri – Pastore Giulio – Pecorari – Pella – Pellizzari – Perassi – Perlingieri – Persico – Pertini Sandro – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pistoia – Platone – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Preti – Priolo – Proia – Pucci.

Quarello – Quintieri Adolfo.

Raimondi – Rapelli – Ravagnan – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Ugo – Romano – Romita – Roselli – Rossi Paolo – Ruggeri Luigi – Ruini – Rumor.

Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Santi – Scalfaro – Scelba – Scoca – Scoccimarro – Segala– Segni – Sereni – Sforza – Siles – Silipo – Silone – Simonini – Spataro – Stampacchia – Storchi – Sullo Fiorentino.

Tambroni – Targetti – Taviani – Terracini – Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tosato – Tosi – Treves – Trimarchi – Tupini – Turco.

Uberti.

Vanoni – Vernocchi – Viale – Vicentini – Vigo – Villani – Vischioni – Volpe.

Zaccagnini – Zanardi – Zannerini.

Rispondono no:

Abozzi.

Bellavista – Bencivenga – Benedetti – Bergamini – Bonino – Bozzi – Bruni.

Calamandrei – Candela – Capua – Caroleo – Castiglia – Cianca – Cicerone – Cifaldi – Codignola – Colonna di Paliano – Condorelli – Coppa Ezio – Corsini – Cortese – Crispo.

De Caro Raffaele – De Falco.

Fabbri – Finocchiaro Aprile – Foa – Fresa – Fusco.

Giannini.

Lombardi Riccardo – Lucifero – Lussu.

Marinaro – Martino Gaetano – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mazza – Miccolis.

Nitti.

Patricolo – Patrissi – Perrone Capano – Perugi – Preziosi – Puoti.

Quintieri Quinto.

Reale Vito – Rodi – Rodinò Mario – Russo Perez.

Schiavetti.

Tieri Vincenzo.

Valiani – Venditti – Vilardi – Villabruna.

 

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione per appello nominale:

Presenti e votanti     389

Maggioranza           195

Rispondono sì         331

Rispondono no.       58

(L’ordine del giorno è approvato).

PRESIDENTE. Si dovrebbe procedere ora alla votazione sull’ordine del giorno Finocchiaro Aprile; ma, non essendo presente il proponente, s’intende che abbia rinunciato a farlo porre in votazione.

L’onorevole Damiani, che aveva mantenuto il suo ordine del giorno, ha annunziato di convertirlo in raccomandazione.

Sull’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sull’ordine del giorno ha chiesto di parlare l’onorevole Bellavista. Ne ha facoltà.

BELLAVISTA. Nella tornata del 21 settembre ho presentata un’interpellanza, così concepita:

«Al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se rientrano nella disciplina del recente decreto sull’attribuzione delle terre incolte quei terreni nei quali i mezzadri, sulla istigazione della Federterra, abbiano, senza giustificato motivo, interrotte o non iniziate le colture autunnali al solo scopo fazioso di creare artificiosamente una situazione di fatto che, cogliendo di sorpresa i proprietari, possa determinare i presupposti per la spoliazione e l’annullamento del diritto di proprietà».

Avevo chiesto che ne fosse dichiarata l’urgenza e l’onorevole Presidente aveva domandato al Governo rappresentato, nella contumacia generale, dal Ministro delle finanze, onorevole Scoccimarro, in quale data il Governo avrebbe risposto all’interpellanza stessa. L’onorevole Ministro delle finanze dichiarò che il Governo si riservava di fissare la data nella prossima seduta, la quale si sarebbe avuta di martedì. Ho atteso martedì e mercoledì e speravo che, almeno nelle sue dichiarazioni, il Presidente del Consiglio, come ha fatto per l’onorevole Caroleo, avrebbe risposto anche alla mia interpellanza: ciò che non è avvenuto.

Chiedo quindi che dal Governo sia fissata la data della discussione per l’interpellanza stessa, tenendo presenti i motivi di urgenza che ho segnalati.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente del Consiglio.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Confesso che l’interpellanza mi è sfuggita. Sulla questione ho già risposto in termini generali, ma il caso specifico non l’avevo presente. Ora non posso improvvisare sull’argomento. La competenza specifica è del Ministro dell’agricoltura. Comunque mi riservo di rispondere nella prossima riunione, dopo raccolti gli opportuni elementi.

Svolgimento di interrogazione.

ASSENNATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ASSENNATO. Ieri ho presentata insieme con i colleghi Vernocchi, Pacciardi, Lussu e Pellizzari la seguente interrogazione per la quale avevo chiesto la risposta di urgenza:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, Ministro degli affari esteri, per sapere se è consentito al Console di uno Stato straniero di sollecitare ed ottenere l’arresto di suoi compatrioti rifugiatisi in territorio italiano in cerca di asilo, essendo perseguitati politici, con riferimento all’arresto di patrioti greci, praticato in Bari, in ispregio al più tradizionale principio democratico, del quale la nuova democrazia repubblicana deve essere gelosa custode».

L’onorevole Presidente del Consiglio ha promesso di assumere informazioni e di comunicarle nella seduta di oggi.

PRESIDENTE. L’onorevole Presidente del Consiglio ha facoltà di rispondere.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Da informazioni telefoniche assunte ieri sera e questa mattina risulta che si tratta di 25 greci internati nel campo di Fossoli perché mancanti del permesso di soggiorno. È questo uno dei tanti episodi degli stranieri che soggiornano in Italia. In seguito ad atti di indisciplina da essi commessi ed anche perché alcuni di essi avevano fatte insistenze per rimpatriare, questi greci vennero tradotti a Bari per l’imbarco. Qui 11 si imbarcarono e gli altri rifiutarono.

Il Console greco non intervenne per il loro rimpatrio; ma dichiarò di non poterli assistere. Non c’è nessuna documentazione ch’egli sia intervenuto in un senso o nell’altro; egli ha detto semplicemente: «Non è affar mio; se vogliono rimanere qui, non sono in grado di dar loro assistenza». Allora, provvisoriamente, sono stati ricoverati in un campo dell’UNRRA. Di essi due si sono ammalati e sono stati ricoverati all’ospedale; sei sono fuggiti e sono ancora irreperibili, e sei sono stati trattenuti nel campo, in attesa di ordini: così dice il prefetto.

Che cosa dobbiamo fare? Se dichiarano di voler rimpatriare, sono liberi di farlo; se dichiarano di non voler rimpatriare, in base ad una direttiva che ci è imposta dall’autorità tutelare di armistizio, non possiamo intervenire con la forza negando l’ospitalità a questi stranieri. Questo vale per tutti in generale. Disgraziatamente ne abbiamo parecchie diecine di migliaia in Italia in questa situazione. Dobbiamo attendere la cessazione di questi rapporti di armistizio per poter intervenire liberamente.

Riguardo, dunque, a questi sei greci, la questura esaminerà se vi sono le premesse per concedere loro libero soggiorno: se lo potrà concedere, lo farà; altrimenti non resta che rinviarli al campo di Fossoli, perché questa è l’unica maniera in cui possiamo intervenire assumendosi le spese per il loro mantenimento. Circa il campo di Fossoli non ho nessuna notizia diretta, ma chi l’ha visto mi assicura che fra i campi – tutti i campi sono deplorevoli – questo sia tollerabile.

In ogni caso, il fatto è limitato a queste circostanze fondamentali: nessuno sforzo né da parte nostra, né da parte del Console per farli rimpatriare; ma d’altro canto la necessità di prendere dei provvedimenti: o noi riteniamo che sono degni di soggiorno, il che vuol dire che hanno i mezzi per vivere e che non vanno ad aumentare il numero già grande di quelli che devono ricorrere al mercato nero per poter campare, e allora si dà loro il permesso di soggiorno; altrimenti bisognerà pensare per questo periodo provvisorio – che speriamo non sarà lunghissimo – a provvedere al loro mantenimento; e noi non abbiamo la possibilità di farlo in altra forma se non coi campi, che sono forniti di cucine economiche che possono far fronte a questi bisogni.

PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

ASSENNATO. Mi duole di intrattenere l’Assemblea che è in attesa di sciogliersi, ma l’argomento è importante, specialmente per la città di Bari. Un nugolo di fuorusciti fascisti di ogni contrada vive, vegeta ed opera e insidia la lira che dovete difendere; proprio nella piazza principale di Bari i rigurgiti di tutti i fascismi internazionali, liberi e rispettati, lavorano sotto gli occhi della questura, di tutte le autorità e nessuno si occupa di dar loro disturbo.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Questo è un problema generale.

ASSENNATO. Si hanno questi scrupoli solo per un ristretto numero di cittadini greci che, avendo accettato di rientrare in patria, provenienti dai posti di confino o di concentramento tedeschi, essendo stati combattenti per la libertà e braccati dai tedeschi, sono stati incanalati attraverso Bari per tornare al loro Paese. Dopo il referendum e dopo le vicende tristi che si svolgono in Grecia e che hanno reso indegno quel Paese di poter partecipare anche alla conferenza dei sindacati (Commenti – Interruzioni) soltanto nei confronti di questi cittadini, difensori e combattenti per la libertà, la questura ha ritenuto di procedere ad indagini, previa carcerazione; mentre tutti gli altri operano vendendo valute, comprando oro, giocando sulla lira, speculando sui traffici più svariati, tutti di carattere illecito. Questa preoccupazione si verifica soltanto per i cittadini greci.

Onorevole Presidente del Consiglio, a noi, specialmente come pugliesi, i cittadini greci sono molto cari. Nella Puglia c’è una consuetudine di rapporti con la Grecia per cui ogni anno partivano dei contadini di Bitonto, esperti potatori di olivi, per recarsi in Grecia e intrattenersi coi lavoratori greci per insegnar loro quel sistema di operare la potatura. Sotto l’auspicio simbolico di quella fronda di olivo, noi vogliamo che il popolo italiano, dopo che è stato trascinato in una guerra di invasione e di distruzione, in Grecia, dove i combattenti per la libertà hanno fatto onore a se stessi, opponendo la serena fermezza di fronte al piombo e pronunciando una parola che rievoca quelle care al cuore degli italiani «tiremm’innanz», il popolo italiano riprenda i rapporti col popolo greco.

Se nel preambolo della progettata Costituzione francese c’è l’assicurazione che ogni cittadino di ogni contrada, che sia perseguitato per ragioni di libertà, deve trovare ospitalità nel suolo francese, noi abbiamo il dovere verso la Grecia, prima ancora di stipulare ogni forma scritta di Costituzione, di praticare questa ospitalità. Il minimo che l’Italia può fare dopo tanta devastazione è di proteggere quei poveri che sentono il pericolo al quale devono essere trascinati con un viaggio che non desiderano. L’indesiderabilità è segnalata da altre autorità e la nostra questura segue solerte queste indicazioni di indesiderabilità nei confronti dei greci, mentre esistono tuttora fascisti che piovono da varie parti a Bari o in altre città. (Rumori Interruzioni).

Noi vogliamo che dai banchi dell’Assemblea repubblicana italiana, dai banchi, della Costituente parta un fervido, amoroso, fraterno saluto perché la Grecia riabbia un giorno la sua libertà. (Applausi a sinistra). Vorrei pregare, a titolo di raccomandazione, che questi cittadini arrestati siano posti in libertà, non parendomi che, a rigore di legge, durante le indagini o le istruzioni essi debbano restare detenuti.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno e, ad interim, degli affari esteri. Mi associo a queste parole nella loro tendenza umanitaria e anche libertaria; aggiungo però il vivo desiderio che le autorità greche, di qualunque colore esse siano, si ricordino anche dei molti trattenuti italiani che ancora in Grecia aspettano la liberazione. (Applausi).

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MOLINELLI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non ritenga opportuno, dinanzi all’imperioso problema della valorizzazione delle terre, di procedere ad una sistemazione delle famiglie coloniche, rimpatriate in seguito alla occupazione della Libia in condizioni miserevoli e non più sostenute dalla speranza di poter tornare nei poderi e nelle case che hanno dovuto abbandonare.

«Si segnala anche l’opportunità, da parte del Ministero dell’agricoltura e delle foreste, di avvalersi dell’opera dell’Ente per la colonizzazione della Libia, allo scopo di provvedere alla trasformazione fondiario-agraria dei terreni incolti da assegnare. L’Ente, che dispone di una sede centrale in Roma, di attrezzatura tecnica adatta, e di personale specializzato, può dare ogni affidamento per il sicuro raggiungimento dei fini sociali e politici che il Governo si propone.

«Si aggiunge infine che fra le famiglie coloniche rimpatriate, molte appartengono alle terre di Puglia, dove il problema si presenta, nel momento attuale, con caratteri di particolare gravità ed urgenza.

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere per quali motivi l’Amministrazione delle ferrovie dello Stato non concede a tutti i propri dipendenti che prestano servizio nella città di Napoli la speciale indennità di «località sinistrata».

«Pare che per una particolare interpretazione data all’articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale 11 gennaio 1946, n. 18, detta indennità viene negata a quei ferrovieri che, pur prestando servizio a Napoli, son costretti ad abitare nei comuni circostanti la città per la ben nota mancanza degli alloggi.

«Questi lavoratori, oltre a subire il disagio fisico e finanziario di portarsi quotidianamente sul posto di lavoro dai comuni di attuale residenza, coprendo una distanza maggiore di quella dei loro colleghi residenti in città, debbono subire anche il non lieve danno di vedersi privati della indennità di «località sinistrata».

«Puoti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non ritenga doveroso estendere anche ai pensionati il premio della Repubblica testé concesso agli statali, riconoscendo che anche i pensionati fanno parte delle forze del lavoro e quindi degli aventi diritto al premio stesso.

«Perrone Capano».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’interno, per sapere se – nell’interesse ed a salvaguardia della dignità dello sport nazionale – non ritenga necessario far cessare lo scandalo della monopolizzazione del totalizzatore del giuoco del calcio da parte ed a favore d’una società privata – la S.I.S.A.L. – la quale si è in tal modo assicurato – senza alea e rischio alcuno – il lucro ingiustificato di parecchi milioni alla settimana, mentre elementari ragioni di opportunità e di giustizia richiedono che gl’ingenti guadagni siano interamente devoluti alle società calcistiche, benemerite organizzatrici in perdita di quegli spettacoli, che il totalizzatore sfrutta; e ciò allo scopo di rendere meno pesanti i bilanci di dette società; possibile, nel contempo, la diminuzione dei prezzi d’ingresso agli stadi e, conseguentemente, più agevole alle classi meno abbienti l’assistere alle manifestazioni del popolarissimo giuoco.

«Morini, Cairo, Amadei».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri di grazia e giustizia, del tesoro e delle finanze, per sapere:

1°) se non si intendano dare precise disposizioni per una immediata liquidazione degli assegni di congrua ai parroci. Risulta per vero che molte pratiche di congrua da tempo e da anni trasmesse ai competenti uffici centrali sono tuttora inevase e che scarso esito hanno avuto i ripetuti solleciti all’uopo presentati;

2°) se non intendano procedere alla riforma ed al miglioramento degli assegni di congrua. Tali assegni sono per vero oggi irrisori e tali da non consentire la benché minima possibilità di vita.

«Si impone quindi un immediato intervento che altro non costituirebbe che opera di doverosa giustizia riparatrice sovrattutto avendo riguardo al fatto che qualunque aumento economico non conguaglierebbe che parte degli interessi delle somme e dei beni a suo tempo incamerati al clero.

«Né può essere dimenticata la disagiata posizione del clero di montagna che nella lotta di liberazione ebbe a subire gravi rappresaglie e danni ingentissimi.

«Bovetti, Cremaschi, Arcaini, Raimondi, Belotti».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere:

1°) quali provvedimenti intenda prendere per mettere i Provveditorati regionali in condizioni di corrispondere alle esigenze richieste dal piano nazionale della ricostruzione;

2°) in particolare, se non creda necessario evitare, anzitutto, cambiamenti di programma, finora avvenuti con eccessiva frequenza, ed anche non giustificati mutamenti nel personale direttivo dei Provveditorati stessi;

3°) se non ravvisi la necessità urgente di aumentare il personale tecnico di ruolo dei Provveditorati regionali delle opere pubbliche, oggi assolutamente insufficiente di numero, migliorandone altresì il trattamento economico, in considerazione anche che esso si trova in contatto quotidiano con imprenditori di lavoro avidi di guadagni smodati, e spesso di pochi scrupoli morali;

4°) quali provvedimenti intenda prendere per assicurare che i fondi stanziati in bilancio siano impiegati solo in lavori che tornino veramente utili al Paese, per la sua rinascita economica o per la pubblica igiene;

5°) se non creda debba porsi termine al sistema di concedere, per fronteggiare la disoccupazione, anziché lavori di importanza immediata, altri non necessari, e talvolta perfino dannosi perché eseguiti intempestivamente, come ad esempio i lavori di sgombero e di demolizione su aree private, indipendentemente dalla ricostruzione degli edifici distrutti, e fuori dei casi di muri pericolanti compromettenti la pubblica incolumità; o anche lavori per movimento di terra relativi a strade di nessuna utilità presente;

6°) se non ritenga che debba abbandonarsi il sistema di pagamento delle imprese a rimborso di spese, che si risolve in un indebito arricchimento delle imprese stesse, che non hanno alcun interesse al compimento dei lavori loro affidati, e perciò incoraggiano gli operai a lavorare svogliatamente, cosa che questi fanno anche perché consapevoli della poca utilità dei lavori stessi;

7°) se è esatto che col sistema anzidetto, seguito in 50 cantieri nell’ambito del comune di Roma, si sperpera senza alcun beneficio, tranne che per gli appaltatori, un miliardo e un terzo al mese, che potrebbe essere utilmente speso per ricostruzione di case o per lavori di irrigazione o bonifica;

8°) se non ritenga opportuno che almeno i più giovani degli operai non qualificati attualmente impiegati nei cantieri di Roma, spesso in condizioni demoralizzanti, pur continuando a corrispondere loro la paga, frequentino una scuola professionale, che li metta in condizione di venire utilmente impiegati nei lavori di ricostruzione del Paese;

9°) se, infine, non ravvisi l’opportunità di selezionare, mediante concorsi, il numeroso personale avventizio tecnico del Genio civile, migliorandone anche il trattamento economico.

«Nobile».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere se non ritenga opportuno e conveniente istituire, almeno nelle università più importanti, cattedre di ruolo per l’insegnamento del diritto processuale penale.

«Riconosciuta nel 1938 l’autonomia didattica, necessario completamento dell’autonomia legislativa e scientifica, della procedura penale, vennero sdoppiate le cattedre, e tutti i titolari del già cumulato insegnamento del diritto e della procedura penale mantennero la cattedra di diritto penale. In atto un solo posto di ruolo nella Università di Roma è destinato all’insegnamento della procedura penale, né si sono banditi concorsi a cattedre di procedura penale. Trattandosi di insegnamento eminentemente professionale ed al fine di non arrestarne il progresso scientifico, così favorevolmente iniziatosi nell’ultimo trentennio, si invoca l’intervento del Ministro, nel senso desiderato dagli interroganti.

«Riccio Stefano, Martino Gaetano, La Malfa, Tosato, Gullo Rocco, Castiglia, Natoli, Bellavista, Candela, Leone Giovanni, Condorelli, Bonino, Moro, Perrone Capano, Vigo, Pignedoli, Salvatore, Borsellino, Villabruna, Bozzi».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non crede di venire incontro ai bisogni della popolazione di Barcis (Udine), in gran parte disoccupata e alla quale, in seguito agli eventi di guerra, furono distrutte o gravemente danneggiate ben 155 case sulle 219 esistenti nel comune, ordinando l’immediata esecuzione dei lavori di sistemazione montana del Rio Galtea, preventivati con una spesa di 5 milioni di lire e quelli del Rio Pentina per un importo di 3 milioni di lire, lavori pei quali sono pronti i progetti esecutivi presso il Corpo forestale di Udine. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere per quali motivi non è stato fino ad ora, dopo due anni, provveduto al pagamento della quota integrativa di lire 150 per quintale stabilita per il grano consegnato agli ammassi nell’annata agraria 1943-44. Il Banco di Napoli, sede di Foggia e filiali, risponde che il pagamento non viene effettuato perché a suo tempo venne ad anticipare una somma superiore a quella messa a disposizione del Governo, il quale non ha provveduto a coprire lo scoperto e rimettere altri fondi necessari. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Miccolis».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non ritenga opportuno che sia disposta la corresponsione anche ai pensionati del premio della Repubblica già concesso agli impiegati statali.

«Richiesta in tal senso è stata già avanzata dal Sindacato dei pensionati delle Puglie. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Monterisi, De Maria, Caccuri».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere quali provvedimenti intenda adottare per sollecitare la procedura per la concessione delle pensioni di guerra; procedura lunga, laboriosa, snervante che dura, talvolta, per anni ed anni, mentre, nel frattempo, gli aventi diritto muoiono di fame. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«D’Amico Diego».

«Il sottoscritto  chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro di grazia e giustizia, per sapere se il Governo intenda prorogare ulteriormente il blocco delle locazioni degli immobili urbani ed in particolare:

  1. a) se intenda mantenere la proroga delle locazioni degli appartamenti destinati ad abitazione apportando un aumento superiore a quello stabilito con il decreto legislativo luogotenenziale 12 ottobre 1945 e più proporzionato agli aumenti subiti da tutti i beni economici, compresi quelli razionati;
  2. b) se intenda lasciare liberi i canoni degli immobili non destinati ad abitazione eliminando così l’immorale sfruttamento del blocco da parte degli esercenti e commercianti che, mentre eserciscono liberamente i loro negozi praticando prezzi di mercato attuali, pagano fitti sperequati con danno del privato locatore di immobili e dello Stato che con l’aumento dei fitti potrebbe realizzare i più forti proventi di imposte. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Trimarchi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non ritenga necessario, a parziale rimedio della fortissima disoccupazione esistente nel comune di Prato Carnico (Udine), la cui popolazione, in tempi normali, emigra nella proporzione di più del 25 per cento, dar corso subito ai lavori di sistemazione previsti in quel comune dal Corpo forestale di Udine, per un ammontare di lire 1.635.000, ed i cui progetti esecutivi sono pronti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se non intenda contribuire a dar lavoro ai numerosissimi disoccupati del comune di Arta (Udine), la cui popolazione valida in gran parte emigrava prima della guerra, col dare subito mano ai lavori di sistemazione montana del Rio Squasse; lavori per i quali il Corpo forestale di Udine ha apprestato i progetti esecutivi e che ammontano a 700.000 lire di spesa. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per conoscere se creda di dar immediato corso ai lavori di sistemazione montana del Rio Sgolvais per un importo di 5.375.000 lire e della Frana Pradalle per un importo di 1.000.000 di lire, lutti in comune di Paluzza (Udine) ove i disoccupati sono numerosissimi non essendo ancora possibile la ripresa della consueta corrente d’emigrazione temporanea. Il provvedimento richiesto appare tanto più consigliabile in quanto detti lavori corrispondono ad un’alta e vera utilità generale e che i relativi progetti sono pronti presso il Corpo forestale di Udine. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Piemonte».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

L’ordine del giorno è così esaurito. L’Assemblea sarà convocata a domicilio.

La sedata termina alle 19.25.