Come nasce la Costituzione

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MERCOLEDÌ 11 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

TERZA SOTTOCOMMISSIONE

4.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI MERCOLEDÌ 11 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GHIDINI

INDICE

Diritto all’assistenza (Discussione)

Presidente – Togni, Relatore – Molè – Noce Teresa – Giua – Merlin Angelina– Fanfani – Canevari –Taviani – Marinaro.

La sedata comincia alle 10.20.

Discussione sul diritto all’assistenza.

PRESIDENTE invita l’onorevole Togni a riferire sul tema dell’assistenza e della previdenza.

TOGNI, Relatore, espone la seguente sua relazione:

«Lo Stato manifesta la propria individualità specifica anzitutto nella Costituzione.

In essa imprime, con l’atto di nascita, le ragioni della sua vitalità, le grandi linee della sua struttura organizzativa, e, più ancora, lo spirito che lo anima, l’indirizzo propulsivo delle finalità sociali cui tende la collettività che lo immedesima.

La Costituzione, perciò, non si esaurisce, né si può esaurire, in espressioni tecnico-giuridiche fredde, le quali, pur complete, riuscirebbero circoscritte, ad esito in un certo senso limitativo, ma deve principalmente contemplare gli aspetti dinamico-politici per rispecchiare la volontà ascensionale di un Popolo, entro l’ambito che la Provvidenza gli ha affidato.

Come ogni individuo nella sua piccola sfera, così il Popolo nello spazio in cui vive, ha la sua missione da compiere per la elevazione della propria vita interiore, per agevolare la convivenza pacifica con gli altri popoli, per raggiungere, grado a grado, una solidarietà umana sempre più intensa, sempre più responsabile.

La nostra Costituzione deve ispirarsi a questi postulati, accentuandoli con particolare concretezza nel settore «assistenza e previdenza». A bella posta riunisco assistenza e previdenza come due aspetti di uno stesso fenomeno, univocamente intesi alla protezione del nostro popolo, per garantire ad esso la sicurezza di vita.

Dagli elaborati delle altre relazioni potrà scaturire un principio del diritto al lavoro e delinearsi la responsabilità dello Stato rispetto alla necessaria predisposizione delle condizioni nelle quali il diritto stesso riesca pienamente e completamente a svilupparsi, ma il postulato, anche avvertito come fonte primaria di un benessere cui si aspira, trova limitati i propri effetti dalle inevitabili circostanze che, temporaneamente o permanentemente, precludono la possibilità di lavoro ai singoli individui.

La preclusione della possibilità, non l’astensione volontaria, entra nella fenomenologia ricorrente, purtroppo a carattere normale, fra le vicende della convivenza collettiva e richiama il concetto della solidarietà, cui tutti i cittadini devono sentirsi legati per dare ciascuno il loro proporzionale contributo di sollievo.

Anche e principalmente sotto questo aspetto, amo ricordare la nobile iniziativa della nuova Costituzione francese approvata dall’Assemblea Costituente il 29 aprile 1946 (art. 27), per cui la Repubblica, proclamando l’eguaglianza, fa appello altresì alla solidarietà di tutti rispetto agli oneri che l’eguaglianza stessa pretende.

Se l’eguaglianza, infatti, comprende il diritto alla vita, come non alimentare tale sacrosanto diritto in maniera concreta, al di là delle nuove formule?

Scendendo al particolare, vediamo come l’iter del lavoratore abbia o possa avere periodi di sosta forzata, per malattia, infortunio, gravidanza della donna, carenza di lavoro e conseguente disoccupazione, ecc., e qui devono soccorrere efficacemente le norme assistenziali, vuoi per fornire i mezzi di riattamento della personalità fisica, vuoi per fornire i mezzi di sostentamento onde supplire al difetto della fonte normale di reddito.

Entra poi in considerazione l’incapacità lavorativa dovuta a cause fisiche e psichiche (infermità fisiche e mentali), costituzionali o sopravvenute, che, senza l’intervento della previdenza, porrebbe l’individuo al di fuori delle garanzie vitali; sicché necessaria si appalesa la manifestazione previdenziale, per esprimere la più squisita solidarietà.

Altro fenomeno inevitabile, la vecchiaia, deve pur essa appoggiarsi ad un sistema assicurativo che coroni una vita di lavoro, allontanando ogni pena altrimenti connessa con l’inabilità e con l’invalidità.

Garanzia di vita, garanzia di sostentamento, si è detto; ma le espressioni non devono indurre a concezioni ristrette, analoghe a quelle che potrebbero scaturire dal concetto di beneficenza o di carità.

La previdenza e l’assistenza, infatti, hanno e devono avere una più elevata e precisa fonte: il diritto, cioè, di tutti e di ciascuno verso l’Ente collettività e non la semplice facoltà discrezionale, più o meno patetica.

L’assistenza e la previdenza debbono avere anche un contenuto più largo: l’indispensabile per i bisogni quotidiani, che comprenda il conforto del minimo di agio e riesca apportatore di sereno amore alla vita e non costituisca, invece, fomite di odio alla vita.

Nel quadro panoramico, l’ordinamento assistenziale-previdenziale, infine, deve apparire come mezzo di perfezionamento morale e fisico della specie, affinché questa risponda ai compiti evolutivi che le sono propri.

Ritorno alla Costituzione francese per ricordare l’articolo 33:

«Ogni essere umano che, a motivo dell’età, dello stato fisico o mentale, della situazione economica, si trovi nella impossibilità di lavorare, ha diritto di ottenere dalla collettività mezzi adeguati di assistenza».

«La garanzia di questo diritto è assicurata dalla istituzione di organi pubblici di protezione sociale».

Tale formula enuclea in parte i concetti cui sopra ho fatto ricorso e, anche se non li completa, può, quindi, servire di paradigma nel nostro lavoro.

Altra enunciazione, cui faccio volentieri richiamo, è quella contenuta nell’articolo 120 della Costituzione dell’U.R.S.S. (5 dicembre 1936) e successive modifiche:

«I cittadini dell’U.R.S.S. hanno diritto all’assistenza materiale nella vecchiaia e parimenti in caso di malattia e di perdita della capacità lavorativa».

«Questo diritto viene assicurato mediante l’ampio sviluppo della assicurazione sociale a carico dello Stato a favore degli operai e degli impiegati, con l’assistenza medica gratuita e con cessione in uso ai lavoratori di un’ampia rete di stazioni di cura».

Lodevole il testo e completo, la sua essenza meriterebbe di essere trasfusa nella nostra Costituzione, quando pervasa, però, di un senso di humanitas che il clima latino ci suggerisce, vale a dire non trascurando il movente della direttiva: la tranquillità domestica familiare, la promozione del benessere generale e la elevazione anche dello spirito del popolo; sicché la nostra formulazione dia ingresso ad istituti e ad istituzioni che, nel campo previdenziale e assistenziale, contemplino, nonché le carenze materiali, quelle spirituali che dalle comuni vicissitudini possano derivare.

Per concretare e proporre il testo definitivo, sarebbe, forse, desiderabile la preconoscenza dell’elaborato, circa la struttura organizzativa dello Stato. Comunque, sottopongo all’esame una formula che, ubbidendo al canone della necessaria concisione, contiene in germe, a mio avviso, l’indirizzo basilare della nostra evoluzione legislativa, tenendo conto delle nostre tendenze attuali e delle nostre reali possibilità.

Art. …

Al cittadino italiano deve essere assicurata, con la protezione della vita e della libertà, la tranquillità domestica familiare e la elevazione spirituale.

Dal lavoro consegue il diritto all’assistenza materiale in caso di malattia, di infortunio, di perdita della capacità lavorativa, di disoccupazione involontaria.

Ogni essere che, a motivo dell’età, dello stato fisico o mentale, della situazione economica, si trovi nella impossibilità di lavorare, ha diritto di ottenere dalla collettività mezzi adeguati di assistenza.

Organi pubblici di protezione sociale garantiranno i menzionati diritti, attuando e promovendo ogni forma di assistenza, compresa quella medica gratuita, che deve tendere anche al riattamento fisico della persona minorata.

La formula prospettata deriva dagli insegnamenti di altre Costituzioni cui è opportuno accostarsi per una auspicabile unicità di sistema, ma contiene anche, in implicito, il richiamo ad una solidarietà sociale che risponde alla consapevole generosità dello spirito, prima e spontanea fonte del nostro diritto».

Afferma, in conclusione, che ogni cittadino, pel fatto stesso che esiste e vive, ha diritto di essere messo in condizioni di poter far fronte alle minime esigenze della vita; e queste possono venir soddisfatte attraverso ad una attività diretta, in quanto l’individuo ha la possibilità fisica od intellettuale e l’occasione sociale ed economica di lavorare (nel qual caso ha anche il dovere di farlo), ovvero attraverso l’obbligo che incombe alla collettività, quando il cittadino, indipendentemente dalla sua volontà, non sia in condizioni, o per una crisi sociale, o per causa fisica, intellettuale o psichica, di lavorare.

Dichiara di non aver voluto affrontare il problema molto dibattuto, se l’assistenza e la previdenza debbano essere a carico dello Stato o della produzione, ovvero a carico dell’uno e dell’altra, perché gli sembra che rivesta un carattere secondario che dovrà essere comunque precisato dalle leggi speciali; essenziale è l’affermazione che spetta alla collettività di corrispondere alle esigenze determinate dà particolari situazioni di carenza economica.

MOLÈ trova generica l’espressione «tranquillità domestica», che potrebbe riguardare perfino i rapporti tra marito moglie.

NOCE TERESA, pur essendo d’accordo sulle premesse del Relatore, ritiene opportuna una specificazione circa i concetti di assistenza e di previdenza. Il diritto nei riguardi della previdenza è di natura diversa da quello che si riferisce all’assistenza. Chi lavora e paga i contributi alla previdenza, ha un diritto a questa forma assicurativa; ma c’è poi una categoria di cittadini che non paga contributi, pur avendo diritto ad una assistenza, della quale devono essere precisati i limiti.

Con la formula proposta dal Relatore sorge il dubbio se il legislatore voglia far rientrare una numerosa serie di cittadini tra coloro che hanno diritto all’assistenza o meno. Si tratta di quelle persone che non fanno un lavoro salariato e in modo particolare delle madri di famiglia, delle cosiddette casalinghe, le quali, pur non facendo un lavoro salariato, sono utili alla collettività in quanto hanno cura dell’allevamento dei bambini.

Ritiene quindi che i due concetti vadano distinti e precisati, anche per una questione di dignità umana. Diversa è la condizione di chi lavora e ha sempre lavorato; questi, in caso di malattia, di invalidità, di vecchiaia, ha diritto all’assistenza o alla pensione per quello che ha fatto o per quello che ha pagato; non si tratta qui di una pura e semplice assistenza da parte della collettività.

MOLÈ obietta che il diritto si matura soltanto quando sono pagate le quote per un certo periodo di tempo.

NOCE TERESA insiste sulla opportunità di una specificazione nel senso indicato, che è consigliata sia da ragioni pratiche che da ragioni morali. La distinzione tra previdenza ed assistenza implica la precisazione che l’assistenza va data anche a tutte le persone che non godono della previdenza.

GIUA, pur non dissentendo dai criteri esposti nella relazione dell’onorevole Togni, trova che la formulazione dell’articolo non è sempre felice. Soprattutto non ritiene accettabile l’espressione «tranquillità domestica» che, come è stato già rilevato, è troppo generica.

In realtà si tratta di assicurare un minimo di tranquillità economica attraverso l’assistenza. Questo soltanto la legge può fare.

Propone pertanto che si parli di assistenza materiale degli individui e delle loro famiglie, ovvero che si sopprima quella parte dell’articolo che, per la sua eccessiva genericità, può far cadere in equivoci.

Invita il Relatore a tener conto di tutte le disposizioni riguardanti l’assistenza e la previdenza, alle quali va coordinata la norma in esame.

Insiste nelle sue proposte, perché non si possa muovere alla Commissione l’appunto di avere soltanto fatto delle affermazioni teoriche ed astratte.

MOLÈ è d’accordo sulla necessità di rendere più concreto l’articolo. Quanto alle osservazioni dell’onorevole Noce, ritiene che in questa sede non si debba parlare dell’assistenza ai bambini, che si ricollega piuttosto alla loro educazione e riguarda forme diverse dell’assistenza.

NOCE TERESA chiarisce che ha solo espresso il desiderio che si usi una dizione da cui appaia evidente che hanno diritto all’assistenza coloro che non hanno diritto alla previdenza. Si preoccupa della sorte delle casalinghe e delle vecchie madri di famiglia, che non hanno diritto a pensione, non avendo fatto un lavoro salariato.

MOLÈ osserva che si entrerebbe nel campo della beneficenza, mentre qui si tratta dei diritti che scaturiscono dal diritto al lavoro. L’infanzia va protetta, ma bisogna non ricadere nell’errore del fascismo di sospingere a prolificare con la promessa che lo Stato si preoccuperà dei figliuoli.

Tutto ciò che attiene all’educazione e all’istruzione dei bambini deve costituire argomento di una discussione a parte.

PRESIDENTE rileva che il dubbio sollevato dall’onorevole Noce è implicitamente risolto nel progetto di Costituzione francese, il quale all’articolo 33 dice che «ogni essere umano, che, a motivo dell’età, dello stato fisico o mentale, della situazione economica, si trovi nell’impossibilità di lavorare, ha diritto di ottenere dalla collettività mezzi adeguati di assistenza».

MERLIN ANGELINA è d’accordo con l’onorevole Togni sull’impostazione umana e sociale che ha dato alla sua relazione, ma è in disaccordo per quanto riguarda la formulazione dell’articolo. Ritiene che i concetti formulati nella proposta dell’onorevole Togni siano espressi in modo più preciso nel seguente articolo da lei proposto nella parte riguardante le garanzie economico-sociali per l’assistenza della famiglia: «Lo Stato ha il compito di assicurare a tutti i cittadini il minimo necessario all’esistenza per ciò che concerne, ecc.; in particolare dovrà provvedere all’esistenza di chi sia disoccupato senza sua colpa o incapace al lavoro per età o per invalidità».

PRESIDENTE ritiene che questa disposizione si possa allacciare alla parte che si riferisce al diritto al lavoro; ora però va considerato in modo particolare il solo diritto all’assistenza e alla previdenza.

Riconosce che non c’è contrasto fra quello che ha detto l’onorevole Noce e quello che sostiene l’onorevole Togni; ma la discussione deve rimanere nell’ambito dei problemi dell’assistenza e della previdenza.

FANFANI è d’avviso che, sia nella relazione dell’onorevole Togni, che nei discorsi pronunziati da altri colleghi, vi sia stata la preoccupazione di trovare un ponte fra l’articolo già approvato sul diritto al lavoro e l’articolo proposto sul diritto all’assistenza; e ritiene che sarebbe necessario inserire fra i due articoli una norma che garantisca, oltre al diritto al lavoro, un minimo di retribuzione in relazione allo sforzo e alle necessità del lavoratore. Propone quindi i seguenti due articoli:

Art. 1.

Ogni lavoratore ha diritto ad un reddito proporzionato al suo sforzo ed alle sue necessità personali o familiari. La Repubblica predisporrà il godimento di questo diritto con norme sulle retribuzioni familiari e previdenziali.

Art. 2.

Ogni cittadino che a motivo dell’età, dello stato fisico o mentale, della situazione economica, si trovi nell’impossibilità di lavorare, ha diritto di ottenere dalla collettività mezzi adeguati per vivere, garantiti dalle assicurazioni sociali e dalle istituzioni di assistenza.

CANEVARI escluderebbe la seconda parte dell’articolo secondo, perché solo in tempi successivi si stabiliranno le norme relative con leggi speciali, a seconda delle condizioni economiche del momento.

TAVIANI riconosce perfetta l’impostazione della relazione; quanto all’articolazione, ritiene opportuno sottolineare i due aspetti del problema: il primo, che il lavoratore va tutelato nei suoi diritti ad un reddito proporzionato, il secondo, che riguarda l’assistenza da dare a coloro che, non per propria colpa, non lavorano, come le madri di famiglia, i bambini, ecc.

Osserva che, trattandosi di due problemi tipicamente diversi, sarebbe necessario dividerli in due articoli.

Dichiara di essere favorevole alla proposta Fanfani, ma concorda con l’onorevole Canevari circa l’opportunità di non insistere sull’ultima parte del secondo articolo proposto e di lasciare soltanto l’accenno alla collettività. Sarebbe anche necessario trovare una frase con la quale si spiegasse che non è sempre lo Stato a soddisfare tali esigenze, ma che vi possono essere altri organismi che possono intervenire in questa garanzia.

È anche d’accordo con l’onorevole Giua sull’opportunità di togliere l’accenno alla tranquillità domestica; prende atto a questo proposito che l’onorevole Giua non riconosce allo Stato l’obbligo di dover intervenire in questo campo.

MARINARO aderisce alla formulazione proposta dal Relatore, tanto nella sostanza quanto nella forma, con l’abolizione, però, di quanto è superfluo ed inutile.

Crede, anzitutto, che il primo comma si possa tranquillamente eliminare. Invece trova molto ben precisato il concetto sostanziale della disposizione enunciata al secondo comma, che è esauriente e si collega con l’affermazione del diritto al lavoro da parte di ogni cittadino. Anche il terzo comma gli sembra ben precisato. Pregherebbe tuttavia l’onorevole Togni di non insistere sul quarto comma, che si riferisce ai mezzi di esecuzione. A questi provvederanno leggi speciali; la Costituzione non può che affermare dei principî.

PRESIDENTE fa presente che, oltre quelli considerati dall’onorevole Togni nella sua proposta, vi sono altri obblighi che incombono allo Stato sotto forma di assicurazione, di garanzia, di tutela e di controllo, ed altri doveri che incombono a protezione del lavoratore contro la possibilità di guai, di infortuni di ogni genere: c’è tutta una legislazione in proposito ed è compito dello Stato assicurare il rispetto di tali obblighi. Tutto ciò può trovar posto o in questa sede o, forse più opportunamente, dove si tratterà dell’azione sindacale.

Prospetta poi l’opportunità di inserire una norma che si riferisca ai danni derivati alle persone o ai beni dalle calamità pubbliche. Nel progetto francese di Costituzione è detto che i danni causati dalle calamità nazionali alle persone o ai beni sono sostenuti dalla Nazione. Gli risulta che su questo tema avrebbe riferito l’onorevole Lombardi, il quale avrebbe prospettato la soluzione nei seguenti termini: «I danni arrecati alle persone e ai loro beni per cause di calamità nazionali sono sostenuti dallo Stato; la legge ne stabilirà la forma e la misura». Crede che un articolo di questo genere debba essere aggiunto alla formulazione suggerita dal Relatore Togni, rientrando anch’esso nel campo dell’assistenza e della solidarietà nazionale.

TOGNI, Relatore, richiama l’attenzione su tre aspetti diversi del problema; la protezione del cittadino in quanto lavoratore o ex lavoratore e la sua tutela giuridica; la previdenza ed infine l’assistenza.

Sono tre aspetti complementari, ma nettamente diversi. Dichiara di non aver preso in considerazione la parte relativa alla tutela, perché parte di un’altra relazione. Intende riferirsi a quel complesso di disposizioni, che sono in continua evoluzione e trasformazione, per la protezione dell’operaio da un eccessivo sforzo fisico, dalle malattie professionali, da tutto ciò che può nuocere alla sua integrità fisica e che costituiscono la parte più nobile dello sforzo delle legislazioni moderne per adeguarsi alle esigenze umane dei lavoratori.

Si è limitato a prendere in considerazione l’assistenza e la previdenza, due aspetti che ritiene cioè molto vicini l’uno all’altro, la cui distinzione è stata sottolineata dall’onorevole Noce. La previdenza deriva dal lavoro effettuato; l’assistenza è una forma generica di intervento della collettività. La prima è volontaria (anche quando la legge la impone), perché vi è il concorso economico diretto del lavoratore; la seconda non è volontaria, ma dipende dalla iniziativa della collettività.

Rileva che la parola «assistenza», di cui al secondo comma, va intesa nel senso di previdenza; ma osserva che sarebbe stato improprio usare questa parola, perché si tratta di assistenza che deriva dal lavoro, dal fatto cioè, che quel determinato individuo ha svolto un’attività lavorativa che in un determinato momento non può più esplicare a causa di malattia, di infortunio, di perdita della capacità lavorativa o di disoccupazione involontaria.

Il terzo comma invece riguarda l’assistenza in genere, e in questo caso la parola «assistenza» significa mezzo per vivere ed è quella che la collettività compie nei confronti di quel notevole numero di persone che sono impossibilitate a vivere col reddito del proprio lavoro, perché non hanno la possibilità di lavorare in quanto costituzionalmente inadatte al lavoro.

È una materia destinata a svilupparsi ampiamente e a diffondersi col progredire della civiltà; perciò egli si è limitato ad affermare questo diritto generale che ritiene ben definito.

L’onorevole Noce ha parlato delle donne casalinghe; osserva che questa categoria è compresa in tutti e due i casi, perché, se si tratta di lavoratrici, beneficeranno dell’assistenza in caso di malattie, infortuni ecc., a norma del secondo comma; se invece sono buone madri di famiglia e non impiegate, rientrano in quanto è stabilito nel terzo comma. Non vede quindi la necessità di stabilire una voce particolare.

NOCE TERESA precisa di non desiderare una formulazione particolare, ma una formulazione dalla quale risulti chiaramente che la seconda parte non dipende dalla prima, così come sembrerebbe.

TOGNI, Relatore, risponde che i due concetti sono nettamente diversi e chiaramente risultano dalla formulazione.

L’onorevole Giua si è preoccupato dell’obbligo fatto allo Stato di assicurare al cittadino anche la tranquillità domestica, familiare. Naturalmente la dizione proposta si riferisce alla tranquillità economica della famiglia.

Il campo dell’assistenza e della previdenza ha una sua particolare influenza non meno nobile, anche nelle relazioni sociali. Infatti questa assistenza e questa previdenza si prefiggono di sottrarre le masse a quella miseria che può essere cattiva consigliera e spingerle a turbare la pubblica tranquillità; si prefiggono di assicurare il diritto ad una certa tranquillità in seno alla famiglia, onde permettere a tutti una elevazione personale e culturale.

È del parere che il primo comma dell’articolo non debba essere soppresso; se la Commissione lo ritenesse opportuno, si potrebbe eventualmente modificare.

Quanto alla proposta di abolire o di coordinare la formulazione con altri articoli di altre relazioni, è d’accordo nel senso di coordinare e non di abolire, poiché tutte le Costituzioni danno un rilievo particolare a questa nota di umanità e di socialità. Riconosce la necessità del coordinamento per evitare ripetizioni, ma intanto si potrebbe passare alla votazione, subordinando il particolare riferimento ai singoli articoli a quella che deve essere l’affermazione di principio e di ordine generale.

L’onorevole Merlin si è preoccupata della formulazione dell’articolo. Se si vuole affrontare il problema dell’assistenza insieme con quello della previdenza nel suo complesso, va tenuta presente la necessità pratica di precisare il meno possibile, in quanto si tratta di materia alla quale devono provvedere leggi speciali, accordi diretti e norme varie che possono essere concordate volta per volta.

Concludendo, per quanto riguarda il primo comma, sarebbe d’avviso di lasciarlo com’è, modificando tutt’al più le parole «la tranquillità o possibilità economica familiare per consentire un’elevazione spirituale», o qualche cosa di simile. Quanto alla proposta di soppressione dell’ultima parte dell’articolo, pur non opponendosi, fa considerare che vi è un’affermazione che deve essere presa in considerazione, se non in questa, in altra sede, in quanto esiste un obbligo da parte dello Stato di assicurare la residua capacità lavorativa a favore degli invalidi ed a favore di coloro i quali, pur non potendo al cento per cento svolgere un lavoro, hanno comunque una possibilità lavorativa.

MARINARO, ritenendo che tale materia riguardi di più la sanità pubblica, propone che si proceda alla votazione dell’articolo del Relatore con la soppressione, da lui già proposta, del primo e dell’ultimo comma.

PRESIDENTE ritiene conveniente accogliere la proposta dell’onorevole Marinaro di porre in votazione il secondo e il terzo comma, essendo con lui pienamente d’accordo nel ritenere superfluo anche il quarto comma, in quanto i due commi centrali mettono a fuoco i due problemi fondamentali dell’assistenza e della previdenza.

TOGNI, Relatore, accetta la proposta dell’onorevole Marinaro; propone però le seguenti modifiche: al primo comma dire «dal diritto al lavoro» invece che «dal lavoro» e «a mezzi adeguati per vivere» al posto delle parole «assistenza materiale».

MARINARO ritiene che al 2° comma la frase «situazione economica» possa ingenerare confusione, non potendosi trattare della situazione economica personale del lavoratore.

TAVIANI chiarisce che deve essere intesa come «congiuntura». Propone, anzi, di sostituire tale parola a «situazione economica».

Aggiunge che la votazione dei due commi lascia insoluto il problema della tutela del lavoro, problema che per altro è già contenuto nelle conclusioni formulate dall’onorevole Colitto ed approvate dalla Sottocommissione.

NOCE TERESA propone di aggiungere che il lavoratore ha diritto all’assicurazione dei mezzi materiali per vivere e per far rientrare in questa enunciazione il concetto della previdenza, suggerisce la formula: «conseguire il diritto all’assicurazione di mezzi adeguati all’assistenza».

TOGNI, Relatore, osserva che l’onorevole Noce è mossa giustamente dalla preoccupazione di assicurare l’assistenza alle donne casalinghe e dichiara di non aver nulla in contrario a modificare il suo enunciato; ma ritiene che in tal modo si perderebbe di vista il concetto della previdenza, perché la disoccupazione involontaria che consegue dal diritto al lavoro non rientra nel campo della previdenza, o almeno non vi rientra sempre. La disoccupazione può essere considerata dal punto di vista della previdenza, quando si tratta di una parentesi dell’attività lavorativa; può essere invece considerata dal punto di vista assistenziale, quando è conseguenza del diritto al lavoro e quindi della mancata capacità, da parte dello Stato, di procurare il lavoro stesso. Ritiene che debba darsi maggior rilievo al caso dell’assistenza, piuttosto che a quello della previdenza, e concorda che per la previdenza si dica: «con mezzi adeguati per vivere». Nel caso dell’assistenza lascerebbe invece la dizione «mezzi adeguati di assistenza».

NOCE TERESA vorrebbe che fosse fatta una differenza nel modo e non nei mezzi, perché non si tratta di assistenza sotto forma di carità pubblica, sia pure sociale, ma di qualche cosa che sorge da un diritto.

TAVIANI afferma che il bambino ha diritto a vivere né più né meno che il lavoratore. Pertanto il diritto è uguale per tutti.

FANFANI fa notare che, pur essendo lo Stato tenuto a combattere la disoccupazione, questa può assumere uno sviluppo imprevedibile e determinare una situazione generale, alla quale non è possibile rimediare.

PRESIDENTE chiarisce che il concetto di disoccupazione involontaria contempla tanto i casi dipendenti dal singolo come quelli dipendenti da una situazione generale. Pertanto non ritiene necessaria una specificazione.

TOGNI, Relatore, per togliere l’equivoco propone di dire che ogni cittadino, a motivo dell’età, dello stato fisico o mentale o per calamità generali, che possono essere di ordine economico (perché in definitiva nel caso della crisi economica si rientra nel primo comma), ha diritto all’assistenza.

MARINARO ritiene preferibile la parola «contingenza» in luogo di «calamità», in quanto è logico che in caso di calamità lo Stato intervenga. Direbbe «contingenze di carattere generale».

TOGNI, Relatore, pensa che l’espressione «ogni cittadino che si trova nell’impossibilità di lavorare» sia giusta nei confronti del caso precedente, ma incompleta. D’altra parte, col termine «adeguati mezzi» si intende che questi debbono essere sufficienti a quelle che sono le necessità fisiche.

MERLIN ANGELINA propone di seguire l’esempio della Carta costituzionale francese, che parla di «mezzi convenienti di assistenza», dicendo pertanto: «mediante opere di assistenza o di previdenza».

MARINARO propone la dizione: «a titolo di ottenere dallo Stato mezzi adeguati di assistenza».

TOGNI, Relatore, vorrebbe tenere distinti i concetti. Assicurare i mezzi adeguati per vivere significa, ad esempio, assicurare un’indennità pecuniaria speciale; quando invece si parla di mezzi adeguati di assistenza si intende che venga data al lavoratore un’assistenza adeguata, tenendo conto delle possibilità dello Stato o della collettività.

MARINARO propone di sostituire alla parola, «collettività» la parola «Stato».

FANFANI osserva che quando si parla di Stato ci si può riferire a quelle assicurazioni centralizzate le quali badano soltanto a costruire dei bei palazzi, ma che non fanno certo l’interesse dei lavoratori. Un sindacato od una fabbrica potrebbero realizzare nel loro interno una forma di assicurazione assai più efficiente dell’odierna assicurazione burocratizzata.

La previdenza, poi, si risolve in un intervento economico, generalmente saltuario. Infatti, salvo che per la vecchiaia, in cui è continuo fino alla morte, negli altri casi l’intervento per malattia, per infortunio, per perdita parziale della capacità lavorativa è temporaneo. Nel caso degli inabili, di coloro che non hanno mai potuto lavorare, l’assistenza si risolve in un complesso di azioni che vanno oltre il fatto economico.

Ci sono istituti di cura, ospedali, orfanotrofi, tutto un complesso che costituisce la grande attività assistenziale dello Stato. È un’attività di protezione fisica ed economica nei confronti dei cittadini minorati; e pertanto, quando si parla dei mezzi adeguati di assistenza, si ha già un concetto preciso e si completa l’idea di possibilità di vita, non solo materiale, ma anche intellettuale.

TOGNI, Relatore, rinuncia, benché a malincuore, al primo comma, ma si riserva di parlare in proposito in altra sede. Circa il secondo comma propone di modificarne la prima parte nel modo seguente: «Dal lavoro consegue il diritto a mezzi adeguati per vivere in caso di malattia, infortunio, ecc.».

Il terzo comma dovrebbe suonare così: «Ogni cittadino che, a motivo dell’età, dello stato fisico o mentale, o per contingenze di carattere generale si trovi nell’impossibilità di lavorare, ha diritto di ottenere dalla collettività mezzi adeguati di assistenza».

Per quanto riguarda il quarto comma, pur dichiarando di aderire alla proposta fatta di sopprimerlo, si riserva di riprenderne la discussione in altra sede.

PRESIDENTE pone ai voti il secondo e il terzo comma dell’articolo proposto dal Relatore che viene così a costituire un articolo così formulato:

Art. …

«Dal lavoro consegue il diritto a mezzi adeguati per vivere in caso di malattia, di infortunio, di perdita della capacità lavorativa, di disoccupazione involontaria».

«Ogni cittadino che, a motivo dell’età, dello stato fisico o mentale, o per contingenze di carattere generale, si trovi nell’impossibilità di lavorare, ha diritto di ottenere dalla collettività mezzi adeguati di assistenza».

FANFANI propone il seguente articolo aggiuntivo:

«Ogni lavoratore ha diritto ad un reddito proporzionato alla quantità e alla qualità della prestazione e alle sue necessità personali e familiari.

«La Repubblica predisporrà il godimento di questo diritto con norme sulle retribuzioni vitali previdenziali e familiari».

Desidera sia messo a verbale che approva l’articolo proposto dal Relatore, soltanto se preceduto da una formula di questo genere.

TAVIANI si associa. Ritiene indispensabile un articolo del tenore di quello proposto dal collega Fanfani, salvo a mettersi d’accordo sulla forma.

MERLIN ANGELINA ritiene che non sia materia da inserire nella Costituzione quella che forma oggetto del capoverso dell’articolo proposto.

FANFANI dichiara di non avere difficoltà a rinunciarvi. Lo riteneva necessario per il fatto che finora si è seguito il criterio, più o meno discutibile, di fare un’enunciazione di principio ed un invito all’attuazione.

PRESIDENTE rinvia la discussione al giorno successivo.

La seduta termina alle 12.

Erano presenti: Fanfani, Ghidini, Giua, Marinaro, Merlin Angelina, Molè, Noce Teresa, Taviani, Togni.

È intervenuto autorizzato: Canevari.

Assenti giustificati: Colitto, Di Vittorio, Dominedò, Federici Maria, Lombardo Ivan Matteo, Paratore, Pesenti, Rapelli, Simonini.