Come nasce la Costituzione

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VENERDÌ 24 GENNAIO 1947 (seconda sezione)

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

(SECONDA SEZIONE)

23.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 24 GENNAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CONTI

INDICE

Corte costituzionale (Seguito della discussione)

Presidente – Leone Giovanni, Relatore – Ravagnan – Cappi – Farini – Bulloni – Laconi – Ambrosini – Targetti – Bozzi.

La seduta comincia alle 16.

Seguito, della discussione sulla Corte costituzionale.

 

PRESIDENTE dà lettura degli articoli approvati nella precedente riunione e rivisti dal Comitato di redazione.

Art. 1. – «La Corte costituzionale giudica della costituzionalità delle leggi.

«Risolve, inoltre, i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e giudica sulla responsabilità penale (e civile?) del Presidente della Repubblica e dei ministri».

Ricorda che era rimasta in sospeso la questione se la Corte costituzionale debba giudicare anche sulla responsabilità civile, oltre che penale, del Presidente della Repubblica e dei ministri.

LEONE GIOVANNI, Relatore, ritiene che la questione debba essere lasciata in sospeso per la necessaria coordinazione con le disposizioni che saranno prese circa il potere esecutivo.

PRESIDENTE è d’accordo.

(Così rimane stabilito).

Art. 2. – «La Corte è composta per metà di magistrati, per un quarto di avvocati e professori universitari, per un quarto di cittadini, aventi almeno 40 anni, eleggibili a uffici politici».

LEONE GIOVANNI, Relatore, crede che il limite di età di 40 anni debba estendersi a tutti i componenti della Corte. Preciserebbe anche, per quanto riguarda i professori universitari, che debbono essere ordinari. Formulerebbe, quindi, l’articolo nel seguente modo:

«La Corte è composta per metà di magistrati, per un quarto di avvocati e professori ordinari universitari, per un quarto di cittadini eleggibili a uffici politici: tutti aventi l’età di almeno 40 anni».

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo 2 nel testo indicato dall’onorevole Leone.

(È approvato).

Art. 3. – «I giudici della Corte costituzionale sono eletti dall’Assemblea Nazionale».

(È approvato).

Art. 4. – «La Corte elegge tra i suoi componenti il Presidente.

«Il Presidente e i giudici durano in carica sette anni e sono rieleggibili. Durante le funzioni di giudice i magistrati sono collocati fuori ruolo e gli avvocati non possono esercitare la professione.

«Sono ineleggibili i membri del Governo, delle Camere e dei Consigli regionali in carica al momento delle elezioni.

«Per i membri della Corte costituzionale non vigono limiti di età».

Contrariamente a quanto ha detto nella precedente riunione, tiene a precisare che per quanto riguarda gli avvocati, il divieto di continuare ad esercitare la professione, piuttosto che per i componenti della Corte costituzionale, dovrebbe essere introdotto per i membri del Consiglio superiore della magistratura.

RAVAGNAN, invece delle parole: «durante le funzioni di giudice», proporrebbe, per ragioni di chiarezza, di dire: «durante le funzioni della Corte».

CAPPI direbbe: «durante la loro appartenenza alla Corte».

FARINI all’ultimo comma, per non ingenerare dubbi, alla parola «giudici» sostituirebbe «membri».

PRESIDENTE ritiene che l’articolo 4 potrebbe essere così formulato:

«La Corte elegge fra i suoi componenti il Presidente.

«Il Presidente e i giudici durano in carica sette anni e sono rieleggibili. Durante la loro appartenenza alla Corte, i magistrati sono collocati fuori ruolo e gli avvocati non possono esercitare la professione.

«Sono ineleggibili i membri del Governo, delle Camere e dei Consigli regionali in carica al momento delle elezioni.

«Per i membri della Corte Costituzionale non vigono limiti di età».

Lo mette ai voti in questa forma.

(È approvato).

CAPPI, prima di esaminare l’articolo 5, crede opportuno che nel verbale si faccia menzione che nel progetto Calamandrei era prevista l’istituzione dell’ufficio del Pubblico Ministero, presso la Suprema Corte, sia quale tramite attraverso cui il cittadino avrebbe potuto proporre il ricorso di incostituzionalità, sia per ragioni di euritmia, non potendosi ammettere un giudice che si trovi davanti ad una sola parte. Il Comitato, invece, ha ritenuto che la funzione del Pubblico Ministero presso la Corte sia superflua e che il giudice assuma sempre una posizione di centro fra le parti, in quanto la parte che impugna sarà assistita dal suo patrono e il Governo, che avrà interesse a difendere la costituzionalità della legge, sarà rappresentato dall’Avvocatura dello Stato.

BULLONI non crede concepibile una impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale senza un organo, come il Pubblico Ministero, che difenda le ragioni della legge che, fino a prova contraria, si presume conforme alla Costituzione.

Quindi, non tanto per ragioni di euritmia, quanto per motivi attinenti alla funzionalità del Collegio giudicante, ritiene che presso la Corte Suprema debba essere istituito il Pubblico Ministero.

LACONI trova fondata l’osservazione dell’onorevole Bulloni, sebbene a suo giudizio il Pubblico Ministero, più che il potere esecutivo, rappresenti le ragioni del potere legislativo.

CAPPI non è persuaso delle ragioni addotte dall’onorevole Bulloni. Non può immaginare infatti un Pubblico Ministero che difenda una presunzione di legalità, anche quando potrebbe essere convinto che una legge è incostituzionale.

PRESIDENTE osserva che la Corte costituzionale non deve essere concepita come un organo giurisdizionale ordinario, ma come un organo superiore che giudica, senza che le parti agiscano nel modo ordinario, senza, cioè, la procedura comunemente seguita davanti a tutte le giurisdizioni.

AMBROSINI fa presente che l’onorevole Calamandrei, nel proporre l’istituzione del Pubblico Ministero presso la Corte costituzionale, si riferiva alla nozione storica dell’istituto e alla necessità che nello svolgimento della controversia avanti alla Corte non vi sia una sola parte, quella cioè del ricorrente, ma anche la parte resistente, il Pubblico Ministero. Osserva che non occorre l’istituzione del Pubblico Ministero presso la Corte per l’esplicazione della funzione suaccennata, giacché le ragioni della parte resistente, e cioè dello Stato ed eventualmente delle Regioni, possono bene essere sostenute dall’organo che normalmente ha questo compito, cioè dal l’Avvocatura dello Stato, alla quale istituzionalmente è attribuita la consulenza legale e la difesa in giudizio dello Stato e degli altri enti previsti dalla legge.

Ritiene in conseguenza che non sia necessaria l’istituzione del Pubblico Ministero, e che si renda d’altra parte opportuno fare un richiamo espresso all’Avvocatura, dello Stato.

PRESIDENTE si associa alle considerazioni dell’onorevole Ambrosini, soprattutto per l’opportunità di non creare una complicata organizzazione di funzionari, quale sarebbe necessaria per il funzionamento del Pubblico Ministero presso l’Alta Corte.

LEONE GIOVANNI, Relatore, si rende conto dell’esigenza prospettata dall’onorevole Bulloni, nel senso che la presenza di due parti serve senza dubbio a delineare meglio le questioni. Non occorrendo però un organo che abbia una particolare investitura, che sia cioè la voce del potere esecutivo, o di quello legislativo, ritiene che potrebbe essere utilizzato l’istituto dell’Avvocatura dello Stato, stabilendo – in sede di Sottocommissione – che tale istituzione partecipi al giudizio di costituzionalità davanti alla Corte costituzionale. In questo modo, crede che possano essere soddisfatte tutte le esigenze.

BULLONI non vede come possa concepirsi un organo giurisdizionale senza un organo requirente. Gli sembra che siano la natura e la stessa funzione dell’organo giurisdizionale che impongano la presenza dell’organo requirente, il quale non può essere sostituito dall’Avvocatura dello Stato.

LEONE GIOVANNI, Relatore, fa notare che attualmente al Consiglio di Stato funziona come Pubblico Ministero l’Avvocatura dello Stato. Nei riguardi della Corte costituzionale pensa che potrebbe adottarsi la procedura in uso presso il Consiglio di Stato, nel senso che l’Avvocatura dello Stato dovrebbe intervenire sia contro che a favore della impugnativa.

TARGETTI concorda con gli onorevoli Ambrosini e Leone, anche perché, come ha detto il Presidente, la Corte costituzionale non ha carattere di organo prettamente giudiziario. Dato però che quest’organo è investito anche della competenza a giudicare i ministri e il Capo dello Stato, domanda se in questi casi sia concepibile un giudizio senza il rappresentante dell’accusa.

AMBROSINI riconosce la fondatezza dell’osservazione, ma osserva che la Camera dei Deputati, nell’accusare, designa anche la persona che deve sostenere l’accusa.

LEONE GIOVANNI, Relatore, osserva che nella legge processuale prevista dall’ultimo articolo si potrà tener conto della esigenza che nei giudizi concernenti il Presidente della Repubblica ed i ministri vi sia un rappresentante della Camera dei Deputati.

PRESIDENTE avverte che rimarrà consacrato a verbale che la eventualità prospettata dall’onorevole Targetti dovrà essere considerata dal futuro legislatore. Circa il Pubblico Ministero, ritiene che la maggioranza sia favorevole al principio che tale organo non debba essere istituito presso la Corte costituzionale.

Art. 5. – «La incostituzionalità di una legge può essere (entro due anni dall’entrata in vigore? in ogni tempo?) dedotta in giudizio in via incidentale dalle parti o dal Pubblico Ministero, ovvero rilevata d’ufficio.

«Il giudice, se non ritenga di respingere l’eccezione, perché manifestamente infondata o non pertinente alla causa, sospende il giudizio e fissa alla parte interessata un termine per adire la Corte per la decisione. (Rimette gli atti alla Corte per la decisione)».

Osserva che, circa il primo comma, bisogna decidere se l’eccezione debba essere dedotta in giudizio entro due anni dall’entrata in vigore della legge, o possa esser dedotta in qualsiasi tempo.

LEONE GIOVANNI, Relatore, non stabilirebbe alcun termine per l’impugnazione in via incidentale. Premesso che per quella in via principale sarà stabilito un termine, decorso il quale la legge non potrà più essere impugnata, potendo darsi che, quando sorga un conflitto tra l’interesse attuale del cittadino ed una legge non costituzionale, non sia più possibile l’impugnazione, riterrebbe opportuno lasciare al cittadino la possibilità di dedurre l’incostituzionalità della legge solo per il giudizio che a lui interessa e con effetti limitati al caso concreto.

CAPPI ritiene che si tratti di bilanciare fra di loro da un lato l’esigenza del cittadino, che ha interesse ad impugnare di incostituzionalità la legge anche dopo dieci o quindici anni, e dall’altro lato quella della certezza del diritto. Inoltre una legge, quando è stata in vigore per un certo numero di anni, ha creato una quantità di situazioni di diritto, per cui il dichiararla incostituzionale porterebbe senza dubbio a gravi sconvolgimenti.

D’altra parte gli sembra eccessivo stabilire che una spada di Damocle debba pendere su una legge, senza alcuna limitazione di tempo. È, quindi, favorevole al termine di due anni.

AMBROSINI sopprimerebbe l’espressione «in via incidentale», perché teme possa ingenerare qualche dubbio. Tale soppressione, a suo avviso, nulla toglie alla sostanza dell’articolo in discussione.

LEONE GIOVANNI, Relatore, obietta che sopprimendo l’inciso «in via incidentale» potrebbe credersi che il giudizio abbia come unico oggetto di dichiarare incostituzionale una legge.

PRESIDENTE crede che si potrebbe sopprimere l’espressione: «in via incidentale», sostituendo però alle parole: «dedotta in giudizio» le altre: «dedotta nel giudizio».

LEONE GIOVANNI, Relatore, è d’accordo.

BULLONI pensa che il ricorso di incostituzionalità in via incidentale debba essere esperibile in ogni tempo. A suo avviso, l’interesse che un cittadino può avere anche dopo 15 anni, di far dichiarare incostituzionale una legge, non deve essere sacrificato per il rispetto della situazione che la legge stessa ha in precedenza creato nei confronti di altri cittadini.

CAPPI rileva che, sotto tale profilo, dovrebbe considerarsi iniquo anche l’istituto della prescrizione, perché un diritto, anche dopo cento anni, dovrebbe avere sempre valore. Come ha detto, si tratta di scegliere quale delle due esigenze debba avere maggior peso.

PRESIDENTE mette ai voti il principio che l’incostituzionalità della legge possa essere dedotta in giudizio in ogni tempo.

(Non è approvato).

Ritiene allora che debba intendersi approvato che dovrà essere fatta valere nel termine di due anni.

LEONE GIOVANNI, Relatore, si riserva di risollevare la questione nella Commissione.

RAVAGNAN, per rendere la dizione più alla portata di tutti, invece delle parole: «ovvero rilevata d’ufficio», direbbe: «ovvero rilevata d’ufficio dal magistrato».

BOZZI direbbe: «rilevata dal giudice».

CAPPI, sul secondo comma, osserva che, siccome l’eccezione di incostituzionalità sollevata in giudizio riveste anche il carattere di un interesse pubblico, invece di lasciare all’arbitrio della parte di adire o meno la Corte sarebbe più logico rimettere gli atti alla Corte per la decisione.

BOZZI invece della parola «impugnazione» metterebbe «eccezione».

PRESIDENTE mette ai voti l’espressione: «fissa alla parte interessata un termine per adire alla Corte».

(Non è approvata).

Osserva che si intende allora approvata la dizione: «rimette gli atti alla Corte per la decisione».

Mette ai voti l’articolo 5 così formulato:

«La incostituzionalità di una legge può essere, entro due anni dall’entrata in vigore, dedotta nel corso di ogni giudizio dalle parti o dal Pubblico Ministero, ovvero rilevata dal giudice.

«Se il giudice non ritenga di respingere l’eccezione, perché manifestamente infondata, o non pertinente alla causa, sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte per la decisione».

(È approvata).

Art. 6. – «Entro lo stesso termine, chiunque (ovvero: chiunque abbia interesse; ovvero cento cittadini) può impugnare una legge avanti la Corte per incostituzionalità».

LEONE GIOVANNI, Relatore, richiama l’attenzione sull’ultimo comma dell’articolo 8 del suo progetto, così formulato:

«Una domanda rigettata non può essere riproposta neppure da un altro soggetto, tranne, in questo ultimo caso, che per diverso motivo di nullità».

Con questa formula tendeva a costituire una remora, affinché, una volta promosso un giudizio di incostituzionalità, non fosse più possibile riproporlo. Aggiungerebbe, quindi, all’articolo in discussione, come secondo comma, il seguente:

«Una impugnazione di incostituzionalità rigettata non può più essere proposta da altro soggetto».

PRESIDENTE è d’accordo.

BULLONI, mentre era per la massima ampiezza circa il termine dell’eccezione in via incidentale, per l’impugnazione in via principale desidererebbe che il termine fosse il più ristretto possibile, vale a dire di due o tre mesi.

PRESIDENTE ritiene che anche in questo caso si debba stabilire lo stesso termine di due anni.

CAPPI, in via transattiva, propone di stabilire un anno, anche per dare modo ai cittadini di rendersi conto della legge attraverso la stampa.

TARGETTI, senza formulare una proposta precisa, ritiene che la Sezione si dovrebbe ispirare al concetto di impedire in tutti i modi un eventuale ostruzionismo a cui si andrebbe incontro, ammettendo in chiunque la possibilità di sollevare l’eccezione di incostituzionalità, nel senso che tutte le leggi potrebbero essere impugnate.

LEONE GIOVANNI, Relatore, ritiene giusta la preoccupazione di impedire azioni infondate, ma fa notare che, ponendo un termine ristretto, quando l’interesse fosse attuale si potrebbe non avere più il tempo per impugnare la legge. D’altra parte, se si fissa un termine, dato che l’interesse potrebbe sorgere in avvenire, dovrebbe essere dato a chiunque di impugnare una legge, anche non avendo un interesse attuale.

BULLONI stabilirebbe una sanzione civile per chi impugni infondatamente una legge.

LACONI crede che, se si vuole evitare che tutte le leggi possano essere impugnate, non debba essere ammessa indiscriminatamente l’impugnativa.

BOZZI opina che l’inconveniente che chiunque possa impugnare la legge, anche senza fondamento, possa essere ovviato anche con accorgimenti di carattere processuale, mediante cioè un giudizio di delibazione preventiva, come avviene attualmente per le sentenze impugnate davanti alla Corte di cassazione penale. Un simile giudizio di delibazione pensa che a maggior ragione si possa instaurare nei riguardi della Corte costituzionale, vale a dire che, senza aprire il giudizio, una commissione dovrebbe preventivamente esaminare le domande di impugnazione per determinare se sia il caso o meno di sottoporle al giudizio della Corte.

PRESIDENTE è d’accordo, salvo naturalmente il diritto di ricorrere alla stessa Corte, contro il giudizio di delibazione.

Avverte che sarà consacrato a verbale che la Sezione ritiene che il legislatore dovrà provvedere a che si abbia un esame preliminare delle domande di dichiarazione di incostituzionalità fatto dalla stessa Corte.

CAPPI proporrebbe di dire:

«Chiunque abbia un interesse, anche non attuale (ovvero 500, oppure 1000 cittadini) può, entro lo stesso termine, impugnare una legge davanti alla Corte per incostituzionalità».

BULLONI, come al cittadino è stato riconosciuto il diritto di iniziativa legislativa, così pensa dovrebbe essere riconosciuto a chiunque il diritto di impugnare una legge, entro un brevissimo tempo, davanti alla Corte costituzionale.

TARGETTI chiede che vengano messe in votazione separatamente le diverse proposte.

PRESIDENTE pone in votazione il principio che chiunque possa impugnare una legge di incostituzionalità.

(È approvato).

Pone quindi ai voti il principio che l’impugnativa debba essere proposta entro tre mesi.

(Non è approvato).

Pone in votazione il termine di un anno.

(È approvato).

Pone infine in votazione la formula:

«Una domanda di incostituzionalità respinta non può essere più riproposta».

(È approvata).

Avverte che l’articolo 6 rimane così formulato:

«Chiunque, entro il termine di un anno, può impugnare una legge avanti la Corte per incostituzionalità. Una domanda di incostituzionalità respinta non può essere più riproposta».

Comunica che per l’articolo 7 sono state proposte le due seguenti dizioni:

1°) «Qualora la dichiarazione sia stata pronunciata in via incidentale ha efficacia vincolante per il caso singolo nella prosecuzione del giudizio rimasto sospeso».

2°) «In ogni caso, quando si presenti in un nuovo giudizio la questione dell’applicazione di una legge che sia stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema, il giudice può rifiutarsi di applicarla senza bisogno di sospendere il giudizio».

Personalmente preferisce la prima dizione.

LEONE GIOVANNI, Relatore, chiarisce che nel primo caso l’effetto della dichiarazione di incostituzionalità, in via incidentale, si riferisce al caso concreto. Nel secondo caso, che è conforme al progetto Calamandrei, gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità si estendono anche ai casi nei quali si ripresenti la medesima questione.

CAPPI pone in evidenza che ogni questione sarebbe superata, approvando l’articolo 7-bis, da lui proposto e così formulato:

«Pronunziata l’incostituzionalità di una legge, questa cessa di aver vigore. Il Parlamento potrà promuovere o l’abrogazione normale della legge o la revisione della Costituzione».

AMBROSINI sarebbe favorevole a limitare l’efficacia della dichiarazione al caso deciso, perché una diversa soluzione, qual è quella proposta nell’articolo 7-bis dall’onorevole Cappi, verrebbe a violare uno dei principî fondamentali di tutto l’ordinamento giuridico moderno, cioè quello della divisione dei poteri.

BOZZI, in relazione all’articolo 7-bis, non comprende quale abrogazione o revisione debba fare il Parlamento se, una volta pronunciata l’incostituzionalità di una legge, questa cessa di avere vigore. Dichiarata nulla una legge, gli sembra che i poteri del Parlamento, in ordine ad essa, siano esauriti.

PRESIDENTE crede che, formalmente, sia sempre necessaria l’abrogazione da parte del potere legislativo.

BOZZI riterrebbe più giusto stabilire che la Corte costituzionale farebbe una indicazione al Parlamento nel senso di rendergli noto che una determinala legge è incostituzionale. Il Parlamento allora avrà il dovere giuridico e politico di abrogare la legge o modificare la Costituzione. In tal modo, da un lato si salverebbe il principio della divisione dei poteri, e nello stesso tempo si darebbe l’efficacia che merita alla pronuncia della Corte.

CAPPI ritiene di aver contemplato nella sua proposta ambedue le possibilità. Di fronte ad una pronuncia di incostituzionalità di una legge, il Parlamento ha davanti a sé due vie: o conformarsi alla decisione, oppure far rivivere, in un certo senso, la legge, mettendo in moto il meccanismo di revisione della Costituzione.

BOZZI rileva che in tal caso sarà necessario modificare la forma dell’articolo.

LEONE GIOVANNI, Relatore, senza dilungarsi in discussioni, ricorda che le Costituzioni estere segnalano a tale proposito varie possibilità. Innanzi tutto vi è la possibilità che la Corte costituzionale emani una pronuncia semplicemente indicativa di incostituzionalità al Parlamento, il quale, in base a questa decisione segnalativa, può abrogare la legge o modificarla. La decisione di incostituzionalità, in questa ipotesi, non opera fin dal momento della pronuncia, e la legge continua ad avere vigore.

Vi è poi la soluzione opposta, per cui la dichiarazione di incostituzionalità opera l’annullamento della legge, o dal momento della pronuncia della sentenza della Corte (o della sua pubblicazione in qualche bollettino), ovvero, con effetto retroattivo, dal momento in cui l’incostituzionalità è stata messa in evidenza. Nell’articolo 8 del suo progetto era appunto prevista questa ultima forma.

In sede di Comitato ha ritenuto di accettare una via intermedia, cioè la formula dell’articolo 7-bis proposto dall’onorevole Cappi, secondo la quale la dichiarazione in via principale della incostituzionalità comporta che la legge da quel momento non abbia più vigore, cioè non sia più vincolante per i cittadini, ma non possa importare un’abrogazione vera e propria dal punto di vista formale. Il Parlamento, di fronte alla pronuncia della Corte, ha due possibilità: abrogazione della legge, nel senso di toglierle anche il residuo crisma formale, ovvero adire le vie per la revisione della Costituzione.

AMBROSINI è d’accordo che, più che alla forma, si debba guardare alla sostanza. Gli sembra infatti contradittorio il sistema in base al quale una legge, pur avendo perso ogni valore in quanto non è più vincolante per i cittadini, conserva però il suo crisma di legge. La situazione diverrebbe ancora più contrastante coi principî generalmente ricevuti nel diritto costituzionale, quando si mettesse il legislatore di fronte all’obbligo o di abrogare la legge, o di promuovere la revisione della Costituzione, giacché così si imporrebbe un obbligo positivo troppo grave all’organo ordinario che rappresenta il popolo ed esercita una delle funzioni sovrane, ed anzi la preminente funzione sovrana dello Stato. Ad ogni modo, anche a mettersi su questa via, sarebbe meglio adottare un sistema più semplice e coerente, superando qualsiasi pregiudiziale teorica relativa al principio della divisione dei poteri, e dando alla pronuncia della Corte costituzionale la portata logica di dichiarare addirittura la nullità di quella legge che ritenesse contraria alla Costituzione. Altrimenti sarebbe più opportuno limitare l’efficacia della sentenza della Corte al caso deciso.

CAPPI osserva che anche in questo caso potrebbe esservi la possibilità di una difformità di giudizi.

AMBROSINI risponde che questo inconveniente si verifica anche per i pronunciati della Corte di cassazione.

LEONE GIOVANNI, Relatore, si richiama all’articolo 140 della Costituzione austriaca del 1920, per cui la sentenza con la quale la Corte annulla per incostituzionalità una legge, o una parte della legge, obbliga il Cancelliere federale alla pubblicazione immediata dell’annullamento che entra in vigore dal giorno stesso della pubblicazione.

AMBROSINI, riguardo alla Costituzione austriaca che spesso è stata richiamata anche in altre occasioni, osserva che essa era improntata a principî e per qualche punto a preoccupazioni teoriche. Accenna a taluni istituti di essa, ed in particolare rileva la portata di quella parte della Costituzione che considerava la funzione giudiziaria come avente lo stesso carattere sostanziale della funzione amministrativa.

LEONE GIOVANNI, Relatore, rileva che, se si limita la funzione della Corte ad una segnalazione di incostituzionalità, possono anche passare degli anni prima che il Parlamento adotti una qualsiasi decisione nei riguardi della legge. Durante il tempo intercorrente fra il deliberato della Corte costituzionale ed il riesame da parte del Parlamento, la legge continuerà ad avere la sua efficacia, con conseguenti nuove lesioni della Costituzione. Per questo motivo si dovrebbe sentire la necessità che la sentenza della Corte costituzionale per lo meno sospenda l’efficacia della legge. Una tale soluzione non potrebbe ferire la sovranità del Parlamento, che rimarrebbe così libero di adottare la decisione che riterrà più opportuna.

PRESIDENTE dà lettura del seguente lesto dell’articolo 7, presentato dall’onorevole Bozzi:

«La pronuncia di incostituzionalità è comunicata dalla Corte al Parlamento, il quale o abroga la legge o procede alla revisione costituzionale di essa. Sino al momento della deliberazione del Parlamento l’efficacia della legge è sospesa».

CAPPI aderisce alla proposta dell’onorevole Bozzi, ritirando il suo articolo 7-bis.

LEONE GIOVANNI, Relatore, concorda con la proposta dell’onorevole Bozzi.

PRESIDENTE pone ai voti il testo proposto dall’onorevole Bozzi.

(È approvato).

Art. 8. – «La decisione della Suprema Corte che dichiara l’incostituzionalità di una legge è comunicata d’ufficio al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Presidente delle due Camere, affinché sia considerata l’opportunità di procedere in via legislativa alla sua abrogazione o modificazione, ovvero alla modificazione della norma costituzionale contro la quale la legge è in conflitto».

Fa presente che questo articolo in relazione all’approvazione dell’articolo 7 nel testo proposto dall’onorevole Bozzi, deve intendersi superato, e pertanto ne propone la soppressione.

(È approvata).

Art. 9, (che diventerà art. 8). – «Una legge di valore costituzionale disciplinerà la risoluzione dei conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato.

«La medesima legge fisserà le norme sul funzionamento della Corte costituzionale e le altre leggi procedurali».

BULLONI domanda perché si debba rimandare ad un’altra legge costituzionale la risoluzione dei conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, quasi che gli attuali componenti della Costituente non siano in grado di provvedervi. Trattandosi di questioni che si verificano rarissimamente, sopprimerebbe il primo comma.

PRESIDENTE osserva che, sopprimendo la prima parte, la seconda rimarrebbe così formulata:

«Una legge di valore costituzionale fisserà le norme sul funzionamento della Corte costituzionale e le altre norme procedurali».

CAPPI proporrebbe che fosse una legge ordinaria.

PRESIDENTE mette ai voti l’articolo nella seguente formula:

«La legge fisserà le norme sul funzionamento della Corte costituzionale e le altre norme procedurali».

(È approvato).

TARGETTI dichiara che, se fosse stato presente alla riunione nella quale fu decisa la composizione della Corte suprema, in relazione al concetto che ha della funzione di questo organo, avrebbe limitato al massimo ad un terzo il numero dei magistrati. Chiede inoltre che questa sua proposta venga inoltrata al Comitato di redazione, per esser compresa fra le «osservazioni» che saranno indicate nel testo del progetto.

La seduta termina alle 17.50.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Cappi, Conti, Farini, Laconi, Leone Giovanni, Targetti, Ravagnan e Uberti.

Assenti: Calamandrei, Castiglia, Di Giovanni, Mannironi e Porzio.