ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
SECONDA SOTTOCOMMISSIONE
(SECONDA SEZIONE)
21.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI MERCOLEDÌ 22 GENNAIO 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CONTI
INDICE
Suprema Corte costituzionale (Seguito della discussione)
Calamandrei, Relatore – Bozzi – Cappi – Bulloni – Leone Giovanni, Relatore – Ambrosini – Laconi – Presidente – Uberti.
La seduta comincia alle 15.45.
Seguito della discussione sulla Suprema Corte costituzionale.
CALAMANDREI, Relatore, ritiene che, prima di esaminare il problema di chi sia legittimato ad agire davanti alla Suprema Corte costituzionale, sia necessario risolvere la questione dell’istituzione dei due sistemi dell’impugnazione in via incidentale e in via principale.
Osserva in proposito che, ammettendo l’impugnativa in via incidentale, anche con la norma proposta dall’onorevole Cappi che il giudice sospende il giudizio per trasmettere gli atti alla Corte costituzionale, sarà soprattutto la parte interessata nella causa civile o penale ad essere legittimata a porre la richiesta di incostituzionalità, ma anche il Pubblico Ministero, in quanto accusatore nella causa penale e nella civile, sarà interessato a sollevare la questione.
Per quanto riguarda l’impugnazione in via principale è d’avviso che essa non possa mai essere promossa da un organo del potere esecutivo, poiché, se quest’organo partecipa al Governo, dovrà necessariamente essere favorevole a quelle leggi delle quali potrebbe essere impugnata la costituzionalità. A suo avviso quindi la legittimazione potrebbe essere data invece alla minoranza del Parlamento rimasta soccombente nella votazione su determinate leggi da essa ritenute incostituzionali. Questa minoranza, dietro richiesta di almeno cinquanta componenti le due Camere e tramite un determinato organo – che potrebbe essere formato da una Commissione nominata dalla minoranza del Parlamento, dato che non è stata accettata la sua proposta di creare il Procuratore generale commissario della giustizia – potrà ricorrere alla Suprema Corte costituzionale per la decisione sulla costituzionalità delle leggi.
Ricorda inoltre che vi è da risolvere l’altra questione se si debba o meno accettare l’azione popolare, ossia la legittimazione di ogni elettore e di ogni cittadino come tale, a portare davanti alla Suprema Corte l’impugnazione di incostituzionalità in via principale.
BOZZI fa osservare che quando la questione di incostituzionalità sorge come fenomeno incidentale nel corso di un giudizio, si deve avere un impulso di ufficio, per cui il giudice sospenda la causa e rinvii alla Corte costituzionale. Per quanto riguarda invece la legittimazione nel giudizio diretto di impugnativa per incostituzionalità, è del parere che legittimato dovrebbe essere qualsiasi cittadino (azione popolare): ogni cittadino, come tale, dovrebbe poter richiedere la dichiarazione di incostituzionalità, anche ove la legge non leda direttamente un suo particolare diritto subiettivo, divenendo parte in una questione di interesse generale. Rileva, tuttavia, che in tal caso vi è l’inconveniente che l’impugnativa potrebbe essere fatta, ad esempio, da uno squilibrato, ciò che porrebbe in condizione di discredito la Corte costituzionale, che deve invece essere un organo solenne. Un correttivo potrebbe trovarsi nella proposta, formulata dall’onorevole Calamandrei, di affidare l’impugnativa alla minoranza parlamentare; ma potrebbe anche riconoscersi questo diritto al popolo, affermando che un determinato numero di persone possa iniziare l’azione davanti alla Corte costituzionale, come è stato fatto per il referendum a proposito dell’iniziativa legislativa.
CAPPI ricorda che sull’argomento, in una precedente seduta, ha proposto due articoli molto schematici, i quali ammettevano l’impugnativa tanto in via incidentale quanto in via principale, rinviando, per le modalità, ad una legge processuale.
Fra le modalità egli contemplerebbe anche la legittimazione dell’impugnativa; nel caso che si volesse fissare nella Costituzione questa legittimazione, lascerebbe a chiunque la facoltà di impugnativa, adottando un criterio molto largo e liberale. A questo proposito, non vede gli inconvenienti prospettati dall’onorevole Bozzi; tuttavia, volendosi adottare un criterio quantitativo, limiterebbe il numero a non più di un centinaio di persone.
Richiamandosi al primo dei due articoli da lui proposti, rileva che la formulazione prevedeva il caso che il giudice nella impugnativa incidentale, qualora non la respingesse, perché manifestatamente infondata, sospendesse il giudizio per rinviare gli atti alla Corte costituzionale, la quale dovrebbe decidere con deliberazione valevole erga omnes.
BULLONI chiede all’onorevole Calamandrei come si possa superare il pericolo di impugnative defatigatorie, specie in materia penale, in relazione all’impugnativa incidentale di incostituzionalità della legge.
CALAMANDREI, Relatore, risponde che il pericolo può essere superato con la formula proposta dall’onorevole Cappi, alla quale aderisce, nel senso che il giudice abbia facoltà, caso per caso, di valutare l’eccezione; se la riterrà un pretesto dilatorio, la respingerà senz’altro come completamente infondata, mentre in caso contrario sospenderà il giudizio rinviando la decisione alla Corte costituzionale.
Ricorda che nel suo progetto è distinta, nei riguardi della estensione della efficacia della decisione, l’impugnativa in via incidentale da quella in via principale; la prima, anche quando perviene alla Corte costituzionale, dà luogo ad una decisione con efficacia limitata al caso singolo ed è adottata dalla competente sezione della Corte costituzionale; la seconda dà luogo ad una decisione della Corte a sezioni unite, e questa decisione ha carattere generale ed astratto. Non sarebbe contrario ad unificare, negli effetti e nella competenza, queste due impugnative, conferendo alla Corte costituzionale il potere di decidere sui ricorsi con deliberazione avente efficacia erga omnes. Ma si presenta il problema dell’efficacia della decisione nei confronti degli organi legislativi, cioè se si debba ammettere che la dichiarazione di annullamento di una legge sia operativa nei confronti degli organi legislativi; il che conferirebbe alla Corte costituzionale un vero e proprio potere legislativo. Ad evitarlo, aveva proposto che, in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale, gli organi legislativi dovessero immediatamente promuovere la procedura per la modificazione della legge. Il problema però è sempre grave nei confronti dell’autorità giudiziaria; quando la Corte costituzionale ha emesso una decisione generale e astratta di incostituzionalità di una legge, preannunziando quindi lo svolgimento della procedura di modificazione da parte degli organi legislativi (procedura che può anche tardare degli anni a causa di crisi parlamentari, mutamenti di Governi, ecc.), cosa dovranno fare i giudici durante questo intervallo? La Magistratura si troverebbe di fronte ad una legge dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema, ma che sarebbe tuttavia legge in quanto non ancora modificata dagli organi legislativi. Pone questo problema di particolare importanza, al quale dovrà darsi una soluzione.
CAPPI ritiene che quando la Suprema Corte abbia sancita l’incostituzionalità della legge, gli effetti di questa debbano essere sospesi. Pur riconoscendo che in tal modo – come ha rilevato l’onorevole Calamandrei – si attribuirebbe ad un organo estraneo un potere legislativo, osserva che ciò è inevitabile, perché nella Costituzione che si sta elaborando è detto in modo inequivocabile che la dichiarazione di incostituzionalità della legge spetta ad un determinato organo, e che il giudice non può applicare la legge in attesa delle decisioni di questo.
LEONE GIOVANNI, Relatore, pensa che il problema posto dall’onorevole Calamandrei possa essere esaminato in un secondo momento, e che prima si debba risolvere la questione della legittimazione ad agire.
Ricorda in proposito che il suo progetto riguardava tre casi di incostituzionalità, ossia di leggi emanate dal Parlamento, di leggi regionali e di atti amministrativi. A suo avviso, per il primo caso si dovranno stabilire le norme secondo le quali sarà possibile richiedere la dichiarazione di incostituzionalità di una legge nazionale; per il secondo, quello di una legge regionale che sia in conflitto con la Costituzione, l’incostituzionalità potrà essere rilevata sia dal Governo, sia dalle Assemblee legislative, sia dalle Assemblee Regionali che ravvisino in quella legge un danno per le Regioni che rappresentano; per il terzo caso, se l’atto amministrativo promanerà dal Governo centrale, l’incostituzionalità potrà essere fatta rilevare dal singolo cittadino o da un ente amministrativo; se promanerà da un ente regionale l’impugnazione potrà aversi da parte del Governo o di cittadini singoli.
Osserva che altro problema da risolvere è quello se si debba riconoscere un’azione popolare indiscriminata o la possibilità per un qualsiasi cittadino o gruppo di cittadini, più o meno numerosi, di far valere l’incostituzionalità della legge. Si potrebbe riconoscere tale diritto solamente al cittadino che faccia valere nella richiesta di incostituzionalità un interesse privatistico al fine di impedire che l’azione possa essere promossa arbitrariamente. Ad ogni modo, una remora all’impugnazione potrebbe essere posta con un limite di tempo entro cui si potesse esercitare l’azione in via principale per incostituzionalità, e stabilendo che la sentenza della Suprema Corte costituisca giudicato, vietando pertanto che contro la stessa legge e per lo stesso motivo sia fatta rilevare l’incostituzionalità.
AMBROSINI, sui punti esaminati dall’onorevole Leone, osserva che riguardo all’atto amministrativo non vi è nessuna innovazione da fare, in quanto esso è già impugnabile per incostituzionalità secondo il nostro diritto positivo.
Circa le leggi regionali rileva che il diritto di impugnativa è stato già affidato nel progetto della seconda Sottocommissione al Governo, che, dopo aver ricevuto i disegni di legge approvati dall’Assemblea regionale, ha la facoltà di rinviarli alla stessa con le osservazioni del caso e di impugnarli successivamente per motivi di legittimità o di merito, rispettivamente avanti alla Corte costituzionale e al Parlamento. Manifesta i suoi dubbi sull’ammissione pura e semplice dell’azione popolare, che darebbe a qualsiasi ed anche ad un solo cittadino la possibilità di mettere in moto un procedimento così importante quale è quello del giudizio sull’incostituzionalità delle leggi. Altri dubbi espone sull’opportunità o meno di concedere il diritto di impugnativa alla minoranza di ciascuna delle Camere, che non sia riuscita a far prevalere la propria opinione nell’avversare un disegno di legge approvato poi dalla maggioranza.
In connessione con questo argomento richiama le disposizioni del progetto relative al referendum sulle leggi, osservando come questo istituto integri quello della invalidazione delle leggi, e come possa dimostrarsi più adeguato alle esigenze dell’interesse politico generale, quando la controversia si appoggi su motivi per la cui valutazione debba ricorrersi a criteri prevalentemente politici.
Passando ad occuparsi del congegno concreto di invalidazione delle leggi, richiama il sistema degli Stati Uniti, ed osserva che potrebbe, almeno in parte, essere adottato per quanto si riferisce al diritto di chiunque vi abbia interesse a ricorrere, adducendo l’incostituzionabilità di una legge, avanti al magistrato ordinario, attribuendo a questo il compito di pronunciarsi in merito. Dopo il giudizio di primo grado l’interessato potrebbe ricorrere in appello. Avverso la sentenza pronunciata in secondo grado, sempre che si tratti della costituzionalità o meno di una legge, sarebbe ammissibile il ricorso non, come d’ordinario, avanti alla Corte di cassazione, ma avanti alla Corte costituzionale, cioè avanti all’organo creato appositamente per tale scopo; ma che si avrebbe una differenziazione rispetto al sistema americano, che non era che un unico organo supremo giurisdizionale.
Riconosce che tutto il procedimento sarebbe naturalmente semplificato, se il giudice investito della controversia dovesse, conformemente al progetto dell’onorevole Calamandrei, rimandare gli atti per la decisione alla Corte costituzionale. Ritiene che sarebbe preferibile il primo sistema; osserva comunque che, nell’un caso e nell’altro, la sentenza della Corte costituzionale dovrebbe essere comunicata al Governo e al Parlamento.
Dichiara infine di essere contrario ad inserire nella Costituzione limiti di tempo per l’esperimento dell’eccezione di incostituzionalità di una legge.
CAPPI dà lettura dei due articoli da lui proposti nella precedente seduta, parzialmente modificati:
«1. – L’impugnativa di incostituzionalità di una legge statale o regionale è ammessa in via principale da qualunque elettore entro un anno dalla sua promulgazione. In caso di impugnativa incidentale, il giudice, qualora non la respinga per una manifesta infondatezza o per irrilevanza, sospende il giudizio e trasmette gli atti alla Corte costituzionale, la quale decide con valore assoluto».
«2. – Una legge dichiarata incostituzionale rimane sospesa. Il Governo dovrà, con procedura d’urgenza, proporne alle Camere l’abrogazione o la modifica. In caso di rigetto della proposta, il Governo dovrà promuovere la revisione della Costituzione».
AMBROSINI, pur trovando molto ingegnoso il sistema proposto dall’onorevole Cappi, ritiene che con esso si imporrebbero obblighi eccessivi sia al Governo che al Parlamento, mentre tali organi, in quanto costituzionali e quindi indipendenti nella loro attività, non possono essere sottoposti ad obbligo alcuno.
LEONE GIOVANNI, Relatore, per mozione d’ordine, dichiara di ritenere che prima di porre in votazione i due articoli proposti dall’onorevole Cappi, dovrebbero essere discussi e votati quelli proposti nel suo progetto e in quello dell’onorevole Calamandrei; soprattutto in considerazione che le proposte dell’onorevole Cappi non rappresentano degli emendamenti, bensì articoli sostitutivi.
LACONI fa osservare che gli articoli dell’onorevole Cappi riguardano il problema dell’impugnativa in via principale e in via incidentale, non previsto nelle due relazioni. Dato il dissenso esistente tra i commissari sulla questione, è d’avviso che esso debba essere risolto in precedenza.
PRESIDENTE, per l’ordine dei lavori, ritiene che si debba riprendere l’esame dei vari quesiti posti nella riunione precedente dall’onorevole Calamandrei.
Ricordando che è già stato adottato il principio del sistema della Costituzione rigida, fa presente che il secondo punto da stabilire è se il controllo sulla costituzionalità delle leggi debba istituirsi in via incidentale, o in via principale, o in ambedue i casi.
Pone quindi in votazione il principio che il controllo debba istituirsi in via incidentale.
UBERTI dichiara che voterà per la terza ipotesi.
(È approvato).
PRESIDENTE avverte che si passa all’esame del principio dell’istituzione del controllo in via principale.
AMBROSINI osserva che, se il magistrato non ha facoltà di decisione, dovrà rinviare gli atti alla Suprema Corte; ma se la Corte non avrà il potere di annullare la legge, di necessità bisognerà limitare la procedura ad un solo caso.
LACONI è contrario all’impugnazione in via principale, in quanto, in sostanza, rimarrebbe solamente la soluzione proposta dall’onorevole Calamandrei della minoranza parlamentare; ma, a suo avviso, non è ammissibile frazionare un organo come il Parlamento e ammettere che una minoranza di esso, non meglio qualificata, possa adire la Magistratura. Non ritiene neppure ammissibile l’azione popolare, la quale porterebbe ad un enorme carico di lavoro, senza avere in effetti sostanza alcuna.
CALAMANDREI, Relatore, fa osservare che, ove fosse esclusa l’impugnazione in via principale, l’incostituzionalità di una legge potrebbe essere sollevata solo quando sorgesse l’occasione del caso concreto a cui la legge dovrebbe essere applicata.
Ma se si stabilisce che, trascorso un determinato periodo di tempo, la legge non può più essere impugnata, potrà accadere che si emani una legge macroscopicamente incostituzionale, ma che non vi sia occasione di applicarla in un giudizio concreto, se non dopo trascorso quel limite di tempo; si verrebbe così a determinare l’impossibilità di impugnarla. Per tale considerazione ritiene che l’impugnazione in via principale dovrebbe essere ammessa.
UBERTI è d’avviso che l’impugnazione in via principale costituisca la prima ragione d’essere della Suprema Corte costituzionale e che, non ammettendola, si verrebbe a togliere lo strumento principale per la garanzia della costituzionalità delle leggi.
AMBROSINI ritiene che l’impugnativa potrebbe essere ridotta ad un solo caso, stabilendo che chiunque ritenga di essere leso in un suo diritto dalla legge, presunta contraria alla Costituzione, potrà sollevare la questione di incostituzionalità davanti al magistrato ordinario.
PRESIDENTE, al fine di giungere ad un accordo sulla questione in esame, propone che i relatori e altri membri della Sezione si riuniscano per concordare un testo di articoli da sottoporre all’esame dei colleghi nella prossima seduta.
(Così rimane stabilito).
La seduta termina alle 18.15.
Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Conti, Farini, Laconi, Leone Giovanni, Mannironi, Ravagnan, Targetti, Uberti.
Assenti: Castiglia, Di Giovanni, Porzio.