Come nasce la Costituzione

GIOVEDÌ 9 GENNAIO 1947 (prima sezione)

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

(PRIMA SEZIONE)

9.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 9 GENNAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Potere esecutivo (Seguito della discussione)

Presidente – Lussu – La Rocca, Relatore – Perassi – Fabbri – Nobile – Tosato, Relatore – Mortati – Einaudi – Fuschini – Piccioni – Codacci Pisanelli.

La seduta comincia alle 16.45.

Seguito della discussione sul potere esecutivo.

PRESIDENTE propone che si discuta la formula proposta dall’onorevole Fuschini – alla quale ha aderito anche l’onorevole Mortati – in quanto ritiene che in gran parte rispecchi le opinioni manifestate nel corso delle ultime sedute. Ne ricorda quindi il tenore:

«L’Assemblea Nazionale è convocata ogni volta che si debba procedere alla formazione del Governo.

«La persona designata dal Capo dello Stato per la carica di Primo Ministro espone innanzi all’Assemblea le direttive politiche dell’azione governativa e i principali mezzi proposti per la loro attuazione.

«Nel caso che tale programma sia approvato con il voto nominativo della maggioranza dei componenti l’Assemblea, il Capo dello Stato investe nella carica il designato e su proposta di questi procede alla nomina dei Ministri».

LUSSU esprime l’avviso che questo modo di procedere faccia perdere del tempo e ritardi la conclusione. Ricorda che, prima ancora che gli onorevoli Mortati e Fuschini presentassero le loro proposte, si è lungamente discusso, senza arrivare ad una decisione, sulla formula del Comitato, che si ispira al criterio di considerare il Capo del Governo, non come il primus inter pares, ma come una figura preminente in quanto responsabile della direzione e dell’attuazione della politica del Governo. Crede pertanto che, prima di prendere in considerazione nuovi progetti, accumulando materiale e complicando la questione, si debba decidere definitivamente sullo schema del Comitato.

PRESIDENTE fa presente che la formula in parola rappresenta un emendamento al progetto del Comitato e, come vuole la prassi, su di esso si deve anzitutto decidere. Appunto per questa ragione si è già votato sull’emendamento Nobile, come quello che maggiormente si allontanava dal progetto stesso.

LA ROCCA, Relatore, entrando nel merito, dopo aver ricordato che già a suo tempo ebbe a fare le sue riserve sul modo come è stato concepito il sistema bicamerale e particolarmente sugli inconvenienti che derivano dall’aver posto le due Camere su un piede di parità, osserva che lo schema dell’onorevole Fuschini, in quanto prevede la convocazione dell’Assemblea Nazionale per procedere alla formazione del Governo, si discosta dal sistema parlamentare che è stato approvato. Infatti, mentre si è ritenuto di dover dividere il Parlamento in due rami, lo si fa poi funzionare a Camera unica, oltre che per determinate deliberazioni di particolare importanza (dichiarazione di guerra, amnistia, ecc.), anche per il voto di fiducia o sfiducia al Governo, senza considerare che vengono così a riunirsi due organi che hanno un’origine diversa, poiché l’uno è eletto a suffragio universale diretto e l’altro con elezioni di secondo grado. Se non si vuole minare alla radice il sistema bicamerale, è necessario che le due Camere funzionino separatamente nell’accordare o negare la fiducia al Governo, ovvero che promanino entrambe dal suffragio diretto.

PERASSI, per mozione d’ordine, dichiara che, quando nella seduta precedente si è votata la proposta dell’onorevole Nobile, secondo la quale il Primo Ministro è nominato dal Presidente della Repubblica su designazione dell’Assemblea Nazionale, si è inteso mantenere la discussione sul sistema della designazione, prescindendo dall’organo incaricato della designazione stessa. Per proseguire col metodo già iniziato, si dovrebbe attualmente esaminare della proposta Fuschini soltanto la parte relativa al procedimento per la nomina del Primo Ministro, e decidere se la nomina stessa da parte del Capo dello Stato debba essere subordinata alla presentazione come candidato di fronte all’organo parlamentare, che in seguito si indicherà, e ad un voto di tale organo.

PRESIDENTE non crede che si possa economizzare del tempo seguendo il metodo consigliato dall’onorevole Perassi e ritiene che debba essere presa in considerazione la questione pregiudiziale sollevata dall’onorevole La Rocca.

FABBRI esprime l’avviso che si possa considerare acquisito il risultato di una votazione, nel senso che l’incarico al Primo Ministro viene conferito dal Capo dello Stato, e che quindi l’alternativa che ora si pone è la seguente: se il Primo Ministro debba presentarsi all’organo parlamentare che sarà in seguito indicato prima o dopo aver composto il Ministero.

Personalmente ritiene che la ratifica da parte dell’organo parlamentare possa intervenire soltanto dopo che il Primo Ministro abbia composto il Gabinetto e precisato il programma politico. In questo senso non può approvare il sistema proposto dall’onorevole Fuschini, che non consentirebbe un voto utile e obiettivo da parte dell’organo parlamentare e renderebbe l’esposizione del candidato Primo Ministro un soliloquio gravido di incognite, per esprimere propositi vaghi, nel disagio di dover prendere impegni verso gruppi parlamentari.

NOBILE aderisce pienamente alla mozione d’ordine dell’onorevole Perassi.

TOSATO, Relatore, considera come una complicazione inutile il sistema secondo il quale il Primo Ministro deve essere designato dal Capo dello Stato, approvato dall’organo parlamentare e nominato quindi definitivamente dal Capo dello Stato stesso. Trova invece concepibile soltanto una nomina da parte del Capo dello Stato, sottoposta successivamente all’approvazione del Parlamento; e quindi insiste sulla formula del Comitato, per la quale il Primo Ministro e i Ministri vengono nominati dal Presidente della Repubblica.

PRESIDENTE dissente recisamente dall’opinione dell’onorevole Lussu, il quale è favorevole ad una posizione di preminenza del Capo del Governo, e aderisce invece alla vecchia formula – risultato di una saggia elaborazione degli uomini di Stato italiani nei primi sessanta anni di vita unitaria del Paese –– di un Presidente del Consiglio dei Ministri primus inter pares. Ritiene che la figura del Primo Ministro possa balzare in primo piano unicamente per le doti personali di un uomo c per ciò che rappresenta in seno al gruppo politico al quale appartiene, ma non sia opportuno rendere costituzionalmente il Primo Ministro simile ad un Cancelliere. È infatti una caratteristica propria del cancellierato quella di un Capo del Governo che risponde personalmente al Capo dello Stato, mentre i Ministri rispondono a lui.

A questo proposito, osserva che anche la successione, prevista nell’articolo 19 del Comitato, nei momenti della nomina del Primo Ministro e di quella dei Ministri, corrisponde ad una prassi che si è ormai affermata nella vita costituzionale italiana, ma, introdotta nel testo della Costituzione, sembra voler sottolineare la preminenza del Primo Ministro e l’investimento nella sua persona di una autorità alla quale egli è contrario. È ormai universalmente accettato il sistema di procedere in primo luogo alla designazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, lasciando a questi di condurre le trattative per la scelta dei Ministri, ed è assurdo pensare che il Presidente della Repubblica possa presumere di scegliere egli stesso i Ministri. A suo avviso, si dovrebbe trovare una formula che, senza indicare questa successione di momenti nelle varie nomine, sottolineasse il concetto della responsabilità collegiale.

LUSSU fa osservare che il principio di una autorità prevalente del Primo Ministro non è una sua idea personale – come il Presidente sembra ritenere – ma un’opinione unanime del Comitato (tranne la contrarietà dell’onorevole La Rocca), che ha avvertito questa esigenza in vista di quel complesso di difficoltà che tutti hanno notato nella vita politica italiana dopo la liberazione.

La stessa preoccupazione è stata sentita in Francia ed ha portato, nella nuova Costituzione, a dare maggior rilievo alla figura del Primo Ministro ed a stabilire per la sua nomina un sistema analogo a quello proposto dall’onorevole Fuschini. Secondo la Costituzione francese, al principio di ciascuna legislatura il Presidente della Repubblica, dopo le consultazioni d’uso, designa il Presidente del Consiglio. Questi non può costituire il suo Gabinetto che dopo essere stato investito della fiducia dell’Assemblea. Il Comitato di redazione si è discostato nel suo progetto dal sistema francese di nomina del Primo Ministro, non ritenendolo rispondente alle abitudini costituzionali e alle tradizioni politiche italiane, ed ha elaborato un testo – sulla cui approvazione personalmente insiste – perfettamente aderente alle esigenze di una moderna democrazia.

Riconosce che in un Governo di coalizione come l’attuale ben poco gioverebbe al Primo Ministro, anche se circondato da un notevole prestigio personale, l’autorità che gli conferirebbero norme costituzionali come quelle in esame. Fa tuttavia presente che nell’esposizione del suo punto di vista intende riferirsi ad un Governo con una struttura omogenea, che risulti magari dalla coalizione di più partiti, purché si propongano le stesse finalità. Né può considerarsi lesivo dei principî democratici il concetto di un Capo di Governo che abbia l’autorità che ha quello inglese come leader del partito di maggioranza. Democrazia significa organizzazione politica dello Stato, con autorità e prestigio e sovrana possibilità di guidare il Paese, anche in momenti difficili, senza i tentennamenti e le confusioni caratteristiche nella decadenza parlamentare dei Paesi occidentali.

TOSATO, Relatore, rispondendo ad una osservazione del Presidente, avverte che con la formula dell’articolo 19 non si è inteso sottolineare la posizione del Presidente del Consiglio, ma solo tradurre in una norma una prassi costituzionale. Desidera altresì chiarire che anche con la dizione dell’articolo 20 («il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo») non si è pensato di dare una preminenza assoluta al Primo Ministro, nel senso di attribuire esclusivamente a quest’ultimo la determinazione dell’indirizzo generale politico del Governo. Si può ammettere la eguale competenza di tutti i Ministri a concorrere alla determinazione della politica generale del Governo. Ma non si può non ammettere al tempo stesso e riconoscere la necessità che la politica del Governo, approvata dal Parlamento, venga poi realizzata e attuata con quella continuità, tempestività e soprattutto con quella unità che sono universalmente sentite come una esigenza imprescindibile dell’azione di Governo. La concezione del Primo Ministro come di un primus inter pares è superata e inaccettabile. Nelle condizioni presenti, e in particolare nei Governi di coalizione, essa significa la dissoluzione dell’idea e della funzione di Governo. Questo ha bisogno di un capo che abbia la responsabilità e quindi i poteri necessari all’attuazione del programma politico del Governo stesso. Si dichiara quindi disposto soltanto a precisare che il Primo Ministro è responsabile «dell’attuazione» della politica generale del Governo, restando così sottinteso, ma chiaramente comprensibile, che, giusta le regole normali dei Governi parlamentari, la politica stessa deve essere deliberata dal Consiglio dei Ministri e approvata dal Parlamento.

MORTATI ripete quanto ebbe a rilevare in una precedente seduta; cioè che negli articoli in esame si pongono due problemi: quello dell’ordinamento interno del Gabinetto e quello dei rapporti tra Governo e Parlamento. Se si vuole giungere rapidamente ad una conclusione, è necessario scindere i due argomenti ed affrontarli uno alla volta. Personalmente ritiene opportuno esaminare anzitutto il secondo.

Ricorda che la proposta dell’onorevole Fuschini – alla quale egli aveva aderito – stabilisce la seguente procedura: designazione da parte del Capo dello Stato della persona candidata alla carica di Primo Ministro; esposizione innanzi all’Assemblea Nazionale delle direttive politiche dell’azione governativa e dei principali mezzi proposti per la loro attuazione; voto di fiducia; investitura, da parte del Capo dello Stato, del designato nella carica ed infine nomina dei Ministri su proposta del Primo Ministro. Avverte quindi che, in seguito alle considerazioni svolte nel corso dell’odierna seduta, particolarmente dall’onorevole Tosato, ritiene opportuno proporre il seguente nuovo testo che si avvicina di più a quello del Comitato:

 

«Art. 19. – Il Capo dello Stato, effettuate le necessarie consultazioni, nomina il Primo Ministro. Su proposta di questo, procede alla nomina dei Ministri.

«Entro quindici giorni dalla formazione, il Governo promuove la convocazione dell’Assemblea Nazionale, allo scopo di esporre ad essa le direttive politiche dell’azione del Governo ed i principali mezzi proposti per la loro attuazione.

«La pronuncia dell’Assemblea sul programma governativo deve avvenire su una mozione motivata con voto nominativo della maggioranza dei suoi componenti».

Fa osservare che questa sua formula risolve il problema dei rapporti tra Gabinetto e Parlamento e si discosta da quella del Comitato soltanto per ciò che, mentre quella tace sulla questione del voto di fiducia preliminare, in quanto non lo ritiene elemento necessario per la composizione del Gabinetto, soffermandosi invece sul voto di sfiducia, la sua proposta rovescia la situazione, tacendo sul voto di sfiducia e accentuando gli effetti del voto di fiducia.

EINAUDI, per le considerazioni già esposte nelle precedenti sedute, si dichiara favorevole all’articolo 19 del Comitato, che senza dir nulla intorno alla questione della preminenza o meno del Primo Ministro nei confronti degli altri Ministri, afferma tuttavia una cosa importante, cioè che tra questi e il Primo Ministro deve esistere una reciproca fiducia. Con l’espressione: «I Ministri sono nominati e revocati dal Presidente della Repubblica su proposta del Primo Ministro», si afferma appunto questo concetto, che è necessario per l’unità del Gabinetto ed implica che i Ministri non possono essere proposti – se non indirettamente – dai partiti al Primo Ministro; ma questi li sceglierà da sé tra i rappresentanti dei partiti politici che gli possano assicurare una maggioranza.

LA ROCCA, Relatore, nel riaffermare il suo parere favorevole ad un sistema che preveda la designazione (non la nomina), da parte del Capo dello Stato, del Primo Ministro e dei Ministri, e il voto di fiducia dei due rami del Parlamento in seguito all’esposizione del programma e la successiva investitura nella carica, insiste nella sua proposta che la designazione da parte del Capo dello Stato sia preceduta dalle consultazioni di uso, in modo da rispecchiare gli orientamenti politici, i rapporti di forze dei partiti e la volontà delle Assemblee legislative.

FABBRI nota che l’intervento dell’onorevole La Rocca rileva un nuovo aspetto del problema: prima del voto di fiducia delle due Camere non esisterebbero né un Primo Ministro né dei Ministri; esisterebbero soltanto persone designate. Quindi potrebbe esservi un lungo intervallo di tempo, richiesto dalla esigenza stessa di predisporre il programma, in cui praticamente si rimarrebbe senza Governo.

Una tale concezione, oltre a sorprenderlo, lo trova completamente contrario, in quanto egli ritiene che la funzione del potere esecutivo debba essere permanente. A suo avviso, la nomina del Ministero, seppure condizionata al voto di fiducia, deve preesistere a questo; s’intende peraltro che, dopo la formazione del Gabinetto, il Parlamento deve essere immediatamente convocato.

NOBILE concorda con l’onorevole La Rocca e non condivide la preoccupazione dell’onorevole Fabbri circa un intervallo di tempo in cui il Paese rimarrebbe senza Governo. Ritiene che ciò non possa avvenire, perché fino a quando il nuovo Governo non entrerà in funzione, resterà in carica il precedente.

Per quanto concerne il voto di fiducia, è del parere che dovrebbe darsi all’intero Ministero e non al solo Primo Ministro.

TOSATO, Relatore, rileva che alla esigenza fatta presente dall’onorevole Nobile soddisfa l’articolo 22 del progetto, il quale, dicendo che il Primo Ministro e i Ministri debbono godere la fiducia dell’Assemblea Nazionale, implica che, secondo la prassi, il Governo, una volta costituito, debba presentarsi alle due Camere per ottenerne il voto di fiducia. Affinché questo risulti ancor più chiaramente, propone la presente formula:

«Il Governo, costituito a norma dell’articolo 19, deve presentarsi all’Assemblea Nazionale di fronte alla quale è responsabile, per ottenerne la fiducia».

PRESIDENTE riassumendo la discussione, constata che ci sono due questioni da risolvere: 1°) se il Capo dello Stato sia tenuto a far precedere la sua scelta dalle consultazioni d’uso (ciò che è previsto anche nell’ultima formula dell’onorevole Mortati); 2°) se tra la nomina del Primo Ministro e dei Ministri debba esservi una successione di tempo, per cui si abbia anzitutto l’investitura del Primo Ministro con la sua presentazione alla Assemblea per ottenere personalmente il voto di fiducia, e successivamente la nomina dei Ministri.

Pone quindi in votazione la formula dell’onorevole Nobile così concepita:

«Il Primo Ministro e i Ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica, dopo essersi consultato con i Presidenti delle due Camere e con i capi dei vari gruppi politici che fanno parte di queste».

(Non è approvata).

Pone in votazione il primo comma dell’articolo proposto dall’onorevole Mortati, quale risulta in seguito a piccole modifiche di forma che egli suggerisce:

«Il Presidente della Repubblica, effettuate le normali consultazioni, nomina il Primo Ministro. Su proposta di questo, procede alla nomina dei Ministri».

(È approvato).

Ricorda che, in merito al voto di fiducia delle Camere, esistono varie proposte: una prima dell’onorevole Mortati, secondo la quale il Governo, entro quindici giorni dalla formazione, promuove la convocazione dell’Assemblea Nazionale allo scopo di esporre ad essa le direttive politiche dell’azione del Governo ed i principali mezzi proposti per la loro attuazione; una seconda, dell’onorevole Nobile, a tenore della quale il Governo, entro tre giorni dalla data della nomina, deve esporre davanti a ciascuna Camera il suo programma, provocando un voto di fiducia; una terza, dell’onorevole Tosato, per cui il Governo deve presentarsi all’Assemblea Nazionale per ottenerne la fiducia; una quarta dell’onorevole Fuschini.

FUSCHINI dichiara di ritirare la sua proposta e di accedere alla formulazione dell’onorevole Mortati.

PRESIDENTE, circa il termine per la presentazione del Governo di fronte all’organo parlamentare, aderisce alla proposta dell’onorevole Nobile.

MORTATI ritiene necessario un intervallo di tempo maggiore per consentire al Governo di predisporre il suo programma.

FABBRI si associa.

PRESIDENTE replica che il programma è già delineato in precedenza, in quanto i partiti non accetterebbero di mandare i loro rappresentanti al Governo, se non fossero a conoscenza delle intenzioni del designato alla carica di Presidente del Consiglio.

FUSCHINI obietta che l’accordo preventivo verte su di un programma tracciato in maniera generica, ma di fronte alle Camere le direttive generali del Governo debbono essere precisate in modo più concreto.

TOSATO, Relatore, propone di portare il termine per la presentazione del Gabinetto all’organo parlamentare ad otto giorni.

(Così rimane stabilito).

PRESIDENTE, dovendosi decidere dell’organo parlamentare competente per l’investitura di fiducia al Governo, pone in votazione il principio che questo, entro 8 giorni dalla sua composizione, si debba presentare dinanzi all’Assemblea Nazionale, cioè alle due Camere riunite, per ottenere il voto di fiducia.

(Con 6 voti favorevoli e 6 contrari, non è approvato).

Mette ai voti il principio che il Governo debba presentarsi davanti alle due Camere separatamente per ottenere il voto di fiducia.

(Con 6 voti favorevoli e 6 contrari, non è approvato).

Crede opportuno lasciare ora in sospeso la decisione in merito all’organo parlamentare che dovrà accordare la sua fiducia al Governo e di esaminare un’altra questione: se sia da preferire la formula dell’onorevole Mortati (secondo la quale il Ministero già composto deve esporre «le direttive politiche dell’azione del Governo ed i principali mezzi proposti per la loro attuazione. La pronuncia dell’Assemblea sul programma governativo deve avvenire su una mozione motivata con voto nominativo della maggioranza dei suoi componenti») o quella più sintetica dell’onorevole Nobile («deve esporre il suo programma, provocando un voto di fiducia»).

MORTATI chiarisce il suo punto di vista. Premesso che le formule in esame rappresentano più che disposizioni legislative vere e proprie, dei precetti pedagogici che possano servire di incitamento a promuovere un determinato costume, esprime l’avviso che l’avvenire della democrazia dipenderà dai contatti tra il Parlamento e il Paese. Non si è più in quella fase del parlamentarismo in cui il Capo del Governo poteva fare ciò che riteneva più opportuno; la nuova democrazia mira a far partecipare il popolo in modo più completo alle direttive del Governo ed a fargli esercitare, sul mandato rappresentativo, un maggiore controllo, che valga ad aumentare il senso di responsabilità del Parlamento di fronte al Paese. Ora, la specificazione che l’esposizione deve riguardare, non solo le direttive politiche, ma anche i mezzi proposti per la loro attuazione e che la pronuncia dell’Assemblea deve avvenire su una mozione motivata con voto nominativo della maggioranza dei suoi componenti, accentua appunto il senso di responsabilità dell’Assemblea e la impegna maggiormente di fronte al Paese a rispettare l’indirizzo politico solennemente approvato, evitando altresì quelle crisi che spesso sono il risultato di manovre dei partiti.

PRESIDENTE è favorevole alla formula più concisa dell’onorevole Nobile, anche per la considerazione che la dizione dell’onorevole Mortati, ove fosse approvata, finirebbe per essere modificata dal Comitato di coordinamento, che ha appunto il compito di sfrondare gli articoli elaborati dalle Sottocommissioni di tutte le espressioni che non appaiano assolutamente indispensabili a chiarire il valore di una norma.

TOSATO, Relatore, modificando la sua precedente proposta, suggerisce la seguente formula:

«Il Governo, costituito a norma del comma precedente, deve presentarsi entro 8 giorni all’Assemblea Nazionale, per ottenerne la fiducia».

LA ROCCA, Relatore, insiste sul concetto che il voto di fiducia dovrebbe essere dato dalle due Camere distintamente

FUSCHINI obietta che in questo caso occorrerebbe prevedere anche l’ipotesi che una Camera accordi la sua fiducia e l’altra la neghi. Fa presente quindi che si è preferito affermare il concetto che è competente a dare il voto di fiducia o di sfiducia l’Assemblea Nazionale, e che pertanto una mozione di sfiducia di una sola Camera non è sufficiente per far cadere un Governo, appunto per introdurre nella Costituzione una remora contro il frequente ripetersi delle crisi. Riconosce che è un’utopia quella che si possa garantire sicuramente la continuità del Governo, tuttavia è convinto che, se non altro, il sistema in discussione possa rappresentare un correttivo ed una di quelle norme pedagogiche che possono facilitare la creazione di un costume politico.

NOBILE ritiene infondata la preoccupazione che una Camera possa tenere un atteggiamento diverso dall’altra, posto che tra le due Camere non v’è più quella differenza che avrebbe potuto esservi se la seconda avesse avuto durata diversa dalla prima (6 anni) e si fosse rinnovata parzialmente ogni tre anni. L’unica diversità che ancora rimane tra le due Camere è nel diverso modo di elezione dei rispettivi membri; ma, poiché anche nella elezione di secondo grado i partiti eserciteranno la loro influenza, sarà difficile che l’una dia la sua fiducia al Governo e l’altra tenti di rovesciarlo.

FABBRI si dichiara d’accordo sull’opportunità che le due Camere funzionino separatamente e si rammarica che, con la modifica della durata e la soppressione del rinnovamento parziale, si sia alterata la fisionomia della seconda Camera, facendole perdere alcune caratteristiche che prima aveva, sì che l’onorevole Nobile giustamente ha potuto pervenire alla conclusione che ha ora esposto.

Esprime l’avviso che un rimedio contro la frequenza delle crisi si abbia nel far sì che il voto di sfiducia non rappresenti una sorpresa, prescrivendo per esso una procedura che richieda un intervallo di tempo tale da consentire al Governo di richiamare tutte le forze politiche che sono con lui solidali. Non ritiene assolutamente ammissibile che, data la diversa composizione numerica delle due Camere, la mancanza di una maggioranza favorevole in una Camera possa essere surrogata dalla pletora della maggioranza nell’altra.

D’altro canto, dal sistema proposto deriverebbe la conseguenza che ogni qualvolta, durante lo svolgimento dei lavori parlamentari, si profilasse in una Camera l’eventualità di una mozione di sfiducia al Governo, sarebbe necessario sospendere i lavori dei due rami del Parlamento per proseguire la discussione a Camere riunite. Da queste considerazioni deriva che, attribuendo il voto di sfiducia alla competenza dell’Assemblea Nazionale riunita per prendere un’unica deliberazione, si comprometterebbe seriamente tutto il sistema bicamerale.

LUSSU riconosce che la riunione delle due Camere per esprimere il voto di fiducia o di sfiducia al Governo rappresenta un sistema totalmente nuovo, che trova un precedente solo nella recente Costituzione francese. Tuttavia, a tale sistema aderisce con entusiasmo, in quanto ritiene che approvare o rovesciare il Governo sia un atto non meno importante della nomina del Presidente della Repubblica. Per contro, non ammetterebbe che la seconda Camera – la quale non trae origini dal suffragio universale – potesse avere la facoltà di costringere il Governo alle dimissioni. Accettando il criterio di convocare per il voto di fiducia o di sfiducia l’Assemblea Nazionale, non si verrebbe meno al principio della parità delle funzioni tra i due rami del Parlamento e si consentirebbe ad essi di svolgere in modo perfettamente autonomo le funzioni legislative.

PRESIDENTE osserva che vi sarebbe un sistema più drastico – che personalmente preferirebbe – per giungere ad una soluzione: che della fiducia e della sfiducia al Governo fosse investita soltanto la prima Camera. Non si nasconde peraltro che così riaffiorerebbe il tanto discusso problema della parità delle due Camere che ad ogni piè sospinto si riaffaccia.

FABBRI ricorda che, con la Costituzione approvata dopo il 1870, il Senato e la Camera francesi hanno avuto entrambi il potere di concedere o negare la fiducia al Governo e più volte il Governo francese è caduto per voto di sfiducia del Senato, senza che la Nazione avesse a subirne dolorose conseguenze.

PRESIDENTE crede che non sia il caso di richiamarsi alla storia parlamentare francese susseguente alla restaurazione della Repubblica, perché invero non è storia di vicende molto tranquille. Soggiunge che, per quanto possa esservi una notevole diversità tra il Senato di nomina regia e la seconda Camera di formazione elettiva – anche se con elezioni di secondo grado – che verrà istituita, sarà sempre avvertita dall’opinione pubblica una certa differenza tra la prima e la seconda Camera, in quanto quest’ultima richiamerà in parte taluni elementi della struttura e del funzionamento del vecchio Senato.

TOSATO, Relatore, avverte che l’osservazione del Presidente non può essere accolta, anche perché la Sezione è vincolata ad un ordine del giorno, che è servito di guida ai lavori del Comitato, per il quale deve essere creato un Governo parlamentare con dispositivi che ne garantiscano la stabilità e l’unità. A suo avviso, il meccanismo più acconcio per garantire la continuità del Governo è quello di sottrarre la vita del Governo stesso alla volontà dell’una o dell’altra Camera, prese separatamente. È convinto che solo con questo criterio può essere risolto il problema che più assilla gli italiani, quello di un Governo stabile, e che l’idea di regolare i voti di sfiducia, in modo che siano discussi qualche giorno dopo la presentazione, sia un palliativo inefficace.

PERASSI rileva che, col sistema della convocazione dell’Assemblea Nazionale, si rispetta formalmente il criterio della parità delle due Camere, quantunque praticamente si dia una preminenza alla prima per il numero maggiore dei suoi componenti. Conviene con l’onorevole Tosato che sia questo l’unico meccanismo idoneo a dare maggiore stabilità al Governo e dissente nettamente dalla proposta del Presidente, tenuto conto del modo come è stata concepita la seconda Camera. A sostegno del suo punto di vista, ricorda che negli Stati ove esiste una seconda Camera composta in maniera sostanzialmente analoga (ad esempio, il Belgio) la competenza dei due rami del Parlamento è eguale, anche agli effetti del voto di fiducia.

NOBILE si dichiara d’accordo con l’onorevole Tosato sulla mèta da raggiungere – la continuità del Governo – ma fa osservare che il piccolo espediente di riunire in una stessa aula i membri dell’una e dell’altra Camera si rivelerebbe fallace, qualora fosse attuato. Crede che, se mai, l’intento meglio sarebbe raggiunto prescrivendo per la mozione di sfiducia una maggioranza qualificata che ne rendesse più difficile la presentazione.

PICCIONI premette che una delle peggiori conseguenze del parlamentarismo passato è stata la frequenza e la leggerezza con le quali si provocavano le crisi e che quindi la preoccupazione di ogni Commissario deve essere quella di mettere il Paese al riparo dal ripetersi di un tale malcostume, che ripugna al sentimento popolare. A tal uopo crede che nessun sistema sia migliore di quello che comporta la riunione delle due Camere, per decidere della instaurazione di un Governo o della sua permanenza al potere, posto che la seconda Camera è pur essa il riflesso della volontà popolare, anche se eletta mediante un suffragio di secondo grado, ed esiste una tale parità di legittimazione fra le due Camere che si è approvata la parità dei loro poteri. A ciò va aggiunto quanto l’onorevole Lussu ha giustamente ricordato: che per l’elezione del Presidente della Repubblica si è prevista la convocazione dell’Assemblea Nazionale; e la nomina del Ministero è un fatto che riveste una importanza certamente non minore. Esiste dunque un precedente a cui si può far richiamo.

All’onorevole Fabbri, che ha accennato all’inconveniente di una discussione in una delle due Camere che sbocchi in un voto di sfiducia al Governo e faccia interrompere i lavori della Camera stessa, fa osservare che questo non è esatto; tale Camera potrà compiere tutto il ciclo della propria discussione ed arrivare a formulare ed a votare una mozione di sfiducia; ma questa non sarà sufficiente per obbligare il Governo alle dimissioni, perché sarà necessario convocare l’Assemblea Nazionale per riproporre lo stesso problema.

Peraltro, lo scopo principale della proposta non è tanto quello di mettere il Governo al sicuro contro qualsiasi possibilità di voti di sfiducia e di evitare qualsiasi mutamento della compagine governativa, quanto quello di dare ai membri delle due Camere un senso di maggiore responsabilità nel trattare la materia della fiducia al Governo ed a questo una più ampia legittimazione dei suoi poteri.

Per queste considerazioni, raccomanda il criterio proposto, il quale tra l’altro rappresenta un’espressione ancor più coordinata del sistema parlamentare, rendendo più stretti i rapporti tra le due Camere.

EINAUDI rileva che il problema è molto grave, in quanto si crea un metodo di attività parlamentare diverso da quello esistente in ogni altro Paese e si dà vita ad un terzo organo competente a discutere dei problemi fondamentali della vita nazionale. Si tratta dunque di un esperimento, che potrà anche dare buoni risultati, ma del quale la Commissione non può ignorare la gravità. Personalmente è del parere dell’onorevole Fabbri circa la sospensione della discussione nella Camera, ove sia proposta una mozione di sfiducia al Governo, per riprenderla dinanzi all’Assemblea Nazionale.

Quanto all’opinione dell’onorevole Piccioni, che col sistema in parola si accresca il senso di responsabilità delle Camere, dichiara di dubitare che essa corrisponda alla realtà e di temere anzi che possa verificarsi il contrario, perché una Camera potrà essere portata a votare con maggior leggerezza la sfiducia al Governo, quando sappia che la sua decisione non è irrevocabile e, se avventata, potrà essere modificata dal nuovo organo. Si chiede inoltre se, dati i nostri costumi parlamentari che non è facile cambiare, un Governo potrebbe resistere al voto di sfiducia di una sola delle due Camere, ed in quale posizione morale si verrebbero a trovare quei Ministri che fanno parte della Camera che ha votato la sfiducia.

Conclude invitando i colleghi a riflettere attentamente, prima di approvare un sistema che potrebbe dare risultati opposti a quelli desiderati.

CODACCI PISANELLI nota che l’onorevole Einaudi ha trattato dell’argomento più interessante, ossia quello dell’opportunità o meno di istituire questo nuovo organo. Crede anche che non sia stata ancora sottolineata abbastanza l’importanza politica e pratica di siffatta innovazione. Importanza politica, perché porta ad una corrispondenza tra la specializzazione delle funzioni e la specializzazione degli organi, con la creazione di un organo particolarmente competente a svolgere un’attività politica; di guisa che la normale attività legislativa sarebbe svolta dalle due Camere e l’attività politica di maggiore rilievo dall’Assemblea Nazionale. Importanza pratica, perché un tempo alcune leggi venivano approvate da una Camera unicamente per la considerazione che il loro rigetto avrebbe rappresentato un voto di sfiducia al Governo, mentre con la separazione delle due attività le leggi che non siano ritenute soddisfacenti potranno essere respinte, senza con ciò obbligare il Governo a dimettersi.

Per le su esposte considerazioni, esprime parere favorevole all’accoglimento della proposta in esame.

PRESIDENTE mette ai voti la formula Tosato:

«Il Governo, costituito a norma del comma precedente, deve presentarsi entro otto giorni all’Assemblea Nazionale per ottenere la fiducia».

Dichiara che personalmente voterà contro, nel convincimento che sia più opportuno che il Governo ottenga la fiducia dalle due Camere separatamente anziché dall’Assemblea Nazionale.

LA ROCCA, Relatore, si associa alla dichiarazione di voto del Presidente.

(È approvata).

PRESIDENTE pone ai voti la formula dell’onorevole Mortati:

«La pronuncia dell’Assemblea sul programma governativo deve avvenire su una mozione motivata, con voto nominativo della maggioranza assoluta dei suoi componenti».

(È approvata).

Comunica che l’argomento della formazione del Governo può ritenersi concluso con l’approvazione del seguente articolo:

«Il Presidente della Repubblica, effettuate le normali consultazioni, nomina il Primo Ministro. Su proposta di questo, procede alla nomina dei Ministri.

«Il Governo, costituito a norma del comma precedente, deve presentarsi entro otto giorni all’Assemblea Nazionale per ottenere la fiducia. La pronuncia dell’Assemblea deve avvenire su una mozione motivata, con voto nominativo della maggioranza assoluta dei suoi componenti».

Passando alle mozioni di sfiducia, invita i colleghi a pronunciarsi sulle tre formule, presso a poco corrispondenti, dell’onorevole Nobile («Un voto contrario dell’una o dell’altra Camera su una proposta del Governo non importa come conseguenza le dimissioni di questo»), dell’onorevole Fuschini («Un voto contrario dell’una o dell’altra Camera su un determinato disegno di legge non importa come conseguenza le dimissioni del Governo o del Ministro interessato») e del progetto («Un voto contrario dell’una o dell’altra Camera sull’operato del Governo non importa come conseguenza le dimissioni del Governo o del Ministro interessato»).

PERASSI trova pericolosa la formula del Comitato, la quale fa pensare che in una Camera possa svolgersi una discussione tendente ad un voto «sull’operato» del Governo. Ritiene che ciò sia da escludere, una volta approvato il principio che la competenza a dare il voto politico spetta all’Assemblea Nazionale. A suo avviso, l’ipotesi da prevedere è un’altra: che, cioè, in una delle due Camere, in occasione dell’approvazione di un disegno di legge o di altro oggetto di discussione, si dia un voto contrario ad una proposta governativa o comunque esprimente una opinione divergente da quella del Governo. A meglio precisare questo concetto, prospetta la opportunità di far ricorso alla espressione contenuta nel decreto del 16 marzo 1946 sull’Assemblea costituente: «Il rigetto di una proposta governativa non porta come conseguenza le dimissioni del Governo».

LUSSU ritiene superflua qualsiasi specificazione del genere, essendosi affermato il principio che la sfiducia al Governo può essere votata soltanto dall’Assemblea Nazionale.

CODACCI PISANELLI trova preferibile la formula dell’onorevole Fuschini (…su un determinato disegno di legge) in quanto rende i membri delle Assemblee legislative consapevoli del fatto che possono votare contro un disegno di legge, senza provocare le dimissioni del Governo.

FUSCHINI, illustrando il suo emendamento, informa che esso si ispira appunto al criterio – già richiamato dall’onorevole Codacci Pisanelli – di mantenere distinte le due funzioni delle Camere: quella legislativa e quella politica. Ha preferito riferirsi soltanto al voto negativo su un disegno di legge, in quanto questo potrebbe essere determinato da ragioni formali e contingenti, senza investire affatto l’operato del Governo. Peraltro, può verificarsi l’ipotesi di una discussione sulle dichiarazioni fatte dal Governo in conseguenza di un determinato avvenimento politico interno o internazionale. In questo caso è l’attività politica dei due rami del Parlamento che si esplica e non quella legislativa, e l’eventuale mozione di sfiducia di una Camera al Governo deve poter essere riveduta mediante un riesame politico da parte dell’Assemblea Nazionale, che può portare ad una chiarificazione. Crede che non possano sussistere dubbi sull’utilità di un tale riesame.

Coglie l’occasione per ricordare che, a norma del regolamento interno delle Camere, una mozione, per essere posta in discussione, deve essere motivata e iscritta all’ordine del giorno, per evitare quegli attacchi improvvisi che possono far cadere Governi poco esperti nel giuoco parlamentare, come è accaduto un tempo al Ministero Sonnino. Perciò ritiene opportuno prescrivere che la discussione della mozione di sfiducia non possa aver luogo prima di un certo numero di giorni da quando è stata presentata.

PERASSI osserva che non può farsi una netta distinzione tra funzioni legislative e funzioni politiche delle Camere, e che il riservare all’Assemblea Nazionale la competenza ad esprimere la fiducia o la sfiducia al Governo non implica che alle Camere non resti altra competenza che quella di votare le leggi. Esse potranno sempre esercitare un controllo politico.

Frattanto, dal momento che si è stabilito che il voto di sfiducia è di competenza della Assemblea Nazionale, logicamente le singole Camere non possono votare una mozione di sfiducia al Governo. A suo parere, qualora in una Camera venisse sollevata la questione della fiducia, il Presidente dovrebbe dichiarare incostituzionale la presentazione di una mozione del genere. Una Camera potrebbe respingere un disegno di legge, adottare un provvedimento che fosse contrario al punto di vista del Governo o comunque compiere uno di quegli atti che secondo la prassi parlamentare del passato portavano ad una crisi governativa, senza che il suo atteggiamento avesse rilevanza ai fini della persistenza in carica del Governo, il quale sarebbe libero di dimettersi, ma non avrebbe l’obbligo costituzionale di farlo. Ove venga sollevata una questione che può sfociare in un voto di sfiducia al Governo, per raggiungere questo risultato è necessario che un certo numero di componenti la Camera presenti una mozione di sfiducia al Presidente dell’Assemblea Nazionale, il quale sarà tenuto a convocare l’Assemblea stessa entro un certo termine.

EINAUDI confuta il punto di vista dell’onorevole Codacci Pisanelli, che uno dei pregi del nuovo sistema consista nel distinguere la materia legislativa da quella politica, rilevando che tutti i disegni di legge di una certa importanza rivestono un carattere squisitamente politico e non si possono considerare che nel quadro della politica generale del Governo. Non vede come il voto contrario di una Camera su un disegno di legge di interesse nazionale potrebbe non intaccare la politica generale del Governo: al contrario, la votazione su un qualunque disegno di legge importante implica un giudizio su tale politica e porta materialmente ad una espressione di fiducia o di sfiducia, la quale, col sistema attuale, determinerebbe la discussione del problema davanti all’Assemblea Nazionale. Ciò autorizza a concludere che anche l’attività legislativa viene trasferita a questo nuovo Corpo politico che si è creato. Può quindi affermarsi, senza tema di smentita, che un tale sistema sia contrario alla tradizione politica e parlamentare italiana.

PRESIDENTE invita i colleghi a non allargare il campo della discussione e ad esprimere il loro parere sull’argomento in esame: se sia preferibile parlare di un voto contrario di una delle due Camere su un disegno di legge (formula Fuschini), ovvero su una proposta del Governo (formula Perassi e Nobile).

PERASSI insiste sulla espressione: «su una proposta dei Governo», che ha una portata più ampia.

LA ROCCA, Relatore, condivide l’opinione dell’onorevole Einaudi. Può quindi convenire che il voto contrario di una Camera su un disegno di legge di secondaria importanza non determini necessariamente la caduta di un Governo; ma il voto contrario ad un disegno di legge che coinvolga l’interesse nazionale assume il significato di non approvazione dell’indirizzo generale della politica governativa. Con un tal voto la Camera esprimerebbe dunque la sua sfiducia al Governo.

FUSCHINI replica che in pratica il Governo, di fronte ad un caso simile, si dimetterà, pur non avendo l’obbligo costituzionale di farlo.

PRESIDENTE pone ai voti la formula:

«Un voto contrario dell’una o dell’altra Camera su una proposta del Governo non importa come conseguenza le dimissioni di questo».

FABBRI dichiara che voterà contro, in quanto ritiene la disposizione superflua, dal momento che si è stabilito che competente a dare il voto di sfiducia al Governo è esclusivamente l’Assemblea Nazionale.

LUSSU dichiara che voterà in favore, pur avendo la stessa convinzione dell’onorevole Fabbri.

(È approvata).

LUSSU domanda se non sia il caso di precisare – per quanto lo si possa ritenere implicito – che la convocazione dell’Assemblea Nazionale può essere provocata anche dal Governo, per porre la questione di fiducia.

PRESIDENTE avverte che la questione prospettata dall’onorevole Lussu potrà essere presa in esame dopo che sia stato approvato il procedimento che la Camera dissenziente sulla politica del Governo dovrebbe seguire per provocare le dimissioni del Ministero.

A tale proposito ricorda la dizione suggerita dall’onorevole Fuschini:

«Qualora una delle due Camere, in seguito a discussione provocata dal Governo o da una mozione sulla politica generale del Governo, esprima, con voto palese della sua maggioranza, la sfiducia al Governo, si deve convocare immediatamente l’Assemblea Nazionale, per il riesame della situazione. Nel caso in cui l’Assemblea, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, confermi la sfiducia nel Governo, si addiviene alle dimissioni del Governo stesso».

E quella del Comitato:

«Le dimissioni sono obbligatorie solo in seguito ad una espressa e motivata mozione di sfiducia approvata da parte dell’Assemblea Nazionale con la maggioranza assoluta dei suoi membri. La mozione di sfiducia sarà discussa non prima di tre giorni dalla presentazione».

NOBILE insiste affinché sia posta ai voti la sua formula sulla mozione di fiducia:

«La mozione di fiducia dovrà essere approvata dalla maggioranza assoluta di ciascuna Camera. Nel caso che ciò non avvenga, il Governo è obbligato a dimettersi».

PRESIDENTE la pone ai voti, dichiarando che personalmente voterà in favore, in quanto non ritiene ammissibile che il Governo resti in carica quando anche una sola delle Camere gli abbia negato la sua fiducia.

LA ROCCA, Relatore, si associa.

(Non è approvata).

PRESIDENTE, premesso che la formulazione dell’onorevole Fuschini complica la procedura, perché implica una votazione di sfiducia di una delle due Camere che promuove la convocazione dell’Assemblea Nazionale, invita i Commissari a rivolgere la loro attenzione alla proposta del Comitato.

FABBRI esprime parere contrario a tale formulazione, in quanto, reputando sufficiente a costringere il Governo alle dimissioni la sfiducia di una sola Camera, a maggior ragione trova eccessivo richiedere la maggioranza assoluta dell’Assemblea Nazionale per l’approvazione di una mozione di sfiducia. Si rende così talmente remota la possibilità di provocare una crisi, che tanto varrebbe nominare un Governo a termine.

PERASSI, aderendo all’idea dell’onorevole Fabbri, propone un temperamento nel senso di prescrivere la maggioranza relativa, purché si raggiunga un determinato quorum, che potrebbe essere rappresentato dai due quinti dei membri dell’Assemblea.

NOBILE suggerisce di stabilire che la mozione di sfiducia deve raccogliere i voti dei tre quinti dei componenti l’Assemblea Nazionale.

LUSSU ritiene che possa accettarsi il criterio che la mozione di sfiducia debba essere approvata dalla maggioranza assoluta della Assemblea, perché è da prevedere che in una seduta in cui si decida una questione di tale importanza non saranno numerosi i deputati assenti, e quindi la maggioranza dei componenti l’Assemblea sarà di poco superiore alla maggioranza dei presenti.

PRESIDENTE pone ai voti la seguente formula:

«Le dimissioni sono obbligatorie solo in seguito ad una espressa e motivata mozione di sfiducia approvata da parte dell’Assemblea Nazionale con la maggioranza assoluta dei suoi membri».

(È approvata).

Comunica che, per quanto concerne il procedimento per arrivare ad una mozione di sfiducia, è stata presentata dall’onorevole Perassi la seguente proposta:

«L’Assemblea Nazionale è convocata dal suo Presidente, quando una mozione di sfiducia sia firmata da almeno un quarto dei membri dell’Assemblea.

«La mozione di sfiducia sarà discussa non prima di cinque giorni dalla presentazione».

Peraltro può essere presa in considerazione anche la formula dell’onorevole Fuschini, di cui ha già dato lettura, secondo la quale deve convocarsi immediatamente l’Assemblea Nazionale, quando nella discussione in una delle due Camere venga espressa, con voto palese della maggioranza, la sfiducia al Governo.

PERASSI trova incoerente con le decisioni già adottate il sistema proposto dall’onorevole Fuschini, a tenore del quale la convocazione dell’Assemblea Nazionale dovrebbe essere richiesta dal Presidente della Camera in cui si è manifestata la sfiducia.

A suo avviso, dato il risultato delle votazioni precedenti, non si può parlare di un voto di sfiducia di una Camera, e l’iniziativa di mettere in moto il meccanismo della fiducia dovrebbe spettare ai membri delle due Camere, mediante la presentazione di una mozione sottoscritta da un certo quorum di deputati, al Presidente dell’Assemblea Nazionale.

FUSCHINI ritiene che la convocazione dell’Assemblea Nazionale dovrebbe essere il risultato di una discussione già avvenuta in una delle due Camere. Perciò è contrario alla mozione sottoscritta da un quarto dei componenti l’Assemblea, che può invece essere il risultato di un’attività che si sia svolta all’infuori delle Camere.

FABBRI osserva che la convocazione della Assemblea Nazionale per la proposizione della fiducia potrebbe essere richiesta anche dal Governo.

FUSCHINI domanda all’onorevole Perassi come dovrebbe regolarsi il Governo nell’ipotesi che nel corso di una discussione su una sua comunicazione (per esempio, sulla politica estera) fosse espressa da una Camera la sfiducia sul suo operato.

PERASSI risponde che su di una comunicazione del Governo le Camere potranno dare voto favorevole o contrario, ma questa loro manifestazione di parere non costituirà un voto di sfiducia vero e proprio. Il Governo quindi, qualora ritenga che la sua situazione sia divenuta insostenibile, si dimetterà; in caso contrario, provocherà la convocazione della Assemblea Nazionale ponendo la questione di fiducia; a meno che la convocazione stessa non venga richiesta da quei membri della Camera (se in numero sufficiente) che non approvano il suo indirizzo politico. Se né l’uno né gli altri prendano l’iniziativa, ciò significherà che da nessuna delle due parti si è ritenuto opportuno provocare la crisi.

LUSSU aderisce perfettamente al punto di vista dell’onorevole Perassi che semplifica il problema, in quanto parte dal principio che una Camera può esprimere, con voto o senza voto, una sua opinione di cui il Governo dovrà tener conto, senza con ciò mettere in moto il meccanismo della mozione di fiducia. Questo viene posto in azione soltanto obbedendo a determinate norme procedurali, cioè con una esplicita richiesta di un quorum dei componenti l’Assemblea Nazionale, i quali si risolveranno a compiere questo passo solo quando siano in giuoco questioni di vitale interesse pel Paese.

FUSCHINI avverte che, in ogni caso, deve rimanere inteso che anche il Governo può convocare l’Assemblea Nazionale perché gli confermi la fiducia.

NOBILE dissente dalla tesi degli onorevoli Lussu e Perassi, che trova contraria allo spirito democratico, in quanto non consente ad una Camera di manifestare la sua sfiducia al Governo. Aggiunge che, mentre si aspira a porre il Governo al riparo dalle ostilità dei gruppi parlamentari, in realtà lo si lascerebbe in loro balia, qualora fosse approvato il criterio che un quarto dei membri dell’Assemblea Nazionale possa presentare una mozione di sfiducia.

La seduta termina alle 20.10.

Erano presenti: Codacci Pisanelli, De Michele, Einaudi, Fabbri, Fuschini, La Rocca, Lussu, Mortati, Nobile, Perassi, Piccioni, Terracini, Tosato, Vanoni, Zuccarini.

Assenti: Bordon, Cannizzo, Finocchiaro Aprile, Grieco, Lami Starnuti, Rossi Paolo.