ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
SECONDA SOTTOCOMMISSIONE
75.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 20 DICEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Coordinamento degli articoli sul potere legislativo (Seguito della discussione)
Presidente – Grieco – Fabbri – Tosato – Ambrosini – Bozzi – Laconi – Nobile – Lussu – Mortati, Relatore – Fuschini – La Rocca – Rossi Paolo – Uberti – Cappi – Mannironi – Targetti – Bulloni.
La seduta comincia alle 17.45.
Seguito della discussione sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.
PRESIDENTE dà lettura dell’articolo 14:
«I membri del Parlamento ricevono un’indennità fissata dalla legge, affinché sia loro consentito, con la garanzia dell’indipendenza economica, il doveroso adempimento di mandato».
Avverte che vi è la proposta di un emendamento soppressivo, che riduce il testo ai seguenti termini:
«I membri del Parlamento ricevono un’indennità fissata dalla legge».
Lo pone in votazione.
(È approvato).
Pone in votazione l’articolo 15:
«Ciascuna Camera è sola competente a giudicare dei titoli di ammissione dei propri membri».
(È approvato).
Pone in discussione l’articolo 16:
«Le due Camere si riuniscono di diritto e senza uopo di convocazione il primo giorno non festivo dei mesi di marzo e di ottobre di ogni anno.
«Ciascuna Camera è convocata altresì dal suo Presidente per iniziativa di questo o su richiesta motivata del Presidente della Repubblica o di almeno un terzo dei suoi membri. In questo caso anche l’altra Camera è convocata dal suo Presidente, quando ciò sia richiesto dalla maggioranza della prima».
Avverte che al primo comma si è proposto di sostituire il mese di «febbraio» a quello di «marzo», affinché alle due Camere sia lasciato il tempo necessario per esaminare i bilanci.
Mette ai voti questo emendamento.
(È approvato).
GRIECO propone di sopprimere le parole «senza uopo di convocazione».
PRESIDENTE sopprimerebbe anche le parole «di ogni anno», in quanto il concetto è implicito; e mette ai voti il primo comma dell’articolo così formulato:
«Le due Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo dei mesi di febbraio e di ottobre».
(È approvato).
Pone in discussione la prima, parte del 2° comma:
«Ciascuna Camera è convocata altresì dal suo Presidente por iniziativa di questo, su richiesta motivata del Presidente della Repubblica o di almeno un terzo dei suoi membri».
Invece che «è convocata», direbbe «può essere convocata». Spiega che il termine «può», non si riferisce alla facoltà di convocare o meno le Camere, ma è usato per indicare che non trattasi di una convocazione normale. Gli sembrerebbe anche inutile dire che è «convocata dal suo Presidente», perché la convocazione è sempre fatta dal Presidente. Si domanda, infine, perché la richiesta di un terzo dei membri non debba essere egualmente motivata. Direbbe perciò:
«Ciascuna Camera può altresì riunirsi per iniziativa del suo Presidente o per richiesta motivata di un terzo dei suoi membri o del Presidente della Repubblica».
FABBRI teme che in tal modo il verbo «può» potrebbe essere inteso nel senso che le due Camere potrebbero anche trascurare di tener conto della richiesta motivata dal Presidente della Repubblica o del terzo dei membri.
PRESIDENTE propone allora la formula:
«Ciascuna Camera si riunisce altresì per iniziativa del suo Presidente o su richiesta motivata del Presidente della Repubblica o di almeno un terzo dei suoi membri».
TOSATO osserva che di motivazione si era parlato solo per la richiesta di un terzo dei membri della Camera.
AMBROSINI propone la seguente formulazione:
«Ciascuna Camera è convocata altresì su richiesta di un terzo dei suoi membri o su richiesta motivata del Presidente della Repubblica».
A suo avviso, un terzo dei membri della Camera costituisce già un numero così rilevante da giustificare pienamente la richiesta di convocazione.
PRESIDENTE concorda in questo avviso, anche perché nella mozione, che verrà firmata da un terzo dei membri della Camera, sarà indubbiamente specificato il motivo per cui si richiede la convocazione.
FABBRI ricorda che il termine «motivata» era stato posto specialmente per dar modo all’altra Camera di poter considerare la questione e, se riconosciutala importante, decidere sull’opportunità o meno di convocarsi a sua volta.
PRESIDENTE pone ai voti il concetto di richiedere la motivazione per la richiesta del Presidente della Repubblica.
(È approvato).
Pone ai voti il concetto che anche la richiesta da parte di un terzo dei membri dell’Assemblea debba essere motivata.
(È approvato).
BOZZI proponeva seguente formulazione:
«Le due Camere si riuniscono altresì per iniziativa del Presidente, o su richiesta motivata del Presidente della Repubblica o di un terzo dei membri di una di esse».
PRESIDENTE teme che con questa formula si potrebbe intendere che uno dei due Presidenti convoca la propria Camera, senza che l’altra sia tenuta a procedere nello stesso modo.
BOZZI, se la sua formula non sembra chiara, la ritira.
PRESIDENTE mette ai voti la prima parte del 2° comma così formulata:
«Ciascuna Camera si riunisce altresì per iniziativa del suo Presidente o su richiesta motivata di almeno un terzo dei suoi membri o del Presidente della Repubblica».
(È approvata).
Pone quindi in discussione la seconda parte del 2° comma:
«In questo caso anche l’altra Camera è convocata dal suo Presidente, quando ciò sia richiesto dalla maggioranza della prima».
Fa presente che sono stati proposti tre emendamenti sostitutivi:
1°) «Anche in questo caso la riunione delle due Camere è contemporanea»;
2°) «In questo caso l’altra Camera è convocata contemporaneamente dal suo Presidente;
3°) «In questo caso è convocata di diritto anche l’altra Camera».
Rileva che tutti questi emendamenti stabiliscono la contemporaneità della riunione delle due Camere, mentre nel testo dell’articolo si faceva dipendere la convocazione dell’altra Camera dalla richiesta della maggioranza della prima.
BOZZI si dichiara favorevole ad adottare uno dei tre emendamenti sostitutivi che hanno tutti lo stesso valore: dovendo esprimere una preferenza, sceglierebbe però l’ultimo. Ricorda l’ampia discussione svoltasi al riguardo ed afferma che, approvato il principio della bicameralità, quando sia stata convocata una Camera, deve necessariamente funzionare anche l’altra. Ammettere che una delle due Camere possa essere convocata per una richiesta dell’altra significa, a suo giudizio, porla in una posizione di subordinazione, col che si ferisce il principio della bicameralità. Se chi ne ha l’iniziativa ritenga che una delle due Camere debba essere convocata perché vi è motivo di mettere in moto il potere legislativo, deve intendersi automaticamente convocata anche l’altra, senza che questa convocazione sia lasciata alla discrezionalità della Camera che si è convocata per prima.
PRESIDENTE, su richiesta dell’onorevole Mortati, mette in votazione il principio della contemporaneità della riunione delle due Camere.
(È approvato).
LACONI rileva che, una volta approvata la contemporaneità di convocazione delle due Camere, è ovvio che entrambe debbano essere investite dello stesso problema: ritiene che sia, quindi, opportuno stabilire, per non costituire un’anomalia, che la richiesta di convocazione venga rivolta ad entrambe le Camere.
NOBILE prospetta il caso che una sola Camera debba riunirsi, o per affari interni d’urgenza, o per votare d’urgenza un progetto già approvato dall’altra Camera e rimasto non perfezionato. Non è d’accordo, quindi, sulla automaticità della convocazione di entrambe le Camere: ritiene ad ogni modo che la questione dovrebbe essere approfondita e non possa essere decisa con una discussione affrettata.
GRIECO fa osservare all’onorevole Nobile che non è possibile che le due Camere non siano convocate insieme: se una Camera discute, anche l’altra deve sedere.
PRESIDENTE osserva all’onorevole Nobile che, per affari interni d’urgenza, una Camera si può riunire in Comitato segreto.
FABBRI è dell’avviso che dovrebbe trovarsi un’espressione la quale dicesse che le due Camere si riuniscono simultaneamente.
PRESIDENTE crede che la formula più appropriata possa essere quella del terzo emendamento, cioè:
«In questo caso è convocata di diritto anche l’altra Camera».
Con le parole «in questo caso», si vuole intendere che la convocazione della seconda Camera è la conseguenza della convocazione della prima.
Pone ai voti questa formula.
(È approvata).
Fa notare che, con gli emendamenti introdottivi, l’articolo 16 resta così definitivamente formulato:
«Le due Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo dei mesi di febbraio e di ottobre».
«Ciascuna Camera si riunisce altresì per iniziativa del suo Presidente o su richiesta motivata di almeno un terzo dei suoi membri o del Presidente della Repubblica.
«In questo caso è convocata di diritto anche l’altra Camera».
Pone in discussione l’articolo 17:
«Le deliberazioni di ciascuna Camera non sono valide, se non sia presente la maggioranza assoluta dei suoi membri e se non siano adottate alla maggioranza dei voti, salvo che la Costituzione non prescriva una maggioranza speciale».
NOBILE propone che, invece di dire: «salvo che», si dica: «salvo i casi in cui».
LACONI riterrebbe migliore una formula affermativa, cioè:
«Le deliberazioni di ciascuna Camera sono valide soltanto se sia presente la maggioranza assoluta dei suoi membri e siano adottate alla maggioranza dei voti».
PRESIDENTE osserva che si è voluto, con la formula proposta, sottolineare la non validità delle deliberazioni.
LUSSU ritiene che l’articolo 17 debba finire con le parole «la maggioranza assoluta dei suoi membri» e che tutto il resto sia pleonastico, perché è chiaro che le deliberazioni debbano essere prese a maggioranza di voti, e quindi è inutile dire che la Costituzione può richiedere in taluni casi delle maggioranze speciali.
LACONI ricorda che è stato sollevato questo problema nella 2a Sezione, la quale esamina l’ordinamento giudiziario, e che si è discussa l’eventualità di introdurre una particolare cautela e di prescrivere in quali casi si deve richiedere una maggioranza speciale. Ritiene perciò che sia meglio lasciare in sospeso questa questione, per affrontarla in sede di coordinamento generale.
PRESIDENTE ritiene probabile che vi siano numerosi casi in cui sarà necessario richiedere una maggioranza qualificata; ma appunto per questo motivo non vede la ragione di sospendere la decisione sull’articolo 17.
Non ritiene poi affatto pleonastica l’ultima parte: «salvo che la Costituzione non prescriva una maggioranza speciale». Forse si potrebbe ritenere pleonastica la dizione: «se non siano adottate alla maggioranza dei voti».
MORTATI, Relatore, osserva che l’emendamento Lussu non ha ragion d’essere, in quanto con le parole che egli vorrebbe sopprimere si vuole proprio richiedere la maggioranza dei voti, escludendo qualunque proporzione con i presenti.
LUSSU, dopo le spiegazioni dell’onorevole Mortati, ritira il suo emendamento.
LACONI ritiene che le frasi relative alle maggioranze siano state fuse impropriamente, perché è evidente che le proposte, se non sono approvate a maggioranza, sono respinte.
FABBRI rileva che in alcuni casi, come ad esempio nelle elezioni per le cariche, si possono presentare soluzioni triplici o quadruplici, ed allora è necessaria la maggioranza assoluta. Nota pure che le astensioni tolgono valore alla maggioranza assoluta. Osserva infine che nelle Assemblee occorre un certo numero di presenti e che una proposta, se non riporta la metà più uno dei voti dei presenti, non è approvata; a meno che non vi sia una disposizione che ammetta una maggioranza inferiore.
PRESIDENTE osserva all’onorevole Fabbri che nel caso di elezioni per le cariche non si tratta di deliberazioni vere e proprie. Quanto alle astensioni, fa presente che in molte deliberazioni di questa Sottocommissione gli astenuti sono stati in numero superiore ai votanti e che, nonostante ciò, si è ritenuto di adottare le proposte che avevano ottenuto il maggior numero dei voti senza considerare le astensioni. Ad ogni modo rileva che qui si parla di maggioranza dei voti, il che vuol dire che gli astenuti sono tenuti in conto. La questione dei presenti non ha alcuna relazione con la votazione.
Mette pertanto in votazione l’articolo 17 con l’emendamento proposto dall’onorevole Nobile:
«Le deliberazioni di ciascuna Camera non sono valide, se non sia presente la maggioranza assoluta dei suoi membri e se non siano adottate alla maggioranza dei voti, salvo i casi nei quali la Costituzione non prescriva una maggioranza speciale».
(È approvato).
Pone in votazione l’articolo 18:
«Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi membri».
(È approvato).
Comunica che a questo articolo è stato proposto un emendamento aggiuntivo:
«Nel regolamento sarà prevista la possibilità di procedimenti abbreviati per l’esame e la deliberazione di leggi alle quali sia riconosciuto il carattere d’urgenza».
FABBRI fa notare che con questo emendamento si propone in sostanza una modificazione dell’articolo 29.
MORTATI, Relatore, ricorda che in sede di articolo 29 si discusse lungamente, e si finì per essere d’accordo che si trattava di una procedura diversa, che si potrebbe chiamare decentrata piuttosto che abbreviata, perché, venendo essa trasferita dall’Assemblea plenaria ad una Commissione, potrebbe durare anche un tempo più lungo di quello che sarebbe durata se ne fosse rimasta investita l’Assemblea. Nell’articolo 18 si tratta, invece, di procedura abbreviata, perché, secondo il regolamento, i Relatori potrebbero essere tenuti a riferire in termine brevissimo e soltanto un rappresentante per ogni gruppo parlamentare potrebbe essere ammesso a prendere la parola.
Aggiunge che si è ritenuto opportuno mettere questa disposizione nella Costituzione, appunto per limitare la discrezionalità del regolamento della Camera, nello stabilire tale procedura abbreviata, soltanto ai casi di riconosciuta urgenza. Pertanto, ritiene che questa disposizione non possa essere confusa con quella dell’articolo 29, che costituisce un caso completamente diverso.
FABBRI non è convinto dall’obiezione dell’onorevole Mortati; tuttavia, se la Commissione desidera adottare questa disposizione, non vi si oppone.
PRESIDENTE chiarisce che la seconda parte dell’articolo 29 permette appunto l’adozione dell’emendamento in esame, in quanto esclude la possibilità del procedimento previsto nel 1° comma dello stesso articolo 29 per i casi di approvazione dei bilanci e di ratifica dei trattati internazionali.
BOZZI concorda con l’opinione espressa dall’onorevole Mortati. In realtà nell’articolo 29 si prevede una procedura di decentramento, che può pure considerarsi abbreviata, in quanto il Parlamento si spoglia delle sue attribuzioni normali affidandole ad una Commissione, e con ciò praticamente abbrevia anche la procedura. Quello che invece prevede l’articolo 18 è un’altra cosa, in quanto non v’è delega ad alcuna Commissione: è il Parlamento stesso che esamina certi provvedimenti, ma questo esame dev’essere compiuto in termini abbreviati. L’emendamento in parola prevede perciò una vera e propria procedura abbreviata per l’Assemblea, indipendentemente dal decentramento previsto nell’articolo 29. Nell’ipotesi che questo emendamento sia approvato, ritiene che la sua collocazione più opportuna potrebbe essere alla fine dell’articolo 29.
NOBILE ritiene indispensabile l’emendamento proposto dall’onorevole Mortati: crede però che alle parole: «alle quali sia riconosciuto carattere d’urgenza» debbano essere sostituite le altre: «per le quali si sia dichiarato il carattere di urgenza». In questo modo sarebbe il Governo ad indicare il carattere d’urgenza di certi provvedimenti.
FABBRI osserva che l’articolo 28 stabilisce una norma di carattere generale, cioè che ogni disegno di legge deve essere preventivamente esaminato da una commissione di ciascuna Camera, secondo le norme del regolamento: a questo seguiva l’articolo 29 che indicava una procedura, a suo parere, abbreviata. Ora che è stato proposto questo emendamento, teme si possa creare confusione, perché non si sa se la procedura da esso prevista debba prescindere da quella stabilita dagli articoli 28 e 29. Pensa che questo emendamento debba essere collocato in luogo diverso dall’articolo 18.
MORTATI, Relatore, ritiene che l’emendamento in esame non prescinda dalla procedura prevista in altri articoli.
LUSSU propone che, invece di dire: «sarà prevista la possibilità di procedimenti abbreviati», si dica: «saranno previsti procedimenti abbreviati».
PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento aggiuntivo, così modificato secondo la proposta dell’onorevole Lussu:
«Nel regolamento saranno previsti procedimenti abbreviati per l’esame e la deliberazione di leggi alle quali sia riconosciuto carattere d’urgenza».
(È approvato).
Pone in votazione l’articolo 19:
«Ciascuna Camera elegge, nel proprio seno, il Presidente e l’Ufficio di Presidenza».
(È approvato).
Pone in discussione l’articolo 20:
«Le sedute della Camera sono pubbliche. Tuttavia, con l’approvazione dei due terzi dei membri presenti, potranno essere segrete».
LACONI rileva che in questo caso si richiede una maggioranza speciale. Ritiene che la maggioranza qualificata debba essere sempre la medesima. Ricorda che nella seconda Sezione si fu d’accordo nel concetto di una maggioranza intermedia tra quella assoluta e quella qualificata, cioè tra quella prevista per leggi normali e quella prevista per leggi costituzionali; e che una siffatta maggioranza fu considerata come se dovesse diventare il tipo unico di votazione a carattere intermedio.
FUSCHINI riconosce la necessità in cui talvolta si trova il Governo di chiedere una seduta segreta all’Assemblea, ma non ritiene che per tale decisione vi sia bisogno di una maggioranza così cospicua come quella dei due terzi dei presenti.
NOBILE, per andare incontro all’onorevole Fuschini, crede si potrebbe aggiungere: «e su richiesta del Presidente della Repubblica».
AMBROSINI ricorda che veramente era stato proposto di richiedere una maggioranza qualificata, e che egli fece osservare esser necessario precisare quale deve essere questa maggioranza qualificata; onde si finì per adottare il criterio della maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea e quindi la metà più uno.
PRESIDENTE ritiene che la maggioranza richiesta debba essere proporzionata all’importanza della questione. Osserva all’onorevole Fuschini che quando il Governo si trova nella necessità di richiedere una seduta segreta, il motivo sarà a tutti noto. Ad ogni modo pone in votazione il principio che occorra una maggioranza qualificata per tenere le sedute segrete.
(Non è approvato).
NOBILE proporrebbe di dire che le Camere «in via eccezionale» possono deliberare di tenere seduta segreta.
FABBRI osserva che, con tale sistema, la maggioranza può eliminare l’esigenza della minoranza di discutere pubblicamente un determinato problema.
LA ROCCA propone che il secondo comma sia così formulato: «tuttavia le Camere possono riunirsi in seduta segreta».
PRESIDENTE correggerebbe la formulazione così: «Tuttavia le Camere possono deliberare di riunirsi in Comitato segreto». Mette ai voti l’articolo 20 così formulato:
«Le sedute della Camera sono pubbliche. Tuttavia le Camere possono deliberare di riunirsi in Comitato segreto».
(È approvato).
Pone in votazione l’articolo 21:
«Le votazioni si fanno per alzata e seduta, per divisione, per scrutinio segreto e per appello nominale».
(È approvato).
Apre la discussione sull’articolo 22:
«Il numero dei membri da eleggere per ciascuna Camera è stabilito con legge dopo ogni censimento generale della popolazione».
Non comprende l’utilità di questo articolo, perché crede ovvio il riferimento al censimento generale. A suo avviso, sarebbe sufficiente richiamarsi all’art. 2; e ad ogni modo ritiene che questa sia materia di legge elettorale.
MORTATI, Relatore, non crede superfluo il riferimento al censimento, perché ci si potrebbe riferire ad altre rilevazioni statistiche che non sono quelle del censimento generale della popolazione.
NOBILE ritiene anch’egli necessaria la disposizione che sancisce l’obbligo di riferirsi al censimento ufficiale, perché con questo potrebbero non concordare altri dati statistici e sarebbero possibili incertezze sul numero dei deputati da assegnare alle Regioni in base all’articolo 2.
FUSCHINI ricorda che anche le elezioni per il Senato si devono riferire al censimento.
PRESIDENTE mette ai voti l’articolo 22.
(È approvato).
Pone in discussione l’articolo 23:
«I membri del Governo hanno sempre ingresso alle Camere anche se non ne facciano parte, e debbono essere sentiti quando lo richiedano».
Fa notare che questo articolo è stato aggiunto dal Comitato di coordinamento.
GRIECO osserva che il concetto che si vuole sottolineare è quello che i membri del Governo che non sono deputati hanno sempre ingresso alle Camere durante l’esercizio delle loro funzioni. Ma gli sembra implicito che il Governo, il quale è espressione delle due Camere, debba essere sentito.
PRESIDENTE rileva che la disposizione in esame ha stretta attinenza col potere esecutivo; e fa notare anche un altro concetto importante che ne deriva, cioè che si può essere membri del Governo anche senza essere membri delle Camere.
MORTATI, Relatore, ricorda che l’articolo 66 dello Statuto Albertino stabiliva che «i Ministri non hanno voto deliberativo nell’una o nell’altra Camera, se non quando ne sono membri. Essi vi hanno sempre l’ingresso e debbono essere sentiti sempre che lo riechieggano»; e fa presente che nel progetto è stata abolita la prima parte ritenuta superflua, perché è evidente che non possa avere voto deliberativo se non chi fa parte di quella Camera.
ROSSI PAOLO propone la soppressione dell’avverbio «sempre», che ritiene inutile.
PRESIDENTE pone ai voti l’articolo 23 con la modificazione proposta dall’onorevole Rossi.
(È approvato).
Apre la discussione sull’articolo 24:
«Il potere legislativo è collettivamente esercitato dalle due Camere».
GRIECO domanda come debba interpretarsi l’avverbio «collettivamente».
PRESIDENTE risponde che, a suo avviso, significa che non vi può essere una legge valida se non è approvata da ambedue le Camere.
TOSATO, riferendosi alla concessione dell’amnistia da parte dell’Assemblea nazionale, crede sarebbe opportuno aggiungere alla fine dell’articolo le parole: «e, nei casi previsti dalla Costituzione, dall’Assemblea nazionale».
PRESIDENTE dichiara che ciò potrà stabilirsi quando si parlerà dell’amnistia.
Pone ai voti l’articolo 24.
(È approvato).
Pone in discussione l’articolo 25:
«L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere, alle Regioni, al Popolo.
«L’iniziativa popolare si esercita mediante la presentazione di un progetto redatto in articoli da parte di almeno 100.000 elettori o 100.000 abitanti».
MORTATI, Relatore, circa il primo comma dell’articolo 25, fa riserva di aggiungere eventualmente un altro inciso alle ultime parole «al popolo», se la Sottocommissione verrà nella determinazione di ammettere i Consigli consultivi, ai quali si potrebbe attribuire, in certi casi, un potere di iniziativa.
PRESIDENTE con tale riserva pone ai voti il primo comma dell’articolo 25.
(È approvato).
BOZZI fa presente che le ultime parole del secondo comma: «o 100 mila abitanti» sono state evidentemente stampate per errore.
PRESIDENTE dichiara che le parole: «o 100.000 abitanti» devono intendersi soppresse. Pone ai voti il secondo comma dell’articolo 25, con la correzione dell’errore rilevato dall’onorevole Bozzi.
(È approvato).
Pone in votazione l’articolo 26:
«Nelle proposte che importino nuove o maggiori spese, e nelle leggi che le approvano, devono essere indicati i mezzi per farvi fronte».
(È approvato).
Pone in discussione l’articolo 27:
«I disegni e le proposte di legge approvati da una Camera saranno trasmessi all’altra, la quale dovrà pronunziarsi entro 4 mesi dal ricevimento.
«Tale termine potrà essere variato su accordo tra le due Camere».
Fa presente che è stata proposta dal Comitato la riduzione del termine da quattro mesi a tre.
NOBILE ricorda la sua proposta di ridurre tale termine a due mesi.
PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento dell’onorevole Nobile.
(Non è approvato).
Pone ai voti la proposta di ridurre il termine a tre mesi.
(È approvata).
Pone ai voti il primo comma così emendato.
(È approvato).
Circa il secondo comma dell’articolo, avverte che è stato proposto un emendamento sostitutivo così formulato:
«Tale termine potrà essere prorogato su richiesta della Camera che deve pronunciarsi».
NOBILE dichiara di essere favorevole al testo del progetto.
LACONI ritiene anch’egli più opportuno stabilire che tale termine possa essere variato su accordo fra le Camere che non su richiesta della Camera che deve pronunziarsi, perché questa richiesta potrebbe dar luogo a complicazioni.
PRESIDENTE pone ai voti il secondo comma dell’articolo 27 nel testo originario.
(È approvato).
Pone in discussione l’articolo 28:
«Ogni disegno o proposta di legge deve essere preventivamente esaminato da una Commissione di ciascuna Camera, secondo le norme del regolamento».
LACONI ricorda di aver sostenuto che i progetti debbono sempre essere presentati alla prima Camera. Ma, indipendentemente dall’accoglimento di tale proposta, pensa che l’atto della presentazione debba essere previsto, altrimenti potrebbe sembrare che le Commissioni, tanto della prima quanto della seconda Camera, debbano preventivamente esaminare il progetto di legge.
BOZZI fa presente che la dizione dell’articolo 27 scioglie il dubbio: esso infatti dice che «i disegni e le proposte di legge approvati da una Camera saranno trasmessi all’altra».
FUSCHINI osserva che, in tal caso, occorrerà trasportare l’articolo 28 al posto dell’articolo 27 e viceversa. Comunque, crede che non possa sorgere dubbio sul fatto che le proposte di legge vengano presentate ad una sola Camera e che, affinché possa esserne investita la seconda, è necessario che le abbia già approvate la prima.
MORTATI, Relatore, ricorda l’articolo 55 dello Statuto Albertino, secondo il quale appunto una proposta, discussa ed approvata da una Camera, deve essere trasmessa all’altra per la discussione ed approvazione. Non vede come possa sorgere il dubbio di cui ha parlato l’onorevole Laconi, dal momento che è noto il principio secondo il quale il disegno di legge deve presentarsi prima ad una Camera e poi all’altra e non mai contemporaneamente alle due Camere.
FABBRI osserva che, per aderire a quanto ha detto l’onorevole Laconi, l’articolo 26 potrebbe essere preceduto da un inciso il quale dicesse che le proposte di legge sono presentate indifferentemente all’una o all’altra Camera.
PRESIDENTE fa presente che si potrebbe adottare una dizione come la seguente: «Ogni disegno o proposta di legge deve essere preventivamente esaminato da una Commissione secondo le norme del Regolamento di ciascuna Camera»; con l’intesa che il dubbio sollevato dall’onorevole Laconi si può risolvere con la proposta aggiuntiva all’articolo 26 fatta dall’onorevole Fabbri.
FUSCHINI è favorevole al mantenimento del testo del progetto, con la sola aggiunta, in fine, della parola «proprio» prima dell’altra «Regolamento».
PRESIDENTE pone ai voti l’articolo 28 nel testo del progetto con la modificazione ora proposta dall’onorevole Fuschini.
(È approvato).
Dà lettura del seguente comma aggiuntivo proposto dal Comitato:
«A iniziativa di una delle Camere o del Governo, possono essere costituite Commissioni formate da un numero proporzionale di deputati e di senatori per l’esame, in comune, di disegni di legge».
MORTATI, Relatore, spiega che questo comma risponde sia all’esigenza di rendere più sollecito il corso della procedura parlamentare evitando un duplice esame, anche abbreviato, del provvedimento da parte delle due Commissioni, sia all’altra – più importante – di evitare dissensi o meglio di facilitare l’intesa in caso di divergenza tra le due Camere, perché uno dei modi per prevenire o conciliare i conflitti è appunto quello di rendere possibili degli accordi che possono facilmente attuarsi nel seno di una Commissione ristretta.
LACONI domanda se è prevista la proporzionalità della composizione di dette Commissioni rispetto alla composizione delle Camere.
MORTATI, Relatore, osserva che una norma nel senso accennato dall’onorevole Laconi non si può inserire nella Costituzione, dal momento che non è stato fissato un principio costituzionale che stabilisca la proporzionalità nella composizione delle Camere. Aggiunge che, se si stabilisse questo principio, il regolamento della Camera si adatterebbe ad esso nel fissare tale norma; ma poiché esso manca, non si può stabilire una disposizione del genere nell’ordinamento interno, perché potrebbe anche darsi che in futuro le elezioni avessero luogo con altri sistemi non proporzionalistici.
LACONI replica che, anche se le due Camere dovessero essere formate secondo un sistema elettorale diverso da quello attuale, sussisterebbe sempre la necessità di comporre queste Commissioni proporzionalmente alla composizione delle Camere, perché queste discussioni possono essere utili solo se le Commissioni riproducono esattamente la composizione della Camera che rappresentano.
PRESIDENTE fa presente che il comma aggiuntivo si preoccupa di fare salvo il rapporto numerico tra le due Camere nell’interno della comune Commissione. A suo parere la questione sollevata dall’onorevole Laconi di rispettare il principio della proporzionalità dei gruppi politici avrebbe dovuto essere considerata all’articolo 28, là dove si parla delle Commissioni.
FABBRI dichiara che tale emendamento, il quale costituisce, a suo avviso, un sovvertimento del sistema bicamerale, è di tale natura e di tale importanza da meritare un esame ponderato ed una lunga discussione.
LUSSU domanda qual è lo scopo di questo emendamento.
MORTATI, Relatore, ripete che lo scopo essenziale è quello di stabilire una procedura per attenuare i possibili conflitti tra le due Camere, perché è bene che essi non siano tali da ostacolare il lavoro legislativo. Fa notare all’onorevole Fabbri che, quand’anche le due Commissioni riunite avessero raggiunto un accordo, non è detto che esso dovrebbe vincolare le due Camere, le quali potranno deliberare in senso contrario e far riaccendere il conflitto.
FABBRI insiste nel suo punto di vista, perché ritiene essenziale tanto il principio dell’autonomia di ciascuna Camera, quanto quello del sistema bicamerale, i quali verrebbero meno se la proposta fosse accolta.
UBERTI è anch’egli del parere che, con l’approvazione di una norma del genere di quella proposta, si apporterebbe una riforma radicale al sistema bicamerale, perché è evidente che le due Commissioni, nominate rispettivamente dall’una e dall’altra Camera, le quali si mettessero d’accordo su un determinato progetto e sottoponessero le rispettive deliberazioni alle due Camere, diventerebbero necessariamente organi preponderanti nei rapporti fra le due Camere. Fa presente che in tal modo, specie quando si tratterà di approvare con rapidità delle importanti decisioni, non si seguirà più il sistema normale di sottoporre il progetto di legge prima all’una e poi all’altra Camera, ma si seguirà questa procedura, perché è evidente che quando una Commissione ha approvato, sollecitata dal Governo, un progetto di legge, difficilmente le Camere si pronunceranno in senso contrario.
Fa presente che con questa riforma, la quale sembra da poco ed invece è sostanziale, si costruisce un sistema in antitesi a quello parlamentare, così come finora è stato concepito, e si dà vita ad una Commissione – che diventerà di notevole importanza – composta di due tronconi provenienti da Assemblee che hanno origini diverse e che in tempi diversi avrebbero dovuto esaminare il provvedimento.
Conclude affermando che vi sono delle abitudini e delle situazioni più forti di qualsiasi articolo di legge: ritiene perciò che una Commissione mista di questo genere finirebbe per diventare un organo permanente e che tale sistema di legiferare diventerebbe il sistema normale.
CAPPI non vede i pericoli ai quali accenna l’onorevole Uberti e proporrebbe, se mai, di togliere l’iniziativa del Governo, lasciando soltanto quella di una delle Camere.
MORTATI, Relatore, chiarisce, anche per rispondere all’onorevole Uberti, che questa riunione delle Commissioni avverrebbe sempre su accordo delle Camere, in quanto che l’iniziativa può essere di una delle Camere o del Governo, ma la deliberazione di comporre questa Commissione mista e di farla operare appartiene a ciascuna delle Camere: quindi quella che si sentisse lesa potrebbe rifiutare di formare la Commissione mista. Evidentemente l’iniziativa non imporla un obbligo per la Camera dissenziente. Senza contare poi che le Camere hanno piena libertà di seguire o meno il parere espresso dalla Commissione stessa, allo stesso modo che le deliberazioni di ciascuna Assemblea non sono vincolate dal giudizio delle sue Commissioni interne.
NOBILE rileva l’utilità di tale procedura nei casi in cui il Governo presenti una proposta di legge che debba essere esaminata e decisa d’urgenza.
FUSCHINI non approva questa proposta la quale, invece di eliminare i conflitti tra le due Camere, a suo parere, li accrescerebbe; perché già in sede di formazione di questa Commissione mista, una Camera può deliberare in un senso ed una in un altro.
MORTATI, Relatore, fa notare che la Commissione mista si formerà non preventivamente, ma quando il conflitto si vada delineando: è appunto allora che si ricorre a questo mezzo per cercare di risolverlo.
PRESIDENTE pone ai voti l’emendamento aggiuntivo all’articolo 28 proposto dal Comitato di coordinamento.
(Non è approvato).
Fa notare che l’articolò 28 prenderà il posto dell’articolo 27 e viceversa.
Pone in discussione l’articolo 28-bis:
«Un disegno di legge non approvato dalla Camera alla quale è sottoposto, non può essere ripresentato, se non dopo un anno dal rigetto».
MORTATI, Relatore, osserva che si è pensato a questa disposizione, perché un articolo dello Statuto Albertino stabiliva che un disegno di legge respinto non si potesse ripresentare nella stessa sessione. Poiché si è eliminata la sessione, si è pensato ad un termine che risponda anche ad una esigenza di rispetto della volontà della Camera la quale, avendo rifiutato l’approvazione di un disegno di legge, non si può vedere imposto l’obbligo di discuterlo nuovamente dopo poco tempo.
FABBRI ricorda di aver sostenuto che, non essendovi più le sessioni, si sarebbe dovuto stabilire che un provvedimento respinto non possa essere ripresentato nella stessa legislatura; ma gli fu osservato come tale proposta fosse esagerata. Altri fece notare che il provvedimento si sarebbe potuto ripresentare con delle modificazioni ed era quindi inutile introdurre una disposizione del genere. Gli sembra strano che non si sia presa alcuna deliberazione in merito: comunque ritiene troppo breve il termine di un anno e vorrebbe portarlo almeno a tre anni.
MORTATI, Relatore, assicura, per averne preso visione dai verbali, che si decise di non introdurre alcuna norma del genere, appunto perché si sarebbe potuto eluderla.
PRESIDENTE rileva che si tratta di una decisione respinta nel corso delle discussioni e votazioni precedenti e che oggi viene ripresentata come proposta di emendamento aggiuntivo. Pone ai voti la presa in considerazione di questo emendamento nonostante le decisioni già adottate.
(Non è approvata).
Pone in discussione l’articolo 29:
«Su richiesta motivata del proponente, ciascuna delle Camere può deliberare che l’esame e la formulazione del testo di una proposta di legge siano deferite ad una Commissione, su relazione della quale si procederà al voto senza discussione, salvo le dichiarazioni di voto.
«Il procedimento previsto dal precedente comma non è applicabile alle proposte concernenti l’approvazione dei bilanci e l’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali».
UBERTI, posto che in questo caso si danno alla Commissione i poteri dell’Assemblea (al che si dichiara contrario), proporrebbe che la Commissione stessa fosse eletta sulla base della proporzionalità: poiché in Assemblea plenaria non si possono fare altro che dichiarazioni di voto, vorrebbe che alla discussione del disegno di legge potessero almeno partecipare tutti i gruppi politici.
NOBILE, nel 1° comma, dopo le parole: «deferiti ad una Commissione», propone di aggiungere le altre: «che rispecchi la proporzione dei gruppi politici della Camera».
PRESIDENTE pone ai voti il 1° comma dell’articolo 29 con l’emendamento proposto dall’onorevole Nobile.
(È approvato).
BOZZI nel 2° comma propone di sostituire, alle parole: «alle proposte», le altre: «ai disegni».
PRESIDENTE pone ai voti il 2° comma dell’articolo 29 con l’emendamento proposto dall’onorevole Bozzi.
(È approvato).
Pone in votazione l’articolo 30:
«I disegni e le proposte di legge sono votati articolo per articolo. Il voto finale ha luogo per scrutinio segreto».
(È approvato).
Dovrebbe ora porre in discussione l’articolo 31, ma crede opportuno rinviarne l’esame alla prossima seduta, per dar tempo ai Commissari di approfondirlo.
(Così rimane stabilito).
Pone in discussione l’articolo 32:
«L’esercizio del potere legislativo non può essere delegato al Governo se non per tempo limitato e per oggetti determinati, e sempreché tali oggetti non attengano all’esercizio delle libertà personali e politiche, alle leggi complementari della Costituzione ed all’approvazione dei bilanci».
Avverte che a tale articolo viene proposto un emendamento sostitutivo del seguente tenore:
«L’emissione di norme giuridiche non può essere delegata al Governo, se non per un tempo limitato e per oggetti determinati, e previa l’indicazione, da parte del Parlamento, dei principî cui l’organo delegato dovrà attenersi».
TOSATO propone di sostituire, nell’emendamento, alla parola: «emissione» l’altra: «emanazione».
MANNIRONI nota nell’emendamento un criterio restrittivo, in quanto vi si parla di potestà di emanare norme giuridiche.
TOSATO ritiene che in tal modo viene meno la necessità di precisare che non è ammessa la delegazione in materia di bilanci, in quanto questi non sono norme giuridiche.
MORTATI, Relatore, osserva che la discussione verte su questo: se la delega debba essere contenuta nei limiti stabiliti dall’originario articolo 32, oppure in quelli della nuova formulazione, la quale, in un certo senso, è analoga alla precedente, in quanto che, parlando di norme giuridiche, rende inutile l’esclusione della delega per altre norme, come, per esempio, le leggi di approvazione, che non lo sono. Di diverso v’è questo: che, mentre l’articolo 32 cercava di fare una determinazione dei casi di esclusione della delega, l’emendamento prescinde da questa elencazione e riduce in sostanza il limite di questa delega al concetto di norme giuridiche e alla indicazione dei principî direttivi che il Parlamento dovrebbe emanare all’atto della concessione della delega stessa.
FABBRI vorrebbe, a maggior garanzia, mantenuta la formula originaria, perché teme che altrimenti la delega del Governo possa estrinsecarsi in norme giuridiche che non dovrebbero incidere, ma che in pratica possono incidere sulle libertà personali e politiche, per le quali si faceva eccezione in modo ben chiaro nella formulazione originaria.
TOSATO fa notare che alla giusta preoccupazione dell’onorevole Fabbri già soddisfa la Costituzione, perché le libertà personali e politiche sono garantite dalla Costituzione stessa e non possono essere violate da decreti legislativi o da leggi.
PRESIDENTE rammenta a questo proposito di aver già sostenuto in una lunghissima discussione, e nonostante le obiezioni sollevate, la necessità di questa elencazione di oggetti per i quali non può ammettersi delega, e che parte della Sottocommissione era dello stesso avviso. Per questa ragione voterà per la conservazione del testo originario dell’articolo 32.
Fa presente che al testo stesso l’onorevole Bulloni propone di dare la seguente formulazione:
«L’esercizio del potere legislativo non può essere delegato al Governo, se non per tempo limitato e per oggetti determinati che non attengano all’esercizio delle libertà personali e politiche, alle leggi complementari della Costituzione e all’approvazione dei bilanci».
LUSSU trova che sarebbe più opportuno, invece che la forma negativa («non può essere delegato»), di usare quella positiva, nel senso di dire che il potere legislativo può essere delegato al Governo soltanto per tempo limitato, ecc.
PRESIDENTE è d’opinione che sia più opportuno stabilire prima che non è ammessa la delega e quindi parlare delle eccezioni.
UBERTI fa osservare che con l’emendamento si vengono a stabilire anche i principî a cui si deve attenere il Governo nella emanazione dei provvedimenti in seguito a delega, mentre con il testo originario non si ammette la determinazione di principî direttivi, ma si parla semplicemente di tempo limitato e di oggetti determinati. Personalmente preferirebbe la formula dell’emendamento.
PRESIDENTE pone ai voti l’articolo 32 nel testo originario.
(È approvato).
UBERTI propone di aggiungervi l’ultima parte dell’emendamento, e precisamente le parole: «previa indicazione da parte del Parlamento dei principî cui l’organo delegato dovrà attenersi».
PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Uberti.
(È approvata).
Pone in discussione l’articolo 33:
«Spetta all’Assemblea Nazionale deliberare la mobilitazione generale e l’entrata in guerra».
MANNIRONI propone che gli articoli 33 e 34 vengano fusi.
NOBILE propone di aggiungere alle parole: «la mobilitazione generale» le altre: «o parziale».
TOSATO non ritiene possibile la fusione degli articoli 33 e 34 perché, mentre nel caso della mobilitazione generale e dell’entrata in guerra si tratta di una deliberazione e non di una legge sostanziale, nel caso dell’amnistia si tratta di una legge vera e propria.
MANNIRONI ritira la sua proposta.
PRESIDENTE pone intanto ai voti la prima parte dell’articolo:
«Spetta all’Assemblea Nazionale deliberare la mobilitazione generale».
(È approvata).
Fa presente che qui dovrebbe essere inserita l’aggiunta proposta dall’onorevole Nobile.
TOSATO è contrario alla proposta dell’onorevole Nobile, che disarma eccessivamente il potere esecutivo. D’altra parte la mobilitazione parziale si può fare attraverso innumerevoli sotterfugi, sicché ritiene inutile prevederla nell’articolo in esame.
LACONI distingue due tipi di mobilitazione parziale: oltre a quello comunemente noto, vi è un tipo di mobilitazione regionale alla quale si è assistito in questo ultimo periodo in Sardegna e in Sicilia, che è un tipo di mobilitazione generale limitato ad una Regione. Ritiene questo un caso di mobilitazione parziale per il quale sarebbe opportuno interpellare l’Assemblea Nazionale, mentre nel caso normale di richiamo di qualche classe, crede che se ne potrebbe fare a meno.
ROSSI PAOLO non è favorevole all’emendamento dell’onorevole Nobile, che ritiene contrario alle ragioni serie e gravi che possono giustificare la disposizione dell’articolo 33; e lo ritiene anche pericoloso, perché potrebbe determinare delle complicazioni di carattere internazionale veramente gravi.
LUSSU considera la questione dal punto di vista politico: teme che, se il Governo dovrà sottoporre e giustificare al Parlamento anche il richiamo di due o tre classi di leva, si creerà quel clima pericoloso di mobilitazione generale, che è bene sia evitato per le conseguenze politiche che può produrre. Crede si possa lasciare al Governo la facoltà di decidere in merito alla mobilitazione parziale.
PRESIDENTE ritiene che non debba essere trascurato il caso citato dall’onorevole Laconi e propone perciò la seguente formulazione:
«Spetta all’Assemblea Nazionale la mobilitazione generale, anche se territorialmente limitata, e l’entrata in guerra».
TARGETTI è favorevole a questo emendamento, perché trova opportuno che nel caso di una mobilitazione importante, come quella accennata dall’onorevole Laconi, non sia lasciata al Governo la libertà di prendere una decisione.
PRESIDENTE pone ai voti la formula testé letta.
(È approvata).
Osserva che nella seduta antimeridiana si è anche discusso se l’Assemblea nazionale deve deliberare sullo stato di guerra. Si riserva di sollevare la questione quando si sarà accertato se la legislazione italiana considera lo stato di guerra come qualche cosa di diverso dalla dichiarazione di guerra.
BOZZI fa presente che vi sono leggi le quali hanno vigore per lo stato di guerra e per farne cessare l’effetto; ma per la loro applicabilità occorre un decreto che stabilisca l’inizio dello stato di guerra. Nota del resto che la fine della guerra, che è un fatto pratico, non coincide con la dichiarazione della fine dello stato di guerra, che costituisce invece un fatto giuridico. Ad ogni modo, per decidere su questa materia ritiene che occorra rivedere le leggi sullo stato di guerra.
PRESIDENTE pone in discussione l’articolo 34:
«L’amnistia è concessa con legge dell’Assemblea nazionale».
BOZZI propone di rinviare la discussione di questo articolo, in quanto è di competenza della seconda Sezione, che esamina l’ordinamento giudiziario. Fa anche presente che vi è al riguardo una proposta dell’onorevole Leone la quale mira ad abolire l’istituto dell’amnistia.
TOSATO fa presente la possibilità del manifestarsi di un conflitto tra le due Sezioni della Sottocommissione.
LA ROCCA crede che la questione dell’amnistia non possa rientrare nella competenza della seconda Sezione, perché è materia di spettanza del potere esecutivo e perciò in sede di discussione sul potere esecutivo dovrà essere risolta. Che se poi prevalesse il concetto che l’amnistia debba concedersi per legge, perché in concreto l’amnistia è una legge transitoria, la competenza sull’argomento non potrebbe essere sottratta al potere legislativo e quindi rientrerebbe nell’orbita di spettanza di questa Sottocommissione.
BOZZI non ritiene completamente esatto quello che dice l’onorevole La Rocca, perché l’amnistia può interferire su una sentenza irrevocabile e quindi incidere sul potere giudiziario, il quale deve deliberare in materia.
TARGETTI ritiene che non si possa mettere in dubbio la competenza a decidere sopra l’amnistia da parte della seconda Sezione, in quanto questa tratta della immutabilità del giudicato: se a tale principio vi devono essere delle eccezioni, è proprio la seconda Sezione che dovrà dire quali siano (indulto, grazia, amnistia). In questa sede si potranno soltanto stabilire le modalità dell’applicazione di questi tre istituti.
NOBILE non vede come si possa essere contrari all’istituto dell’amnistia; del resto, poiché nell’emendamento si tratta di delitti politici, ritiene che la sede competente per trattarla sia questa.
BULLONI propone che al termine «amnistia» sia aggiunto anche quello di «indulto», e ritiene senza alcun dubbio che sia questa la sede competente per decidere su tale questione. Osserva che l’eccezione dell’onorevole Targetti non toglie la competenza della Sottocommissione di stabilire se questi istituti della grazia, dell’amnistia e dell’indulto rientrino o meno nelle attribuzioni del Parlamento. Ritiene perciò che, a seguito della decisione che sarà qui presa, la seconda Sezione potrà modificare gli articoli che avesse formulato in materia.
MANNIRONI ritiene che la competenza sull’argomento sia di questa Sottocommissione, perché si è in tema politico e non strettamente giudiziario. Rileva che, se la seconda Sezione ha affermato il principio della irrevocabilità del giudicato, potrà scendere all’ipotesi delle modifiche di questo giudicato in rapporto all’amnistia, solo se questa Sottocommissione avrà riconosciuto che l’amnistia possa essere o meno concessa. Crede quindi che si debba decidere non soltanto se l’amnistia possa essere concessa per legge dell’Assemblea nazionale, ma anche e prima di tutto sull’opportunità di conservare questo istituto nella legislazione italiana.
TOSATO non ritiene possibile pensare che dell’amnistia possa occuparsi la seconda Sezione; questa esamina il potere giudiziario e quindi l’amnistia solo sotto l’aspetto della giustizia e, sotto questo aspetto, non potrà arrivare che all’affermazione della immutabilità del giudicato; mentre la concessione dell’amnistia, della grazia ed indulto è sempre espressione di un potere politico superiore a tutti gli altri poteri, sia quello esecutivo, sia quello legislativo, sia quello giudiziario.
LACONI pensa che non si debbano sollevare questioni di competenza nel seno della Sottocommissione e, senza entrare nel merito della questione, non è contrario a che essa venga esaminata dalla seconda Sezione.
LUSSU crede che non la indipendenza dei poteri regolerà l’attuale Costituzione, ma, in un certo senso, l’interferenza tra i diversi poteri: giudiziario, esecutivo e legislativo. Sotto questo aspetto può nascere il dubbio che il potere giudiziario sia competente ad esaminare il problema dell’amnistia, ma fa notare che questo è un problema puramente politico. Ritiene che, per una ragione tecnica di studio, la seconda Sezione potrebbe interferire sul problema dell’amnistia; ma è chiaro che questo argomento riguarda la sovranità del Parlamento, perché niente vi può essere di più sovrano, quale espressione di volontà popolare, della concessione della amnistia.
PRESIDENTE, poiché ritiene che l’istituto dell’amnistia sarà mantenuto, pensa che la Sottocommissione potrà ora decidere se il diritto di concederla dovrà essere esercitato dal Capo dello Stato oppure dalla Assemblea.
A ciò provvede appunto l’articolo 34, per il quale l’onorevole Bulloni propone la seguente formulazione:
«L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge dell’Assemblea nazionale».
Nota che al riguardo vi è un emendamento del Comitato, che dice:
«L’amnistia è concessa con legge della Assemblea nazionale soltanto per i delitti politici».
Mette ai voti l’articolo 34 nella seguente formulazione:
«L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge dell’Assemblea nazionale».
(È approvato).
La seduta termina alle 20.15.
Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Conti, Di Giovanni, Fabbri, Farini, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Piccioni, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Tosato, Uberti, Zuccarini.
Assenti: Cannizzo, Castiglia, Codacci Pisanelli, De Michele, Einaudi, Leone Giovanni, Perassi, Porzio, Vanoni.