ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
SECONDA SOTTOCOMMISSIONE
73.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA POMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 18 DICEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Autonomie locali (Seguito della discussione).
Presidente – Lussu – Ravagnan – Ambrosini, Relatore – Fuschini – Cannizzo – Codacci Pisanelli – Fabbri – Mortati – Nobile – Mannironi – Conti – Laconi – Einaudi – Cappi – Bulloni – Uberti – Lami Starnuti – Rossi Paolo.
La seduta comincia alle 16.
Seguito della discussione sulle autonomie locali.
PRESIDENTE dà comunicazione di una domanda per la costituzione della Regione Marsicana. Dato il limitato complesso dei Comuni di tale Regione, e la scarsa documentazione da cui la richiesta è accompagnata, propone che non sia presa in considerazione.
Mette ai voli la sua proposta.
(È approvata).
LUSSU propone che, d’ora in poi, tutte le domande consimili che perverranno siano accantonate, per essere poi presentate direttamente all’esame dell’Assemblea costituente.
PRESIDENTE osserva che una decisione in tal senso potrebbe essere impugnala, perché nessun termine è mai stato posto alla presentazione delle domande: non ritiene inoltre possibile che la Commissione rimandi all’Assemblea costituente materiale non elaborato.
Riassumendo il lavoro delle ultime riunioni, dà lettura del testo definitivo dell’articolo 22:
«Le Regioni sono: Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli, Liguria, Emilia-Appenninica, Emilia e Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzi, Molise, Campania, Puglia, Salento, Lucania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta».
RAVAGNAN rileva che in questo articolo è stata compresa la Regione Trentino-Alto Adige, mentre lo Statuto speciale concesso a norma dell’articolo 2 riguarda soltanto l’Alto Adige. Si riserva di risollevare la questione quando si discuterà di questo Statuto speciale.
AMBROSINI, Relatore, a titolo di informazione, dà notizia che due avvocati di Bolzano, a nome del Volkspartei, gli hanno dichiarato la loro opposizione al progetto di Statuto per l’Alto Adige, elaboralo dall’ex Prefetto di Bolzano, Innocenti: e che egli si è limitato ad accettare il promemoria che gli veniva presentato – e che rimetterà al Presidente – senza esprimere alcuna opinione al riguardo.
PRESIDENTE pone in discussione l’articolo 23:
«È consentito alle popolazioni interessate, mediante deliberazione della maggioranza dei rispettivi Consigli comunali, di chiedere il distacco da una Regione e l’aggregazione ad un’altra.
«È consentita, inoltre, la richiesta dell’erezione di una nuova Regione, quando provenga dai Consigli comunali rappresentanti una popolazione di almeno 500.000 abitanti.
«Le modificazioni di cui ai primi due comma sono disposte con legge dello Stato, previo parere delle Assemblee regionali interessate».
FUSCHINI crede sia opportuno precisare che la richiesta di distacco da una Regione può essere presentata soltanto da uno o più Comuni che siano al confine, contigui cioè alla Regione alla quale chiedono di essere aggregati. Ritiene poi che tali richieste, come quelle di creazione di nuove Regioni, debbano avere una limitazione nel tempo, e propone che, dopo un periodo di due o tre anni dalla promulgazione della Costituzione, non siano più ammessi mutamenti, anche per dare alle Regioni la necessaria stabilità.
AMBROSINI, Relatore, ritiene implicita la condizione della contiguità, perché altrimenti si tratterebbe non di distacco, ma di creazione di una nuova Regione. Si dichiara poi contrario alla proposta di limitare a due o tre anni la possibilità di mutamenti delle circoscrizioni regionali, perché ritiene che una remora a domande inopportune sia data già dal fatto che per l’accoglimento di tali richieste occorre una legge dello Stato, previo parere delle Assemblee regionali interessate.
CANNIZZO crede opportuno facilitare l’unificazione delle Regioni e chiede sia introdotta una norma che contempli la possibilità della loro fusione.
PRESIDENTE fa presente che risponde a questa esigenza un emendamento aggiuntivo dell’onorevole Conti al primo comma dell’articolo: «o chiedere l’unione di una Regione ad un’altra».
CODACCI PISANELLI ritiene che la possibilità di fusione sia già implicita nel concetto che è consentito «di chiedere il distacco da una Regione e l’aggregazione ad un’altra».
FABBRI al primo comma, invece delle parole «di chiedere», direbbe «di proporre», per accentuare meglio il concetto che la richiesta non pone un obbligo. All’ultimo comma sostituirebbe il seguente: «Le modificazioni alla circoscrizione di ogni singola Regione sono disposte con legge dello Stato, previo parere delle Assemblee regionali interessate», per affermare la possibilità di modificazioni anche all’infuori dei casi previsti dai primi due comma.
MORTATI rileva una certa disarmonia fra l’articolo 18 e l’articolo 23. Nel primo, infatti, per i Comuni, si stabilisce che soltanto la volontà delle popolazioni interessate potrà determinare la modificazione della circoscrizione comunale; nel secondo, invece, si ritiene sufficiente la deliberazione della maggioranza dei Consigli comunali.
Per quanto riguarda l’ultimo comma, domanda se la legge dello Stato a cui si fa riferimento sia una legge semplice o costituzionale. A suo avviso, poiché si è ritenuto inserire nella Costituzione l’elenco delle circoscrizioni territoriali delle Regioni, le quali possono influire sulla composizione di certi organi dello Stato, il mutamento di tali circoscrizioni dovrebbe essere stabilito con una legge costituzionale.
AMBROSINI, Relatore, circa la disarmonia rilevata dall’onorevole Mortati, fa presente che per quanto riguarda i Comuni, trattandosi di piccole circoscrizioni, vi è un interesse più immediato che tocca i singoli componenti, mentre per la Regione è l’ente nel suo complesso che viene direttamente ad essere preso in considerazione. Ad ogni modo, non avrebbe difficoltà ad attuare anche per le Regioni lo stesso sistema che per i Comuni.
Per quanto riguarda la richiesta di chiarimento dell’ultimo comma, fa presente che, se venisse accettata la proposta dell’onorevole Fabbri, che vuol sopprimere il riferimento ai primi due comma, e che prescinde quindi dalla richiesta delle popolazioni interessate, si renderebbe necessario parlare di legge costituzionale, perché uno dei principî fondamentali della Costituzione è quello di ritenere elemento essenziale la volontà delle popolazioni, la quale può essere sorpassata o ignorata soltanto dal legislatore in funzione di Costituente. Invece, nel caso ordinario, quando cioè la richiesta provenga dalle popolazioni interessate, crede che non sarebbe necessaria la cautela di una legge costituzionale richiesta dall’onorevole Mortati, in quanto che già si avrebbe una sufficiente garanzia nel fatto stesso che il procedimento comincerebbe a svolgersi in base alla richiesta delle popolazioni interessate.
NOBILE ritiene che i primi due comma siano superflui, perché nessuno può impedire alle popolazioni di esprimere un loro desiderio. Invece, a suo parere, le cose cambiano, se si tratta di un obbligo. Propone perciò che si sopprimano i primi due comma e che l’ultimo sia così formulato:
«Qualsiasi modificazione della distribuzione territoriale nazionale in Regioni deve essere oggetto di una legge dell’Assemblea Nazionale».
MANNIRONI desidera un chiarimento sul primo comma dell’articolo 23: cioè, se i Consigli comunali nel loro insieme debbano rappresentare almeno 500 mila abitanti, ovvero si richieda che per l’erezione a Regione sia necessaria una popolazione di almeno 500 mila abitanti.
AMBROSINI, Relatore, ritiene che sia la stessa cosa. L’importante è che si tratti di Comuni le cui popolazioni sommate insieme arrivino ad un minimo di 500.000 abitanti, e ciò per evitare un frazionamento eccessivo delle circoscrizioni comunali. Il Comitato stabilì questo minimo di abitanti seguendo il criterio di far corrispondere alle circoscrizioni una certa ampiezza territoriale ed un certo numero di abitanti, che giustificassero l’erezione in Regione autonoma.
MANNIRONI domanda se sia possibile che siano inclusi nella Regione Comuni che non abbiano aderito alla richiesta.
PRESIDENTE pensa che la questione dovrebbe essere ben chiarita. Con l’unione di una Regione ad un’altra potrebbe verificarsi il caso prospettato; ma non ritiene che possa essere considerata sufficiente l’opinione di quel solo Comune per impedire la fusione.
Illustra la proposta di emendamento presentata dall’onorevole Nobile e le modificazioni che ad essa egli propone di apportare per venire incontro alle obiezioni fatte; per cui l’emendamento resterebbe così formulato:
«Qualsiasi modificazione della distribuzione del territorio Nazionale in Regioni, che venga richiesta a maggioranza dalle popolazioni interessate, deve essere esaminata e deliberata da una legge costituzionale».
Chiarisce la portata della proposta dell’onorevole Fabbri, che tende a far prendere in considerazione ed in esame dal Parlamento anche le proposte di modificazione non contemplate nei primi due comma dell’articolo.
CONTI dichiara di ritirare il suo emendamento e di associarsi a quello dell’onorevole Fabbri.
PRESIDENTE comunica che gli onorevoli Cannizzo e Mannironi hanno presentato un emendamento del seguente tenore:
«È consentita la formazione di una nuova Regione, quando venga proposta dai Consigli comunali che rappresentino almeno 500.000 abitanti e costituiscano la maggioranza della popolazione della costituenda Regione».
Ricorda infine che l’onorevole Mortati ha proposto un quesito sul carattere della legge ordinaria o costituzionale che modifichi le circoscrizioni regionali.
MORTATI dichiara trattarsi di una questione molto grave. Si domanda se, all’infuori del parere delle popolazioni interessate, lo Stato possa di sua iniziativa proporre una modifica delle circoscrizioni regionali, che ritenga utile agli interessi generali; e crede che lo Stato potrebbe anche prescindere dalla volontà popolare. In tale concetto ha formulato il seguente emendamento:
«I mutamenti delle circoscrizioni regionali sono disposti con legge costituzionale. L’iniziativa del mutamento può provenire dalle popolazioni interessate.
«Per l’aggregazione di una parte di una Regione ad un’altra Regione finitima, è necessaria la proposta della maggioranza dei Consigli comunali compresi nella parte stessa. La proposta è sottoposta a referendum della popolazione della zona da aggregare e al parere delle Assemblee delle Regioni interessate.
«Per la erezione di una nuova Regione, occorre la richiesta della maggioranza dei Consigli comunali rappresentanti almeno un milione di abitanti, sottoposta a referendum della popolazione della costituenda Regione ed al parere delle Assemblee interessate».
Fa notare che in tal modo egli richiede il referendum delle popolazioni ed il parere delle Assemblee delle due Regioni interessate. Dissente perciò anche dall’opinione espressa dal Relatore.
NOBILE esprime l’opinione che si debba consentire anche allo Stato la facoltà di procedere a mutamenti delle circoscrizioni regionali.
PRESIDENTE fa notare che l’onorevole Mortati propone una questione non ancora esaminata: se le modifiche delle circoscrizioni regionali possano esser fatte dallo Stato, indipendentemente dall’iniziativa delle popolazioni. Personalmente ritiene che lo Stato non possa, di sua iniziativa, modificare tali circoscrizioni, perché ciò significherebbe la fine dell’autonomia regionale. Ricorda il triste spettacolo che ha dato in tale materia la iniziativa del Governo e rileva il fatto che nel rimaneggiamento delle Regioni si toccano interessi di varia natura; ritiene perciò che la iniziativa per lo smembramento delle Regioni debba esser presa soltanto dalle popolazioni interessate, salvo poi agli organi indicati dalla Costituzione per le revisioni costituzionali di accettare o meno la richiesta presentata.
MORTATI rileva che, ove si seguisse quanto ha detto il Presidente, si avrebbe come conseguenza l’introduzione di una procedura di revisione costituzionale per quanto riguarda la modifica delle circoscrizioni regionali, aggravata rispetto alla procedura seguita per il mutamento delle altre parti della Costituzione. Ritiene che la questione si debba esaminare anche da questo punto di vista.
AMBROSINI, Relatore, tiene anzitutto a precisare che, quando non vi sia la richiesta delle popolazioni interessate, sarà sempre indispensabile una legge costituzionale, quale garanzia delle Regioni contro il loro disgregamento. Ricorda che il Comitato ha voluto prevedere semplicemente il caso in cui la procedura sia posta in moto su richiesta delle popolazioni interessate, e che il terzo comma dell’articolo 23, completando il concetto dei primi due comma, dovrebbe, a suo parere, precisare la obbligatorietà per lo Stato di prendere in considerazione ed esaminare le richieste di mutamenti alle circoscrizioni regionali, riservando naturalmente il giudizio definitivo all’Assemblea Nazionale. Pur professando tutto l’omaggio possibile alla volontà delle popolazioni, vorrebbe che vi fosse un limite per tali richieste. Nessun limite invece ritiene si possa porre al legislatore in funzione di Costituente, salvo che nella Costituzione si ipotizzino i due tipi: di una Costituzione e di una super-Costituzione; ciò che gli sembra complicherebbe le cose mentre è necessario semplificarle.
LACONI si dichiara contrario alla illazione, che l’onorevole Mortati ha tratto dalla impostazione del problema fatta dal Presidente, illazione che condurrebbe, fuori dell’ordinamento autonomistico, ad un ordinamento federalistico. Ma poiché illazioni di tal genere si potrebbero ancora fare, egli rimane perplesso nell’accettare il concetto espresso dal Presidente, poiché anche in questa limitatissima materia la Regione verrebbe ad avere il diritto esclusivo di mettere in moto il potere di revisione costituzionale.
PRESIDENTE osserva che il quesito da risolvere è il seguente: se le modificazioni delle circoscrizioni regionali, così come vengono stabilite dal testo costituzionale, possano avvenire solo per iniziativa delle popolazioni.
LUSSU propone che, per semplificare, si proceda alla votazione dei singoli principî affiorati dalla discussione o contenuti in proposte concrete.
PRESIDENTE ritiene che si possa aderire a tale richiesta, seguendo il procedimento già altre volte seguito. Porrà, quindi, in votazione i vari principî, ricavandoli sia dal testo dell’articolo, sia dalle proposte presentate: in base ai criteri che risulteranno approvati, si procederà poi alla formulazione definitiva dell’articolo 23.
Pone, innanzi tutto, in votazione il principio generico che sia possibile apportare modificazioni alla composizione delle Regioni, salvo a stabilire in seguito il procedimento da seguirsi.
(È approvato).
Mette ai voti il principio che il passaggio da una Regione ad un’altra possa interessare anche un solo Comune, purché finitimo all’altra Regione.
(È approvato).
Si pone ora il quesito se l’iniziativa per questa modificazione spetti soltanto alle popolazioni interessate od anche al potere Costituente. Pone ai voti il principio che tale iniziativa sia riservata soltanto alle popolazioni interessate.
(Con 13 favorevoli e 11 contrari è approvato).
AMBROSINI, Relatore, fa presente la opportunità di una maggior coerenza nelle decisioni. Ritiene infatti che questa deliberazione si sarebbe potuta prendere dopo che la Sottocommissione si fosse pronunciata sulla esistenza o meno di due tipi di revisione costituzionale.
PRESIDENTE osserva, anzitutto, che la Sottocommissione non ha deciso ora in senso contrario ad una decisione già presa. In secondo luogo, non vede alcun inconveniente che là dove si stabilirà il meccanismo per la revisione costituzionale, si dica: «Nel caso previsto dall’articolo …, affinché essa sia messa in movimento, occorre la richiesta delle popolazioni interessate.
Proseguendo nella formulazione di quesiti, ricorda che l’onorevole Mortati ha proposto di fissare nella cifra di un milione il numero di abitanti che i Consigli comunali devono rappresentare, affinché sia loro consentita la richiesta di erezione di nuove Regioni.
MORTATI, a parte il fatto che sarebbe forse opportuno distinguere le due ipotesi – aggregazione di una Regione ad un’altra e formazione di nuove Regioni – è del parere che, per un migliore andamento dei lavori, la Sottocommissione debba prima pronunciarsi sul procedimento, che potrebbe essere diverso da quello considerato nel progetto e così, per esempio, prevedere l’iniziativa da parte di un gruppo di popolazione e la successiva pronuncia da parte di tutte gli interessati.
PRESIDENTE, poiché l’onorevole Morati ha accennato all’eventualità del referendum, prospetta il problema se l’iniziativa delle modificazioni debba porre in movimento il meccanismo del referendum, o debba immediatamente sboccare in un procedimento costituzionale o legislativo che debba accettare o respingere la richiesta.
Pone ai voti il principio che l’iniziativa popolare debba mettere in moto il meccanismo di referendum.
(È approvato).
MORTATI, sull’argomento del numero, fa presente di aver proposto la cifra di un milione perché, secondo il suo concetto, si dovrebbe tendere a che le circoscrizioni regionali si allarghino, anziché restringersi, onde egli ritiene necessario un numero piuttosto elevato per promuovere l’iniziativa.
LUSSU dichiara di votare contro qualsiasi specificazione di numero di abitanti, perché ritiene che ciò possa ostacolare la soluzione di situazioni nuove che nel futuro potrebbero verificarsi; di casi analoghi, cioè, a quelli della Val d’Aosta e dell’Alto Adige.
PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Mortati, che debba stabilirsi in un milione la cifra degli abitanti che i Consigli comunali devono rappresentare per poter prendere un’iniziativa la quale, a sua volta, metterà in movimento il procedimento di referendum.
(Con 12 favorevoli e 18 contrari non è approvata).
Mette in votazione la cifra, proposta dal Comitato, di 500.000 abitanti.
(È approvata).
Prospetta ora il quesito se il risultato del referendum abbia valore consultivo o decisivo.
FABBRI ritiene che debba avere valore consultivo.
AMBROSINI, Relatore, è del parere che si debba parlare di valore di iniziativa e non di valore consultivo.
EINAUDI, premessa l’opportunità di distinguere la richiesta di creazione di una nuova Regione fatta in pubblico mediante raccolta di firme, dal referendum fatto con voto segreto, osserva che il voto segreto deve avere la maggiore importanza.
MORTATI, poiché nel progetto si parla di Consigli comunali che rappresentano una popolazione di 500.000 abitanti, mentre può darsi che la popolazione della Regione sia molto maggiore, fa presente che la maggioranza dei Consigli comunali potrebbe non rappresentare la maggioranza della popolazione interessata. A suo parere quando si ha la maggioranza dei Consigli comunali, si ha come effetto automatico il referendum della popolazione interessata al mutamento.
PRESIDENTE prospetta l’opportunità di precisare l’ammontare dei richiedenti, i quali metteranno poi in modo il meccanismo del referendum, in relazione alla cifra di 500.000 persone che si è stabilita.
FABBRI stabilirebbe l’ammontare dei richiedenti in un ventesimo. Dichiara però di essere favorevole alla soppressione della disposizione, perché ritiene che la determinazione della quota degli interessati, che metteranno in moto il meccanismo del referendum, dovrebbe essere fissata negli articoli concernenti il referendum, che la Sottocommissione si è riservata di compilare.
AMBROSINI, Relatore, fa presente che il Comitato ha concepito la disposizione nel modo come l’interpreta l’onorevole Mortati, cioè come cifra complessiva degli abitanti dei Comuni interessati, in modo da evitare di costituire una nuova Regione che abbia meno di 500.000 abitanti.
PRESIDENTE osserva che ora si tratta appunto di precisare se la richiesta debba provenire dal maggior numero dei Consigli comunali della zona interessata. Dichiara di ritenere pericolosa tale disposizione, perché, se in una zona esiste una grande città o numerose città medie, le quali, pur avendo una popolazione complessiva maggiore di quella dei Comuni più piccoli, i quali chiedono questo procedimento, tuttavia sono in numero minore di tali Comuni più piccoli, la minoranza della popolazione avrebbe il sopravvento sulla maggioranza.
AMBROSINI, Relatore, riconosce che questo inconveniente esiste, ma crede che sarebbe superato dalla manifestazione di volontà di tutta la popolazione, che in sede di referendum potrebbe far valere la forza del numero.
MANNIRONI riconosce giusta e fondata l’osservazione, e pensa che la proposta si potrebbe modificare nel senso che la richiesta debba essere fatta dai Consigli comunali, i quali rappresentino la maggioranza della popolazione della Regione. Propone, perciò, che la procedura del referendum debba essere richiesta dai Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate.
PRESIDENTE pone ai voti questa proposta dell’onorevole Mannironi.
(È approvata).
Pone ai voti il principio che debba essere una legge costituzionale a decidere la formazione di una nuova Regione.
(È approvata).
MORTATI, tornando ad una questione precedentemente esaminata, domanda se, oltre al referendum, la proposta di creazione di una nuova Regione debba essere sottoposta al parere delle Assemblee regionali interessate.
PRESIDENTE fa presente che il referendum si riferisce alle popolazioni interessate ad unirsi in Regioni nuove, mentre le Assemblee regionali delle Regioni interessate rappresentano anche le popolazioni le quali non entrerebbero nella nuova formazione, ma che potrebbero sentirsi danneggiate da questa separazione di una parte della Regione.
MORTATI fa notare che questo procedimento è stato seguito anche per il caso che una frazione voglia costituirsi in Comune autonomo.
PRESIDENTE pone ai voti il principio che le Assemblee regionali delle Regioni interessate alla costituzione del nuovo ente regionale debbano essere interpellate.
AMBROSINI, Relatore, conformemente al sistema proposto dal Comitato, dichiara di votare in senso favorevole.
(È approvato).
PRESIDENTE, riallacciandosi a quanto è stato approvato circa la creazione di nuove Regioni per distacco da Regioni già esistenti, pone ai voti il principio secondo la richiesta fatta dall’onorevole Cannizzo e formulata anche in uno degli emendamenti presentati, che debba prendersi in considerazione anche la richiesta di Regioni esistenti di aggregarsi ad altre Regioni, cioè il processo di fusione.
(È approvato).
CAPPI ritiene che in questo caso sia necessario domandare il parere anche alla Regione a cui l’altra si aggregherebbe.
PRESIDENTE ritiene che ciò sia implicito.
AMBROSINI, Relatore, crede opportuna una votazione, perché con tale norma si favorisce la fusione di Regioni e, quindi, si vengono a diminuire gli ostacoli che si frappongono a questa manifestazione di volontà.
CANNIZZO dichiara di aver fatto la proposta appunto per favorire le fusioni.
CAPPI fa presente che il referendum deve esser conteggiato separatamente, cioè Regione per Regione; ogni Regione deve stabilire la sua maggioranza, perché potrebbe darsi che l’unanimità in senso favorevole di una Regione potesse imporre ad un’altra, che fosse stata unanimemente contraria, la fusione.
PRESIDENTE propone due distinti principî.
Pone ai voti il primo: che tutte le Regioni interessate debbano procedere al referendum.
(È approvato).
Mette in votazione il secondo: che, votando ogni Regione separatamente, in ogni Regione debba aver valore il risultato del proprio referendum.
(È approvato).
MORTATI fa presente che, mentre il Comitato parlava genericamente della richiesta di distacco di una Regione da un’altra, la Sottocommissione si è pronunciata sul caso limite di un solo Comune; aggiunge che tale caso potrebbe verificarsi anche per più Comuni.
PRESIDENTE ritiene che ciò che è stato votato per un Comune debba intendersi valevole anche per più Comuni, che non è necessario siano tutti finitimi all’altra Regione, purché siano contigui fra loro.
MORTATI pone il quesito se, in questo caso, la procedura sia la stessa usata per la formazione di una nuova Regione, o se si debba seguire invece una procedura diversa.
PRESIDENTE pone in votazione il principio che, per l’aggregazione di più Comuni ad una Regione, debba seguirsi la medesima procedura fissata per la creazione di nuovo Regioni.
(È approvato).
Fa presente che è anche essenziale affermare che quando il referendum ha dato esito positivo, l’Assemblea Nazionale è obbligata a prendere in considerazione il problema.
MORTATI pensa che ciò sia ovvio.
PRESIDENTE prospetta poi il quesito se la decisione debba essere presa con legge di carattere costituzionale anche quando si tratti del passaggio da una Regione ad un’altra di un solo Comune o di un gruppo di Comuni.
MORTATI fa osservare che, evidentemente, la soluzione di questo quesito dipende dal modo come sarà determinata la configurazione regionale. Crede che sarà necessaria una legge per indicare da quali Comuni è costituita la Regione, e questa legge, successiva alla formazione delle Regioni, potrebbe non essere costituzionale.
PRESIDENTE osserva che è noto a tutti da quali Provincie sono formate le Regioni storiche, mentre per le nuove Regioni sono state indicate le Provincie che le compongono: nell’uno e nell’altro caso è, quindi, definita esattamente l’appartenenza di un Comune all’una o all’altra Regione.
MORTATI osserva che se, tenendo presente – come ha accennato il Presidente – la delimitazione provinciale stabilita dalla vecchia legge, si fissa nella Costituzione la circoscrizione territoriale di queste Regioni, può avvenire, come conseguenza di logica giuridica, che anche lo spostamento di un Comune porti un mutamento nella Costituzione. Se invece si stabilisce che è la legge comune che determina in concreto la delimitazione delle Regioni, ogni spostamento potrebbe effettuarsi con legge ordinaria.
PRESIDENTE riconosce l’opportunità di aggiungere all’articolo 22 un comma, nel quale si stabilisca che la delimitazione delle circoscrizioni regionali ed anche la determinazione del capoluogo della Regione è definita con legge ordinaria.
Pone ai voti il principio che una legge ordinaria debba stabilire i confini delle circoscrizioni regionali, considerate nell’articolo 22, e i capoluoghi delle singole Regioni.
(È approvato).
Riprende in considerazione il quesito già proposto, se la creazione di nuove Regioni o la fusione di Regioni già esistenti debba farsi con una legge costituzionale, mentre, per il passaggio di singoli Comuni, o di gruppi di Comuni da una Regione all’altra, sia sufficiente la legge ordinaria.
FUSCHINI rileva che, con un passaggio di gruppi di Comuni, si modifica sostanzialmente la Regione.
PRESIDENTE concorda: in tale caso bisognerà stabilire che non si può prendere un’unica decisione per gruppi di Comuni nel loro complesso, e che i passaggi di tali gruppi devono essere autorizzati con leggi singole per ogni singolo Comune.
MORTATI osserva che in questo modo si elude la questione. Non se ne nasconde la gravità, che si ripercuote sull’organizzazione costituzionale dello Stato, perché la composizione del Senato (per quanto riguarda, per esempio, il minimo fisso di Senatori ammesso) potrebbe esserne notevolmente modificata.
Pensa che si potrebbe proporre che l’aggregazione di parti di Regione ad un’altra possa avvenire con legge ordinaria, quando non superi un determinato numero di abitanti.
PRESIDENTE replica che anche questo è un mezzo per eludere la questione, perché tale passaggio potrà effettuarsi in due o tre tempi.
BULLONI propone che ogni modificazione della Regione debba avvenire con legge costituzionale, anche nel caso di passaggio di un singolo Comune.
PRESIDENTE mette ai voti il principio che la creazione di nuove Regioni o la fusione di Regioni preesistenti debba avvenire per legge costituzionale.
(È approvato).
Pone ai voti l’altro principio, cioè che una legge costituzionale occorra anche per il passaggio di Comuni singoli o di gruppi di Comuni da una Regione all’altra.
(Con 11 favorevoli, 10 contrari e 2 astensioni, è approvato).
Dichiara che in tal modo è esaurito l’esame dell’articolo 23 del progetto, e prega il Relatore onorevole Ambrosini di redigerne la formulazione definitiva.
Apre la discussione sull’articolo 24:
«Il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni avverrà mediante decreti del Presidente della Repubblica per ogni ramo della pubblica amministrazione».
MORTATI osserva che questo articolo riflette uno dei problemi più complessi, e ricorda che nelle precedenti discussioni si è rinviato alla sede delle disposizioni finali e transitorie l’esame di molti punti attinenti a tale materia. Trattandosi di cosa molto importante, non gli sembra opportuno affidare questo passaggio di funzioni a semplici decreti del Presidente della Repubblica. Propone, pertanto, che il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni avvenga mediante legge.
LUSSU trova eccessiva la preoccupazione dell’onorevole Mortati, e ritiene troppo complicato il sistema dell’emanazione di una legge.
AMBROSINI, Relatore, riterrebbe sufficienti i decreti del Presidente della Repubblica, per quanto non si dissimuli che, data la delicatezza della materia, è forse giustificata la proposta dell’onorevole Mortati.
MORTATI osserva all’onorevole Lussu che è prevedibile e comprensibile la resistenza che l’amministrazione farà ad una così notevole distinzione della sua influenza e del complesso dei suoi poteri; e gli domanda se, a vincere questa resistenza e ad operare effettivamente quel decentramento amministrativo che è nei suoi voti, creda più efficace l’opera del potere esecutivo o quella del potere legislativo.
CONTI crede che sia necessario procedere a questo passaggio delle funzioni dallo Stato alle Regioni per mezzo di decreti del Presidente della Repubblica, proprio per le ragioni addotte dall’onorevole Mortati, poiché la burocrazia e la stessa organizzazione parlamentare costituiranno altrettanti ostacoli a questo passaggio che dove avvenire rapidamente. Se si richiedesse una legge per ogni passaggio di funzioni, si dovrebbe mettere in moto un meccanismo eccessivamente lento e complesso.
NOBILE è d’accordo con l’onorevole Mortati: ritiene troppo importante e complesso questo problema per affidarlo ad un decreto del Capo dello Stato.
FUSCHINI osserva che i decreti de Presidente indubbiamente sono decreti del potere esecutivo, il quale non può ispirare piena fiducia, perché evidentemente la sua opera sarà influenzata dalla burocrazia, che col decentramento viene in certo senso colpita nella sua organizzazione attuale. Quindi pensa che al potere esecutivo verrebbe affidata una responsabilità talmente grave da far ritenere più opportuna una legge.
CODACCI PISANELLI, esaminando la questione da un punto di vista puramente teorico, trova evidente, dato che si tratta di mandare ad effetto una legge di carattere costituzionale, che spetti al Capo del potere esecutivo di eseguirla.
UBERTI comprende la preoccupazione dell’onorevole Mortati di fronte all’importanza delle disposizioni transitorie, in quanto sono state approvate norme di carattere costituzionale, lasciando la loro esecuzione molto indeterminata. A suo avviso, occorre distinguere due ipotesi: quella di poteri propri della Regione (ed in questo caso evidentemente la stessa Regione ha il diritto di reclamarne il passaggio) e quella di poteri dello Stato, che esso delega di volta in volta. È perplesso nei riguardi di quest’ultima ipotesi, perché, se si ricorre alla legge, bisogna mettere in moto un organismo assai complesso; se invece ci si affida completamente al potere esecutivo, vi potrà essere una influenza, in senso di remora, da parte dell’amministrazione centrale. Pertanto ritiene che bisognerebbe arrivare ad una specificazione maggiore, nel senso di lasciare al potere esecutivo il passaggio di funzioni nel caso di poteri propri delle Regioni, e di affidare invece al potere legislativo il passaggio alle Regioni di funzioni in seguito a delega, se si tratti di poteri propri dello Stato.
PRESIDENTE osserva che si è in tema di norme transitorie; si tratta, quindi, delle funzioni statali attribuite alle Regioni con questo progetto agli articoli 4, 4-bis, 4-ter, ecc., e non di quelle eventualmente delegate, le quali potranno essere delegale anche tra cinquanta anni, quando non potrà più procedersi per esse sulla base di una norma transitoria.
FABBRI osserva che v’è tutta la legislazione concorrente, la quale presuppone delle modificazioni nelle leggi dello Stato, perché queste, oggi complete, domani potranno servire solo come principî direttivi. Nota che nella formula «funzioni statali», sono comprese funzioni del potere legislativo, del potere esecutivo, ecc.: non gli sembra quindi possibile che tutta la materia attribuita alla legislazione concorrente delle Regioni, e anche quella attribuita alla loro legislazione esclusiva, passi alle Regioni stesse con un semplice atto di potere esecutivo, anche se la burocrazia vi mettesse tutta la buona volontà.
MANNIRONI è d’opinione che il passaggio delle funzioni statali alle Regioni debba essere disposto per legge.
MORTATI osserva che questi problemi di diritto transitorio sono tra i più delicati e vanno risolti con una seria meditazione.
Distingue due specie di attribuzioni 1°) quelle che passano in proprio alle Regioni; 2°) quelle delegate alla Regione dallo Stato. Per le prime, che passano alla Regione in virtù della Costituzione, cioè al momento in cui quella entra in vita, si ha un impossessamento di diritto, quantunque il passaggio non si verifichi automaticamente, ed accorreranno delle disposizioni transitorie che verranno concretate in parte nella Costituzione, in parte in altre leggi successive. Ma per le attribuzioni delegate, provvede l’articolo 6 già approvato.
Ricorda una disposizione del progetto, secondo la quale il passaggio di un servizio da un’amministrazione all’altra deve avvenire per legge: ora, se questo avviene nell’ambito della stessa amministrazione statale, è assurdo che non avvenga poi per legge il passaggio di funzioni dallo Stato alle Regioni. Fa inoltre osservare che molte delle attuali attribuzioni di competenza amministrativa sono state disposte con legge, e pertanto non è possibile fare a meno di questa per il loro mutamento.
PRESIDENTE pone ai voti una proposta di emendamento all’articolo 24, secondo la quale il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni debba avvenire, anziché mediante decreto del Presidente della Repubblica, mediante legge.
(È approvata).
Pone ai voti il testo dell’articolo 24 così modificato.
(È approvato).
PERASSI a nome anche dell’onorevole Conti, propone la seguente norma transitoria:
«La legislazione dello Stato dovrà essere entro due anni riveduta per metterla in armonia con le norme costituzionali relative all’ordinamento delle Regioni e per attuare un largo decentramento».
FABBRI ritiene troppo breve il termine di due anni.
PRESIDENTE è d’opinione che due anni possano essere sufficienti per mettere la legislazione dello Stato in armonia con le norme costituzionali relative all’ordinamento della Regione, ma insufficienti per attuare un largo decentramento.
MORTATI propone di modificare l’ultima parte, nel senso di disporre che sia attuato un principio di largo decentramento che sarà determinato dalla legge e che troverà la sua attuazione all’atto stesso della costituzione dell’ente Regione.
UBERTI ritiene che, se si aspettano due anni per coordinare la legislazione statale col nuovo ordinamento, praticamente l’ente Regione non potrà funzionare prima che tale periodo sia trascorso, perché quasi tutte le materie incluse negli articoli 3 e 4 sono oggi di competenza dello Stato.
Per avere dei risultati più immediati, preferirebbe una disposizione la quale, ad esempio, stabilisse che gli organi periferici dello Stato, competenti nelle materie di cui agli articoli 3 e 4 (come il Genio civile, gli Ispettorati agrari, ecc.) debbano passare senz’altro alla Regione all’atto della sua costituzione: non vorrebbe che la Regione creasse determinati organismi e nel contempo continuassero a sopravvivere organismi governativi.
CAPPI non ritiene che nella Carta costituzionale si possa scendere a questi dettagli.
PRESIDENTE fa innanzitutto notare che la formula «entro due anni», non significa «alla scadenza di due anni»; come pure che la proposta riguarda, non tanto il trasferimento dei servizi, quanto e specialmente l’armonizzazione della legislazione statale con l’ordinamento regionale e l’attuazione di un largo decentramento. Ha poi l’impressione che si perda il senso della realtà; e ricorda come dopo l’annessione della Venezia Giulia, con tutta la buona volontà da parte dello Stato, siano occorsi degli anni affinché le organizzazioni pubbliche, anche le più modeste, così come esistevano e funzionavano sotto la legge austriaca, potessero progressivamente trasferirsi sul piano della vita del nostro Paese. Due anni per un così profondo mutamento dell’ordinamento statale non gli sembrano un termine eccessivo.
Ritiene del resto che, a cominciare dal Presidente della Repubblica, tutti coloro che si sentiranno buoni italiani faranno in maniera che questo passaggio si realizzi al più presto.
FABBRI propone di elevare il termine massimo a cinque anni, data la complessità della riforma.
CODACCI PISANELLI propone di dire soltanto «al più presto», senza precisare il numero degli anni.
PRESIDENTE riassume la discussione e mette ai voti l’emendamento proposto dall’onorevole Codacci Pisanelli, che lascia indeterminato il termine massimo.
(Non è approvato).
Pone ai voti l’emendamento dell’onorevole Fabbri che porta il termine a cinque anni.
(Non è approvato).
Mette in votazione la proposta Perassi-Conti nel suo testo originale.
(È approvata).
FUSCHINI, anche a nome degli onorevoli Bozzi, Targetti e Di Giovanni, propone il seguente articolo:
«Le Provincie, quali enti autarchici, continueranno a svolgere le funzioni attribuite loro dalla legislazione vigente sino a quando la legge non provvederà a sopprimerle in relazione al grado di consolidamento dell’ordinamento regionale».
PRESIDENTE osserva, dal punto di vista formale, che non è esatto dire «le Provincie quali enti autarchici», perché non lo sono più.
FUSCHINI crede che proprio in quanto enti autarchici, le Provincie dovranno continuare a svolgere le funzioni attribuite loro dalla legislazione vigente.
FABBRI ritiene la proposta consigliata dalla preoccupazione che le Provincie possano perdere il loro patrimonio.
PRESIDENTE pensa che la proposta debba essere messa in correlazione con l’articolo 24 già votato, il quale stabilisce il passaggio delle funzioni statali alle Regioni ed il consolidamento della Regione proprio in relazione all’assunzione delle funzioni attualmente esplicate dalla Provincia.
LUSSU esprime la sua preoccupazione nel pronunciarsi su questa proposta, perché, se si stabilisce che la Provincia continuerà a rimanere in vita fino a quando la legge non avrà provveduto a sopprimerla, teme che essa potrà rimanere in vita anche dopo che si saranno riunite le Assemblee regionali, il che non sarebbe ammissibile. Ritiene che la Provincia debba scomparire ipso-facto, ed i suoi poteri debbano passare alla Regione non appena si costituisca l’Assemblea regionale e da questa sia nominata la Deputazione regionale.
LAMI STARNUTI dichiara di non potere aderire alla proposta dell’onorevole Fuschini, perché, se si mantenessero in vita le Provincie per due o tre anni, si immobilizzerebbero nelle Provincie stesse gli impiegati delle amministrazioni provinciali, costringendo le Regioni ad assumere altri impiegati per la loro amministrazione, e determinando, dopo un certo termine, la situazione gravissima del licenziamento degli impiegati della Provincia o del loro assorbimento da parte delle Regioni, con la conseguenza o della disoccupazione o della pletora di impiegati. Per questi motivi propone che gli impiegati e salariati delle amministrazioni provinciali passino senz’altro allo dipendenze della Regione, conservando i diritti attuali.
FUSCHINI rileva che la sua proposta è consigliata da ragioni pratiche, non teoriche. Afferma che non ha alcuna intenzione di ostacolare la costituzione della Regione, ma che desidera salvaguardare pure gli interessi degli enti che si vengono a sopprimere, per evitare un caos amministrativo e burocratico. Osserva intanto che nel progetto già approvato non si è inserita alcuna norma riguardante il destino del patrimonio delle Provincie, talvolta cospicuo, e che a tale lacuna bisogna sopperire per non lasciare senza regolamento una situazione di carattere patrimoniale così imponente. Aggiunge che anche la delicata questione del personale impiegatizio e salariato va disciplinata con una legge vera e propria, e non abbandonata alla indeterminatezza di uno o due articoli della Costituzione o ad un puro e semplice decreto governativo. Ritiene che il problema non possa essere esaminato con leggerezza ed insiste nella proposta fatta, pur aderendo – per togliere qualsiasi preoccupazione – a che l’espressione: «in relazione al grado di consolidamento dell’ordinamento regionale» sia sostituita dall’altra: «in relazione al funzionamento dell’ordinamento regionale».
UBERTI non si rende conto delle preoccupazioni dei colleghi sulla sorte dei patrimoni delle Provincie, che consisteranno soprattutto in immobili, i quali non potranno essere messi in vendita o asportati: non gli risulta che vi siano amministrazioni provinciali le quali abbiano delle riserve patrimoniali liquide, tanto è vero che quasi tutte ricorrono per integrazioni al bilancio dello Stato. Ritiene che le Provincie debbano costituire la base prima e immediata per l’attuazione dell’ente Regione, che altrimenti non potrebbe crearsi; e, mentre prevede che l’Assemblea regionale dovrà, per riunirsi, occupare la sede della Deputazione provinciale nel capoluogo della Regione, afferma che proprio gli impiegati di molte Deputazioni provinciali insistono per divenire senz’altro il primo nucleo dell’amministrazione dell’ente Regione, perché sono convinti che in questo modo avranno garantito il loro avvenire. Crede, perciò, che sia decisamente impratico e impolitico il criterio di non inalveare immediatamente l’organizzazione provinciale nel nuovo ordinamento.
MORTATI è dolente di non essere d’accordo con l’onorevole Fuschini. Osserva che nel sistema approvato dalla Sottocommissione (articolo 17), la Provincia si configura come elemento integrante e come ente di decentramento della Regione: non può quindi pensare alla costituzione e al funzionamento della Regione senza la contemporanea incorporazione da parte sua della Provincia, dell’organismo cioè che alimenta le sue funzioni. Non gli sembra opportuna una disposizione come quella proposta, sia perché le Provincie non sono più enti autarchici, sia perché la Regione ha bisogno di esse come enti integrativi e di decentramento. Quanto alla tutela del patrimonio, crede che siano sufficienti le disposizioni transitorie proposte dagli onorevoli Perassi e Conti e già approvate.
CONTI ritiene che costituire la Regione e mantenere l’Amministrazione provinciale significherebbe creare due elementi che si metterebbero subito in contrasto. Ciò va evitato, stabilendo che, non appena sorge la Regione, la Provincia assume il carattere e le funzioni che le vengono riconosciute dal progetto.
ROSSI PAOLO ha l’impressione che si stia scendendo all’esame delle norme di attuazione della Carta costituzionale, e ritiene che questioni di questo genere potranno risolversi di volta in volta quando si presenteranno.
LAMI STARNUTI propone il seguente emendamento aggiuntivo:
«Il patrimonio e i servizi delle Provincie sono trasferiti alla Regione e la legge ne stabilirà i modi e i limiti. Gli impiegati e i salariati delle Provincie passano alle dipendenze della Regione conservando i diritti attuali».
FUSCHINI dichiara di ritirare la sua proposta e di associarsi a quella dell’onorevole Lami Starnuti.
PRESIDENTE pone in votazione la proposta dell’onorevole Lami Starnuti.
(È approvata).
Pone ora in discussione il comma aggiuntivo proposto dal Comitato, che è del seguente tenore:
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«Sino a che non sia approvata la nuova legge sugli enti locali, saranno applicate le norme del Regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, del decreto legislativo luogotenenziale 7 gennaio 1946, n. 1, e del Regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, sostituita all’Amministrazione provinciale l’Amministrazione regionale, e sostituiti il Commissario del Governo e la Deputazione regionale al Prefetto e alla Giunta provinciale amministrativa».
LAMI STARNUTI fa presente che occorre apportare a tale comma aggiuntivo almeno una modificazione formale, cioè in luogo delle parole: «sostituiti il Commissario del Governo e la Deputazione regionale al Prefetto, ecc.», dovrebbe dirsi: «sostituito l’organo di controllo al Prefetto, ecc.».
Osserva che questa norma transitoria ha gli scopi di consentire alla Regione di poter funzionare subito applicando a se stessa le norme che governano la Provincia, e di stabilire in modo definitivo la soppressione del Prefetto, come organo di controllo e di intrusione negli organismi locali. Aggiunge che tale norma non può essere assorbita nel precedente comma, perché ivi si parla del patrimonio e dei servizi, mentre qui si considerano le norme amministrative locali.
PRESIDENTE pone ai voti la disposizione transitoria aggiuntiva all’articolo 24, con la modificazione testé accennata dall’onorevole Lami Starnuti.
(È approvata).
Dichiara che è terminato l’esame del progetto di ordinamento regionale e che restano in sospeso due soli articoli: quello relativo alla Corte di giustizia amministrativa, che è stato deferito all’esame della seconda Sezione, in quanto si ricollega al problema generale dell’unificazione della Magistratura, e quello che riguarda il referendum, che è stato rimesso al Comitato, affinché consideri se debba compilarsi per esso uno speciale articolo da inserire nel progetto delle autonomie regionali o debba invece essere regolato a parte come istituto popolare dello Stato democratico.
Invita poi il Relatore onorevole Ambrosini a coordinare i vari principî oggi approvati, in un articolo che deve sostituire e completare l’articolo 23.
Comunica che successivamente si provvederà alla stampa del testo di tutti gli articoli così come sono stati votati, testo che potrebbe considerarsi quello conclusivo. Questo verrà distribuito ai singoli membri della Sottocommissione che, entro 48 ore dovranno restituirlo con le loro osservazioni, limitate al quesito se quello che è stato stampato corrisponde a quanto è stato votato. Dopo di che il testo verrà rimesso al Presidente della Commissione.
La seduta termina alle 20.45.
Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cannizzo, Cappi, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Di Giovanni, Einaudi, Fabbri. Farini. Finocchiaro Aprile, Fuschini, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca. Leone Giovanni, Lussu, Mannironi, Mortati. Nobile, Piccioni, Porzio, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Tosato, Uberti.
Assenti: Castiglia, Grieco, Perassi. Vanoni, Zuccarini.