Come nasce la Costituzione

ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 18 DICEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 18 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Autonomie locali (Seguito della discussione)

Presidente – Fuschini – Cappi – ravagnan – Uberti – Lussu – Mannironi – Nobile – Tosato – Fabbri – Codacci Pisanelli – Bulloni – Grieco – Conti – Laconi – Lami Starnuti – Mortati – Porzio – Piccioni.

La seduta comincia alle 10.40.

Seguito della discussione sulle autonomie regionali.

PRESIDENTE avverte che la discussione odierna verte sulla costituzione della Regione del Friuli.

FUSCHINI dichiara che le ragioni della richiesta, avanzata dagli enti che fanno capo alla Camera di commercio di Udine, relativamente alla costituzione in Regione del Friuli, sono di carattere storico, economico e politico.

Senza andare lontano nella storia, ci si può limitare ad affermare che il Friuli fu una Regione a sé stante sin dai primi secoli dopo Cristo. Fu verso la fine di questo periodo, ossia nel 568, che sotto i Longobardi fu fondata la più antica città friulana: Cividale. Successivamente, tra l’ottavo e il nono secolo, si ebbe la costituzione del Patriarcato di Aquileia con un Parlamento fornito di speciali poteri, garantiti da appositi Statuti che assicuravano una adeguata autonomia al Friuli. Fu annesso alla Repubblica Veneta: gli Statuti, però, della Regione furono lasciati in vigore, e così essa continuò a godere della sua autonomia. Col 1797, anno della prima invasione napoleonica, si iniziò per il Friuli un periodo assai triste, a causa delle continue invasioni da parte di eserciti stranieri; ma esso resisté validamente ad ogni tentativo di assimilazione, finché nel 1866 fu annesso alla Patria italiana, e con ciò perdette la sua autonomia, a causa del sistema accentrato del nostro ordinamento statale, forse storicamente necessario per assicurare l’unità d’Italia.

Dal punto di vista economico rileva che, a seconda del carattere del territorio, si ha nel Friuli un’agricoltura di montagna, di collina e di pianura. L’agricoltura di montagna nella provincia di Udine si esercita su un’estensione di 335.000 ettari; quella di collina su un’estensione di 153.000 ettari che comprende anche il territorio goriziano e quella di pianura su un’estensione di 244.000 ettari per la provincia di Udine e di 10.000 ettari per la restante parte della zona territoriale goriziana. Nella zona montana si hanno estesi pascoli ed è anche assai sviluppata la produzione boschiva e forestale. Nei terreni di collina la popolazione è dedita prevalentemente all’allevamento del bestiame bovino, alla coltivazione dei cereali e alla bachicoltura, una delle attività agrarie a carattere industriale fra le più importanti d’Italia. In questa zona, assai ricca di acque, potrebbero essere promosse vaste opere di bonifica agraria e idraulica; ma l’irrigazione dei terreni è già largamente usata attraverso due grandi consorzi. Negli ultimi anni è sorta anche l’industria della produzione dell’energia elettrica.

È anche notevole nel Friuli l’attività industriale. Fra i grandi centri industriali sono da annoverarsi Udine, con le industrie tessili, meccaniche del legname, e Pordenone, con i cotonifici, le cartiere, le fabbriche di concimi chimici e le fornaci per laterizi. Si hanno pure acciaierie, fabbriche di mobili, zuccherifici, come quello di San Vito, cave di marmo, come ad esempio a Cividale. Per quanto già notevole, l’attività industriale nel Friuli ha larghe possibilità di essere ulteriormente intensificata.

Il Friuli è una terra di confine, quindi di passaggio e di traffico e, affinché la popolazione possa trarre più ampi benefìci da una simile situazione, si rende indispensabile un miglioramento della rete stradale. I Friulani sono convinti che, se il loro paese fosse costituito in Regione, il sistema delle comunicazioni stradali migliorerebbe.

È da ritenere che il Friuli abbia l’autosufficienza finanziaria; in ogni modo, se non l’ha ancora, certamente la raggiungerà, giacché si tratta di una terra in cui le attività lavorative sono sempre in maggiore incremento e anche sviluppate vi sono alcune iniziative di carattere sociale, specialmente nel campo cooperativistico. Fra queste iniziative, una merita particolare attenzione perché non ancora è stata adeguatamente curata, ed è quella che riguarda l’emigrazione. Com’è noto, il Friuli è uno dei paesi più prolifici d’Italia e molti sono i friulani che si recano all’estero in cerca di lavoro. Bisognerà creare scuole professionali e artigiane per formare una mano d’opera specializzata e assisterla affinché possa essere meglio impiegata in terra straniera.

Dal punto di vista politico, ricorda che il Friuli, zona di confine, ha sempre esercitato una funzione di acclimatamento nei confronti della popolazione slava. Ora, se altre terre di confine, quali la Valle d’Aosta e il Trentino, hanno meritato una particolare attenzione da parte del Governo italiano, lo stesso dovrebbe accadere per il Friuli. È inoltre da tener presente che, se il Trattato di pace nei riguardi del nostro Paese dovesse essere concluso secondo le modalità annunciate dalla stampa, della Venezia Giulia resterebbero all’Italia soltanto nove Comuni con una popolazione di circa 45.000 abitanti prevalentemente italiani, che parlano il dialetto friulano. Resterebbero anche undici Comuni della provincia di Gorizia, con una popolazione, anch’essa prevalentemente di origine italiana, di circa 80.000 abitanti. Nella memoria presentata dalla Camera di commercio di Udine si prospetta l’opportunità di aggregare al Friuli la zona territoriale comprendente gli undici Comuni della Provincia di Gorizia e i Comuni della Provincia di Trieste che dovrebbero rimanere all’Italia. Nello stesso tempo si fa un’altra proposta, cioè che alla nuova Regione del Friuli sia aggregato anche il mandamento di Portogruaro, che fa parte della provincia di Venezia e comprende ben undici Comuni; ma egli non crede che ciò sia necessario per la costituzione della Regione del Friuli e, d’altra parte, aggregando il mandamento di Portogruaro alla nuova Regione friulana, si toglierebbe alla Provincia di Venezia un notevole tratto del suo territorio, assai sviluppato dal punto di vista industriale e agricolo, i cui abitanti non hanno mai manifestato, da quanto risulta, il desiderio di entrare a far parte della popolazione della nuova Regione friulana.

Ciò considerato, premessa pure la opportunità che le popolazioni interessate esprimano la loro volontà per mezzo di un referendum, secondo il principio contenuto nell’ordine del giorno presentato dall’onorevole Conti nella passata riunione, ritiene che la Sottocommissione possa aderire alla richiesta della Camera di commercio della provincia di Udine, di costituire il Friuli in Regione, comprendendo in essa Gorizia e i Comuni di tale Provincia, nonché i Comuni della Provincia di Trieste che resteranno all’Italia in seguito al Trattato di pace. A tale Regione però non dovrebbe essere aggregato il mandamento di Portogruaro.

CAPPI osserva che oltre a quanto ha esposto sinteticamente l’onorevole Fuschini, si debbono aggiungere altri due elementi assai importanti, che possono ancor più giustificare la costituzione del Friuli in Regione, cioè l’elemento linguistico e quello somatico. È notorio, infatti, che il Friuli non ha un dialetto, ma una vera e propria lingua che, secondo l’unanime parere dei glottologi, è un ramo di quella ladina. Dal punto di vista somatico poi, esiste una grande differenza tra la gente friulana e quella dei paesi finitimi.

RAVAGNAN osserva che indubbiamente è vero che il Friuli costituisce un paese con propria individualità per la lingua che vi si parla e per i caratteri somatici dei suoi abitanti; ma questo, a suo avviso, non basta a giustificare la costituzione di una Regione friulana, mentre un altro elemento, assai importante, quello economico, ne esclude ogni possibilità, almeno per il momento. Difatti il Friuli non è autosufficiente dal punto di vista finanziario, come è provato dal fatto che parecchie migliaia di persone emigrano ogni anno dal territorio friulano, così che in alcuni villaggi del Friuli non vi sono che donne, vecchi e bambini. Se i friulani avessero di che vivere nel loro paese non emigrerebbero in cerca di lavoro.

Per un altro motivo, poi, non è opportuno addivenire alla costituzione di una Regione friulana. Il Friuli è una terra di frontiera e, se fosse costituito in Regione autonoma, questo fatto potrebbe sembrare voluto per ragioni di politica internazionale. In altri termini la Regione autonoma del Friuli potrebbe apparire come una specie di antemurale eretto contro la marea slava che starebbe per invadere il nostro Paese. Ciò sarebbe in contrasto con quella politica di pace e di amicizia che l’Italia ha assoluto bisogno di stabilire con la Jugoslavia.

L’onorevole Fuschini ha accennato alla proposta fatta dalla Camera di commercio della Provincia di Udine, che siano aggregati alla Regione friulana i Comuni che resteranno all’Italia della Provincia di Gorizia e di Trieste e ne sia escluso il mandamento di Portogruaro. Quanto al territorio di Trieste è da osservare che esso è mistilingue, per cui, se, come è augurabile, dovrà restare all’Italia, sarebbe bene che fosse autonomo e che quindi non aggregato al Friuli. Ciò non solo corrisponderebbe alle necessità attuali della nostra politica, ma starebbe anche a dimostrare che l’Italia non intende più seguire, nei confronti delle popolazioni allogene, sia della Venezia Giulia che dell’Alto Adige, i sistemi usati già prima del fascismo e che il fascismo continuò ad adottare con mezzi violenti.

Circa infine il mandamento di Portogruaro si associa a quanto ha osservato l’onorevole Fuschini.

UBERTI dichiara, pur essendo veneto, di essere favorevole alla costituzione di una Regione friulana, che indubbiamente ha una sua configurazione speciale, più che altro per una ragione di carattere politico. Difatti per unire ancora più saldamente all’Italia quella parte della Venezia Giulia che con il Trattato di pace sarà forse lasciata al nostro Paese, sarebbe opportuno collegarla con il Friuli costituito in Regione. Questa Regione, a suo avviso, dovrebbe assumere il nome di Friuli-Venezia Giulia e come capoluogo dovrebbe avere non già Udine, bensì Trieste, sempre che tale città, come ogni italiano si augura, resti all’Italia. 1 friulani stessi affermano di essere pronti ad accettare la città di Trieste come capoluogo della loro Regione. Nel frattempo, prima che sia definita la questione triestina, il capoluogo provvisorio della nuova Regione friulana naturalmente dovrebbe essere Udine.

LUSSU osserva che l’elemento fondamentale per addivenire alla costituzione di nuove Regioni non può essere dato che dalla manifestazione della volontà delle popolazioni interessate: di fronte a tale elemento ogni altra ragione di carattere storico, culturale, linguistico, finanziario passa in secondo ordine. Egli è convinto della necessità che il Friuli si costituisca in Regione a sé stante, ma desidererebbe sapere che cosa pensa al riguardo la popolazione friulana, perché l’esposizione dell’onorevole Fuschini, su questo aspetto del problema in esame, non è stata in verità esauriente.

Quando visitò il Friuli, egli ebbe l’impressione di trovarsi di fronte alla miseria e alla arretratezza di alcuni comuni della Sardegna. Notò anche come la Chiesa cattolica non fosse riuscita, cosa del resto che si verifica anche in Sardegna, a ingentilire l’animo della popolazione locale, e ciò per i suoi interventi più diretti alla divulgazione del dogmatismo religioso che non alla divulgazione pratica della morale cristiana. In ogni modo, riconosce l’opportunità di costituire il Friuli in Regione – con esclusione, però, del mandamento di-Portogruaro – perché con l’autonomia regionale indubbiamente si può favorire la ripresa morale e materiale anche delle popolazioni più indigenti e meno progredite.

MANNIR0N1 dichiara che le impressioni dell’onorevole Lussu circa la religiosità della Sardegna sono erronee. Se in Sardegna si ha ancora un’attività antisociale, ciò non è dovuto a una insufficienza di penetrazione religiosa, ma ad altre cause che sarebbe fuori luogo, in sede di discussione odierna, enunciare. Del resto, un’attività antisociale non si ha solo in Sardegna, ma anche in altre Regioni d’Italia.

NOBILE è contrario alla costituzione del Friuli in Regione autonoma. È vero che la popolazione friulana ha caratteristiche somatiche proprie e un dialetto che assurge a valore di lingua, ma è appunto per questo che il Friuli non dovrebbe essere costituito in Regione. Difatti, se ciò avvenisse, queste caratteristiche potrebbero ancora più accentuarsi e il collegamento del Friuli con le altre Regioni d’Italia venir meno. Non si dimentichi che il Friuli è una terra di confine e che quindi, per un evidente interesse nazionale, bisogna badare a che esso abbia sempre più stretti rapporti con il resto del Paese.

TOSATO ritiene che la costituzione del Friuli in Regione autonoma possa dar luogo a una notevole intensificazione di rapporti economici con i paesi finitimi posti al di là del confine. L’economia unisce assai più della politica, e in vista appunto dell’opportunità di far sorgere rapporti di buona amicizia fra gli italiani e le popolazioni d’oltre frontiera, è consigliabile che il Friuli sia costituito in Regione.

FABBRI dichiara che si asterrà dalla votazione, perché non è abbastanza informato sull’effettiva volontà della popolazione friulana di conseguire l’autonomia regionale e perché ancora nulla si sa di preciso circa la risoluzione del problema del nostro confine orientale. Certo, se parte della Venezia Giulia dovesse restare all’Italia, poiché si tratta di zona territoriale mistilingue, potrebbe essere presa in considerazione l’opportunità di concedere a questa zona territoriale una forma e condizione particolare di autonomia con uno statuto speciale, analogamente a quello che è stato fatto per l’Alto Adige e la Valle d’Aosta.

CODACC1 PISANELLI richiama l’attenzione della Sottocommissione su due questioni che sono state prospettate nel corso della discussione: la necessità dell’autosufficienza economica delle zone territoriali che aspirino a costituirsi in Regione e il modo in cui dovrebbe manifestarsi la volontà delle popolazioni interessate.

Circa il primo punto, ritiene che l’autosufficienza economica sia senza dubbio un elemento da prendere in considerazione, ma non come una condizione essenziale per la concessione dell’autonomia. Tutto il nostro Paese non è sufficiente dal punto di vista economico; la stessa situazione quindi è riscontrabile in ogni singola Regione.

Circa il secondo punto, è opinione generale che debbano essere i Consigli comunali a manifestare la volontà delle popolazioni interessate; ma, a suo avviso, tale opinione non è giusta. Non bisogna infatti dimenticare che con le ultime elezioni politiche non è stata eletta una semplice Camera dei Deputati, bensì un’Assemblea costituente. Ora, se i deputati eletti alla Costituente in una determinata zona propongono a maggioranza di costituire in Regione autonoma quella data zona di cui rappresentano la volontà popolare, la loro proposta non può essere misconosciuta, perché sta a manifestare in un modo perfettamente regolare dal punto di vista giuridico la volontà delle popolazioni interessate: i deputati eletti alla Costituente hanno i più ampi poteri e non può essere messa in dubbio la loro potestà di esprimere la volontà delle popolazioni da essi rappresentate in merito alla costituzione di nuove Regioni.

BULLONI non ritiene giuste le osservazioni fatte dall’onorevole Lussu circa la situazione di arretratezza spirituale in cui si troverebbe la popolazione friulana. Chi ha vissuto, come egli ha fatto, per vari anni nel Friuli, si sarà subito accorto che la gente friulana, di fronte a quella delle altre Regioni, non è affatto arretrata dal punto di vista spirituale, religioso e culturale. I friulani, inoltre, hanno vivissimo il sentimento della appartenenza alla nostra patria: le loro benemerenze patriottiche nella guerra del 1915-18 sono a tutti note. Essi poi emigrano per lo più in gruppi omogenei, mantenendo intatta la loro italianità.

PRESIDENTE osserva che nella discussione finora svoltasi spesso si sono confusi due concetti: quello dell’autosufficienza economica e l’altro dell’autosufficienza finanziaria.

Per quanto riguarda il primo, è stato affermato che la popolazione friulana ha un regime di vita assai modesto, il che è dovuto al fatto che la Regione è scarsamente produttiva. Ma un’autosufficienza economica commisurata alle modeste abitudini di vita di una data popolazione vivente in un ambiente ricco è un’autosufficienza forzata che non può dare l’esatta indicazione di quella che può essere la forza produttiva ascendente di una determinata Regione.

Per addivenire alla costituzione di una nuova Regione, occorre più che altro badare alla sua autosufficienza finanziaria; vedere, cioè, se una determinata zona territoriale abbia i mezzi di bilancio sufficienti a che essa non sia costretta a restare sempre allo stesso livello di vita. Da questo punto di vista, gli sembra che le informazioni, per ciò che concerne la Regione friulana, non siano state esaurienti, appunto per la mancanza di dati che senza dubbio sarebbero stati i più importanti.

Dopo tale premessa, dichiara di non essere favorevole alla proposta di costituire il Friuli in Regione e che il suo voto sfavorevole alla proposta anzidetta deve essere interpretato nel senso che egli è contrario, non già al principio della costituzione di nuove Regioni, bensì al modo con cui nell’attuale momento si prendono decisioni del genere.

UBERTI avverte che esiste una pregevole opera del professore Pietri sulla potenzialità economica della provincia di Udine, da cui si può desumere come la nuova Regione friulana abbia notevoli possibilità di sviluppo nel campo economico.

FUSCHINI osserva, per quanto riguarda il concetto espresso dall’onorevole Ravagnan, ossia che dalla disoccupazione si possa desumere l’insufficienza finanziaria di una data Regione, che ciò non gli sembra esatto. Infatti, il fenomeno della disoccupazione non si verifica soltanto nel Friuli, ma anche in altre Regioni, di cui a priori si dovrebbe ammettere, se fosse vera l’affermazione fatta dall’onorevole Ravagnan, l’insufficienza finanziaria. Ed anche per un altro fatto l’elemento della disoccupazione non può servire a provare l’insufficienza finanziaria di una zona territoriale: è sempre possibile, infatti, migliorando il sistema di produzione, trasformare l’insufficienza finanziaria in sufficienza. Da questo punto di vista si può dire che nel Friuli non sono state ancora adeguatamente sfruttate le risorse idriche ai fini di una più targa produzione di energia elettrica. Quando ciò sarà stato fatto, la produzione in altri settori subirà senza dubbio un notevole miglioramento, determinando nello stesso tempo con tutta probabilità una contrazione del fenomeno della disoccupazione.

Dai documenti fornitigli si può desumere come la Provincia di Udine, rispetto alla capacità tributaria, non sia una delle ultime del nostro Paese. Essa, infatti, nei confronti delle altre, tiene il quarantanovesimo posto quanto al gettito complessivo delle imposte e delle tasse, e in particolare il cinquantanovesimo posto per le tasse di cessioni, ventiseiesimo posto per le tasse scambi e il quarantacinquesimo posto per le tasse di bollo. È da presumere pertanto che la Regione friulana abbia una sufficienza finanziaria.

Per quanto riguarda la questione relativa alla manifestazione della volontà delle popolazioni interessate, osserva che, se è giusto il rilievo fatto dall’onorevole Fabbri, egualmente giusto è quello prospettato dall’onorevole Codacci Pisanelli: la maggiore espressione della volontà popolare è rappresentata dall’Assemblea costituente e il parere manifestato dai deputati in merito alla proposta di costituire in Regione una data zona territoriale di cui essi sono i legittimi rappresentanti non può non avere una notevole importanza. Naturalmente tale espressione di volontà può anche accompagnarsi ad altre manifestazioni della volontà popolare, quali si possono avere, ad esempio, per mezzo di referendum comunali, secondo quanto giustamente ha proposto con il suo ordine del giorno l’onorevole Conti nella passata riunione.

Dal punto di vista politico, merita particolare attenzione la proposta fatta dall’onorevole Uberti, che, cioè, la nuova Regione friulana venga ad assumere il nome di Friuli-Venezia Giulia ed abbia come capoluogo provvisorio la città di Udine, nella speranza che quello definitivo possa essere un giorno la città di Trieste.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta di costituire la Regione friulana, che dovrebbe comprendere la zona territoriale del Friuli più le terre della Venezia Giulia che, a norma del futuro trattato di pace, resteranno allo Stato italiano, con esclusione del mandamento di Portogruaro.

(È approvata).

Avverte che ora è in discussione l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Conti nella passata riunione e che è così concepito:

«La seconda Sottocommissione ritiene che sulla decisione relativa alla creazione delle Regioni Molisana, Salentina, Emiliana-Lunese, Friulana, debba raccogliersi per mezzo di referendum comunali il voto favorevole o contrario delle popolazioni».

GRIECO osserva che il voto dovrebbe essere richiesto non solo agli abitanti delle zone territoriali che dovrebbero essere costituite in Regioni, ma anche agli abitanti delle Regioni che resterebbero mutilate di quelle parti di territorio da costituire in Regione o da aggregare ad altre.

CONTI ritiene che sia sufficiente interpellare le popolazioni che verrebbero ad essere comprese nell’ambito delle nuove circoscrizioni regionali. A tal fine propone di aggiungere nell’ordine del giorno da lui proposto, alla parola: «popolazioni» le seguenti: «che verrebbero comprese nelle proposte circoscrizioni».

LACONI fa presente che l’aggiunta proposta dall’onorevole Conti all’ordine del giorno in discussione non risolve, a suo avviso, il più importante problema, quello cioè della valutazione che dovrà essere fatta dai referendum comunali da indirsi eventualmente in occasione della costituzione di nuove Regioni. A tale proposito ci si può domandare, infatti, se si dovrà dare valore ai voti nel loro complesso, cioè a quelli espressi nell’ambito territoriale della nuova Regione da costituire, oppure se i voti di ogni Comune dovranno avere valore a sé. In tal caso, se un dato Comune si pronunciasse contro la costituzione della nuova Regione, potrebbe essere escluso dal farne parte, consentendolo la situazione geografica, secondo la volontà da esso manifestata.

LAMI STARNUTI dichiara di essere favorevole a che siano interrogate le popolazioni interessate per ogni mutamento di circoscrizioni regionali: in via di principio, quindi, è completamente d’accordo con l’onorevole Conti. Osserva però che l’ordine del giorno da lui proposto può far sorgere gravi questioni, dal punto di vista giuridico assai difficili a risolversi.

Ciò considerato, ritiene più opportuno che la Sottocommissione, relativamente al problema in esame, approvi un altro ordine del Giorno così concepito:

«La seconda Sottocommissione demanda alla sua Presidenza l’incarico di chiedere alle amministrazioni comunali e provinciali il loro parere sulla progettata creazione di nuove Regioni (Molise, Salento, Emilia e Lunigiana, Friuli) per sottoporre siffatti pareri alla Commissione plenaria e all’Assemblea costituente come elementi di giudizio per le decisioni definitive sui progetti anzidetti».

NOBILE propone di aggiungere all’ordine del giorno dell’onorevole Conti la seguente formulazione:

«La seconda Sottocommissione ritiene che si debbano altresì raccogliere per referendum i voti dei Consigli comunali e provinciali delle Regioni dalle quali le zone delle Regioni da costituirsi verrebbero staccate».

BULLONI osserva che sarebbe opportuno raccogliere per referendum anche i voti delle Camere di commercio e pertanto propone che fra la parola «provinciali» e le parole «delle Regioni», nella formulazione presentata dall’onorevole Nobile siano incluse le parole «e delle Camere di commercio».

RAVAGNAN rileva che il referendum, così come è concepito nell’ordine del giorno proposto dall’onorevole Conti, è in sostanza un plebiscito: le popolazioni, in altri termini, sarebbero chiamate a rispondere su qualcosa di già precostituito. Le popolazioni invece dovrebbero essere lasciate libere di esprimere la loro effettiva volontà relativamente alla costituzione di nuove Regioni.

LACONI propone il seguente ordine del giorno:

«La seconda Sottocommissione, esanimate le proposte pervenute per la costituzione di circoscrizioni regionali diverse da quelle storiche, ritiene:

1°) che è necessario consultare su tali proposte le popolazioni interessate;

2°) che non è possibile procedere a tale consultazione sulla base delle circoscrizioni proposte, senza con ciò violare la libera scelta delle popolazioni stesse.

«Decide quindi di rinviare la costituzione di circoscrizioni regionali diverse da quelle storiche alla libera iniziativa delle popolazioni interessate da esprimersi nel modo e nelle forme previste dall’articolo 23».

PRESIDENTE fa osservare all’onorevole Laconi che con il suo ordine del giorno si verrebbe ad annullare ciò che la Sottocommissione ha già deciso in merito a particolari richieste dì costituzione di nuove Regioni.

NOBILE osserva che le proposte di costituire nuove Regioni di solito non sono promosse dalle popolazioni interessate: esse per lo più provengono da esperti in varie materie. In ogni modo, non vede la ragione del contendere intorno all’ordine del giorno presentato dall’onorevole Conti, che è molto chiaro ed esplicito. Si tratta in fondo di un referendum consultivo richiesto alle popolazioni interessate.,

CONTI dichiara di essere disposto, per evitare ogni dubbia interpretazione, ad includere nel suo ordine del giorno, fra la parola «referendum», e quella «comunali», la seguente: «consultivo».

CODACCI PISANELLI propone la seguente aggiunta all’ordine del giorno dell’onorevole Conti: «a meno che la volontà delle popolazioni comprese nella nuova Regione da erigere risulti inequivocabilmente espressa dalla maggioranza dei deputati all’Assemblea costituente eletti dalle stesse popolazioni».

MORTATI osserva che, a norma dell’articolo 23, le popolazioni interessate non avrebbero alcuna veste per intervenire direttamente in caso di costituzione di nuove Regioni. In ogni modo, per ragioni di carattere politico può essere opportuno fissare il principio che il parere delle popolazioni interessate debba costituire l’elemento decisivo per creare nuove Regioni. Tale principio però dovrebbe essere stabilito con un’apposita legge da parte dell’Assemblea costituente.

CAPPI propone il seguente ordine del giorno:

«La seconda Sottocommissione esprime il voto che le sue delibere relative alla costituzione di nuove Regioni in aggiunta a quelle elencate nell’articolo 22 vengano comunicate ai Comuni delle Regioni nelle quali le Regioni costituende sono attualmente comprese, perché, volendo, esprimano su tali delibere il loro voto».

PORZIO ritiene che il parere delle popolazioni interessate non possa costituire una condizione esclusiva per la creazione di nuove Regioni che, dal punto di vista giuridico, può essere demandata soltanto all’Assemblea costituente. La seconda Sottocommissione senza dubbio avrebbe potuto soprassedere sulle sue decisioni relativamente alle richieste di costituzione di nuove Regioni, allo scopo di informarsi con dati più esaurienti sulle diverse situazioni locali per la delimitazione delle nuove circoscrizioni regionali. Ma ciò non può significare che l’Assemblea costituente debba spogliarsi di ogni suo potere nel campo del nuovo ordinamento regionale. Se si deve quindi addivenire a un referendum delle popolazioni interessate, tale referendum dovrebbe soltanto implicare una manifestazione di parere. Inoltre non sarebbe opportuno che la Sottocommissione ritornasse sulle sue decisioni in materia di autonomia regionale. Se le popolazioni interessate vorranno far conoscere le loro ragioni, potranno comunicarle all’Assemblea costituente prima che questa adotti disposizioni definitive per la creazione di nuove Regioni.

UBERTI è contrario all’ordine del giorno dell’onorevole Conti perché, se le popolazioni interessate dovessero essere interrogate, il loro parere, a suo avviso, dovrebbe senz’altro essere vincolante. Ciò considerato, prega l’onorevole Conti di volerlo ritirare.

CONTI, accedendo alla richiesta dell’onorevole Uberti, ritira il suo ordine del giorno.

NOBILE ritira la sua proposta aggiuntiva all’ordine del giorno dell’onorevole Conti e si associa all’ordine del giorno dell’onorevole Lami Starnuti.

LACONI ritira il suo ordine del giorno e si associa a quello dell’onorevole Lami Starnuti.

CODACCI PISANELL1 ritira la sua proposta aggiuntiva all’ordine del giorno dell’onorevole Conti.

PRESIDENTE mette in votazione l’ordine del giorno dell’onorevole Lami Starnuti.

PORZIO dichiara di votare contro.

PICCIONI dichiara di votare contro l’ordine del giorno dell’onorevole Lami Starnuti e che voterà a favore dell’ordine del giorno dell’onorevole Cappi.

(Con 13 voti favorevoli e 13 contrari, non è approvato).

BULLONI propone che nel testo dell’ordine del giorno dell’onorevole Cappi si faccia menzione anche delle Camere di commercio.

PRESIDENTE avverte che nel testo dell’ordine del giorno dell’onorevole Cappi sarebbe opportuno includere, oltre alle Camere di commercio, anche le Deputazioni provinciali. Propone quindi che quest’ordine del giorno sia così definitivamente formulato:

«La seconda Sottocommissione esprime il voto che le sue delibere relative alla costituzione di nuove Regioni in aggiunta a quelle elencate nell’articolo 22 vengano comunicate ai Comuni, alle Deputazioni provinciali ed alle Camere di commercio delle Regioni nelle quali le Regioni costituende sono attualmente comprese, perché, volendo, esprimano su tali delibere il loro voto».

Lo mette ai voti.

(È approvato).

La seduta termina alle 13.30.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bordon, Bulloni, Cannizzo, Cappi, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Di Giovanni, Einaudi, Fabbri, Farini, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Piccioni, Porzio, Ravagnan, Targetti, Terracini, Tosato, Uberti e Vanoni.

Assenti: Bozzi, Calamandrei, Castiglia, Perassi, Rossi Paolo e Zuccarini.