Come nasce la Costituzione

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VENERDÌ 13 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

14.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 13 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Organizzazione costituzionale dello Stato (Seguito della discussione)

Presidente – Zuccarini – Ambrosini – La Rocca – Piccioni – Mannironi – Lussu – Di Giovanni – Castiglia – Einaudi – Bordon – Porzio – Tosato – Nobile – Rossi Paolo – Targetti – Cappi – Patricolo – Conti, Relatore – Fabbri – Bozzi.

La seduta comincia alle 11.

Seguito della discussione sull’organizzazione costituzionale dello Stato.

PRESIDENTE dà lettura della seguente mozione presentata dagli onorevoli Mortati, Piccioni, Fuschini, Tosato, Ambrosini, Zuccarini e Cappi:

«I sottoscritti, considerato che, in conseguenza della deliberazione presa dalla seconda Sottocommissione, di dare al nuovo Stato una struttura decentrata, si rende necessario predisporre fino ad ora le ricerche necessarie ad adeguare le decisioni che saranno prese sia dalla Costituente, sia dal futuro legislatore nella materia dell’ordinamento degli enti locali, alle situazioni concrete di questi; che tali ricerche non possono essere affidate ad organi burocratici, nei quali è da presumere un interesse al mantenimento in vita dell’attuale accentramento, rilevatosi così dannoso per un sano sviluppo del Paese;

che analoghe indagini si rendono necessarie in relazione ad una probabile partecipazione delle categorie professionali alla formazione di una delle due Camere legislative, onde determinare sia la consistenza e sia la ripartizione territoriale degli appartenenti alle categorie medesime;

chiedono

che la seconda Sottocommissione deliberi intorno alle misure idonee al conseguimento dello scopo enunciato».

 

È del parere che la seconda Sottocommissione non solo non sia competente a deliberare intorno alle misure idonee al raggiungimento dello scopo che l’ordine del giorno si propone, ma nemmeno ad esaminare il problema. Circa poi la prima enunciazione dell’ordine del giorno in questione, ricorda che la Presidenza della Commissione ha già incaricato alcuni esperti del Ministero dell’interno e dell’ex Ministero della Costituente di compiere delle ricerche sopra gli aspetti finanziari ed economici del problema, allo scopo di preparare il materiale necessario. Quanto al contenuto della seconda enunciazione, gli sembra che esso esorbiti dall’ambito dell’esame della Sottocommissione, nonché da quei compiti che essa potrebbe giustificatamente arrogarsi.

ZUCCARINI si duole che non sia presente l’onorevole Mortati, che più compiutamente avrebbe potuto illustrare il problema in esame. In ogni modo dichiara che uno dei motivi che hanno spinto i firmatari della mozione a presentarla è stato quello di stabilire che per i lavori e le indagini sul problema del futuro decentramento dello Stato non siano demandati incarichi ad organi burocratici. Ricorda che nel passato tutte le riforme dell’amministrazione statale si sono arenate, soprattutto perché ne fu affidato lo studio alla burocrazia. Qualche cosa in questo campo già si è cominciato a fare: si tratta però di programmi e di inchieste che non corrispondono allo scopo ed anzi se le decisioni della Sottocommissione dovessero essere subordinate ai programmi finora formulati, occorrerebbero quattro o cinque anni di lavoro prima di poter risolvere il problema in esame. Ciò praticamente vorrebbe dire che il problema non sarebbe mai risolto. Con la mozione presentata si è voluto manifestare il desiderio che i lavori della Sottocommissione per quanto concerne le autonomie locali non siano intralciati dalle interferenze della burocrazia. Dovrà essere quindi la Sottocommissione ad indicare quali siano le ricerche da compiere e fissare il momento in cui sarà opportuno che esse vengano effettuate. Questo da parte sua è il significato dell’ordine del giorno presentato, ma non può dire se l’onorevole Mortati con esso si sia proposto scopi più ampi.

AMBROSINI dichiara che ha firmato l’ordine del giorno perché ne condivide con gli altri firmatari il contenuto, ma che aveva espresso all’onorevole Mortati il desiderio di attenuare alcune espressioni relativamente alla burocrazia.

LA ROCCA crede che tutti i membri della Sottocommissione siano d’accordo sulla necessità di alleggerire l’organismo dello Stato di pesi inutili. È necessario però fare una questione di competenza, di opportunità e di possibilità. La Commissione in sostanza è chiamata a dare direttive generali per fissare i lineamenti della nuova struttura statale e non può quindi uscire da questo ambito per entrare nei particolari che potranno invece essere meglio esaminati al momento opportuno dagli organi competenti. Tali organi potranno essere o l’Assemblea Costituente o la futura Assemblea legislativa.

PICCIONI è del parere che la questione debba essere posta nei seguenti termini: la Sottocommissione è incaricata non solo di studiare ma di definire, nella fase di sua spettanza, il nuovo ordinamento amministrativo e politico dello Stato. Come si è visto, attraverso le discussioni che finora si sono svolte, in questa materia si inserisce tutta la parte che riguarda le autonomie locali e il decentramento amministrativo dello Stato. Su questi problemi la Sottocommissione non è chiamata soltanto a fissare le direttive generali, ma in un secondo momento, che si augura il più prossimo possibile, deve anche passare alla fase normativa del nuovo ordinamento. Per arrivare alla stesura di un progetto concreto, la Sottocommissione può avere quindi bisogno anche di accertamenti su fatti particolari, che devono essere predisposti e raccolti secondo le sue indicazioni e sotto il suo controllo. Sarebbe inutile affidare alla Sottocommissione il compito di redigere un progetto di questo genere, quando il relativo materiale fosse raccolto dietro iniziativa di altri organi e secondo direttive e criteri diversi. A questa eventuale sfasatura si è voluto porre riparo per tempo con la mozione in discussione, affinché non si crei una cristallizzazione nella raccolta del materiale che direttamente o indirettamente potrà interferire nelle decisioni nel campo dell’ordinamento degli enti locali.

Poiché non è presente l’onorevole Mortati, primo firmatario della mozione, ritiene opportuno proporre di rinviare la discussione di questa alla prossima riunione, affinché l’onorevole Mortati possa illustrare tutti gli altri aspetti del problema in esame.

PRESIDENTE pone in votazione la proposta di rinvio.

(È approvata).

MANNIRONI crede che, prima di procedere oltre nella discussione, si debba decidere sulla questione se nel progetto della nuova Costituzione si debba affermare il principio della rappresentanza proporzionale.

PRESIDENTE condivide il punto di vista espresso dall’onorevole Mannironi.

LUSSU ritiene che la determinazione di un sistema elettorale non possa essere fatta nel testo di una Costituzione, ma debba esser rimessa alla legge elettorale. Una Costituzione non può contenere particolarità tecniche, ma solo principî generali; altrimenti non potrebbe avere, come è necessario, quel carattere permanente, quasi secolare, che costituisce la sua ragione di essere. Di solito l’adozione di un sistema elettorale avviene con un’apposita legge che, a differenza dei principî fondamentali di una Costituzione, non ha carattere di permanenza. Ogni legge elettorale ha infatti un carattere fluttuante e può essere modificata anche dopo poco tempo dalla sua entrata in vigore. Quindi, il voler includere nella Costituzione il principio di un dato sistema elettorale, che può essere mutato, è un fatto che contrasta con la caratteristica essenziale della Costituzione che è appunto, o almeno dovrebbe essere, la perennità dei suoi principî.

MANNIRONI non è d’accordo con l’onorevole Lussu. Pur riconoscendo che una Costituzione non può contenere norme troppo dettagliate e tecniche come una legge elettorale, crede che la Sottocommissione abbia già manifestato un avviso contrario a quello espresso dall’onorevole Lussu, nel senso di riconoscere la necessità di affermare nella Costituzione il principio del sistema elettorale che dovrebbe essere tenuto presente in seguito dalla Assemblea Costituente, quando studierà e approverà la futura legge elettorale. La Sottocommissione ha già deciso per quanto riguarda l’età minima necessaria perché un cittadino abbia diritto al voto e non si capisce perché non possa anche fare un’affermazione solenne per consacrare il principio del sistema proporzionale che può essere considerato come una delle conquiste più importanti delle democrazie moderne. In molte Costituzioni di Stati democratici moderni questo principio è stato già affermato. Se da un lato si riconosce che il sistema proporzionale è il migliore, non comprende perché non si debba consacrarlo in un articolo della Costituzione.

DI GIOVANNI dichiara, interpretando anche il pensiero di alcuni componenti la Sottocommissione, di essere d’accordo con l’onorevole Lussu nel senso di rinviare la questione alla legge elettorale.

CASTIGLIA aderisce al concetto espresso dall’onorevole Lussu. La Costituzione deve essere qualche cosa di definitivo, mentre il sistema elettorale può essere fluttuante. Crede perciò che si debba rinviare alla legge elettorale la determinazione del sistema che si vorrà adottare, lasciando impregiudicata la questione in sede di Costituzione.

EINAUDI dichiara di condividere il concetto espresso dall’onorevole Lussu, non solo perché si tratta di questione importante sulla quale le opinioni possono essere discordi, ma anche perché, se venisse inserito nella Costituzione il principio della rappresentanza proporzionale, in sostanza si verrebbe ad inserire qualche cosa che non ha grande significato. Il principio che si diventa elettori alla maggiore età è un concetto preciso, di cui si conosce la portata esatta: ma quando invece nella Costituzione si affermasse che il sistema elettorale da adottare è quello della proporzionale, si direbbe ben poco, perché l’attuazione di tale principio sta tutta nei metodi adottati. Una cosa, ad esempio, è la proporzionale regionale; altra è la proporzionale nazionale o provinciale. A seconda che si adotti un sistema od un altro, varia il valore del principio della proporzionale. Questa è la ragione fondamentale della sua adesione al concetto dell’onorevole Lussu.

Poiché ha sentito affermare che il sistema della proporzionale è qualche cosa che quasi si identifica con la democrazia, manifesta il suo dissenso più aperto su questo punto, in quanto il sistema proporzionale non vige in tutti i Paesi democratici; non vige infatti in Inghilterra, né negli Stati Uniti, che senza dubbio sono Paesi democratici. In questi Paesi, anzi, tutti i partiti sono d’accordo nel ritenere che il sistema proporzionale sia da condannarsi, come assolutamente antidemocratico.

BORDON esprime l’avviso che la sede non sia opportuna per trattare l’argomento, in quanto la Costituzione non deve contenere che l’affermazione di principî generali.

Nel merito contesta che la proporzionale rappresenti un sistema maggiormente conforme allo spirito democratico. La Val d’Aosta che egli rappresenta ha usato il sistema uninominale e non per questo la si può accusare di scarso senso democratico.

ZUCCARINI osserva che il sistema proporzionale potrà essere più o meno perfetto, ma senza dubbio più compiutamente del sistema maggioritario realizza la democrazia, che appunto si identifica con la più esatta rappresentanza di tutte le correnti politiche nel governo del Paese.

Sostiene, perciò, che il principio della proporzionalità dovrebbe essere affermato nella Costituzione, salvo a stabilirne nella legge elettorale la forma di applicazione, secondo quel che sembrerà più opportuno.

PORZIO richiama l’attenzione della Sottocommissione sul fatto che la materia da discutere è ben altra che quella in esame, su cui ciascuno potrà esprimere il proprio parere quando si tratterà di elaborare la futura legge elettorale.

Aderisce pertanto incondizionatamente alle considerazioni dell’onorevole Lussu, poiché una Costituzione non può avere che un carattere del tutto contingente. È pacifico che le Costituzioni possono essere violate, ma ciò appunto a cui si deve mirare è che esse non lo siano soprattutto poco tempo dopo la loro entrata in vigore. A tale considerazione ne va aggiunta un’altra, già fatta dall’onorevole Einaudi, che, cioè, di modi di applicazione della proporzionale ce ne sono molti, non escluso quello collegato col sistema uninominale.

Si rende conto del fatto che oggi la proporzionale è di moda, ma fa rilevare che le Costituzioni più tradizionali e meno mutevoli, quelle dell’America e dell’Inghilterra, hanno sempre evitato di farvi ricorso.

Un’altra parola è anche di moda: «democrazia». Senza dubbio la democrazia è sovranità popolare, ma essa è anche, e soprattutto, sentimento di umanità che finalmente deve penetrare nelle leggi, affinché ne sia possibile l’attuazione nell’interesse della collettività.

TOSATO trova che il problema in discussione è assai delicato. Riconosce che la materia in questione dovrebbe costituire un elemento essenziale della Costituzione, perché, se non altro da un punto di vista teorico, è evidente che questa, a seconda che si adotterà un sistema elettorale piuttosto che un altro, funzionerà in un modo piuttosto che in un altro. L’influenza del sistema elettorale sul funzionamento della Costituzione è immediata. D’altra parte osserva che la Costituzione non è stata ancora redatta, non se ne conoscono ancora tutti gli elementi particolari, e quindi ancora non si è in grado di misurare quale influenza essa potrà subire dal sistema elettorale che sarà adottato.

Ricorda che la legge del 16 marzo 1946 stabilisce che la legge elettorale è in ogni caso materia di competenza dell’Assemblea Costituente. Con questa norma evidentemente si mirava alla formazione di una Commissione speciale per la elaborazione della legge elettorale. Il problema dunque va posto in altro momento e in altra sede.

Gli sembrano molto convincenti le argomentazioni dell’onorevole Einaudi: se nella Costituzione si vuole stabilire l’applicazione di un determinato sistema elettorale piuttosto che un altro, non basta dire semplicemente che si vuole adottare quel tale sistema, perché ci sono diversi modi di metterlo in pratica.

DI GIOVANNI rileva che nella legge sull’Assemblea Costituente sono stati affidati tre diversi compiti all’Assemblea stessa: elaborazione della nuova Costituzione, discussione ed approvazione dei trattati di pace, redazione della legge elettorale. Quindi, anche nella legge sulla Costituente si è voluto distinguere la materia elettorale della formulazione della nuova Costituzione. Anche per questo gli sembra che sia da rinviare ad altra sede l’esame del problema del sistema elettorale.

LA ROCCA osserva che, da un punto di vista puramente politico, la proporzionale, nonostante tutti i suoi difetti, costituisce un’ulteriore conquista della democrazia e, poiché è proponimento di tutti di elaborare una Costituzione eminentemente democratica, non si può fare a meno di inserirvi l’affermazione di un tale principio. Riconosce che la proporzionale ha innumerevoli varietà nei modi di applicazione, ma nella Costituzione si tratterà di affermare puramente e semplicemente il principio che la rappresentanza nazionale dovrà essere espressa attraverso questo sistema, lasciando alla Commissione competente il compito di determinare il modo d’applicazione.

PORZIO obbietta che non è affatto certo che il sistema proporzionale rappresenti un passo avanti nel progresso della democrazia.

LA ROCCA replica che i vantaggi del sistema proporzionale sono stati provati dall’esperienza. Difatti la proporzionale consente la rappresentanza più o meno integrale di tutte le correnti politiche del Paese, il che con gli altri sistemi non è possibile. Insiste pertanto sulla opportunità di sancire il principio della proporzionale nella Costituzione, affinché, essendo la legge elettorale espressione di un organo puramente legislativo, non possa avvenire che in un vicino domani l’Assemblea parlamentare annulli questo principio che rappresenta il risultato di anni di travaglio politico e di innumeri esperienze.

DI GIOVANNI dichiara di non essere contrario al principio del sistema proporzionale, ma soltanto al fatto che esso sia prescritto nella Costituzione.

NOBILE si associa alle osservazioni degli onorevoli La Rocca e Zuccarini ed insiste perché sia consacrato nella Costituzione il sistema della proporzionale che, anche a suo avviso, rappresenta una conquista della democrazia.

La preoccupazione dell’onorevole Einaudi può essere giusta, ma senza dubbio è eccessiva; onde propone che si usi una formula approssimativamente del seguente tenore: «Il sistema è quello proporzionale, applicato secondo i metodi che saranno indicati dalla legge elettorale».

AMBROSINI fa presente che, qualora la Sottocommissione decidesse di affermare il principio della proporzionale nella Costituzione, occorrerebbe quanto meno precisare alcuni dei criteri di applicazione. Così, ad esempio, sarebbe necessario determinare l’ampiezza delle circoscrizioni elettorali, poiché se in avvenire esse venissero troppo ristrette, il sistema della rappresentanza proporzionale verrebbe ad essere praticamente annullato nella sua essenza e nel suo funzionamento.

Per queste ragioni ritiene, a meno che non si voglia entrare nel merito dell’argomento, che sia opportuno rinviare l’esame della materia alla Commissione per la legge elettorale.

PORZIO ripete che non si è nella sede adatta per risolvere la questione. Questa Sottocommissione sta lavorando per preparare la Carta fondamentale dello Stato e questa non può vincolare la Nazione ad un dato sistema elettorale.

Richiamandosi alle costituzioni di altri Paesi, fa osservare che soltanto in quella di Weimar ed in altre di scarsa importanza, venne stabilito un determinato sistema elettorale. Infatti le costituzioni della Francia, degli Stati Uniti e della maggior parte dei grandi Stati democratici non contengono alcuna affermazione in proposito. Se infine la discussione circa il sistema elettorale dovesse affrontarsi in sede di Costituzione, non sa di che cosa si dovrebbe poi parlare in sede di Commissione per la legge elettorale. Viceversa in quella sede dovrà aversi prima una discussione di principio e poi una di tecnica sui metodi di applicazione. Il suo senso estetico ed il suo senso logico sarebbero offesi, se si volesse nella nuova Carta statutaria vincolare il Paese ad un determinato sistema elettorale.

ROSSI PAOLO ricorda che negli ultimi cinquant’anni in Italia non si è quasi mai votato per due volte di seguito con la stessa legge elettorale. Dopo il collegio uninominale è stato adottato lo scrutinio di lista; poi è tornato in uso il collegio uninominale; finalmente si è fatto ricorso alla proporzionale, che però è stata usata sempre con metodi diversi. Mai due Assemblee nell’ultimo cinquantennio sono state elette con lo stesso sistema.

Personalmente dichiara di essere favorevole al sistema della proporzionale, ma pensa che bisognerebbe adottare una proporzionale il più possibile perfetta; ed uno dei modi in cui la proporzionale può essere perfezionata è quello del premio al partito che ha riportato il maggior numero di voti. Potrebbe darsi che un giorno apparisse utile l’applicazione di questo correttivo. Ma se nella Costituzione venisse affermato il principio della proporzionale, l’applicazione del correttivo anzidetto potrebbe essere intesa come una questione di costituzionalità e per questo essere impedita. Per queste ragioni, pur dichiarandosi proporzionalista convinto, è contrario ad ogni determinazione del sistema elettorale nel testo della Costituzione.

PRESIDENTE esprime il proprio parere, che è in contrasto con quello manifestato dalla quasi totalità dei componenti la Sottocommissione.

Ritiene che nella discussione siano stati commessi alcuni errori di impostazione. Ad esempio, crede che l’onorevole La Rocca abbia errato parlando, a proposito della proporzionale, di un progresso democratico e che egualmente abbia errato l’onorevole Zuccarini quando parlava della proporzionale come di una affermazione della democrazia. Se, invece, essi avessero parlato del progresso democratico italiano e di come in Italia è venuta realizzandosi la democrazia prima ancora del lungo intervallo del fascismo, l’errata impostazione del problema sarebbe venuta meno. Trova inutile fare riferimento a ciò che è successo in Francia, in Inghilterra, in America; a tutti è noto, infatti, che in Inghilterra e in America non si usa il sistema proporzionale perché in questi Paesi la democrazia ha seguito strade diverse.

Ora, si è tutti d’accordo che in Italia, nel fare la Costituzione, non debbono essere ignorati i fatti degli altri Paesi, ma ciò che soprattutto interessa è che, per fare una nostra nuova Carta statutaria, occorra più che altro avere in vista le nostre esigenze, la nostra realtà. Inoltre, la storia dei nostri sistemi elettorali non è affatto quella accennata dall’onorevole Rossi, il quale, giova riconoscerlo, non ha fatto la storia, ma è sceso ad alcuni particolari che sono di cronaca. Non gli sembra esatto, infatti, affermare che in Italia nell’ultimo cinquantennio vi siano stati numerosi sistemi elettorali, perché in realtà ce ne sono stati soltanto due, con modi di applicazione diversi. Difatti la storia della democrazia italiana passa dal sistema maggioritario a quello proporzionale.

A suo avviso, la Costituzione deve anzitutto consolidare la conquista della democrazia ed in Italia una di queste conquiste è rappresentata appunto dall’adozione del sistema proporzionale. Ora, tale conquista dovrebbe trovare nella Costituzione il suo fondamento, per impedire che nel futuro essa possa essere annullata.

Richiama infine l’attenzione dei presenti sulla situazione politica italiana, rilevando che sono proporzionalisti i partiti democratici di massa, che intendono appunto sviluppare ulteriormente la democrazia, mentre sono antiproporzionalisti gli altri, come ad esempio il partito liberale, il quale così ama chiamarsi in quanto non è democratico. È noto infatti che alcune posizioni di questo partito non coincidono con le posizioni dei grandi partiti popolari.

Concludendo, afferma che se la Costituzione deve essere Costituzione della democrazia italiana, essa deve innanzi tutto dare come acquisito ciò che le masse sono riuscite a conquistare attraverso molti anni di travaglio politico.

TARGETTI dichiara di essere un proporzionalista convinto e di essersi sempre battuto, fin dagli anni della sua giovinezza, per l’adozione di questo sistema. Tuttavia, pure associandosi alle considerazioni del Presidente, deve fare qualche riserva per un accenno fatto dall’onorevole Rossi. Esclude da parte propria di potere un giorno persuadersi della opportunità di concedere un premio ai partiti che abbiano raggiunto la maggioranza, il che, come tutti sanno, serve a far sorgere prima delle elezioni quelle coalizioni che invece dovrebbero sorgere dopo; ma poiché il correttivo a cui ha accennato l’onorevole Rossi potrebbe sembrare utile un giorno al Paese, è contrario a che sia stabilito nella Costituzione il principio della proporzionale che potrebbe ostacolare l’adozione del correttivo suddetto.

PICCIONI fa presente che, secondo le dichiarazioni dell’onorevole Tosato, la Commissione dovrebbe essere chiamata innanzi tutto a decidere se convenga, oppur no, rinviare l’esame della questione. Sarebbe più opportuno, quindi, dare la precedenza alla proposta fatta dall’onorevole Tosato.

MANNIRONI aderisce all’idea di rinviare la decisione, pur tenendo a riaffermare la sua fede nel sistema della rappresentanza proporzionale.

LA ROCCA dichiara che, se la maggioranza è per la sospensiva, da parte sua non ha nulla in contrario. Tiene però a chiarire che, quando ha parlato di progresso della democrazia attraverso il sistema proporzionale, ha inteso riferirsi alla situazione storica italiana. Ha sempre ritenuto che il sistema proporzionale abbia rappresentato per l’Italia un passo innanzi e per questo ha sostenuto e sostiene che il principio della proporzionale debba essere affermato nella Costituzione. Saranno poi gli organi competenti a decidere il modo di applicazione.

LUSSU si dichiara contrario alla sospensiva. In linea di principio tutti i membri della Sottocommissione, per non far sorgere l’impressione che questa voglia abdicare ai suoi diritti e doveri, dovrebbero essere contrari a sospendere l’esame dei problemi che riguardano la Sottocommissione stessa. Tutti i problemi, quindi, debbono essere risolti a mano a mano che si presentano, anche se connessi ai lavori di altre Sottocommissioni. In questa ipotesi, infatti, si può sempre esprimere un pensiero e fissarlo in una proposta, salvo poi a modificarlo, quando si venisse a conoscenza di risultati diversi raggiunti da altre Sottocommissioni.

Tiene a dichiarare che non è animato da nessuna preoccupazione di carattere politico nel proporre che la questione in esame sia trattata in sede di formazione della legge elettorale. Ha dovuto constatare, nell’esperienza pratica compiuta, che il sistema del collegio uninominale è strettamente connesso alla corruzione politica italiana, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle Isole. Si dispensa dal citare dati di fatto che sono noti a tutti. È quindi favorevole in linea di principio alla rappresentanza proporzionale, pur rispettando l’opinione espressa dall’onorevole Bordon, quale rappresentante della Val d’Aosta, e non intende affatto rinunciare a questa conquista democratica. Ma la nuova legge elettorale, che verrà emanata, sarà senza dubbio l’espressione della rinata coscienza del popolo italiano.

Alla obiezione che, non fissando nella Costituzione il principio della proporzionale, questo possa essere abolito da una maggioranza al potere, risponde che anche il fascismo cambiò la legge elettorale, ma prima di tale cambiamento era avvenuto qualche cosa di assai grave che, se si ripetesse oggi, farebbe saltare in aria non solo la legge elettorale, ma anche la stessa Costituzione.

CAPPI avverte che la prima Sottocommissione si è già occupata del problema in esame è che anzi ha già stampato una relazione in cui, oltre alla questione dell’elettorato attivo e passivo, si tratta anche dei principî fondamentali della Costituzione, tra i quali quello della proporzionale. Gli sembrerebbe pertanto opportuno sospendere l’esame della questione per stabilire un’intesa tra le due Sottocommissioni.

PRESIDENTE ricorda che già è stato deciso di prendere contatto con le altre Sottocommissioni. Circa la proposta di sospensiva, ritiene che essa possa essere accettata, non tanto per le ragioni esposte dall’onorevole Piccioni, quanto perché il principio della proporzionale, se inserito nella Costituzione, verrebbe a dare alla Costituzione stessa una precisa fisionomia, e occorre prima sapere come sarà progettata la Costituzione, per poi stabilire il sistema di votazione che in essa dovrà essere prescritto.

Dopo le osservazioni dell’onorevole Cappi, crede quindi che la sospensiva possa essere accolta. Prega intanto gli onorevoli Conti e Mortati di informarsi delle conclusioni della prima Sottocommissione, augurandosi che esse siano tali da consentire alla seconda Sottocommissione di poter inserire il principio della proporzionale nel progetto di Costituzione.

PATRICOLO è del parere di rinviare alla legge elettorale qualsiasi determinazione circa il metodo da seguire nelle elezioni.

Desidera poi rispondere ad una affermazione fatta dall’onorevole Presidente, il quale ha dichiarato che solo i partiti di massa sono democratici, quasi che l’essere democratici sia dovuto al numero dei votanti. Si ha invece l’esempio di partiti di massa ingentissimi, come il fascismo in Italia, il nazionalsocialismo in Germania e il comunismo in Russia, che, pur essendo partiti di massa, non possono davvero dirsi democratici. Non è stata quindi giusta ed equanime l’affermazione dell’onorevole Terracini, quando ha escluso dall’essere democratici alcuni partiti non di massa.

Il partito dell’Uomo Qualunque, al quale l’oratore appartiene, è un partito di quasi massa ed egli si augura che diventerà ben presto un partito di massa; ma non sarà certamente il numero dei suoi componenti a far sì che esso sia più o meno democratico, ma piuttosto l’azione politica che esso svolgerà e perseguirà. Così anche il partito liberale non si può chiamare antidemocratico nel nome; se così fosse avremmo solo uno o due partiti democratici alla Camera e non sarebbero più democratici né il partito socialista, né il comunista, né molti altri.

PRESIDENTE risponde all’onorevole Patricolo che la sua elencazione era semplicemente esemplificativa. L’accenno al partito liberale non si riferiva al fatto del nome, ma alle lunghe e prolungate discussioni che si sono svolte in seno a quel partito circa l’organizzazione economico-politica della società.

CONTI, Relatore, comunica che nella prima Sottocommissione i Relatori Umberto Merlin e Pietro Mancini hanno formulato la proposta che il voto debba essere eguale, libero, segreto e personale, costituire un dovere pubblico, quindi essere obbligatorio, debba essere esercitato col sistema della rappresentanza proporzionale.

PORZIO insiste nella proposta di rinviare il problema alla legge elettorale, senza vincolarsi nella Costituzione ad un sistema prefisso, ripetendo che, per legge, l’Assemblea Costituente dovrà discutere ed approvare la futura legge elettorale.

Circa poi l’affermazione che soltanto i partiti favorevoli alla proporzionale sono veramente democratici, ricorda che la legge sul suffragio universale fu votata e approvata da una Camera eletta col sistema uninominale.

LUSSU dissente da quanto ha affermato il Presidente. Ha la preoccupazione che le sospensive alcune volte siano determinate non da ragioni giuridiche, ma piuttosto dal timore di molto lunghe discussioni. Il principio che invece, a suo avviso, dovrebbe dominare i lavori della Sottocommissione dovrebbe essere quello di pronunciarsi su tutti i problemi a mano a mano che essi si presentano, senza prendere contatto con le altre Sottocommissioni. Nessuna delle altre Sottocommissioni ha chiesto il parere della seconda, mentre questa ultima ricorre spesso a tale sistema, ciò che, se non le toglie dignità, le fa per lo meno perdere tempo assai prezioso.

Circa, poi, i cosiddetti partiti di massa e democratici, considera quanto ha affermato il Presidente come una esemplificazione e pertanto non si ritiene chiamato in causa, pure approvando il concetto espresso dall’onorevole Terracini. Deve dire però, dato che non appartiene ad un partito di massa, che tutti i partiti sono putativamente di massa, non essendo certo il numero degli iscritti che fa un partito di massa, bensì il suo comportamento sociale. Può citare a tale proposito un solo esempio che gli pare convincente, quello dell’«Indipendent Labour Party», che, pur non essendo numeroso, è senza dubbio un partito democratico e socialista.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta di sospensiva.

(È approvata).

BORDON ha votato per la sospensiva, ma desidera riaffermare che è contrario al sistema della rappresentanza proporzionale.

PRESIDENTE avverte la Sottocommissione che occorre ora passare all’esame della questione dell’elettorato passivo e apre la discussione sul limite dell’età, che nel progetto dell’onorevole Conti è fissato ad anni 25.

NOBILE è del parere che coloro che sono chiamati ad essere eletti deputati debbano dare garanzie maggiori di quelle richieste ai comuni elettori. Per questo motivo è favorevole ad un elevamento del limite di età.

PATRICOLO ricorda che nell’ultima riunione aveva richiesto l’elevamento del limite di età per l’elettorato passivo, esprimendo l’avviso che il deputato all’Assemblea nazionale debba effettivamente possedere quella esperienza, capacità e maturità politica che sono necessarie per assolvere un compito tanto importante. In quella occasione aveva anche messo in evidenza che si potrebbe abbassare il limite di 25 anni per l’eleggibilità alle Assemblee regionali, che saranno dei Parlamenti in miniatura, nei quali i giovani che desiderano dedicarsi alla vita politica potranno addestrarsi ai più gravi compiti che li attenderanno nell’Assemblea nazionale. A 25 anni un uomo esce appena dall’Università e non può considerarsi preparato ai problemi della vita nazionale; spesso non ha nemmeno messo fuori il piede dalla sua provincia o dalla sua regione e quindi non possiede quel largo orizzonte di vedute che è necessario ad un rappresentante del popolo nell’Assemblea nazionale.

Ritiene, tuttavia, che la sua primitiva proposta di elevare l’età a 30 anni potrebbe essere modificata limitandola a 28 anni, così che sia contemperata l’esigenza di una certa maturità con quella di immettere nell’Assemblea nazionale elementi giovani, pronti a dare una attiva collaborazione.

NOBILE si associa alla proposta dell’onorevole Patricolo.

DI GIOVANNI esprime il parere che il limite di 25 anni, proposto dall’onorevole Conti, sia rispondente non solo al convincimento che i giovani più eletti e preparati possano essere in grado di ricoprire l’incarico, indubbiamente elevato, di componenti il Parlamento, ma anche al desiderio di valorizzare i giovani in generale.

CONTI, Relatore, ricorda che nel 1921-22 fu relatore di una proposta di legge mirante appunto a ridurre il limite di età dai 30 ai 25 anni, perché fin da allora era convinto che quest’ultima età fosse sufficiente per accedere alla Camera dei Deputati. Una volta superato l’attuale periodo di abbassamento intellettuale dovuto al fascismo, si andrà verso tempi in cui i giovani a 25 anni saranno all’altezza delle funzioni parlamentari. D’altra parte è sicuro che il corpo elettorale avvierà i più giovani prima di tutto alle Assemblee regionali, onde ben pochi saranno alla Camera i rappresentanti di 25 anni.

PICCIONI concorda con l’onorevole Conti, aggiungendo che il voler elevare il limite di età potrebbe sembrare un regresso rispetto al limite attualmente in vigore per poter essere eletti deputati alla Costituente, quasi che i giovani che fanno ora parte dell’Assemblea Costituente non abbiano dato buona prova, il che, almeno per quanto gli risulta, non può certo dirsi.

LUSSU voterà per il limite di 25 anni, esclusivamente per un criterio di opportunità, visto che in pratica i vecchi hanno dato più cattiva prova dei giovani.

Tiene poi a mettere in evidenza che, in relazione alla costituzione dell’Ente Regione e della nuova organizzazione della Camera, il numero dei deputati sarà probabilmente alquanto ridotto, poiché la risoluzione di molti problemi locali sarà demandata alle Assemblee regionali. La Camera, pertanto, con tutta probabilità, si dovrà occupare prevalentemente solo dei grandi problemi di interesse generale.

Non si stupirebbe, pertanto, se, data l’elevatezza del compito di deputato, da qualche settore si esprimesse il desiderio di portare l’età dei deputati ad un limite superiore ai 25 anni.

LA ROCCA è anch’egli favorevole al limite di 25 anni, anche perché la fissazione di questa età non dà senz’altro la possibilità di adire alla Camera a tutti i venticinquenni, ma solo a quelli che siano all’altezza del compito, e per i quali non vi sarebbe motivo di esclusione dalla vita pubblica.

PRESIDENTE pone in votazione la proposta dell’onorevole Patricolo, alla quale si è associato l’onorevole Nobile, di elevare a 28 anni il limite di età per l’elettorato passivo.

(Non è approvata)

Pone in votazione il limite di età di 25 anni.

(È approvato).

Apre la discussione sulla durata del mandato, che nel progetto dell’onorevole Conti è fissato ad un periodo di quattro anni.

FABBRI crede più opportuno fissare la durata del mandato in cinque anni, come era in precedenza. Naturalmente tale durata dovrebbe essere connessa col problema dello scioglimento della Camera che, secondo quanto è nel desiderio di tutti, dovrebbe essere considerato in rapporto alle crisi ed all’opportunità di avere un congruo periodo di continuativa attività.

ROSSI PAOLO osserva che la durata del mandato della prima Camera deve essere connessa con la durata del mandato della seconda, che probabilmente sarà elettiva, onde non crede che sia possibile discutere separatamente le due questioni. La durata del mandato della seconda Camera è previsto per un periodo di sei anni con rinnovamento per metà dei suoi componenti ogni tre anni. Propone quindi di sospendere la decisione rinviandola a quando sarà discussa la durata del mandato per i componenti della seconda Camera.

CONTI, Relatore, avverte che, essendoci constatato che in passato solo qualche legislatura è giunta al quinto anno, è sembrato che il termine di cinque anni possa essere troppo lungo, in relazione alla possibilità di una Camera sufficientemente stabile.

Non ha, del resto, alcuna difficoltà a rinviare la discussione della durata del mandato per i componenti della prima Camera a quando sarà discussa quella per i componenti del Senato.

LUSSU è contrario al rinvio, ritenendo che si possa prendere egualmente una decisione, salvo a modificarla quando si discuterà della durata del mandato per i componenti del Senato.

PRESIDENTE condivide il parere espresso dall’onorevole Lussu, perché nessuna delle decisioni della Sottocommissione è talmente impegnativa che non possa essere successivamente modificata.

Pone in votazione la proposta dell’onorevole Fabbri di elevare a cinque anni la durata del mandato.

(È approvata).

Rileva che tra le proposte dell’onorevole Conti ce ne sono altre, in successivi articoli, che si riferiscono alla formazione della Camera dei Deputati. Così ad un certo punto si afferma: «I requisiti per l’eleggibilità ed i casi di incompatibilità sono fissati dalla legge elettorale». In altro articolo poi si stabilisce: «Sarà eletto un deputato ogni 150 mila abitanti».

Apre la discussione sulla prima delle due proposte.

TOSATO ritiene che la norma non sia opportuna, poiché ci sono alcuni casi di incompatibilità che dovrebbero essere fissati dalla Costituzione, come ad esempio l’incompatibilità del Presidente della Repubblica con alcun uffici pubblici e l’incompatibilità per i componenti di una delle due Assemblee a far parte anche dell’altra.

D’altra parte un esplicito rinvio nella Costituzione alla legge elettorale non è del tutto indispensabile e può essere benissimo sottinteso.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Tosato di sopprimere la formula: «I requisiti per la eleggibilità ed i casi di incompatibilità sono fissati dalla legge elettorale».

(È approvata).

Apre la discussione sulla proposta concernente l’elezione di un deputato per ogni 150 mila abitanti.

PATRICOLO osserva che si potrebbe sopprimere anche la disposizione in esame, rinviando ogni decisione a tal riguardo alla legge elettorale, poiché si tratta di un principio che non è opportuno sia affermato nella Costituzione.

NOBILE si dichiara favorevole ad una norma per la quale il numero dei Deputati dovrebbe essere ridotto a circa 300. Ricorda in proposito l’interessante osservazione di uno statista inglese, il quale sosteneva che un’assemblea legislativa composta di 5 o 600 persone è troppo numerosa per essere un’assemblea e troppo poco numerosa per essere un comizio, e che pertanto il numero giusto dei componenti un’assemblea legislativa dovrebbe essere di circa 250 persone.

D’altra parte, il lavoro che potrà essere svolto da trecento deputati non sarà molto diverso da quello che potrà essere svolto da seicento e non vede quindi quale vantaggio ci sia ad accrescere il numero dei componenti l’Assemblea. Tutto al più si potrà obiettare che potrebbe rimaner sacrificato qualche partito di minima importanza, che con un numero doppio di posti disponibili potrebbe, con la proporzionale, conquistarne uno. Ma l’eliminazione dalla vita politica di partiti di così scarsa importanza è più un bene che un male.

PATRICOLO chiede che sia preliminarmente posta ai voti la sua proposta di soppressione della formula in questione.

TOSATO ritiene che la materia non possa essere rinviata alla legge elettorale, poiché si tratta di stabilire la composizione di un organo costituzionale, e il non farlo rappresenterebbe una lacuna della Costituzione.

CAPPI propone un emendamento così concepito: «Sarà eletto un deputato ogni 100.000 abitanti». La sua proposta di accrescere il numero dei deputati trova giustificazione in due considerazioni: anzitutto dare una congrua rappresentanza regionale; in secondo luogo utilizzare con maggiore ampiezza le capacità.

FABBRI ritiene fondamentali le osservazioni dell’onorevole Tosato e non può aderire alla proposta di mettere ai voti la soppressione della disposizione in esame che, a suo avviso, ha un’importanza fondamentale nella Costituzione.

CONTI, Relatore, invita i presenti a considerare che il numero dei componenti della Camera dei Deputati deve essere commisurato alla struttura che dovrà assumere il corpo legislativo ed alle funzioni che l’Assemblea dovrà svolgere. Si richiama a quanto giustamente ha osservato l’onorevole Lussu, che, cioè, la nuova Camera dei Deputati, se veramente si vuole dare al Paese la possibilità di un sano sviluppo legislativo, dovrà essere un consesso destinato alla trattazione dei più alti e ardui problemi. Si augura che i compilatori delle norme statutarie delle singole regioni allarghino quanto più è possibile la competenza dei futuri organi regionali, affidando ad essi la trattazione di tutti i problemi che hanno un carattere locale e regionale; così potrà esser evitata alla Camera dei Deputati la trattazione di materie che renderebbero la sua vita assai difficile, spingendola a quelle degenerazioni parlamentaristiche delle quali la nostra Nazione ha tanto risentito in passato. Pensa che, se si riuscirà a creare un’Assemblea di alta preparazione e competenza, sarà reso veramente un grande servigio al Paese. Ora le assemblee che rispondono meglio a quelle elevate funzioni a cui sono chiamate sono appunto quelle composte di un numero ridotto di elementi. A chi considera il problema nella sua essenza crede non possa sfuggire l’enorme vantaggio di una riduzione del numero dei membri dell’Assemblea. Trecento deputati è un numero più che sufficiente.

Questa riduzione è poi opportuna anche per un’altra considerazione. È stata prevista, infatti, l’unione delle due Camere in Assemblea nazionale. Si avrà così un consesso molto numeroso, e questo, secondo le intenzioni dei più, dovrebbe spesso riunirsi per decidere in merito ad avvenimenti di grande importanza. Ciò impone una limitazione del numero dei deputati. Del resto in sede di coordinamento e in sede di discussione in Assemblea plenaria, tale numero, se apparisse esiguo, potrebbe essere accresciuto.

CASTIGLIA, riferendosi alle argomentazioni dell’onorevole Conti, e poiché effettivamente il numero dei rappresentanti della futura Camera dei Deputati non potrà essere che in stretta dipendenza con la determinazione dei compiti e delle materie che saranno assegnati all’ente regione, ritiene che sia più opportuno – pur affermando il principio che nella Costituzione deve essere determinato il numero dei deputati – differire ogni decisione a quando saranno meglio conosciuti i compiti dell’ente regione. Propone, cioè, una pura e semplice sospensiva e non un rinvio alla legge elettorale.

BOZZI non condivide il punto di vista dell’onorevole Patricolo, poiché ritiene che la determinazione del numero dei deputati sia necessaria in una Costituzione. Tuttavia ha qualche dubbio se il principio debba fissarsi seguendo il criterio contenuto nella dizione proposta dall’onorevole Conti, o se non sia preferibile determinare un numero fisso di deputati oltre il quale non si potrebbe andare.

NOBILE è contrario alla soppressione della disposizione in esame.

PATRICOLO rinuncia alla sua proposta e si associa a quella dell’onorevole Castiglia.

PRESIDENTE fa rilevare che certamente ognuno ha già le sue idee precise circa le funzioni delle assemblee regionali, e in relazione al suo punto di vista può con sicurezza esprimere il proprio parere in merito alla questione in discussione. Crede pertanto utile prendere una decisione, tenendo conto che il coordinamento delle varie decisioni sarà in parte compito della Commissione nel suo complesso e in parte dell’Assemblea plenaria. Il continuo rinvio dell’esame dei singoli problemi può condurre la Sottocommissione a trovarsi di fronte ad un cumulo di questioni sospese.

CASTIGLIA sa benissimo qual è il suo pensiero in merito alle varie questioni, ed immagina che ciascun’altro lo sappia, ma osserva che non si può prevedere quale sarà il risultato della discussione. Ciascuno tende a far prevalere il suo punto di vista, ma la decisione finale non si potrà avere che dalla risultante delle varie forze contrastanti. Per mantenersi nel caso in esame, se ciascuno dovesse determinare il numero dei Deputati in relazione a quelli che a suo avviso dovrebbero essere i compiti da affidare alle future assemblee regionali, si avrebbero innumerevoli proposte circa il numero dei componenti della Camera dei Deputati. Perciò ritiene che, per economia di tempo, sarebbe più opportuno rinviare ogni decisione, in merito all’importante argomento in discussione, a quando sarà stabilita la sfera di competenza delle assemblee regionali, pure affermando in via di principio che occorre che nella Costituzione sia fissato il numero dei componenti la Camera dei Deputati.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta che sia inserita nella Costituzione l’indicazione del numero dei Deputati che dovranno comporre la prima Camera.

(È approvata).

Pone ai voti la proposta, fatta dall’onorevole Castiglia, di rinviare la determinazione del numero dei componenti la Camera dei Deputati a quando saranno fissati i compiti delle assemblee regionali.

(Non è approvata).

Avverte che l’onorevole Bozzi gli ha presentato una proposta così concepita «La Camera dei Deputati è composta di un numero di membri non superiore ai 450».

FABBRI trova la formula alquanto elastica poiché, rientrando nella competenza della legge elettorale la possibilità di variare il numero dei deputati fino al limite massimo consentito, quella potrebbe fissare un numero troppo ristretto di componenti. D’altra parte, non gli sembra nemmeno simpatico ricorrere a questo espediente proposto dall’onorevole Bozzi, perché esso dà la netta sensazione che quattrocento deputati siano pochi e cinquecento troppi. Crede pertanto che sia preferibile il criterio della proporzione al numero degli abitanti.

PRESIDENTE, data l’ora tarda, rinvia la discussione a domani.

La seduta termina alle 13.30.

Erano presenti: Ambrosini, Bordon, Bozzi, Bulloni, Cappi, Castiglia, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Di Giovanni, Einaudi, Fabbri, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mannironi, Nobile, Patricolo, Perassi, Piccioni, Porzio, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Tosato, Vanoni, Zuccarini.

In congedo: Grieco.

Assenti: Amendola, Bocconi, Calamandrei, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Leone Giovanni, Maffi, Mortati, Ravagnan.