Come nasce la Costituzione

GIOVEDÌ 12 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

13.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 12 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Organizzazione costituzionale dello Stato (Seguito della discussione)

Presidente – Lussu – Piccioni – Perassi – Mortati, Relatore – Leone Giovanni – Ambrosini – Fabbri – Nobile – Uberti – Codacci Pisanelli

– Rossi Paolo – Mannironi – Fuschini – Tosato – Di Giovanni – Targetti – Patricolo – La Rocca – Lami Starnuti – Bozzi – Calamandrei.

La seduta comincia alle 8.15.

Seguito della discussione sull’organizzazione costituzionale dello Stato.

PRESIDENTE, assumendo la Presidenza in sostituzione dell’onorevole Terracini, che si è dovuto assentare per gravi ragioni di famiglia, comunica che dai contatti presi con la prima Sottocommissione per conoscere come questa abbia trattato la questione dell’elettorato attivo e del suffragio popolare, è risultato che essa non ha ancora preso in merito alcuna decisione. In una relazione dell’onorevole Basso sui principî dei diritti politici si propone, tra l’altro, l’approvazione di un articolo del seguente tenore: «La sovranità popolare si esercita, attraverso la elezione degli organi costituzionali dello Stato, mediante suffragio universale, libero, segreto, personale ed eguale. Tutti i cittadini concorrono all’esercizio di questo diritto, tranne coloro che ne sono legalmente privati o che volontariamente non esercitino un’attività produttiva».

LUSSU dichiara di apprezzare il lavoro diligente compiuto dalla prima Sottocommissione, ma fa presente che la seconda si è già occupata dell’esclusione dall’elettorato di coloro che non svolgono un lavoro produttivo.

Tiene a ripetere ancora una volta che egli è contrario ad una enunciazione di principî puramente teorici, perché è inutile se non è accompagnata da norme legislative che tolgano il diritto in questione a chi possegga ricchezze indebitamente acquistate od in forza di privilegio. Se così non avviene, si toglie il diritto all’elettorato alle persone più povere che non hanno possibilità di difesa, e si fa di tale diritto uno strumento di oppressione nelle mani delle classi privilegiate.

Ricorda in proposito che la prima parte della Costituzione spagnola del 1931 stabiliva che la Repubblica spagnola era la Repubblica di tutti i lavoratori: ma tale enunciazione rimase pura teoria e i lavoratori dovettero poi sostenere la guerra civile.

PRESIDENTE crede che, dopo le decisioni già prese, la questione può considerarsi superata.

Resta invece da risolvere la questione dell’età minima per essere ammessi all’esercizio del diritto di voto. Circa questo punto sono ancora in discussione due tesi; una mirante a stabilire l’età di anni 21, l’altra sostenuta dall’onorevole Perassi con la quale si propone di usare la formula «maggiore età».

PICCIONI ritiene che a questa formula si potrebbe aggiungere la precisazione «ai sensi della legge civile».

PERASSI la ritiene superflua; comunque della proposta si potrà tener conto in sede di redazione del testo definitivo.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta Perassi.

(È approvata).

MORTATI, Relatore, rileva che, con le proposte contenute nella relazione Conti, in particolare nell’articolo 1, si lascia in sostanza alle leggi ordinarie la possibilità di determinare e quindi di restringere eventualmente l’esercizio dei diritti civili e politici. Si domanda se, dal momento che si lavora alla redazione di una Costituzione rigida il che ormai appare almeno sottinteso, se non esplicitamente affermato, non convenga introdurre nella Costituzione stessa alcuni limiti alla possibilità di restringere il diritto elettorale.

Nelle sue considerazioni intende riferirsi anche all’esempio della Costituzione russa, la quale garantisce il diritto elettorale a tutti i cittadini, prescindendo dal loro passato politico.

Per concludere, senza fare proposte precise, pone il quesito se la Commissione con la formula dell’articolo in discussione abbia inteso di deferire interamente al legislatore ordinario i casi di possibili restrizioni dell’elettorato salvo naturalmente il criterio dell’eguaglianza di tutti i cittadini, che è implicito, o se non ritenga invece opportuno determinare quei casi per sottrarli all’arbitrio indiscriminato del legislatore ordinario. Numerose sono le ipotesi su cui si dovrebbe fermare l’attenzione; gli ubriachi, le prostitute, i mendicanti, i militari, gli ex fascisti, coloro che sono sottoposti a provvedimenti di polizia, ecc…

LEONE GIOVANNI rileva l’importanza eccezionale del problema sollevato dall’onorevole Mortati. Riconosce che con la formula votata si rischia di far sorgere dei veri e propri arbitrî, in quanto la facoltà in questione è affidata a leggi speciali, che sono soggette ai mutevoli orientamenti di ogni determinata epoca storica. In particolari momenti politici possono aversi forme transitorie di incapacità, mentre sussistono sempre casi di incapacità di carattere obiettivo e tradizionale a proposito dei quali non c’è dubbio che debba essere negato il diritto elettorale.

Ritiene che le limitazioni relative alla prima ipotesi non possano essere introdotte in una Costituzione; esse dovrebbero formare materia della futura legge elettorale, la quale, essendo coeva, ed affidata alla stessa Costituente, avrà un particolare valore come fonte legislativa. La difficoltà maggiore riguarda più che altro la seconda ipotesi e consiste nel trovare una formula sintetica ed universale che consenta di stabilire le incapacità di carattere costituzionale.

Per le limitazioni al diritto di voto relative alla prima ipotesi è preferibile rimettersi alla Commissione che dovrà elaborare il progetto di legge elettorale.

AMBROSINI è del parere che per il momento non sia il caso di addentrarsi nell’esame del problema che è stato sollevato, la cui soluzione è in funzione delle particolari attuali contingenze e che è bene quindi sia lasciata al legislatore, sia esso la Costituente stessa o un legislatore venturo.

Dissente dall’affermazione dell’onorevole Leone, che la nuova legge elettorale potrà avere una importanza superiore a quella di una normale legge elettorale solo perché elaborata dall’Assemblea Costituente. Anche quella, infatti, sarà ispirata, come tutte le altre, a criteri contingenti che potranno apparire non accettabili al legislatore futuro.

FABBRI è d’avviso che la questione della decadenza dei diritti politici è troppo essenziale per non essere consacrata nella nuova Costituzione e ritiene che tate decadenza non possa discendere che da una pronuncia dell’autorità giudiziaria ordinaria, civile o penale. Questo concetto fondamentale dovrebbe essere formulato nel testo della nuova Costituzione e non già nella futura legge elettorale per ovvie ragioni di opportunità.

NOBILE si associa alle osservazioni dell’onorevole Fabbri, rilevando che anche la Costituzione russa ha adottato un consimile criterio, disponendo che ogni cittadino può essere elettore, ad eccezione del minorato e delle persone condannate dal Tribunale alla privazione del diritto elettorale.

LEONE GIOVANNI trova di massimo interesse la proposta dell’onorevole Fabbri, mirante a stabilire che soltanto una pronunzia del magistrato ordinario possa produrre la interdizione dai diritti politici e civili. Tuttavia gli sembra che ciò non sia sufficiente. La preoccupazione è che, in un determinato momento, una maggioranza che rispecchi o meno la volontà del Paese, possa adottare leggi con spirito di parte, sovrapponendo i propri interessi particolaristici a quelli del Paese e privando dei cittadini dei fondamentali diritti politici.

L’aggiunta proposta non può impedire infatti che una nuova legge, votata col consueto criterio delle leggi ordinarie, possa stabilire che per determinati reati od attività più o meno illecite si incorra de iure nell’interdizione dai diritti civili e politici e che il magistrato, ancorché possa sentire ripugnanza per una simile disposizione, si trovi poi nella necessità di applicarla. Da ciò gli sembra che derivi la necessità di stabilire, per lo meno in maniera negativa, oltre a questo primo limite di natura processuale, anche per quali forme di attività debba essere assolutamente inibito irrogare la interdizione dai diritti civili e politici.

Ritiene che sia difficilissimo trovare una formula precisa e di facile intelligenza che risponda all’intenzione. Tale difficoltà non deve però sconsigliare dal compiere ogni tentativo possibile per fissare in modo sintetico limiti precisi assoluti ed inderogabili all’attività della legislazione ordinaria su questo argomento.

FABBRI teme che il tentativo di arrivare ad un’espressione perfetta complichi eccessivamente il problema, mentre sarebbe più logico limitarsi alla formulazione di concetti generali. È dell’avviso, pertanto, che non si possa andare oltre l’affermazione che sia necessaria una pronunzia dell’autorità giudiziaria civile o penale ordinaria. Insiste sulla parola «ordinaria», che gli sembra fondamentale. L’ipotesi fatta dall’oratore che lo ha preceduto, e cioè che una legge futura stabilisca, in contraddizione con la coscienza sociale, una soppressione dei diritti politici collegata ad un dato fatto o ad una data attività, gli pare che ponga un problema concernente la costituzionalità di questa legge futura. Riguardo a tale questione, ricorda che con tutta probabilità, nella Costituzione sarà prevista una forma superiore di sindacato e quindi la possibilità di impugnativa delle leggi che venissero ad infrangere i diritti fondamentali dei cittadini, anche se formulate dal Parlamento. Tale garanzia può bastare ed anche per questo ritiene che non si possa scendere nel campo della casistica che è stata accennata, senza snaturare il giusto profilo della Costituzione.

MORTATI, Relatore, ritiene che la preoccupazione di una garanzia sostanziale dovrebbe essere soddisfatta in sede di principî generali, di garanzie costituzionali e di riferimento ai principî naturali. In questi elementi dovrebbero trovare la salvaguardia le giuste esigenze prospettate dall’onorevole Leone. Si potrebbe pertanto escogitare una formula che facesse riferimento ad un atto giurisdizionale, limitato, sia pure, al solo giudice ordinario.

FABBRI direbbe: «i cittadini che non risultino privati del diritto elettorale da sentenza civile o penale del magistrato ordinario».

LUSSU crede che la formula proposta dall’onorevole Fabbri non sia comprensiva di tutti i possibili casi, e ciò senza voler fare riferimento ai provvedimenti di polizia, per quanto questi abbiano il loro valore. Condivide quanto è stato detto poc’anzi circa la possibilità di inserire il caso della responsabilità fascista nelle esclusioni dal diritto elettorale, né vale a suo avviso, per controbattere questa tesi, l’affermazione che la Costituzione non debba essere il portato di una tendenza politica, in quanto tutte le Costituzioni sono sempre il risultato di una particolare situazione politica.

Ogni Costituzione è in un certo senso un’affermazione di parte e in tanto essa è viva in quanto ha una determinata fede di parte. Nulla impedirebbe, pertanto, che nella Costituzione italiana fosse contenuto un principio democratico, per cui i responsabili fascisti non potessero aspirare mai all’elettorale attivo.

Ripete, concludendo, che la formula preposta gli sembra un po’ ristretta e tale da permettere che sfuggano alcuni casi che possano avere notevole importanza.

FABBRI, essendo favorevole ad un criterio di maggiore libertà, non si preoccupa affatto della possibilità che alcuni casi abbiano a sfuggire.

MORTATI, Relatore, ritiene che il fulcro della questione stia nello stabilire se è bene che alcuni casi sfuggano o no. Se si usasse una formula come quella proposta dall’onorevole Fabbri, sfuggirebbero, per esempio, i cittadini sottoposti ai provvedimenti di polizia, gli ubriachi abituali, ecc. Il giudizio politico che deve essere dato in questa sede è appunto questo: se sia opportuno o meno che determinati casi siano motivo di esclusione dal diritto elettorale. Vi è una tendenza che vorrebbe riservare esclusivamente al giudice la sanzione della privazione del diritto elettorale; un’altra, invece, sarebbe propensa a lasciare una più ampia libertà.

In circostanze eccezionali, come quelle accennate dall’onorevole Lussu, si dovrà ricorrere ad una revisione della Costituzione e se questa sarà opportuna sarà ciò che dovrà discutersi.

Propone infine la seguente formula:

«La Camera dei Deputati è eletta da tutti i cittadini di ambo i sessi, giuridicamente capaci, sulla base del suffragio eguale, diretto, segreto e personale, che abbiano compiuto la maggiore età ai sensi delle leggi civili. Nessuno può essere dichiarato decaduto dal diritto elettorale se non per disposizione di legge e in forza di una sentenza». A questa formula si potrebbero aggiungere anche le parole «del giudice penale».

FABBRI aggiungerebbe invece: «civile o penale del magistrato ordinario».

NOBILE desidera leggere alla Sottocommissione il seguente articolo della Costituzione sovietica:

«La elezione dei deputati si fa a suffragio universale. Tutti i cittadini di diciotto anni, indipendentemente dalla nazionalità, grado di istruzione, residenza, professione sociale, condizione economica e della loro attività passata, hanno diritto di partecipare alle elezioni dei deputati ed essere eletti, ad eccezione dei minorati e delle persone condannate dal tribunale alla privazione del diritto elettorale».

MORTATI, Relatore, ripete che la questione è di sapere se convenga o meno escludere dal diritto elettorale certi casi come quelli dei mendicanti o delle prostitute. Ricorda che la Sottocommissione ha escluso che coloro che, potendo vivere di rendita, non lavorano, siano privati del diritto elettorale. Analogamente non vi è alcuna ragione per la quale i mendicanti dovrebbero essere esclusi da tale diritto. Infatti, le stesse ragioni che hanno indotto la maggioranza a non approvare la proposta Tosato, relativa a coloro che non lavorano, dovrebbero valere nei riguardi dei mendicanti o dei ricoverati negli ospizi, ed anche nei riguardi delle stesse prostitute che, del resto, compiono un lavoro penoso, dovuto in sostanza al cattivo assetto sociale.

AMBROSINI afferma, senza entrare nel merito della questione, che la difficoltà di una casistica e il fatto che le precedenti leggi elettorali consideravano già questi casi, possono indurre alla conclusione che non sia opportuno affrontare quest’argomento nella sede attuale. Sarebbe pertanto consigliabile rimandare ogni discussione, senza eccessiva preoccupazione, alla Commissione che elaborerà la legge elettorale che la Costituente dovrà approvare.

UBERTI ritiene invece che sia bene inserire nel testo della Costituzione una frase limitativa delle norme della futura legge elettorale. Si è visto, infatti, durante le recenti elezioni, che, mentre ogni esclusione dal diritto di voto doveva essere sancita attraverso una deliberazione giudiziaria, all’ultimo momento tale facoltà fu demandata anche alle Commissioni comunali, che spesso erano di partito. Ciò potrebbe dar luogo ad inconvenienti di notevole gravità, specialmente dove esistono situazioni di faziosità. Per quanto riguarda i mendicanti, dato che essi hanno già volato nelle ultime elezioni, non vede il motivo per cui non potrebbero votare anche in seguito.

Ritiene, perciò, che una certa precisazione debba essere inserita nel testo della nuova Costituzione, affinché non sia possibile che all’ultimo momento, sia con legge, sia con circolari o telegrammi ministeriali, possano essere tolti i diritti elettorali attraverso decisioni di Commissioni comunali, prive di qualsiasi capacità giudiziaria.

CODACCI PISANELLI si associa alla proposta dell’onorevole Ambrosini di rimandare alla legge elettorale la determinazione delle incapacità elettorali, senza occuparsene in sede di formulazione della Costituzione. Dato che d’ora innanzi esisterà un organo che dovrà giudicare sulla costituzionalità delle leggi ordinarie, si avrà come conseguenza che le leggi che saranno in contrasto con i principî della Costituzione potranno essere impugnate di fronte a tale organo. Quello che avrà importanza, e determinerà quindi una situazione diversa da quella precedente, è il controllo sulla costituzionalità delle leggi. Stabilito questo controllo, se verrà emanata una legge elettorale che non rispetterà i diritti elettorali di alcune classi di cittadini, essa sarà passibile di impugnativa. In passato la mancanza di qualunque controllo faceva sì che il legislatore potesse commettere qualsiasi arbitrio, ma per l’avvenire questo non sarà più possibile.

FABBRI si associa all’onorevole Codacci Pisanelli, ma rileva che le sue osservazioni portano ad escludere una qualsiasi casistica e non la consacrazione di un principio generale, specie se formulato in termini così precisi come il riferimento ad una sentenza civile o penale del magistrato ordinario. Si tratterebbe, in sostanza, di un concetto elementare, la cui violazione costituirebbe appunto il presupposto per una possibile impugnativa.

LEONE GIOVANNI fa rilevare che la tendenza attuale è quella di arrivare alla abolizione di tutte le giurisdizioni speciali. Ma se mai dovesse decidersi di far sussistere qualche giurisdizione speciale, si domanda perché tale giurisdizione non dovrebbe avere la facoltà di comminare la decadenza dai diritti elettorali. Si augura che ciò non avvenga; ma in caso positivo sarebbe strano che una giurisdizione avesse la facoltà di condannare a morte un cittadino e non quella di privarlo del diritto elettorale. Cita l’esempio della giurisdizione speciale (singolare invero nella sua composizione) che attualmente giudica dei delitti di rapina. Se sopravvivesse quest’organo giudiziario, sarebbe illogico dargli da un lato il diritto di applicare la pena di morte e impedirgli dall’altro di infliggere la connessa interdizione dai pubblici uffici.

MORTATI, Relatore, pensa che la questione si potrebbe risolvere risalendo ai principî fondamentali, stabilendo cioè una doppia garanzia: giurisdizionale e costituzionale. Crede perciò che non sia più il caso di insistere sulla specificazione del giudice ordinario.

LUSSU è d’avviso anch’egli che sia più opportuno rinviare la questione in sede di legge elettorale. Tuttavia, se la maggioranza della Sottocommissione non è di tale avviso, si dichiara contrario alla duplice specificazione, vale a dire a che la decadenza del diritto elettorale debba essere pronunziata per disposizione di legge od in forza di una sentenza, in quanto con tale dizione sembrerebbero obbligatorie per la decadenza, contemporaneamente, e una sentenza e una disposizione di legge. Se mai alla «e» sostituirebbe una «o», altrimenti tutta la norma diventerebbe inutile.

Richiama poi l’attenzione dell’onorevole Mortati sulla parola «personale», la quale potrebbe far pensare che siano esclusi dal voto i minorati fisici, per quanto mentalmente capaci di tale diritto. Ricorda che nelle ultime elezioni si è consentito di votare anche ai minorati fisici.

MORTATI, Relatore, spiega, che con l’aggettivo «personale» ha inteso riferirsi al fatto che il voto deve essere attribuito ad una singola persona. Ad ogni modo se l’aggettivo «personale» può far sorgere dubbi, non ha nulla in contrario a sopprimerlo.

PERASSI ritiene che debba essere mantenuta la congiunzione «e» di cui ha parlato l’onorevole Lussa. Infatti, una sentenza non può esser pronunziata se non in base ad una norma di legge. Quindi la congiunzione «e» è assolutamente necessaria.

ROSSI PAOLO osserva che è concetto comune quello di non ammettere esclusioni di ordine politico, amministrativo e morale. Pertanto la formulazione dovrebbe specificare che sono elettori della Camera dei Deputati tutti coloro che sono capaci ai sensi civili e che non siano stati condannati alla pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici; cioè tutti, salvo coloro la cui incapacità derivi necessariamente da una condanna penale.

MANNIRONI insiste perché la formulazione di questo principio fondamentale sia consacrato in un articolo della Costituzione senza rinviarlo in sede di legge elettorale.

Per quanto riguarda la formula proposta dall’onorevole Mortati, circa la questione della «e» e della «o», si dichiara favorevole a mantenere la «e», perché, se la legge esiste, dovrà pure essere applicata da un giudice e solamente attraverso la sentenza da questo emanata in applicazione della legge può aversi la necessaria garanzia costituzionale.

CODACCI PISANELLI osserva che molte volte possono esservi casi così evidenti per i quali la stessa autorità amministrativa può escludere un cittadino dall’elettorato, senza bisogno di arrivare ad una sentenza. Propone perciò che l’incapacità possa essere pronunciata dalla legge «o» da una sentenza.

ROSSI PAOLO è di parere contrario, nel senso che ritiene necessario mantenere la congiunzione «e» perché, se si vuole porre una limitazione, occorre che la decadenza dal diritto elettorale sia derivante, non solo da una disposizione di legge, ma anche da una applicazione della legge fatta dal giudice (e non da una Commissione speciale). Soltanto così si può avere la sicura garanzia di una pronuncia solenne quale è la sentenza. Se invece si usasse la «o» disgiuntiva, la decadenza potrebbe essere pronunciata anche da una Commissione elettorale.

FUSCHINI crede che sia più opportuno usare la lettera «o». Infatti, parlando di legge, si può intendere anche la legge elettorale, la quale naturalmente sancirà delle esclusioni e istituirà delle Commissioni elettorali che avranno l’incarico di eliminare coloro che, secondo la legge, non possono essere elettori. Così, per esempio, nella legge elettorale potrà essere stabilita la esclusione dei mendicanti e delle prostitute, senza bisogno che per queste categorie vi sia una speciale sentenza. A suo avviso, quindi, non vi è bisogno, per comminare la decadenza, della legge e della sentenza congiuntamente.

DI GIOVANNI ritiene che dovrebbe essere soppresso tutto il capoverso riguardante le esclusioni e propone di limitarsi alla sola affermazione del diritto elettorale. In questa sede si deve fare l’affermazione di principio sul diritto, mentre nella legge elettorale saranno precisati i criteri relativi alle eventuali esclusioni. In caso contrario la Sottocommissione rischia di perdersi in una lunga e forse inutile discussione su questioni di dettaglio che, a suo giudizio, esulano dall’attuale sede. Ritiene che tutte le discussioni finora fatte possano essere riprodotte con più profitto in altra sede.

TOSATO propone la seguente formula: «Tutti i cittadini acquistano alla maggiore età il godimento dei diritti politici. Nessuna eccezione potrà essere stabilita dalla legge se non in connessione a incapacità civile, o in dipendenza di sentenza penale».

TARGETTI crede che ci si trovi nell’impossibilità materiale di esprimere il concetto dell’onorevole Mortati, in modo da raccogliere il consenso di tutti. A suo avviso, la materia non può essere regolata altrimenti che con una casistica, in sede però di legge elettorale. Coloro che sono dell’opinione dell’onorevole Mortati avranno modo, in sede di discussione della legge elettorale, di trasfondere nella stessa i loro punti di vista. Se oggi si approvasse la formula proposta, si precluderebbe la possibilità di introdurre nella legge elettorale quei criteri e quei concetti che a ciascuno sembrano più logici.

Insiste pertanto sull’opportunità di non mettere ai voti la proposta dell’onorevole Mortati, bensì quella di rimandare alla Commissione, incaricata dalla elaborazione della legge elettorale, la determinazione dei casi di incompatibilità con l’esercizio del diritto elettorale.

PATRICOLO si associa alla proposta di rinviare alla legge elettorale la determinazione dei casi di esclusione. Se poi la Sottocommissione decidesse, invece, di occuparsi della questione, ritiene che non sarebbe sufficiente la formula proposta. In essa si specifica che l’esclusione dal diritto di voto debba essere stabilita soltanto per legge o per sentenza, ovvero per legge e sentenza. Ora, se per legge s’intende la legge elettorale, è necessario fare tale menzione; al contrario, se per legge s’intende la legge in generale, si fa un’affermazione pleonastica, in quanto non è ammissibile una sentenza che non sia emessa in forza di una legge.

FABBRI insiste sulla sua proposta, e osserva che rimandare la formulazione dei principî fondamentali dell’esclusione dal diritto di voto alla legge elettorale, significherebbe togliere ogni valore alla nuova Costituzione.

È necessario pertanto che nel testo della Costituzione sia chiaramente formulato il principio della esclusione dal diritto di voto, stabilendo cioè, che la esclusione non può derivare che da una sentenza civile e penale. Che questa poi debba essere conforme alla legge è pacifico.

Prega inoltre l’onorevole Mortati di chiarire perché propone l’aggiunta dell’espressione «giuridicamente capaci». Se si afferma il concetto che i cittadini elettori debbano essere maggiorenni e debbano godere dei diritti civili e politici, non è necessaria la specificazione «giuridicamente capaci».

MORTATI, Relatore, chiarisce che ha inteso riferirsi agli interdetti.

FABBRI osserva che in questo caso si avrà un impedimento che discende da una sentenza civile e la precisazione quindi non è necessaria.

MORTATI, Relatore, si dichiara favorevole alla proposta dell’onorevole Tosato, che corrisponde anche ai desideri dell’onorevole Fabbri.

DI GIOVANNI osserva che se la Sottocommissione insistesse sulla necessità di prevedere i casi di esclusione, si potrebbe adottare una formula generica, affermando il principio che tutti hanno diritto all’elettorato, salve le eccezioni stabilite dalla legge speciale.

MANNIRONI è del parere che la Sottocommissione dovrebbe decidere con precedenza sulla proposta dell’onorevole Ambrosini, di rinviare ad altra sede l’esame della questione.

Da parte sua però dichiara d’esservi contrario, ritenendo che la Costituzione debba limitarsi all’affermazione di principî fondamentali che salvaguardino i diritti dei cittadini in materia di voto.

Tra le varie formule proposte, miranti a questo scopo, preferisce quella suggerita dall’onorevole Rossi; in essa infatti chiaramente si afferma che non v’è alcuna possibilità di esclusione all’infuori del caso di interdizione dai pubblici uffici.

FABBRI concreta la sua proposta nella seguente formula: «La decadenza dal diritto elettorale può derivare soltanto da sentenza civile o penale».

NOBILE è d’accordo con l’onorevole Fabbri: preferisce però la dizione «legge e sentenza».

AMBROSINI ritiene che per ragioni tecniche, la materia dovrebbe essere considerata, in tutte le sue particolarità, in sede di elaborazione della futura legge elettorale, ma, dal momento che la discussione finora svolta è scesa alla considerazione dei supremi principî, e poiché la sua proposta di rinviare ad una legge futura la decisione in questa materia potrebbe dare l’impressione di un troppo tiepido riguardo per la libertà dei cittadini, è costretto a far prevalere il criterio politico, e perciò ritira la sua proposta.

TARGETTI e DI GIOVANNI dichiarano di far propria la proposta dell’onorevole Ambrosini.

LA ROCCA ha l’impressione che ci si metta su di un terreno che sconfina dall’ambito dei poteri della Sottocommissione. In sede di Costituzione debbono affermarsi solo i principî generali e si deve cercare di non addentrarsi in eccessivi dettagli. Gli sembra inoltre che si stia adoperando un linguaggio tecnico che rischia di non essere ben compreso nemmeno dai competenti in materia: c’è da prevedere facilmente, quindi, quale disastrosa impressione ne riceverà l’uomo della folla. Per queste considerazioni insiste affinché la Sottocommissione si limiti ad affermare il principio generale che il diritto al voto è riconosciuto ad ogni cittadino, naturalmente sulla base del suffragio universale, eguale, diretto e segreto, ecc. Una Costituzione deve rispecchiare la situazione del momento, ma non deve diventare un ostacolo inviolabile agli sviluppi futuri della società.

LAMI STARNUTI è favorevole alla proposta di rinvio della questione alla Commissione per la legge elettorale. Desidererebbe anche che fossero chiariti alcuni dubbi sull’applicazione del principio di carattere generale enunciato dall’onorevole Mortati. Con la formula proposta si ammettono, tra l’altro, i mendicanti all’elettorato. Ora, non c’è alcuna ragione di escluderli in via generale dal diritto di voto; ma ci sono i mendicanti ricoverati negli ospizi di mendicità, i quali nell’esplicazione del loro diritto di voto potrebbero subire, se non la violenza, certo l’influenza morale dei dirigenti dello ospizio, Potrebbero, dunque, esservi considerazioni che non consigliassero di ammettere questa categoria all’esercizio del voto. Inoltre, la proposta dell’onorevole Mortati potrebbe anche dar luogo in avvenire all’esclusione dal diritto elettorale di tutti coloro che sono stati condannati dai Tribunali speciali per la difesa dello Stato, e dai Tribunali ordinari per reati antifascisti, ed è certo che l’onorevole Mortati non vuole arrivare a tanto.

PICCIONI esprime l’avviso che sia preferibile votare uno degli emendamenti proposti, anziché rinviare l’esame della questione ad altra sede.

PATRICOLO dichiara che, in linea di massima, accetterebbe il rinvio della questione alla legge elettorale, ma vorrebbe che il rinvio fosse integrato da una formulazione più precisa dell’articolo in esame, così concepita: «salve le eccezioni previste dalla legge elettorale».

MORTATI, Relatore, osserva che tutta la questione sta nello stabilire se si vuole adottare una formula analoga a quella già approvata relativamente al godimento dei diritti civili e politici, oppure se si vogliono fissare i limiti nella Costituzione.

PATRICOLO ripete che, se si dovesse accettare la proposta di rinvio, occorrerebbe formulare l’articolo in maniera da consentire alla legge elettorale di stabilire limitazioni al diritto di voto.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Ambrosini, fatta propria dagli onorevoli Targetti e Di Giovanni, di rinviare alla legge elettorale l’esame dei casi di esclusione dal diritto elettorale.

AMBROSINI dichiara di astenersi dalla votazione.

(Non è approvata).

PRESIDENTE ricorda che restano allora da porre in votazione tre formule:

la prima, proposta dell’onorevole Tosato, è così concepita: «Tutti i cittadini acquistano alla maggiore età il godimento dei diritti politici. Nessuna eccezione potrà essere stabilita dalla legge se non in connessione a incapacità civile, o in dipendenza di sentenza penale»;

la seconda, proposta dall’onorevole Fabbri, è del seguente tenore: «La decadenza dal diritto elettorale può derivare soltanto da sentenza civile o penale al magistrato ordinario»;

la terza, proposta dall’onorevole Rossi è la seguente: «Nessuno può essere dichiarato decaduto dal diritto elettorale se non è condannato alla pena accessoria dell’interdizione dei pubblici uffici».

FABBRI e ROSSI PAOLO ritirano le loro proposte, aderendo a quella dell’onorevole Tosato.

LAMI STARNUTI dichiara che voterà contro ed, in via subordinata, propone la seguente aggiunta alla formula dell’onorevole Tosato: «fatta eccezione per le esclusioni di cui all’articolo 6 del decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946 n. 74.

PRESIDENTE prega l’onorevole Lami Starnuti di non insistere, perché nel testo di una Costituzione non si può far richiamo ad una legge precedente.

LAMI STARNUTI insiste affinché la sua aggiunta sia per lo meno inserita nelle norme transitorie.

BOZZI dichiara di condividere il concetto espresso nella formula dell’onorevole Tosato, ma non gli sembra completamente felice la forma. Vi sono due espressioni, «in connessione» e «in dipendenza», che non lo soddisfano.

LEONE GIOVANNI suggerisce la seguente dizione: «o come effetto di una sentenza penale».

LA ROCCA desidera sapere se la Costituzione che si sta elaborando deve essere una specie di nuova amnistia più larga di qualsiasi altra. Già ci si è trovati di fronte ad una legge elettorale che, con tutte le sue restrizioni, non ha escluso dal diritto elettorale ben note persone e categorie. Si domanda ora se con la formula in questione non si vogliano aprire le porte a tutti i gerarchi fascisti.

LEONE GIOVANNI tiene a dichiarare che la questione sollevata dall’onorevole La Rocca ha indubbiamente la sua importanza. Va ricordato in proposito che con l’attuale legge elettorale sono stati eletti deputati perfino vecchi gerarchi fascisti, ciò che è deplorevole. Per evitare il ripetersi di tale inconveniente, si potrebbe stabilire che solo la coeva legge elettorale potrà contenere limiti al principio costituzionale. Il testo della nuova Costituzione, però, in materia di esclusione dal diritto di voto, non può contenere che dei principî generali formulati sinteticamente, ed impedire inoltre che una maggioranza qualsiasi che vada al potere tolga arbitrariamente l’esercizio di voto a determinate categorie che si trovino in particolari condizioni. Il testo di una Costituzione deve sempre cercare di impedire il sorgere di arbitrî.

CALAMANDREI desidera chiedere un chiarimento all’onorevole Mortati circa un problema attinente non al passato, ma all’avvenire. Si è discusso se nella Costituzione possa essere stabilito un controllo sui partiti, e qualcuno ha proposto che uno dei compiti della futura Corte Costituzionale sia anche quello di controllare i partiti per accertare se essi rispettino il giuoco democratico e possano essere ammessi alla vita politica legale dello Stato. È questo un argomento su cui si possono avere opinioni diverse. In ogni modo, nel caso che il controllo sui partiti sia ammesso, si può fare la seguente ipotesi: se in un domani dovesse sorgere un partito che ponesse come base della sua attività politica il principio dell’antropofagia per risolvere le questioni sociali, gli appartenenti a un tale partito potranno essere ammessi all’elettorato attivo e passivo, ovvero esserne privati? Gli sembra che questo sia un argomento di più per rinviare ad altra sede la risoluzione del problema in questione.

MORTATI, Relatore, non crede pertinente al problema in discussione il caso accennato dall’onorevole Calamandrei. In sostanza possono esservi molte associazioni illegittime i cui componenti, però, possono egualmente essere ammessi al voto. Nel diritto francese vi è una disposizione che stabilisce il divieto di associazioni che tendano al mutamento della forma dello Stato. Nel nostro diritto potrebbe così essere stabilito il divieto di associazioni di anarchici: il che non escluderebbe che i singoli associati potessero votare, fin quando una sentenza non togliesse loro la capacità giuridica.

PRESIDENTE dà lettura dell’emendamento dell’onorevole Tosato, nel seguente nuovo testo concertato dal proponente con gli onorevoli Bozzi e Leone Giovanni:

«Tutti i cittadini acquistano alla maggiore età il godimento dei diritti politici. Nessuna eccezione può essere stabilita dalla legge se non in conseguenza di sentenza civile o penale».

LEONE GIOVANNI direbbe piuttosto: «se non come conseguenza di sentenza civile o penale».

TOSATO dichiara che, dopo nuova riflessione, preferisce mantenere la formula: «Tutti i cittadini acquistano alla maggiore età il godimento dei diritti politici. Nessuna eccezione potrà essere stabilita dalla legge se non in connessione a incapacità civili, o in dipendenza di sentenza penale».

DI GIOVANNI proporrebbe di modificare così l’ultima parte della formula dell’onorevole Tosato: «Nessuna eccezione potrà essere stabilita se non per legge».

LUSSU ritiene che la prima parte della formula proposta sia pleonastica, dato quanto in precedenza è stato votato.

MORTATI, Relatore, osserva che nulla vieta di ritoccare l’articolo in sede di coordinamento.

FABBRI fa notare che in precedenza non si è votato un articolo preciso, ma unicamente si è stabilito di adottare per l’elettorato attivo il criterio della maggiore età.

PRESIDENTE pone ai voti l’articolo proposto dall’onorevole Tosato.

(È approvato).

La seduta termina alle 10.15.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Castiglia, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Di Giovanni, Einaudi, Fabbri, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Patricolo, Perassi, Piccioni, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Tosato, Uberti, Vanoni, Zuccarini.

In congedo: Amendola, Bordon, Grieco, Terracini.

Assenti: Maffi, Porzio.