Come nasce la Costituzione

SABATO 7 SETTEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

11.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI SABATO 7 SETTEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Organizzazione costituzionale dello Stato (Seguito della discussione)

Porzio – Presidente – Lussu – La Rocca – Lami Starnuti – Nobile – Ambrosini – Ravagnan – Targetti – Mortati – Uberti – Fabbri – Piccioni – Einaudi – Castiglia – Finocchiaro Aprile – Perassi – Mannironi.

La seduta comincia alle 10.45.

Seguito della discussione sull’organizzazione costituzionale dello Stato.

PORZIO dopo avere ascoltato i discorsi dei vari oratori, specie quelli degli onorevoli Ambrosini e Lussu, avrebbe voluto pregare il Presidente di porre in votazione la questione di principio: sistema monocamerale o sistema bicamerale? Perché, adottato l’uno o l’altro sistema, al momento opportuno si potrà disciplinare il sistema accettato. Non è, infatti, possibile dire che, se non sono accolte determinate condizioni del sistema bicamerale, si vota per il sistema monocamerale, perché si tratta di due principî troppo diversi, di due concezioni troppo dissimili l’una dall’altra.

Del resto, qui tutti sono convinti che bisogna adottare il sistema bicamerale. E allora tanto vale dirlo senz’altro. Si fanno da taluni delle riserve, cioè da quelli che hanno predilezione per il sistema monocamerale, che è stato respinto in Francia; ma il fatto è che tutti riconoscono che bisogna adottare quello bicamerale.

E allora sorge una questione, perché taluni vogliono una vera Camera alta o Senato elettivo (anche su questo si è d’accordo), mentre altri ammettono la Camera alta, o Senato, per una specie di transazione sul progetto, e quindi la riducono ad una sorta di consulta. Ebbene, il popolo italiano è un popolo non solamente sconfitto, ma disfatto; ha perduto la guerra, ma non l’intelletto; si può risollevare sul terreno intellettuale e sul terreno giuridico e, senza tanti richiami all’America, all’Inghilterra, alla Francia e perfino alla Norvegia, può creare una cosa italiana, il Senato italiano! Il Senato deve rispondere a particolari esigenze volute dal popolo italiano, dal costume del popolo italiano che si evolve, che è progressista, ma che nel fondo della sua coscienza vuole un organo moderatore, equilibratore.

Perciò prega il Presidente di porre in votazione il sistema bicamerale e quello monocamerale. Approvato il sistema bicamerale, si potrà passare al modo di elezione del Senato. Si è parlato del metodo che bisogna seguire per l’elezione delle Assemblee regionali; e allora si cadrebbe in errore se non si creasse un sistema armonico, col quale si possa formare la nostra organizzazione.

Tutti sono favorevoli ad un Senato elettivo salvo l’eccezione della nomina di una diecina di senatori da parte del capo dello Stato. Per suo conto è favorevole a questa nomina eccezionale, perché l’Italia deve avere una rappresentanza elevata, e certe personalità insigni della politica, della scienza e dell’arte non potranno entrare alla Camera, non potendo affrontare la lotta elettorale, che stanca ed esaurisce. Alcune personalità a scelta del Presidente della Repubblica debbono entrare nel Senato. Ma, all’infuori di questi, i senatori debbono essere nominati dagli elettori.

Si vedrà in seguito quali dovranno essere gli elettori, tenendo conto delle regioni, delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni professionali: e si avrà un corpo elettorale con una base un po’ diversa da quella che ha la Camera dei Deputati.

Il Senato esiste dovunque: in Francia, in Inghilterra – ove, checché se ne dica, la Camera dei Lords dirige – esiste in America ed anche in Russia. Non si comprende perché non debba esistere in Italia. E allora si deve fare questa riforma, concepita come deve essere concepita in terra latina.

In Francia, la Repubblica fu creata da Gambetta, il quale le diede la seconda Camera e mantenne in carica anche i senatori appartenenti al Senato dell’impero, animato, come era, da volontà di unione e di concordia nazionale. Senza arrivare a questo, si può, in Italia, creare una repubblica latina con quel Senato che in Francia fu concepito come freno, come moderazione, come riesame; come, insomma, una cosa utile ed efficace nel meccanismo dello Stato.

Perciò, prega il Presidente di far procedere senz’altro alla votazione sul sistema, salvo a decidere in seguito sui dettagli relativi alla nomina dei senatori; e propone il seguente ordine del giorno: «La seconda Sottocommissione approva il sistema bicamerale».

PRESIDENTE comunica che gli onorevoli Bozzi ed Einaudi gli hanno presentato il seguente ordine del giorno:

«La seconda Sottocommissione riconosce la utilità del sistema bicamerale, che esprime la rappresentanza di tutte le forze vive della società nazionale».

Crede che, prima di votare sull’ordine del giorno presentato dall’onorevole Porzio, sia necessario terminare la discussione iniziata.

PORZIO non ha difficoltà a ritirare l’ordine del giorno, che ha presentato per semplificare la. discussione, e ad aderire a quello presentato dagli onorevoli Einaudi e Bozzi.

LUSSU rinunzia alla parola, riservandosi di fare una dichiarazione di voto.

LA ROCCA fa analoga dichiarazione.

LAMI STARNUTI, circa l’eventuale formazione della seconda Camera attraverso i Consigli regionali, precisa che egli pensava ai Consigli regionali per l’elezione indiretta di secondo grado della Camera delle Regioni, analoga al Consiglio dei Cantoni in Svizzera; non per l’elezione di una seconda Camera.

Non avrebbe, del resto, difficoltà ad aderire al suggerimento dell’onorevole Ambrosini di dare il voto elettorale per la seconda Camera ai consigli comunali ed eventualmente ai consigli provinciali (se le provincie dovessero rimanere); ma ritiene che non vi sia possibilità tecnica di organizzare i consigli comunali ed eventualmente i consigli provinciali come organi di secondo grado per la elezione della seconda Camera, a meno che non si tratti di costituire un collegio vero e proprio di secondo grado per la nomina dei componenti della seconda Camera, analogo al collegio dei delegati per la nomina del Presidente degli Stati Uniti d’America. I consigli comunali, provinciali e regionali dovrebbero cioè delegare gli elettori senatoriali. All’infuori di questo sistema non vede come la elezione dei membri della seconda Camera potrebbe essere organizzata attraverso i consigli comunali e provinciali.

NOBILE desidera aggiungere alcune argomentazioni in sostegno della sua tesi, decisamente contraria alla istituzione della seconda Camera.

Gli argomenti che vengono comunemente addotti a difesa della seconda Camera sono: opportunità di un più accurato esame nella legge; necessità d’un organo moderatore e opportunità di chiamare a collaborare alla preparazione delle leggi gli esponenti delle varie categorie sociali.

Orbene, non è col creare un duplicato che si può garantire un buon esame della legge. La qualità della discussione in questo argomento vale assai più della quantità, e quando si discuterà del funzionamento della Camera legislativa, si potrà vedere quali accorgimenti sia possibile adottare affinché i disegni di legge vengano accuratamente esaminati.

In secondo luogo, una Camera di rappresentanti dei vari interessi che si agitano nel Paese, i quali prendano parte direttamente alla discussione di questioni che li interessano, non offrono migliore garanzia di obiettività dell’Assemblea. La seconda Camera dovrebbe essere costituita, secondo quello che è stato detto, da rappresentanti dell’industria, del lavoro, del commercio, della cultura, delle arti, e così via. Ma i sindacati, le associazioni professionali, le organizzazioni industriali e commerciali, gli istituti di cultura ecc., hanno anche nella Camera unica il modo di far sentire e di far pesare le loro opinioni e di agitare questioni; e possono anche indirettamente provocare la presentazione di progetti di legge. Basta, per convincersene, esaminare l’elenco dei deputati alla Costituente. In questa Assemblea si trovano sessantanove professori universitari; e se ne andassero un’altra settantina alla seconda Camera, troppi professori non avrebbero più tempo né di studiare né di fare studiare gli altri. Ci sono poi trentasei professori medi, centocinquantatré avvocati, ventinove medici, ventisei ingegneri, sedici industriali; e tutti possono essere i portavoce delle rispettive categorie. Ci sono ancora quindici organizzatori, quindici operai, nove agricoltori, sei commercianti, quattro bancari, sei commercialisti, perfino un armatore. Ci sono rappresentanti dei vari consessi statali: tre magistrati, un Consigliere di Stato, sette ferrovieri, quattro generali ed anche un editore ed un notaio. Quindi le varie categorie economiche del Paese non potrebbero essere meglio rappresentate.

Considerando poi la questione da un altro punto di vista, dal quale di solito queste questioni non vengono considerate, cioè da un punto di vista economico e delle attuali condizioni economiche del nostro Paese, si deve ricordare che il Paese è ridotto alla più estrema miseria, col bilancio dello Stato in condizioni disastrose, e non si può, senza un’assoluta necessità, duplicare gli organi statali. Senza fare un conto dettagliato, una valutazione sommaria conduce a concludere che la spesa occorrente per una seconda Camera sarebbe dell’ordine di grandezza di un miliardo, e questo è un argomento che oggi in Italia ha il suo peso.

Ricorda come già sia stato fuori di qui rilevato che «un Parlamento non è un collegio di esimi periti; se lo fosse, darebbe risultati ancora più mediocri di quelli che dà, perché, se uno è eccellente negli affari o in meccanica o in economia o in medicina, questa non è una ragione per credere che sia all’altezza del compito peculiare del Parlamento. Questo, nella sua essenza, sembra consistere in quattro cose: saper maneggiare gli uomini, vedere le questioni che occorre trattare, giudicare a quali si deve dare la precedenza per l’importanza che hanno, avere la forza e il coraggio di dare alle soluzioni proposte un esito favorevole. L’assemblea non è un corpo di statisti, ma è un campionario medio di uomini comuni avviati ora su questa, ora su quella strada, da spinte dell’opinione pubblica».

AMBROSINI si limiterà a rispondere al quesito che proponevano i precedenti colleghi. Per il caso che fosse decisa, in via di massima, la costituzione di un Senato, dando una rappresentanza agli interessi territoriali, egli ha prospettato la possibilità che, oltre agli interessi regionali come tali, abbiano una rappresentanza gli interessi territoriali dei comuni e delle provincie, (ove queste vengano mantenute). A costituire questa rappresentanza si potrebbe pervenire con una elezione di secondo grado. Lo stesso sarebbe forse per la rappresentanza regionale. Comunque, la rappresentanza degli interessi territoriali dei comuni e delle provincie potrebbe avvenire attraverso un collegio provinciale composto su per giù a questo modo: dai deputati della provincia, dai consiglieri provinciali e dai deputati provinciali, dai membri elettivi in carica della Giunta Provinciale Amministrativa o dell’organo che le venisse sostituito, dai componenti del Consiglio provinciale scolastico, della Commissione provinciale di assistenza e beneficenza, ed infine, per quanto si riferisce ai comuni, dai sindaci e dai delegati dei consigli comunali, secondo una certa proporzione.

Poiché è stato osservato che non sarebbe giusto affidare a tutti i comuni lo stesso numero di delegati per questa elezione, sia pure di secondo grado, dichiara che conviene in ciò completamente. Ma appunto per questa ragione aveva parlato di proporzione: il numero dei delegati dei consigli comunali sarà diverso, in proporzione del numero dei consiglieri comunali, o, come altri dice, della popolazione, il che è lo stesso.

Quindi le difficoltà di indole pratica, a cui alcuni colleghi hanno accennato, possono essere superate con l’adozione di questo criterio di proporzionalità nella determinazione dei delegati dei consigli comunali.

RAVAGNAN esprime l’opinione che alla base di molti dei discorsi pronunciati sull’argomento sia il presupposto che si debba preparare con accorgimenti e congegni legislativi un correttivo del suffragio universale, affinché i rapporti politici e lo schieramento politico che ne derivano siano spostati, per corrispondere, non più ai rapporti reali quali sono nel Paese, ma ad una specie di schema più o meno precostituito e corrispondere ad un concetto politico determinato. La seconda Camera non sarebbe più una Assemblea legislativa che concorre con propria autonomia alla preparazione delle leggi, ma sarebbe in primo luogo un freno, un correttivo della prima Camera.

La discussione attuale si svolge evidentemente, nella mente di molti colleghi, sulla base della seconda parte dell’ordine del giorno Perassi, intesa a trovare i mezzi per impedire il supposto prepotere della prima Camera: e la seconda sarebbe uno di questi mezzi. Questa impressione, la cui fondatezza gli sembra incontestabile, è alla base dell’atteggiamento tenuto in occasione del voto dell’altro giorno e ispira l’ordine del giorno presentato dai colleghi Rossi, Lami Starnuti ed altri.

Vi è stato anzi un collega il quale ha affacciato l’ipotesi di un prepotere della maggioranza della prima Camera, la quale potrebbe sopraffare la minoranza, nel qual caso, egli ha detto, si giustificano i correttivi costituiti dalla composizione della seconda. Per tal modo la seconda finirebbe in pratica per costituire come un rafforzamento della minoranza della prima.

Ed infatti se, per esempio, venisse ad essere accettato il criterio che una parte dei membri della seconda Camera fossero di nomina presidenziale o chiamati a farne parte per cooptazione, si verificherebbe in pratica qualche cosa di simile a quel che avveniva all’epoca del vecchio Senato nel periodo parlamentare prefascista, quando i candidati ministeriali caduti alle elezioni venivano nominati senatori: verrebbero chiamati a far parte della seconda Camera uomini che il suffragio universale non avrebbe eletto, o non sarebbero stati nemmeno designati candidati, cosa che implica un determinato giudizio politico contro cui la loro nomina si porrebbe.

Non può quindi accettare il sistema della nomina presidenziale, né quello della cooptazione.

Circa le categorie economiche, i Corpi accademici ed Ordini professionali che si vorrebbero far concorrere insieme con le Assemblee regionali alla elezione della Seconda Camera, osserva in linea generale che quando si afferma, e giustamente, che il popolo elegge i deputati, si intende il popolo indifferenziato, perché i suoi rappresentanti debbono legiferare non in nome di interessi particolari, ma sulla base degli interessi generali; di qui, e cioè, dall’apprezzamento della composizione degli interessi generali nasce la legge. Se invece si attribuisce potere legislativo a rappresentanti i quali esplicitamente esprimono interessi determinati, questi rappresentanti verranno a difendere interessi particolaristici in contrapposto con gli interessi generali. È evidente che non si devono trascurare tali interessi, ma non si può attribuire a coloro che li rappresentano la facoltà di legiferare sulla base di questi. Essi avranno diritto di essere consultati e niente vieta che si stabilisca che diventino effettivamente una cosa seria, organica e fattiva taluni organi, come il Consiglio superiore del lavoro, il Consiglio superiore della pubblica istruzione, dei lavori pubblici, delle belle arti, ecc.

Altro rilievo molto importante è che questi Corpi ed Ordini disporrebbero di due voti: uno che verrebbe dato dai singoli componenti di essi per le elezioni alla prima Camera, l’altro che darebbero come Corpo alla seconda: onde una specie di anacronistico ritorno agli ordini privilegiati. Così l’onorevole Bulloni ieri sera ha parlato, con schiettezza di cui gli va data lode, di voto plurimo. Ma, ove si accedesse a questo principio, si metterebbero in imbarazzo i membri della prima Sottocommissione, i quali, senza dubbio proporranno che la Costituzione proclami l’eguaglianza politica dei cittadini. Come sarebbe possibile affermare da un lato l’eguaglianza politica e dall’altro creare delle categorie di cittadini politicamente privilegiati?

Conclude che il presupposto aprioristico e artificiale del correttivo al suffragio universale deve essere abbandonato e che la seconda Camera deve essere eletta da un corpo elettorale composto solamente dalle Assemblee regionali. Stabilito questo principio, si potrà determinare la composizione numerica di questa seconda Camera e la sua competenza legislativa.

PRESIDENTE pensa che, per uscire dalla situazione complicata dei molteplici ordini del giorno presentati, si potrebbe accettare il criterio indicato dall’onorevole Porzio, di fare anzitutto una votazione sopra l’esigenza del sistema bicamerale, da tutti gli ordini del giorno affermata.

Rileva, tuttavia, che nel corso della discussione si è fatto presente il desiderio che questa accettazione sia diversamente legata ad alcuni elementi che avviano alla soluzione del problema. Quindi, dopo l’affermazione comune, si avrà contrasto circa l’elemento condizionale.

PORZIO concorda col Presidente e presenta un ordine del giorno puro e semplice: «La Sottocommissione approva il sistema bicamerale». Si procederà così con un ordine logico. Prima si stabilisce che si avrà una repubblica parlamentare (e questo è già fatto); ed allora si deve determinare quali sono i metodi per la proclamazione del Presidente della Repubblica. Qui interviene la questione della seconda Camera ed allora è anche logico che si dica se si deve adottare il sistema monocamerale o il sistema bicamerale. Approvato il sistema bicamerale, sarà stabilito che per l’elezione del Presidente della Repubblica l’Assemblea sarà formata dalla Camera dei Deputati e dal Senato. Dopo di ciò si dovrà discutere di tutte le questioni che sono state accennate sul modo di formare il Senato.

TARGETTI non crede che sia una questione di sostanza, ma per la forma osserva che, mettendo in votazione e approvando l’ordine del giorno Porzio, si turberebbe l’ordine della votazione, perché nessun altro degli ordini del giorno presentati potrebbe rimanere più così com’è, in quanto il principio delle due Camere sarebbe stato già adottato. Propone perciò di votare uno degli altri ordini del giorno per divisione.

MORTATI osserva che la discussione porrebbe essere abbreviata, se si cercasse di esaminare da vicino quali sono le ragioni del contrasto fra i vari ordini del giorno.

In sostanza l’ordine del giorno Mortati e quello Bozzi-Einaudi sono simili, e si differenziano da quello dell’onorevole Lami Starnuti semplicemente perché questo pone una condizione, cioè stabilisce che si accetta il sistema bicamerale, solo in quanto non si alteri il concetto della rappresentanza politica. Bisognerebbe esaminare questa condizione: se la si intende nel senso letterale dell’espressione, la seconda Camera non si potrà mai creare, perché tutte le seconde Camere sono fatalmente portate a spostare in qualche modo la fisionomia politica della prima. Anche quella norvegese, in sostanza, perché il semplice fatto, che essa sia più ristretta, altera in certo modo la fisionomia. Ma all’infuori di questa ipotesi, che poi è l’unica ed è difficilmente riproducibile in Italia, in un clima fisiologico completamente diverso, tutte le seconde Camere si differenziano dalle prime se non altro perché sono formate da individui di età superiore e il fattore dell’età è già un elemento differenziatore della fisionomia politica, e determina un funzionamento diverso.

Si può cercare di omogeneizzare le due Camere: egli non è d’accordo con quelli che vorrebbero vedere la seconda Camera in funzione di contrasto istituzionale con la prima, ma anche l’esigenza dell’omogeneità non si può estendere oltre certi limiti.

L’ordine del giorno Mortati esprime un concetto di completamento della rappresentanza politica: deve trattarsi di rappresentanza politica, non di rappresentanza di interessi. Non si intende la seconda Camera come rappresentanza professionale ma, se mai, di più grandi categorie, onde quest’ordine del giorno prospetta una seconda Camera che abbia una funzione politica, che non deve rispecchiare la prima, ma dev’essere una rappresentanza capace di esprimere interessi politici di carattere generale.

PRESIDENTE osserva che, dopo questo chiarimento, gli ordini del giorno potrebbero esser ridotti a tre: quello Porzio, puro e semplice, quello Lami Starnuti, e un terzo che potrebbe essere concordato fra gli onorevoli Mortati, Bozzi e Castiglia.

LAMI STARNUTI, poiché il suo ordine del giorno è più completo di quello dell’onorevole Porzio, crede che dovrebbe avere la precedenza e potrebbe essere votato per divisione: prima nella parte contenente parere favorevole alla istituzione della seconda Camera; e poi nella seconda che incomincia con le parole «a condizione che».

UBERTI non vede una differenza sostanziale tra gli ordini del giorno Lami Starnuti e Mortati, poiché anche l’onorevole Mortati non desidera una seconda Camera con una fisionomia di forze politiche diversa da quella della prima Camera e, per cercare questa corrispondenza, propone la pluralità delle fonti di derivazione.

FABBRI propone che i presentatori dei vari ordini del giorno si riuniscano separatamente per redigere non un testo unico, che è forse difficile concordare, ma una formulazione che si presti alla votazione per divisione delle sue varie parti.

LA ROCCA crede che i quesiti si pongano in questi termini: opportunità della creazione della seconda Camera; determinazione dei poteri che devono esserle attribuiti, ed innanzi tutto se convenga porla su di un piano di parità con la prima Camera. In caso di risposta affermativa a quest’ultimo quesito, occorre una estrema cautela nel determinare la composizione della seconda Camera. I commissari comunisti non accetterebbero mai che si istituisse una seconda Camera con gli stessi diritti e poteri della prima, ma formata con elementi tratti da una sorgente diversa, incerta ed aleatoria, perché, se così fosse, si verrebbe a riconoscere a determinate categorie di cittadini un doppio voto, laddove il Parlamento deve essere l’espressione della volontà di tutto il popolo.

MORTATI fa rilevare che, col sistema da lui proposto, tutti i cittadini, direttamente o attraverso elezioni di secondo grado, partecipano due volte alla votazione.

PICCIONI ritiene che l’ordine del giorno Porzio, che si limita ad affermare il principio della bicameralità, avrebbe potuto avere la precedenza in un’altra fase della discussione; non ora, dopo che la discussione si è ampliata al punto di fare affiorare le diverse opinioni fra le quali è divisa la Sottocommissione.

Tutti, eccettuato l’onorevole Nobile, sono d’accordo sul sistema bicamerale; ma il criterio informatore della seconda Camera, sia pure nelle sue grandi linee, non è evidentemente lo stesso nel pensiero dei componenti la Sottocommissione; tanto che nell’ordine del giorno Lami Starnuti, è detto che la creazione della seconda Camera dev’essere condizionata al fatto che non si alteri la fisionomia elettorale della prima. I commissari democristiani hanno un’altra visione della costituzione della seconda Camera, inutile scendere ai dettagli, ciò che sarebbe possibile solo se la divergenza investisse elementi formali, mentre investe la questione sostanziale.

In tali condizioni, o si rinvia l’ulteriore discussione sulle modalità dell’applicazione dell’uno o dell’altro criterio informatore; oppure, se non è ancora possibile affrontare il problema della sua integrità, si deve continuare la discussione sulle modalità pratiche di attuazione della seconda Camera e rinviare l’approvazione di un ordine del giorno concreto, pur tenendo conto fin da ora che effettivamente c’è un certo accordo sul criterio informatore della seconda Camera, anche se non è specificamente precisato.

Comunque, se si pensa di realizzare una seconda Camera, che riproduca sostanzialmente il gioco delle forze politiche che si svolge nella prima Camera, si pensa ad una cosa inutile, perché l’esigenza che si afferma creando la seconda Camera è un’esigenza di garanzia delle ragioni profonde del sistema democratico. La Camera unica costituisce un potenziale pericolo di queste profonde ragioni, perché in regime di Repubblica Parlamentare, con la maggioranza comunque costituita nella Camera unica, questa maggioranza, quasi fatalmente, è portata a comprimere in un primo momento e a sopprimere eventualmente in un secondo momento le ragioni della minoranza; mentre nella tutela della minoranza, senza che sia intaccato l’organismo sostanziale del regime democratico, stanno le ragioni più profonde del sistema democratico stesso:

Per evitare possibilità di questo genere, i democristiani, che hanno una concezione della funzionalità sociale in senso perfettamente organico e credono che, non soltanto l’individuo come tale abbia un valore e un peso decisivo nella vita sociale e politica della Nazione, ma che anche i gruppi abbiano un loro valore e peso da far valere, ritengono che questa concezione si debba riflettere nella seconda Camera, col preciso intendimento di garantire il sistema democratico. Il che non avverrebbe se la seconda Camera rispecchiasse esattamente la prima.

Occorre quindi decidere quale dei due criteri informatori si vuol seguire per la costituzione della seconda Camera; per passare poi, con maggiore concretezza, all’esame delle modalità di struttura della seconda Camera. Questo scopo sarebbe chiaramente raggiunto votando l’ordine del giorno Mortati, o quello Einaudi, o l’uno e l’altro fusi insieme, perché in questi è fissato un criterio informatore che si contrappone nettamente all’altro criterio che pure è stato qui esposto.

PORZIO chiede che si riponga la discussione nei suoi termini parlamentari. È stato presentato un ordine del giorno puro e semplice, e questo, in quanto tale, deve avere la precedenza su tutti gli altri.

Adesso si discute se bisogna scegliere il sistema monocamerale o quello bicamerale. Questo è il punto sostanziale. E allora non è perché vi sono divergenze circa il modo di eleggere i senatori che si può respingere il sistema bicamerale. Le modalità per creare questo sistema bicamerale rappresentano un’altra di quelle questioni sulle quali l’esame dovrà approfondirsi, fermo restando il principio. Si cercherà di trovare un sistema, nell’accordo di tutti; e se l’accordo non si avrà, chi otterrà la maggioranza vincerà. Ma non per questo si può dire che il principio essenziale, il punto di partenza debba essere abbandonato.

Chiede quindi che si voti l’ordine del giorno puro e semplice, salvo a passare poi ai vari ordini del giorno specifici. Quello Mortati si può fondere con quello di Einaudi e Bozzi. Vi saranno altri ordini del giorno. Ma questi, riguardando le modalità di applicazione, importeranno una discussione che sarà più breve, dopo risolta quella principale.

LUSSU crede possibile arrivare ad un accordo.

La formulazione dell’ordine del giorno Mortati, in quanto pone una condizione non rispecchia, a suo avviso, il pensiero di taluni dei colleghi della parte politica a cui l’onorevole Mortati appartiene; e, una volta affermata concordemente l’esigenza della seconda Camera, è probabile che una comprensione reciproca condurrà ad accettarla in quelle forme che siano conclusive. Spera che i colleghi Piccioni e Mortati si renderanno conto di alcune esigenze e che si passi ad impostare il problema in modo che quelle esigenze non siano accantonate e non si sospinga verso la Camera unica anche coloro che sono disposti ad accettare il sistema bicamerale.

Perciò suggerisce di votare, non sull’ordine del giorno Mortati, il quale pone una condizione che non rispecchia il pensiero di tutti, ma su quello Bozzi-Einaudi o su quello Lami Starnuti. Quest’ultimo soprattutto gli pare il più adatto, anche perché può dividersi in due parti da votarsi separatamente, e nella seconda parte darà l’occasione di meglio chiarire i differenti punti di vista e d’incontrarsi reciprocamente.

EINAUDI nella odierna discussione ha creduto di sentire l’eco delle più grandi discussioni che in materia sono state fatte in altri tempi.

Consapevolmente od inconsapevolmente, alcuni oratori si trasformano in seguaci e paladini delle idee illuministiche del secolo XVIII: quando si parla di due Camere, le quali devono derivare da una unica fonte – e, come è stato implicitamente accennalo da qualcuno, devono derivare unicamente dal popolo – in fondo, si riproduce la teoria della formazione degli stati del Rousseau, il quale aveva detto che tutta la fonte dei poteri sta unicamente nel popolo. Questa dottrina conduce alla conseguenza che vi debba essere una sola Camera; che se, per circostanze particolari, ci si decide ad ammettere anche una seconda Camera, questa deve uscire dalla medesima matrice della prima. Ma la conseguenza logica del sistema di Rousseau è che la sovranità popolare si concentra nella Camera, che è onnipotente. Essa ha una maggioranza e questa fa le leggi; contro queste leggi non c’è nessuna possibilità di giusta resistenza. Queste leggi devono essere obbligatorie per tutti; deve essere obbligatorio per tutti il Governo che esce da questa maggioranza eletta, che ha la sola sua sorgente nel popolo.

E ne vengono altre conseguenze, che del resto alcuni di quegli scrittori accettavano perfettamente. V’è un brano di Saint Simon, nel quale si dice: È la maggioranza che deve imporre le leggi; se avremo la maggioranza, dovremo, impedire che chiunque altro manifesti le proprie opinioni, perché la verità è quella che esce dalla maggioranza, dall’unica Camera (o dalle due Camere, se provengono dalla medesima sorgente). Queste altre conseguenze sono, dunque, i regimi totalitari, con quel che ne deriva. Questi regimi hanno come principio la teoria del contratto sociale di Rousseau.

Contro questa teoria abbiamo tutto il romanticismo, e coloro che vogliono due Camere, che siano diverse l’una dall’altra, sono consapevolmente od inconsapevolmente dei romantici, i quali riconoscono che nella società esistono molte forze che hanno il diritto di essere rappresentate. Alcune di queste sono persino forze morte, sono forze delle generazioni passate e non perché tali non hanno il diritto di far sentire la propria voce – diceva la scuola romantica – nella legislazione presente. È necessario che ci sia una struttura politica che non dimentichi nessuna delle forze esistenti nel Paese; per conseguenza ci deve essere una seconda Camera, diversa dalla prima, che non esca soltanto da una votazione numerica dei singoli, ma che rappresenti tutto l’insieme delle forze vive, sia una rappresentanza di quelli che sono vissuti e di quelli che vivranno.

Coloro che seguono questa seconda opinione rappresentano le forze moderne, cioè quelle che sono le esigenze della società moderna, perché le esigenze della società moderna sono tutte contrarie alla teoria che lo Stato, come emanazione della maggioranza del popolo, possa fare tutto. Lo Stato non deve fare tutto: lo Stato ha dei limiti ai suoi poteri e questi limiti vengono da molteplici fonti e cominciano a venire dall’intreccio che nasce tra uno Stato e l’altro. È una teoria sorpassata quella secondo cui lo Stato può fare tutto quello che crede: non esiste uno Stato che possa fare tutto quello che vuole. La teoria dello Stato a sovranità piena ci ha condotto alle due guerre moderne e continuerà a condurci ad altre guerre. Se vogliamo sottrarci a questa conseguenza fatale, dobbiamo ammettere che non esiste uno Stato che sia completamente sovrano; che ogni Stato deve avere dei limiti al proprio potere; che non sia possibile neppure immaginare che in uno Stato il legislatore possa fare tutte le leggi che crede. Questo sarebbe contrario alle esigenze della vita moderna e l’umanità morrebbe, se accettasse l’idolo dello Stato assolutamente sovrano.

Per questa ragione ha aderito all’ordine del giorno Bozzi, in cui è l’eco della teoria della rappresentanza di tutte le forze politiche e sociali che esistono nel Paese. La traduzione del principio nelle forme politiche la si vedrà poi.

CASTIGLIA, pur non tenendo a rivendicare una paternità, perché, più che una formulazione stilistica, gli importa l’affermazione di un principio e l’adozione di un sistema che risponda alle esigenze giuridiche del Paese, ricorda di aver presentato anch’egli un ordine del giorno.

Osserva che, per la votazione, si possono tenere diverse vie che sono le seguenti:

seguire l’ordine di presentazione degli ordini del giorno (ma sarebbe la più lunga); cercare – se gli altri presentatori non hanno nulla in contrario – di arrivare ad una redazione unica degli ordini del giorno che si somigliano; dare incarico all’onorevole Mortati di redigere un ordine del giorno (che potrebbe trovare anche la sua adesione personale); o ancora (ed è forse la via più semplice) mettere in votazione per primo l’ordine del giorno Porzio, che è il più sintetico ed il meno impegnativo.

Non crede si possa dare la precedenza all’ordine del giorno Lami Starnuti, anche perché esso è stato presentato dopo gli altri.

Pensa, che, per abbreviare la discussione, si possa scegliere fra due vie: o mettere in votazione l’ordine del giorno Porzio, o cercar di redigere due soli ordini del giorno per dare la possibilità di scelta fra l’uno e l’altro.

Poiché si è parlato dei criteri che dovrebbero presiedere all’adozione del sistema bicamerale, ricorda che questi, nel suo ordine del giorno, sono rimasti impregiudicati, dato che egli ha tenuto conto di criteri molto generali, non troppo impegnativi. Nella parte dispositiva, infatti, dice che «la Sottocommissione fa voti, perché la nuova Costituzione della Repubblica italiana adotti il sistema bicamerale, istituendo accanto alla Camera dei Deputati, espressione della volontà politica del popolo, il Senato, espressione, oltre che della stessa volontà politica… (qualcuno dei commissari teneva ad affermare che la seconda Camera dovesse essere anch’essa espressione della volontà politica, e questo nell’ordine del giorno è ribadito) «degli interessi sociali e regionali del paese nella cui sintesi e armonia si ravvisano i mezzi più idonei per una legislazione veramente rispondente alle aspirazioni della Nazione». Questa formulazione è di carattere così generico che non dovrebbe urtare suscettibilità politiche o giuridiche di alcuno.

Comunque, se gli altri presentatori volessero formulare un ordine del giorno il quale rispecchiasse un minimo di quello che è detto nel suo, egli sarebbe pronto ad accettarlo. In caso contrario aderirebbe alla proposta di votare per primo l’ordine del giorno Porzio, che è il più sintetico e generico, e quindi ha diritto alla precedenza.

TARGETTI crede che tutti desiderino eliminare le ragioni di contrasto e di dissidio; ma si capisce che questo desiderio deve essere sempre subordinato alla condizione di non essere costretti, per andare d’accordo gli uni con gli altri, a non andare più completamente d’accordo con sé stessi. Quando si tratta di una diversità sostanziale, non è prova di intransigenza, ma prova di serietà e di coerenza alle proprie idee, riconoscere le diversità di opinioni. Ora, la speranza di una conciliazione, che non sacrificasse la sostanza, sembrava possibile, ma le dichiarazioni dell’onorevole Piccioni hanno posto in luce un modo di vedere alquanto diverso da quello di altri che lo hanno preceduto. Vi sono alcuni che attribuiscono alla seconda Camera una funzione di remora verso eventuali ardimenti legislativi riformatori: altri invece attribuiscono alla seconda Camera soltanto una funzione di secondo esame, di maggiore elaborazione della legge. Esiste, dunque, questa differenza sostanziale, e l’onorevole Porzio deve convenire che questi altri sarebbero in contradizione con sé stessi se accedessero alla sua idea. Dopo le dichiarazioni del collega Piccioni, anzi, essi debbono ritirare anche la proposta di votazione per divisione perché, sia votando per divisione l’ordine del giorno Lami Starnuti, sia votando l’ordine del giorno Porzio, finirebbero col dare il loro parere favorevole alla formazione di una seconda Camera, che poi, ove dovesse essere eletta in certo modo, li troverebbe del tutto avversi. Non è esatto affermare che tutti vogliono la seconda Camera: vi sono alcuni che l’accettano solo se corrisponda alle loro esigenze. In altre parole, se, dato il modo di formazione della seconda Camera, dovesse crearsene una per darle la stessa funzione che il Senato regio ha esercitato nei riguardi del Parlamento italiano, essi dovrebbero pronunciarsi per il sistema monocamerale.

PRESIDENTE sospende brevemente la riunione, affinché gli onorevoli Mortati, Porzio, Bozzi, Einaudi e Castiglia vedano se è possibile redigere un unico testo dei loro ordini del giorno. Anche i colleghi che hanno firmato l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Lami Starnuti potranno vedere se è loro possibile modificarlo. Si avranno così due ordini del giorno soltanto.

(La seduta, sospesa alle 12.40, è ripresa alle 13.05).

PRESIDENTE comunica che gli onorevoli Mortati, Bozzi, Castiglia ed Einaudi hanno concordato il seguente ordine del giorno: «La seconda Sottocommissione, riconosciuta la necessità dell’istituzione di una seconda Camera, al fine di dare completezza di espressione politica a tutte le forze vive della società nazionale, passa all’esame del sistema del rapporto tra le due Camere ed al modo di composizione di ciascuna di esse».

L’ordine del giorno dell’onorevole Lami Starnuti ed altri ha avuto l’aggiunta di una parola ed è del seguente tenore:

«La seconda Sottocommissione esprime parere favorevole al sistema bicamerale a condizione che la seconda Camera non sia costituita in modo da alterare sostanzialmente la fisionomia politica del Paese, quale è stata rispecchiata dalla composizione della prima Camera».

Avverte che metterà in votazione ambedue questi ordini del giorno per appello nominale.

FINOCCHIARO APRILE dichiara che voterà l’ordine del giorno Lami Starnuti, in quanto gli sembra che sia più aderente alla situazione politica attuale.

Il 2 giugno il popolo italiano fece una solenne affermazione in senso democratico. Abbiamo un’Assemblea Costituente democratica; abbiamo una Repubblica democratica. L’ordine del giorno Lami riafferma inequivocabilmente i principî democratici che sono a base delle nuove istituzioni.

La Sottocommissione deliberò l’altro giorno di dare la preferenza al regime parlamentare anziché a quello presidenziale o a quello direttoriale e, l’oratore si dichiara spiacente di non avere potuto partecipare alla votazione. Se fosse stato presente, avrebbe votato in favore del regime presidenziale. Così avrebbe votato, dato il cattivo esperimento fatto in Italia dal regime parlamentare, che rivelò la sua incapacità a garantire la stabilità dei governi è perché, con il detto regime non v’è alcun modo per impedire, vigendo il sistema elettorale proporzionale, il ripetersi delle crisi a getto continuo. Non gioverebbe, a tal uopo, lo stabilire che, dato al governo un voto di fiducia, il governo abbia il diritto, come ha proposto l’onorevole Mortati, di rimanere indisturbato al potere per due anni, come non gioverebbero gli espedienti e i temperamenti suggeriti dall’onorevole Bozzi. Tutto ciò, del resto, porterebbe ad una evidente limitazione della sovranità della rappresentanza popolare.

Ma l’oratore avrebbe votato per il regime presidenziale anche per obbligo di coerenza e per sua particolare convinzione giuridica e costituzionale, essendosi sempre dichiarato favorevole all’introduzione del regime della democrazia diretta, di cui il regime parlamentare costituisce, in certo modo, l’antitesi. A riguardo ricorda che nel secondo congresso nazionale del «Movimento per l’indipendenza della Sicilia» fu, su proposta dell’oratore, accolta l’introduzione, nel disegno dell’auspicato Stato libero di Sicilia, del regime della democrazia diretta, in quanto esso non solo evita la pericolosa interdipendenza del deputato dal governo e del governo dal deputato, ma rende stabili i gabinetti e mantiene permanentemente la sovranità nel popolo, soprattutto mediante l’esercizio del referendum e dei diritti di iniziativa e di revisione.

Questi concetti basilari l’oratore riaffermò già nell’Assemblea Costituente, confidando che fossero attuati in Italia; e pertanto avrebbe dato il suo voto all’introduzione del regime presidenziale, del tipo statunitense, il quale presenta anch’esso degli inconvenienti, ma non così esagerati come, li ha descritti l’onorevole Einaudi, e comunque ben minori di quelli che presenta il regime parlamentare. Questo, in certi momenti, dette al paese la sensazione non di favorire il funzionamento e lo sviluppo dell’attività dello Stato, ma di provocarne addirittura l’arresto: e ciò fu tra le cause principali dell’avvento del fascismo.

D’altra parte oggi non è più possibile parlare di regime puramente parlamentare, nel senso classico della espressione, per l’ingresso nell’agone politico dei partiti di massa, che è venuto a trasformare radicalmente il vecchio concetto del regime parlamentare, per renderlo un vero e proprio regime di partiti, deliberanti al di fuori del parlamento stesso.

Secondo l’oratore, la questione del sistema monocamerale o bicamerale si presenta diversamente secondo che il regime sia presidenziale, una delle forme cioè di democrazia diretta, o puramente parlamentare. Ma, poiché la Sottocommissione si è pronunziata a favore del regime parlamentare, l’oratore deve rinunziare a considerare la questione dal punto di vista del regime presidenziale e si limiterà a considerarla esclusivamente sotto i riflessi del regime parlamentare e particolarmente sotto gli aspetti dei due ordini del giorno in discussione, riservando ad altro momento l’esame generale dell’importante problema.

È chiaro che il sistema bicamerale è quello che la maggioranza, anzi la quasi totalità dei commissari ha mostrato di preferire. Ma non si deve dimenticare che l’origine della seconda Camera, della Camera alta o del Senato, che dir si voglia, è stata diretta a garantire gli interessi delle monarchie e delle classi conservatrici dei vari tempi. Quando la classe borghese delle città, che aveva partecipato ai parlamenti delle monarchie medioevali, formando, accanto al braccio militare e feudale e al braccio ecclesiastico, il braccio demaniale o municipale – ed il primo di questi parlamenti sorse in Sicilia nel XII secolo e fu preso a modello dall’Inghilterra – si sentì abbastanza forte per imporre una sua volontà, essa avvertì il bisogno di organizzarsi per suo conto – anche ciò avvenne per la prima volta in Sicilia – e si ebbero così le assemblee rappresentative di un nuovo potere, destinato poi a rafforzarsi e a prevalere. Nacquero allora le Camere di nomina regia con il compito di infrenare le assemblee elettive e soprattutto di difendere i diritti e le prerogative della corona. Lo stesso Senato, creato in Piemonte nel 1848 e poi esteso a tutta l’Italia, era destinato a formare una specie di contro altare alla rappresentanza popolare.

A stretto rigore l’oratore non crede nella necessità del sistema bicamerale. Crede che, affermato il principio democratico, il principio cioè per cui la sovranità non risiede che nel popolo, basti una sola Camera per il funzionamento politico e legislativo dello Stato.

Ma si rende conto dell’opportunità dal punto divista puramente legislativo, non politico, che vi sia un’Assemblea, la quale riveda e perfezioni le leggi; non che abbia un effetto moderatore, perché questo effetto moderatore i senati avevano lo scopo di esercitarlo in passato; ma non avrebbe nessuna ragione una seconda Camera di esercitare questa funzione ora, dato il fatto che noi siamo in regime schiettamente e puramente democratico e che deve presumersi che la prima Camera sia la vera, unica e genuina interprete della volontà popolare da cui deriva.

Ed allora, ammessa la necessità, la opportunità, direbbe meglio, di una seconda Camera con scopi predeterminati, l’oratore pensa che le funzioni di questa seconda Camera – e ciò sarà discusso meglio in un secondo momento – debbano essere limitate e circoscritte e che essa non possa, né debba avere gli stessi poteri della Camera direttamente eletta dal popolo.

D’altra parte, se noi consideriamo il Senato cessato, se consideriamo le Camere alte di altri paesi, noi vediamo che le stesse funzioni non esistono nei due rami del Parlamento. Per esempio, in Italia, il diritto di stabilire le imposte spettava, in taluni casi esclusivamente, ma sempre con precedenza, all’Assemblea legislativa. Così era la Camera dei Deputati che doveva per prima esaminare e approvare i bilanci. Non era ammessa alcuna deroga in proposito.

Vi era già fin da allora qualche cosa che riduceva a ben poco il potere della seconda Assemblea, la quale approvava in massa i disegni di legge e solo raramente introduceva qualche modificazione che non sempre riusciva a migliorare i progetti. Da questo punto di vista l’esperienza dimostrò la superfluità del vecchio Senato. Ché se, poi, si guarda al suo potere politico, in senso stretto, il Senato non ne aveva alcuno, perché non poteva determinare una crisi ministeriale e, in caso di conflitto con la Camera dei Deputati, questa aveva sempre il sopravvento.

Quella che si vuole istituire, questo secondo ramo del potere legislativo non dovrà essere la riproduzione della prima Camera. L’oratore si dichiara in ciò concorde con vari Scolleghi. Per lui la seconda Camera dovrà essere espressione delle regioni, dovrebbe anzi chiamarsi la Camera delle regioni: ma queste non dovrebbero avere nessuna prefissione di categorie entro le quali scegliere i propri delegati alla seconda Camera. Questa elezione di secondo grado dovrebbe essere altrettanto libera quanto l’elezione dei rappresentanti del popolo. Penseranno i Consigli regionali a convergere i loro voti su persone particolarmente meritevoli di considerazione nei vari campi dell’attività umana e sui quali non si potrebbe attrarre l’attenzione dei comizi elettorali. Appunto su questo criterio fu impostata la Camera delle Valli nel progetto del costituendo Stato libero di Sicilia, approvato dal ricordato secondo congresso nazionale del «Movimento per l’indipendenza della Sicilia», nel quale alla seconda Camera è affidato l’alto compito non di interloquire su tutte le leggi indistintamente, ma sulle leggi fondamentali, sulle leggi costituzionali, organiche, sulla formazione dei codici, su quanto tocca i gangli vitali dello Stato. Questo dovrebbe essere l’ufficio della Camera delle regioni in Italia.

Ma l’elemento fondamentale che è affiorato in questa discussione è un elemento politico, squisitamente politico, che rispecchia le tendenze che sono rappresentate nella Sottocommissione e che non ha possibilità di univoche determinazioni. Occorre su ciò soffermarsi.

L’ordine del giorno Lami Starnuti è favorevole al sistema bicamerale a condizione che la seconda Camera non sia costituita in modo da alterare sostanzialmente la fisionomia politica del Paese, quale è stata rispecchiata dalla composizione della prima Camera; dice, cioè, una cosa giustissima, perché sarebbe molto strano che si desse vita ad una seconda Camera la quale fosse eventualmente in antitesi, in contrasto con la prima, espressione schietta del pensiero e della volontà del popolo sovrano. Il dubbio che sorge nell’oratore è precisamente questo che, quando nell’ordine del giorno Mortati si parla di forze vive della società nazionale, cioè di forze produttrici, economiche, industriali, capitalistiche e via dicendo, si venga a creare questa antitesi, questa antinomia, che invece si deve evitare. Non si deve avere un Senato di destra, quando il Paese ha voluto chiaramente che la rappresentanza politica e con essa tutto l’indirizzo dello Stato siano decisamente di sinistra.

Questa è questione politica, che va risolta con mero criterio politico. È ben lungi dal pensiero dell’oratore di escludere quelle tali forze vive di cui si parla dalla vita politica italiana: non sarebbe né giusto, né democratico. Anzi, come ha detto l’onorevole Conti nel suo progetto, le personalità eminenti della cultura, dell’arte, della letteratura, dell’industria, della produzione e così via, possono esser scelte a far parte della seconda Camera per nomina, sia pure in numero limitato, da parte del Capo dello Stato; ma dev’essere bene inteso che la seconda Camera elettivamente costituita, nella sua grande maggioranza, deve essere improntata agli stessi criteri che il popolo ha voluto determinare con le elezioni del 2 giugno, deve cioè essere una Camera democratica, in perfetta armonia con lo Stato democratico.

Per queste considerazioni l’oratore darà il suo voto all’ordine del giorno Lami Starnuti.

LUSSU lamenta la forzata assenza del relatore onorevole Conti il quale aveva esplicitamente dichiarato che il suo era uno schema e come tale suscettibile di tutte le modificazioni, nonché dell’onorevole Zuccarini, apprezzato cultore delle materie in discussione, ed avanza il dubbio che la loro assenza possa costituire quasi una debolezza di una decisione di tanto grande importanza.

Richiama l’attenzione della Sottocommissione sul problema della Camera a carattere regionale e sui poteri della seconda Camera. L’onorevole Ambrosini si è mostrato preoccupato della costituzione della seconda Camera a tipo regionale, nel senso che una tale istituzione potesse far pensare al federalismo ed osserva che tale preoccupazione è per lo meno eccessiva. Dichiara di essere innanzi tutto autonomista e poi federalista; sostiene l’autonomia regionale in quanto ritiene di non essere, dal punto di vista dell’unità nazionale, inferiore a nessun’altro uomo politico in Italia. Aggiunge di avere perduto in Sardegna gran parte della sua popolarità per il coraggio e la fermezza con cui ha respinto alcune aberrazioni politiche che avrebbero potuto, come è avvenuto in altre regioni, insanguinare il nostro Paese e di aver sostenuto con veemenza l’unità nazionale come base della nostra rinascita.

È per questo che le preoccupazioni dello onorevole Ambrosini suonano offesa ai suoi sentimenti. Afferma quindi che, come sostenitore, assieme alla grande maggioranza della Sottocommissione, dell’autonomia regionale, è convinto che creando l’Ente regione, bisogna contemporaneamente creare un organismo nel quale le varie regioni trovino maggiori possibilità di contatti e di vita unitaria e nello stesso tempo un correttivo ai pericoli di aberrazione separatista. L’onorevole Finocchiaro Aprile, da poco più di due mesi, ed in seguito ai contatti coi rappresentanti di altre correnti, è divenuto politicamente più socievole; e con la seconda Camera il suo confederalismo ripiegherebbe sul federalismo, per poi ripiegare ancora sull’autonomismo, perché la vita in comune porta a maggiormente comprendere le esigenze reciproche e soprattutto rivela la necessità della unità politica del Paese. La seconda Camera può perfettamente rispondere a questa esigenza e su un argomento di tale importanza richiama particolarmente l’attenzione della Sottocommissione.

Desidererebbe poi che i presentatori dell’ordine del giorno concordato riesaminassero le loro posizioni. Per quanto si voglia dare alla seconda Camera un contenuto di equilibrio rispetto alla prima, non le si potrebbe mai riconoscere un potere più moderatore di quello che aveva il disciolto Senato.

Osserva inoltre che la Camera regionale, dovrebbe essere concepita esclusivamente come rappresentativa dell’Ente Regione e degli interessi regionali, inquadrati questi ultimi in una visione unitaria dell’interesse generale della Nazione.

NOBILE fa rilevare come il ritiro dell’ordine del giorno Porzio lo ponga nell’impossibilità di esprimere la sua opposizione alla istituzione della seconda Camera, perché i due ordini del giorno posti in votazione contemplano entrambi il sistema bicamerale. In tali condizioni, e per contribuire a risolvere il problema nel senso meno dannoso, voterà per l’ordine del giorno Lami Starnuti.

PORZIO dichiara di astenersi dalla votazione, in quanto le risoluzioni proposte contengono entrambe un’affermazione generica, già per altro contemplata nel suo ordine del giorno ora ritirato, demandando la discussione sui singoli problemi ad un successivo esame. Poiché intende riservarsi completa libertà di giudizio, ritiene opportuno di non prendere posizione nel momento attuale. Mantiene tuttavia la sua affermazione nel ritenere necessario il sistema bicamerale.

PICCIONI dichiara che voterà l’ordine del giorno Mortati, intendendo così fare una affermazione di schietta e autentica democrazia. Ha già espresso precedentemente – e non intende quindi ripetersi – i motivi per cui la seconda Camera, così come è prevista nell’ordine del giorno Mortati, risponda ad una esigenza democratica; tiene tuttavia a sottolineare che, considerando in tal modo la seconda Camera, si risponde effettivamente all’istanza democratica. Non si deve equivocare sulla rappresentanza delle forze vive che costituiscono il tessuto della società nazionale; con queste parole si vuole sottolineare il carattere politico anche della seconda Camera, senza dar vita ad alcun organismo di carattere professionale od economico, in quanto nelle forze vive della società italiana sono comprese anche le forze del lavoro e non soltanto le forze capitalistiche.

PERASSI, considerando i due ordini del giorno da un punto di vista strettamente letterale, osserva che quello Mortati è il più ampio e il più generico e lascia aperta la via all’esame di molti problemi che devono essere ancora discussi; mentre l’ordine del giorno Lami Starnuti accenna ad un solo problema. Per tali considerazioni dichiara che darà il proprio voto all’ordine del giorno Mortati, che considera nella sua formulazione non contrario ai principî democratici.

MANNIRONI, dopo le considerazioni dell’onorevole Piccioni, dichiara di votare per l’ordine del giorno Mortati, pur mantenendo fermi i criteri che ha espresso ieri, e che oggi sono stati ribaditi dall’onorevole Lussu, nel senso che la seconda Camera possa essere espressione dell’Ente regione.

FINOCCHIARO APRILE ha chiesto la parola per fatto personale, in quanto l’onorevole Lussu ha detto che egli, venendo alla Assemblea Costituente, avrebbe mostrato una maggiore socievolezza. Ebbe già occasione di spiegare pubblicamente le ragioni della partecipazione sua e dei suoi colleghi indipendentisti alla lotta elettorale e poi ai lavori dell’Assemblea Costituente, ragioni che afferiscono esclusivamente alla difesa e alla divulgazione dell’idea che dette vita ed alimento all’agitazione siciliana. Non insisterà, quindi, su questo punto. Ritiene, tuttavia, di essere stato sempre socievole, più forse dell’onorevole Lussu. Evidentemente si equivoca, dappoiché sarebbe assai più opportuno parlare non di mutato atteggiamento dell’oratore, che è sempre stato e sempre sarà coerente ai principî professati, ma di manifesta resipiscenza in altri e di riconoscimento dei gravi, imperdonabili torti commessi verso l’indipendentismo siciliano.

Se l’onorevole Lussu con le sue parole, ha creduto di accennare a qualche modificazione del pensiero e dell’atteggiamento politico dell’oratore, è bene che si disilluda; egli è e rimane confederalista ed ha votato in favore della regione e dell’autonomia soltanto perché considera l’una e l’altra come un passo verso la disintegrazione del sistema unitario del 1860, tanto pregiudizievole agli interessi della Sicilia, e verso il raggiungimento del sistema dello Stato federale, prima, e del sistema della Confederazione di Stati, poi, quale è nei voti ardenti, del popolo siciliano. Se l’onorevole Lussu e altri colleghi pensano che la creazione della regione e l’istituzione della autonomia rafforzeranno l’unità italiana, nel sistema voluto da Cavour, è affar loro. Non tarderanno ad accorgersi di essersi ingannati.

PRESIDENTE invita il segretario a fare l’appello.

PERASSI, Segretario, fa l’appello.

Votano a favore dell’ordine del giorno Mortati i deputati: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, Codacci Piganelli, De Michele, Einaudi, Fabbri, Fuschini, Mannironi, Mortati, Patricolo, Perassi, Piccioni, Tosato, Uberti, Vanoni.

Votano a favore dell’ordine del giorno Lami Starnuti i deputati: Bordon, Calamandrei, Finocchiaro Aprile, Grieco, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Nobile, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini.

Si astiene dalla votazione il deputato: Porzio.

Non hanno preso parte alla votazione i deputati: Bocconi, Castiglia.

Comunica il risultato della votazione:

Presenti e votanti: 30.

A favore dell’ordine del giorno Lami Starnuti: voti 12.

A favore dell’ordine del giorno Mortati: voti 17.

Astenuti 1.

Dichiara approvato l’ordine del giorno Mortati.

La seduta termina alle 13.45.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Castiglia, Codacci Pisanelli, De Michele, Einaudi, Fabbri, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Grieco, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Patricolo, Perassi, Piccioni, Porzio, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Tosato, Uberti, Vanoni.

Erano in congedo: Amendola, Conti, Zuccarini.

Assenti: Di Giovanni, Leone Giovanni, Maffi.