Come nasce la Costituzione

VENERDÌ 18 OTTOBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

PRIMA SOTTOCOMMISSIONE

26.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 18 OTTOBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI

INDICE

I principî dei rapporti sociali (economici) (Seguito della discussione)

Presidente – La Pira – Togliatti, Relatore – Dossetti – Cevolotto – Mastrojanni – Lucifero, Relatore – Mancini – Caristia.

I principî dei rapporti sociali (culturali) (Discussione)

Presidente – Lombardi Giovanni – Cevolotto – Moro, Relatore – Marchesi, Relatore – Lucifero – Mancini – Mastrojanni – Dossetti – Togliatti – Basso – Caristia.

La seduta comincia alle 9.15.

Seguito della discussione sui principî dei rapporti sociali (economici).

PRESIDENTE dichiara aperta la discussione sull’articolo seguente, ieri proposto dall’onorevole La Pira, e che dovrebbe essere collocato in testa alla serie degli articoli riguardanti il tema dei principî dei rapporti sociali ed economici: «Il lavoro è il fondamento di tutta la struttura sociale e la sua partecipazione adeguata negli organismi economici sociali e politici è condizione del loro carattere democratico».

Fa presente che invece delle parole: «del loro carattere democratico», sarebbe meglio dire: «del carattere democratico di questi».

LA PIRA dichiara di essere stato animato da un principio che deve stare alla base della nuova Costituzione, cioè che in uno Stato di lavoratori, come è stato definito dall’onorevole Lucifero, il lavoro, sia manuale che spirituale, è il fondamento della struttura sociale. Tutti gli istituti elaborati nella presente Costituzione si riconnettono appunto a questo principio, da cui trae la sua legittimità la prima parte dell’articolo. Con la seconda parte, ha voluto esprimere due concetti: il primo, che il lavoro è il fondamento degli organismi economici sociali e politici; il secondo, che il lavoratore è compartecipe consapevole di tutto il congegno economico sociale e politico, e quindi che la concezione che anima i suddetti organismi deve essere ispirata ai principî democratici.

In ultima analisi, l’articolo si connette al principio base posto in testa alla Costituzione, secondo il quale la Costituzione stessa ha per fine il completo sviluppo della personalità umana.

TOGLIATTI, Relatore, premesso che egli era del parere che si dovesse porre al principio della Costituzione la definizione: «Lo Stato italiano è una Repubblica di lavoratori», dichiara che, se a prima vista era rimasto soddisfatto della formulazione dell’onorevole La Pira, in seguito ad una analisi più attenta è sorta nel suo animo qualche perplessità, nel senso che gli sembra di trovarsi di fronte non ad una affermazione politica di volontà del legislatore, ma quasi ad una constatazione di fatto. In sostanza, il lavoro, come tale, in qualsiasi società, anche capitalistica, è il fondamento di tutta la struttura sociale, in quanto è il creatore dei beni economici e su di esso si fonda tutta la vita economica.

In particolare, anche la dizione: «partecipazione adeguata» gli fa nascere dei dubbi. Forse l’onorevole La Pira voleva intendere che il lavoro ha una posizione preminente; ma, non avendo osato manifestare, in una formula legislativa, fino all’ultimo il suo pensiero, ha adottato il termine: «adeguata». Questo termine invece può essere inteso in senso di minorità, parità o prevalenza, a seconda di come si intenda la funzione del lavoro. Propone, pertanto, in sostituzione della formula dell’onorevole La Pira, il seguente articolo: «Il lavoro e la sua partecipazione prevalente o decisiva negli organismi economici, sociali e politici è il fondamento della democrazia italiana».

DOSSETTI, avendo concorso alla formulazione della proposta presentata dall’onorevole La Pira, precisa che con l’espressione: «Il lavoro è il fondamento di tutta la struttura sociale», s’intende esprimere non semplicemente una constatazione di fatto, ma un dato costitutivo dell’ordinamento, un’affermazione cioè di principî costruttivi, aventi conseguenze giuridiche nella struttura del nuovo Stato.

Per quanto riguarda la parola: «adeguata», fa rilevare che non deve intendersi come un apprezzamento variabile secondo l’intendimento di chi interpreta l’articolo, ma «adeguata» alla premessa, cioè che: «Il lavoro è il fondamento di tutta la struttura sociale». Riconosce che, tradotto in termini più espliciti, il termine: «adeguata», potrebbe essere sostituito dall’altro: «prevalente», secondo la proposta dell’onorevole Togliatti, che si dichiara disposto ad accettare.

CEVOLOTTO ritiene che sia da preferire la formula più chiara ed esplicita proposta dall’onorevole Togliatti. Sostituirebbe, però, alle parole: «della democrazia italiana», le altre: «della Repubblica democratica italiana».

ROSSETTI si dichiara contrario alla proposta dell’onorevole Cevolotto, non perché la parola: «Repubblica» sia da lui malvista, ma perché nella prima parte della Costituzione, che tratta dei rapporti tra il cittadino, lo Stato e le altre comunità, è, a suo avviso, di maggior portata l’affermazione relativa ad un dato concreto della struttura sociale italiana, indipendentemente da una definizione istituzionale, che sarà successivamente inserita.

CEVOLOTTO ritiene invece che il primo articolo della Costituzione dovrebbe affermare che: «Lo Stato italiano è una Repubblica».

PRESIDENTE rileva che non vi è contrasto tra i due punti di vista, ma che è soltanto una questione di sistematica che potrà essere risolta in sede di coordinamento.

MASTROJANNI dichiara che è sostanzialmente d’accordo sulle formulazioni La Pira e Togliatti. Attenuerebbe però il loro contenuto, perché, se il lavoro deve avere una considerazione preminente, sarebbe però opportuno non trascurare tutti gli altri fattori che pur contribuiscono nella complessa struttura sociale, economica e politica. Propone, pertanto, la seguente dizione: «Il lavoro, nelle sue diverse forme e manifestazioni, come fondamento della struttura sociale e nella sua partecipazione adeguata negli organismi economici sociali e politici, costituisce il carattere democratico di questi».

LUCIFERO, Relatore, non avrebbe difficoltà ad accettare il concetto delle formulazioni proposte, ma si domanda se questo debba formare oggetto di un articolo della Costituzione, o non sia, invece, materia attinente, se mai, al preambolo della Costituzione, salvo a formulare in maniera più appropriata il concetto della importanza che il lavoro ha nella vita sociale e politica del Paese.

Nelle discussioni avvenute in seno alla Sottocommissione, ha notato che sul termine: «lavoro», e soprattutto sul termine: «lavoratori» non si è tutti d’accordo. Sul termine: «lavoro», è stato possibile arrivare ad un punto di intesa, mediante una casistica nella quale si è chiarito che determinate attività. anche contemplative, dovevano essere considerate come socialmente utili. Tale punto di intesa è però soltanto formale ed il disaccordo, che è sostanziale, ricomparirà ancora quando si dovrà interpretare la Costituzione. Ad ogni modo, se si è raggiunto l’accordo sul termine: «lavoro», il disaccordo è totale quando si parla di: «lavoratori», quasi che tale termine non venisse da «lavoro». A suo parere, per esempio, non vi è dubbio che un monaco, il quale, pure svolgendo un’attività puramente contemplativa, compie un lavoro utile per la società, sia un autentico lavoratore. Non crede però che l’onorevole Togliatti sia dello stesso avviso.

TOGLIATTI, Relatore, prega di non riaprire la discussione su di un articolo che è stato già approvato.

LUCIFERO, Relatore, non intende riaprire una discussione, ma terminandosi con l’articolo in esame la parte di Costituzione che riguarda i problemi sociali ed economici sulla quale è stato Relatore, ha tenuto a porre in evidenza che non si è raggiunto l’accordo sulla portata del termine: «lavoratori». Tale fatto riveste una specifica importanza, in quanto la partecipazione del lavoro negli organismi economici non avviene direttamente, ma per rappresentanza attraverso il lavoratore. Ora, a suo giudizio, il dirigente di un’azienda, l’agrario o il consigliere di una società anonima, sono dei lavoratori, e, dato che attualmente la funzione capitalistica, sia pure regolamentata e controllata, continuerà a sussistere, pure la relativa attività dovrebbe essere considerata come lavorativa, nel senso che anche il capitalista è un lavoratore. Dubita, però, che questo suo modo di vedere sia condiviso da tutti e che si tenda piuttosto a stabilire una sperequazione tra i vari fattori della produzione. Ritiene invece che tutti coloro che partecipano alla produzione siano «lavoratori» (meno l’azionista puro, gli inabili e i malati), dal presidente del consiglio di amministrazione fino all’ultimo usciere della società. Stabilito il principio che tutti sono lavoratori, in quanto uomini, il lavoro, inteso come manuale, non deve considerarsi preminente sugli altri fattori della produzione. Perciò, se da qualche parte si vuole distinguere il lavoratore del capitale dal puro prestatore d’opera, dichiara di non potere essere d’accordo circa la formulazione proposta, perché approverebbe un principio contrario alla sua concezione ugualitaria, che è la base di tutto il suo credo politico.

Concludendo, ritiene che un articolo di tal natura sarebbe pleonastico e pericoloso. Non ha nulla in contrario che esso venga messo nel preambolo della Costituzione, ma non può accettarlo come un articolo della Costituzione stessa.

MANCINI osserva che, dopo aver ascoltato l’esposizione dell’onorevole La Pira, era contrario all’articolo ed ai concetti che lo ispiravano, in quanto li riteneva una ripetizione di espressioni già chiaramente enunciate negli articoli votati. Ma, dopo le osservazioni dell’onorevole Lucifero, non può che dichiararsi entusiasta del concetto espresso dall’articolo. Come forma ne preferirebbe una più semplice, se si vuole che il popolo possa intendere lo spirito della Costituzione. Ritiene perciò più rispondente, anche agli intendimenti dei compilatori, la dizione proposta dall’onorevole Togliatti. Desidererebbe, però, che alla parola: «partecipazione», fosse sostituita l’altra: «intervento», che gli sembra più precisa ed esplicativa, e alla parola: «fondamento», un’altra più appropriata, per esempio, «essenza», che meglio esprime il concetto che tutta la struttura, il tessuto connettivo, per così dire, della democrazia italiana è il lavoro.

LA PIRA ritiene più appropriata la parola: «fondamento». Come i muri maestri di una casa poggiano sulle fondazioni, così la struttura sociale della democrazia italiana poggia sul fondamento del lavoro.

PRESIDENTE concorda con l’onorevole La Pira.

Fa quindi rilevare all’onorevole Lucifero che l’articolo rappresenta un’affermazione di principio, che, come altre simili affermazioni contenute in articoli già approvati, non è da escludere che in sede di coordinamento possa esser trasferita nel preambolo della Carta costituzionale. Prega, infine, l’onorevole Togliatti di voler accettare un emendamento alla sua formula, relativo al termine «prevalente».

TOGLIATTI, Relatore, al posto del termine «prevalente», proporrebbe: «preminente».

PRESIDENTE risponde all’onorevole Togliatti che il termine «preminente» era già stato da lui considerato, ma ha ritenuto che anch’esso non fosse il più appropriato, perché, pur rappresentando il lavoro l’essenza della Costituzione, tuttavia, essendo le Costituzioni fondate sul primato del lavoro, anche in considerazione delle osservazioni dell’onorevole Lucifero, non vede la necessità di affermarne la preminenza. Riterrebbe più adatto il termine: «concreta», in quanto risponde meglio a quello che è forse il pensiero degli stessi Relatori.

TOGLIATTI, Relatore, in considerazione del fatto che il concetto che si vorrebbe affermare nel termine «prevalente» è già contenuto nell’articolo con la parola «fondamento», dichiara di accettare la modificazione proposta dal Presidente.

MANCINI rileva che sostituendo il termine «concreta», a quello «prevalente», non si afferma più la stessa cosa, poiché le due parole hanno un significato del tutto differente. Dichiara pertanto di far propria la formula Togliatti nella sua primitiva dizione.

MASTROJANNI desidera porre in evidenza che l’articolo, nella formulazione da lui proposta, ovvierebbe anche in parte alle preoccupazioni dell’onorevole Lucifero. Infatti, affermandosi che il lavoro deve essere inteso «nelle sue diverse forme e manifestazioni», si evita il pericolo di equivoci di interpretazione e si fa riferimento a qualsiasi manifestazione dell’attività umana.

LUCIFERO, Relatore, chiede che venga stabilito, mediante votazione, se l’articolo in discussione sia materia di preambolo, ovvero debba essere inserito nella Costituzione vera e propria.

PRESIDENTE fa rilevare all’onorevole Lucifero di avergli già fatto presente che l’approvazione dell’articolo non pregiudica l’eventualità che il concetto in esso espresso possa essere successivamente trasferito nel preambolo della Costituzione.

LUCIFERO, Relatore, non insiste nella sua proposta.

PRESIDENTE mette ai voti la formula proposta dall’onorevole Mastrojanni, come quella che più si allontana dalla formula primitiva.

CARISTIA dichiara che si asterrà dalla votazione, perché ritiene che la dichiarazione di questo principio di carattere generale e fondamentale debba trovare, sotto altra forma, posto più adeguato nel preambolo della Carta costituzionale.

LUCIFERO, Relatore, fa una dichiarazione di voto comprensiva della votazione in atto e di quella successiva. Riconosce che, indubbiamente, la formula dell’onorevole Mastrojanni rappresenta un miglioramento della formula originaria e quindi la voterà favorevolmente per il solito criterio di attenersi al meno peggio. Se tale emendamento sarà respinto, dichiara altresì che voterà contro l’articolo, perché ha la preoccupazione, ogni giorno più grave, che si stiano concretando e deliberando una quantità di formule che, invece di essere costituzionali, sono solo affermazioni dottrinarie espresse molto spesso in forma confusa e involuta. Tale fatto gli fa sorgere notevoli dubbi senza offesa per nessuno circa le singole formule, nel senso cioè che ognuno spera di dare, a suo tempo, a ciascuna di esse una interpretazione adeguata alle proprie ideologie e convinzioni politiche. La Costituzione invece deve avere delle formule che consentano una sola interpretazione; prima di tutto perché soltanto così il futuro legislatore potrà legiferare su di una sicura base, e in secondo luogo perché una Costituzione democratica deve dare alle minoranze la garanzia e la sicurezza di poter liberamente vivere e svilupparsi, proprio in quanto minoranze di uno Stato democratico.

La formula originariamente proposta è tipica di questo genere di formule che ha sempre respinto, e pertanto voterà contro, perché la ritiene anticostituzionale, poco chiara, involuta e lesiva di quelli che possono essere domani gli interessi della democrazia italiana.

Voterà invece a favore della formula Mastrojanni.

(La proposta Mastrojanni è respinta con 2 voti favorevoli, 12 contrari e 1 astenuto).

MANCINI chiede che sia ora messa in votazione la formula Togliatti col termine «prevalente» al posto di «concreta».

TOGLIATTI, Relatore, in relazione alla sua precedente dichiarazione, voterà contro la proposta dell’onorevole Mancini.

PRESIDENTE pone in votazione la proposta Mancini.

(È respinta, con 2 voti favorevoli e 13 contrari).

Pone in votazione l’articolo proposto dall’onorevole Togliatti con gli emendamenti suggeriti da lui e dall’onorevole La Pira: «Il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici sociali e politici è il fondamento della democrazia italiana».

(È approvato con 12 voti favorevoli, 1 astenuto e 2 contrari).

Ricorda che tale articolo dovrà essere collocato in testa alla serie degli articoli che riguardano i principî dei rapporti sociali e dichiara che con l’approvazione di questo articolo il tema dei principî dei rapporti sociali (economici) deve ritenersi esaurito.

(Resta così stabilito).

Discussione sui principî dei rapporti sociali (culturali).

PRESIDENTE fa presente ai Commissari che si passa ora alla discussione del tema successivo: «I principî dei rapporti sociali (culturali)», di cui sono Relatori gli onorevoli Moro e Marchesi, i quali si sono in precedenza incontrati allo scopo di trovare un accordo, che però è stato raggiunto solo in alcuni punti. A conclusione del loro incontro, è stato redatto il seguente schema, dal quale risultano i punti di accordo e di disaccordo:

«Art. 1. – È supremo interesse dell’individuo e della collettività assicurare ad ogni cittadino un’adeguata istruzione ed educazione per lo sviluppo della sua personalità e l’adempimento dei compiti sociali».

«Art. 2. – La istruzione primaria, media, universitaria è tra le precipue funzioni dello Stato.

«Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione e tutta la organizzazione scolastica ed educativa è sotto la sua vigilanza». (Proposta Marchesi)

oppure:

«Art. 2. – Lo Stato soddisfa l’interesse allo sviluppo della cultura, sia organizzando le scuole proprie, sia assicurando le condizioni per la libertà ed efficienza delle iniziative di istruzione ed educazione di enti e di singoli. I genitori dell’educando hanno diritto di scelta tra le scuole statali e quelle non statali.

«Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione e vigila sull’andamento degli studi.

«La scuola privata ha pieno diritto alla libertà di insegnamento. È in facoltà dello Stato concedere sussidi alle scuole non statali, che per il numero dei frequentanti e per il rendimento didattico accertato negli esami di Stato siano benemerite dello sviluppo della cultura». (Proposta Moro).

«Per assicurare un imparziale controllo sullo svolgimento degli studi ed a garanzia della collettività, la legge dispone che i titoli legali di ammissione agli studi superiori e di abilitazione professionale siano conferiti mediante esame di Stato.

«Il titolo dottorale costituisce un primo grado accademico e non è richiesto per l’esercizio delle professioni liberali».

«Art. 3. – L’organizzazione di istituti privati di insegnamento e di educazione è permessa nei limiti della legge. La scuola privata ha pieno diritto alla libertà di insegnamento».

«Art. 4. – La scuola è aperta al popolo. Ogni cittadino ha diritto a tutti i gradi di istruzione, senza altra condizione che quella dell’attitudine e del profitto.

«La Repubblica detta le norme le quali, mediante borse di studio, sussidi alle famiglie ed altre provvidenze garantiscano ai più capaci e meritevoli l’esercizio di tale diritto.

«L’insegnamento primario e post-elementare, da impartire in otto anni, è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età».

«Art. 5. – Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilirà e svolgerà, con l’assistenza di enti locali e per mezzo delle autorità centrale e periferiche, un piano di struttura scolastica diretto ad integrare e ad estendere l’istruzione popolare». (Proposta Marchesi).

«Art. 6. – Nelle sue scuole di ogni ordine, escluse quelle universitarie, lo Stato assicura agli studenti, che vogliano usufruirne, l’insegnamento religioso nella forma ricevuta dalla tradizione cattolica». (Proposta Moro).

«Art. 7. – I monumenti artistici, storici e naturali del Paese costituiscono patrimonio nazionale in qualsiasi parte del territorio della Repubblica e sono sotto la protezione dello Stato».

LOMBARDI GIOVANNI dà lettura di una sua proposta di articoli, in cui ha condensato i concetti ai quali in questo campo si ispira il suo partito, rendendo nel medesimo tempo omaggio, per quanto gli è stato possibile, ai principî dei due Relatori:

«Art. 1. – Il principio della libertà nella scuola è garantito dalla Costituzione. A tale scopo:

«Art. 2. – La Repubblica sancirà il principio della scuola nazionale (elementare, media, universitaria), essendo questa la sola scuola il cui criterio è per definizione fondato sul merito, con la esclusione di ogni altra condizione economica e sociale.

«Fermo restando il ruolo nazionale degli insegnanti, la Repubblica potrà affidare in determinati casi agli enti pubblici locali la gestione autonoma della scuola elementare e post-elementare.

«Analoga iniziativa verrà riconosciuta agli enti pubblici locali per l’istituzione di scuole specializzate, università libere, ecc., sotto l’osservanza delle condizioni previste e nei limiti fissati dalla legge.

«L’organizzazione di istituti privati di insegnamento e di educazione è permessa sotto la vigilanza ed il controllo dello Stato. A questo è riservato il rilascio delle attestazioni e dei diplomi».

«Art. 3. – La scuola è aperta al popolo. Ogni cittadino ha diritto a tutti i gradi di istruzione, senz’altra condizione che quella dell’attitudine e del profitto.

«L’insegnamento elementare e post-elementare, da impartirsi in 7 anni, è obbligatorio per tutti e gratuito fino ai 14 anni.

«La Repubblica detterà le norme che garantiscano ai più meritevoli l’esercizio di tale diritto.

«Essa detterà altresì le norme perché coloro che non proseguono gli studi frequentino corsi professionali obbligatori e gratuiti atti ad assicurare un’effettiva qualifica di mestiere».

«Art. 4. – Lo Stato, come rappresentante di tutti i cittadini, non fa suo nessun sistema, dogma o principio scientifico o religioso, essendo il suo insegnamento e la formazione della coscienza civile, cui esso mira, fondati sul principio della ricerca della verità, nel rispetto o attraverso la discussione di ogni opinione liberamente professata».

«Art. 5. – La Repubblica garantirà, attraverso lo stato giuridico e nei limiti previsti dalla legge, la effettiva indipendenza, libertà e dignità dell’insegnamento, in essa ricomprendendo in primo luogo la libertà dal timore e dal bisogno».

«Art. 6. – I monumenti artistici, storici e naturali del Paese costituiscono un tesoro nazionale e sono posti sotto la vigilanza dello Stato».

PRESIDENTE domanda all’onorevole Lombardi se intende che della sua formulazione si faccia una discussione speciale, con conseguente votazione, oppure se si riserva, via via che si discuteranno gli articoli proposti dai due Relatori, di intervenire nella discussione e proporre emendamenti concreti.

LOMBARDI GIOVANNI dichiara che sarebbe disposto ad attenersi a quest’ultima soluzione, se ragioni inerenti alla sua qualità di deputato non lo costringessero ad assentarsi dalla riunione.

CEVOLOTTO fa osservare che nella formulazione proposta dall’onorevole Lombardi non vi è la sostituzione di un solo articolo rispetto alla formulazione dei Relatori, ma si tratta di una completa sostituzione. Per questo ritiene che non si possa procedere ad una votazione unica generica.

PRESIDENTE ritiene che la Sottocommissione possa seguire la procedura già usata in altre occasioni e che gli sembra la più logica: scegliere, cioè, tra due diverse articolazioni quella da prendere come base della discussione.

MORO, Relatore, ritiene che solo la formula proposta dai Relatori debba servire come base della discussione, salvo a tener presente, articolo per articolo, la formulazione proposta dall’onorevole Lombardi.

PRESIDENTE è d’accordo. Dichiara aperta la discussione sul primo articolo della formulazione concordata tra i Relatori.

CEVOLOTTO osserva che nella primitiva articolazione proposta dall’onorevole Marchesi vi era il seguente articolo iniziale: «L’arte e la scienza sono libere e liberi sono i loro insegnamenti». Poiché sembra che l’onorevole Marchesi abbia rinunciato a tale articolo, crede che abbia ragione l’onorevole Lombardi a riproporlo, sia pure sotto altra forma, perché, a suo parere, l’affermazione della libertà della scuola, della scienza e dell’arte, è essenziale e deve costituire il primo punto della trattazione dei problemi culturali e scolastici.

MARCHESI, Relatore, fa presente che anche l’onorevole Moro aveva accettato il primo articolo della sua formulazione, ma in un secondo tempo si è ritenuto che fosse superfluo, essendo già stato affermato precedentemente il principio della libertà del pensiero e delle sue espressioni.

CEVOLOTTO obietta che la libertà della scuola è una cosa diversa dalla libertà di pensiero. L’affermazione della libertà della scuola è essenziale e non deve mancare.

MORO, Relatore, fa presente che nel corso degli articoli il principio della libertà della scuola è riconfermato più volte.

PRESIDENTE ricorda che è stato deciso di esaminare contemporaneamente il testo concordato tra i due Relatori e quello proposto dall’onorevole Lombardi. Poiché il principio della libertà è un principio generalissimo, desidera che la Sottocommissione si pronunci su di esso.

MORO, Relatore, osserva che l’espressione proposta dall’onorevole Lombardi può essere equivoca, perché le parole «libertà nella scuola» possono dar luogo a svariate interpretazioni. Ritiene perciò più opportuno parlare di questa libertà nel corso dell’articolazione, in relazione ai casi in cui essa deve avere una applicazione concreta.

MARCHESI, Relatore, è d’accordo con l’onorevole Moro. Nel caso però che la Sottocommissione intendesse premettere un’affermazione di principio, riterrebbe opportuno tornare alla formulazione del primo articolo della sua relazione.

CEVOLOTTO fa presente che se i Relatori non accettano la dizione proposta dall’onorevole Lombardi, si dichiara favorevole alla formulazione del primo articolo della relazione dell’onorevole Marchesi.

LUCIFERO, ferma restando l’articolazione successiva, non gli dispiacerebbe l’affermazione generale della libertà della scuola.

È d’avviso infatti che, secondo quanto si è fatto in altri campi, qualora si introducesse prima l’affermazione del diritto di libertà e poi si stabilissero nei successivi articoli le limitazioni di questo diritto nell’applicazione concreta, l’articolazione diventerebbe più snella e logica.

MANCINI fa rilevare la differenza esistente tra libertà «della scuola» e libertà «nella scuola». Se il principio che si vuole affermare è quello della libertà «della scuola» aderisce pienamente alla formula più comprensiva e più espressiva dell’onorevole Marchesi.

MASTROJANNI si associa agli onorevoli Cevolotto e Mancini. Ritiene che anche da un punto di vista estetico e formale, la dizione dell’onorevole Marchesi soddisfi le esigenze di una Costituzione, come esordio a tutta l’articolazione che segue per regolare l’insegnamento.

MORO, Relatore, rileva che, come è stato detto dall’onorevole Marchesi, era sembrato ai Relatori più opportuno considerare il principio della libertà della scuola nelle sue concrete espressioni, nell’ambito della articolazione. Nel timore di interpretazioni difformi dalle sue intenzioni e probabilmente da quelle del collega Relatore, sarebbe d’avviso che il primo articolo della relazione dell’onorevole Marchesi non fosse incluso nel testo definitivo.

ROSSETTI dichiara di essere contrario alla formulazione di un principio generale, ma non vorrebbe che una dichiarazione iniziale del tipo proposto facesse perdere di vista l’importanza e la stretta connessione che lega la dichiarazione della libertà di insegnamento all’altra della necessità sociale che lo Stato adempia alla sua funzione di assicurare una istruzione adeguata a tutti i cittadini capaci e meritevoli. Desidererebbe, quindi, che nella materia in esame si seguisse la stessa impostazione di altri precedenti titoli della Costituzione, nei quali al concetto di libertà è andato sempre parallelo, e talvolta anteposto, il concetto della funzione sociale della solidarietà.

In secondo luogo, osserva che se si deve fare un’affermazione di libertà, sarebbe opportuno dire chiaramente quali sono il significato e la portata che a questa affermazione si vuole attribuire. A suo avviso, tale portata dovrebbe essere la più incondizionata e la più radicale, sempre nei limiti di quella finalizzazione della libertà che è stato sostenuto essere il principio della nuova Costituzione. Dall’iniziale dichiarazione della libertà della scienza e dell’arte deve derivare, come assoluta conseguenza, l’impossibilità di esaurire le funzioni dell’insegnamento in un compito statale, e la necessità di affermare quindi che il compito statale di assicurare la libertà dell’insegnamento e di dare in modo adeguato una preparazione culturale a tutti i capaci, deve essere adempiuto col rispetto della spontaneità e libertà di quelle iniziative che si manifestano adeguate ai risultati sociali che si vogliono raggiungere.

LUCIFERO, facendo seguito all’onorevole Dossetti, con il quale concorda, salvo per quanto attiene alla questione della finalizzazione delle libertà, desidera sottoporre all’attenzione della Sottocommissione una formula che, pur riproducendo quella dell’onorevole Marchesi, tende ad integrarla: «L’arte e la scienza sono libere e liberi sono i loro insegnamenti. Pertanto la libertà della scuola è garantita».

DOSSETTI desidera far osservare all’onorevole Lucifero che quanto egli propone è già implicito, mentre il principio che vuole affermare implica conseguenze strutturali dell’ordinamento scolastico, che devono essere riconosciute e difese.

MARCHESI, Relatore, dopo le considerazioni esposte dall’onorevole Dossetti, attribuisce maggior valore all’articolo che aveva già proposto, giacché non può ammettere nessuna finalizzazione di questa libertà, che spetta all’arte ed alla scienza ed ai relativi insegnamenti fuori e dentro la scuola.

D’altra parte non vede quale motivo di preoccupazione possa sorgere in seguito alla affermazione di una libertà che è garantita per tutti. La libertà, affermata in un articolo iniziale e preliminare, non può costituire pericolo nemmeno per una scuola confessionale, giacché questa libertà vale anche per tutte le scuole, mentre se si vuol limitarla e proporzionarla a certe pretese utilità o necessità della vita consociata, il principio verrebbe gravemente intaccato. La scuola, a suo avviso, non è confessionale, non è filosofica, non è dogmatica, perché in essa deve essere ammesso qualunque principio, qualunque metodo di insegnamento, purché non contravvenga ai principî elementari e fondamentali dell’educazione.

Quindi, giacché questo articolo preliminare, che era disposto ad abbandonare, è stato ritenuto limitativo di alcuni diritti, domanda alla Sottocommissione che venga messo in votazione.

MASTROJANNI ribadisce la necessità di inserire nella Costituzione la formula incisiva ed espressiva dell’onorevole Marchesi, la quale dichiara l’universalità della scienza e dell’arte al di sopra di ogni barriera statale e di ogni sentimento nazionale, al di sopra di ogni tendenza, di ogni orientamento politico, giuridico e sociale, rendendo omaggio nel contempo alle manifestazioni eccelse della personalità umana.

DOSSETTI teme di essere stato frainteso dall’onorevole Marchesi. Egli ha voluto, soprattutto, precisare tre cose: in primo luogo, che era favorevole, senza scorgervi alcun pericolo, alla dichiarazione di questa libertà; in secondo luogo che riteneva conveniente che tale dichiarazione fosse fatta parallelamente a quella che è compito sociale dello Stato di assicurare a tutti i capaci l’istruzione adeguata; in terzo luogo, infine, che era disposto ad accettare quella formula, in quanto necessariamente implicava, nel suo sviluppo logico, certe modificazioni di struttura della successiva articolazione, rivolte soprattutto a garantire in pieno la libertà della scuola e delle iniziative non statali, come conseguenza necessaria del principio affermato della libertà dell’arte, della scienza e dei relativi insegnamenti.

Incidentalmente ha parlato di una finalizzazione di questa libertà, come di tutte le altre, ma senza attribuire a questa un significato prevalente, e senza volerle dare un carattere diverso da quello che è stato dato per altre libertà, che anche l’onorevole Marchesi ha accettato, per esempio la libertà di stampa. D’altra parte, non può intendersi la libertà della scuola in termini così assoluti e radicali da ammettere, per esempio, che nella scuola di uno Stato democratico si possa far professione di idee fasciste.

MARCHESI, Relatore, osserva che la scuola pubblica non esclude affatto il sorgere ed il prosperare di altri istituti privati. Il principio a cui si ispira il suo articolo verrebbe ad essere però sminuito, se lo si volesse subordinare alla sola funzione scolastica.

DOSSETTI riconosce la profondità della osservazione; non era suo intendimento dare a questo principio soltanto quel contenuto, ma voleva sottolineare il fatto che tra le necessarie conseguenze di questo principio vi era anche l’affermazione della piena libertà dell’iniziativa privata di insegnamento.

MARCHESI, Relatore, dichiara che con il suo primo articolo intendeva affermare la libertà dell’arte e della scienza, che si deve esercitare dentro e oltre la scuola. L’arte e la scienza hanno espressioni amplissime e molte volte con maggiore efficacia ed utilità sociale si sviluppano al di fuori delle costrizioni scolastiche. Domanda all’onorevole Dossetti in che modo si può finalizzare la libertà di insegnamento, se non venendo a vulnerare tutto il principio. Crede che l’onorevole Dossetti stesso si troverebbe imbarazzato, se dovesse specificare, a garanzia della libertà e della democrazia, entro quali limiti si debba svolgere la libertà di insegnamento.

DOSSETTI non contesta la difficoltà, ma non vorrebbe che in questa sede si venisse a dare ragione a quanto l’onorevole Lucifero diceva in sede di discussione della libertà di stampa. Come è stata superata quella difficoltà, si potrebbe egualmente superarla in materia di libertà della scuola.

MORO, Relatore, ritiene che il corso della discussione abbia dimostrato la fondatezza della esigenza di precisare il principio della libertà della scuola in sede di articolazione, anziché come premessa generale. Comunque, poiché ormai pare che una precisazione sia necessaria, si dichiara lieto di ritornare sulla primitiva proposta – comune a lui e all’onorevole Marchesi – salvo poi collegarla con le successive norme strutturali per assicurare una concreta garanzia di libertà anche alla scuola non statale. Riconosce che il principio della libertà di insegnamento va al di là del problema della scuola, in quanto vi sono forme di arte e di scienza che non hanno bisogno di esprimersi nella scuola; tuttavia crede che potrà studiarsi una formula che, in relazione al principio generale della libertà della scienza, dell’arte e del loro insegnamento, consenta alla scuola privata di affermarsi e di prosperare.

TOGLIATTI teme che si confondano due concetti diversi, cioè: un’affermazione di principio, la quale si riferisce non soltanto alla scuola, ma a tutti gli insegnamenti, ed un istituto particolare quale è la scuola con le sue svariate forme di organizzazione. Crede che nessuno possa mettere in dubbio l’affermazione della libertà degli indirizzi scientifici e artistici dallo Stato organizzati democraticamente, ma se da tale affermazione si vuol fare direttamente discendere la libertà della scuola, ritiene che la conseguenza sia errata, perché non si è più di fronte ad un principio generale, ma alla libertà di un istituto, la scuola, a cui da due opposte correnti politiche si è attribuito un determinato contenuto politico. Mentre la formula dell’onorevole Marchesi è perfettamente coerente con l’organizzazione scolastica prevista nei successivi articoli, in quanto è lo Stato democratico che organizza la scuola sotto il suo controllo e ne garantisce la libertà d’insegnamento, facendo discendere da tale formula il principio che anche la scuola è libera; si avrebbe come conseguenza di inserire nella Costituzione un’altra forma di organizzazione scolastica diversa da quella affermata nell’articolazione dell’onorevole Marchesi.

Conclude dichiarando di approvare l’articolo 1° dell’onorevole Marchesi, senza però aggiungere l’affermazione proposta dall’onorevole Dossetti, che dovrà formare oggetto degli articoli successivi relativi alle funzioni dello Stato nell’organizzazione scolastica.

LUCIFERO ritiene che il dissenso sia più apparente che sostanziale, in quanto gli sembra che la formula dell’onorevole Marchesi porti evidentemente, come prima conseguenza, che la scuola è libera perché nella scuola si danno e si sviluppano gli insegnamenti. Ora quando si ammette che l’insegnamento è libero, non può non essere libera la scuola. Il fatto che vi sia la scuola di Stato, la quale segue determinati ordinamenti e ha una sua determinata organizzazione, che vi sia la scuola privata con altri determinati indirizzi ed infine una scuola individuale che segue anche essa i suoi indirizzi, non può – a suo avviso – costituire materia di dissenso in questo campo. Anche lo Stato che volesse costituire una organizzazione scolastica molto rigida e molto circoscritta dovrebbe ammettere il principio della libertà della scuola, considerando come tale anche lo studio del pittore, ovvero quello del professore universitario che riunisce degli amici per comunicare loro il suo pensiero e le sue idee. Perciò la dichiarazione che la libertà della scuola è garantita, deve essere la logica conseguenza della prima affermazione, in quanto se l’arte e la scienza sono libere, è chiaro che deve essere libera anche la scuola in cui questi insegnamenti si traducono.

In definitiva, ritiene che questa prima parte dell’articolazione possa essere ammessa, perché se si accetta il principio che l’insegnamento è libero, libera è anche la scuola.

MANCINI pone in evidenza il fatto che nella formula dell’onorevole Marchesi non è soltanto compresa la libertà d’insegnamento nella scuola, ma anche la libertà fuori della scuola. Si può infatti insegnare in svariate maniere, non solo dalla cattedra, ma dalla vita e dalla stampa, anche scrivendo un libro che sotto questo profilo deve essere considerato come la forma primigenia dell’insegnamento.

Ora se si mette in rapporto la libertà di insegnamento con la libertà dell’arte e della scienza, il concetto di libertà acquista un significato più ampio e più concreto, poiché l’arte e la scienza non hanno confini: sono universali e superano ogni limitazione.

TOGLIATTI desidererebbe precisare la formula Dossetti. Questa dà per risolto tutto il problema della organizzazione della libertà di insegnamento secondo un determinato indirizzo, mentre la formula generale che è nell’articolo primo dell’onorevole Marchesi afferma la libertà dell’insegnamento in qualunque scuola.

PRESIDENTE, poiché tutti sono concordi sul concetto della libertà dell’insegnamento, indipendentemente da quella che sarà l’organizzazione di questa libertà, che potrà formare oggetto specifico di ulteriore trattazione, ritiene che non vi sia la necessità di affermare che l’arte e la scienza sono libere e liberi sono i loro insegnamenti. A suo avviso, il problema che preoccupa è se l’insegnamento debba avere due manifestazioni, quella della scuola pubblica e quella della privata. Un articolo che contenesse questa proposizione semplice e lasciasse impregiudicata l’organizzazione dei due tipi di insegnamento, offrirebbe la soluzione migliore, salvo stabilire negli articoli successivi le necessarie forme di coordinamento tra insegnamento pubblico ed insegnamento privato.

A tale proposito, propone la seguente formula: «L’insegnamento è libero e si distingue in pubblico e privato».

MARCHESI, Relatore, non comprende per quale ragione una formula così chiara, così comprensiva e così generica e nello stesso tempo così precisa, quale è quella che risulta dalla formulazione del suo primo articolo, debba essere contratta in specificazioni che la immiseriscono. Con «insegnamento» si intende la funzione sia della scuola pubblica e privata, sia quella, in genere, dell’artista e dello scienziato i quali, oltre la loro produzione artistica e scientifica, svolgono ufficio ed opera di maestri. Si dichiara desideroso quanto gli altri colleghi che il diritto della scuola privata venga affermato, ma non trova la ragione per cui in una enunciazione generica che riguarda l’arte, la scienza ed il loro insegnamento, si debba inserire una specificazione relativa alla scuola pubblica e privata.

MASTROJANNI ritiene che non si possa disconoscere che l’insegnamento è la conseguenza logica e naturale di una scienza, di un’arte o di una letteratura. Quindi la premessa dell’onorevole Marchesi è perfettamente logica e, costituendo un omaggio che si rende all’universalità della scienza, deve necessariamente essere affermata nella nuova Costituzione, alla stessa stregua che il lavoro è il fondamento della struttura sociale. Per questi motivi insiste perché l’affermazione dell’onorevole Marchesi costituisca il preambolo per il tema dei rapporti culturali, sia per rendere omaggio alla universalità della scienza, sia per evitare che ad essa, in qualsiasi momento, possano essere opposte barriere o limitazioni d’insegnamento.

CEVOLOTTO insiste perché sia messa in votazione la proposta dell’onorevole Marchesi.

LUCIFERO dichiara di non essere soddisfatto della proposta del Presidente. A suo parere, per quanto non sia stata mai esplicitamente nominata, il punto centrale della discussione riguarda la questione religiosa. Ne fa esplicitamente cenno, in quanto alla scuola religiosa annette grandissima importanza, ritenendo che l’insegnamento in essa impartito debba avere la massima possibilità di sviluppo. L’articolo dell’onorevole Marchesi non ostacola affatto questo insegnamento, perché indubbiamente anche questa scuola, come tante altre, deve essere libera di impartire il suo insegnamento. Infatti la logica conseguenza dell’affermazione della libertà di insegnamento è proprio la libertà della scuola, che è una sottospecie dell’insegnamento. Per questo motivo si dichiara favorevole alla formulazione dell’onorevole Marchesi.

MARCHESI, Relatore, ricorda all’onorevole Lucifero che in un articolo successivo, comune a tutti e due i Relatori, si afferma che la scuola privata ha piena libertà di insegnamento.

LUCIFERO conferma all’onorevole Marchesi che appunto per tale motivo accetta il suo articolo.

MANCINI dichiara che, suo malgrado, non può essere favorevole alla formula proposta dal Presidente, che non ritiene interpreti esattamente il pensiero dell’onorevole Marchesi, essendosi in essa trascurata l’affermazione più importante e più nobile relativa alla libertà dell’arte, della scienza e del loro insegnamento. Da questa premessa, così notevole, non crede si possa prescindere, perché dopo aver cercato la Costituzione di affermare tutte le libertà, si oblierebbe proprio la libertà spirituale, la cui espressione tangibile è rappresentata dall’arte e dalla scienza, e nella quale ci siamo rifugiati, come solo ed alto conforto, durante la tirannia fascista. Onde ci appare come il bene più caro e più geloso.

DOSSETTI aderisce all’articolo proposto dall’onorevole Marchesi, ma fa notare che esso dovrebbe essere collegato con il resto delle disposizioni. Poiché ritiene sia necessario uno studio onde stabilire questo collegamento, propone il rinvio della discussione.

MARCHESI, Relatore, si dichiara contrario alla proposta di rinvio. Gli sembra che le preoccupazioni dell’onorevole Dossetti non abbiano serio fondamento, in quanto negli articoli successivi la garanzia di libertà della scuola privata è espressa esplicitamente.

DOSSETTI non è d’accordo con l’onorevole Marchesi. Il rilievo da lui fatto mostra anzi che vi è la necessità di un rinvio. Ripete di essere disposto ad accettare l’articolo dell’onorevole Marchesi, ma, a suo avviso, soltanto un’adeguata meditazione e una coordinazione con gli articoli successivi possono dare al concetto in esso contenuto quella pienezza di significato che è nei comuni intendimenti.

LUCIFERO dichiara che, personalmente, è già perfettamente convinto del contenuto dell’articolo. Se però qualche Commissario ritiene di dover ancora maturare o studiare la questione, non è contrario alla proposta di rinvio, trattandosi di affermazioni della massima importanza, che esigono una perfetta convinzione da parte di chi le deve accettare.

DOSSETTI afferma che la sua proposta di rinvio non ha lo scopo di voler aggiungere qualche altra proposizione all’articolo dell’onorevole Marchesi, ma soltanto di poter trovare anche sugli articoli successivi un accordo che consenta poi di superare con estrema rapidità questo problema, congiuntamente agli altri.

BASSO si dichiara contrario alla proposta di rinvio dell’onorevole Dossetti, proprio per le ragioni esposte dall’onorevole Dossetti stesso, di condizionare cioè la formulazione dell’articolo a un accordo sui successivi articoli. Ritiene che questo sistema sia contrario alla procedura seguita nelle votazioni, dovendosi considerare gli articoli così come vengono presentati, senza regolare il proprio voto in relazione a quello che può essere il contenuto di altri articoli.

CARISTIA ritiene che la proposta dell’onorevole Dossetti non tenda a discutere quello che è il valore del primo articolo su cui tutti sono d’accordo, ma tenda invece ad una maggiore concatenazione di questo primo articolo con gli altri che si dovrebbero successivamente discutere. Ciò potrebbe poi consentire un maggior risparmio di tempo nella discussione che seguirà, in quanto saranno portati all’esame della Commissione articoli ben definiti e concordati.

MORO, Relatore, sarebbe disposto a votare l’articolo integralmente. Ritenendo però che ogni affermazione debba essere collocata secondo un certo ordine sistematico che non può essere deciso in questo momento, si dichiara favorevole alla proposta di rinvio.

MARCHESI, Relatore, riafferma il suo contrario avviso alla proposta di rinvio, osservando che la preoccupazione dell’onorevole Dossetti sarebbe anche sua, se l’articolo potesse generare il sospetto che la libertà della scuola non fosse garantita.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Dossetti di rinviare la discussione alla prossima seduta.

(La proposta è approvata).

La seduta termina alle 12.40.

Erano presenti: Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, Dossetti, Iotti Leonilde, La Pira, Lombardi Giovanni, Lucifero, Mancini, Mastrojanni, Marchesi, Moro, Togliatti e Tupini.

Assenti giustificati: De Vita, Grassi e Merlin Umberto.