ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
PRIMA SOTTOCOMMISSIONE
20.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 8 OTTOBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TUPINI
INDICE
I principî dei rapporti sociali (economici) (Seguito della discussione)
Presidente – Dossetti – Caristia – Cevolotto – Mastrojanni – Lucifero, Relatore – Moro – La Pira – Merlin Umberto – Togliatti, Relatore – Iotti Leonilde – Basso – Corsanego.
La seduta comincia alle 17.15.
Seguito della discussione sui principî dei rapporti sociali (economici).
PRESIDENTE ricorda che nell’ultima riunione la Sottocommissione ha approvato un articolo così formulato: «Ogni cittadino ha il diritto al lavoro e ha il dovere di svolgere un’attività o esplicare una funzione idonee allo sviluppo economico o culturale o morale o spirituale della società umana conformemente alle proprie possibilità ed alla propria scelta». Osserva che tale testo riassume parte del primo comma del primo articolo proposto dall’onorevole Lucifero e parte del primo comma del primo articolo proposto dall’onorevole Togliatti, ed in pari tempo tiene conto di quanto è contenuto nella prima proposizione del primo articolo approvato sulla stessa materia dalla terza Sottocommissione. Aggiunge che il concetto contenuto nell’ultima parte dell’articolo approvato dalla Sottocommissione («esplicare una funzione ecc.») era adombrato, se non espresso allo stesso modo, nel secondo comma dell’articolo primo proposto dall’onorevole Lucifero.
DOSSETTI propone, anche a nome dell’onorevole Togliatti, da un punto di vista sistematico, di soprassedere alla discussione ed all’approvazione dell’ultima parte del primo comma dell’articolo proposto dall’onorevole Togliatti («chi è senza lavoro senza sua colpa è assistito dallo Stato»); di rinviare altresì l’esame del secondo comma («Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini, lo Stato interverrà per coordinare e dirigere l’attività produttiva dei singoli e di tutta la Nazione secondo un piano che dia il massimo rendimento per la collettività»), che ha un’importanza fondamentale e sul cui contenuto si dichiara d’accordo, ma che, per ragioni di sistematica, data la sua portata riassuntiva, collocherebbe in seguito in sede più opportuna. Accantonerebbe infine anche il terzo comma («È proibito il lavoro salariato dei minori di anni 16»), sul quale pensa che probabilmente si potrà raggiungere l’accordo.
Propone invece di passare all’esame e alla discussione del secondo articolo proposto dall’onorevole Togliatti («La remunerazione del lavoro intellettuale e manuale deve corrispondere alle necessità fondamentali della esistenza del singolo e della sua famiglia»), al quale propone, d’accordo con l’onorevole Togliatti, di apportare una modifica sostituendo alle parole «corrispondere alle necessità fondamentali dell’esistenza» le altre: «soddisfare all’esigenza di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore e della sua famiglia».
(La proposta è approvata).
PRESIDENTE legge il testo dell’articolo secondo nella nuova formulazione concordata dagli onorevoli Togliatti e Dossetti: «La remunerazione del lavoro intellettuale e manuale deve soddisfare alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore e della sua famiglia».
CARISTIA fa una piccola osservazione di forma; propone cioè che in luogo di: «intellettuale e manuale» si dica «intellettuale o manuale».
CEVOLOTTO riconosce che il concetto informatore della disposizione è giustissimo. Fa rilevare però le difficoltà a cui la inclusione di una norma di questo genere nella Costituzione potrebbe dar luogo. Pensa infatti che difficilmente lo Stato potrà assicurare un’esistenza libera e dignitosa ad un individuo (ed alla sua famiglia) che, scelta liberamente la professione di pittore o di poeta, faccia poi delle opere di nessun valore e che nessuno compera. Aggiunge che con una disposizione di questo genere, che contiene principî che in teoria corrispondono a concetti da tutti ammessi; ma che in pratica incontrano difficoltà di attuazione quasi insuperabili, si metterebbe questo pittore o poeta nella condizione di domandare allo Stato l’acquisto dei suoi quadri o delle sue poesie, dal momento che i privati non ne vogliono sapere.
PRESIDENTE osserva che quando si parla di lavoro intellettuale, si intende che questo debba essere ritenuto sempre socialmente utile.
CEVOLOTTO manifesta il suo scetticismo anche per un altro motivo, cioè che il fatto potrà verificarsi indipendentemente dal valore dell’artista; lo Stato infatti non potrà evitare che anche un artista di valore soffra la fame, se la sua opera è per il momento misconosciuta. Non ritiene possibile che lo Stato garantisca la remunerazione di questo lavoro, perché si tratta di una libera attività che si rivolge al pubblico, che può accettarla o non accettarla.
Conclude affermando di approvare l’articolo nel suo concetto informatore, ma di dubitare della sua realizzazione pratica, a meno che non si voglia burocratizzare l’arte, il che equivarrebbe ad ucciderla.
PRESIDENTE osserva che il secondo concetto espresso dall’onorevole Cevolotto è di notevole gravità, perché egli, mentre accoglie un principio, ne distrugge il significato prevedendone l’impossibilità di attuazione.
MASTROJANNI non ha nulla da obiettare sulla concezione e sulla formulazione dell’articolo. Desidera però anch’egli manifestare i suoi dubbi in proposito, perché questa disposizione rappresenta, a suo parere, la perfezione di uno Stato ideale praticamente irraggiungibile. Concorda sul principio di assicurare un’esistenza libera e dignitosa al lavoratore ed alla sua famiglia, ma non ne vede la pratica realizzazione.
Fa rilevare anche un altro pericolo, cioè che il lavoratore, tenendo presente questa affermazione, possa rifiutarsi di prestare la sua opera, se non gli verrà corrisposta una retribuzione di tali proporzioni da consentirgli di soddisfare tutte le esigenze, e non solo materiali, sue e della famiglia.
Conclude prospettando l’opportunità di studiare una formula più modesta, meno ampollosa e più francescana.
PRESIDENTE invita l’onorevole Mastrojanni a concretare in un articolo i concetti esposti.
LUCIFERO, Relatore, si dichiara d’accordo sul concetto, che del resto era contenuto nella prima parte dell’articolazione da lui proposta alla Sottocommissione, e che egli aveva ritenuto necessario esprimere in quella sede, perché pensava che, trattandosi di problemi economici sociali, la prima affermazione, cioè, l’affermazione essenziale, base di tutte le successive, dovesse essere quella del diritto dell’uomo ad una vita dignitosa e sufficiente a sé e alla sua famiglia.
Non è favorevole alla proposta degli onorevoli Dossetti e Togliatti, oltre che per le ragioni dette dagli altri oratori, anche e soprattutto perché ritiene che una norma dei genere non debba trovar posto in una Costituzione, bensì in un’opera di filosofia o in un trattato di esegesi sociale. Reputa comunque perfettamente inutile collocare in questa sede l’affermazione proposta, che, tra l’altro, si riporta ad una disposizione già approvata, in cui si dice che «ogni cittadino ha il diritto al lavoro»; ciò significa, a suo parere, che se ha il diritto al lavoro, ha anche il diritto ad una remunerazione proporzionata al suo lavoro.
Conclude affermando di ritenere l’articolo proposto pleonastico, confusionario e superfluo.
DOSSETTI riconosce che sarebbe potuto sembrare più rispondente ad una esatta sistematica far questa affermazione in via preliminare. Osserva però che se l’onorevole Lucifero è disposto a riconoscere il principio che vi sia in ogni uomo, in determinate condizioni, un diritto ad una remunerazione del suo lavoro tale da assicurare a lui ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa, non dovrebbe avere difficoltà a che il principio fosse affermato in questa sede, che l’oratore ritiene più opportuna. Il diritto ad avere i mezzi per una esistenza libera e dignitosa non deriva infatti dal semplice fatto di essere uomini, ma dall’adempimento di un lavoro, a meno che non si determinino quelle altre condizioni da cui derivi l’impossibilità di lavorare per i motivi che saranno indicati negli articoli concernenti l’assistenza e la previdenza. Fa presente la necessità di fissare il principio che la società non è tenuta a garantire un’esistenza libera e dignitosa a colui, che, pur essendo cittadino, non esercita, per sua colpa, alcuna attività socialmente utile.
Quanto alla modifica rispetto al testo originario proposto dall’onorevole Togliatti, modifica che del resto è stata da questi accettata, dichiara di averla ritenuta necessaria, perché, a suo parere, dire semplicemente «necessità fondamentali dell’esistenza del singolo e della sua famiglia», è troppo poco e lascia aperta la strada a interpretazioni restrittive, che vorrebbe evitare. Fa presente in proposito come finora si sia vissuti in una società in cui le esigenze fondamentali di vita sono state sempre considerate in senso restrittivo, onde è stato possibile che vaste masse di lavoratori fossero insufficientemente compensate.
Osserva quindi che risponde alla struttura economico-sociale del nostro sistema orientare l’economia verso retribuzioni dei lavoro che non siano soltanto rispondenti alle esigenze della vita, quali possono essere quelle del vitto, della casa, del vestiario, ma anche alle esigenze dell’esistenza libera e perciò degna dell’uomo.
Non ritiene che, come ha detto l’onorevole Mastrojanni, si indichi così un’utopia, in quanto non saprebbe rinunciare al sogno di avviare la struttura sociale verso una rigenerazione del lavoro in modo che il suo frutto sia adeguato alla dignità e alla libertà dell’uomo.
Tali principî programmatici non avranno la possibilità di operare un miracolo, perché la loro attuazione dipenderà dalle condizioni sociali della vita politica italiana, ma serviranno almeno a una progressiva elevazione delle condizioni di lavoro nel prossimo avvenire.
MORO osserva, riferendosi alla questione della collocazione sollevata dall’onorevole Lucifero, che a suo parere la dichiarazione riguardante il diritto a una remunerazione che soddisfi alle esigenze fondamentali dell’esistenza del lavoratore, deve seguire la dichiarazione del diritto al lavoro. Fa presente che, per venire parzialmente incontro alle idee espresse dall’onorevole Lucifero, onde evitare un’eccessiva frammentarietà della materia, si potrebbe aggiungere questa dichiarazione sulla remunerazione al primo articolo, facendola seguire alla dichiarazione del diritto al lavoro.
LA PIRA osserva che gli articoli formulati ed approvati dalla Sottocommissione sono sempre partiti dalla premessa che essi debbano concorrere a far cambiare la struttura economico-sociale del Paese. Se la struttura economico-sociale dovesse restare quella che è attualmente, cioè di carattere liberistico, allora l’articolo proposto avrebbe scarso valore e costituirebbe soltanto un’enunciazione pleonastica; se invece questa struttura subirà dei cambiamenti, allora l’articolo proposito assumerà un grande valore politico e giuridico, in quanto si riferisce soprattutto ad una futura evoluzione della società.
LUCIFERO, Relatore, dichiara non esservi alcuna, differenza tra il suo pensiero e quello esposto dall’onorevole La Pira, poiché anche l’oratore è un liberista nel senso moderno della parola e si rende perfettamente conto che la struttura economico-sociale del nostro Paese, potrebbe anche prendere una piega diversa, come l’ha presa in questi ultimi 25 anni.
Egli intendeva fare principalmente una questione di collocamento dell’articolo, in quanto effettivamente il diritto alla esistenza, cioè alla giusta remunerazione intesa in senso largo, costituisce il fondamento di tutto il lavoro compiuto dalla Sottocommissione; è necessario quindi porre questa premessa assoluta al principio della formulazione degli articoli.
La questione da lui sollevata deve, a suo avviso, ritenersi essenziale per la formulazione dei concetti che si vogliono esprimere negli articoli.
PRESIDENTE ricorda all’onorevole Lucifero che egli aveva in un primo tempo affermato di non opporsi alla sostanza dell’articolo, ma di fare soltanto una questione di collocamento.
LUCIFERO, Relatore, si dichiara pronto ad accettare la discussione sulla formula proposta, purché essa venga posta all’inizio degli articoli riguardanti la materia.
PRESIDENTE mette ai voti la proposta dell’onorevole Lucifero, che cioè la formulazione del concetto di una giusta remunerazione preceda quella del diritto al lavoro.
MORO non ritiene che si debba dare un’eccessiva importanza a tale questione di sistematica. Ad ogni modo dichiara di preferire la formulazione degli articoli presentata dagli onorevoli Togliatti e Dossetti.
LUCIFERO, Relatore, osserva che non è logico dire che l’affermazione del diritto al lavoro debba precedere quella del diritto alla remunerazione in una misura corrispondente alle esigenze del lavoratore e della famiglia, in quanto il diritto all’esistenza appartiene anche a coloro i quali non possono lavorare; tanto è vero che nella Costituzione sono state studiate una serie di previdenze proprio per coloro i quali non possono lavorare per ragioni di salute, di età, ecc.
MORO esprime il parere che, tenendo conto della realtà storica nella quale si vive, realtà che va intesa in senso relativo e non assoluto, la formulazione proposta dagli onorevoli Dossetti e Togliatti, sia ben collocata.
(La proposta dell’onorevole Lucifero è respinta con 3 voti favorevoli e 10 contrari).
PRESIDENTE comunica che l’onorevole Mastrojanni ha presentato la seguente formula: «La remunerazione del lavoro manuale e intellettuale deve essere giusta e deve soddisfare l’umana dignità».
Mette ai voti la proposta dell’onorevole Mastrojanni.
MERLIN UMBERTO dichiara che voterà contro la proposta dell’onorevole Mastrojanni perché nell’articolo proposto dagli onorevoli Dossetti e Togliatti si afferma un concetto sostanziale che è quello dell’entità familiare. Per quanto questo concetto possa sembrare audace e forse anche eccessivo per le difficoltà pratiche d’applicazione, tuttavia esso risponde alle sue convinzioni sociali; ed egli pensa che occorra affermare nettamente che il salario non deve soltanto soddisfare alle esigenze del singolo lavoratore, ma anche a quelle della sua famiglia, cosa del resto che di fatto già avviene perché non ci sarà mai nessun lavoratore che si accontenti di un salario limitato soltanto ai suoi bisogni lasciando nella miseria e nell’indigenza la famiglia. Ora questo concetto umano e cristiano è affermato chiaramente nella proposta degli onorevoli Dossetti e Togliatti.
LUCIFERO, Relatore, dichiara che si asterrà dalla votazione, in quanto tiene a ribadire l’imperativo morale e giuridico di una norma che dia a tutti i cittadini questa garanzia della possibilità di vivere in maniera dignitosa sia per i singoli che per le loro famiglie. Non ritiene che l’emendamento Mastrojanni risponda alle esigenze esposte dall’onorevole Merlin, che egli condivide perfettamente. Ad ogni modo, siccome resta di vitale importanza la questione del collocamento di questo articolo, si asterrà dalla votazione.
(L’emendamento Mastrojanni è respinto con 1 voto favorevole, 11 contrari e 1 astenuto).
PRESIDENTE, prima di mettere ai voti la formula proposta dagli onorevoli Togliatti e Dossetti, fa presente che l’onorevole Caristia ha proposto che invece di dire «intellettuale e manuale» si dica «intellettuale o manuale».
TOGLIATTI, Relatore, dichiara di accettare la modificazione proposta dall’onorevole Caristia.
PRESIDENTE chiede agli onorevoli Dossetti e Togliatti se hanno difficoltà a che, oltre «intellettuale o manuale», si inserisca anche «tecnico». Ci sono infatti dei lavori tecnici che esulano dal concetto di lavori intellettuali o manuali propriamente detti.
DOSSETTI dichiara di non avere difficoltà ad accettare la proposta del Presidente.
PRESIDENTE legge l’articolo proposto dagli onorevoli Togliatti e Dossetti, con l’aggiunta da lui proposta e da loro accettata: «La rimunerazione del lavoro intellettuale o tecnico o manuale deve soddisfare alle esigenze di un’esistenza libera e dignitosa del lavoratore e della sua famiglia», e lo mette ai voti.
CEVOLOTTO dichiara che voterà a favore dell’articolo, interpretandolo come un’aspirazione a un progressivo miglioramento della società umana. Non si nasconde però che un’attuazione pratica si potrebbe avere soltanto nel caso che lo Stato potesse imporre ai cittadini un determinato lavoro.
(L’articolo è approvato con 11 voti favorevoli e 2 astenuti).
PRESIDENTE, prima di procedere oltre nella discussione, ricorda che un concetto simile a quello testé approvato è già stato affermato dalla terza Sottocommissione con un articolo così formulato: «Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro e adeguata alle necessità personali e familiari».
Comunica che dagli onorevoli Togliatti e Dossetti viene proposta una integrazione dell’articolo ora approvato con un comma che si riferisca alla donna lavoratrice e così formulato: «Alla donna lavoratrice sono assicurati gli stessi diritti e lo stesso trattamento che spettano ai lavoratori e inoltre sono garantite condizioni particolari che le consentano di adempiere insieme al suo lavoro la sua missione familiare». Avverte che l’onorevole La Pira ha proposto di sostituire le parole «la sua prevalente missione familiare», alle altre: «la sua missione familiare».
TOGLIATTI, Relatore, dichiara di non accettare l’emendamento proposto dall’onorevole La Pira perché, mentre in questo comma si vuole affermare una parità fra l’uomo è la donna, con la proposta dell’onorevole La Pira si sottolinea una differenza tra la missione dell’uomo e quella della donna.
LA PIRA risponde all’onorevole Togliatti che effettivamente la missione della donna è diversa da quella dell’uomo.
TOGLIATTI, Relatore, propone che la discussione su questo argomento sia rimandata a quando si verrà a trattare della famiglia.
LA PIRA è d’accordo.
LUCIFERO, Relatore, prega l’onorevole La Pira di mantenere la sua proposta, in quanto essa dà un carattere umano all’articolo della Costituzione, poiché effettivamente la funzione della donna, fin quando esisterà la famiglia, è prevalente nell’ambito di questa. Il lavoro e le funzioni che la donna deve esercitare come madre e come sposa prevalgono su quelli che essa può esercitare come lavoratrice. Per questo ritiene che tali funzioni debbano essere sottolineate in questa sede dove si parla della donna lavoratrice.
MORO proporrebbe la seguente formulazione: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore ed inoltre è garantita in ogni caso la possibilità di adempiere, insieme al suo lavoro, alla sua essenziale missione familiare».
Osserva che la parola «lavoratori» è una espressione un po’ troppo vaga; dicendo invece «tutti i diritti che spettano al lavoratore» l’affermazione acquista maggiore forza e si toglie la possibilità di equivoco sull’equiparazione della donna all’uomo.
Fa presente inoltre che con la formula da lui proposta si dichiara, nello stesso modo, l’essenzialità della missione familiare della donna, ma non si pone la questione generale sulla compatibilità o meno di questa missione con la sua attività lavoratrice, questione che può essere rinviata ad altra sede.
TOGLIATTI, Relatore, dichiara che la proposta dell’onorevole Moro è in linea generale accettabile. Non è d’accordo però circa la sostituzione delle parole «gli stessi diritti» con le altre «tutti i diritti», perché cambia il concetto. Quando si afferma la parità dei diritti della donna lavoratrice e dell’uomo lavoratore, si afferma il principio dell’uguaglianza dei salari, dell’uguaglianza del sussidio di disoccupazione, nelle retribuzioni familiari sussidiarie, ecc.: tutta una serie di principî legati alla parità. Il concetto dell’uguaglianza tra uomo e donna nel campo del lavoro è essenziale nell’articolo; e l’oratore non può accettare che esso ne sia tolto.
PRESIDENTE domanda agli onorevoli Togliatti e Dossetti, se essi accettano che base della discussione sia l’articolo proposto dall’onorevole Moro piuttosto che quello da loro presentato.
TOGLIATTI, Relatore, e DOSSETTI accettano.
PRESIDENTE rilegge la formula proposta dall’onorevole Moro: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore e inoltre è garantita in ogni caso la possibilità di adempiere, insieme al suo lavoro, la sua essenziale missione familiare».
Apre la discussione su questa proposta.
TOGLIATTI, Relatore, dichiara che accetterà l’articolo se alle parole «tutti i diritti» si sostituiranno le parole «gli stessi diritti».
MORO dichiara che, pur non irrigidendosi sulla sua proposta, e pure concordando con l’onorevole Togliatti circa la perfetta parità in ordine a tutti i diritti della donna lavoratrice e dell’uomo lavoratore, insiste per la formula «tutti i diritti» perché se si dice «gli stessi diritti», sarebbe necessario indicare più chiaramente che la parificazione s’intende col lavoratore maschio, per evitare degli equivoci.
TOGLIATTI, Relatore, propone che si dica: «gli stessi diritti che spettano a tutti i lavoratori».
MORO osserva che tale espressione è un po’ sforzata.
TOGLIATTI, Relatore, propone di dire: «sono assicurati tutti i diritti che spettano ai lavoratori e lo stesso trattamento economico».
MORO accetta tale dizione.
DOSSETTI dichiara di accettare l’impostazione data all’articolo dall’onorevole Moro. Non ha niente in contrario a che si dica: «tutti i diritti», perché, così dicendo, lo stesso trattamento economico diviene una conseguenza logica. Ritiene, però, che sia bene affermare esplicitamente che nelle parole «tutti i diritti» s’intende compreso lo stesso trattamento economico, altrimenti si svaluta la portata dell’affermazione.
Per quanto riguarda invece la seconda parte della formula proposta dall’onorevole Moro, dichiara di essere piuttosto esitante ad accettarla, in quanto sembra tendere soltanto ad assicurare una possibilità di fatto, mentre invece si deve affermare una condizione giuridica di perfetta parità.
MORO propone di dire: «sono garantite (o assicurate) modalità di lavoro che le permettano di adempiere la sua essenziale missione familiare».
PRESIDENTE ritiene che il concetto espresso dall’onorevole Dossetti si possa formulare nel modo seguente: «È garantito l’adempimento, insieme al suo lavoro, della sua essenziale missione familiare».
DOSSETTI dichiara di ritenere la formula proposta dal Presidente come un progresso nei confronti di quella proposta dall’onorevole Moro.
PRESIDENTE osserva che, quando si parla di eguale trattamento economico per l’uomo e la donna che lavorano, si suppone eguale rendimento. Eguale salario deve essere corrisposto per eguale lavoro.
TOGLIATTI, Relatore, dichiara che ciò è evidente.
PRESIDENTE fa presente che è necessario che questo concetto sia affermato. Se non si trovasse la formula adatta, deve rimanere consacrato nel verbale che si è voluto intendere, nella discussione, che l’eguaglianza di trattamento suppone l’eguaglianza del rendimento.
TOGLIATTI, Relatore, osserva che nell’articolo si parla di trattamento e non di salario.
MORO suggerisce di dire «a parità di condizioni».
PRESIDENTE propone che l’ultima parte dell’articolo, nella formulazione dell’onorevole Moro, sia modificata nel modo seguente: «è garantito l’adempimento della sua essenziale missione familiare».
LUCIFERO, Relatore, dichiara di preferire la formula originaria della proposta Dossetti-Togliatti con l’integrazione proposta dall’onorevole La Pira, perché essa aveva un carattere più propriamente costituzionale e giuridico.
LA PIRA dichiara di accettare la proposta dell’onorevole Moro per quanto riguarda la sostituzione della parola «prevalente» con «essenziale», perché effettivamente l’obiettivo che si proponeva era di indicare che la donna ha un’essenziale missione familiare.
LUCIFERO, Relatore, è d’accordo nel riconoscere che la parola «essenziale» è preferibile a «prevalente», ma è su tutta la formulazione che ha delle perplessità, ritenendo più chiara la primitiva proposta.
PRESIDENTE dichiara di ritenere che la formula che esprime meglio le opinioni dei vari commissari e traduce il concetto nel quale tutti si sono trovati d’accordo, sia la seguente: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore, e, in particolare, a parità di condizioni, lo stesso trattamento economico».
TOGLIATTI, Relatore, propone che si dica: «in particolare l’eguaglianza di trattamento economico».
LUCIFERO, Relatore, fa presente che bisogna dire: «a parità di rendimento».
TOGLIATTI, Relatore, risponde che tale concetto è implicito.
PRESIDENTE domanda se i commissari ritengono che dire «parità di trattamento economico» sia di per se stesso capace di esaurire l’altro concetto di parità di rendimento economico.
LA PIRA fa presente, richiamandosi a una discussione già fatta all’inizio delle riunioni della Sottocommissione, che con la parola «trattamento» si è voluto, si vuole e si vorrà sempre indicare una proporzionalità. Per queste ragioni lascerebbe la parola «trattamento» anche per ricollegarsi alle discussioni fatte a proposito del primo e del secondo articolo.
PRESIDENTE osserva che il primo ed il secondo degli articoli discussi dalla Commissione non riguardavano il lavoro.
LA PIRA replica che nel secondo articolo si è parlato di eguaglianza di trattamento, e a questa parola è stato dato un significato di proporzionalità. È bene, pertanto, che rimanga questa terminologia che ormai dovrebbe ritenersi acquisita.
MERLIN UMBERTO ritiene che con tutta la buona volontà di essere generosi, approvando una formula che sia la più ampia possibile, non si deve però adottare una formula equivoca come quella «lo stesso trattamento economico». Le lavoratrici interpreteranno la formula nel senso che esse debbono avere il salario che spetta al lavoratore maschio, mentre in pratica questo non avviene mai.
IOTTI LEONILDE non vede il motivo perché ciò non debba avvenire.
PRESIDENTE osserva che, se non c’è uguale rendimento, non si può pretendere uguale salario.
MERLIN UMBERTO rileva che la donna farà un lavoro più leggero e più confacente alla sua natura, e perciò il salario sarà proporzionato al minor rendimento.
Ritiene che ci si debba limitare a dire: «sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore». In questa formula è compreso il concetto che è stato espresso.
MASTROJANNI osserva che, per quanto riguarda la differenza di trattamento tra l’uomo e la donna che lavorano, non dovrebbe esservi alcuna preoccupazione, perché la donna non può mai essere adibita a lavori pesanti, e quindi la differenza di rendimento, di cui si parla, non si verifica, diversi essendo i generi di lavoro. Nei casi in cui la donna esplica una funzione identica a quella dell’uomo, è stato assodato che il rendimento è identico e anche superiore. Ci sono donne fornite d’intelligenza, abilità, perspicacia e laboriosità che superano l’uomo.
Se invece si vuole differenziare il rendimento, dal punto di vista della importanza del lavoro, allora è bene che una differenza esista, perché il lavoro cerebrale deve avere una remunerazione superiore. Quando le responsabilità sono maggiori, è giusto che a maggiori oneri corrispondano maggiori compensi. Sotto questo riguardo ritiene necessaria una specificazione, perché non vengano livellati tutti i lavoratori nello stesso modo.
DOSSETTI dichiara di ritenere che l’onorevole La Pira abbia perfettamente interpretato lo spirito e la lettera dell’articolo proposto da lui e dall’onorevole Togliatti, quando ha fatto osservare che è già implicita una proporzionalità nel sistema adottato.
Ritiene anche che sarebbe opportuno che il principio stabilito nel precedente comma circa la remunerazione del lavoratore possa essere integrato col concetto che è nel secondo degli articoli approvati dalla terza Sottocommissione, che cioè la remunerazione, oltre che assicurare condizioni di vita dignitosa, ecc., deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro; a meno che non si ritenga superflua una tale aggiunta.
PRESIDENTE ritiene che la terza Sottocommissione abbia votato l’articolo appunto con questo spirito e con questa intenzione. Il concetto dell’eguale salario per l’eguale rendimento è espresso nella prima parte dell’articolo della terza Sottocommissione citato dall’onorevole Dossetti: «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro ed adeguata alle necessità personali e familiari».
TOGLIATTI, Relatore, propone di dire: «Sono assicurati gli stessi diritti ed eguale retribuzione per eguale lavoro».
MASTROJANNI dichiara di accettare la formula proposta dall’onorevole Togliatti.
DOSSETTI ritiene che, per rendere l’articolo più organico, si debba introdurre una formula che dica: «Alla donna lavoratrice è garantito uguale diritto ed uguale lavoro», oppure: «la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità del lavoro».
TOGLIATTI, Relatore, propone la seguente formula: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore ed in particolare uguale retribuzione per uguale lavoro».
PRESIDENTE dichiara di accettare la proposta dell’onorevole Togliatti.
MASTROJANNI si associa.
LA PIRA si associa.
PRESIDENTE mette ai voti la formula proposta dall’onorevole Togliatti: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore ed in particolare uguale retribuzione per uguale lavoro», e la mette ai voti.
LUCIFERO, Relatore, dichiara di astenersi per le ragioni già dette.
(La proposta è approvata all’unanimità meno uno astenuto).
PRESIDENTE comunica che la seconda parte dell’articolo è così formulata: «Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentano di adempiere, nello svolgimento del suo lavoro, la sua essenziale missione familiare».
BASSO dichiara di non approvare l’aggettivo «essenziale» perché ritiene che la missione dell’uomo nella famiglia sia altrettanto essenziale quanto quella della donna. Comprende la necessità di specificare che si assicurino alla donna le condizioni per adempiere alla sua missione familiare, ma esclude che si debba dire che questa missione è più essenziale di quella dell’uomo.
LA PIRA fa presente che la vita di una madre di famiglia è interiorizzata nella casa e non può essere espletata dall’uomo. In questo senso si dice che la missione della donna è essenzialmente familiare. La essenzialità dell’uomo nella famiglia ha un altro carattere.
PRESIDENTE aggiunge che la specialità e l’essenzialità della missione della donna è quella della maternità. Questo è un concetto che si deve sempre tener presente. Quando ci si preoccupa della donna lavoratrice, ci si preoccupa per il fatto della maternità, per la tutela delle sue condizioni prima, durante e dopo il parto. Si deve garantire alla donna lavoratrice di poter fronteggiare quelle particolari esigenze che derivano dalla maternità.
BASSO osserva che la tutela si riferisce alle forme in cui la missione familiare della donna si estrinseca, per le quali si richiedono particolari provvidenze. Questo non vuol dire che alla missione della donna si dia un carattere di essenzialità maggiore di quella dell’uomo, nell’ambito della famiglia. Vuol dire soltanto che la donna ha bisogno di particolari tutele. Si dichiara pertanto contrario all’aggettivo «essenziale», perché ritiene che esso diminuisca l’importanza della donna nella famiglia.
IOTTI LEONILDE ricorda che, nelle conversazioni avute con l’onorevole Corsanego circa gli argomenti riguardanti la famiglia, era stato elaborato un articolo che si avvicinava allo spirito di quello sottoposto ora alla discussione. Esso non è stato inserito nell’articolazione da lei proposta, ma si potrebbe tornare ad esaminarlo, al momento opportuno. Discutere ora su questo tema sarebbe fuori posto.
Osserva comunque che dicendosi «missione familiare» si afferma qualche cosa che sottolinea già una differenza di posizione tra quella che può essere la vita della donna come lavoratrice e quella che è la sua attività nell’ambito della famiglia, senza bisogno di altre specificazioni.
PRESIDENTE fa osservare alla onorevole Iotti che, poiché la Commissione sta trattando della posizione della donna nel lavoro, e poiché nell’applicazione del suo lavoro la donna si trova in quelle particolari condizioni cui egli ha già accennato e che sono soprattutto determinate dal fatto della maternità, è proprio qui che dovrebbe trovar luogo il richiamo a una tutela speciale della donna. La donna non viene minorata nei suoi diritti come lavoratrice per il fatto di essere madre, anzi proprio come madre la tutela dei suoi diritti viene rafforzata e potenziata in questa sede.
MORO risponde all’onorevole Basso di non condividere la sua preoccupazione che dalla dizione dell’articolo si possa desumere che la missione dell’uomo sia meno essenziale di quella della donna. Si è attualmente in una particolare situazione storica in cui la donna va uscendo dalla casa per entrare nella vita sociale. La donna deve appartenere alla vita sociale e politica e deve svolgere un’attività lavorativa specifica.
Di fronte a questa situazione, sorge la preoccupazione che si possa interpretare questa nuova realtà come una minorazione della posizione essenziale della donna nella vita familiare, e pertanto si sente il bisogno di confermare l’essenzialità della donna nell’ambito della vita familiare.
Si dichiara contrario alla proposta di rinvio, perché questo è proprio il punto in cui è necessario riconfermare il suddetto principio.
MASTROJANNI si dichiara d’accordo sul principio contenuto nell’articolo, purché rimanga l’espressione «essenziale». Infatti, il fenomeno dilagante dell’attività della donna nel campo sociale e politico come nel campo del lavoro comune, ha portato come conseguenza l’indebolimento della compagine familiare e dell’educazione dei figli.
Se si trascurasse di affermare questo principio essenziale, che cioè la funzione naturale della donna è quella che la natura le ha attribuito, comprendente non solo la procreazione ma anche la difesa e l’educazione dei figli, si verrebbe ad ammettere il principio che si possa anteporre alla funzione naturale biologica della donna, la funzione economica e sociale. Di conseguenza, ritiene che la parola «essenziale» abbia un significato dal quale non si possa prescindere, nel senso che si deve ritenere che la donna rimanga quanto è più possibile nella sua funzione naturale, e che il resto della sua attività nella vita pubblica e lavorativa sia considerato come accessorio e non come essenziale.
Per queste ragioni propone che l’espressione «essenziale» rimanga nella formula, e che anzi ne sia meglio rafforzato il concetto, di modo che non possano sorgere equivoci per il futuro.
TOGLIATTI, Relatore, dichiara che, avendo proposta la sospensiva, era sua intenzione astenersi dalla votazione della formula contenente la parola «essenziale», ma le considerazioni dell’onorevole Mastrojanni lo spingono a votare contro di essa.
Dichiara di accettare il principio che l’attività familiare ha una grandissima importanza nella vita della donna; di non accettare il concetto espresso dall’onorevole Mastrojanni, che la funzione naturale della donna è tutta nella attività familiare, mentre tutte le altre attività sono poste in seconda linea.
È dell’opinione che soltanto quando la donna si sia inserita nella vita economica e sociale, riesca a garantirsi un tale sviluppo della propria persona, per cui anche l’adempimento della sua funzione familiare viene ad essere adeguato a quelle che sono le necessità personali.
Pertanto, se l’espressione «essenziale» viene proposta come aggiunta, nello spirito che è stato chiarito dall’onorevole Mastrojanni, dichiara che voterà contro la formula.
DOSSETTI rileva l’esistenza di due problemi distinti. Il primo è questo: nell’atto in cui si afferma che alla donna lavoratrice deve essere assicurata parità di trattamento giuridico rispetto all’uomo, a parità di lavoro, è opportuno dire in questa sede, come esigenza speciale della donna, che essa avrà diritto, oltre ad una parità di trattamento economico, anche ad una condizione particolare affinché possa esplicare la missione familiare? Ritiene che questa opportunità esista, perché indubbiamente il lavoro deve rendersi compatibile con la missione della donna. Ci sono ragioni evidenti di carattere fisiologico, le quali portano come conseguenza che la donna deve incontrare maggiori ostacoli nella esplicazione della sua missione familiare; e allora è opportuno dire che lo status di lavoratrice della donna deve essere tale da assicurare la parità di trattamento giuridico, e nello stesso tempo una condizione che le garantisca la possibilità di esplicare la sua missione familiare. Questo era l’animus col quale l’oratore ha proposto l’articolo e questa era anche l’intenzione dell’onorevole Togliatti.
Si sovrappone a questo punto la proposta della qualificazione della missione familiare. Su questa qualificazione l’oratore ha una sua opinione particolare; però ritiene che in questa sede essa sia meno essenziale di quello che può apparire, e che potrebbe anche essere fatta in altra sede. Se questa qualificazione costituisse un ostacolo alla approvazione della sostanza dell’articolo, egli sarebbe disposto a rinunciare ad essa, purché si affermasse la cosa sostanziale, che cioè lo status giuridico ed economico della donna lavoratrice deve essere tale da garantire la parità di trattamento rispetto ai lavoratori e nello stesso tempo deve dare alla donna la possibilità di esplicare la sua missione familiare.
BASSO si dichiara d’accordo con l’onorevole Dossetti sul concetto fondamentale che ci deve essere questa garanzia di uno status giuridico ed economico alla donna. Insiste però più che mai sul rifiuto netto e reciso dell’aggettivo «essenziale», in quanto esso si potrebbe prestare alle pericolose interpretazioni che ne ha dato l’onorevole Mastrojanni.
L’oratore ritiene che, come per l’uomo, così anche per la donna c’è una posizione di parità sia nel lavoro come nella vita familiare, perché entrambi hanno il dovere del lavoro e dell’assistenza alla famiglia. Riconosce che, per ragioni di natura biologica, la missione familiare della donna ha un carattere speciale, ma non si deve attribuire ad essa una maggiore essenzialità rispetto a quella dell’uomo.
PRESIDENTE dichiara di comprendere le ragioni della contrarietà dell’onorevole Basso nei riguardi del termine «essenziale» oppure «prevalente», termine che ha dato luogo all’interpretazione dell’onorevole Mastrojanni ed alla presa di posizione dell’onorevole Togliatti. Ritiene che, più che definire prevalente o essenziale la missione familiare della donna, si dovrebbe trovare un termine più preciso e conciso sul quale tutti i Commissari possano essere d’accordo.
Pertanto propone la seguente formulazione: «Ad essa inoltre è garantito nello svolgimento del lavoro l’adempimento della sua speciale missione familiare». Dicendo «speciale» verrà eliminato l’ostacolo che ha fatto arrestare la discussione. La donna si può trovare di fronte a situazioni come quelle cui l’oratore ha già accennato (parto, educazione dei figli), in cui non si può fare a meno di riconoscere che la donna abbia una missione speciale, che potrà anche non essere prevalente o essenziale per coloro che non la considerano tale, ma che è obiettivamente e quindi specificamente puntualizzata.
MORO fa rilevare che l’onorevole Mastrojanni, esprimendo il suo pensiero in ordine al significato da attribuire alla parola «essenziale», s’è riferito piuttosto al senso dell’espressione «prevalente» proposta dall’onorevole La Pira. Quando l’oratore ha fatto la proposta del termine «essenziale», ha detto chiaramente che intendeva con questo togliere di mezzo la questione della gerarchia, perché ritiene che ci sia una perfetta continuità della donna sia nella vita sociale che in quella familiare. La sua proposta tendeva a risolvere la questione della superiorità di una missione di fronte all’altra.
Pertanto dichiara di insistere per il mantenimento della espressione «essenziale», e di essere dubbioso sull’espressione «speciale», che limita un po’ troppo il significato della missione della donna.
DOSSETTI dichiara di essere anche egli dubbioso sull’opportunità dell’espressione «speciale», e d’essere d’accordo sulla proposta del Presidente nella sua prima parte, per quanto riguarda la determinazione fondamentale del concetto. Ad ogni modo insiste sul mantenimento della formula così come è stata proposta dall’onorevole Moro, togliendone l’espressione qualificativa.
Se si vuole risolvere la questione della qualifica, sarà necessario fare una discussione a fondo di questo problema, di modo che ciascuno possa esporre il suo punto di vista e prendere posizione nei riguardi dell’argomento. L’oratore concorda con l’osservazione della onorevole Iotti, circa la compiutezza dell’espressione «missione familiare», ma dichiara che se si dovesse venire alla votazione sull’espressione «essenziale», per coerenza voterebbe per la conservazione di tale termine. Se invece è possibile risolvere il problema senza la votazione, l’oratore è d’accordo sul rinvio della discussione in argomento.
TOGLIATTI, Relatore, è d’avviso che ogni aggiunta all’idea sostanziale contenuta nel termine «missione» potrà essere discussa quando sarà trattato il tema della famiglia.
LUCIFERO, Relatore, dichiara di ritenere che la discussione sia stata sviata dalle dichiarazioni dell’onorevole Mastrojanni, il quale ha dato del termine «essenziale» una interpretazione personale. Le dichiarazioni dell’onorevole Mastrojanni non tolgono però che sul termine «essenziale» tutti gli altri commissari possano essere d’accordo.
Dichiara di ritenere che effettivamente la missione della donna nella famiglia sia essenziale. La famiglia senza la donna non è concepibile. Si può mettere sullo stesso piano l’uomo o la donna quando si tratta delle responsabilità, ma in quella che è la vita pratica quotidiana, indubbiamente l’attività della donna va molto al di là di quella che è l’attività dell’uomo.
MASTROJANNI fa rilevare che l’interpretazione da lui data alla parola «essenziale» non è il risultato di un suo personale apprezzamento, ma è la logica conseguenza di tutta la dottrina che fino ad oggi è stata sancita nel progetto di Costituzione che si sta formulando. Ricorda ai Commissari che, allorché si parlava di libertà individuale, si è discusso sul fatto che le libertà individuali si integrano, si completano attraverso le comunità naturali: famiglia e religione. Quindi il concetto di famiglia è stato tenuto nella massima considerazione, tanto che questa innovazione di concetti è stata discussa ampiamente. L’onorevole Togliatti ha colto nel segno quando ha precisato che l’oratore intendeva, con le sue dichiarazioni, spostare la situazione nei concetti essenziali della famiglia. Quindi è bene che, arrivati a questo punto, i commissari manifestino apertamente il loro pensiero. L’oratore l’ha manifestato secondo il suo ragionamento, che è la conseguenza logica del ragionamento fatto dagli altri Commissari. Egli infatti pone la famiglia come base essenziale anche delle libertà individuali. È logico che si debba dare alla donna questa funzione preminente, e che si debba ritenere l’attività lavorativa della donna come attività accessoria di fronte all’attività che deriva alla donna dalla sua funzione biologica e fisiologica, dalla quale non si può e non si deve prescindere.
PRESIDENTE informa che l’onorevole Moro insiste nella sua formula: «Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentano di adempiere, nello svolgimento del lavoro, la sua essenziale missione familiare».
Allo scopo di avvicinare le varie tesi che si sono manifestate nella discussione circa il termine «essenziale», ricorda di aver proposto di sostituire tale parola con l’altra «speciale», in quanto che con questo termine ci si ancorava ad una situazione di fatto da tutti riconosciuta che prescindeva da quella intenzionalità di giudizio e di interpretazione che trovava non completamente convergenti le varie opinioni.
MORO insiste perché la sua proposta di adottare l’aggettivo «essenziale» sia posta in votazione. Aggiunge, però, che qualora tale proposta fosse respinta, non risolleverà la questione in sede competente, ma accetterà il giudizio dato con la votazione.
CORSANEGO dichiara di essere favorevole al termine «essenziale», ma qualora tale termine non ottenesse la maggioranza dei suffragi dei presenti, ritiene che si possa essere egualmente soddisfatti dell’approvazione della sola parola «missione», la quale comprende anche nel suo significato l’aggettivo «essenziale».
Del resto pensa che si possa aggiungere, come commento, la dichiarazione che a tale parola si desidera dare una interpretazione estensiva.
DOSSETTI dichiara che voterà a favore del mantenimento dell’aggettivo «essenziale», ma nel significato oggettivo di questa parola che gli pareva fosse ammesso da tutti prima che altre interpretazioni ne svisassero il significato.
BASSO dichiara di votare contro l’aggettivo «essenziale», riservandosi, se sarà approvato, di risollevare la questione in sede di Commissione plenaria. Poiché tutti sanno quale è la missione della donna, ritiene che il solo fatto di sentire il bisogno di aggiungere questo aggettivo equivalga a dare a tale parola un significato diverso; ed è per questa ragione che si oppone alla proposta. È invece favorevole alla dizione dell’articolo senza tale aggettivo.
IOTTI LEONILDE dichiara di votare contro l’aggiunta, non per il concetto espresso dall’articolo, che condivide, ma perché ritiene che la parola «missione» dica già da sé molto più di quanto possa dire con l’aggiunta di qualsiasi aggettivo.
CARISTIA dichiara di votare contro, perché gli sembra che l’aggettivo «essenziale» non sia il più adatto per esprimere la posizione della donna nella famiglia.
PRESIDENTE, pur riconoscendo che il termine «essenziale» andrebbe bene, e che ancora meglio sarebbe dire «prevalente», insiste nella sua proposta di sostituirlo con l’aggettivo «speciale» per affermare un concetto che è ammesso da tutti i Commissari.
MERLIN UMBERTO crede che la proposta conciliativa del Presidente possa raccogliere l’unanimità dei consensi.
PRESIDENTE osserva che l’emendamento dell’onorevole Moro, che consiste nella aggiunta dell’aggettivo «essenziale», può essere votato per primo. Se sarà approvato, si renderà inutile la votazione sulla proposta fatta dal Presidente.
(La Commissione approva l’adozione della parola «essenziale» con 7 voti favorevoli e 4 contrari).
Dichiara che il secondo comma dell’articolo risulta così formulato:
«Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore e in particolare eguale retribuzione per eguale lavoro. Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentano di adempiere, nello svolgimento del lavoro, la sua essenziale missione familiare».
Lo mette ai voti.
(È approvato all’unanimità, meno 1 astenuto).
Rileva che l’articolo, con gli emendamenti adottati, rimane così formulato:
«La remunerazione del lavoro intellettuale o tecnico o manuale deve soddisfare alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore e della sua famiglia.
«Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore e in particolare eguale retribuzione per eguale lavoro. Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentano di adempiere, nello svolgimento del lavoro, la sua essenziale missione familiare».
Lo pone ai voti nel suo complesso.
(È approvato).
La seduta termina alle 19.45.
Erano presenti: Basso, Caristia, Cevolotto, Corsanego, Dossetti, Iotti Leonilde, La Pira, Lucifero, Mastrojanni, Merlin Umberto, Moro, Togliatti, Tupini.
Assenti giustificati: De Vita, Grassi, Lombardi Giovanni, Mancini, Marchesi.