Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI MARTEDÌ 27 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLXVI.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MARTEDÌ 27 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI

indi

DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente

Comunicazione del Presidente:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica (61)

Presidente

Targetti

Grilli

Micheli, Presidente della Commissione

Gullo Fausto, Relatore per la maggioranza

Scelba, Ministro dell’interno

Molinelli

Uberti

Costantini

Caroleo

Cevolotto

Lucifero

Rivera

Fioritto

Gullo Rocco

Laconi

Moro

Fuschini

La Rocca

Fantoni

Mortati, Relatore per la minoranza

Presentazione di relazioni:

Di Giovanni, Presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere

Presidente

La seduta comincia alle 11.

RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Merlin Umberto.

(È concesso).

Comunicazione del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che il Gruppo parlamentare del Partito socialista dei lavoratori italiani ha ricostituito il suo Ufficio di Presidenza, che risulta così formato:

Presidente: onorevole Gullo Rocco; Segretario: onorevole Lami Starnuti; Vicesegretario: onorevole Preti; membri del Comitato direttivo: onorevoli Carboni Angelo, Grilli, Persico e Treves.

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: «Norme per l’elezione del Senato della Repubblica» (61).

Dobbiamo esaminare l’articolo 2, identico nel testo del Governo e della Commissione. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«In ogni regione sono costituiti tanti collegi quanti sono i senatori assegnati alla regione.

«Le circoscrizioni dei collegi risultano dalla tabella B che fa parte integrante della presente legge».

PRESIDENTE. Il Governo propone di aggiungere un terzo comma del seguente tenore:

«Le sezioni elettorali che interessano due o più collegi si intendono assegnate al collegio nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio elettorale di sezione».

L’onorevole Targetti, assieme con l’onorevole Amadei, ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«La tabella delle circoscrizioni sarà stabilita con decreto presidenziale, promosso dal Ministro dell’interno su conforme parere della Commissione parlamentare per la legge sul Senato».

TARGETTI. Onorevoli colleghi, la tabella delle circoscrizioni deve far parte integrante della legge per le elezioni del Senato. L’importanza delle circoscrizioni, come ebbi occasione di accennare nella seduta nella quale il Presidente mi aveva invitato a svolgere senz’altro un ordine del giorno inerente a questo argomento, cambia a seconda del sistema elettorale che si segue e mentre raggiunge un livello altissimo nel sistema uninominale, perde molto della sua importanza in un sistema proporzionale.

Io non starò a definire il sistema elettorale adottato dalla nostra legge, per non entrare in una polemica ormai superata. Mi basti notare che la legge, in una parte, attribuisce una notevole importanza alle circoscrizioni; cioè con quella disposizione per la quale viene proclamato eletto il candidato che ha riportato il 65 per cento dei voti. È inutile far perdere tempo all’Assemblea col dimostrarlo, giacché ciò risulta chiaro a chiunque ed è da tutti condiviso. D’altra parte, la competenza di approvare le tabelle delle circoscrizioni spetta all’Assemblea.

Con quali modalità? Verrebbe fatto di dire che, data l’importanza delle circoscrizioni stesse, l’Assemblea dovesse direttamente procedere all’approvazione della relativa tabella. Ma questo non è praticamente possibile. E io non mi richiamo soltanto ad una mancanza di tempo; sebbene il tempo in questa nostra questione debba essere tenuto ben presente, perché l’Assemblea ricorda anzitutto che la legge non può essere promulgata se non è accompagnata dalla tabella. Non si può promulgare una legge che stabilisce come si procede alle elezioni di una Camera, se non si indicano anche le circoscrizioni nelle quali questo sistema elettorale verrà applicato. D’altra parte, l’Assemblea ha presenti anche i termini entro i quali si deve procedere alla convocazione dei comizi, e quindi bisogna convenire che vi è l’urgenza per la promulgazione della legge, corredata della tabella delle circoscrizioni. Ma non è soltanto una questione di tempo che sta contro la possibilità che l’Assemblea proceda direttamente all’esame ed all’approvazione delle singole circoscrizioni; c’è anche una possibilità inerente alla materia stessa. Chiunque comprende l’impossibilità materiale che l’Assemblea, collegialmente, prenda in esame, una per una, tutte le 236 circoscrizioni, le discuta una per una e deliberi su ciascuna di esse. I precedenti, del resto, ci dimostrano che questo non si è mai ritenuto possibile fare.

Vigendo il sistema del collegio uninominale, il Parlamento fu chiamato varie volte a deliberare sopra alcune particolari e determinate modificazioni di circoscrizioni; ma l’impianto di un nuovo sistema elettorale porta come conseguenza che la delimitazione delle circoscrizioni non venga fatta direttamente dall’Assemblea legislativa. Di fatti, io ricordo a me stesso, che quando nel 1919 si dette applicazione per la prima volta al sistema proporzionale, il Parlamento deliberò che per la prima attuazione della legge le circoscrizioni venissero determinate con decreto reale promosso dal Ministro dell’interno, udita una Commissione eletta dalla Camera.

Noi diciamo che anche questa volta bisogna ricorrere ad un sistema analogo; anzi allo stesso sistema, salvo la necessità di modificarlo in alcune modalità di applicazione.

Allora si disse che il Governo avrebbe provveduto a provocare un decreto reale, udita una Commissione eletta della Camera, ma, onorevoli colleghi, senza entrare, ripeto, nell’apprezzamento della natura specifica del sistema elettorale adottato dalla legge che si sta per votare, è certo che le circoscrizioni in questo sistema hanno un’importanza, perché esercitano un’influenza molto maggiore che in un sistema prettamente proporzionale. Nel sistema prettamente proporzionale, che un comune sia aggregato ad un altro, che una città sia divisa in varî collegi secondo un criterio o un altro, non ha nessuna pratica importanza perché non può portare a nessuna differenza di risultati. Lo stesso numero di elettori votanti per un partito esercita la stessa influenza nel determinare il numero degli eletti che a quel partito competono, qualunque sia stata la delimitazione delle sezioni nelle quali quegli elettori hanno votato.

Qui, invece, siccome abbiamo la proclamazione dei candidati che hanno riportato il 65 per cento dei voti, la determinazione delle circoscrizioni ha evidentemente una diversa, maggiore importanza, giacché l’attribuzione di un nucleo di elettori ad un collegio piuttosto che ad un altro può permettere, od impedire, che un candidato raggiunga il quorum fissato. Da qui, la necessità, a parer nostro, che sia il Governo a provocare il decreto presidenziale ma «su conforme parere» come noi abbiamo detto, di una Commissione, non già «udito il parere» di una Commissione. Ed a proposito della Commissione, si chiederà da qualcuno, perché non adottare la procedura adottata nel 1919 e nominare un’apposita Commissione?

A noi sembra che non vi sia oggi questa necessità. Basta ricordare che allora, nel 1919, vigeva il sistema degli Uffici. Gli Uffici risultavano composti secondo il capriccio della sorte. Dagli Uffici promanavano le Commissioni, quindi nella composizione delle Commissioni parlamentari non era assicurato nessun criterio di rappresentanza dei varî gruppi e dei varî partiti. Ecco perché, in una materia così delicata, si ritenne necessario allora procedere alla nomina di un’apposita Commissione, eletta con le norme comuni a tutte le nomine che il Parlamento fa, cioè votando soltanto per due terzi del numero dei componenti ed assicurando, così, una rappresentanza alle minoranze.

Oggi, a parer nostro, questa necessità non c’è più, perché noi abbiamo la Commissione parlamentare per l’esame della legge sul Senato, non costituita secondo la sorte, ma nominata dal nostro Presidente il quale, seguendo una prassi che è a garanzia di tutti, l’ha composta con una rappresentanza proporzionale delle varie forze politiche che si trovano nel Parlamento.

Ecco perché riteniamo che non vi sia nessuna necessità di nominare un’apposita Commissione e che tutti i settori della Camera possano fare sicuro affidamento nell’opera della Commissione parlamentare che è ancora in carica.

Infine, l’Assemblea Costituente (lo tengano presente gli onorevoli colleghi) l’Assemblea Costituente che avrebbe il compito – al quale fa riscontro uno stretto dovere costituzionale e politico – di procedere direttamente all’approvazione e deliberazione delle circoscrizioni elettorali, non può limitarsi a delegare questo suo potere ad una Commissione, perché altrimenti il suo intervento nel disciplinare questa materia così delicata sarebbe tanto ristretto, da rappresentare un vero e proprio atto di mutilazione, una diminuzione volontaria delle proprie facoltà, cui corrispondono degli specifici doveri.

Ecco perché noi riteniamo che non in questo articolo, ma con la votazione di un successivo ordine del giorno, l’Assemblea Costituente debba determinare le direttive, i criteri fondamentali, seguendo i quali la Commissione da noi delegata potrà presentare al Governo le sue proposte, dopo di che il Governo potrà a sua volta provocare il decreto presidenziale.

PRESIDENTE. L’onorevole Gullo Rocco ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«La tabella delle circoscrizioni dei collegi elettorali per l’elezione del Senato sarà stabilita con decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Ministro dell’interno su proposta della Commissione dell’Assemblea Costituente che ha esaminato il disegno di legge».

L’onorevole Gullo Rocco non è presente.

GRILLI. Signor Presidente, faccio mio l’emendamento dell’onorevole Gullo Rocco, rinunziando a svolgerlo.

PRESIDENTE. Sta bene. Invito allora il Presidente della Commissione a pronunziarsi al riguardo.

MICHELI, Presidente della Commissione. La Commissione non ha nulla in contrario ed esprime parere conforme a quello manifestato dall’onorevole Targetti. Io dico ciò, peraltro, a titolo meramente personale, avendo avuto occasione di interpellare al riguardo solo qualche collega. Questo debbo anche dire, perché c’è stato chi ha voluto far osservare che qualche volta io non avrei esattamente interpretato il pensiero di tutta la Commissione. È d’altronde difficile interpretare il pensiero dell’intera Commissione, quando essa è composta di ventiquattro membri, dei quali siedono al nostro tavolo soltanto, per lo più, sette od otto, ed essi spesso per una metà sono di un parere e per l’altra di un altro.

Pur essendo io ed i colleghi vicini dello stesso avviso esposto dall’onorevole Targetti, preferisco dichiarare, per maggior esattezza, che la Commissione si rimette all’Assemblea.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Onorevole Presidente, si sta facendo, ora, soltanto una questione di procedura, o si entra anche nel merito?

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. L’ordine del giorno provvede a far stabilire dall’Assemblea alcuni criteri generali, i quali possono evidentemente mutare secondo l’opinione dei singoli deputati, mentre si può realizzare l’accordo sul principio stabilito dalla nostra proposta.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Questo appunto io domando: se si discute della procedura, del modo, cioè, come debbano esser rese esecutive queste tabelle, o del merito della questione cioè come queste tabelle debbano essere formate.

PRESIDENTE. Si discute della procedura, onorevole Gullo.

Onorevole Scelba, vuole pronunciarsi anche lei, a nome del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo accede all’emendamento dell’onorevole Gullo Rocco.

MOLINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. Il Gruppo parlamentare comunista accede all’emendamento dell’onorevole Targetti, ritenendo che la Commissione debba dare un parere impegnativo sulla formazione delle tabelle. È evidente infatti che, senza questo parere, l’Assemblea non potrebbe approvare una legge nella composizione della quale essa non sia completamente entrata.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Dichiaro che voteremo a favore dell’emendamento Gullo Rocco, perché, in sostanza, i due emendamenti hanno il medesimo valore: l’uno parla di «parere conforme», l’altro di «proposta». Quello dell’onorevole Gullo Rocco, però, mi sembra esser redatto in una forma più riguardosa.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. La dichiarazione fatta dall’onorevole Uberti contrasta con quello che è il valore letterale delle parole.

Richiamo l’attenzione del collega Uberti su questa circostanza: nell’emendamento proposto dall’onorevole Targetti si dice che la tabella delle circoscrizioni sarà formata «su conforme parere» della Commissione parlamentare. In quello dell’onorevole Gullo Rocco si dice: «su proposta», il che è completamente diverso, perché quando uno propone, non impone una direttiva e consente alla persona o all’organo, cui la proposta è diretta, anche delle variazioni sostanziali.

Ora, è bene essere chiari a questo riguardo e dare a questo emendamento, cioè a quello che dovrà diventare parte di un articolo della legge, un’espressione chiara, perché non si incorra in equivoci. Badate: quando la Commissione funzionerà, l’Assemblea sarà chiusa, e in sostanza il funzionamento della Commissione avrà il carattere del funzionamento dell’Assemblea. Ora, sarebbe strano che i rappresentanti dell’Assemblea non avessero potere vincolante nei riguardi del Ministero, proprio in ordine ad una soluzione che ha una grande importanza, perché si riferisce alle circoscrizioni nelle quali dovranno svolgersi le elezioni. Quindi è bene che diciate chiaramente il vostro pensiero. Voi preferite che vi sia il parere, noi vogliamo che vi sia l’espresso consenso.

CAROLEO, Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Debbo dire che mi sembrano molto esatte le osservazioni dell’amico Costantini. Qui il Governo chiede una delega che l’Assemblea non può dare. Questa delega l’Assemblea la fa alla Commissione per la legge elettorale del Senato, con le restrizioni e con le precisazioni dell’ordine del giorno Targetti. Mi pare che al di là di queste non si possa andare.

CEVOLOTTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO. Volevo dire quello che ha detto il collega Caroleo. La differenza fra la proposta Targetti e la proposta Gullo Rocco è che con la proposta Targetti si conferisce la delega per formare le tabelle delle circoscrizioni alla Commissione – il potere di formarle spetta, infatti, all’Assemblea, la quale avrebbe diritto di modificare le tabelle presentate come vuole; ed essa per la difficoltà di una discussione generale in materia, delega questo suo potere alla Commissione – mentre, con la proposta Gullo Rocco, l’Assemblea delega questo suo potere al Governo.

È evidente che l’Assemblea, secondo i principî che abbiamo sempre seguito, deve delegare il suo potere alla Commissione e non al Governo. Perciò voterò l’emendamento proposto dall’onorevole Targetti.

PRESIDENTE. Allora, onorevoli colleghi, procediamo alla votazione.

COSTANTINI. Chiediamo la votazione per appello nominale sull’emendamento Targetti.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ritengo opportuno rinviare a più tardi questa votazione, perché vi sia la certezza del numero legale. Passiamo intanto all’esame del seguente ordine del giorno, presentato dagli onorevoli Targetti e Amadei:

«L’Assemblea Costituente afferma che la tabella delle circoscrizioni debba essere formulata secondo i seguenti criteri:

1°) attenersi il più rigorosamente possibile alla norma costituzionale per la quale deve essere eletto un senatore per ogni duecentomila abitanti;

2°) rispettare le unità provinciali;

3°) mantenere, in linea di massima, intatte le unità cittadine;

4°) suddividere le città con popolazione superiore ai 400.000 abitanti, tenendo conto della loro particolare configurazione topografica ed, in mancanza di questa, procedendo a suddivisione con criteri omogenei».

L’onorevole Lucifero al 2°) alinea: «rispettare le unità provinciali» ha proposto di aggiungere: «e le contiguità territoriali».

LUCIFERO. Chiedo di parlare per chiarire il mio emendamento, in modo che l’onorevole Targetti possa dire se lo accetta.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIFERO. Vorrei dire semplicemente questo: che, come è giusta l’osservazione dell’onorevole Targetti di rispettare l’unità delle provincie, che è ormai una realtà nel nostro Paese, è necessario anche tener conto della contiguità territoriale, perché, se no, i collegi diventano degli arcipelaghi, mentre occorre che vi sia veramente una unità.

Presidenza del Presidente TERRACINI

PRESIDENTE. L’onorevole Targetti, ha facoltà di svolgere il suo ordine del giorno.

TARGETTI. Come ho avuto il piacere di dire illustrando l’emendamento proposto e sul quale l’Assemblea sarà chiamata fra poco a votare, la delega che l’Assemblea Costituente approvando quell’emendamento concederebbe dei suoi poteri in materia di determinazione delle circoscrizioni, sarebbe, se non integrata dall’approvazione del nostro ordine del giorno, una delega troppo vasta, troppo lata, e tale da spodestare l’Assemblea Costituente di un potere che ha un grande significato politico e del quale essa deve essere gelosa custode. Ripeto, un significato politico che sarebbe stato molto maggiore se l’Assemblea si fosse attenuta all’obbligo di adottare il sistema uninominale; secondo il significato dell’ordine del giorno Nitti, approvato a suo tempo. Ma la quistione non rimane certamente priva di importanza politica neppure con l’approvazione di quel sistema elettorale che, ripeto, io non ho la competenza di definire e che presenta certo qualche stranezza. Anche dal lato filologico. Per esempio quel collegamento di un candidato con se stesso si presta alle interpretazioni più stravaganti e meno fisiologicamente normali che immaginar si possa! (Si ride).

 È quindi necessario che l’Assemblea Costituente dia alla Commissione dei criteri, fissi delle direttive.

Onorevoli colleghi, si sa che siamo in una materia politica; anche la circoscrizione ha un contenuto politico. Bisogna però che ciascuno di noi cerchi di spogliarsi – nei limiti del possibile e dell’umanamente raggiungibile – delle prevenzioni, dei preconcetti, delle preferenze, in modo che ci si trovi tutti d’accordo su questo: scegliere dei criteri che, quando si fissano, non si sa a chi servano di più: se ad una parte o ad un’altra e si fissano per tutti, in base a concetti, di per se stessi, plausibili.

L’onestà dei criteri consiste in questo: che vengano determinati non in funzione di un determinato scopo o di un determinato partito, ma in base ad una ragione giusta e logica. Poi, il destino, la sorte, l’esperienza dimostreranno se un criterio è stato più utile ad una parte o ad un’altra.

I criteri obiettivi – secondo noi – non possono essere che questi. Non siamo così pretenziosi da non ritenere che si possano correggere nella forma o nell’espressione, ma fondamentalmente dovrebbero essere questi, salvo aggiunte o modificazioni che non ne intacchino né alterino la sostanza.

Per esempio, l’aggiunta proposta dall’onorevole Lucifero l’accetto senz’altro; l’aggiunta che afferma il concetto generale del massimo rispetto della contiguità territoriale.

Sicché, brevemente, i principî cui la Commissione dovrebbe ispirarsi nella determinazione delle circoscrizioni sarebbero, secondo noi, i seguenti: attenersi il più rigorosamente possibile alla norma costituzionale per la quale deve essere eletto un senatore per ogni duecentomila abitanti.

Noi riconosciamo che senza l’emendamento Mortati approvato dall’Assemblea, una composizione delle circoscrizioni numericamente non uniforme avrebbe potuto esercitare un’influenza molto maggiore sulla determinazione degli eletti. Comunque riteniamo che non ci sia ragione che autorizzi a creare, come si propose con la tabella presentata dal Governo, circoscrizioni pletoriche, ipertese, con una popolazione che arriva persino a 240 o 245 mila abitanti, accanto ad altre circoscrizioni, macilente, clorotiche, gracili, composte di appena 120 mila abitanti.

Quindi noi proponiamo che la Commissione si attenga il più strettamente possibile alla norma costituzionale, perché tra l’altro, è passato troppo poco tempo per averla dimenticata (Ilarità). Non vi è nessuna necessità di allontanarsi dalla norma costituzionale.

Questo per quanto riguarda il numero degli abitanti. Le due norme da rispettare l’unità provinciale e, finché è possibile, quella cittadina sono applicazioni di uno stesso principio generale che è poi quello della contiguità territoriale.

Onorevole Scelba, io non voglio entrare nel merito del progetto da lei presentato, per farne la critica; dal progetto che porta il suo nome. Si sa che in pratica il Ministro dà il suo nome ad un progetto, che tuttavia rappresenta una elaborazione tecnica di quei funzionari dei quali si dice spesso tanto male e spesso con tanta poca ragione, mentre il materiale legislativo il più delle volte proviene da questi anonimi cultori del diritto, ai quali in realtà, si deve la base di gran parte della nostra legislazione. Non entrerò dunque nei particolari del progetto presentato dal Governo, anche per non allungare troppo il mio dire, giacché non mi abbandona mai la preoccupazione di pretendere troppo dalla cortesia dei colleghi, di cui sono a loro molto grato.

Dico soltanto: onorevole Scelba, creda alle mie parole. Se ella parlasse confidenzialmente coi rappresentanti delle varie circoscrizioni, forse anche al di sopra delle sostanziali differenze di partito, lei non ne troverebbe uno che non le manifestasse la propria sorpresa di fronte a questa strana composizione delle circoscrizioni.

Io non ho competenza specifica in materia, ma mi dicono che si sono presi alcuni comuni, si sono staccati dai comuni vicini per aggregarli a comuni lontani chilometri e chilometri. Mi è stato detto che si sono fatte con queste tabelle delle vere trasfusioni di sangue; si è preso del sangue ricco di globuli rossi e si è trasfuso in un organismo che ne era già molto ricco… (Interruzioni) perché più rosso di come era non poteva diventare mentre gli organismi che l’avevano prestato si sbiancavano, e diventavano pallidi. Si sono fatte queste trasfusioni di globuli allo scopo… (Ilarità) allo scopo… lei, onorevole Scelba, mi ha capito e se anche mi fermo qui, mi sono già fatto intendere e risparmio di essere interrotto dalla suscettibilità degli egregi colleghi della Democrazia cristiana. Certo una tabella che segna dei criteri non voglio dire capricciosi, ma volubili, variabili, è certo una tabella che non può contentare, tranquillizzare nessuno. Occorre che la tabella si ispiri a concetti precisi. Oltre a quello della contiguità territoriale, occorre stabilire anche l’altro di suddividere le città con popolazione superiore ai 400.000 abitanti, tenendo conto della loro particolare configurazione topografica, e, in mancanza di specifiche indicazioni, procedendo a suddivisioni con criteri omogenei.

Anche qui, onorevole Scelba, non entro in particolari, ma i più maliziosi dicono che secondo il vostro progetto si è suddivisa una città grande o col sistema della raggiera o col sistema delle circonferenze, secondo concetti suggeriti non da costituzionalisti, ma da prefetti o altri uomini che hanno molta conoscenza della vita politica del Paese e degli interessi particolari del partito al potere. (Commenti). Una varietà di concetti non può essere ammessa perché se è giusto che una città si suddivida per cerchi concentrici, non si vede perché un’altra città si debba suddividere a raggiera.

Guardi, onorevole Scelba, a che punto può arrivare la malizia umana! È stato detto che si sia scelto per una città un sistema o l’altro, a seconda che si è ritenuto che la popolazione operaia del suburbio fosse, ai fini… nazionali, più innocua, se suddivisa a raggiera invece che lasciata a sé stessa, lasciata, cioè, a formare la parte predominante di una circoscrizione! E viceversa.

L’onorevole Ministro credo debba essere d’accordo che la Commissione stabilisca una volta per tutte il principio da adottarsi. Questo criterio resulterà favorevole alla Democrazia cristiana in una città più favorevole al Blocco del popolo in un’altra, ma potremo tutti noi dire che abbiamo stabilito dei concetti e questi abbiamo sempre obiettivamente rispettato, nell’interesse della comune dignità.

Questi sono i criteri a cui si ispira il mio ordine del giorno. (Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Rivera propone di aggiungere all’ordine del giorno

Targetti, dopo il numero 1°) la seguente disposizione:

«Rispettare le unità regionali storico-tradizionali». Ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

RIVERA. Vorrei risparmiami di illustrare l’argomento sul quale ho discorso altre volte. Dirò solo che a me sembra che, se l’Assemblea si propone di difendere le unità provinciali, tanto più debba preoccuparsi di difendere le unità regionali. Ciò del resto è stato stabilito dalla Costituzione: noi non possiamo, a mio avviso, senza contravvenire alla nostra Carta costituzionale, costituire i collegi senatoriali, secondo le regioni che sono state variate dal fascismo, ma dobbiamo invece, in questa occasione, tornare alle circoscrizioni delle regioni storico-tradizionali quali sono esistite nei secoli passati. Su ciò l’Assemblea ha deliberato con votazioni di cui una a scrutinio segreto sull’ordine del giorno Targetti, del 29 ottobre 1947. Se facessimo una costituzione di collegi senatoriali in seno a regioni recentemente decurtate o incrementate di territorio dal fascismo, faremmo una legge anti-costituzionale, la quale sarebbe soggetta a quelle obiezioni cui più volte si è accennato in questa Assemblea.

PRESIDENTE. L’onorevole Fioritto ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo all’ordine del giorno Targetti.

«Dopo il n° 1) aggiungere: tener presente la composizione dei vecchi collegi uninominali».

Ha facoltà di svolgerlo.

FIORITTO. Rinuncio a svolgerlo perché è così limpidamente espresso, che non ha bisogno di chiarificazioni.

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. L’onorevole Targetti aveva presentato l’ordine del giorno quando ancora l’Assemblea Costituente aveva avanti a sé un progetto uninominalista; e quindi l’ordine del giorno aveva una sua logica. Ma ora con il sistema che abbiamo adottato – comunque vogliamo chiamarlo – non v’è dubbio che l’unico criterio veramente importante è quello di avere dei collegi di popolazione e di numero di elettori pressocché uguale.

Il rispetto delle unità provinciali e delle unità cittadine non ha, in confronto della legge che abbiamo già in gran parte approvata, l’importanza che poteva avere prima con il collegio uninominale. Ora, ciò che importa per l’interesse dei collegi e l’interesse dei candidati è di avere un numero di elettori pressoché uguale. Di modo che io penso che anche lo stesso onorevole Targetti non abbia più quell’interesse all’approvazione di questo ordine del giorno che poteva avere nel momento in cui lo ha presentato.

TARGETTI. L’ho ancora.

GULLO ROCCO. Ma, anche stando al merito dell’ordine del giorno, trovo che vi sono delle proposte, circa i criteri da adottare, che sono in contrasto l’una con l’altra.

Quando si dice «attenersi il più rigorosamente possibile alla norma costituzionale per la quale deve essere eletto un senatore per ogni duecento mila abitanti», si dice cosa che noi possiamo condividere. Perché non c’è dubbio che prima norma da osservare è quella costituzionale.

TARGETTI. Non è stata osservata.

GULLO ROCCO. L’ho studiata profondamente, e dico che avete fatto quelle osservazioni a titolo polemico, le quali anche se esatte, ora non hanno più quella importanza di ordine pratico, che potevano avere, quando il progetto era uninominalistico.

Dobbiamo preoccuparci di una cosa sola: ottenere che i collegi siano presso a poco dello stesso numero di elettori ed attenersi alla norma costituzionale; per invitare Governo e Commissione ad attenersi a questo criterio, non abbiamo bisogno di dirlo, perché è detto nella stessa Costituzione; ritengo che i nostri colleghi della Commissione conoscano quanto noi la Costituzione.

D’altra parte, si è detto – e si è detto bene, ma a mio parere inutilmente – che bisogna seguire la norma costituzionale, cioè formare collegi di 200 mila abitanti, e poi si dice di rispettare le unità provinciali…

TARGETTI. Se è possibile.

GULLO ROCCO. …e si dice: mantenere in linea di massima intatte le unità cittadine. Questo criterio di massima lo avete indicato al numero 3 per il mantenimento delle unità cittadine e non al numero 2 per il rispetto delle unità provinciali. È chiaro che, anche se non lo avete detto, è stata una differenza di forma; intendevate dirlo; sarebbe stato bene chiarirlo.

Comunque, penso che il criterio di rispettare le unità provinciali è in perfetto contrasto col primo criterio cui tutti dobbiamo accedere: di ottenere, cioè, collegi uguali fra di loro; in quanto, per rispettare le unità provinciali, rispettando il criterio fondamentale, quello dei duecentomila abitanti, occorrerebbe che le provincie avessero come popolazione una cifra multipla di duecentomila.

Siccome credo che questa sia una eccezione nelle nostre provincie e non la regola, se volessimo rispettare le unità provinciali – e non vedo perché dovremmo assolutamente rispettarle in sistema quasi proporzionalistico – e tenendo conto che vi sono comuni i quali gravitano più sui capoluoghi di altre provincie, dovremmo tener presente, oltre queste considerazioni, la considerazione fondamentale che questo criterio del rispetto delle unità provinciali è in contrasto con quello più importante, segnato al numero 1 dell’ordine del giorno Targetti, di attenersi alla norma costituzionale che parla di un collegio per ogni duecentomila abitanti.

Ritengo che potremmo fare a meno di approvare l’ordine del giorno Targetti, perché creeremmo maggiori ostacoli – e ve ne sono già molti – al lavoro della Commissione.

Questa è composta di colleghi autorevolissimi, ed avrà le sue idee in merito ed i suoi criteri, che corrisponderanno alla norma costituzionale ed alle esigenze di ordine pratico. Per cui penso che sarebbe inutile da una parte e pericoloso dall’altra, voler tracciare dei binari troppo rigidi nei riguardi della Commissione e del Ministro dell’interno.

La Commissione ha ascoltato la parola di molti di noi, sa quali sono le norme costituzionali cui bisogna ispirare i criteri per la formazione delle circoscrizioni. Essa pertanto, rispettando la Costituzione è tenendo conto delle voci, già venute e di quelle che potranno pervenire alla Commissione stessa da parte di conoscitori dei luoghi e delle ripartizioni dei collegi, potrà, rendendosi interprete del pensiero dell’Assemblea, e, soprattutto, seguendo il criterio principale, dettato dall’articolo 57 della Costituzione, dare al Ministro dell’interno quelle indicazioni, di cui, egli si farà interprete nel progetto di legge, che abbiamo proposto.

LACONI. Chiedo di parlare sulla questione di procedura.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Poco fa il Presidente ha sospeso la votazione sugli emendamenti proposti dagli onorevoli Targetti e Gullo Rocco, in quanto presumeva che mancasse il numero legale, ed ha aperto la discussione sull’ordine del giorno Targetti. Io vorrei far presente al Presidente ed all’Assemblea che non si può discutere e votare sull’ordine del giorno Targetti, prima che sia risolta la questione avanzata attraverso gli emendamenti all’articolo 2, in quanto è evidente che è diverso per l’Assemblea l’interesse che essa può avere a dare o meno un mandato, a seconda che venga approvato l’ordine del giorno Gullo Rocco o quello Targetti. Se si giungesse alla posizione estrema, cui ha accennato in questo momento l’onorevole Gullo Rocco, mi pare evidente che l’Assemblea non darebbe nessun mandato e rimetterebbe senz’altro al Governo, con un semplice parere della Commissione, la determinazione delle tabelle. Questo il pensiero dell’onorevole Gullo Rocco, fiducioso nella discrezione del Governo.

Il nostro parere è invece completamente opposto, noi vogliamo stabilire che è la Commissione che deve determinare le tabelle ed è alla Commissione che deve esser dato preciso mandato, non so se è previsto dall’ordine del giorno Targetti – si potranno eventualmente apportarvi delle modificazioni – ma noi, pensiamo che è la Commissione che deve stabilire le tabelle in base a preciso mandato conferitole dall’Assemblea. S’intende che fra queste due posizioni estreme ci sono diverse possibilità intermedie, ma tutte le nostre posizioni sono sempre dipendenti dall’atteggiamento che si assume nella questione pregiudiziale, se debba cioè essere investita la Commissione od il Governo, su semplice parere della Commissione. Prego il Presidente di considerare questo e, se lo crede, di continuare questa discussione, ma in ogni caso di passare al voto prima sugli emendamenti proposti all’articolo 2 ed in un secondo tempo sugli ordini del giorno. (Commenti).

PRESIDENTE. Io comprendo le argomentazioni dell’onorevole Laconi, ma non credo che esse debbano portarci a delle conclusioni che direi estreme e, praticamente, alla sospensione della seduta. Infatti diversa si presenta la questione se la Commissione sarà investita dell’incarico di redigere definitivamente le tabelle lasciando al Governo soltanto il compito di emanarle; oppure se dovrà essere il Governo su proposta, o consiglio o suggerimento della Commissione, a redigere definitivamente le tabelle. Mi sembra però che, e l’uno e l’altro caso possano comportare la votazione di un ordine del giorno, che nel primo avrà un carattere impegnativo per la Commissione e nel secondo carattere di raccomandazione per il Governo.

Io non so se l’Assemblea, qualora venisse alla conclusione di conferire al Governo il potere di redigere le tabelle, voglia anche togliere a se stessi la facoltà di dire al Governo i criteri secondo i quali essa ritiene che le tabelle debbano essere definite. Le raccomandazioni al Governo sono fatti normali nella vita di un’Assemblea, e pertanto mi pare che l’ordine del giorno Targetti, salvo a fissare i termini che l’Assemblea vorrà, possa essere assunto come impegno per la Commissione o come raccomandazione per il Governo.

L’onorevole Laconi non ha portato il suo ragionamento fino alla conclusione che, se l’Assemblea accettasse di deferire completamente al Governo il compito di redigere le tabelle, rinuncerebbe insieme ad esprimere qualunque opinione al proposito. Se l’onorevole Laconi pensa questo, è necessario che lo dica e, se mai, su questo ultimo punto bisognerà decidere. Ma se l’onorevole Laconi, come suppongo, non vuole, nel caso che il Governo debba redigere le tabelle, invitare l’Assemblea a disinteressarsene, si può esaminare l’ordine del giorno Targetti, modificarlo, come si crederà opportuno e votarlo; passando, poi, alla seconda questione.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Penso il contrario su questo punto, cioè penso che l’Assemblea dovrebbe non dico rinunciare all’ordine del giorno Targetti, ma attenuarlo.

PRESIDENTE. Scusi, in quale caso lei pensa di attenuarlo?

LACONI. Nel caso in cui investisse esclusivamente la Commissione. Invece, le sue cautele cresceranno se per caso dovesse essere approvato l’emendamento Gullo Rocco, che rimette la questione al Governo.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. È sempre preferibile, se dobbiamo votare un ordine del giorno, dare un indirizzo preciso circa il frazionamento della topografia dei collegi; diversamente ci dovremmo rimettere all’apprezzamento della Commissione, il che può portare a critiche anche ingiustificate. Credo che le tabelle presentate dal Ministero meritino critiche assai fondate. Non ne faccio colpa al Ministro, ma, ad esempio, per quanto riguarda la mia provincia (Treviso), ci sono addirittura delle aberrazioni nello spostamento di un comune dall’estremo sud al nord, dall’est all’ovest, senza comprensibili cause. Onde evitare altre critiche e data la situazione politica determinatasi nel Parlamento nei riguardi dell’attuale Governo, ritengo assai utile fissare in un ordine del giorno, che spero verrà rispettato dalla Commissione più di quanto l’Assemblea non ha dimostrato di rispettare un altro suo ordine del giorno, che siano stabiliti dei limiti obiettivi, dei criteri topografici, nella formazione dei collegi elettorali, affinché critiche non ci possano essere o se ci saranno, non abbiano l’evidenza palmare di quelle che si possono fare alle «tabelle» presentate dall’onorevole Ministro degli interni.

PRESIDENTE. Lei è entrato nel merito. Si doveva ora risolvere la questione posta dall’onorevole Laconi.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Non parlo sulla questione della procedura, se cioè bisogna votare prima l’ordine del giorno oppure l’emendamento, ma proporrei – e credo che questa formula sarebbe accettata da tutti – che invece di «su conforme parere» si dica, nell’emendamento Targetti all’articolo 2, «di intesa».

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, lei torna di nuovo all’emendamento. Non confondiamo le due questioni. Adesso parliamo dell’ordine del giorno.

UBERTI. Se si mette l’espressione «di intesa», allora anche quelli che sostengono l’ordine del giorno Targetti, non avranno più motivo di insistere.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno ha egualmente valore, stando a quello che ha detto l’onorevole Laconi. La sua proposta, onorevole Uberti, può forse giungere solo a convincere l’onorevole Laconi a non mantenere la sua obiezione, e cioè ad accettare che ora si voti l’ordine del giorno.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Se abbiamo rimandato la votazione sull’emendamento, è stato per il sospetto fondato della mancanza del numero legale, ma questa preoccupazione nasceva dalla circostanza spiacevole del disaccordo. Se ora l’onorevole Uberti propone quell’emendamento e se noi lo accettiamo, anche per fare cammino, si potrebbe senz’altro venire alla votazione dell’emendamento stesso per alzata e seduta. Io, per parte mia, lo accetto.

PRESIDENTE. Onorevole Gullo Rocco, ha qualche cosa da dire a questo proposito?

GULLO ROCCO. Onorevole Presidente, io debbo spiegare perché ho presentato questo emendamento, per cui ora sono indicato quasi come la longa manus del Governo, col quale non ho avuto nessuna occasione di scambio di vedute.

Poiché ignoravo la presentazione dell’emendamento Targetti, e conoscevo soltanto l’ordine del giorno Targetti, avevo presentato questo emendamento per colmare una lacuna. La differenza sostanziale fra l’emendamento Targetti ed il mio emendamento, è soltanto in quelle due parole: cioè, mentre l’onorevole Targetti dice «su conforme parere», io avevo detto «su proposta della Commissione».

Mi sembrava che, trattandosi di una legge che deve esser promossa dal Governo, noi non potessimo affermare che il Governo debba comunque sottostare ad un parere, anche se, per caso, la Commissione possa incorrere involontariamente in gravissimi errori.

Ora viene la proposta dell’onorevole Uberti, accettata dall’onorevole Targetti, cioè di dire «di intesa» anziché «su proposta». A me pare che sia la stessa cosa.

Io avevo detto «su proposta», perché mi sembrava più rispondente alla formulazione giuridica. Ad ogni modo, se la Commissione non avesse nulla da opporre, io non avrei difficoltà ad accettare questo emendamento.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. Mi spiace dover intervenire nuovamente. Io non sono affatto della opinione dell’onorevole Targetti, che, cioè, la frase «di intesa» equivalga a «su conforme parere». È una cosa completamente diversa.

Che cosa s’intende dire quando si dice «di intesa»? Perché, o è un parere vincolativo quello della Commissione, cioè un parere al quale il Ministero deve aderire, ed allora va bene la formula dell’onorevole Targetti; o è semplicemente una espressione che può rimanere platonica, ed allora tanto vale lasciare la formula dell’onorevole Gullo Rocco.

Mi pare che si giochi un po’sulle sabbie mobili del significato delle parole, che possono essere interpretate in un senso oppure in un altro. Assumiamo ciascuno la nostra posizione e votiamo un qualche cosa di chiaro e di vincolativo nell’interesse della Commissione e dello stesso Ministro.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Io debbo dire all’onorevole Gullo Rocco che noi non potremo in nessun modo aderire alla sua proposta. Egli deve convenire che, quando si dice: «Il Governo, su proposta della Commissione, procede a provocare un decreto ecc.», non si esclude che questa Commissione proponga e che poi il Governo faccia magari l’opposto; perché proporre non significa creare un obbligo al Governo di accettare; mentre la proposta dell’onorevole Uberti potrebbe trovarci consenzienti.

Alcuni colleghi vorrebbero sostituire alla parola «intesa» la parola «accordo»; ma il significato è quasi lo stesso; e tranquillizzo l’amico onorevole Costantini facendogli osservare che la formula dell’intesa è classica in materia legislativa e non ha mai significato disaccordo. Ha voluto sempre dire che ci vuole l’accordo fra coloro per i quali vige l’obbligo dell’intesa.

Però, se i colleghi facessero anche essi un passo avanti e sostituissero la parola «accordo» ad «intesa» sarebbero anche tranquillizzati tutti gli scrupoli.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Abbiamo ormai constatato che le due questioni sono legate. Io penso che tutti saranno d’accordo per accedere alla proposta dell’onorevole Uberti, se naturalmente si raggiungesse un accordo sull’ordine del giorno Targetti, sui criteri da stabilire per la Commissione.

Se quindi il signor Presidente ci volesse concedere cinque minuti di tempo per metterci d’accordo (Commenti) penso che questo si potrebbe più facilmente raggiungere.

PRESIDENTE. Penso che, mentre il Presidente della Commissione e il Ministro dell’interno esprimeranno il loro parere, trascorreranno appunto cinque minuti e non occorra perciò sospendere la seduta: si potrà nel frattempo cercare l’accordo.

Presentazione di relazioni.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DI GIOVANNI, Presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere. Mi onoro presentare le relazioni sulle richieste di autorizzazione a procedere contro i deputati Zappelli, Longhena, Zanardi, Gonella, Patrissi, Laconi, Labriola, Tomba, Covelli, Motolese.

PRESIDENTE. Queste relazioni saranno stampate e distribuite.

Si riprende la discussione del disegno di legge: Norme per l’elezione del Senato della Repubblica. (61).

PRESIDENTE. L’onorevole Micheli ha facoltà di esprimere il parere della Commissione in merito agli emendamenti e all’ordine del giorno presentati.

MICHELI, Presidente della Commissione. Se la Commissione deve pronunciarsi sopra l’intesa relativa a quella frase, mi pare che essa possa essere esonerata per le ragioni che ho già esposte.

Se, invece, dobbiamo parlare sull’ordine del giorno Targetti, giacché egli ha accennato a notevoli possibilità nell’applicazione, facciamo osservare che, per rendere meno difficile il compito della Commissione, sarebbe bene che tale criterio possibilista espresso in due punti con le dizioni «in linea di massima» o «più rigorosamente possibile» fosse messo in testa, in modo che comprendesse tutti i punti: «…con i seguenti criteri da applicarsi secondo le compatibili possibilità». Ciò perché effettivamente l’applicazione contemporanea di tutti questi criteri non può avvenire.

Della cosa abbiamo parlato tre sedute or sono ed allora abbiamo avvertito che, per esempio, ci sono unità provinciali che non possono essere rispettate per intero; dati i 200.000 abitanti obbligatori per ciascun collegio, restano sempre dei relitti che si devono pur collocare in qualche parte.

Così altri elementi che qui sono detti non si possono seguire costantemente; ma bisogna applicarli tutte le volte che è possibile.

Concludo che, se in testa a tutti i quattro o cinque punti fosse scritto: «da applicarsi secondo le compatibili possibilità», il sistema diverrebbe di più facile applicazione e si potrebbe avere la possibilità di lavorare con maggiore sicurezza di fare opera buona, di fare opera meno soggetta a ragionevole critica.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Io penso onorevoli colleghi che, forse, qualche chiarimento preliminare potrà proficuamente ricondurre il problema nei suoi termini concreti.

V’è innanzi tutto una prima questione, ed è quella che io ho avuto più volte occasione, durante la discussione della legge elettorale, di dichiarare, cioè che l’impossibilità di fare circoscrizioni elettorali omogenee costituiva per me la difficoltà maggiore che si opponeva all’attuazione del collegio uninominale classico o tradizionale.

Debbo infatti far presente che l’eterogeneità di questi collegi è balzata evidente a tutti e, per la prima volta, com’è naturale, al Ministro dell’interno, il quale perciò può concordare, in linea di massima, con alcune osservazioni che sono qui state fatte. Mi corre però l’obbligo di ricordare altresì all’Assemblea che essa ha preso due importanti deliberazioni, le quali riducono notevolmente la importanza delle circoscrizioni regionali.

La prima di queste deliberazioni è costituita dalla perequazione delle circoscrizioni stesse, attraverso i voti da attribuirsi ai candidati; cosicché il problema del numero degli abitanti delle singole circoscrizioni elettorali perde oggi qualsiasi valore dopo questa deliberazione che colloca tutte le circoscrizioni sullo stesso piede di parità.

La seconda è il quorum del 65 per cento, che rende assai rara l’ipotesi della proclamazione del candidato singolo. Anche per questa ragione l’importanza delle circoscrizioni elettorali è oggi di molto attenuata; ridotta com’è all’ipotesi, piuttosto difficile, cui ho or ora fatto cenno, del candidato che raggiunga il 65 per cento.

Ho già detto che io condivido alcune delle critiche mosse alla formazione delle circoscrizioni. Ma la colpa non è dovuta alla malizia degli uomini: essa è, per così dire, nelle cose. Si è detto: avete istituito collegi di 140 mila abitanti ed anche di 90 mila abitanti invece di 200 mila. Rispondo che l’osservazione è fuor di luogo, perché i collegi di 140 mila o di 90 mila abitanti hanno la loro base nella stessa Costituzione. I colleghi debbono ricordare che la disposizione dell’articolo 57 non si applica nei confronti delle regioni che hanno una popolazione inferiore a quella necessaria per assicurare il minimo di 6 senatori per regione.

Prendiamo l’ipotesi della Lucania. La Lucania ha una popolazione di 594 mila abitanti e i seggi assegnati sono sei. Suddividendo per sei 594.000 risulta che la popolazione media di un collegio è di 99 mila abitanti. Noi ci allontaniamo dai 200 mila abitanti, ma in osservanza di una precisa disposizione di legge. Quindi, se ci si obietta che abbiamo fatto dei collegi di 99 mila abitanti invece che di 200 mila, l’osservazione non ha alcuna fondatezza. L’eguaglianza dei collegi va attuata nell’ambito della regione. Ecco il problema.

I criteri per la formazione delle circoscrizioni elettorali suggeriti ai prefetti, incaricati di fare proposte concrete, sono i seguenti: primo: osservare il limite stabilito dalla legge: 200 mila abitanti, con uno scarto in più o in meno che non superi il 10 per cento – perché questa mi sembra una percentuale sopportabile – ; secondo criterio: rispettare le continuità territoriali; terzo criterio: rispettare, per quanto possibile, le unità economico-sociali.

Le proposte fatte dai singoli prefetti sono state vagliate dai prefetti della regione riuniti collegialmente e sottoposte al Ministero dell’interno. Si capisce che le proposte fatte dai prefetti delle singole provincie e dai prefetti riuniti regionalmente non erano perfette; essi stessi, dopo le prime comunicazioni e decisioni, tenuto conto di osservazioni, obiezioni e proteste pervenute, hanno mandato altre proposte e modifiche, di cui in parte si è potuto tener conto e in parte no.

Per quanto riguarda i criteri indicati dall’onorevole Targetti, debbo dichiarare lealmente che nessun criterio aprioristico a carattere imperativo, assoluto, è possibile accettare; perché nessun criterio può essere attuato rigorosamente e matematicamente. Lo dimostro subito.

Per quanto si riferisce al n. 1°), l’onorevole Targetti dice che bisogna rispettare il criterio dei 200 mila abitanti. Ho già detto come questo criterio è contrario alla legge costituzionale. Non possiamo rispettare il numero di 200 mila abitanti, ma dobbiamo parlare di media regionale.

Rispettare le unità provinciali. Onorevoli colleghi, noi abbiamo cercato di fare questo sforzo, ma è nella legge stessa, nelle cose, l’impossibilità di aderire a questo criterio che appare, a prima vista, naturale. Vi citerò un caso: la Calabria. L’onorevole Gullo, che è qui presente, conosce certamente la situazione. La Calabria ha diritto a dieci seggi ed è composta di tre provincie: Catanzaro, con 694 mila abitanti, Cosenza, con 669 mila abitanti, Reggio 642.000.

Se volessimo osservare il criterio provinciale avremmo tre collegi di 200.000 abitanti per ogni provincia, con un resto; e poiché la provincia di Catanzaro avrebbe il resto maggiore si potrebbe assegnare ad essa il 4° collegio.

Ed. ecco le conseguenze: Catanzaro avrebbe quattro collegi di 173.000 abitanti, mentre Cosenza avrebbe tre collegi di 223.000 abitanti. Quindi non solo si regalerebbe a una provincia un senatore in più, ma si verrebbe a spostare la base dei collegi sulla media di 173.000 abitanti in una provincia e 223.000 in un’altra.

Alle stesse conclusioni si perviene se si esaminano altri esempi concreti.

Quindi, quando voi ci dite di rispettare l’unità provinciale, ci dite cosa che noi ci siamo proposta, ma che la realtà obiettiva porta a non poter rispettare, senza incorrere in sperequazioni nel seno della stessa regione e con quozienti differenti da provincia a provincia.

Ecco perché dicevo che la malizia non sta negli uomini, onorevole Costantini.

COSTANTINI. In qualche caso no, ma in altri sì.

SCELBA, Ministro dell’interno. Si tratta di applicare in primo luogo la Costituzione, e di stabilire collegi uguali nell’interno della regione. Ciò porta alla necessità di assegnare un certo numero di comuni di una provincia ad un’altra provincia.

COSTANTINI. Non sono neanche i confinanti di quella Provincia.

SCELBA, Ministro dell’interno. Verrò subito alla sua osservazione, onorevole Costantini.

Si è detto: bisogna mantenere intatta in linea di massima l’unità cittadina. Credo che si sia fatto ogni sforzo per mantenere questa unità, e non vi è nessun caso in cui si sia distaccato una parte di una città per assegnarla ad altra circoscrizione. Il criterio indicato nel numero 3 dell’ordine del giorno Targetti non ha ragion d’essere.

FOGAGNOLO. Verona è stata divisa in due. Ecco come avete rispettato il mantenimento dell’unità cittadina!

SCELBA, Ministro dell’interno. Il numero 4 dell’ordine del giorno Targetti dice: «suddividere le città con popolazione superiore a 400.000 abitanti tenendo conto della loro particolare configurazione topografica, ed, in mancanza di questa, procedendo a suddivisione con criteri omogenei».

Ecco il caso di Roma. Possiamo seguire due criteri: o si segue il sistema dei cerchi concentrici o il sistema della raggiera o della torta. Ma tanto l’uno che l’altro criterio ha dell’arbitrario, indiscutibilmente; perché non vedo, per esempio, perché il cittadino di Acqua Acetosa debba votare insieme con quello di San Paolo quando la distanza fra Acqua Acetosa e San Paolo è molto maggiore di quanto non sia quella, per esempio, dai Parioli ad Acqua Acetosa.

Comunque, ogni criterio ha in sé la contraddizione, cioè ha in sé la possibilità di critica.

Dice l’onorevole Costantini: scegliete un criterio e adottatelo per tutte le città.

Sono perfettamente d’accordo con lui; ma se i prefetti, sentite le autorità locali, hanno adottato criteri diversi, segno è che la situazione locale consigliava valutazioni diverse. D’altro canto una cosa è una città di 400 mila abitanti, e un’altra cosa una città che ha due milioni di abitanti, e non credo che si possa adottare lo stesso criterio e lo stesso sistema per due città con popolazioni così differenti.

Vi sono poi situazioni politiche molto delicate.

Per esempio, quando voi trovate che in Piemonte è stata creata la circoscrizione di Biella con 170 mila abitanti e Torino Fiat con 244 mila abitanti, voi, onorevole Costantini, dovete darmi atto che le due circoscrizioni corrispondono a unità amministrative o sociali ben determinate. Il circondario di Biella rappresenta un’unità organica, economica e sociale; ha aspirazioni ad esser fatto provincia, per cui lo spostamento d’un determinato comune avrebbe creato del malumore con Vercelli. Si è dovuto adottare il criterio di creare una sproporzione di 74 mila abitanti tra Torino Fiat e Biella, perché aggiungere o togliere qualche cosa per avvicinarsi a 200 mila abitanti avrebbe determinato altre complicazioni e controversie peggiori del male che si sarebbe voluto evitare.

COSTANTINI. E Montevarchi…

SCELBA, Ministro dell’interno. Se lei, onorevole Costantini, mi parla di particolari, io non sono in grado di rispondere, perché io non ho presente tutte le circoscrizioni coi rispettivi comuni e la rispettiva posizione topografica. Concludendo, ripeto: primo, che l’importanza delle circoscrizioni elettorali è oggi notevolmente diminuita, quasi annullata dal fatto che si è operata per i candidati una perequazione dal punto di vista della popolazione; per cui, se Torino Fiat ha 244 mila abitanti e Biella 174 mila la cosa è priva di importanza: il candidato di Biella e il candidato di Torino Fiat si trovano in condizione di parità.

Secondo: l’importanza della circoscrizione è anche attenuata dal fatto che la circoscrizione esercita una sua importanza soltanto nell’ipotesi che il candidato raggiunga il 65 per cento dei votanti: ipotesi che a mio modesto avviso, e credo ad avviso di tutta l’Assemblea Costituente, è molto limitata.

Alcuni errori nelle circoscrizioni dipendono dal fatto che esse sono state redatte prima dell’approvazione della legge: perché, se noi avessimo saputo che l’Assemblea Costituente avrebbe variato i criteri del disegno di legge, ne avremmo tenuto conto nella preparazione delle circoscrizioni.

Quindi tutti i criteri che si vogliono indicare non possono essere accettati che come raccomandazione da parte della Commissione e da parte del Governo. Accetto i criteri che vengono suggeriti, nel senso di tenerne conto nel massimo possibile, ma senza che questo costituisca un imperativo categorico per la Commissione, perché nessuna Commissione potrebbe soddisfare in pieno e totalmente a qualsiasi criterio venisse adottato; anche perché ve ne sono altri degni di considerazione quello per esempio della contiguità territoriale, la facilità di comunicazione col capoluogo di provincia, la viabilità, ecc.; non si può prescindere da queste condizioni. Questi tre criteri devono essere tenuti presenti ed hanno un valore non inferiore ad altri. Le cose dette tolgono valore anche al problema di chi dovrà formare definitivamente le circoscrizioni elettorali. Dovrà essere la Commissione, dovrà essere il Governo, si deve essere d’accordo? Io mi permetto richiamare i precedenti della materia. I precedenti della materia sono molto semplici.

Legge del 1882, scrutinio di lista. Le circoscrizioni vennero determinate nella legge stessa. Allora si aveva molto tempo, non ci si riduceva all’ultimo minuto a fare queste cose. Elezioni uninominali. I collegi creati nel 1891 durano fino al 1913, salvo adattamenti e modifiche 1919, proporzionale. Che cosa deliberò la Camera in quell’occasione? Io non mi riferisco all’ultima deliberazione del 1946, perché la situazione era diversa: allora non esisteva la Camera, ed era ovvio che le circoscrizioni le facesse il Governo.

Nel 1919 fu votato dalla Camera del tempo questa norma: articolo 126: «Per la prima attuazione della legge, le tabelle delle circoscrizioni elettorali e la designazione dei rispettivi capoluoghi saranno stabilite con decreto reale promosso dal Ministro dell’interno, udita una Commissione presieduta dallo stesso Ministro e composta di 14 deputati eletti dalla Camera».

Cioè, la Camera elesse una Commissione, ma fece presiedere questa Commissione dal Ministro dell’interno. Il che conciliava in sostanza le due esigenze. Se noi diciamo che il Ministro dell’interno deve accettare le deliberazioni della Commissione, noi scartiamo il Governo come tale. Lasciamo da parte la questione se il Governo ha interessi come partito. Gli interessi li faranno valere i rappresentanti del partito del Governo nella Commissione parlamentare, e non il Governo.

Il Governo può dare il suo contributo, visto che la formazione delle circoscrizioni non si improvvisa. Allora, mi pare che la esigenza che il Governo sia presente in seno alla Commissione si possa conciliare, facendo partecipare il Governo in seno ad essa con voto. Se le deliberazioni della Commissione sono prese con il voto del Ministro, il Governo si atterrà alle deliberazioni della Commissione.

La questione si potrebbe quindi conciliare in questa maniera: rimettiamo alla Commissione parlamentare della legge per il Senato la formazione di questi collegi. A questa Commissione parteciperà il Ministro con voto, e le decisioni saranno impegnative per il Governo. Con questo si supera ogni questione, tanto più che la materia ha scarsa portata politica per effetto del quorum del 65 per cento e della perequazione delle circoscrizioni elettorali.

PRESIDENTE. L’onorevole Moro ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo all’articolo 2:

«I collegi stessi avranno come capoluogo i centri più popolosi compresi nell’ambito della circoscrizione».

Ha facoltà di svolgerlo.

MORO. Rinuncio a svolgerlo, ma vorrei sapere se può essere preso in considerazione.

PRESIDENTE. L’onorevole Moro dichiara che non svolge il suo emendamento; ma vuole conoscere se la Commissione e il Ministro aderiscono ad esso.

L’onorevole Gullo Fausto ha facoltà di esprimere il giudizio della Commissione.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Noi non accettiamo questo emendamento; piuttosto, pensiamo che si possa ricorrere ad un altro accorgimento: cercare di far coincidere il capoluogo con una sede di tribunale, cosa che credo possibile in tutta Italia. Questo mi pare un concetto da accogliere, ma, s’intende, non in senso assoluto. Mi rimetto a quello che ha detto l’onorevole Presidente poco fa.

Tutti questi criteri si devono intendere in senso relativo.

PRESIDENTE. L’onorevole Micheli ha facoltà di esprimere il suo giudizio.

MICHELI, Presidente della Commissione. Sono d’accordo, ma vorrei verificare il caso in cui in un collegio vi siano due tribunali.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. È già stato deciso: prevale il tribunale del centro più popoloso.

PRESIDENTE. L’onorevole Scelba ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Posso accettare come raccomandazione: anche questo è uno dei criteri che potrà essere seguito.

MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Se viene accettato come raccomandazione, il mio emendamento all’articolo 2 diventerebbe uno dei criteri indicati nell’ordine del giorno.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Ritengo che la proposta fatta dal Ministro dell’interno, di partecipare con diritto di voto alle sedute della Commissione, possa essere accettata dall’Assemblea, come garanzia di poter giungere tra il Ministro, che rappresenta il Governo, e la Commissione, che rappresenta l’Assemblea, ad un accordo seduta stante. Siccome è indispensabile accelerare questi lavori, non possiamo rimetterci ad uno scambio di comunicazioni tra Commissione e Ministero dell’interno; comunicazioni che potrebbero anche diventare inesatte.

Pertanto, propongo che all’ordine del giorno Targetti venga aggiunto questo comma:

«Il Ministro dell’interno partecipa ai lavori della Commissione con diritto di voto».

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Comunico all’Assemblea una nuova formulazione del mio ordine del giorno, che trova l’adesione anche di colleghi rappresentanti altri Gruppi:

«L’Assemblea Costituente afferma che la tabella delle circoscrizioni debba essere formulata secondo i seguenti criteri:

1°) attenersi il più rigorosamente possibile alla norma costituzionale, per la quale deve essere eletto un senatore per ogni duecentomila abitanti;

2°) rispettare la contiguità territoriale, quando possibile, le unità provinciali.

(Abbiano messo «quando possibile» perché ci sono casi in cui questa possibilità non esiste. Quando nella popolazione di una provincia rimane un residuo che non basta a costituire una circoscrizione, è giocoforza che questo residuo vada a sommarsi ad un certo numero di abitanti della provincia vicina. Quello che conta è che non si possa rompere l’unità provinciale, quando c’è la possibilità di rispettarla);

3°) mantenere, in linea di massima, intatte le unità cittadine;

4°) suddividere, se necessario, le città secondo i comuni criteri di omogeneità topografica».

FIORITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIORITTO. Io mantengo l’aggiunta all’ordine del giorno Targetti, che è stata già accettata dalla Commissione e sulla quale desidererei sentire il parere del Governo, cioè che tra i caratteri speciali da attribuire ai vari collegi si tenga presente la composizione dei vecchi collegi uninominali, per i quali esiste una tradizione, che ha superalo il periodo della proporzionale e del fascismo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Per questo criterio ripeto ciò che ho detto per gli altri. Anche questo si può tener presente come uno dei criteri per la formazione dei collegi, ma non può essere un criterio rigoroso. Si tratta infatti di uno dei tanti criteri che si potrà attuare, per quanto è possibile naturalmente, purché non sia in contrasto con gli altri.

FIORITTO. Raccomanderei di tenerlo presente come una direttiva generale.

PRESIDENTE. Desidero chiedere all’onorevole Gullo Rocco se conserva la sua formulazione o se aderisce al testo Targetti concordato con i rappresentanti di altri Gruppi.

GULLO ROCCO. Aderisco alla nuova formulazione Targetti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma dell’articolo 2, del seguente tenore:

«In ogni Regione sono costituiti tanti collegi quanti sono i senatori assegnati alla Regione».

(È approvato).

Passiamo al comma aggiuntivo proposto dal Governo, che è del seguente tenore:

«Le sezioni elettorali che interessano due o più collegi, si intendono assegnate al collegio nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio elettorale di sezione».

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevoli colleghi, è un problema pratico questo. Le sezioni elettorali sono state già fatte da tanto tempo. Per esempio, a Piazza di Pietra v’è una sezione elettorale; se Roma fosse un solo collegio, la sezione sarebbe del collegio; ma essendo Piazza di Pietra di un determinato collegio non è indifferente chi vota in essa. Come risolvere il problema? Se volessimo rifare tutte le sezioni elettorali, per adattarle ai collegi, sarebbe una cosa impossibile per tempo e per denaro. L’espediente pratico è che coloro che sono assegnati a quella sezione si intendono elettori di quel collegio.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo testé letto.

(È approvato).

Passiamo all’emendamento Targetti, che è sostitutivo del secondo comma dell’articolo 2. Ne do ancora lettura:

«La tabella delle circoscrizioni sarà stabilita con decreto presidenziale promosso dal Ministro dell’interno d’intesa con la Commissione parlamentare per la legge sul Senato».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Segue l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Fuschini, del seguente tenore:

«Il Ministro dell’interno partecipa alla Commissione col diritto di voto».

Faccio presente che questa proposta rappresenta lo sviluppo della formulazione ora approvata; per facilitare cioè il rapido raggiungimento dell’intesa per la presentazione delle tabelle.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Noi non abbiamo nessuna difficoltà ad aggiungere un membro alla Commissione, ma vorrei far notare all’onorevole Fuschini che mi pare una cosa senza senso, se si stabilisce che vi deve essere un’intesa fra Commissione e Governo. Il fatto che il Ministro diventi membro della Commissione mi pare che crei delle difficoltà invece che facilitare.

FUSCHINI. No, facilita.

TARGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Circa la proposta Fuschini, a quanto ricordo io, non è mai accaduto che un Ministro facesse parte della Commissione parlamentare… (Interruzioni al centro).

FUSCHINI. L’ha anche presieduta.

TARGETTI. Qui mi sento fare un riferimento alla Commissione dell’19, ma è una questione del tutto diversa. Oggi noi abbiamo inteso di dare un potere maggiore alla Commissione, data la maggiore importanza che hanno le circoscrizioni in confronto a quella che avevano allora, perché allora si trattava di applicare il sistema proporzionale che non attribuisce alcuna influenza alla diversa composizione delle circoscrizioni. Oggi si tratta di stabilire le tabelle, per l’esecuzione di una legge che, sia pure in partibus, segue un criterio uninominalista. Questo non potete essere voi, colleghi della Democrazia cristiana, a negarlo, voi che avete varato questo sistema sostenendo che era compatibile con l’obbligo dell’Assemblea di adottare per la formazione del Senato un sistema elettorale a collegio uninominale. Non potete esser voi a disconoscere questa differenza sostanziale fra il sistema in questione e quello del 1919: diversità che porta ad aumentare l’importanza politica della delimitazione della circoscrizione e porta anche a rendere l’opera della Commissione più subordinata alla volontà dell’Assemblea. Tant’è vero che il nostro emendamento, che è già stato approvato, dà una delega alla Commissione, che prima il Parlamento non aveva dato.

Quindi, in questa nuova forma di partecipazione dell’Assemblea mi sembra che l’inclusione del Ministro nella Commissione non abbia giustificazione mentre la sua facoltà di partecipare a parte dei suoi lavori non ha bisogno di essere stabilita perché questa possibilità al Ministro non manca mai.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Fuschini se insiste.

FUSCHINI. Io insisto nella mia proposta che ha, soprattutto, un valore pratico.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Io vorrei precisare all’onorevole Fuschini una cosa: se l’onorevole Fuschini insiste, noi possiamo anche votare, ma faccio notare che in questa riunione di Commissione il Ministro viene ad avere il 50 per cento dei voti…

FUSCHINI. Non è vero.

LACONI. Sì, perché è stabilito che ogni deliberazione deve essere presa d’intesa col Governo.

Evidentemente il Ministro viene ad avere, così, gli stessi voti della Commissione. Ora, il dargli per di più un voto come commissario mi pare sia cosa senza ragione. (Commenti al centro).

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Pregherei l’onorevole Fuschini di non insistere su questo emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Fuschini ha facoltà di dichiarare se insiste nel suo emendamento dopo le dichiarazioni testé fatte dall’onorevole Ministro dell’interno a nome del Governo.

FUSCHINI. Non insisto.

PRESIDENTE. Passiamo all’ordine del giorno Targetti, nella sua ultima formulazione.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. L’onorevole Targetti non era presente quando ho fatto la mia dichiarazione. Non posso che confermare che, per quanto mi riguarda (naturalmente il problema interessa più la Commissione che il Governo, perché ad essa è demandata la formazione delle circoscrizioni elettorali), accetto l’ordine del giorno solo come raccomandazione e come criterio direttivo. Posso pertanto accettare anche le parole «il più rigorosamente possibile», di cui al primo alinea, qualora il proponente vi dia il significato di raccomandazione, di direttive generali.

TARGETTI. Accetto questa interpretazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo in votazione l’ordine del giorno Targetti.

(È approvato).

Vi è ora l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Fioritto:

«Dopo il n. 1°) aggiungere: tener presente la composizione dei vecchi collegi uninominali».

Lo pongo in votazione.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Segue l’emendamento dell’onorevole Rivera:

«Rispettare le unità regionali storico-tradizionali».

Lo pongo in votazione.

(Non è approvato).

Vi è, infine, l’emendamento aggiuntivo proposto dall’onorevole Moro:

«I collegi stessi avranno come capoluogo il centro più popoloso compreso nell’ambito della circoscrizione».

Lo pongo in votazione.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Onorevoli colleghi, penso che sarebbe opportuno che fosse indicato un termine entro il quale la Commissione deve ultimare i lavori dei quali l’Assemblea le ha dato carico, perché è evidente che dalla conclusione di essi dipende la data di pubblicazione della legge.

Mi limito a porre il problema e chiedo se qualche collega non ritenga opportuno di proporre un termine.

FUSCHINI. Entro il 5 febbraio.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. Proporrei che si indicasse invece il termine entro il quale deve essere emanata la legge. Mi pare si potrebbe stabilire il 10 febbraio.

LA ROCCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA ROCCA. Mi associo alla proposta dell’onorevole Fausto Gullo.

PRESIDENTE. Poiché le questioni sono due e diverse, pongo anzitutto ai voti la proposta dell’onorevole Fuschini che la Commissione incaricata di redigere, d’intesa con il Ministro dell’interno, le tabelle delle circoscrizioni, debba ultimare i suoi lavori entro il cinque febbraio.

(È approvata).

FANTONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FANTONI. Nella tabella A si parla della Regione Venezia Giulia-Friuli: ho presentato un emendamento perché tale dizione sia corretta in conformità con la dizione usata nella Costituzione: cioè «Friuli-Venezia Giulia».

PRESIDENTE. Onorevole Fantoni, tutto ciò che si riferisce alle tabelle è stato deferito alla Commissione.

MICHELI, Presidente della Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI, Presidente della Commissione. Dobbiamo chiudere raccomandando ai colleghi di farci pervenire le loro osservazioni tempestivamente e per iscritto anziché a voce, perché si possa avere a disposizione tutti gli elementi necessari.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Desidero far presente, onorevole Presidente, che la proposta dell’onorevole Fantoni si riferisce all’articolo 1, nel quale si fa cenno della tabella A. È nella tabella A che si è incorsi nell’errore, non nella tabella B. È quindi nella tabella A che l’errore deve essere corretto.

PRESIDENTE. Sta bene. Onorevoli colleghi, l’onorevole Fausto Gullo ha posto una seconda questione: quella del termine entro il quale la legge deve essere pubblicata. Possiamo metterla in relazione senz’altro con l’articolo 28, ultimo del disegno di legge, nel quale sono indicate appunto le norme relative all’entrata in vigore, e che è del seguente tenore:

«La presente legge entra in vigore lo stesso giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

L’onorevole Fausto Gullo propone che si deliberi che questo giorno deve essere il 10 febbraio.

Onorevole Gullo, la prego di voler spiegare i motivi a sostegno di questa proposta.

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. La proposta tende a evitare ritardi nei riguardi della data del 18 aprile, dal momento che fra il giorno della pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali e quello delle elezioni devono intercorrere almeno settanta giorni.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. In questo caso la data del 10 febbraio non è sufficiente. Si dovrebbe indicare 1’8 febbraio.

PRESIDENTE. L’8 febbraio cade in domenica.

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Ritengo che la proposta sia fuori del normale, perché, a quanto credo, da quando esiste lo Stato italiano, non è mai stato posto in una legge un termine di questa natura. Non .possiamo dire che una legge deve essere pubblicata entro un dato giorno, perché per la sua pubblicazione occorre anche la firma del Capo dello Stato, e noi non possiamo ipotecare la volontà e anche la possibilità, di ordine fisico e materiale, del Capo dello Stato. Devo, perciò oppormi alla proposta dell’onorevole Fausto Gullo.

PRESIDENTE. Onorevole Gullo, conserva ella la sua proposta?

GULLO FAUSTO, Relatore per la maggioranza. La ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene. Pongo allora in votazione l’articolo 28 ed ultimo, del quale do nuovamente lettura:

«La presente legge entra in vigore lo stesso giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

(È approvato).

L’onorevole Mortati ha fatto pervenire alla Presidenza la seguente proposta di emendamento aggiuntivo:

«All’articolo 9, dopo il secondo comma, inserire:

«L’accettazione della candidatura deve essere accompagnata da apposita dichiarazione, dalla quale risulti che il candidato non ha accettato candidature in collegi di altre Regioni. La candidatura della stessa persona in più di una Regione importa nullità della elezione».

L’onorevole Mortati ha facoltà di svolgere questa proposta.

MORTATI, Relatore per la minoranza. Questa proposta tende a colmare quella che mi sembra sia una lacuna in cui siamo incorsi involontariamente ieri. Mi pare fosse unanime l’intenzione di escludere la candidatura in più Regioni. Data questa intenzione, dovrebbe essere consacrata in qualche modo una sanzione per i casi di candidatura in più Regioni.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

SCELBA, Ministro dell’interno. Abbiamo già stabilito che la candidatura può essere presentata in una sola Regione è in non più di tre collegi della Regione stessa. Si tratta dunque soltanto delle conseguenze pratiche che dovrebbe avere l’infrazione della norma. Concordo con l’onorevole Mortati nel senso di stabilire la nullità di tutte le candidature presentate, perché non è ammissibile che un candidato ignori le norme relative alla presentazione della candidatura, ed è quindi giusta una comminatoria nel caso in cui l’irregolare presentazione si verifichi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la norma aggiuntiva all’articolo 9 proposta dall’onorevole Mortati e accettata dal Governo.

(È approvata).

Il disegno di legge, del quale abbiamo testé ultimato la discussione, sarà votato nel suo complesso a scrutinio segreto all’inizio della seduta pomeridiana, che è fissato per le 16.

La seduta termina alle 13.30.