Come nasce la Costituzione

LUNEDÌ 19 GENNAIO 1948

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCLIV.

SEDUTA DI LUNEDÌ 19 GENNAIO 1948

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedi:

Presidente

Comunicazione del Presidente:

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Disposizioni sulla stampa (15)

Presidente

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Treves

Cianca

Cevolotto, Relatore

Uberti

Mattarella

Russo Perez

Gullo Fausto

Dominedò

Gullo Rocco

Mastino Pietro

Rubilli

Ghidini

Colitto

Giannini

Scoccimarro

Fuschini

Bertone

Perassi

Condorelli

Guerrieri Filippo

Sull’esame dei progetti per l’emblema della Repubblica:

Presidente

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Bubbio

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.

(È approvato).

Congedi.

PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Orlando Vittorio Emanuele e Colombo Giulio.

(Sono concessi).

Comunicazione del Presidente.

PRESIDENTE. Comunico che l’onorevole Cannizzo, il quale faceva parte del Gruppo di Unione Nazionale, si è iscritto al Gruppo liberale.

Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa. (15).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni sulla stampa. (15).

Ricordo che la seduta di sabato 17 scorso fu tolta per mancanza del numero legale nella votazione nominale sulle seguenti parole dell’emendamento Moro al n. 4 del secondo comma dell’articolo 22: «di apologia di reato ai sensi dell’ultimo comma dello stesso articolo».

Si tratta adesso di ripetere la votazione.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. È oltremodo increscioso che nel corso della discussione di questa legge, che per concorde desiderio di tutti noi deve meglio regolare la libertà della stampa, si sia ricorso a manifestazioni che, anche all’esterno, hanno potuto dare la sensazione di una volontà da parte governativa di volere in qualche modo comprimere la libertà di stampa. In particolare, per quanto riguarda il sequestro, occorre richiamare, a mio giudizio, il fatto che – quando nei mesi scorsi, di fronte alla riconosciuta necessità di uscire dal regime autorizzativo per avere, attraverso il nuovo meccanismo delle registrazioni, chiaro ed esplicito segno della nuova concezione della libertà della stampa, noi, preoccupati che non si riuscisse a discutere tutta la legge prima del 31 dicembre, facemmo, come Governo, una proposta di stralcio – non comprendemmo nella nostra proposta l’articolo relativo al sequestro appunto perché si riteneva che, data la particolare delicatezza della materia, meglio se ne potesse trattare in sede di una legge organica generale su tutto l’argomento della libertà della stampa, e meglio specialmente discuterne non in una fase immediatamente pre-elettorale ma quando, in una maggiore serenità di spiriti, fosse meno probabile destare apprensioni.

Fu la Commissione – come si desume dalla relazione Cevolotto – a chiedere che si aggiungesse questo articolo 28, nell’ipotesi che la discussione vertesse sullo stralcio e non sull’intera legge.

Fu poi la stessa Assemblea, che, dovendo decidere quali articoli dovessero essere discussi, comprese l’articolo sul sequestro. Per le ragioni che ho detto all’inizio di queste mie dichiarazioni e per eliminare da parte di chiunque il sospetto che il Governo voglia in qualche modo attentare o comprimere la libertà della stampa, io propongo all’Assemblea di non discutere in questa sede l’articolo sul sequestro, rimandandone l’esame, insieme agli altri argomenti che già sono stati stralciati, al futuro Parlamento, quando si discuterà l’intera disciplina della stampa.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Pur riaffermando le ragioni che ci hanno indotto, nella nostra dichiarazione, a indicare il nostro voto favorevole al testo della Commissione, il nostro Gruppo accetta la proposta di stralcio di questo articolo, fatta dall’onorevole Andreotti.

CIANCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIANCA. Anche noi aderiamo alla proposta fatta dal rappresentante del Governo.

PRESIDENTE. Quale è il parere della Commissione?

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione aderisce.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Andreotti.

(È approvata).

Passiamo all’esame dell’articolo 23 del testo della Commissione che riproduce, senza modificazioni, l’articolo 29 del testo governativo. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Stampa clandestina.

«Chiunque intraprende la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza che sia stata eseguita la registrazione prescritta dall’articolo 7, è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire centomila.

«La stessa pena si applica a chiunque pubblica uno stampato non periodico dal quale non risulti il nome dell’editore né quello dello stampatore o nel quale questi siano indicati in modo non conforme al vero».

PRESIDENTE. A questo articolo l’onorevole Colitto aveva presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma sopprimere le parole: o con la multa fino a lire centomila».

Non essendo presente l’onorevole Colitto, l’emendamento si intende decaduto.

Pongo in votazione l’articolo 23 testé letto.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 24 del testo della Commissione, che corrisponde all’articolo 30 del testo governativo.

Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Omissione delle indicazioni obbligatorie sugli stampati.

«Salvo quanto disposto dall’articolo precedente, qualunque altra omissione o inesattezza nelle indicazioni prescritte dall’articolo 3 è punita con l’ammenda sino a lire ventimila».

PRESIDENTE. Gli onorevoli Moro e Dominedò hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Salvo quanto disposto dall’articolo precedente, qualunque altra omissione o inesattezza nelle indicazioni prescritte dall’articolo 3 o la violazione dell’ultimo comma dello stesso articolo è punita con l’ammenda sino a lire ventimila».

Gli onorevoli Moro e Dominedò non sono presenti.

UBERTI. Faccio mio l’emendamento, rinunziando allo svolgimento.

PRESIDENTE. L’onorevole Cevolotto ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. In sostanza, si tratta di un semplice chiarimento di quello che risultava già dal testo proposto, quindi la Commissione è indifferente.

PRESIDENTE. L’onorevole Andreotti ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Aderisco al parere espresso, a nome della Commissione, dall’onorevole Relatore.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 24 nella formulazione proposta dagli onorevoli Moro e Dominedò e fatta propria dall’onorevole Uberti.

(È approvato).

L’onorevole Mattarella ha proposto il seguente articolo 29-bis:

«Asportazione, distruzione o deterioramento di stampati.

«Chiunque asporta, distrugge o deteriora stampati per i quali siano state osservate le prescrizioni di legge, allo scopo di impedirne la vendita, distribuzione o diffusione, è punito, se il fatto non costituisce reato più grave, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

«Con la stessa pena è punito chiunque con violenza o minaccia impedisce la stampa, pubblicazione o diffusione dei periodici per i quali siano state osservate le prescrizioni di legge.

«La pena è aumentata se il fatto è commesso da più persone riunite o in luogo pubblico, ovvero presso tipografie, edicole, agenzie o altri locali destinati a pubblica vendita.

«Per i reati suddetti si procede per direttissima».

Ha facoltà di svolgerlo.

MATTARELLA. Rinunzio allo svolgimento.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Ritengo che la seconda parte dell’emendamento proposto dall’onorevole Mattarella debba essere soppressa, perché si tratta di reato di violenza privata, che è punito dal Codice penale con pena più grave.

Approvo il resto dell’emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione concorda con quanto ha detto l’onorevole Russo Perez: per i reati di violenza provvede già il Codice penale.

Ritengo che l’ultima parte dell’articolo: «Per i reati suddetti si procede per direttissima», sia del pari superflua, in quanto un articolo seguente prevede che per tutti i reati di stampa si debba procedere per direttissima.

PRESIDENTE. L’onorevole Andreotti ha facoltà di esprimere il parere del Governo sulla proposta di un articolo 29-bis presentata dall’onorevole Mattarella.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Accetto l’emendamento proposto dall’onorevole Mattarella. Se qualche parte di questo articolo è superflua, in quanto si richiama ad altri articoli e norme generali, si potrà in sede di coordinamento, specialmente per la ipotesi detta, prenderla in esame e stralciarla. Mi pare che con questo emendamento si riaffermi proprio uno dei principî fondamentali per la difesa pratica della libertà di stampa.

MATTARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTARELLA. Volevo osservare che anche per il secondo comma mi pare opportuno insistere nella formulazione presentata, soprattutto per quanto si riferisce alla possibilità del giudizio per direttissima. Nella ipotesi, infatti, in cui cadesse il secondo comma, per i reati che esso prevede non ci sarebbe l’obbligo del giudizio per direttissima e mi sembra che in ordine a fatti tanto gravi, la rapidità del giudizio costituisca uno degli elementi più rassicuranti per la tutela del diritto e della libertà della stampa.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Il Codice stesso prevede che, quando c’è la flagranza, il Procuratore della Repubblica può procedere per direttissima. Se la flagranza non c’è, bisogna far ricerche per rintracciare elementi di prova.

MATTARELLA. Ma quella è una facoltà, non è un obbligo.

PRESIDENTE. Il quesito è chiarito: ciascuno si regolerà come meglio crede nella votazione.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Rilevo che l’emendamento diminuisce il limite massimo della pena stabilita dal Codice per la violenza privata che sarebbe – mi pare – applicabile nei fatti ipotizzati. Il primo comma dell’articolo 610 del Codice penale recita: «Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni». Penso che, restando al Codice, si dovrebbe applicare l’articolo 610 del Codice penale, piuttosto che l’articolo 635 del Codice penale, che riguarda il danneggiamento.

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Dichiaro che noi voteremo quest’articolo aggiuntivo, richiamandoci ai motivi di difesa della libertà di stampa anche da questa forma di attentato, che in un’occasione specifica ho già avuto l’onore di ricordare in questa Assemblea. Sono lieto che questo articolo difenda, con pene sufficientemente gravi, la libertà di stampa contro questi attentati, che tuttavia ci auguriamo non continuino.

PRESIDENTE. Voteremo per divisione l’articolo aggiuntivo dell’onorevole Mattarella.

Pongo in votazione il primo comma:

«Chiunque asporta, distrugge o deteriora stampati per i quali siano state osservate le prescrizioni di legge, allo scopo di impedirne la vendita, distribuzione o diffusione, è punito, se il fatto non costituisce reato più grave, con la reclusione da sei mesi a tre anni».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma, del quale l’onorevole Russo Perez ha chiesto la soppressione:

«Con la stessa pena è punito chiunque i con violenza o minaccia impedisce la stampa, pubblicazione o diffusione dei periodici per i quali siano state osservate le prescrizioni di legge».

(È approvato).

Pongo in votazione il terzo comma:

«La pena è aumentata se il fatto è commesso da più persone riunite o in luogo pubblico, ovvero presso tipografie, edicole, agenzie o altri locali destinati a pubblica vendita».

(È approvato).

Passiamo all’ultimo comma:

«Per i reati suddetti si procede per direttissima».

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Prego di non insistere sull’ultimo comma, perché, come dissi, nel successivo articolo 37, che prevede le procedure e forme di giudizio per i reati di stampa, è detto: «Al giudizio si procede col rito direttissimo», in tutti i casi di reati di stampa.

PRESIDENTE. Si può approvarlo, salvo poi a coordinarlo nella sede opportuna. Pongo in votazione l’ultimo comma.

(È approvato).

L’articolo aggiuntivo, proposto dall’onorevole Mattarella, rimane così approvato.

Passiamo all’articolo 25 del testo della Commissione, che corrisponde all’articolo 31 del testo governativo. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Violazione degli obblighi stabiliti dall’articolo 8.

«Chi non effettua la dichiarazione di mutamento nel termine indicato nell’articolo 8, o continua la pubblicazione di un giornale o altro periodico dopo che sia stata rifiutata l’annotazione del mutamento, è punito con l’ammenda fino a lire cinquantamila».

PRESIDENTE. Questa dizione differisce dal testo governativo unicamente per quanto concerne la pena, che dalla Commissione è stata fissata in una ammenda fino a lire cinquantamila, mentre il Governo propone una multa fino a lire centomila. Non sono stati presentati emendamenti. Pertanto, chiedo all’onorevole Cevolotto se la Commissione insiste sul limite di pena pecuniaria da essa stabilita.

CEVOLOTTO, Relatore. Abbiamo proposto la pena dell’ammenda al posto della multa, per stabilire il carattere contravvenzionale di questa infrazione, che non ha il carattere di delitto. Quindi, poiché il limite massimo dell’ammenda è di lire cinquantamila, abbiamo proposto la pena dell’ammenda fino a tale somma.

PRESIDENTE. Quale è il parere del Governo?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Aderisco alla proposta dell’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 25 testé letto.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 26 nel testo della Commissione, corrispondente all’articolo 32 del testo ministeriale. Esso è distinto in due commi, il secondo dei quali, nel testo della Commissione, viene ad essere soppresso. Prego pertanto l’onorevole Segretario di dare lettura del testo governativo, in maniera che ognuno si renda conto della modifica che la Commissione propone di apportare.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«False dichiarazioni nella registrazione di periodici.

«Chi nelle dichiarazioni prescritte dagli articoli 7 e 8 espone dati non conformi al vero è punito a norma del primo comma dell’articolo 483 del Codice penale».

«Se il fatto è commesso per colpa, si applica l’ammenda sino a lire cinquantamila».

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: chi nelle dichiarazioni prescritte, sostituire: chi nella dichiarazione prescritta».

Non essendo egli presente, l’emendamento si intende decaduto.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Abbiamo proposto la soppressione del secondo comma perché non sembra opportuno di creare una forma di delitto colposo per questa figura di falso ideologico, che secondo noi, nel caso di colpa, non dev’essere punito; ma che dev’essere punito solo quando è doloso.

PRESIDENTE. Il Governo accetta?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Non insisto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 26 nel testo della Commissione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 28 del testo della Commissione, identico all’articolo 34 del testo governativo. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Mancata pubblicazione di rettifiche e omissione di pubblicazioni a richiesta dell’autorità.

«Chi non effettua sul giornale o altro periodico, non più tardi della seconda pubblicazione successiva al giorno in cui pervenga la richiesta, le pubblicazioni indicate negli articoli 14, 15 e 23, è punito con l’ammenda fino a lire cinquantamila.

«La sentenza che pronuncia la condanna ordina, ove ne sia il caso, che la pubblicazione omessa venga effettuata».

PRESIDENTE. Poiché non vi sono emendamenti, lo pongo in votazione, salvo coordinamento.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo all’articolo 30 nel testo della Commissione.

Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Competenza e forme del giudizio.

«La cognizione dei delitti commessi col mezzo della stampa e del delitto previsto dall’articolo 29 appartiene al tribunale, salvo che non sia competente la Corte di assise.

«Non è consentita la rimessione del procedimento al pretore.

«Al giudizio si procede col rito direttissimo, tranne che per il delitto di cui all’articolo 23».

PRESIDENTE. Quest’ultimo comma differisce, nel testo della Commissione, dal testo governativo, che affermava doversi procedere nel giudizio sempre per direttissima.

L’onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l’ultimo comma col seguente: si procede col giudizio direttissimo».

Non essendo presente, l’emendamento s’intende decaduto.

L’onorevole Gullo Fausto ha presentato unitamente all’onorevole La Rocca un emendamento così formulato:

«È fatto obbligo al giudice di emettere in ogni caso la sentenza nel termine massimo di 20 giorni dalla data di presentazione della querela o della denunzia».

L’onorevole Gullo Fausto ha facoltà di svolgerlo.

GULLO FAUSTO. Lo mantengo. Già parecchi oratori hanno avuto modo di lamentare il fatto che, in occasione specialmente di processi per diffamazione, non si riesca ad avere la sentenza in un termine ragionevole, anzi si riesca quasi sempre ad averla soltanto dopo lungo tempo.

Il progetto ministeriale (non ricordo bene se quello ministeriale o quello della Commissione) parla di giudizio per direttissima.

Ora, questa è una garanzia molto relativa, in quanto, se il giudizio per direttissima comporta senz’altro la fissazione di una udienza prossima, in realtà non costituisce affatto una garanzia per la durata del processo; perché tutti sanno quanto sia facile ottenere rinvii, soprattutto attraverso l’istanza di procedere ad una istruzione più accurata.

A me pare quindi che l’unico modo per garantire una immediata decisione su una querela per diffamazione sia di porre il giudice di fronte all’obbligo di emettere la sentenza entro un breve termine, che noi abbiamo fissato in 20 giorni. Questa è la ragione giustificatrice dell’emendamento. Non credo che i colleghi abbiano bisogno che io illustri la necessità di ottenere che nei delitti di stampa, specialmente in quelli per diffamazione, la sentenza del magistrato, che viene ad affermare se si è di fronte ad un calunniatore o di fronte ad un colpevole, sia emessa nel più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. L’onorevole Dominedò ha presentato, unitamente all’onorevole Moro il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: «dei delitti commessi» sostituire le parole: «dei reati commessi».

L’onorevole Dominedò ha facoltà di svolgerlo.

DOMINEDÒ. Questo emendamento ha semplicemente un valore di consequenzialità ad una modificazione introdotta nel testo della legge.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUSSO PEREZ. Mi rendo perfettamente conto delle ragioni esposte dall’onorevole Gullo Fausto, e sono d’accordo che dovremmo poter ottenere la rapidità del giudizio; ma, se questa norma che egli propone crea nel giudice l’obbligo di decidere entro 20 giorni, essa potrebbe contravvenire ad un obbligo maggiore che ha il giudice, e che è quello di rendere giustizia.

Spessissimo – e questo lo sappiamo tutti noi che esercitiamo la professione di avvocato – è materialmente impossibile che in venti giorni il giudice riesca ad istruire il processo in modo da poter dire una parola che per lui rappresenti la verità. Io vorrei quindi pregare l’onorevole Gullo che voglia modificare la sua proposta nel senso che il giudizio debba essere pronunciato entro il termine di due mesi, perché soltanto entro tale lasso di tempo vi sarà realmente la possibilità che si dia luogo, con cognizione di causa, al pronunciamento della sentenza.

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. L’onorevole Russo Perez chiede che io rinunci al termine di venti giorni per accettare quello di due mesi e giustifica tale sua proposta con il fatto che è difficile in venti giorni procedere all’istruzione del processo.

Ma, come ho già precedentemente accennato, la disposizione vale specialmente per i giudizi di diffamazione. Ora, l’istruzione complessa non può essere spiegata se non dalla necessità di presentare le prove del fatto. Ma qui si è di fronte a chi è imputato di diffamazione con l’attribuzione di un fatto determinato e si deve presumere che egli sia già in possesso delle prove; giacché, ove ciò non fosse, egli dimostrerebbe con il suo atto per lo meno una colpevole leggerezza nell’aver mosso un’accusa senza essere in possesso delle prove.

Pur tuttavia, allo scopo di venire incontro, in qualche modo, al desiderio dell’onorevole Russo Perez, sono disposto a modificare la proposta, prolungando il termine da venti giorni ad un mese.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Cevolotto a pronunciarsi a nome della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. Onorevoli colleghi, quando io ho riferito in generale su questo disegno di legge, ho messo appunto in rilievo le difficoltà che hanno indotto l’onorevole Gullo a proporre il suo emendamento. È vero; è difficile con le forme della nostra procedura penale ottenere che nei casi di diffamazione o di ingiuria, si abbia un rapido processo, che porti a una sentenza sollecita.

Ma, d’altra parte, non è sembrato che in una legge speciale – e particolarmente in una legge di stralcio – si potessero inserire innovazioni sostanziali rispetto al Codice di procedura penale. L’innovazione si presenta spontanea agli occhi di tutti e consisterebbe precisamente nel tornare all’antico. Un tempo infatti, nel Codice di procedura penale del 1865, e in quello del 1913, esisteva la forma della citazione diretta di parte. Però tornare a quella forma in una legge di stralcio non sarebbe cosa ragionevole.

L’onorevole Gullo Fausto ha proposto un emendamento che, anche se accolto – diciamolo pure – sarebbe destinato a restare lettera morta. Quando si dice in una legge che la sentenza deve essere pronunciata entro venti giorni, si fissa prima di tutto un termine troppo breve. Sarà infatti assolutamente, materialmente impossibile, entro tale termine, in molti e molti casi, avere la sentenza. O si adotta il rito direttissimo, e allora in qualche caso la sentenza si potrà ottenere entro i venti giorni; o non lo si adotta e allora non vi è da illudersi si possa in nessun caso arrivare alla pronuncia della sentenza entro gli stessi venti giorni.

I venti giorni non sono e non possono essere un termine di decadenza. Non lo possono essere per ragioni di giustizia.

Ma se il termine è senza comminatoria, cioè non è un termine perentorio non servirà a niente; come il termine che, per esempio, nella procedura civile è dato al giudice di depositare la sentenza entro quindici giorni da quello in cui la causa è stata decisa, termine che non viene rispettato mai. E perfettamente inutile sancire solennemente un termine di questo genere, che non funzionerà.

Nella situazione in cui ci troviamo non c’è altro da fare che prescrivere il rito direttissimo e poi pregare il Ministro della giustizia di mandare una circolare ai Presidenti di Tribunale, perché il rito direttissimo venga realmente applicato nei casi di reati di stampa.

GULLO FAUSTO. Ma il rito direttissimo resterebbe anche col mio emendamento, intendiamoci!

CEVOLOTTO, Relatore. D’accordo, non è in contrasto, ma il termine è lo stesso troppo ristretto.

Quanto alla proposta degli onorevoli Moro e Dominedò di sostituire «reati» a «delitti», dichiaro di accettarla.

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Andreotti di esprimere il parere del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Circa il primo dei tre emendamenti credo sarebbe meglio lasciare il termine «delitti», perché portando di fronte al tribunale contravvenzioni di lieve entità si renderebbe più complicato il meccanismo che abbiamo stabilito. Comunque, a questo proposito il Governo si rimette all’Assemblea.

Nei confronti della proposta di esclusione dal rito direttissimo fatta dalla Commissione per l’ipotesi prevista all’articolo 23, cioè degli stampati clandestini, credo che non si debba aderire alla stessa, perché non vedo la ragione per la quale si debba consentire una disposizione di favore proprio nei riguardi della stampa clandestina rispetto alle altre ipotesi previste.

Riguardo all’emendamento dell’onorevole Gullo Fausto, lo spirito con cui egli lo propone ci trova certamente tutti d’accordo, per raggiungere una maggiore rapidità della giustizia in questo settore. Circa la possibilità o meno di applicare praticamente questo termine di trenta giorni, mi rimetto all’Assemblea. Vuol dire – e faccio mia la raccomandazione fatta dall’onorevole Cevolotto come relatore – che se non si ritenesse di inserire questo termine nell’articolo, potremmo avere un voto dell’Assemblea da trasmettere al Ministro della giustizia per i provvedimenti di ordine amministrativo di sua competenza.

GULLO ROCCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO ROCCO. La proposta dell’onorevole Gullo Fausto ci trova d’accordo, in quanto chi diffama deve avere le prove, e non può chiedere al magistrato che istruisce la causa di ricercarle, se egli ha già pubblicato l’articolo diffamato, senza averle. (Commenti).

D’altro canto, non c’è dubbio che è esatta l’osservazione fatta, che cioè un impedimento materiale dell’imputato o dei testimoni può far sì che la sentenza non sia emanata entro il termine stabilito.

L’onorevole Gullo Fausto ha accettato di estendere il termine da venti giorni ad un mese, ed io non credo che il termine stesso possa essere ulteriormente esteso, perché, accettando la formula di due mesi proposta dall’onorevole Russo Perez, noi finiremmo per svalutare lo stesso giudizio per direttissima, perché si dimostrerebbe che neppure nel giudizio direttissimo si potrebbe avere la sentenza entro due mesi.

È perfettamente vero quanto dice l’onorevole Cevolotto, cioè che questa disposizione non avrà alcun valore, ma io dico: non avrà valore assoluto. Il relatore ricordava esattamente che vi sono disposizioni analoghe nel nostro Codice di procedura, quale quella che impone al magistrato di depositare la sentenza motivata entro quindici giorni dalla pronuncia. È vero che i magistrati non sempre osservano questa disposizione, ma è anche vero che questa disposizione è bene che ci sia, perché costituisce, se non altro, una raccomandazione.

Quindi, pur essendo esatto che questa norma non avrà valore assoluto perché difficilmente la sentenza potrà essere emessa entro un mese, penso che sia opportuno inserire questa disposizione nella legge perché, pur non contenendo una sanzione, costituisce per il giudice un obbligo morale a cui egli dovrà attenersi quando non vi siano difficoltà insormontabili.

MASTINO PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASTINO PIETRO. Io non so intendere che valore possa rimanere ad una disposizione del genere se l’Assemblea crederà di doverla affermare, dopo i chiarimenti e le dichiarazioni fatte dal collega Gullo Rocco, per cui, nell’atto in cui si affermerebbe l’obbligo della pubblicazione della sentenza entro 20 giorni, si riconoscerebbe però che questo non sarebbe che un avvertimento di ordine morale.

Infatti in venti giorni non è possibile che nella normalità dei casi si possa avere una sentenza. È vero che chi pubblica un articolo che dia luogo ad una querela per diffamazione si deve ritenere abbia già pronte le prove dimostrative del fatto, ma è anche vero che non sempre queste prove sono rappresentate da documenti. Basta l’impossibilità a comparire di un testimone ritenuto essenziale agli effetti del giudizio, perché non si possa avere una sentenza nel termine su detto.

Per conciliare le due tesi a me pare giusto quanto ha osservato l’onorevole Cevolotto, cioè che sia sufficiente il giudizio per direttissima, il quale potrà essere completato da una circolare del Ministro della giustizia che consigli il giudizio d’urgenza, e che i dibattimenti per diffamazione a mezzo della stampa abbiano la priorità di fronte agli altri. Bisogna tener conto dello stato degli uffici giudiziari poiché se in taluni le cose procedono nel modo più regolare, ne conosciamo altri in cui è assolutamente impossibile che le cose vadano bene e celermente per l’insufficienza numerica dei magistrati.

Per queste ragioni voterò contro l’emendamento dell’onorevole Fausto Gullo.

RUBILLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Pare che abbiamo dimenticato quello che c’insegnano la pratica e l’esperienza professionale, quello che pure avviene ogni giorno.

Noi non possiamo fissare un termine di un mese, di 45 giorni o di due mesi per la pubblicazione della sentenza in tema di diffamazione, ma possiamo fissare solamente un termine per il passaggio degli atti in cancelleria, sollecitando l’istruttoria, che, sia pur breve e sommaria, non può però mai mancare in tema di diffamazione.

Ma come vogliamo e possiamo prevedere, specialmente in questi dibattiti senza dubbio assai delicati che spesso richiedono parecchie udienze, con prosiegui ad intervalli, con testimoni che non arrivano, come vogliamo prevedere dicevo, le vicende del giudizio? Abbiamo dimenticato che cosa sono i giudizi per diffamazione?

Quindi, io credo che se un termine si possa stabilire per dimostrare il giusto e legittimo desiderio di sollecitare nell’interesse delle parti il procedimento, noi possiamo farlo per il passaggio degli atti in cancelleria.

Si capisce che quando gli atti sono passati in cancelleria, sono le parti che possono direttamente sollecitare il dibattimento. Ma stabilire un termine per la pubblicazione della sentenza mi pare che significhi andare contro la realtà e l’esperienza che abbiamo di simili dibattimenti.

Quindi, in questo senso, vorrei rettificata la proposta e vorrei presentare un emendamento, se occorre, in guisa che sia stabilito il termine di un mese per il passaggio degli atti in cancelleria con sommaria istruzione.

Una voce. Anche la direttissima?

RUBILLI. Anche la direttissima è un pericolo che può mettere allo sbaraglio il querelante, il quale non ha termine a difesa e si risolve in un grande vantaggio solo per l’imputato che ha pronte le sue prove ignorate dall’altra parte. Meglio stabilire termini solo per l’inizio del dibattimento, che dovrà svolgersi pur con serenità e con calma nell’interesse della giustizia, con vicende che non si possono prevedere. Questa è la conclusione cui pervengo per esperienza quotidiana. Non vi sono procedimenti più difficili, di quelli che derivano da diffamazione, specialmente quando siano fondati su questioni di partito. Quindi meglio affidarsi al Tribunale per le vicende giudiziarie dando alle parti il compito e la facoltà di sollecitare, e dichiarando che il procedimento per diffamazione ha sempre un carattere d’urgenza.

Ripeto che sarà opportuno fissare il termine soltanto per il dibattimento, in maniera che possa iniziarsi e debba essere fissato per l’udienza in un termine non superiore ad un mese dalla querela.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione ritiene che debba essere mantenuta la formula del testo governativo, che ai processi per i reati di stampa si applichino le norme del giudizio direttissimo, naturalmente con quegli adattamenti che sono necessari per reati che in genere non consentono l’arresto e spesso sono promossi con querela. Il giudizio per direttissima si svolge nel modo che è stabilito dall’articolo 502 del Codice di procedura penale. L’imputato, che è stato arrestato in flagranza di reato, viene dal procuratore della Repubblica portato direttamente e immediatamente al giudizio del Tribunale, nell’udienza stessa se si tratta di reato commesso in udienza, o entro cinque giorni, senza formalità di procedura, senza termini per i testimoni. Questo è il giudizio direttissimo; che in questa forma precisa non è possibile in un giudizio che si svolga in seguito ad una querela. L’analogia – che in procedura penale è ammessa – porta a ciò: che il procuratore della Repubblica, appena ricevuta la querela, dovrà provvedere immediatamente perché sia spiccata la citazione per il giudizio all’udienza più vicina possibile. Non ravviso altra forma di adattamento del giudizio per direttissima al giudizio – ad esempio – per diffamazione a querela di parte. È perfettamente inutile mettere altri termini perché si incominci il dibattimento, perché giudizio direttissimo nella nostra legge non ha altro significato che giudizio più sollecito che sia possibile.

Quanto al termine per la sentenza, di cui ha parlato il collega Gullo, mi rimetto a quanto ho detto.

VERONI. Cinque giorni.

CEVOLOTTO, Relatore. Non è possibile. Perché l’imputato domanderebbe il termine a difesa dell’articolo 503 del Codice di procedura penale, e, in ogni modo, specialmente nei casi di diffamazione con la concessione della prova liberatoria, non sarebbe possibile negargli le condizioni e i termini per difendersi.

GHIDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GHIDINI. Non sono d’accordo coll’onorevole Rubilli che occorra stabilire un termine per l’istruzione delle cause e ciò per le ragioni che ha esposto il Relatore. Si tratta di un giudizio direttissimo in cui la causa viene portata immediatamente all’udienza.

Per conto mio, sono contrario alla fissazione di qualunque termine per la pronuncia delle sentenze e sono contrario per questo motivo. Se è vero, come osservava l’onorevole Fausto Gullo, che colui che diffama deve avere già pronte le prove, nella diffamazione noi dobbiamo tener conto soprattutto delle condizioni in cui si viene a trovare il diffamato.

Nelle cause per diffamazione con facoltà di prova (la facoltà di prova può essere concessa e in certi casi è obbligatoria, ma si può dire che praticamente la facoltà di prova c’è sempre) il vero imputato è il diffamato, il quale si trova colpito improvvisamente e quindi sprovvisto di difesa. Ci possono essere diffamazioni che hanno apparenza di verità ed essere invece sostanzialmente false. Ma questa apparenza di verità deve essere distrutta e questo lavoro di demolizione è sovente complesso e non può essere improvvisato in un breve termine. Se ci sono delle cause delicate sono precisamente quelle di diffamazione nelle quali è leso il patrimonio più sacro del cittadino.

Stabilire un termine fisso alla sentenza mi sembra che sia il più grave degli errori. A me pare che basti stabilire, come ha proposto l’onorevole Relatore, che il giudizio si svolga per direttissima; vuol dire che poi il procedimento, in sede di giudizio, avrà le vicende che può e deve avere a seconda della complessità della causa e delle necessità delle prove, e in genere delle esigenze che si impongono per conseguire quell’accertamento della verità che è appunto lo scopo che si vuole raggiungere.

PRESIDENTE. Domando ai presentatori di emendamenti se li mantengano.

Onorevole Gullo Fausto, mantiene il suo emendamento?

GULLO FAUSTO. Lo mantengo, modificando il termine da venti giorni a un mese.

PRESIDENTE. Onorevole Rubilli, mantiene la sua formulazione?

RUBILLI. Dico soltanto che la proposta dell’onorevole Gullo non mi sembra di pratica attuazione.

PRESIDENTE. Onorevole Russo Perez, mantiene la proposta di due mesi?

RUSSO PEREZ. Mi appago di un mese per deferenza al collega, ma sono convinto che la norma rimarrà lettera morta.

PRESIDENTE. Ricordo che il Governo insiste per il mantenimento dell’ultimo comma del testo ministeriale.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione accetta ma propone che si sopprimano al primo comma le parole «e del delitto previsto dall’articolo 29», perché il richiamo all’articolo 29 deve essere tolto in quanto questo articolo è stato stralciato.

PRESIDENTE. Sta bene.

Pongo in votazione l’articolo 30 con la soppressione proposta dal Relatore e con l’emendamento Moro-Dominedò:

«La cognizione dei reati commessi col mezzo della stampa appartiene al tribunale, salvo che non sia competente la Corte di assise.

«Non è consentita la rimessione del procedimento al pretore.

«Al giudizio si procede col rito direttissimo».

(È approvato).

Pongo in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Gullo Fausto:

«È fatto obbligo al giudice di emettere in ogni caso la sentenza nel termine massimo di un mese dalla data di presentazione della querela o della denunzia».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo all’articolo 31, identico all’articolo 38 del testo governativo. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Periodici già autorizzati.

«Per i giornali e gli altri periodici autorizzati ai sensi delle leggi precedenti la registrazione prescritta dall’articolo 7 deve essere effettuata nel termine di quattro mesi dall’entrata in vigore di questa legge».

PRESIDENTE. Non essendovi proposte di emendamenti, lo pongo in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’articolo 33 identico all’articolo 40 del testo governativo. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Abrogazioni.

«Sono abrogati:

1°) il regio editto sulla stampa 26 marzo 1848, n. 695;

2°) il regio decreto-legge 15 luglio 1923, n. 3288, convertito nella legge 31 dicembre 1925, n. 2309, sulla gerenza e vigilanza dei giornali e delle pubblicazioni periodiche;

3°) il regio decreto-legge 10 luglio 1924, n. 1081, convertito nella legge 31 dicembre 1925, n. 2308, con norme di attuazione del regio decreto-legge precedente;

4°) la legge 31 dicembre 1925, n. 2307, sulla stampa periodica;

5°) il regio decreto-legge 24 ottobre 1935, n. 2040, convertito nella legge 19 marzo 1936, n. 542, sulle attribuzioni del Ministero per la stampa e propaganda in materia di sequestro di stampati;

«6°) il regio decreto-legge 31 maggio 1946, n. 54, contenente norme sul sequestro dei giornali e delle altre pubblicazioni;

«7°) ed ogni altra disposizione contraria od incompatibile con quelle della presente legge».

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Dobbiamo modificare il testo dell’articolo 33. Poiché è stata cambiata la legge, diverse sono anche le abrogazioni. Propongo, d’accordo con il Governo, il seguente testo:

«Sono abrogati il regio decreto-legge 14 gennaio 1944, n. 13, ed ogni altra disposizione contraria od incompatibile con quelle della presente legge».

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto aveva presentato il seguente emendamento:

«Al n. 1°), alle ultime parole, aggiungere le seguenti: e gli altri provvedimenti legislativi, che ad esso recarono modificazioni ed aggiunte.

«Dopo il n. 4°), aggiungere il seguente:

4°-bis) il regio decreto 4 marzo 1926, n. 371, con cui fu approvato il regolamento concernente disposizioni sulla stampa periodica.

«Dopo il n. 5°), aggiungere i seguenti:

5°-bis) la legge 2 febbraio 1939, n. 379, contenente norme per la consegna obbligatoria di esemplari degli stampati e delle pubblicazioni;

5°-ter) il regio decreto 12 dicembre 1940, n. 2052, con cui fu approvato il regolamento per l’attuazione della legge precedente».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. Non insisto, perché è in relazione all’articolo 4, che non è compreso fra gli articoli esaminati.

PRESIDENTE. Chiedo il pensiero del Governo su questa nuova formulazione dell’articolo 33.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il Governo è d’accordo con l’onorevole Cevolotto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il nuovo testo dell’articolo 33, concordato fra Commissione e Governo.

(È approvato).

Vi è infine l’articolo 34. Se ne dia lettura:

SCHIRATTI, Segretario, legge:

«Il Governo emanerà le norme per l’attuazione di questa legge».

PRESIDENTE. L’onorevole Colitto aveva presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Il Governo è autorizzato ad emanare le norme per l’esecuzione della presente legge».

Ha facoltà di svolgerlo.

COLITTO. Ritiro il mio emendamento e mi rimetto la formulazione della Commissione.

PRESIDENTE. Chiedo l’opinione del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Mi rimetto anch’io alla formulazione della Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 34 testé letto.

(È approvato).

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Prima del coordinamento, devo fare una comunicazione all’Assemblea. Mi è pervenuta una lettera firmata da un cittadino italiano profugo di Pola e residente a Firenze. Essa dice: «Il sottoscritto, Ferrari Vittorio, cittadino italiano profugo di Pola e residente in Firenze, Via Palazzuolo, intende valersi della norma dell’articolo 50 della Costituzione, proponendo la seguente disposizione transitoria per la legge sulla stampa di imminente pubblicazione…». Io non credo che l’articolo 50 della Costituzione permetta ad ogni cittadino di proporre alla Camera degli emendamenti a un progetto legge. Il diritto, che la Costituzione consente ai cittadini con l’articolo 50, è un altro. Ma, ad ogni modo, ho creduto di dover far presente l’istanza, e, se l’Assemblea crede, potrò dire che cosa questo cittadino chiede. (Approvazioni).

La proposta è in questi termini: «Tutti coloro che sono soggetti a procedimenti di avocazione dei profitti di regime: a) non potranno essere direttamente o indirettamente direttori di giornali e pubblicazioni periodiche di qualsiasi genere, finché non siano definiti gli accertamenti e le procedure in corso, non sarà pagato quanto eventualmente dovuto; b) per un periodo di anni 5, analogamente a quanto è disposto per l’eleggibilità alle cariche politiche dalla nuova Costituzione, a datare dal predetto accertamento».

Questa è la proposta, che naturalmente non posso far mia, perché non ho sentito la Commissione.

PRESIDENTE. Chiedo se qualche membro dell’Assemblea fa sua la proposta.

GIANNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNINI. Si potrebbe fare qualche considerazione su questa, come su altre proposte di articoli a questa disgraziata legge sulla stampa, anche stralciata. Questa proposta fa parte di un corpus, che si potrebbe intitolare: «l’arte di darla a bere». Ma che significa che non possa essere proprietario di un giornale chi è sottoposto ad un processo di avocazione? Si prende il portiere di colui che è sottoposto al processo di avocazione, e lo si fa proprietario del giornale. È come la pubblicità sulle fonti di finanziamento. È una cosa che fa ridere. Tutta la legge fa ridere. Quindi, io non vedo perché non si potrebbe accogliere anche la proposta del cittadino che si è rivolto all’onorevole Cevolotto. Non farebbe che aumentare il contenuto di sana comicità che ha tutto il provvedimento in materia di stampa, il quale non è che un affastellamento di ironie, di luoghi comuni e di mezzi per evadere sia la legge che la consuetudine; perché tutti sanno che questa legge non si può applicare. Essa non può essere che evasa; e non sarà che fonte di seccature e di noie, senza dare né libertà di stampa, né di stampare, né – tanto meno – il diritto di sapere al popolo italiano.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Poiché la lettera è stata letta all’Assemblea, proporrei che l’onorevole Cevolotto convocasse la Commissione e ci facesse conoscere il pensiero di essa su questa proposta.

PRESIDENTE. Onorevole Scoccimarro, ho fatto presente che la Commissione non può esaminare una proposta, della quale non sia entrata in possesso attraverso le forme, che sono proprie della nostra Assemblea e di qualunque Assemblea legislativa.

Anche nel prossimo Parlamento l’iniziativa legislativa popolare dovrà assumere determinate forme.

Non è sufficiente che una lettera giunga ad un singolo deputato, perché diventi materia di elaborazione parlamentare. Occorrerebbe, come ho detto poco fa, che qualche deputato assumesse in nome proprio la proposta; allora, naturalmente, la Commissione potrebbe esaminarla.

SCOCCIMARRO. La Commissione può esaminarla come proposta sorta nel seno della Commissione stessa.

PRESIDENTE. Nessuno l’ha fatta sorgere.

SCOCCIMARRO. Allora, io faccio mia quella proposta, e prego la Commissione di esprimere il suo parere.

COLITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COLITTO. Mi permetto far rilevare che l’Assemblea procedette nei giorni scorsi allo stralcio di determinati articoli, per esaminarli; e si rimase d’accordo che soltanto quelli avrebbero potuto essere esaminati e non altri. Quindi, anche se questa proposta venisse fatta propria da un collega, io credo che l’esame relativo sarebbe precluso all’Assemblea.

RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUZZO PEREZ. A quanto ha detto l’onorevole Colitto aggiungo che, dopo che si è saputo che questo Oronzo Marginati si è indirizzato all’onorevole Cevolotto, il quale ha creduto di farci conoscere la proposta, la questione è pregiudicata. Se uno di noi facesse propria quella proposta, qualsiasi cittadino presenterebbe proposte del genere, nella speranza che l’Assemblea se ne occupasse.

PRESIDENTE. C’è sempre un vaglio pregiudiziale, che è costituito dall’accettazione o meno in proprio da parte di uno dei deputati. Escludo che qualsiasi proposta, proveniente dall’esterno dell’Assemblea, trovi sempre un deputato disposto ad apporvi la propria firma ed a farla propria. Ma proposte di questo genere, che vengono rese note e trovano una paternità di questa fatta, cambiano natura e possono essere prese in considerazione.

Lei sa, onorevole Russo Perez, quante volte ciascuno di noi ha ritenuto di dover presentare all’Assemblea o in seno alle Commissioni suggerimenti pervenuti da elementi estranei all’Assemblea, ma non estranei rispetto alle esigenze del popolo italiano.

Quanto alla osservazione fatta dall’onorevole Colitto, io mi richiamo a ciò che ha detto l’onorevole Cevolotto, prima di leggere la sua lettera: che, cioè, eventualmente, ove qualche deputato assumesse la paternità di questa proposta (abbiamo trovato adesso l’onorevole Scoccimarro), essa non apparirebbe come articolo nuovo, ma come emendamento aggiuntivo ad un articolo approvato, e precisamente a quell’articolo, nel quale vengono indicate le condizioni per poter essere proprietario, o direttore di un periodico o di un giornale.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Io potrei stendere subito un emendamento, da sottoporre al giudizio della Commissione.

Desidero chiedere alla Commissione che, discutendo questa proposta, mi voglia invitare alla riunione, perché avrei particolari informazioni da dare.

PRESIDENTE. Sta bene. Faccio presente, come ultima necessità, che questo esame da parte della Commissione dovrebbe avvenire rapidamente, perché dobbiamo procedere al più presto alla votazione a scrutinio segreto dell’intero disegno di legge.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Come semplice comunicazione di un dato di fatto alla Assemblea credo che qualcuno di noi sappia che c’è in pendenza, presso il Consiglio di Stato, un ricorso che verte esattamente su questo punto. Ora, questo cittadino che si è valso del diritto di petizione in questa forma particolare, può darsi che non sia del tutto estraneo a questa controversia, la quale è ormai in fase avanzata dinanzi al Consiglio di Stato; potrebbe anche darsi che fosse una maniera per intervenire in un procedimento, il quale, per una combinazione non molto strana, riguarda proprio la stessa città dalla quale è partita questa lettera diretta al collega Cevolotto. (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, penso che la cosa più opportuna da fare sia questa: poiché della questione si è parlato, la Commissione la esamini, e veda se anche da un punto di vista di principio, possa essere presa in considerazione in questa sede.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Signor Presidente, dal momento che la proposta ci è stata comunicata, in una forma, dirò così, inconsueta (perché poteva essere trasmessa alla Presidenza da parte della Commissione, affinché la Presidenza decidesse il modo di sottoporla all’Assemblea) e considerato che un collega ha fatto propria questa proposta, è naturale che essa sia sottoposta all’esame della Commissione. Mi pare che si potrebbe concludere in questi termini: consentire un’ora di sospensione della seduta per dar modo alla Commissione di riunirsi e di esaminare la proposta, riferendo in questa stessa seduta, fra un’ora.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. Propongo che, ove si adotti quanto è stato proposto dal collega Fuschini, si proceda prima all’esame delle due o tre questioni di coordinamento che dobbiamo ancora prendere in considerazione.

PRESIDENTE. L’onorevole Perassi mi ha fatto pervenire la seguente proposta di articolo aggiuntivo:

«La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

Prego la Commissione e il Governo di esprimere il loro parere.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione è d’accordo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Anche il Governo.

PRESIDENTE. Metto in votazione l’articolo aggiuntivo, testé letto, proposto dall’onorevole Perassi.

(È approvato).

A proposito di questi coordinamenti ne segnalo uno agli onorevoli colleghi.

Vi è, fra l’articolo 5 e l’articolo 6 del testo votato, una diversità che, quanto meno, esige una interpretazione autentica. Nell’articolo 5 è escluso che possa essere direttore responsabile di un giornale lo straniero, anche residente in Italia. Nell’articolo 6 è detto invece, parlando della proprietà: «Se il proprietario è cittadino italiano residente all’estero o cittadino straniero, deve possedere gli altri requisiti ecc.». Ora, si potrebbe interpretare la dizione «o cittadino straniero» nel senso che esso comprenda esclusivamente l’ipotesi dell’italiano che sia cittadino straniero, cioè italiano di nazionalità, ma straniero in quanto a cittadinanza. È evidente che occorre chiarire il senso di questo articolo. Chiedo alla Commissione di formulare una proposta in merito.

CEVOLOTTO, Relatore. L’opinione della Commissione è di coordinare i due articoli in modo da permettere anche allo straniero di essere direttore di un giornale in Italia, come era proposto nel testo della Commissione.

PRESIDENTE. Noi abbiamo votato questo testo dell’articolo 5.

«Può essere direttore responsabile anche l’italiano non appartenente alla Repubblica», e si era soppressa la dizione: «o lo straniero residente in Italia».

La Commissione è d’avviso di annullare la soppressione e di ammettere che possa essere direttore responsabile anche lo straniero residente in Italia, quando naturalmente abbia i requisiti richiesti.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Sopra questo problema si è votato molto precisamente a favore dell’esclusione, e non vedo come in sede di coordinamento si possa risollevare un problema che è stato risoluto in modo preciso dall’Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, faccia tuttavia qualche proposta.

UBERTI. Faccio la proposta di mantenere, per quello che riguarda i requisiti dei direttori dei giornali, il testo che è stato votato dall’Assemblea, senza ristabilire la frase «e lo straniero residente in Italia», che è stata soppressa.

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, i due articoli sono in contrasto. Se lei propone di conservare il testo dell’articolo 5, proponga di modificare quello dell’articolo 6, il quale tuttavia è stato anch’esso votato dall’Assemblea.

UBERTI. Non trovo questo contrasto che rileva il Presidente, perché una situazione è quella di direttore di giornale, che ha possibilità di intervenire nella politica interna del Paese, ed un’altra è quella di proprietario di un giornale. Queste situazioni sono profondamente diverse. Ha un senso molto maggiore di responsabilità politica il primo. Si è votato nel senso che si è voluto escludere dalla direzione del giornale un cittadino straniero, e non introdurre simile esclusione per quello che riguarda la proprietà del giornale. Se ci sono di quelli che vogliono escludere il cittadino straniero anche dalla proprietà del giornale, lo possono proporre, ma noi non vediamo nessuna incongruenza in questi due articoli.

PRESIDENTE. L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere l’avviso della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione insiste nella sua osservazione. Non mi persuade, me lo permetta, ciò che ha detto l’onorevole Uberti. Se alcuno è proprietario di un giornale, interviene nella politica del Paese forse più che se ne è semplicemente il direttore, perché il direttore, scelto opportunamente, balla secondo la musica che gli suona il proprietario.

Ritengo, quindi, che una contraddizione sostanziale ci sia, e a proporre di eliminarla sono indotto dalle considerazioni che ho fatto altre volte. Vi sono all’estero dei giornali italiani diretti da italiani: ve ne sono a Buenos Aires, a New York ed in altri paesi. Potrebbe darsi che, per reciprocità, il permesso di dirigere questi giornali italiani ad italiani all’estero fosse tolto, per il fatto che noi non consentiamo agli stranieri residenti in Italia di dirigere giornali in Italia. D’altra parte, vi è la questione delle riviste scientifiche. Vi sono stranieri che, per un concetto di larga ospitalità, che è tradizionale nelle nostre Università, e che è bellissimo, possono insegnare come professori ordinari nei nostri massimi istituti di cultura. Fra questi stranieri ve ne sono che hanno onorato la nostra scienza. Ricordo qui a Roma, per la storia romana, il Beloc. Noi impediremmo a questi scienziati stranieri che lavorano in Italia, di dirigere riviste di carattere scientifico.

Mi pare che questo sia un errore. E, perciò, la Commissione insiste nel denunciare una contraddizione che, se non è formale, è certamente sostanziale.

UBERTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. Per quello che riguarda la diversità tra i giornali e le riviste, siamo d’accordo che debba poter essere direttore di una rivista scientifica anche uno straniero; non c’è nessuna difficoltà, ma qui si parla di quotidiani. Per quanto riguarda la questione di reciprocità rilevata, la situazione degli italiani residenti in altri paesi non dà preoccupazioni; comunque, le ragioni esposte dall’onorevole Relatore sono state già considerate dall’Assemblea e, siccome al primo punto è stata manifestazione esplicita della Assemblea di togliere che la direzione di un giornale politico quotidiano sia nelle mani di un cittadino straniero, l’unica possibilità che rimane alla Commissione è quella di proporre che anche i proprietari di giornali non possano essere stranieri; cioè bisogna coordinare la norma non modificata con quella modificata.

PRESIDENTE. L’onorevole Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consigliò ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Effettivamente altra cosa è essere proprietario ed altra cosa essere direttore di un giornale. Mentre potrebbe sembrare difficile perseguire uno straniero, se fosse egli direttore, non si vede perché sia accettato il principio di impedire al New York Times, alla Pravda ecc. di farsi anche delle edizioni italiane e ad una grossa azienda editoriale straniera di avere una rivista propria in Italia. Poiché dalle discussioni, peraltro, è emerso che non vi sarebbero difficoltà ad accettare la possibilità di un direttore responsabile, anche straniero, per la stampa scientifica, o anche, secondo quello che ha detto l’onorevole Uberti, per la stampa non quotidiana, forse potrebbe essere formulato in termini di legge questo concetto e forse ci si potrebbe trovare d’accordo nel votarlo. In altri termini può darsi che sia questione di formulazione.

PRESIDENTE. L’onorevole Cevolotto ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione conserva la proposta. Se prevalesse la proposta dell’onorevole Andreotti, di ammettere che il direttore responsabile possa essere anche straniero, se si tratta di pubblicazioni scientifiche ecc., bisognerebbe concretarla in un emendamento, che mi pare non sia ancora maturo, e che veramente non saprei come inserire nel testo dell’articolo 5 così come è formulato.

PRESIDENTE. La Commissione, in base all’articolo 96 del Regolamento, propone di includere nel testo approvato dell’articolo 5, dopo le parole: «non appartenente alla Repubblica» le altre: «e lo straniero residente in Italia».

UBERTI. Non si può modificare una votazione fatta in modo esplicito.

PRESIDENTE. A sentire le sue argomentazioni, onorevole Uberti, si direbbe che l’Assemblea abbia votato soltanto l’articolo 6, e non anche l’articolo 5, mentre ha votato l’uno e l’altro.

L’articolo 96 del Regolamento dice che, quando alcune disposizioni votate «sembrino inconciliabili con lo scopo della legge o con alcune delle sue disposizioni», la Commissione o un ministro «potrà richiamare l’attenzione della Camera e proporre le mutazioni che gli paiano opportune».

UBERTI. Allora, si ponga ai voti il quesito se le due formule sono o meno conciliabili.

PRESIDENTE. Onorevole Uberti, mi permetta, la procedura non si improvvisa di volta in volta. In questo caso non si può che seguire l’articolo 96 del Regolamento che ho già citato e che, inoltre, specifica che «la Camera, sentito l’autore dell’emendamento o un altro in sua vece, un membro della Commissione e il ministro, delibera».

Non rimane, quindi, che passare alla votazione della proposta della Commissione.

UBERTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UBERTI. A nome del mio Gruppo, dichiaro che noi rinnoveremo il voto dato l’altra volta.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Io dichiaro, sinceramente, che non riesco a comprendere come abbia potuto sollevarsi una simile questione. Sarà evidentemente debolezza mia nell’intendere i concetti.

L’articolo 5 riguarda i direttori dei giornali, mentre l’articolo 6 riguarda i proprietari. Nell’articolo 5 l’Assemblea ha deliberato che il direttore debba essere italiano: e questa mi pare cosa di evidenza intuitiva. Un direttore straniero sarebbe inconcepibile. Diversa è la posizione del proprietario del giornale, per cui fu ammesso all’articolo 6 che possa anche essere straniero. Ma, in questo momento, ritornare indietro sulla posizione del direttore non mi pare possibile.

SCHIAVETTI. È più delicata la proprietà che la direzione… (Commenti).

BERTONE. Intendiamoci bene: non ho nessuna difficoltà, personalmente, se si vuole modificare l’articolo 6 nel senso che il proprietario del giornale debba essere anch’esso italiano. Quello che mi importa è che gli organi responsabili di un giornale che si pubblica in Italia siano italiani.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Credo che questo problema abbia particolare importanza per le condizioni in cui si trova oggi il nostro Paese. È un problema che, una volta sollevato, non può essere lasciato passare senza risolverlo.

Sono d’accordo con l’onorevole Uberti che i direttori di giornali siano cittadini italiani. E sono anche d’accordo con l’onorevole Bertone, che sia cittadino italiano il proprietario di un giornale.

Perciò sarei favorevole che il coordinamento si facesse nel senso di vietare ai cittadini stranieri di essere proprietari o direttori di giornali quotidiani.

PRESIDENTE. Il Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione su questa nuova proposta.

CEVOLOTTO, Relatore. La dichiarazione dell’onorevole Scoccimarro porta a questo: che egli riconosce in realtà la necessità di un coordinamento, ma lo propone nel senso di togliere la facoltà allo straniero di essere anche proprietario di un giornale.

Io non ho, naturalmente, nessuna facoltà di proporre al Presidente quello che egli deve fare; vorrei tuttavia che, nel caso in cui la nuova votazione sull’articolo 5 portasse al mantenimento dell’esclusione dello straniero dal diritto di essere proprietario di un giornale, si procedesse lo stesso al coordinamento, per togliere la contraddizione, mettendo in votazione l’esclusione, per lo straniero, anche dal diritto di essere proprietario di un giornale. Che mi pare veramente eccessivo e in contrasto con l’indirizzo della nostra legislazione e forse della stessa Costituzione.

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Ho già accennato l’altra volta alle ragioni per le quali, in sede di Commissione, abbiamo sostenuto la tesi che convenisse, per molte ragioni, anche di politica internazionale, sancire che lo straniero possa dirigere giornali in Italia. Ma poi v’è stato quel voto e successivamente, essendosi rilevata questa incongruenza fra i due articoli, la questione è stata risollevata e si rimase nell’intesa che ne avremmo riparlato alla fine.

Ritorno, pertanto, su una mia proposta che costituiva una formula intermedia; essa era basata sulla considerazione che già, in molti campi, si fa una distinzione fra cittadino straniero in genere e cittadino straniero residente da un certo tempo in Italia. Per trovare allora una soluzione conciliativa, io avevo proposto e tutt’ora propongo la seguente formula:

«e, sotto condizione di reciprocità, lo straniero residente in Italia da almeno cinque anni».

PRESIDENTE. Invito il Relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione ritiene di potere accettare la formula transattiva proposta dall’onorevole Perassi.

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole Uberti se accetta la proposta dell’onorevole Perassi.

UBERTI. Onorevole Presidente, intanto io ritengo, da un punto di vista formale, che la votazione già fatta sia assolutamente preclusiva. Circa poi la sostanza della questione, ritengo che la materia sia talmente delicata che un cittadino straniero, quand’anche sia residente da cinque o più anni in Italia, non dia sufficienti garanzie.

Quello che invece, secondo me, si potrebbe fare sarebbe di sopprimere, nell’articolo 6, il diritto dello straniero di essere proprietario di un giornale. Sarebbe in tal modo realizzata quella concordanza di cui dalle diverse parti si è sentita l’esigenza e ne faccio pertanto proposta formale.

PRESIDENTE. Sta bene. Pertanto la proposta dell’onorevole Uberti consiste nel sopprimere dall’articolo 6 le parole «o cittadino straniero».

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Vorrei permettermi di far presente all’Assemblea che sarebbe opportuno riflettere sulla circostanza che noi, durante il corso della discussione intorno a questa legge, abbiamo sempre assimilato ai giornali le agenzie giornalistiche. Non vorrei quindi che si giungesse ad una votazione in base alla quale fosse preclusa allo straniero anche la possibilità di essere il proprietario di un’agenzia giornalistica.

PRESIDENTE. Onorevole Andreotti, il suo timore mi sembra infondato, perché l’articolo 6 dice: «Per poter pubblicare un giornale o altro periodico è necessario che il proprietario ecc.».

Non riguarda le agenzie.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. È bene però che la mia precisazione rimanga agli atti.

PRESIDENTE. Sta bene.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Vorrei chiedere alla Commissione quale è lo stato della legislazione comparata in materia. Noi oggi vorremmo precludere agli stranieri di essere proprietari di giornali in Italia; ma all’estero che cosa si fa? Non potrebbe questa disposizione anche danneggiare dei cittadini italiani all’estero?

TREVES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Ho un dubbio che vorrei manifestare all’Assemblea, cioè sulla possibilità che esistano nel nostro Paese dei giornali in lingua straniera, pubblicati e diretti quindi da stranieri. Ora, come vengono disciplinati questi casi, se votiamo questa legge? Attualmente, ve n’è uno qui a Roma, e potrebbero uscirne degli altri. E io non credo che sia un punto che possiamo trascurare, anche perché – come è stato osservato – si potrebbero avere ripercussioni sfavorevoli su giornali italiani pubblicati in paesi stranieri.

Mi sembra che anche questo punto sia da prendere in considerazione.

PRESIDENTE. Onorevole Treves, in fondo è lo stesso problema che ci si era posto in relazione alla direzione dei giornali, ma che tuttavia l’Assemblea ha risolto in maniera tale da dimostrare che questa preoccupazione non è sufficientemente valida per provvedere in conseguenza.

Passiamo ai voti.

Porrò dapprima in votazione la formulazione dell’onorevole Uberti, che può considerarsi come un emendamento alla proposta della Commissione.

TREVES. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TREVES. Dichiaro, a nome del mio Gruppo, che voteremo la formulazione della Commissione.

PRESIDENTE. Sta bene.

Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Uberti di sopprimere al secondo comma dell’articolo 6 l’inciso «o cittadino straniero».

(Dopo prova e controprova, è approvata).

Onorevole Cevolotto, vi sono altre questioni di coordinamento?

CEVOLOTTO, Relatore. Vi è un’altra questione, sulla quale richiamo l’attenzione dell’onorevole Presidente.

Noi abbiamo oggi votato un articolo, il 28, che si riferisce alle disposizioni dell’articolo 14 e degli articoli 15 e 23.

Per l’articolo 15 mi pare che quando l’abbiamo votato abbiamo tenuto conto di un emendamento dell’onorevole Titomanlio, coordinato con altro emendamento dell’onorevole Russo Perez e altri, stabilendo penalità per la mancata pubblicazione delle rettifiche. Così il contenuto dell’articolo 28 diventerebbe superfluo e contradittorio e bisognerebbe stralciarlo. Si tratta insomma di mantenere l’articolo 14 come è stato votato e di togliere il 28.

PRESIDENTE. Onorevole Cevolotto, si provvederà a questo in sede di coordinamento formale, al quale ella stessa dovrà collaborare insieme con l’Ufficio di presidenza.

Comunico che l’onorevole Guerrieri Filippo, unitamente agli onorevoli Uberti, Notarianni, Guerrieri Emanuele e numerosi altri, ha presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente, constatato il continuo crescente divulgarsi della stampa oscena e scandalistica nelle varie sue forme e manifestazioni e il conseguente irreparabile danno alla saldezza morale del Paese e in modo particolare della gioventù, invita il Governo ad una rigorosa applicazione delle norme in merito vigenti».

L’onorevole Guerrieri ha facoltà di svolgerlo.

GUERRIERI FILIPPO. Onorevole signor Presidente, onorevoli colleghi, quello che andrò brevemente illustrando è un modestissimo ordine del giorno che si ricollega a precedenti interrogazioni specifiche presentate in merito sia da me che da altri colleghi dei vari settori. Non ha quest’ordine del giorno nessun carattere politico, aveva bisogno di un po’ di serenità anche nell’Aula e l’ha trovata, quella serenità che consente di dire e comprendere le cose nella loro intima essenza. Nessuna pretesa politica adunque; la politica sta diventando per me ogni giorno una cosa sempre più triste e sempre più amara, ma soltanto idee personali di schietta umanità e soltanto nella mia qualità di cittadino e di padre di famiglia.

È la mia una povera voce che vorrebbe però, partendo dal cuore arrivare al cuore, al cuore di tutti indistintamente, al di sopra e al di fuori di partiti, per il raggiungimento di un superiore fine comune che supera ogni altra diversa e controstante ideologia, cioè restaurare e rafforzare nel nostro Paese la morale pubblica anche per mezzo della stampa, morale oggi così tanto compromessa. E non sarebbe forse male, anzi forse bene, che in simile materia, voci del genere, certo di persone di me più autorevoli, fossero più spesso espresse ed ascoltate anche in questa Assemblea.

È vero che la parola morale ha un significato ampio che investe tutto e tutti interessa ugualmente a prescindere dalle singole qualità personali; ma nella fattispecie trattasi di un settore di essa quasi, direi, riservato all’ambito familiare, dove è e vuol restare viva quella tradizione di onestà e di purezza che gli è sempre stata propria. Io non so e non oso dare consigli, lo dico a me stesso: se nelle commissioni che elaborano questi progetti legislativi fossero incluse rappresentanze di madri e padri di famiglia, e magari ne costituissero la prevalenza, forse molte divergenze potrebbero essere appianate e molti punti di disaccordo ritrovarsi e risolversi in una comune intesa; poiché nessuno può mettere in dubbio che tutti i genitori, con la stessa intensità e lo stesso amore, sono gelosi custodi della sanità spirituale dei loro figli. Lasciatemi credere ed affermare che se anche per questa legge si fosse in tal modo operato, la discussione non sarebbe stata turbata da fantasmi e preoccupazioni politiche; avrebbero prevalso i valori dei sentimenti affettivi e familiari, ed essa sarebbe stata integralmente approvata.

Pur tuttavia, anche in mezzo ai dissensi, è apparsa evidente l’esistenza e la gravità del problema morale cui si riferisce il mio ordine del giorno e che impone di essere affrontato senza indugi di sorta.

La stampa oscena è in Italia in allarmante progressivo sviluppo; se fosse lecito in proposito parlare di fioritura, direi che è in crescente fioritura! Ogni giorno un giornale pornografico di più, ogni giorno una maggior oscenità che viene ostentata in tutte le edicole, in tutte le strade, in tutte le piazze di tutte le città, niente e nessuno rispettando o risparmiando. Siamo giunti a tal punto che non sembra si possa più porvi rimedio. Di qui l’urgenza e l’importanza della legge testé discussa, che doveva avere migliore fortuna e che non ha liberato il mio animo da molta perplessità e da molta inquietudine. Credete invero, onorevoli colleghi, che per salvare una situazione tanto incresciosa, come del resto tante altre analoghe, sia sufficiente formulare delle leggi? Credete che sia proprio questo l’elemento risolutivo ed essenziale del problema di cui trattiamo o non invece l’applicazione concreta e costante delle leggi stesse? Credete che valga il numero? Non pare. In Italia, come in Francia, vi è abbondanza di norme, ma troppo spesso vengono dimenticate, non contrastando così ma aggravando il male chiamate a riparare. Anche per la stampa immorale non è chi non veda che si ripete la stessa cosa. Le leggi si aggiungono alle leggi, ma la loro applicazione è tanto tarda e tanto rara che hanno perduto qualsiasi efficienza; se l’articolo 528 del Codice penale e le altre disposizioni che regolano la medesima materia non fossero restate «lettera morta», non saremmo giunti al punto oggi lamentato.

L’articolo che ho ricordato se è vero che è inserito in un Codice fascista è altrettanto vero però che richiama una saggia norma zanardelliana che prevede e punisce per l’appunto la stampa oscena, ma assai raramente vi si fa appello, anche da chi pure lo dovrebbe per ragioni del suo ufficio, giacché il reato in esso articolo contemplato è d’azione pubblica e non richiede pertanto sollecitazione alcuna. È una indifferenza deplorevole.

Non v’è forse palazzo di questura in Italia, non v’è forse palazzo di giustizia che davanti alla porta o nei pressi non abbia un’edicola con la esposizione ben visibile ed abbondante di giornali osceni e di turpi riviste, ma l’azione, obbligatoriamente repressiva per dovere e per legge, quasi mai giunge e provvede.

Occorrono restrizioni più adatte e severe; questo è pacifico, ma intanto necessita a parer mio il richiamo a quelle esistenti ed imporre il loro rispetto e punire chi le viola – senza riguardo – con sentenze di condanna esemplari. La magistratura è e deve restare indipendente, oggi ancora di più in regime democratico, non cedere né a lusinghe né a minacce, ma non è detto per questo che non possa e non debba aderire alla realtà viva del Paese e, come nel caso in esame, rispondere alle sue imprescindibili esigenze di ordine morale.

Cessino una volta tanto anche le diverse e contrastanti decisioni in materia. La scienza e l’arte non debbono servire di copertura ai trasgressori della legge, né l’una né l’altra possono confondersi con l’oscenità, le differenzia una netta demarcazione che non può sfuggire ad uomini d’intelletto e di sensibilità quali sono i giudici italiani.

Onorevoli colleghi, vi è anche un’altra legge, quella del 31 maggio 1946, ma uguale è la sorte, dimenticanza ed irrisione. Se avessimo al riguardo dati statistici sono sicuro che sarebbero quasi o completamente negativi. Eppure quanta propaganda contro la procreazione si va impunemente facendo! Quante pubblicazioni maliziosamente truccate con pseudo rivestimento scientifico si vanno diffondendo! E quanto grave il danno! Anche sotto questo particolare profilo occorre che la legge alla quale mi riferisco abbia la sua attuazione effettiva. Anche qui nessun preconcetto, nessun timore di nostalgici ritorni fascisti; per noi la procreazione è solo l’obbedienza ad un comandamento umano e divino cui è colpa sottrarsi; noi vogliamo oggi dei figli non per dare loro domani dei moschetti e farne dei soldati di ventura ma per dar loro dei libri sani ed onesti e farne dei buoni cittadini come al tempo del «Cuore» che consentì alla nostra lontana giovinezza di arrivare a Vittorio Veneto, nel cui splendore vivremmo ancora se quel libro si fosse continuato a leggere dalle altre generazioni. Questa è la penosa situazione in rapporto alla stampa oscena e scandalistica in Italia. Onorevole Andreotti, si faccia sì che il Governo tuteli e difenda appieno la libertà della stampa degna di tale nome, ma con altrettanto vigore e rigore reprima quella che tale nome offende e deturpa con la sua immoralità.

Osservate e rammentate. Se un povero uomo costretto dalle sua miseria ruba un pezzo di pane, tutti si levano contro di lui e lo mandano in galera. Contro i sovvertitori dell’ordine morale che bruciano la carne e rubano l’anima dei nostri figlioli nessuno si muove. Siano anch’essi perseguiti e puniti e, se indulgenza vi ha da essere, sia per chi ruba per fame di pane non per gli altri: è un’altra ignobile fame di danaro e di male, e non sono mai sazi. (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Guerrieri, di cui do nuovamente lettura:

«L’Assemblea Costituente, constatato il continuo crescente divulgarsi della stampa oscena e scandalistica nelle varie sue forme e manifestazioni e il conseguente inseparabile danno alla saldezza morale del Paese e in modo particolare della gioventù, invita il Governo ad una rigorosa applicazione delle norme in merito vigenti».

(È approvato).

Invito ora la Commissione a riunirsi e a riferire nel più breve termine sulla proposta pervenuta alla Commissione stessa, che l’onorevole Scoccimarro ha dichiarato di fare sua.

Sull’esame dei progetti per l’emblema della Repubblica.

PRESIDENTE. Frattanto, mentre i nostri colleghi della Commissione assolveranno questo compito, vorrei interrogare brevemente l’Assemblea su un’altra questione che non è all’ordine del giorno, ma su cui dovremo prendere qualche decisione. Si tratta della scelta dell’emblema della Repubblica.

Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 ottobre 1946, in esecuzione del decreto legislativo presidenziale 29 giugno 1946, n. 1, che autorizza la nomina di una Commissione per lo studio dell’emblema della Repubblica, è stata istituita una Commissione incaricata appunto di «studiare l’emblema della Repubblica e di presentare i risultati dell’opera sua alla Presidenza del Consiglio, che li sottoporrà all’Assemblea Costituente».

La Commissione fu insediata, indisse un concorso, ricevette molti disegni e progetti e procedette ad una scelta di quelli più degni di considerazione. Questi disegni si trovano attualmente esposti in una sala nella sede dell’Assemblea. (Commenti prolungati). Mi compiaccio della sensibilità artistica della maggioranza dei membri dell’Assemblea, ma mi permetto concludere questa breve relazione. Dicevo dunque che i disegni sono stati esposti in una sala nella quale ogni collega ha avuto certo occasione di passare molte volte; e molti si saranno chiesta la ragione di quella insolita esposizione. La ragione è appunto quella che l’Assemblea deve esaminare la questione dell’emblema della Repubblica; deve farlo, considerando anche i disegni esposti, che nulla vieta di non accettare in blocco.

Qualunque sia la decisione cui l’Assemblea perverrà, occorre seguire la normale procedura, cominciando col nominare una Commissione che, esaminati la questione e i disegni esposti, sottoponga all’Assemblea proposte concrete.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Il bozzetto premiato dall’apposita Commissione presieduta dall’onorevole Bonomi è stato presentato alla Costituente, ma senza la convinzione da parte del Governo che fosse tale da poter essere poi prescelto come stemma della Repubblica.

Certamente fu il migliore di quelli presentati alla Commissione. Si tratta ora di vedere se questo giudizio relativo può essere preso a base per una scelta. Poiché ad opera degli uffici della Presidenza del Consiglio sono stati fatti eseguire, ma senza la procedura di un concorso, nuovi bozzetti da parte di artisti ed anche da parte di persone molto modeste del Poligrafico dello Stato, tali bozzetti, non privi di valore artistico, potrebbero essere sottoposti alla considerazione dell’Assemblea insieme con quello premiato dalla Commissione. Se l’onorevole Presidente crede, all’in– fuori di qualunque particolare procedura, noi potremmo domani sottoporre all’Assemblea Costituente tutti questi nuovi bozzetti, affinché possa procedersi ad una scelta.

PRESIDENTE. Credo che possiamo senza altro accettare la proposta dell’onorevole Andreotti, e cioè di sottoporre al giudizio della Commissione – che provvederemo subito ad eleggere – anche i bozzetti presentati all’infuori dei termini regolamentari stabiliti nel concorso.

BUBBIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BUBBIO. In materia d’arte sono profano, ma siccome qualche cosa posso anche comprendere, esprimo il mio avviso. Di fronte alla proposta di esaminare altri progetti, una Commissione non può onestamente discutere di concorso e di aggiunta al concorso stesso. È un problema che apparentemente ha poca importanza, ma simbolicamente ne ha molta. Decidere negli ultimi giorni su questo argomento mi pare, non dico eccedere i nostri compiti, ma fare una cosa troppo sollecita e poco seria. Quindi, domando che si rinvii questa materia alle future assemblee legislative. (Commenti).

RUSSO PEREZ. Non potrebbe rimanere la bandiera come era?

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Non parliamo di bandiera: si tratta dello stemma dello Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Bubbio, nessun danno si potrà avere dal fatto della presa di conoscenza o di visione di questi disegni. Resterà sempre aperta la via di declinare il compito della scelta immediata e di invitare il Governo a provvedere altrimenti, con la collaborazione del futuro Parlamento. Vi è ora la questione se la Commissione deve essere eletta dall’Assemblea oppure nominata dalla Presidenza.

Voci. Dalla Presidenza.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, rimane allora inteso che la Presidenza nominerà la Commissione.

(Così rimane stabilito).

Pregherò i colleghi che chiamerò a questo incarico artistico di volervi provvedere con una certa sollecitudine. D’altra parte, poiché i bozzetti residuati del primitivo concorso sono pochissimi e suppongo che i nuovi non siano numerosi, il lavoro della scelta non sarà lungo. Sospendiamo ora la seduta fino alle 18.30, nella speranza che la Commissione, che ha preso in esame l’ultimo emendamento al progetto di legge sulla stampa, ci porti le sue decisioni.

(La seduta, sospesa alle 18.10, è ripresa alle 18.35).

PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea i nomi dei componenti la Commissione incaricata di esaminare i disegni dell’emblema della Repubblica italiana: Maffi, Lussu, Guidi Cingolani Angela, Cevolotto, Giannini, Condorelli, Pieri, Mazzoni, Conti, Candela e Russo Perez.

Si riprende la discussione del disegno di legge:

Disposizioni sulla stampa. (15).

PRESIDENTE. Prego l’onorevole Cevolotto di voler riferire sulle conclusioni della Commissione circa la proposta dell’onorevole Scoccimarro.

CEVOLOTTO, Relatore. La prego di voler dare la facoltà di parlare all’onorevole Scoccimarro, che credo non insista sul suo emendamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Scoccimarro ha facoltà di parlare.

SCOCCIMARRO. In seno alla Commissione l’onorevole Perassi ha sollevato l’obiezione che l’articolo di legge da proporre per sodisfare la richiesta pervenuta alla Commissione sarebbe incostituzionale, perché in contrasto con una norma precisa della Costituzione. Dopo questa constatazione, non potevo fare altro che ritirare la proposta avanzata. La Costituzione esiste e dobbiamo rispettarla.

Tuttavia, io ho esposto alla Commissione le ragioni che mi avevano indotto a fare mia quella proposta, per cui, una volta posta la questione in Assemblea, questa non poteva rifiutare di prenderla in considerazione.

In taluni casi di procedimento per profitti di regime, in relazione a proprietà di giornali, vi sono particolari situazioni sulle quali prego la Commissione di richiamare l’attenzione del Ministro delle finanze, di richiedere tutte le informazioni in merito e di riferire poi all’Assemblea, prima della votazione a scrutinio segreto del disegno di legge.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione assumerà queste informazioni e riferirà all’Assemblea.

COPPI. Come possiamo subordinare la votazione alle informazioni? (Approvazioni al centro).

MATTARELLA. Chiedo di parlare.

RESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTARELLA. L’onorevole Scoccimarro ha accennato a una eccezione di incostituzionalità dell’emendamento che egli aveva proposto, facendo sua la proposta del profugo di Pola. Ora non credo che l’incostituzionalità o meno della norma possa essere influenzata dalla qualunque risposta che può venire dal Ministero delle finanze. O è incostituzionale, o non lo è. E, se siamo d’accordo che costituirebbe una limitazione non ammessa dalla Costituzione, tanto che per l’elettorato passivo ed attivo abbiamo dovuto far ricorso a una disposizione transitoria, credo che potremmo chiudere stasera la discussione sulla legge e procedere, quando sarà opportuno, magari domani, alla sua votazione, senza attendere i risultati della proposta indagine, che non può essere pertinente ai fini della legge.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Ritengo che l’onorevole Scoccimarro possa presentare un’interrogazione con richiesta di risposta scritta al Ministro delle finanze.

CEVOLOTTO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CEVOLOTTO, Relatore. La Commissione è a disposizione dell’Assemblea: quel che l’Assemblea le chiederà di fare essa farà.

PRESIDENTE. Dato che l’onorevole Scoccimarro ha dichiarato di ritirare la proposta formulata come emendamento, le ulteriori questioni sono al di fuori del disegno di legge e delle votazioni relative. Può pertanto considerarsi chiusa la discussione del disegno di legge che reca disposizioni sulla stampa, che sarà votato a scrutinio segreto nel suo complesso all’inizio della seduta pomeridiana di domani.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere le ragioni per cui non si è creduto mettere in atto il progetto già approvato il 18 giugno 1938, in merito alla ricostruzione della scala di accesso alla monumentale Cattedrale di Foggia.

«Se ritiene che il ritorno alla ricostruzione di uno scalone demolito non suoni offesa all’arte, alla conservazione dei nostri monumenti ed al senso artistico di una popolazione, gelosa delle sue tradizioni. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Miccolis».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, circa il motivo, per cui non furono trasmesse, fin dal principio dell’anno scolastico, e non sono state impartite a tutt’oggi ai capi d’Istituto chiare disposizioni intorno ai programmi per gli esami di maturità e d’abilitazione delle sessioni 1947-48, in modo che i candidati conoscano se dovranno essere esaminati nelle materie dell’ultimo anno di studio o anche nelle materie degli anni precedenti o in una parte di esse, e in modo che gli insegnanti possano conformare tempestivamente la loro attività didattica alle disposizioni medesime. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bartalini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, sulle manchevolezze dei programmi per l’insegnamento della storia contemporanea nelle scuole della Repubblica e precisamente sull’urgente opportunità di sostituire, anche per l’anno scolastico in corso, quelli ancora in vigore, impartiti dalla cosiddetta Commissione alleata, nei quali si contengono ridicole disposizioni, come le seguenti, che valgono soltanto a disorientare gli insegnanti più volonterosi: «Ripresa di coscienza generale dei fondamentali problemi umani nel corso della storia e presa di coscienza dei più gravi problemi ancora insoluti e delle nuove aspirazioni di collaborazione sociale e internazionale». (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Bartalini».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per sapere per quali vie intenda riconoscere ai profughi giuliani il diritto di voto nelle località dove risiedono. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Calosso, Vigorelli».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere che cosa intende fare il Governo per assicurare la diffusione degli alberghi per la gioventù, al fine di suscitare il turismo giovanile e scolastico, giacché è palese che il ritardo frapposto al riconoscimento giuridico dell’Associazione italiana alberghi per la gioventù ed al conseguente finanziamento di essa, già ora compromettono l’iniziativa; e quale è il programma governativo per l’idoneo appoggio morale e finanziario presente e futuro di questo organismo, al fine di garantirne la funzionalità al di fuori delle influenze politiche, e per evitare che in questo campo perduri l’assoluta inferiorità dell’Italia nei rapporti di tutte le Nazioni civili.

«L’interrogante chiede inoltre se la Presidenza del Consiglio non ritenga di dover far dar corso a quanto disposto per la trasformazione in alberghi per la gioventù di un certo numero di immobili ex G.I.L. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Calosso».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri di grazia e giustizia e della difesa, per conoscere se non ritengano indispensabile, ai fini di un atto generale di clemenza, che, nell’amnistia per la Costituzione della Repubblica, siano compresi anche i reati militari finora esclusi da amnistia o solo toccati dal condono condizionato e gli altri esclusi da ogni misura di clemenza, come quelli commessi a danno delle forze alleate; reati tutti strettamente derivati dalla situazione politica in cui, a causa del fascismo e della guerra, si è trovato il Paese.

«Per conoscere ancora se non sia obbligatoria l’esclusione, da ogni misura di clemenza, dei reati commessi dai criminali di guerra e dai comandanti in guerra. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Lussu, Pertini. Longo, Nasi, Azzi, Zanardi».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli affari esteri, per sapere se sono stati informati che numerosi lavoratori italiani emigrati in Francia sono stati espulsi, ed altri sono minacciati di espulsione per aver partecipato agli scioperi che hanno avuto luogo recentemente in quel Paese.

«In tal caso, premesso che i lavoratori italiani in Francia hanno diritto alla eguaglianza di trattamento economico e di diritti sociali con i lavoratori francesi – e che pertanto i nostri emigranti hanno il diritto ed il dovere di partecipare agli scioperi decisi dall’organizzazione sindacale francese – gli interroganti chiedono se il Governo italiano è intervenuto presso quello francese per domandare il ritiro delle espulsioni eseguite e la garanzia per i nostri connazionali di non essere sottoposti alla continua minaccia di espulsione. In caso contrario, quali misure intende prendere il Governo per proteggere i lavoratori italiani in Francia.

«Si prega una chiara risposta, dato che in base ad essa le organizzazioni sindacali qualificate dei lavoratori italiani potrebbero essere indotte a rivedere la loro posizione sulla emigrazione italiana in Francia. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Di Vittorio, Ravagnan, Fiore».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per sapere quali provvedimenti intenda prendere onde aumentare l’efficienza e accelerare il lavoro della Commissione medica di Udine per le pensioni di guerra; risultando da autorevoli informazioni che – contrariamente alle informazioni pervenute al Ministero, e comunicate nella risposta del Sottosegretario di Stato in data 19 dicembre 1947 a precedente interrogazione – sarebbero oltre 4000 le pratiche in corso presso la detta Commissione. (L’interrogante chiede la risposta, scritta).

«Gortani».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se, in relazione agli accordi con l’organizzazione sindacale nazionale dei lavoratori della terra, abbia disposto le opportune aggiunte all’articolo 4 del decreto legislativo 12 agosto 1947, n. 975, relativo al decreto legislativo 1° aprile 1947, n. 273, inerenti la proroga dei contratti agrari di mezzadria e di affitto, nel senso di considerare annata agraria anche quella che abbia inizio fra il 1° gennaio ed il 1° marzo, e che la proroga sia estensibile anche ai contratti di mezzadria, conformemente all’articolo 1 della legge 1° aprile 1947, n. 273.

«Per sapere inoltre in quale considerazione il Ministro abbia tenuto la lettera del prefetto di Pistoia, in data 7 novembre 1947, n. 951, nella quale era fedelmente riprodotta la situazione che si era venuta a creare nella provincia di Pistoia, in seguito alle disdette ed all’atteggiamento della magistratura locale. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Maltagliati, Bardini».

«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri del lavoro, dell’interno, delle finanze e del tesoro, per conoscere come intendono tutelare gli interessi delle categorie dei professionisti e artisti.

«Al riguardo gli interroganti fanno presente che l’Ente che ha la legale rappresentanza e la tutela delle suddette categorie è la Confederazione generale italiana dei liberi professionisti e artisti (C.G.I.L.P.A.), la quale deve perciò essere considerata come l’unico soggetto avente diritto alla successione della disciolta Confederazione fascista professionisti e artisti.

«La situazione impone urgentemente l’intervento del Governo perché siano evitati ulteriori atti, da parte dei Commissari liquidatori, lesivi del patrimonio e degli interessi delle categorie e perché siano adottate le provvidenze necessarie affinché la tutela degli interessi medesimi sia affidata a chi ne ha la legale rappresentanza. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Reale Vito, Bozzi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per sapere – date le precarie condizioni di gran parte delle opere di pittura del nostro patrimonio artistico, e date anche le insistenti voci su gravi danni che sarebbero stati arrecati da restauratori inesperti – se l’Istituto centrale del restauro abbia effettivamente risposto alle precise finalità per le quali fu creato, e cioè, esecuzione e controllo del restauro, studio dei mezzi tecnici per la migliore conservazione delle opere, scuola del restauro.

«Si chiede, inoltre, se il rendimento dell’Istituto giustifica la vasta attrezzatura tecnica e l’onere finanziario che comporta. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Di Fausto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere se intenda o meno disporre inchiesta a carico dell’Amministrazione civica del comune di Ariano Irpino (Avellino), in relazione alla gestione della quale l’interrogante ebbe a presentare formale specifica denunzia nelle mani del Sottosegretario di Stato onorevole Marazza.

«Il bilancio del Comune predetto ha un deficit di 18 milioni e risulta intanto che il sindaco in carica ha fatto passare gran parte delle entrate attraverso l’economato, sottraendole ai controlli di legge, per cui l’economato ha amministrato ed amministra milioni, mentre altre entrate di ingente valore il sindaco stesso ha riscosso direttamente, rendendosi contabile di fatto.

«Risulta, inoltre, che la detta Amministrazione ha erogato milioni in pretesi lavori pubblici comunali senza previe deliberazioni, senza piani tecnici, senza appalti o licitazioni comunque intese, per cui il denaro pubblico è stato sostanzialmente malversato.

«Inoltre l’Amministrazione suddetta ha conceduto per 10 anni gratis ad una ditta di favore l’unico cinema-teatro del comune di Ariano, per effetto di che, mentre privati speculatori hanno intascato ed intascano milioni, il comune di Ariano non riscuote un centesimo.

«L’Amministrazione ha anche tentato delle truffe a danno dello Stato, facendo apparire pretesi danni di guerra ad un campo sportivo per favorire una società privata di sfruttamento del campo stesso, della quale società fa parte l’istesso sindaco avvocato Franza per la interposta persona dei fratelli Francescopaolo e Giovanni.

«Ha assunto personale in estrema esuberanza, creando rami di servizio fittizi, come per la Villa comunale, per la quale, pur costituita da appena pochi metri quadrati di terreno, il Comune spende un milione all’anno per personale.

«Altri elementi gravissimi di malversazione, di interessi privati in atti di ufficio, sono stati elencati negli esposti relativi.

«Si è chiesto pure – e si insiste – perché l’inchiesta sia eseguita a mezzo di funzionario del Ministero e non dalla Prefettura di Avellino, per essersi questa addimostrata compiacente verso l’Amministrazione del comune di Ariano, diventando corresponsabile delle sue malefatte. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Vinciguerra».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere:

1°) se gli consti che quei pochi ufficiali e sottufficiali di complemento, che dopo 1’8 settembre, dagli aeroporti del Nord si trasferirono in volo nel Sud con i loro apparecchi, ricostituendo l’Aeronautica italiana e partecipando eroicamente, con quei velivoli e con altri forniti dagli alleati, alla guerra di liberazione, sono stati da vari mesi congedati e vivono oggi, disoccupati, una vita di stenti, di umiliazioni e di inaudita miseria, mentre, nella stessa Aeronautica:

  1. a) sono stati riammessi, solo perché in servizio permanente effettivo, tutti quegli ufficiali, anche di grado superiore, che dopo quella data si nascosero nei conventi o divennero repubblichini;
  2. b) sono stati promossi, dal 1° ottobre 1945 al 15 aprile 1947, numero 41 colonnelli al grado di generale;
  3. c) sono attualmente in servizio – nonostante che il Trattato di pace abbia limitato l’efficienza della nostra Aviazione a soli 350 apparecchi – ben 34 generali (vedi Annuario del luglio 1947) tra i quali si trovano, nei più alti posti di comando e di responsabilità, tre che furono squadristi ed altri che guidarono l’aviazione italiana nella guerra di Spagna o che furono capi dell’Aeronautica repubblichina;
  4. d) che molti ufficiali in servizio permanente effettivo, impiegati nell’Aviazione civile, percepiscono contemporaneamente i loro assegni militari e lo stipendio delle linee aeree civili;

2°) in caso affermativo, se non ritenga giusto oltreché umano, proporre al Consiglio dei Ministri che i predetti ufficiali e sottufficiali di complemento, che meritano la riconoscenza della Patria, ed ai quali esclusivamente si deve la rinascita della nostra Aeronautica, vengano sistemati col passaggio in servizio permanente effettivo per merito di guerra, conservando, come nella marina e nell’esercito, lo stesso grado e la stessa anzianità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Paolucci».

«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri del commercio con l’estero e dell’agricoltura e foreste, per conoscere se sia vero che recentemente sia avvenuta l’importazione dalla Grecia di 12.000 tonnellate di carrube, e nell’affermativa, quali ragioni abbiano indotto ad autorizzarla, malgrado la sovrabbondanza della produzione siciliana.

«Per conoscere altresì se, anche in rapporto alla crisi attuale nel mercato di tale prodotto, che pregiudica notevolmente l’economia agricola siciliana, non si creda necessario di impedire ulteriori importazioni e di favorire invece una più larga esportazione. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Guerrieri Emanuele».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere quando sarà indetto il concorso per cattedre di istituti d’istruzione media a favore delle categorie (da anni in attesa di sistemazione e finora completamente trascurate) previste dall’articolo 17 del decreto legislativo 21 aprile 1947, n. 343, tenuto pure presente che, anche a mezzo della radio, tempo addietro, l’onorevole Ministro della pubblica istruzione ebbe a dichiarare che si sarebbe provveduto per la emissione del bando di tale concorso. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Pera».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere le ragioni per le quali da oltre cinquanta giorni una coppia di littorine si muove inutilmente sul percorso Benevento-Campobasso senza far servizio di viaggiatori, sottraendo così, per carbone, nafta e personale, oltre cinquantamila lire al giorno al bilancio dello Stato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere le ragioni, per le quali non ancora è stata concessa agli agenti di custodia l’indennità di alloggio, che è, invece, concessa agli agenti di pubblica sicurezza ed ai carabinieri. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere se, giusta le promesse già fatte, per evitare lunghe ed inutili soste ai viaggiatori, non sia ancora possibile far coincidere a Falconara i treni rapidi Roma-Ancona con treni diretti verso l’Alta Italia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Filippini».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere le ragioni per le quali ancora non è stato ripristinato il servizio cumulativo nel trasporto merci da e per la Sardegna.

«Tale mancato ripristino è causa di gravi danni al commercio, sia per i ritardi che derivano nelle spedizioni, sia per la maggior spesa cui vanno incontro gli speditori con ripercussioni sul costo delle merci alla produzione e al consumo, sia per la mancata garanzia dei rischi derivanti da furti, divenuti in tal modo più frequenti, e sia per il mancato coordinamento tra il servizio ferroviario e quello marittimo, che molto spessa agisce con eccessiva autonomia e con scarsa cura degli interessi dei privati, specie nelle operazioni di carico e scarico. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mannironi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere la ragione per cui, contrariamente ai pareri delle autorità prefettizie, sono state nuovamente sospese le elezioni amministrative nel comune di Civita d’Antino (Aquila), a cui viene sistematicamente preclusa la possibilità di darsi una amministrazione democratica.

«Questa quarta (!) sospensione delle elezioni, comunicata negli ultimi giorni di una campagna elettorale, che ha inevitabilmente esaltato gli animi e acuito i contrasti, pregiudica gravemente il prestigio e la serietà del Governo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Fabriani».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno trasmesse ai Ministri competenti, per la risposta scritta.

La seduta termina alle 18.40.

Ordine del giorno per la seduta di domani.

Alle ore 10:

Discussione del disegno di legge:

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica.

Alle ore 16:

  1. Votazione a scrutinio segreto del disegno di legge:

Disposizioni sulla stampa.

  1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Norme per l’elezione del Senato della Repubblica.