Come nasce la Costituzione

POMERIDIANA DI LUNEDÌ 24 NOVEMBRE 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CCCIII.

SEDUTA POMERIDIANA DI LUNEDÌ 24 NOVEMBRE 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Progetto di Costituzione della Repubblica italiana (Seguito della discussione):

Presidente

Targetti

Moro

Perassi

Gullo Fausto

Persico

Togliatti

Abozzi

Della Seta

Crispo

Bulloni

Grassi

Coccia

La Pira

Coppi

Leone Giovanni

Balduzzi

Di Fausto

Rescigno

Rubilli

Mastino Pietro

Fabbri

Badini Confalonieri

Laconi

Mazza

Costantini

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione

Mannironi

Romano

Votazione nominale:

Presidente

Risultato della votazione nominale:

Presidente

Votazione segreta:

Presidente

Risultato della votazione segreta:

Presidente

Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):

Presidente

Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio

Interrogazioni e interpellanza (Annunzio):

Presidente

La seduta comincia alle 16.

MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta pomeridiana.

(È approvato).

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Ricordo che dobbiamo procedere alla votazione per appello nominale, richiesta nella seduta antimeridiana dagli onorevoli Perrone Capano, Leone Giovanni e altri, sull’emendamento Coppi, del seguente tenore:

«La legge, fissandone i limiti e le forme, può stabilire la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia nei processi di Corte di assise».

TARGETTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TARGETTI. Onorevoli colleghi, devo dichiarare a nome del mio Gruppo che noi voteremo contro l’emendamento dell’onorevole Coppi. Abbiamo modificato stamane il nostro emendamento sostituendo alla formula «il popolo partecipa» la formula «il popolo può partecipare». Abbiamo fatto questa modificazione, perché alla fine della seduta di sabato sera, alcuni egregi colleghi della Democrazia cristiana ci avevano fatto intendere (non voglio dire che ci avevano dichiarato perché non sarebbe esatto) che questa formula avrebbe raccolto anche i consensi di gran parte di loro.

Fedeli al principio che abbiamo più volte espresso – e crediamo che sia nell’interesse generale del Paese – di cercare, in tema di Costituzione, di dirimere tutte le ragioni di contrasto e di fare degli sforzi per trovare accordi, in modo che norme di notevole importanza non debbano essere approvate per una differenza di pochi voti, differenza che non aumenta certo il prestigio della norma che si approva, avevamo stamattina modificato il nostro emendamento in quel senso, senza, con questo, modificare il nostro modo di vedere, di pensare intorno all’argomento.

Noi siamo stati sempre e siamo ancora convinti che nella Costituzione dovrebbe essere inserita una norma che stabilisca senz’altro il diritto del popolo di intervenire direttamente nell’amministrazione della giustizia. Non voglio in nessun modo cogliere l’occasione per polemizzare con il nostro egregio collega, onorevole Ruini, al quale tutti, al di sopra di qualsiasi dissenso sull’apprezzamento di alcune sue idee – dissenso che è naturale che esista – dobbiamo riconoscere oltre la competenza il grande zelo, la grande diligenza, che ha impiegato ed il vero sacrificio (Applausi) che ha compiuto nell’accudire a questa lunga e grave fatica, che forse, chi non l’ha seguita attentamente, e tanto meno coloro che non hanno vissuto la vita della nostra Assemblea, non arrivano a comprendere. Mi limito ad osservare che l’affermazione che il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia nei limiti e modi stabiliti dalla legge, non era una superflua ripetizione del concetto che la giustizia si amministra in nome del popolo, ma serviva a coordinare con questo concetto, un concetto diverso quale era quello di una partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia. Partecipazione diretta, questa volta.

In quanto all’emendamento Coppi, non possiamo approvarne né la forma né la sostanza, perché stabilisce la possibilità che la legislazione futura faccia partecipare il popolo direttamente all’amministrazione della giustizia, ma non lo prescrive. Infine per un’altra considerazione noi siamo recisamente contrari a questa formula: quando si dice «la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia nei processi di Corte di assise», io non voglio dire che si adopra una formula che serva ad eludere tale partecipazione, proprio nei casi nei quali la vorremmo assicurata, ma è certo che il giorno in cui il legislatore non istituisse l’organo giudiziario che si chiama Corte di assise, ma una magistratura di nome diverso, allora questa facoltà sarebbe veramente elusa. Qui non si dice in senso generico che il popolo parteciperà direttamente all’amministrazione della giustizia; si fa una indicazione specifica, quella dei processi di Corte di assise. Ma a parte ciò, una volta che è mancato l’accordo sulla nostra formula, nonostante la modificazione che, per raggiungerlo, ci si era adattati ad accettare, non abbiamo più ragioni di fare concessioni e ritorniamo ad affermare, nella sua interezza, il nostro principio della obbligatorietà di una diretta partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia.

Per queste ragioni siamo decisamente contrari all’emendamento presentato dall’onorevoli Coppi.

MORO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO. Il nostro Gruppo voterà in favore dell’emendamento presentato dall’onorevole Coppi, e ciò ha deliberato per un complesso di considerazioni non soltanto teoriche e tecniche, ma di opportunità politica, pur essendo giunto a questa decisione da posizioni diverse da quelle rappresentate dai nostri colleghi. Voteremo a favore dell’emendamento Coppi, in quanto ci sembra che esso permetta di ovviare agli inconvenienti, che invece si riscontrano nelle altre formulazioni che sono state proposte.

Innanzi tutto, l’emendamento Coppi, affermando in linea di massima la possibilità della partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia, rinvia alla legge per una concreta determinazione del principio e perché sia stabilito, se e come esso debba ricevere applicazione. Così, a nostro avviso, si conferma l’eccezione contenuta in uno degli articoli precedentemente votati e nel quale si parla di sezioni specializzate con la partecipazione di cittadini idonei. Noi riteniamo che questa norma, la quale ha già il suffragio dell’Assemblea, offra piena possibilità per l’istituzione di magistrature con la diretta partecipazione del popolo. Comunque, poiché è stato posto in dubbio ciò che io ho affermato in questo momento, per mostrare la nostra perfetta buonafede nell’offrire alla legge la possibilità di istituire magistrature con partecipazione popolare, noi non abbiamo alcuna difficoltà a dichiarare esplicitamente questa possibilità, così come si fa nell’emendamento Coppi. D’altra parte, l’intervento della legge, il richiamo a limiti, a modalità, a forme, è cosa, a nostro parere, indispensabile, per sottrarre l’istituto della partecipazione popolare all’amministrazione della giustizia agli schemi tradizionali.

Vi sono, infatti, onorevoli colleghi, degli inconvenienti di carattere tecnico che hanno un riflesso politico ed umano molto vivo, e sono quegli inconvenienti i quali, io credo, hanno sollecitato tanta parte dei nostri colleghi nell’assumere, come hanno assunto, in sede di discussione generale, una posizione ostile nei confronti dei giudici popolari.

Io mi rifiuto di credere che vi sia stato alcuno fra i nostri colleghi, che, criticando la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia, abbia inteso negare un diritto democratico, uno strumento democratico di giustizia. Sono stati appunto gli inconvenienti tecnici, tante volte giustamente lamentati, a determinare questo atteggiamento, che certamente è condiviso da una parte notevole dei nostri colleghi. Proprio per permettere alla legge, nell’atto che disciplina questo istituto, di sganciarsi dalla tradizione per garantire, mediante i giudici popolari, una giustizia completa e seria al nostro popolo, riteniamo opportuno un rinvio esplicito alla determinazione dei limiti, delle modalità e delle forme della partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia.

Perché mai, voi potete domandare, noi assumiamo questa formula, diciamo così, facoltativa, perché non affermiamo nettamente e definitivamente il principio in sede costituzionale e preferiamo rinviare alla legge perché essa deliberi su questo punto?

Ho sentito dire dall’onorevole Togliatti, il quale riprendeva una posizione sostenuta in seno alla Commissione dei Settantacinque, che si tratta in questo caso di un particolare diritto democratico, che deve essere esplicitamente sancito dalla Costituzione.

Ora, senza volere menomamente negare che la partecipazione popolare all’amministrazione della giustizia sia una espressione democratica, una esperienza democratica, io credo che non tutti potremmo trovarci d’accordo nel ritenere che si tratti proprio di uno di quei fondamentali diritti, di quegli inalienabili e imprescrittibili diritti democratici che noi chiamiamo naturali, ed altri chiamano inviolabili.

Si tratta certamente di una esperienza, di una rilevante esperienza democratica, la quale riceve maggior prestigio dalla continuità della tradizione storica, dall’ampiezza delle applicazioni. Ma si tratta sempre, in sostanza, di uno strumento tecnico di carattere storico, di carattere relativo, che determinati ambienti democratici hanno creduto di stabilire, per servire meglio l’esigenza della giustizia.

Ora, ammesso questo carattere di relatività, io credo non vi sia alcuna diminuzione, se per la concreta attuazione del principio si fa rinvio alla legge, se cioè si permette al legislatore di valutare, secondo opportunità, la contingenza storica, la realtà di ambiente, le reazioni della coscienza sociale per forgiare lo strumento democratico più idoneo all’amministrazione della giustizia.

Ed io credo che una fiducia nella legge si debba avere. Noi, è vero, in altri casi abbiamo chiesto che la Costituzione consacrasse principî e li consacrasse in modo esplicito è definitivo; ma si trattava appunto di fondamentali principî, non di istrumenti tecnici, come è in questo caso, che meglio possono essere disciplinati dalla legge sulla base di questa affermazione generale, che viene fatta dalla Costituzione.

Una sola parola credo si debba aggiungere a proposito del richiamo ai reati politici proposto nell’emendamento dell’onorevole Mastino Pietro, contro il quale noi votiamo.

Anche e soprattutto per questo punto io ritengo che sia indispensabile un rinvio alla legge, perché essa possa vagliare le gravi ragioni di opportunità, che si dovranno prosspettare, prima che si prenda la decisione di rimettere a questa forma di amministrazione della giustizia la cognizione e la decisione dei reati di natura politica, i quali sono proprio quelli nei quali bisogna più frenare le impetuose intuizioni e le passioni del giudice popolare, per dar luogo ad una obiettiva e serena giustizia.

Per queste preoccupazioni, con questo preciso interesse di affermare genericamente il principio, lasciando alla legge un certo ambito discrezionale, noi voteremo contro l’emendamento proposto dall’onorevole Mastino Pietro ed in favore del testo proposto dall’onorevole Coppi. (Applausi al centro).

PERASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERASSI. Mi permetto di rivolgere un suggerimento agli onorevoli Mastino e Togliatti circa il secondo comma del testo da essi proposto, in cui si dice che «la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia è obbligatoria nei processi per reati politici». La formula inizialmente proposta dall’onorevole Togliatti diceva: «nei processi di natura politica». Dietro il suggerimento di qualche oratore, questa formula è stata poi cambiata in quella di: «reati politici».

La formula: «reati politici» mi sembra eccessivamente ed inutilmente larga. Se si dice «reati politici» si comprenderebbero non solo i delitti, ma anche le contravvenzioni. Il carattere politico di un reato – se prendiamo la definizione contenuta nell’articolo 8 del Codice penale – è dato dall’essere determinato da motivi politici. L’articolo 8, infatti, dice: «agli effetti della legge penale è delitto politico ogni delitto che offende l’interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. È altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato in tutto o in parte da motivi politici». Ora, se si estendesse la disposizione proposta a qualsiasi reato, e quindi, anche alle contravvenzioni, mi pare che si andrebbe incontro a conseguenze esorbitanti. (Commenti).

Moltissime contravvenzioni, si possono concepire come determinate da motivi politici. Ve ne leggo una: disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone. «Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazione acustica, ovvero suscitando, o non impedendo strepiti, disturbi il riposo delle persone, è punito, ecc.». È evidente che anche questa contravvenzione può essere determinata da motivi politici. (Commenti). Mi pare che non sia proprio il caso di stabilire che anche le contravvenzioni debbano essere deferite ad un organo giudiziario in cui vi sia una rappresentanza popolare, cioè, in concreto, alla Corte di assise. Perciò pregherei gli onorevoli Mastino e Togliatti, di voler sostituire nel loro emendamento, alla parola: «reati», la parola «delitti».

GULLO FAUSTO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GULLO FAUSTO. Onorevoli colleghi, noi voteremo contro l’emendamento dell’onorevole Coppi. Constatiamo anche noi che con esso si lascia impregiudicata la questione, in modo che il futuro legislatore possa senz’altro ammettere la giuria. Ciò nonostante noi votiamo contro, perché pensiamo che nessuna obiezione di natura tecnica può mettere in seconda linea il perspicuo aspetto politico del problema. Noi pensiamo che l’Assemblea Costituente – ossia la prima Assemblea popolare della nuova Italia sorta dalla tragedia che si è abbattuta sul nostro Paese – debba dire una parola chiara e manifesta sull’istituto della giuria, e poiché, per quante siano state le osservazioni e le obiezioni di ordine tecnico addotte contro questo istituto, nessuno ha potuto contestare questo fatto preciso, cioè che quando è morta la libertà è morta la giuria, quando la libertà è risorta è risorta la giuria, noi facciamo capo a questa prevalente esigenza democratica per sostenere che l’Assemblea Costituente debba oggi affermare il diritto del popolo a partecipare direttamente all’amministrazione della giustizia.

Forse di strano c’è in tutto ciò una cosa sola: che dobbiamo essere proprio noi di questa parte della Camera a rivendicare le conquiste della grande Rivoluzione francese. E non è il primo caso, ed il fatto che non sia il primo caso può spiegare forse, o può concorrere a spiegare forse, tanti avvenimenti di cui siamo stati vittime.

Noi riaffermiamo questa esigenza democratica. Ripeto, non ci sono obiezioni o eccezioni di indole tecnica che possano menomare il significato altamente democratico della questione. Ed io tralascio di considerare se effettivamente queste obiezioni o eccezioni di indole tecnica siano davvero fondate. Dico soltanto che oggi l’Assemblea Costituente non compirebbe il suo dovere se, attraverso una formula equivoca, tentasse, in ogni modo, di eludere il suo compito di procedere alle grandi affermazioni democratiche; e, fra le grandi affermazioni democratiche, vi è appunto questa: l’istituto della giuria nella nuova democrazia italiana deve essere restaurato.

Per queste ragioni noi votiamo contro l’emendamento Coppi e voteremo invece a favole dell’emendamento Mastino. È giusto che sia lasciato al nuovo legislatore il modo di correggere i difetti che nell’istituto possono esserci e che l’esperienza ha potuto dimostrare esistenti, ma ciò non toglie che oggi sia necessario fare questa affermazione chiara, netta, precisa: il popolo deve partecipare all’amministrazione della giustizia. Al nuovo legislatore fissare i casi e le modalità attraverso i quali questo diritto popolare debba essere esercitato. (Vivi applausi).

PERSICO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Onorevoli colleghi, nel mio intervento dell’8 novembre ho parlato molto a lungo del problema della giuria ed ho sostenuto una mia idea, che certamente non è accettabile in questo momento, ma che però ha un valore tendenziale, l’idea cioè che tutti i processi penali, eccetto quelli devoluti alla competenza pretoria, dovessero venire giudicati dal giudice popolare, con due tipi di giuria, piccola, o grande, a seconda dell’importanza del reato. Questo sistema non penso sia attuabile oggi; però ritengo indispensabile che la Costituzione democratica della Repubblica abbia un articolo, nel quale sia affermato il diritto del popolo a giudicare sovranamente di alcuni delitti, soprattutto dei più gravi, soprattutto di quelli di stampa, soprattutto quelli di indole politica. Perciò, avevo visto con soddisfazione come l’articolo 96 del progetto presentato all’Assemblea dai Settantacinque avesse stabilito il principio che il popolo direttamente partecipa all’amministrazione della giustizia, mediante l’istituto della giuria. Ora, si è un po’ sconvolta la situazione, perché da tutte le parti si è sostenuto che è più opportuno che la Costituzione non abbia un’affermazione precisa, in quanto si preferisce demandare al nuovo legislatore la formulazione di un progetto tale che assecondi tutte le tendenze che si sono in questi giorni manifestate. Io penso, invece, alla creazione di una giuria totalmente diversa da quella della legge del 1874, cioè ad una giuria elettiva, e composta di elementi selezionati e capaci.

Ma non vorrei che da questa aspirazione ampia e logica si arrivasse ad un’affermazione così timida, come quella contenuta nell’emendamento dell’onorevole Coppi, cioè che «potrà» il nuovo legislatore esaminare la situazione futura sulla possibilità e sulla opportunità di un ordinamento della giuria. Ecco perché ho aderito all’emendamento dell’onorevole Mastino, il quale afferma che la legge da emanarsi «dovrà» introdurre il giudizio diretto del popolo per taluni reati, demandandone i limiti, le forme e la competenza al futuro legislatore. Ecco perché ripiego sull’emendamento dell’amico Mastino, accettandolo, e, naturalmente, voterò contro l’emendamento dell’onorevole Coppi.

Una sola parola su quanto ha detto testé l’onorevole Perassi: egli ha perfettamente ragione quando dice che il delitto politico è definito nel nostro Codice, cioè è il delitto di cui si dà la definizione nell’articolo 8 del Codice penale, e l’ultimo capoverso di tale articolo stabilisce anche che è altresì considerato delitto politico il delitto comune, determinato in tutto o in parte da moventi politici. I delitti politici sono quelli previsti nel libro II, titolo 1°, del Codice penale, cioè: delitti contro la personalità internazionale dello Stato; delitti contro la personalità interna dello Stato; delitti contro i diritti politici dei cittadini; delitti contro gli Stati esteri, i loro capi o i loro rappresentanti; ci possono essere poi altri delitti politici sanzionati con leggi speciali. L’altro giorno la Costituente ha approvato per l’appunto una legge, che riguarda la difesa della Repubblica e le norme ivi stabilite rientrano nella previsione dell’articolo 8 del Codice penale. Sono tutti delitti questi, non reati, perché con la parola reato si verrebbero a comprendere anche le contravvenzioni, come, per esempio, le contravvenzioni prevedute dalla legge elettorale, che pure hanno un carattere politico. Ora, sarebbe assurdo convocare una Corte d’assise per vedere, per esempio, se le liste elettorali sono state regolarmente formate. Quindi si dovrà dire «delitti politici» e non «reati», e credo che l’onorevole Togliatti non avrà difficoltà ad accettare tale sostituzione di parola. Concludendo, io dichiaro che voterò contro l’emendamento dell’onorevole Coppi ed a favore dell’emendamento dell’onorevole Pietro Mastino.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Non stupiscano i colleghi se ho chiesto di dichiarare il mio voto, anche dopo le dichiarazioni fatte dall’onorevole Gullo a nome del Gruppo parlamentare comunista. Non desidero d’altra parte rompere quella che è non solo consuetudine parlamentare, ma anche legge del nostro Partito, e che consiste nell’osservare nei voti una disciplina collettiva.

Né ho chiesto la parola per sottolineare in modo particolare l’importanza di questo voto, che io considero del resto come uno dei voti politici di primo piano di questa Assemblea. Questa importanza è già stata a sufficienza sottolineata nel corso della discussione generale. Non voglio soffermarmi nemmeno sulle osservazioni fatte dagli onorevoli Perassi e Persico, e che riguardano formulazioni particolari. Accetto le correzioni da loro consigliate per quanto osservo che, una volta affermato il principio, allora si apre veramente il campo della tecnica, per cui, discutendosi una legge sulla giuria, spetterà all’Assemblea legislativa indicare in concreto quali saranno i reati o delitti politici da sottoporsi al giudizio del magistrato popolare.

Ho chiesto piuttosto la parola per indicare un motivo di carattere, direi quasi, personale, per cui sono interessato a dare in questo dibattito un voto determinato, e a chiedere un voto determinato a questa Assemblea.

Questo motivo, che ho già detto essere di ordine quasi personale, è legato a un fatto della mia vita politica di cui non posso cancellare il ricordo: il fatto di essere stato per un anno, indegnamente, Ministro guardasigilli, dal giugno 1945, subito dopo la liberazione, sino alla convocazione di questa Assemblea Costituente. Ricordandomi di questo fatto non potevo non ricordarmi in pari tempo di un episodio, che non potrà non interessare questa Assemblea, in questa sede, e che è legato all’applicazione delle leggi repressive dei reati fascisti.

Quando venni chiamato alla carica di Guardasigilli era stata approvata da un precedente Gabinetto, dal Gabinetto presieduto dall’onorevole Bonomi, e quindi era in vigore, la legge fondamentale per la repressione della criminalità fascista, che è quella con la quale ancora oggi vengono giudicati – oppure non vengono giudicati – i criminali fascisti. Già allora però era sorta una campagna contro questa legge, campagna mossa da parte liberale, da partiti che stavano al difuori del Comitato di liberazione e dalla destra democristiana. Si investiva quella legge accusandola di essere una legge di eccezione, non tollerabile e non ammissibile in un regime di democrazia. Si chiedeva che quella legge venisse abrogata per ritornare al diritto comune. Il Guardasigilli era un comunista. E allora – alcuni colleghi certamente se ne ricorderanno – nel corso della crisi per la quale si passò dal Governo Parri al primo Governo presieduto dall’onorevole De Gasperi, la cosa venne dibattuta come problema fondamentale dell’attività governativa successiva a quella crisi.

Da parte liberale precisamente – dirò poi da parte di chi – venne chiesto che si ponesse un temperamento, che quella legge fosse per lo meno nella sua applicazione resa meno eccezionale, di quanto non fosse nella sua formulazione, ritornandovi in questo modo alla pratica giudiziaria della vecchia e buona democrazia liberale. E fu proprio a questo scopo che l’allora Segretario del partito liberale, avvocato Cattani, avanzò due rivendicazioni. La prima fu che quella venisse rielaborata in un testo unico, al quale poi si rinunciò dallo stesso avvocato Cattani, e fu poco male. La seconda rivendicazione invece fu, ed è questo il punto che m’interessa ricordare, che si restaurasse al più presto l’istituto della giuria. Da parte liberale dunque, chiedendosi un ritorno alla normalità giurisdizionale, chiedendosi che si abbandonasse il terreno di eccezione per rientrare nella legalità democratica e liberale, si chiedeva che pur restando in vigore sanzioni sostanziali contro il fascismo, si ritornasse al tribunale composto dalla giuria, e che tutti i reati fascisti venissero deferiti ad una Corte di assise, composta secondo la nostra vecchia legge tradizionale, cioè sulla base di una giuria popolare.

Al Guardasigilli, che venne allora riconfermato nel proprio incarico, e che ero io, venne chiesto di assumere questo impegno.

Se sei un buon democratico – mi venne detto da parte liberale e da parte democristiana – tu devi rapidamente farci ritornare a quel grande istituto democratico e liberale che i fascisti hanno soppresso e che invece vogliamo vedere restaurato al più presto: la giuria. Ed è in obbedienza a quel mandato. – da me del resto accolto assai volentieri – che fu allora preparata una legge, la quale venne approvata ed è oggi legge della Repubblica, in base alla quale sono state ricostituite le liste dei giurati. Fatto questo, abbozzai io stesso il provvedimento sostanziale relativo alla competenza e procedura delle Corti di assise con giuria, e questa legge venne poi, credo, perfezionata, dal mio successore onorevole Gullo e portata davanti a questa Assemblea.

Ecco il fatto che volevo ricordare. Rimane stabilito che nel 1945, nel mese di novembre, da quella parte, cioè dalla parte che oggi è la più avversa alla giuria popolare, veniva richiesta come garanzia di libertà democratica, la restaurazione della giuria popolare e veniva chiesto al Guardasigilli – e il Guardasigilli volentieri accettava – l’impegno di questa restaurazione.

Quanto tempo sembra essere passato da allora! Di quante cose da allora ad oggi ci siamo dimenticati! Quando quella proposta venne fatta, non vi fu né un partito, né un uomo politico, né un giornale che protestassero, anzi, tutti levarono inni di plauso, confermando che bisognava restaurare la democrazia anche nell’amministrazione della giustizia.

Oggi, invece, si sollevano «obiezioni tecniche», ma in realtà è il principio che si vuole respingere. Si comincia sempre così, onorevole Moro! Lasciamo la tecnica ai legislatori, i quali troveranno il modo perché la giuria sia organizzata razionalmente. Ma ora si tratta qui di affermare il principio fondamentale, di restaurare una di quelle libertà democratiche che sempre vennero rivendicate, come testé ricordava l’onorevole Gullo, da tutte le rivoluzioni liberali. Ricordo quando leggevamo da ragazzi di quelle rivoluzioni e perfino nelle loro rappresentazioni più popolari, nel teatro, nei romanzi; si parlava del giudizio pronunziato dal giurato come di uno dei diritti fondamentali del cittadino moderno, il quale, di fronte alla vecchia autorità dello Stato assoluto, afferma la dignità della propria persona rivendicando il diritto, nel caso di delitti politici e di condanne a una lunga privazione della libertà personale, a essere giudicato dai propri concittadini. Questo principio fondamentale della concezione liberale borghese non può essere oggi rinnegato, e noi lo dobbiamo riaffermare nella nostra Costituzione. Faccia poi il legislatore tutto quello che è necessario fare per evitare i difetti e gli errori di una cattiva tecnica giudiziaria, ma noi affermiamo il principio che dobbiamo sentire come una necessità politica fondamentale.

Per questo, invito l’Assemblea a votare contro l’emendamento Coppi che nega questo principio, e a votare invece a favore dell’emendamento Mastino che, pur lasciando aperte tutte le possibilità d’una buona organizzazione dell’istituto della giuria, afferma il principio della restaurazione di quell’istituto democratico. (Vivi applausi a sinistra).

ABBOZZI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ABOZZI. Ho presentato un emendamento per la istituzione di una corte criminale composta di magistrati; esso implica il principio della giuria. Tuttavia, poiché l’ordine del giorno Coppi lascia impregiudicata la questione, in quanto è sempre possibile che la legge istituisca la giuria, io voterò in favore dell’ordine del giorno Coppi.

DELLA SETA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DELLA SETA. Per quanto, anche nel nostro Gruppo, sia possibile un qualche personale dissenziente giudizio, sta nel fatto che la scuola repubblicana, a cominciare da Giuseppe Mazzini, è stata fautrice, sempre, dell’istituto della giuria.

Noi, repubblicani storici – come Gruppo parlamentare e come partito – non possiamo non essere favorevoli ad un istituto nel quale si è concretizzata una delle storiche rivendicazioni della democrazia.

In verità, se esiste una logica giuridica, mal si riesce a comprendere con quale coerenza, dopo avere, così solennemente, consacrato nel testo della Costituzione che la funzione giurisdizionale viene esercitata in nome del popolo, come, dico, da taluni si possa avere tanta riluttanza ad ammettere che il popolo, in dati casi, debba partecipare direttamente all’amministrazione della giustizia.

Il problema della giuria non è un semplice problema di procedura penale. Valutato nel suo spirito, esso è un problema di principio, è un principio di diritto costituzionale, nel senso che, nel campo specifico dei delitti e delle pene – specie per quanto riguarda i delitti politici – esso viene a integrare, a rafforzare, a difendere quelle garanzie, quei principî di libertà, che, in altra parte della Costituzione, hanno già trovato esplicito riconoscimento.

Perciò, se solo io dovessi esprimere il mio personale giudizio, io voterei senz’altro, sic et simpliciter, l’articolo 96, così come è già stato formulato nel progetto di Costituzione, aderendo pienamente alle acute e giuste argomentazioni addotte dal collega onorevole Togliatti.

Ma non si può non aver presente che ogni istituto giuridico ha la sua evoluzione. Non si può rinunziare all’ammaestramento che viene dalla esperienza. Non si può disconoscere la esigenza che a far parte della giuria siano chiamati cittadini che, per una capacità maggiore e quindi con una maggiore consapevolezza e con un maggior senso di responsabilità, diano la garanzia di un più sereno e ponderato giudizio.

Noi chiediamo per questo che nel testo della Costituzione venga esplicitamente consacrato il principio della partecipazione diretta del popolo alla amministrazione della giustizia, lasciando alla legge, con norme altrettanto esplicite, di precisarne le modalità.

Noi del Gruppo repubblicano voteremo quindi contro l’ordine del giorno Coppi ed a favore dell’emendamento Mastino. (Vivi applausi a sinistra).

CRISPO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. L’onorevole Togliatti rimproverava ai liberali l’atteggiamento assunto oggi in rapporto all’istituto della giuria, in contrasto con quello che sarebbe – a suo dire – stato assunto ieri, precisamente, dall’amico Cattani.

Credo che si tratti di un equivoco, perché, se è vero che il nostro amico Cattani fu propugnatore dell’istituto della giuria e sostenne che si dovesse ripristinare l’istituto della giuria, assunse tale atteggiamento per esigenze meramente contingenti…

Una voce a sinistra. Per salvare i fascisti!

CRISPO. …per esigenze meramente contingenti, perché quel suo voto voleva essere né più e né meno che l’espressione di una energica reazione contro una giuria di parte, quale era la giuria che componeva le Corti di assise straordinarie, composte di elementi politici, prevalentemente comunisti. (Commenti a sinistra – Applausi al centro e a destra).

Fu questa l’esigenza liberale in nome della quale, in segno di protesta contro le giurie di parte, si chiese il ripristino della giuria popolare. (Interruzioni a sinistra).

Questa è la ragione.

Io ho già espresso nella discussione generale il pensiero del nostro Gruppo rilevando come a nostro avviso si faccia una enorme confusione fra principio democratico ed istituto della giuria perché le due cose sono assolutamente separate e distinte. Se è vero che il principio democratico, solennemente proclamato nella Costituzione, è che la sovranità risiede nel popolo, ciò non significa che il popolo sia organo di questa sovranità!

Vorrei poi domandare, senza risalire alle concezioni della Rivoluzione francese e soprattutto al concetto del Seyes, che cosa intende questa Assemblea per popolo. O che forse i magistrati togati, i giudici tecnici non fanno parte del popolo? O si deve intendere per popolo quella massa indifferenziata, che dovrebbe dare alle Corti d’assise soltanto il contributo della propria ignoranza, della propria incompetenza, della propria ottusità? (Applausi al centro e a destra – Rumori a sinistra – Interruzione del deputato Togliatti).

Noi abbiamo sostenuto che l’amministrazione della giustizia debba essere affidata a elementi esclusivamente tecnici e se votiamo contro il testo del progetto, l’emendamento Mastino e l’emendamento Targetti, possiamo votare a favore dell’emendamento Coppi, come quello che stabilisce una mera eventualità.

BULLONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BULLONI. Compreso del significato politico del voto che si sta per dare, dichiaro che voterò contro l’emendamento Coppi (Applausi a sinistra) e che voterò a favore dell’emendamento Mastino Pietro intendendo sia costituzionalmente affermato il principio della diretta partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia attraverso l’istituto della giuria nei limiti e nelle forme che il futuro legislatore vorrà adottare. (Applausi a sinistra).

GRASSI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Io fo una dichiarazione di voto personale, come membro della Costituente e dichiaro che voterò contro l’ordine del giorno Coppi. (Applausi a sinistra). Questa dichiarazione di carattere personale è legata ad una coerenza ed a un voto che diedi nella Commissione dei settantacinque a favore della giuria popolare. (Applausi a sinistra). Ritengo che non si possa in nessuna maniera rimandare alla futura legge, ossia al potere legislativo, un principio fondamentale che deve essere affermato o negato dalla Costituente. Si tratta, in poche parole, non di stabilire se il popolo partecipa all’amministrazione della giustizia perché il popolo vi partecipa sempre, ma se in determinate circostanze e per determinati delitti il popolo debba parteciparvi direttamente. Questa è la distinzione. Mentre nell’articolo 95 abbiamo detto che la funzione giurisdizionale è esercitata e amministrata dai magistrati ordinari, se non stabiliamo un altro principio fondamentale di coordinamento in questa materia, renderemo impossibile il funzionamento delle Corti di assise, che sono non un organo speciale dello Stato, ma un organo ordinario dell’amministrazione della giustizia per determinati delitti. Questo è il punto.

Come per le funzioni amministrative esiste la rappresentanza indiretta del popolo attraverso le Assemblee, e la rappresentanza diretta, attraverso il referendum, così il popolo nella funzione giurisdizionale esercita la funzione indiretta attraverso i magistrati, ma può esercitare la funzione diretta attraverso le assise. Questo è il principio fondamentale che è coevo non solo a tutte le democrazie venute fuori in quest’ultimo secolo, ma a tutta la storia umana, in quanto da che si è formato il primo nucleo sociale, i giudizi sui reati più gravi che interessano tutti sono stati dati dal popolo.

Per queste ragioni fondamentali, che sono legate alla costituzione fondamentale di un popolo, io credo che la nostra Assemblea, nel formare una legge costituzionale, non possa dimenticare che questo è un istituto fondamentale di ogni democrazia. (Applausi a sinistra).

COCCIA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COCCIA. Dichiaro che voterò contro l’emendamento Coppi intendendo che la Costituzione dica una parola precisa in materia di partecipazione del popolo alla giustizia.

Chiedo però che l’emendamento Mastino Pietro sia votato per divisione, in quanto non sono perfettamente d’accordo con quell’inciso in cui si dice che tutti i reati politici verranno giudicati dalla giuria: in quanto non si può indiscriminatamente ammettere che tutti i reati vengano giudicati dalla giuria, anche i reati più piccoli. Quindi questo va demandato alla legge che stabilirà che i reati politici verranno giudicati dalla giuria ma limitatamente alla loro importanza.

LA PIRA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA PIRA. Dichiaro che, in coerenza a quanto ho fatto in seno alla Commissione dei Settantacinque, sono favorevole a che il principio della giuria sia affermato nella Carta costituzionale.

Quindi, aderisco tanto a quanto ha detto l’amico onorevole Bulloni, quanto a quello che ha detto il Ministro Grassi. (Applausi a sinistra).

COPPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COPPI. Si è voluto dare all’ordine del giorno da me presentato un significato che non aveva affatto, in quanto esso intendeva conciliare, se fosse stato possibile, le diverse opinioni in questa Assemblea manifestate in ordine a questo grave problema.

Dato questo, dichiaro di ritirare l’ordine del giorno. (Applausi a sinistra – Commenti al centro).

Devo semplicemente ricordare, a chi ne ha voluto fare una questione politica, che oratori di tutte le parti dell’Assemblea (una esclusa, se non sbaglio) si sono pronunziati anche in senso contrario alla giuria. Domando fin da ora che la votazione sull’articolo 97 così come è proposto nell’emendamento dell’onorevole Mastino Pietro, sia fatta per divisione, disposto come sono a votare in favore del primo comma, e contro il secondo comma.

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEONE GIOVANNI. Nel generale sbandamento che, per motivi più demagogici che democratici, ha investito taluni settori della Camera (non esclusi taluni settori del mio gruppo), io resto fermo nell’opinione che questa Assemblea, non avendo potuto maturare sufficientemente e dettagliatamente ed in coordinamento a tutto il complesso problema penale quello particolare del ripristino della giuria, non debba fare altro che limitarsi ad aprire il varco a questa riforma, la quale chiede per la sua elaborazione maggiore consapevolezza e maggiore responsabilità.

GULLO FAUSTO. Ma se è un problema di cui si è sempre parlato!

LEONE GIOVANNI. Ne abbiamo discusso a lungo, ma sempre troppo poco; ed io non avrò il cattivo gusto, in sede di dichiarazione di voto, di riprendere argomenti che ho sottomesso alla Camera inutilmente; perché mi accorgo e prendo atto che alcuni degli argomenti da me indicati non hanno avuto risposta e restano a dimostrare come, tolto il velame demagogico al problema, tolta una falsa interpretazione storica del problema (perché la giuria volle essere una rivendicazione popolare di fronte alla giustizia come amministrazione di casta), non si possa allontanarsi dalla formulazione del progetto.

Noi avevamo ritenuto – e confermo questo mio pensiero in perfetta lealtà che la formula delle sezioni specializzate fosse più che sufficiente ad introdurre la giuria. Voi pensate diversamente. Io non ho il potere di fare entrare nelle vostre anime e nelle vostre intelligenze qualcosa di cui sono profondamente e lealmente convinto. Io ritengo che voi dovete limitarvi a rendere possibile l’introduzione della giuria. Votate pure quella formula. Ma io vi potrei dimostrare, dopo aver votato anche la più ampia formula Mastino, che con essa il legislatore potrà eludere il problema della giuria. Voi non avrete incarcerato il problema, quando non lo avete potuto risolvere dettagliatamente.

Faccio, pertanto, mio l’emendamento proposto dall’onorevole Coppi e, ricollegandomi alle dichiarazioni di voto fatte dall’onorevole Moro a nome del mio Gruppo (che si va sfaldando, il che è doloroso), dichiaro che voterò a favore dell’emendamento Coppi e contro l’emendamento Mastino.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori della richiesta di appello nominale se, udite le dichiarazioni di voto, vi insistano.

(È mantenuta).

L’onorevole Coppi ha dichiarato di abbandonare la formulazione da lui proposta; tale formulazione è stata fatta propria dall’onorevole Leone Giovanni.

Non so se gli altri firmatari dell’emendamento Coppi intendono ritirare anch’essi la loro firma.

BALDUZZI. Dichiaro di ritirarla.

DI FAUSTO. Dichiaro di mantenere la firma.

RESCIGNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RESCIGNO. Vorrei chiedere se non le pare, onorevole Presidente, che si debba votare prima sugli emendamenti soppressivi.

PRESIDENTE. Se tutti i presentatori della proposta di soppressione di quest’articolo avessero conservato la loro proposta, dato il loro numero, che indicava un vasto consenso, facendo eccezione alla prassi seguita finora, avrei posto in votazione da prima la soppressione. Ma poiché si sono ridotti a due i proponenti della soppressione, è evidente che non v’è più ragione di andare contro la nostra pratica consuetudinaria. Non pongo perciò in votazione la soppressione, ma gli emendamenti proposti al testo ed accettati dalla Commissione.

Leggo il testo dell’emendamento Coppi, fatto proprio dall’onorevole Leone Giovanni, sul quale si vota:

«La legge, fissandone i limiti e le forme, può stabilire la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia nei processi di Corte d’assise».

Votazione nominale.

PRESIDENTE. Indico la votazione per appello nominale.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall’onorevole Bonomi Paolo.

Si faccia la chiama.

MOLINELLI, Segretario, fa la chiama.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari fanno il computo dei voti).

Rispondono sì:

Abozzi – Adonnino – Angelucci.

Badini Confalonieri – Bencivenga – Benvenuti – Bertola– Bonino – Bonomi Paolo – Bosco Lucarelli – Bozzi – Bubbio.

Caccuri – Cannizzo – Carbonari – Carboni Enrico – Carratelli – Caso – Castelli Avolio – Chatrian – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cifaldi – Clerici – Codacci Pisanelli – Colitto – Colonna di Paliano– — Condorelli – Coppa Ezio – Corsanego – Cortese Guido – Crispo.

De Falco – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò.

Ferrarese – Ferrario Celestino – Firrao – Fresa – Froggio.

Gabrieli – Gatta – Germano – Geuna – Giannini – Giordani – Gotelli Angela – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guidi Cingolani Angela – Gullo Rocco.

Jervolino.

Lagravinese Pasquale – Leone Giovanni – Lizier.

Mannironi – Marconi – Marinaro – Marzarotto – Mastrojanni – Mazza – Miccolis – Micheli – Monterisi – Mortati – Mùrdaca.

Nicotra Maria – Numeroso.

Orlando Camillo.

Pallastrelli – Penna Ottavia – Perlingieri – Perrone Capano – Pignatari – Proia – Puoti.

Raimondi – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Riveda – Rodi – – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano.

Salvatore – Sartor – Scalfaro – Scoca – Spataro – Sullo Fiorentino.

Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tumminelli – Turco.

Uberti.

Valenti – Venditti – Vicentini – Vigo – Villabruna.

Zerbi.

Rispondono no:

Aldisio – Arcaini – Avanzini – Azzi.

Baldassari – Balduzzi – Barbareschi – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Bartalini– Bazoli – Bei Adele – Bellusci – Belotti – Bernabei – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Binni – Bitossi – Bocconi – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bordon – Bosi – Bucci – Bulloni Pietro.

Cairo – Calamandrei – Calosso – Camangi – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Caporali – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carboni Angelo – Caroleo – Carpano Maglioli – Cartia – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chiaramello – Chiostergi – Coccia – Conci Elisabetta – Corsi – Cortese Pasquale – Costantini – Cremaschi Olindo.

D’Amico Michele – Del Curto – Della Seta – De Michelis Paolo – De Palma – De Vita – D’Onofrio.

Fabbri – Fantoni – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Fietta – Filippini – Fiore – Fiorentino – Foa – Fornara – Fuschini.

Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Ghidetti – Ghidini – Giacometti – Giolitti – Giua – Grassi – Gronchi – Guerrieri Filippo – Gui – Gullo Fausto.

Imperiale.

Labriola – Laconi – La Malfa – Lami Starnuti – La Pira – La Rocca – Lombardi Carlo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Marchesi – Mariani Enrico – Marinelli – Martinelli – Massini – Massola – Mastino Pietro – Mattarella – Mattei Teresa – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Merighi – Minella Angiola – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Montalbano – Monticelli – Morini – Musolino.

Nasi – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Notarianni – Novella.

Orlando Vittorio Emanuele.

Pacciardi – Paratore – Pastore Raffaele – Pecorari – Pera – Persico – Petrilli – Piemonte – Pieri Gino – Preti – Priolo.

Rapelli – Reale Eugenio – Ricci Giuseppe – Romita – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruggeri Luigi.

Saggin – Salerno – Sapienza – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Secchia – Silipo – Silone – Spallicci – Spano – Stampacchia – Stella.

Targetti – Taviani – Tega – Togliatti – Tonello – Tremelloni – Treves.

Veroni – Vigna – Villani – Volpe.

Zagari – Zanardi – Zuccarini.

Si sono astenuti:

Andreotti.

Conti – Coppi Alessandro.

Moro.

Pat.

Sono in congedo:

Arata.

Bergamini.

Carmagnola – Cavallari.

Dugoni.

Jacini.

Lizzadri.

Pellizzari – Preziosi.

Ravagnan.

Tambroni – Tosi.

Vanoni – Viale – Vischioni.

Risultato della votazione nominale.

Comunico il risultato della votazione per appello nominale:

Presenti                               297

Votanti                                292

Astenuti                               5

Maggioranza           147

Hanno risposto sì     112

Hanno risposto no    180

(L’Assemblea non approva).

Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Passiamo ora alla votazione del testo proposto dall’onorevole Mastino Pietro del seguente tenore:

«La legge regolerà i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia.

«Questa partecipazione è obbligatoria nei processi per delitti politici».

Pongo in votazione il primo comma:

«La legge regolerà i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia».

RUBILLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUBILLI. Io ho votato «no» sul precedente ordine del giorno Coppi: però ho parlato contro il ripristino della giuria.

Ora voto «sì» per l’ordine del giorno Mastino.

Perché non abbia ciò l’apparenza di una contraddizione ho sentito il dovere di ricordare che io nel mio discorso sull’ordine del giorno dichiarai che ritengo utile, anzi dissi indispensabile, l’intervento dei giudici popolari nei dibattimenti di Corte d’assisa; però dichiarai altresì che sono contrario alla giuria e favorevole all’assessorato.

Siccome questo ordine del giorno riguarda soltanto l’intervento di giudici popolari, e rimane quindi impregiudicata la soluzione se debba essere questo intervento sotto forma di giuria o di assessorato, io lo trovo conforme alle idee esposte e perciò voto favorevolmente.

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEONE GIOVANNI. Vorrei chiedere al collega Mastino se è disposto ad emendare il suo testo aggiungendo alla fine le seguenti parole: «nei giudizi di Corte d’assise».

A tale condizione alcuni colleghi voterebbero a favore.

PRESIDENTE. L’onorevole Mastino Pietro ha facoltà di rispondere.

MASTINO PIETRO. Non accetto l’aggiunta proposta dall’onorevole Leone, in quanto limiterei quella libertà di movimento e quella libertà di decisione che intendo, invece, sia conferita al legislatore.

LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEONE GIOVANNI. Dichiaro di votare contro e mi permetto di segnalare all’Assemblea che coloro che voteranno l’emendamento Mastino, voteranno una norma per la quale domani sarebbe possibile introdurre l’elemento popolare anche in Corte di cassazione. (Commenti a sinistra). Ciascuno interpreti la formula a suo modo; io, modestamente, attraverso una modesta vita di studioso, ho dimostrato di saper interpretare le norme di legge.

Ora io dico, riallacciandomi a questa modesta tradizione personale, che quando sarà votata questa norma – e lo segnalo soprattutto agli amici di altri settori –, si renderà possibile introdurre l’elemento popolare in tutte le magistrature, compreso quel giudizio di Corte di cassazione, che è squisitamente ed esclusivamente tecnico. (Commenti a sinistra).

È bene che ai colleghi, che si accingono a votare questa formula, sia chiara questa precisazione che lo stesso presentatore dell’emendamento ha dato adesso. (Commenti a sinistra).

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo comma testé letto.

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo al secondo comma, del seguente tenore:

«Questa partecipazione è obbligatoria nei processi per delitti politici».

Su questo comma è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Crispo, Cifaldi, Villabruna, Condorelli, Perrone Capano, Tumminelli, Mastrojanni, Gullo Rocco, Rodinò Mario, Treves, Abozzi, Miccolis, Delli Castelli Filomena, Rognoni, Marinaro, Bencivenga, Romano, Colonna, De Martino, De Caro Raffaele.

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Ho chiesto di parlare, perché vorrei pregare il proponente di questo emendamento aggiuntivo di considerare una particolare situazione.

Posso far presente ad un mio predecessore al Ministero di grazia e giustizia quale l’onorevole Togliatti, che vi è oggi una Commissione per la riforma del Codice di procedura penale. Da questa Commissione, presieduta da Sua Eccellenza Miraolo, che è uno dei più illustri magistrati che noi abbiamo, questo sistema della Corte di assise è stato considerato; soltanto viene spostato nel senso che, mentre per le vecchie disposizioni la competenza della Corte d’assise era fissata con criteri quantitativi ossia in relazione alla misura del reato, ora viene fissata con criteri qualitativi, e quindi sono stabiliti i delitti che vengono ad essere considerati per la loro gravità o per la loro natura di competenza della Corte d’assise.

Quindi, data questa situazione, per cui i principali delitti politici vengono ad essere compresi nella competenza delle Corti d’assise dal nuovo Codice di procedura penale, io penso che sia opportuno che la Costituente non determini una votazione su questo punto. Tanto più che l’articolo 8 del Codice penale stabilisce che sono delitti politici anche i delitti comuni commessi con finalità politica.

Si tratta di una materia nella quale oggi, con questa aggiunta, noi potremmo pregiudicare il criterio qualitativo, che invece la Commissione per il nuovo Codice di procedura penale intende presentare al Parlamento.

Con questa mia dichiarazione non so se l’onorevole Togliatti voglia insistere ancora, perché si proceda ad una votazione, che potrebbe pregiudicare un principio già affermato e che sarà considerato nella legislazione futura.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Ho ascoltato con interesse le dichiarazioni dell’onorevole Guardasigilli…

GRASSI. Ho parlato come deputato e non come Ministro.

TOGLIATTI. …dichiarazioni che corrispondono ad un lavoro al quale, del resto, ho dato inizio io stesso, quand’ero al Ministero della giustizia. La competenza della giuria può essere appunto determinata per qualità o per quantità. La determinazione puramente quantitativa non può essere accettata, in quanto esistono reati che pur essendo colpiti da pene molto severe, difficilmente possono essere affidati al giudizio della giuria popolare per il loro carattere tecnico. La determinazione qualitativa, però, che mi pare essere superiore ad ogni discussione, è quella che riguarda il reato politico e quello di stampa. Questo è il terreno caratteristico della giuria popolare. Se la giuria popolare ha avuto dei meriti, se è stata un organismo che ha affermato la propria necessità, è proprio in quanto, in determinati periodi e per i suoi giudizi di reati politici, ha fermato l’azione repressiva reazionaria del potere esecutivo. Questo è stato il grande merito storico della giuria popolare. Ora l’onorevole Guardasigilli mi dice che in questo senso sta lavorando la Commissione presieduta da Sua Eccellenza Miraolo per la redazione del nuovo Codice di procedura penale. Sta bene. Ma allora, perché farebbe ostacolo il fatto che nella Costituzione sanciamo un principio che questa Commissione stessa sta accettando nel suo lavoro?

Ci dia l’onorevole Guardasigilli una formula, che permetta di garantire il principio che vogliamo garantito. Noi siamo in un’Assemblea politica ed ogni nostro voto ha un valore politico. Se, essendo stata sollevata la questione, avremo un voto negativo, o anche se verrà ritirato l’emendamento, nessuno impedirà a un futuro legislatore di dire che l’Assemblea Costituente non ha voluto il giudizio della giuria popolare per i reati politici. E allora ci troveremmo in una situazione difficile.

Per questi motivi prego l’onorevole Grassi di darci una formula su cui si possa votare a grande maggioranza, anche senza scrutinio segreto, per soddisfare la legittima esigenza da noi presentata, e che è anche quella riconosciuta dalla Commissione presieduta da Sua Eccellenza Miraolo.

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Non voglio insistere. La mia era una preghiera rivolta al proponente: non è una dichiarazione di voto.

Però io insisterei ancora presso l’onorevole Togliatti per fargli considerare che una votazione in senso negativo pregiudicherebbe la tesi che egli vuole sostenere. Quindi sarebbe meglio lasciarla impregiudicata e lasciare al legislatore di domani di considerarla; e non può non considerarla, dal momento che si indirizza la legge ad un criterio qualitativo.

D’altra parte una formula. generica – specialmente «delitti politici» – potrebbe essere eccessiva da un certo punto di vista, in quanto potrebbe comprenderne alcuni, che potrebbero essere tecnicamente e giustamente esclusi; d’altra parte, dando forma prevalente a questa categoria, verremmo a togliere forse valore a tutti gli altri delitti che verrebbero ad essere compresi qualitativamente nella competenza delle Corti di assise ordinarie.

Per queste considerazioni potrebbe essere trasformato in ordine del giorno l’emendamento dell’onorevole Togliatti. In tal senso avrà il suo peso e lo potremo votare in forma generica. Ma fare una votazione specifica potrebbe compromettere le stesse ragioni alle quali l’onorevole Togliatti affida il suo emendamento.

PRESIDENTE. Domando all’onorevole Togliatti se accede a questa proposta.

TOGLIATTI. Sì, l’onorevole Grassi avanza adesso una proposta che mi pare accettabile: fare cioè dell’emendamento un ordine del giorno sul quale esprimere un voto.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il testo proposto dall’onorevole Togliatti e dall’onorevole Grassi è il seguente:

«L’Assemblea Costituente afferma che i delitti politici debbano essere compresi nella competenza delle Corti di assise ordinarie e demanda al nuovo Codice di procedura penale la loro determinazione concreta».

FABBRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABBRI. Prima di conoscere questo ordine del giorno, volevo fare una osservazione di carattere generale, e cioè che avevo l’impressione che, dopo aver cominciato molto bene nella discussione, e cioè con la rivendicazione di quello che era stato il principio votato dalla Commissione dei Settantacinque e che portava all’affermazione della permanenza dei giurati nelle Corti d’assise, finivamo se non proprio male, certo meno bene, perché la Commissione dei Settantacinque molto opportunamente si era limitata ad affermare un principio che riterrei indispensabile fosse posto nella Costituzione, in quanto afferma una giurisdizione diretta, mentre la Carta costituzionale dice in forma generale che la Magistratura pronuncia in nome del popolo, il che significa una giurisdizione indiretta.

Ma se adesso abbandoniamo la statuizione di questo principio fondamentale, e lasciamo eventualmente la Costituzione del tutto lacunosa per sostituirvi un ordine del giorno, che mi pare discretamente affrettato nella sua compilazione, finiamo per lasciare nel vuoto quella che è invece, secondo me, la esigenza fondamentale di affermare la giurisdizione diretta quale era determinata dall’articolo, che avrebbe potuto essere coordinato con quei principio generale dell’articolo 94 in sede di redazione del testo definitivo. E questo era, secondo la mia modestissima opinione, il vero compito della Commissione dei Diciotto. Là dove è detto all’articolo 94: «La funzione giurisdizionale, espressione della sovranità della Repubblica, è esercitata in nome del popolo» poteva proseguirsi aggiungendo: «ed anche direttamente mediante l’istituto della giuria nei processi di Corte d’assise». Avremmo così fatto un articolo solo, e avremmo riempito l’esigenza logica di stabilire il principio e la eccezione. E lasciando impregiudicata la questione della competenza quantitativa e della competenza qualitativa, avremmo fatto un’opera saggia, mentre invece attualmente noi ci incamminiamo in una deviazione molto inopportuna, perché qui dobbiamo stabilire degli articoli di Costituzione e non degli ordini del giorno, che sono direttive un po’ campate in aria, perché i delitti politici sono di una gamma così vasta, così diversa (possono anche eventualmente richiedere delle repressioni immediate meno adatte a dei delitti che presuppongono un’istruzione formale), che mi pare che la formulazione dei casi concreti di competenza qualitativa deve trovar posto nel Codice di procedura penale e non nella formulazione della Costituzione. E quindi io, facendo miei in sostanza, quali emendamenti, i testi del progetto della Commissione dei Settantacinque, propongo di tenerli invariati, salvo collocare praticamente l’articolo 96 come una aggiunta al primo comma, già votato, dell’articolo 94, il quale quindi suonerebbe così: «La funzione giurisdizionale, espressione della sovranità della Repubblica, è esercitata in nome del popolo il quale vi partecipa anche direttamente con l’istituto della giuria nei processi di Corte di assise».

PRESIDENTE. Onorevole Fabbri, se lei propone semplicemente che il Comitato dei Diciotto o la Commissione dei Settantacinque, nel coordinamento, possa fondere fra loro gli articoli 94 e 96, sarà fatto. Ma se lei adesso chiede che vi si aggiunga l’indicazione della giuria e delle Corti di assise, le ricordo che abbiamo già votato il testo proposto dell’onorevole Mastino Pietro e che pertanto non possiamo ritornare su una decisione già presa.

BADINI CONFALONIERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BADINI CONFALONIERI. Ho chiesto di parlare non per una dichiarazione di voto, ma per una pregiudiziale che mi pare indiscutibile a termine del Regolamento. Noi abbiamo l’articolo 87 del Regolamento che dice: «Durante la discussione generale, o prima che s’apra, possono essere presentati da ciascun deputato ordini del giorno concernenti il contenuto della legge, che ne determinino o ne modifichino il concetto o servano d’istruzioni alle Commissioni.

«Tali ordini del giorno sono votati prima che sia posto termine alla discussione generale». E a conferma di questo, ricordo l’inizio dell’articolo 88 che dice: «Chiusa la discussione generale ai Ministri è data facoltà di parlare per semplici dichiarazioni ecc.».

Ora, è chiaro che la presentazione dell’ordine del giorno, che in questo momento è stata fatta dall’onorevole Togliatti e dall’onorevole Grassi, a termine del Regolamento, è assolutamente fuori tempo e fuori luogo. Ora vorrei, per quella doverosa correttezza che dobbiamo avere nei nostri confronti, pregare il proponente dell’emendamento, prima di ritirare l’emendamento che ha proposto, di tenere conto di questa considerazione; perché, per questi motivi, se volesse ritirare l’emendamento e se si addivenisse alla votazione dell’ordine del giorno, noi saremmo costretti a chiedere l’applicazione di questo articolo 87, che ne impedisce la votazione.

PRESIDENTE. Di fronte all’eccezione da lui sollevata vorrei porre un quesito all’onorevole Badini Confalonieri. È evidente che il Regolamento si osserva, e deve essere osservato; ma il Regolamento non deve essere un feticcio. (Commenti). Io desidererei sapere, onorevole Badini, quale sia lo scopo della sua eccezione; perché, se con la sua eccezione volesse impedire una votazione di merito, allora io la comprenderei e direi: «lei fa bene a richiamarsi al Regolamento, perché il Regolamento si propone di tutelare e salvaguardare nelle questioni di merito – cioè sostanziali – gli atteggiamenti e le posizioni dei membri dell’Assemblea». Ma, poiché bisogna pur procedere alla votazione di un emendamento, e l’ordine del giorno non è che sostitutivo per le ragioni di opportunità fatte presenti dal Ministro di grazia e giustizia, io desidero appunto sapere se con la sua eccezione lei intende o pensa di evitare la votazione di merito, oppure vuole significare che ritiene che questa votazione sia più opportuna che avvenga sotto forma di emendamento alla Costituzione, anziché di un ordine del giorno che non verrà inserito nel testo Costituzionale.

BADINI CONFALONIERI. Sono perfettamente d’accordo con lei che il Regolamento non deve essere un feticcio: deve però essere una garanzia per tutti noi. In questo senso mi sono appellato al Regolamento; e la garanzia è proprio in questo caso una garanzia di chiarezza. Ho voluto fare questa eccezione e l’avrei fatta ancora prima di quando ha parlato l’onorevole Fabbri, se ella, onorevole Presidente, mi avesse visto, quando ho alzato la mano.

PRESIDENTE. L’ho vista, ma l’onorevole Fabbri aveva chiesto di parlare prima di lei.

BADINI CONFALONIERI. Ha voluto essere un atto di correttezza il mio, prima che l’onorevole Togliatti ritirasse l’emendamento, perché oggi possa non ritirarlo e l’emendamento possa essere posto in votazione; ci sia quindi una votazione che sia di chiarezza.

In questo senso mi sono appellato al Regolamento ed in questo senso insisto nella istanza.

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Se rileggiamo il resoconto della discussione fatta in quest’Aula a proposito dell’emendamento Giolitti trasformato in ordine del giorno sul collegio uninominale, notiamo che allora furono fatte le stesse osservazioni oggi avanzate dall’onorevole Badini Confalonieri: Ci troviamo pertanto di fronte ad un precedente, risolto dall’Assemblea a favore della trasformazione dell’emendamento in ordine del giorno e della sua votazione.

Mi appello a questo precedente e chiedo al Presidente di porre in votazione l’ordine del giorno.

BADINI CONFALONIERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BADINI CONFALONIERI. Io ricordo la particolare discussione sull’ordine del giorno Giolitti. Dico, però, una cosa, che per me è essenziale: il precedente citato dall’onorevole Laconi non sposta la situazione, perché il Regolamento c’è e non viene a mancare per un precedente contrario, e cioè per la mancanza di riferimento al Regolamento in cui siamo incorsi una volta. Sta di fatto che da oggi in poi, conoscendo il Regolamento, lo applicheremo. Si vede che quella volta neanche l’onorevole Laconi conosceva l’articolo 87, al quale non si credette di fare riferimento.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sta di fatto, e l’ho voluto confrontare, onorevole Laconi, che il precedente da lei invocato esiste, ma ha ragione l’onorevole Badini Confalonieri, nel senso che il precedente non può mutare una disposizione di Regolamento, sin quando l’Assemblea non faccia, di questo precedente, una disposizione sostitutiva di quella che già vigeva.

Desidero però far presente che, pur avendo adottato il Regolamento della Camera, in cui è contenuto l’articolo richiamato dall’onorevole Badini Confalonieri, questa Assemblea più volte ha sentito la necessità, direi, di completarlo, in funzione dei particolari compiti che essa ha; e, come qualche collega ricordava, l’Assemblea, non solo in occasione della votazione dell’ordine del giorno Giolitti, a cui si è proceduto dopo concluse tutte le votazioni sull’articolo 53, ma su proposta di colleghi di varia parte, di volta in volta, ha votato altre disposizioni, che si era ritenuto non dovessero far parte del testo costituzionale, ma su cui l’Assemblea dovesse dire la sua parola, che servisse come orientamento per il legislatore futuro. Così, per esempio, un articolo aggiuntivo a suo tempo presentato in relazione alle particolari provvidenze che la Repubblica deve disporre a favore dei mutilati e degli ex combattenti, fu trasformato in ordine del giorno, appunto perché si ritenne che non dovesse essere incluso nel testo costituzionale, pur riconoscendo di non poter tacere sull’argomento.

Questa è la posizione. L’onorevole Badini Confalonieri comunque, in questo momento, ha dalla sua la forza del Regolamento e se egli la invoca, evidentemente, il Regolamento deve essere applicato. Vuol dire che gli onorevoli Togliatti e Grassi vedranno se sia il caso di immediatamente ritrasformare in emendamento il loro ordine del giorno e rimettersi quindi nella posizione iniziale.

MAZZA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZA. Ad evitare discussioni inutili e poiché ritengo che su questo argomento l’Assemblea debba dire chiaramente la sua parola, faccio mio l’emendamento dell’onorevole Togliatti e dichiaro di votar contro di esso. (Commenti).

LACONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LACONI. Vorrei far notare, signor Presidente, che l’Assemblea stabilì un precedente, non come eccezione al Regolamento, bensì come applicazione corretta del Regolamento stesso. L’onorevole Badini non ha dalla sua parte la forza del Regolamento, ma del Regolamento mal letto. Il Regolamento dice esattamente: «Durante la discussione generale, o prima che s’apra, possono essere presentati da ciascun deputato ordini del giorno concernenti il contenuto della legge, che ne determinino o ne modifichino il concetto o servano d’istruzioni alle Commissioni». Il Regolamento non dice affatto, in nessuna sua parte, che non possano essere presentali ordini del giorno di altro carattere e altro fine in altra sede.

GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSI. Io ho fatto questa proposta all’onorevole Togliatti nel desiderio di far guadagnare tempo all’Assemblea, e non pensavo che questo avesse potuto portare una discussione sul Regolamento e sulla sua interpretazione. Ritiro perciò la proposta e dico di votare. Dal momento che si deve votare e dal momento che è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto sull’ordine del giorno, non vale la pena di occuparci ulteriormente della questione.

TOGLIATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOGLIATTI. Non mi interessa la interpretazione del Regolamento; mi interessa il fondo della questione, e se avevo acceduto alla proposta di trasformare l’emendamento in ordine del giorno, era per contribuire ad accelerare i nostri lavori, e anche perché mi pareva che in un’Assemblea come questa non si poteva che accettare questo punto di vista. Ricordo che anche nel memoriale presentato dall’Associazione dei magistrati, che conteneva proposte sull’ordinamento della giustizia, che noi in parte abbiamo adottato e in parte no, veniva richiesto che tutti i processi per reati politici venissero deferiti alla Corte d’assise. Per questo ritenevo che la questione non potesse dare luogo, non dico a una votazione a scrutinio segreto, ma nemmeno a serio dibattito. Ma, poiché la votazione ci deve essere, ed essa sarà ad ogni modo a scrutinio segreto, mi pare che tanto vale che non ci si richiami al Regolamento, e che si voti per l’emendamento.

COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa, onorevole Costantini?

COSTANTINI. Sulla questione del Regolamento.

PRESIDENTE. Onorevole Costantini, la questione è superata.

Poiché gli stessi proponenti della trasformazione in ordine del giorno dell’emendamento rinunciano alla loro proposta, non c’è che da passare alla votazione.

COSTANTINI. Chiedo di parlare

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COSTANTINI. Mi sembra che la questione di forma sollevata dall’onorevole Badini meriti la nostra attenzione, perché noi dobbiamo stabilire se si possono trasformare gli emendamenti in ordine del giorno, o viceversa, in determinate circostanze, per non trovarci poi in situazioni che possono anche paralizzare il lavoro dell’Assemblea. Mi pare che questa sia questione così importante da meritare subito una soluzione.

PRESIDENTE. Mi pare che la questione non debba essere risolta in questo momento. Ora procediamo alla votazione.

COSTANTINI. Io insisto su quanto ho detto: non essendovi una disposizione che stabilisca quando, in forma tassativa, debbano o non debbano essere presentati ordini del giorno soggetti a votazione, mi sembra che sia importante che l’Assemblea interpreti il Regolamento al fine dei lavori successivi ed alla stregua dell’articolo 92.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Visto che i proponenti hanno rinunciato all’ordine del giorno per ritornare all’emendamento, nessuna difficoltà a procedere in questo senso. Io vorrei pregare però l’Assemblea di lasciare impregiudicata la questione sollevata, che ha indubbiamente la sua importanza e può essere molto importante pei nostri lavori.

Votazione segreta.

PRESIDENTE. Poiché i proponenti dell’ordine del giorno hanno ripreso la forma dell’emendamento e rinunciato a quella dell’ordine del giorno e quindi la questione di merito regolamentare non è pregiudicata, passiamo alla votazione segreta del secondo comma dell’emendamento Mastino Pietro:

«Questa partecipazione è obbligatoria per i processi di delitti politici».

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Risultato della votazione segreta.

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti e votanti     299

Maggioranza           150

Voti favorevoli        111

Voti contrari            188

(L’Assemblea non approva).

Hanno preso parte alla votazione:

Abozzi – Adonnino – Andreotti – Angelini – Arcaini – Arcangeli – Avanzini – Azzi.

Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Barbareschi – Bardini – Barontini Anelito – Bartalini – Bei Adele – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benvenuti – Bernabei – Bertola – Biagioni – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bianchini Laura – Binni – Bitossi – Bocconi – Bonino – Bonomi Paolo – Bordon – Borsellino – Bosi – Bozzi – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro.

Caccuri – Cairo – Calamandrei – Calosso – Camangi – Camposarcuno – Canapa – Canevari – Cannizzo – Caporali – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni Angelo – Carboni Enrico – Caristia – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Cartia – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli– Cerreti – Cevolotto – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciccolungo – Cimenti – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colitto – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corsanego – Corsi – Cortese Guido – Cortese Pasquale – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo – Crispo.

D’Amico – De Falco – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Dominedò – D’Onofrio.

Ermini.

Fabbri – Facchinetti – Fantoni – Farina Giovanni – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrario Celestino – Ferreri – Fietta – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Firrao – Foa – Foresi – Fornara – Franceschini – Froggio – Fuschini.

Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gasparotto – Gavina – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gotelli Angela – Grassi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Gullo Fausto – Gullo Rocco.

Imperiale.

Jervolino.

Labriola – Laconi – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – La Pira – La Rocca – Leone Giovanni – Lizier – Lombardi Carlo – Lombardo Ivan Matteo – Longhena – Luisetti – Lussu.

Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Mannironi – Marazza – Marchesi – Mariani Enrico – Marinelli – Martinelli – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Mazza – Mazzoni – Meda Luigi – Mentasti – Merighi – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molè – Molinelli – Momigliano – Montagnana Rita – Montalbano – Monterisi – Monticelli – Morini – Moro – Mortati – Mùrdaca – Musolino.

Nasi – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Nobili Tito Oro – Notarianni – Novella – Numeroso.

Pastore Raffaele – Pat – Pecorari – Penna Ottavia – Pera – Perassi – Perrone Capano – Persico – Piemonte – Pignatari – Ponti – Preti – Priolo – Puoti.

Quintieri Quinto.

Raimondi – Rapelli – Reale Eugenio – Recca – Rescigno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodi – Rodinò Ugo – Rognoni – Romano – Romita – Rossi Maria Maddalena – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruini.

Saccenti – Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sapienza – Saragat – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scoca – Scoccimarro – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.

Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togliatti – Tonello – Tozzi Condivi – Treves – Trimarchi – Turco.

Uberti.

Valenti – Varvaro – Venditti – Veroni – Vicentini – Vigo – Villabruna – Villani – Volpe.

Zaccagnini – Zagari – Zanardi – Zerbi – Zuccarini.

Sono in congedo:

Arata.

Bergamini.

Carmagnola – Cavallari.

Dugoni.

Jacini.

Lizzadri.

Pellizzari – Preziosi.

Ravagnan.

Tambroni – Tosi.

Vanoni – Viale – Vischioni.

Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per l’articolo 96 vi è ancora un emendamento aggiuntivo proposto dagli onorevoli Mannironi, Carboni Angelo, Mortati, Sansone, Clerici, e altri, del seguente tenore:

«Le sentenze della Corte di assise sono soggette ad appello nei modi stabiliti dalla legge».

Onorevole Mannironi, lei mantiene il suo emendamento?

MANNIRONI. Sì, lo mantengo.

PRESIDENTE. Allora, vorrei pregarla di dare, quanto meno, a questo suo testo una formulazione che lo renda più consono al testo approvato dall’Assemblea, nel quale non si parla di Corti d’assise.

MANNIRONI. Io non tengo tanto alla forma; desidererei soltanto che l’Assemblea si pronunciasse sul principio, secondo il quale tutte le sentenze, di ogni autorità giudiziaria, possano essere soggette ad appello. Questo è il principio che a me preme sia affermato.

PRESIDENTE. Onorevole Mannironi, noi dovremo ancora esaminare la seconda Sezione di questo Titolo: «Norme sulla giurisdizione», nella quale appunto sono articoli che trattano degli appelli, dei ricorsi. Potrebbe rimandare la votazione del suo emendamento in quella sede.

MANNIRONI. Mi duole di non poter aderire integralmente al suo invito, signor Presidente. Io potrei aderire alla proposta di inserire questo emendamento in un altro articolo della Costituzione; però insisterei perché oggi la votazione sia fatta sul principio.

PRESIDENTE. Onorevole Ruini, la invito ad esprimere il parere della Commissione.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io vorrei far presente la difficoltà di poterci pronunciare subito. Tutte le sentenze sono appellabili: mi pare un principio che giuridicamente non possa essere ammesso. Vi sono sentenze che per l’importo delle controversie o per la materia cui si riferiscono non sembrano suscettibili d’appello. Siamo disposti a considerare la proposta dell’onorevole Mannironi, ma non possiamo decidere su due piedi.

D’altra parte, come aveva osservato il nostro Presidente, nella sezione seconda, all’articolo 102, è contemplato il ricorso poi cassazione.

In questa sede potremo cercare di esaminare anche il problema degli appelli ad organi di secondo grado.

L’onorevole Mannironi, che desidera che questa questione si inserisca nella Costituzione, potrebbe presentarla e discuterla all’articolo 102.

PRESIDENTE. Onorevole Mannironi, acconsente?

MANNIRONI. Accetto la proposta dell’onorevole Ruini, a condizione che si resti d’intesa che il principio sarà messo in votazione in sede di discussione dell’articolo 102.

RUINI, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sarà discusso.

ROMANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha. facoltà.

ROMANO. Penso che l’emendamento presentato dall’onorevole Mannironi dovrebbe essere completato, in quanto, se egli volesse affermare il principio dell’appello avverso le sentenze di Corte di assise, bisognerebbe determinare l’organo. Se l’appello dovesse essere portato in Cassazione, si snaturerebbe l’istituto.

PRESIDENTE. Onorevole Romano, rimettendosi in sede di esame dell’articolo 102 la discussione di questa proposta, lei potrà fare le sue osservazioni.

Resta stabilito che la proposta dell’onorevole Mannironi sarà presa in esame in sede di discussione dell’articolo 102.

L’articolo 96 risulta così approvato nel suo complesso:

«La legge regolerà i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia».

Il seguito di questa discussione è rinviai» a domani alle 11.

Interrogazioni con richiesta d’urgenza.

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:

«Al Ministro dell’interno, per conoscere quali misure siano state adottate e si intendano adottare contro i responsabili dei luttuosi avvenimenti di Puglia.

«Monterisi».

«Al Ministro dei trasporti, per sapere se l’Amministrazione che egli presiede si rende conto della inderogabile, assoluta necessità che, dovendosi in Pescara ricostruire e riparare gli edifici e gli impianti ferroviari – che vennero distrutti o danneggiati dalla guerra per effetto della importanza che essi avevano ai fini militari ed economici – si proceda all’arretramento di tali edifizi ed impianti – come dai vari progetti all’uopo presentati alla stessa Amministrazione – sì da consentire lo sviluppo edilizio, industriale e commerciale della città, che diversamente verrebbe per sempre impedito.

«Ad evitare tale gravissimo pericolo, riconosciuto di recente, sul posto, anche dal Sottosegretario ai trasporti e che ha messo in agitazione la cittadinanza, si provveda innanzi tutto a ordinare formalmente la sospensione dei già disposti lavori di ripristino degli attuali impianti e si accolga, finalmente, il voto unanime della stessa città e della intera regione – dal quale l’Amministrazione non può prescindere – dell’arretramento di tutta la zona ferroviaria per la cui realizzazione il maggior onere finanziario verrebbe compensato dalla vendita delle cospicue aree di risulta.

«Paolucci».

«Al Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti intenda adottare per rimuovere le cause che hanno determinato ancora una volta lo spargimento di sangue proletario nelle Puglie.

«Pastore Raffaele».

«Al Ministro degli affari esteri e al Presidente del Consiglio dei Ministri (assistenza ai reduci e ai partigiani), per sapere se e quali provvedimenti siano in corso per la ricerca dei dispersi nella campagna di Russia e se, di fronte alle ricorrenti notizie riportate dalla stampa circa l’esistenza di nuclei di dispersi ed alle frequenti segnalazioni di singoli nominativi, non si ritenga necessario disporre per un rilievo sistematico di tali segnalazioni e per il loro controllo, e soprattutto per ottenere che sia opportunamente sollecitata l’estensione di tali ricerche in loco; quali provvedimenti si impongono anche alla finalità di troncare lo stato di angosciosa attesa in cui versano le famiglie interessate.

«Bubbio».

«Ai Ministri delle finanze e del tesoro, per conoscere se non si ritenga urgente ed indilazionabile dare disposizioni per l’immediato pagamento ai comuni dei proventi della tassa sui cinematografi; e ciò in relazione alle esigenze in cui versano i comuni stessi dibattentisi in gravissime difficoltà di cassa, e tenuto conto del fatto essenziale che trattasi di somme liquide, già da tempo percepite dallo Stato, tramite la Società autori ed editori, e che senza complicazioni e ritardi ingiustificati dovrebbero almeno trimestralmente essere versate agli enti interessati.

«Bubbio».

Chiedo al Governo quando intende rispondere.

ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio. Interesserò i Ministri interrogati affinché facciano sapere al più presto quando intendono rispondere.

Interrogazioni e interpellanza.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni e di una interpellanza pervenute alla Presidenza.

CHIEFFI, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se non ritenga urgente adeguare le pensioni degli impiegati all’attuale costo della vita.

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere lo stato attuale della vertenza sorta dalla richiesta del comune di Priverno della restituzione di territorio dal comune di Pontinia in provincia di Latina; e, inoltre, per sapere se, in considerazione della delicatezza della questione, la cui soluzione potrebbe risolversi in una eventuale ingiustizia o comunque apparire tale, il Ministro, in armonia col nuovo clima democratico e con la norma già consacrata nella Costituzione, non creda opportuno premettere ad ogni qualsiasi decisione la libera consultazione della popolazione residente nel territorio contestato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Camangi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per conoscere quali ostacoli si frappongano alla esecuzione del progetto di arretramento degli impianti ferroviari di Pescara, in conformità dei voti espressi unanimemente da quella amministrazione comunale e che risponde ad una esigenza vitale dello sviluppo edilizio di quell’importante capoluogo di provincia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Lopardi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro di grazia e giustizia, per conoscere le ragioni per le quali non si è ancora provveduto alla nomina dei titolari delle numerose preture esistenti nella provincia di Campobasso, con grave danno dei privati e dell’amministrazione stessa della giustizia. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze, per sapere se ritenga o meno opportuno emanare un provvedimento legislativo «per l’assicurazione obbligatoria contro i danni prodotti dalla grandine nella coltivazione del tabacco per conto dello Stato».

«In proposito l’interrogante ebbe a presentare, «di sua iniziativa», una proposta di legge, che fu svolta e presa in considerazione nella seduta del 3 giugno 1922 (Atti parlamentari – Camera dei deputati – Legislatura XXVI – Sessione 1921-22 – Documento u. 1599) e che non poté aver seguito per i successivi eventi politici. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per sapere se, essendo stata accordata sanatoria per i matrimoni contratti senza l’autorizzazione, secondo le leggi del tempo, durante il periodo di sbandamento dei carabinieri, non si ritenga conforme ad equità e giustizia, concedere ora l’autorizzazione a contrarre matrimonio senza vincolo di turni a quei carabinieri i quali, pur essendosi trovati nella possibilità di seguire l’esempio dei loro colleghi, preferirono astenersi da tale atto arbitrario, dando con ciò prova di disciplina. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Montagnana Mario».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della marina mercantile e del tesoro, per conoscere se intendano adottare le provvidenze necessarie alla ricostruzione del naviglio peschereccio, emanando particolari norme per il risarcimento dei danni di guerra e stabilendo contributi per agevolare le nuove costruzioni, specialmente a cura delle cooperative fra pescatori. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Corsi».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri della difesa e del tesoro, per conoscere quali provvedimenti intendano prendere per venire incontro al grave disagio in cui si è venuta a trovare la categoria degli ufficiali dell’Esercito collocati nella riserva tra il giugno 1940 e l’8 settembre 1943 perché colpiti dalle inique leggi fasciste del maggio 1940, che, sotto lo specioso pretesto del ringiovanimento dei quadri, hanno eliminato dal servizio attivo permanente un numero imponente di ufficiali di ogni grado, perfettamente a posto sia dal punto di vista professionale che da quello morale; benemerita categoria che non ha avuto mai interruzioni di servizio o di carriera, ha servito fedelmente e lealmente la Patria per quasi un quarantennio, ed oggi è costretta letteralmente alla fame, perché – allontanata, con provvedimento intempestivo e inumano, dal servizio, nel luglio 1944, all’atto della liberazione – pur non avendo aderito, collaborato, giurato con l’Esercito del Nord, e che liquida oggi, mensilmente, neppure quanto liquida un garzone di bottega.

«E per conoscere, altresì, se non ritengano di estendere, anche a questa categoria, provvidenze di carattere economico analoghe a quelle contenute nella legge n. 284 del maggio 1946, dalle quali gli ufficiali collocati nella riserva anteriormente all’8 settembre sono esclusi, pur avendo benemerenze militari, ossia gli stessi titoli, che hanno gli ufficiali collocati nella riserva dopo l’8 settembre e che di tali provvidenze possono godere; o, quanto meno, se non ritengano di emanare adeguati provvedimenti legislativi per aggiornare le leggi del 1940, nella sostanza delle quali è chiaramente e indiscutibilmente contenuto l’impegno, da parte dell’amministrazione militare, di concedere agli ufficiali trasferiti nella riserva i quattro quinti del trattamento globale concesso ai pari grado rimasti nel servizio effettivo permanente; tenendo presente, a questo riguardo, che, in base al contenuto di quelle leggi, un ufficiale superiore dell’Esercito, nella riserva, dovrebbe liquidare sulle 24-25 mila lire mensili (ossia i quattro quinti di quanto oggi liquida il pari grado del servizio permanente effettivo) contro le 8-10 mila lire mensili che, in effetti, liquida oggi. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro della difesa, perché consideri se non sia opportuno promuovere un provvedimento legislativo, in virtù del quale si faccia, agli ufficiali dell’Esercito non di carriera, ché sono stati posti in congedo, lo stesso trattamento di quiescenza spettante ai sottufficiali di carriera. Spesso trattasi di persone che hanno servito la Patria per diversi lustri, che hanno famiglia e trovansi in non floride condizioni economiche, per cui, messi d’improvviso sul lastrico, non sanno ora come fare per vivere. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Colitto».

«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dei lavori pubblici, per sapere quali efficienti e rapide norme legislative e amministrative intendano promuovere allo scopo di andare incontro alle gravi esigenze finanziarie delle imprese e cooperative di costruzione, le quali non riescono tempestivamente a riscuotere gli acconti, i saldi contrattuali e le revisioni dei prezzi, mentre si trovano esposte oggi ad eccessive pressioni bancarie dirette a conseguire il ricupero delle somme date in mutuo, pressioni che da un lato mettono in luce le conseguenze e i danni delle inadempienze dello Stato e dall’altro rischiano di compromettere la vasta ed urgente ricostruzione nazionale e di gettare sul lastrico, con la chiusura dei cantieri, diecine e diecine di migliaia di lavoratori impiegati nelle opere pubbliche.

«Per conoscere, in particolare, i motivi che hanno indotta fin qui l’Amministrazione dei lavori pubblici a non inserire nel testo del disegno di legge in corso riguardante la revisione dei prezzi una norma che contempli e consenta, sia pure con facoltà direzionale delle pubbliche stazioni appaltanti, la revisione dei prezzi in tutti i rapporti contrattuali intervenuti dopo il decreto legislativo luogotenenziale 5 maggio 1945, norma che si appalesa indispensabile, dato che l’emanazione del detto decreto indusse in errore gli uffici tecnici dell’Amministrazione, i quali ritennero che la revisione, svincolata ormai dal termine di durata dei lavori, dovesse spettare agli assuntori ope legis e pertanto non fosse necessaria l’inserzione di apposite clausole nei contratti, errore grave che determinò la convinzione delle ditte di costruzioni di aver titolo al rimborso degli aumenti di mercato e viziò, quindi, il consenso dato al momento delle pattuizioni. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).

«Capua, Penna Ottavia, Abozzi, Venduti».

«I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere se, dopo la discussione della interrogazione circa l’intendimento del Governo di «mettere finalmente un termine alla vita dell’ARAR che occupa da anni impianti dell’industria privata, con pregiudizio dell’economia nazionale e con aggravamento del problema della disoccupazione» – nella quale discussione il Sottosegretario di Stato per il tesoro rese delle dichiarazioni che non hanno sodisfatto i sottoscritti – intenda o meno prendere dei provvedimenti perché la liquidazione dell’ARAR proceda almeno con ritmo più accelerato, lottizzando e cedendo al migliore offerente, con procedura sollecita, i materiali residuati; disponendo nel contempo una inchiesta che esamini e controlli la regolarità della gestione finora esercita, per cui nella pubblica opinione sono diffuse voci ed apprensioni per gravi irregolarità. E tutto ciò per evitare ulteriori deterioramenti; per liquidare oggi ciò che domani sarebbe liquidabile a prezzi inferiori; per evitare lo stabilizzarsi di una dannosa burocrazia; per restituire alla produzione gli stabilimenti ed i terreni ancora occupati; per togliere, almeno nel più breve tempo possibile, dinanzi agli occhi dei cittadini, un ricordo visivo di un periodo triste della storia nazionale.

«De Martino, Rodinò Mario, Rubilli, Geuna, Angelucci, Monterisi, Romano, Mastrojanni, Bellavista, Covelli, Condorelli, Notarianni, Cannizzo, Coppa, Mazza, Numeroso, Penna Ottavia, Martino Gaetano, Finocchiaro Aprile, Di Fausto, Martinelli, Riccio Stefano, Crispo, Cortese, Bergamini, Colitto, Selvaggi, Bencivenga, Benedettini, Bozzi, Puoti, Firrao, Badini Confalonieri, Codacci Pisanelli, Fresa, Nobile, De Mercurio, Marinaro, De Falco, Abozzi, Miccolis, Perugi, Venditti, Vallone, Corsini, Capua, Morelli Renato».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testò lette saranno iscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

Così pure l’interpellanza sarà iscritta all’ordine del giorno, qualora il Ministro interessato non vi si opponga nel termine regolamentare.

La seduta termina alle 19.35.

Ordine del giorno per le sedute di domani.

Alle ore 11 e alle 16:

Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana.