ASSEMBLEA COSTITUENTE
CCLXXX.
SEDUTA ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 6 NOVEMBRE 1947
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI
INDICE
Congedi:
Presidente
Interrogazioni (Svolgimento):
Presidente
Tupini, Ministro dei lavori pubblici
Murgia
Colombo
Vinciguerra
Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno
Macrelli
De Martino
Scelba, Ministro dell’interno
Bencivenga
Andreotti, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri
Lettieri
Malvestiti, Sottosegretario di Stato per le finanze
Tremelloni
Per alcune interrogazioni con carattere d’urgenza:
Cifaldi
Presidente
Perlingieri
Perugi
Macrelli
Malvestiti, Sottosegretario di Stato per le finanze
La seduta comincia alle 11.
COVELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Comunico che hanno chiesto congedo i deputati Ambrosini, Pallastrelli e Bianchi Costantino.
(Sono concessi).
Interrogazioni.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Interrogazioni.
Dovendo l’onorevole Murgia assentarsi, ha pregato che sia svolta per prima la sua interrogazione, al Ministro dei lavori pubblici, «per sapere se non ritenga necessario revocare alla Società Garigliano e suoi successori la concessione della costruzione del bacino idroelettrico del Taloro (Nuoro), già iniziata e poi abbandonata, costruzione di importanza vitale per l’avvenire industriale dell’Isola oltreché agricolo per la provincia di Nuoro e avente altresì – quale bacino a monte di quello del Tirso – la funzione importantissima di regolare le piene e impedire gli straripamenti che nella presente stagione provocano l’allagamento di diecine di migliaia di ettari del più fertile terreno isolano distruggendo le semine o rendendo impossibili altri lavori agricoli autunnali».
L’onorevole Ministro dei lavori pubblici ha facoltà di rispondere.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Effettivamente, la questione sollevata dall’onorevole Murgia ha una notevole importanza per la situazione idrica in cui si trovala sua provincia. Io ho esaminato la questione e soprattutto mi sono preoccupato dei precedenti. I risultati della indagine portano a questa conclusione: che non esiste, attualmente, alcuna concessione a favore di nessuna società.
Nel 1932, vale a dire quindici anni fa, la società Garigliano domandò la concessione per la formazione di questo bacino, per scopi irrigui e di produzione di forza motrice. Senonché, il Consiglio Superiore dei lavori pubblici si pronunziò in senso contrario, ritenendo che quell’opera proposta dalla società, che ne chiedeva la concessione, non fosse rispondente né ai bisogni della regione, né adeguata agli scopi che la concessione stessa si proponeva.
Ho esaminato quel responso, e mi è sembrato che almeno peccasse di eccessiva superficialità. Pertanto ho invitato i miei uffici a riprendere in esame la questione ed a metterla a punto al fine di vedere, come eventualmente si possa venire incontro ai bisogni della popolazione, di cui l’onorevole Murgia si è reso interprete. Allo stato attuale delle cose, non posso dare che questa risposta: il mio Ministero è sollecito a riprendere in esame la questione, che ritengo oggi molto importante, ed ove una nuova domanda, o della stessa società o di altre, venisse presentata al Ministero, essa formerebbe oggetto di attenta e benevola considerazione al fine di portare a soluzione il problema che sta a cuore dell’onorevole interrogante e delle popolazioni da lui rappresentate.
PRESIDENTE. L’onorevole Murgia ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
MURGIA. Onorevoli colleghi, sono parzialmente sodisfatto della risposta del Ministro: dico parzialmente perché non è esatto quanto egli ha asserito, e cioè che una concessione alla società Garigliano non sia stata mai fatta dal Ministero dei lavori pubblici. Risulta, infatti, che il 4 gennaio 1929 la «Garigliano» firmava il disciplinare di concessione per il primo salto e il 30 settembre 1929 il Consiglio Superiore dei lavori pubblici emetteva voto favorevole per l’inizio dei lavori; il 30 giugno 1930 lo stesso Consiglio Superiore emetteva voto favorevole per l’esecuzione dei lavori di tutti e tre i salti.
In seguito a tale autorizzazione furono, infatti, eseguite opere notevoli, e precisamente: una galleria di circa 2 chilometri per la costruzione di una dighetta provvisoria per la produzione dell’energia elettrica necessaria per la costruzione dell’opera, al fine di evitare prezzi e forniture ostruzionistiche della Società Elettrica Sarda, che aveva ed ha un interesse supremo a che mai questo bacino venga costruito; fu impostata la costruzione della diga alta, costruita la strada di accesso dalla Nazionale fino al limite della diga, furono costruiti diversi altri chilometri di galleria forzata. Come dunque affermare che non è stata mai concessa un’autorizzazione alla Società Garigliano, e soprattutto come affermare che il Consiglio Superiore dei lavori pubblici aveva ritenuto l’opera non opportuna? Ciò non è possibile, di fronte ai dati sicuri e precisi che ho enunciato.
Ma ciò che soprattutto in quel giudizio di allora mi colpisce è che sia stata ritenuta non opportuna un’opera che è invece di vitale importanza per tutto l’avvenire dell’Isola dal punto di vista industriale e per la provincia di Nuoro dal punto di vista agricolo.
Quale è infatti dal punto di vista industriale la produzione dell’energia idroelettrica nell’Isola? Essa è costituita dal bacino del Tirso che produce 12.000 HP e del Coghinas che ne produce 19.866, cioè complessivamente 31.866 cavalli-vapore; mentre il solo Taloro ne produrrebbe 68.660, cioè più del doppio dei due bacini riuniti. E allora se da solo il Taloro ha la capacità di produrre il doppio dell’energia dei due bacini riuniti, quale può essere stato il motivo che ha determinato quel giudizio di inopportunità dell’opera? Forse un suo costo elevato? Assolutamente no; anzi è questo un altro elemento che dimostra in modo decisivo la convenienza e l’opportunità della costruzione. Infatti, la sua spesa è prevista in misura di circa otto volte inferiore a quella del Tirso e diverse volte in meno di quella del Coghinas. Ciò in virtù della felicissima posizione naturale del bacino, e perché esiste in loco, gratis, e abbondantissimo, un prezioso materiale da costruzione: il granito. Quindi convenienza duplice: dal punto di vista della produzione di forza e della minore spesa.
Ma ad altri due scopi di capitale importanza rispondeva il bacino del Taloro e cioè:
1°) alla bonifica di un comprensorio di ben 21.000 ettari di terreno di cui 8.000 irrigabili:
2°) alla costituzione di uno sbarramento poderoso destinato a contenere la quantità d’acqua che il sottostante bacino del Tirso non contiene e che trabocca inondando la fertilissima pianura del Campidano distruggendo le semine o rendendo impossibili altri lavori.
Quale è stato, dunque, nonostante tali evidenti vantaggi, il motivo per cui un’opera, di così capitale importanza per l’Isola, non è stata costruita? Ho accennato poco fa alla Società Elettrica Sarda come a una società rivale, che aveva interesse a che l’opera non venisse mai costruita per evitare concorrenza e inevitabile diminuzione di prezzi dell’energia, ora altissimi. Orbene la spiegazione è questa: risulta che la Società Garigliano fu incorporata nella Società Campania di Elettricità e la concessione delle dighe del Taloro passò alla Meridionale di Elettricità, che la controlla e il cui consiglio di amministrazione è costituito dagli stessi uomini della Società Elettrica Sarda. Ora preme a questa,Società, mantenere il monopolio dell’energia; e a tal fine ha in mano la concessione, ciò che giuridicamente non consentirebbe ad altri di costruire il bacino. È qui che io richiamo e invoco tutta l’attenzione del Governo perché in qualunque modo trovi una via d’uscita a questa situazione, promuovendo la costruzione dell’opera. Ciò perché in Sardegna, anche dopo che sarà costruito il bacino del Flumendosa, il fabbisogno isolano, checché se ne dica, sarà sempre di gran lunga superiore alla produzione che ne risulterà. Infatti attualmente la produzione complessiva isolana, compresa quella delle centrali termiche, si aggira appena sui 230 milioni di chilowatt. Ora, anche ammesso che il Flumendosa possa produrre 250 milioni di chilowatt (ciò che mi sembra difficilissimo), toccheremmo, sommandola alla produzione attuale, circa i 500 milioni di chilowatt. Sappiate però che quando saranno attuati i progettati, grandiosi impianti, la sola zona mineraria di Carbonia assorbirà oltre 430 milioni di chilowatt, cioè quasi tutta la produzione isolana. Aggiungete a tale considerazione il fatto che il bacino del Tirso, destinato alla irrigazione, dovrà cessare la produzione dell’energia elettrica in quanto che, per conservare l’acqua nella stagione estiva per la irrigazione della bonifica di Oristano, dovrà imporre un vincolo al serbatoio durante i mesi invernali. Tenete inoltre presente che, a tutt’oggi, quasi un terzo dei Comuni dell’Isola è ancora immerso nell’ombra per la mancanza di energia elettrica. Ciò non può essere ulteriormente tollerato. Ho messo – data la brevità dell’ora – rapidamente in luce i motivi essenziali che dimostrano la indispensabilità della costruzione del bacino del Taloro che, come ho precedentemente detto, ha una funzione triplice e precisamente:
1°) Produzione di forza motrice destinata a dare il massimo impulso alle industrie dell’Isola, che è – tenetelo presente – la più ricca regione mineraria d’Italia e dove perciò numerose altre industrie potrebbero sorgere e fiorire, trovandovi le condizioni ideali e cioè esistenza di minerali ed energia elettrica.
2°) Bonifica di un comprensorio di ben 21.000 ettari, di cui 8.000 irrigabili, e dove esistono circa un milione di olivastri spontanei che dovrebbero essere trasformati in oliveti determinando così, conseguentemente, la costruzione di case coloniche e il popolamento della zona, attualmente abbandonata per cinque mesi dell’anno a causa della quasi assoluta mancanza d’acqua, che rende impossibile la residenza stabile di pastori e di greggi; popolamento che costituirebbe il più efficace rimedio per combattere la delinquenza rurale, fino ad oggi invincibile a causa della solitudine.
3°) Sbarramento a monte per contenere, come poco fa ho detto, quella quantità di acqua che specialmente nell’autunno e nell’inverno straripa, travolgendo le coltivazioni e annientando le fatiche e i sudori di migliaia di contadini.
Concludendo, mi dichiaro pienamente sodisfatto delle dichiarazioni dell’onorevole Ministro nella parte della sua risposta dove mi assicura di aver dato già disposizioni all’ufficio competente per un più profondo esame del problema di cui intende tutta l’importanza per l’avvenire dell’Isola. E se, come non metto in dubbio, tale esame si farà da un punto di vista scientifico di giustizia e con visione lungimirante dei risultati, esso sarà un fattore potente e decisivo per l’avvenire della mia terra, la quale, una volta creati i necessari presupposti industriali ed agricoli, sarà in grado di nutrire un altro milione di abitanti.
Sotto questa luce, che è la luce giusta, questo problema isolano, che io ho modestamente agitato, interpretando la volontà e le aspirazioni del popolo sardo, assurge all’importanza di un problema nazionale; e sotto questo aspetto dovrà essere affrontato e risolto.
TUPINI. Ministro dei lavori pubblici. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. L’onorevole Murgia avrebbe dovuto, secondo me, scindere nel tempo le sue osservazioni; perché per quel che mi riguarda e per quel che riguarda questo Governo, non poteva aspettarsi una risposta diversa e migliore di quella che io gli ho data. Egli chiedeva che fosse revocata una concessione. Io ho trovato che una concessione non c’è, perché il Consiglio Superiore dei lavori pubblici, con voto del 19 luglio 1936, espresse parere che, sotto l’aspetto economico, agricolo ed industriale non si ravvisava l’opportunità ecc. ecc.
Le osservazioni dell’onorevole Murgia sarebbero fondate, se il suo interlocutore non fossi io, ma un Ministro del tempo fascista. Per quel che mi riguarda ripeto che non potevo dargli risposta diversa.
MURGIA. È esatto. Questi fatti riguardano il periodo del governo fascista che, nel 1936, ha impedito che fosse realizzata l’opera di cui in un primo tempo aveva innegabilmente riconosciuto tutta la necessità per l’avvenire e la prosperità dell’Isola.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione degli onorevoli Colombo e Zotta, al Ministro dei lavori pubblici, «per sapere se e quando intenda provvedere alla sistemazione degli acquedotti della Lucania ove, per la scarsa manutenzione e per la inadeguatezza degli impianti, intere popolazioni sono prive di acqua, con grave pregiudizio della salute e dell’igiene».
L’onorevole Ministro dei lavori pubblici ha facoltà di rispondere.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Anche l’onorevole Colombo, deve aspettarsi una risposta la quale riguarda questo Governo solo limitatamente al tempo della sua recente attività, non intendendo esso rispondere di quello che i precedenti Governi non hanno fatto. E all’uopo devo ricordare che la questione dell’Acquedotto della Lucania è una questione che veramente giustifica l’urgenza con la quale l’onorevole Colombo ha interrogato il Governo, perché quella regione si trova effettivamente nelle condizioni di abbandono e di carenza che l’onorevole Colombo ha ricordato.
Devo però, a mia volta, richiamare i precedenti relativi all’Acquedotto lucano.
La legge del 1942 autorizzava l’Acquedotto pugliese a provvedere alla manutenzione ed al consolidamento, nonché ai bisogni idrici delle popolazioni lucane; furono stanziati all’uopo 43 milioni, e successivamente altri dodici milioni per le opere di gestione per i primi cinque anni. La guerra ha impedito l’esecuzione di questi progetti; quindi il problema del rifornimento idrico, sia a scopo di forza motrice che a scopo di irrigazione della Lucania, risorge oggi in tutta la sua imponenza e in tutta la sua importanza.
Ora, la Società dell’Acquedotto pugliese è stata richiamata a mettere a punto i progetti, per vedere come si possa provvedere a quelle esigenze ricordate dall’onorevole Colombo e che si riferiscono a tutta la situazione dell’Acquedotto lucano. La società ha presentato una proposta di finanziamento che si aggira intorno ai due miliardi.
I miei uffici, anche prima che assumessi la direzione del Ministero, avevano esaminato queste proposte ed hanno trovato che questa somma è talmente insufficiente da bastare unicamente a provvedere alle spese ordinarie di manutenzione dell’Acquedotto medesimo.
Ho disposto perciò la messa a punto di un nuovo progetto. Frattanto ho interpellato gli uffici competenti, i quali mi hanno informato che la spesa si aggira intorno ai 6 o 7 miliardi. Questo fa sorgere un problema di finanziamento non indifferente, che, nelle condizioni attuali, non sarà tanto facile risolvere. Ma, in omaggio a quel criterio pratico che deve sempre guidarci nell’affrontare i vari problemi che riguardano la pubblica amministrazione, anche questo potrà essere affrontato e risolto gradualmente pianificando nel tempo, e cioè in più anni, l’esecuzione dell’opera e la spesa relativa con la volontà finalmente decisa di dare alla Lucania quello che essa giustamente attende.
In questo senso io ho dato direttive ai miei uffici di preparare i relativi progetti, e, intanto, ho invitato il Provveditorato alle opere pubbliche della Lucania a prendere gli opportuni accordi con l’Acquedotto pugliese al fine di predisporre il necessario per l’auspicato inizio dei lavori.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
COLOMBO. Ringrazio l’onorevole Ministro soprattutto per la concretezza di questa risposta, poiché egli ci dice che c’è qualche cosa di immediato da fare per la risoluzione di questo problema che è veramente grave. Penso che l’annunzio di una certa disponibilità di fondi e dell’ordine dato di iniziare la preparazione dei progetti porterà certamente un senso di soddisfazione in queste popolazioni, le quali sono quotidianamente costrette a percorrere dei chilometri per potersi approvvigionare di acqua.
La situazione, come poc’anzi dicevo e come l’onorevole Ministro ha ricordato, è veramente grave. Ci sono delle borgate e dei paesi dove l’acqua non arriva per niente, dove la gente, soprattutto i bimbi, vivono in una condizione, in quanto ad igiene, veramente deplorevole. Vi sono zone in cui la mortalità infantile è, a causa della dissenteria, quanto mai alta, proprio perché le popolazioni sono sovente costrette a fare uso di acque inquinate.
Certo il problema non si risolverà compiutamente con quello che è stato stabilito di fare in questo periodo e bisognerà pensarci poi, in forma più ampia. Io ringrazio ad ogni modo l’onorevole Tupini perché ci promette che si terrà ancora conto negli anni seguenti dei bisogni della Lucania.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Anche subito se ne tiene conto.
COLOMBO. Ma soprattutto desidererei che fossero immediatamente iniziati i lavori, e che venissero condotti proprio con il criterio cui ha fatto cenno l’onorevole Ministro, con il criterio cioè di inserire i particolari problemi, lungi dal considerarli a sé stanti, in una visione ampia e generale. Molto denaro infatti si è sciupato in passato, proprio perché non si è avuta una visione generale dei problemi.
E vorrei pregare anche, che si tenga conto di quegli acquedotti la cui manutenzione non è affidata all’acquedotto pugliese, ma che sono invece alla diretta dipendenza dei Comuni che si sono assunti la responsabilità della manutenzione stessa.
Concludo, pregando l’onorevole Ministro di tener conto, nella maniera più larga possibile, delle necessità di questa regione chc ha tanto bisogno di provvidenze. Lo prego altresì, in questo periodo in cui si fanno piani tanto nel settore dei lavori pubblici, quanto in quello dell’agricoltura, di voler tenere nella più ampia considerazione i problemi, in genere, dell’Italia meridionale, perché finalmente possano avere una soluzione.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Vinciguerra, al Ministro dei lavori pubblici, «per conoscere le ragioni per le quali Ariano Irpino (Avellino) non è stata compresa nel provvedimento legislativo in corso presso l’ufficio legislativo dei lavori pubblici relativo all’acquedotto consorziale dell’Alta Irpinia, mentre Ariano, comune di trentamila abitanti, difetta di acqua potabile, avendo una tubolatura inquinata da infiltrazioni e con scarsissimo rendimento, per cui nella città il tifo è quasi endemico. Per conoscere altresì se invece l’onorevole Ministro non ritenga opportuno e di giustizia disporre che Ariano derivi l’alimentazione idrica dall’acquedotto pugliese, non essendo valide e fondate le ragioni che l’Ente obietta in contrario».
L’onorevole Ministro ha facoltà di rispondere.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Io concordo con l’onorevole Vinciguerra circa la situazione in cui si trova Ariano a proposito della questione del suo rifornimento idrico e dell’urgenza della sua soluzione. L’onorevole Vinciguerra non ignora i provvedimenti predisposti dal mio Ministero per l’acquedotto a favore della Regione irpina. L’onorevole Vinciguerra si domanda perché da questo acquedotto sia esclusa Ariano.
Ariano si è dovuta escludere, stando anche alle conclusioni tecniche dei competenti, perché sarebbe stato estremamente difficile poter allacciare questa località all’acquedotto degli altri comuni.
Perché i miei uffici dicono che è difficile, se non addirittura impossibile, collegare Ariano all’acquedotto degli altri comuni? Per l’enorme distanza che separa Ariano dall’acquedotto pugliese: si dovrebbero aggiungere ventinove chilometri di condutture a quelle previste; mentre le condizioni geologiche del terreno, le altimetrie, i franamenti richiedono poi anche opere d’arte estremamente costose, che dovrebbero aggiungersi a quelle già stabilite per il rifornimento idrico degli altri comuni dell’Irpinia.
L’onorevole Vinciguerra ha scritto anche a me la lettera nella quale confuta queste obiezioni dei miei uffici; dice che non è esatto che ci siano delle condizioni di terreno che rendono troppo difficile e quindi costosa l’opera; sostiene che la cifra denunziata dai miei uffici e che si aggira intorno al miliardo (Commenti), è esagerata, mentre basterebbero cento milioni, da aggiungere a quelli già stanziati per l’acquedotto dei comuni irpini, per rifornire di acqua sufficiente la città di Ariano.
Onorevole Vinciguerra, se ella mi dimostrerà, in contradittorio con le affermazioni dei miei uffici, di aver ragione, non sarà difficile aggiungere agli ottocento milioni, già stanziati per gli altri nove comuni, i cento milioni necessari per portare l’acqua anche al suo comune.
In ogni caso, io mi sono preoccupato di queste difficoltà e, portandovi un po’ di spirito pratico, ho domandato ai miei uffici: Ma è proprio necessario che noi agganciamo Ariano all’acquedotto dell’Irpinia, e attraverso l’acquedotto dell’Irpinia all’acquedotto pugliese? Non sarebbe possibile esaminare l’attuale acquedotto che fornisce l’acqua ad Ariano per migliorarlo, per aumentare il volume dell’acqua stessa? Esaminare un po’ in loco la possibilità di captare nuove sorgenti e poter quindi limitare l’opera del nostro Ministero a quella zona ridotta dell’attuale acquedotto che rifornisce già Ariano, per migliorarlo, per ripararlo, per impedire che delle infiltrazioni, come quelle lamentate dall’onorevole Vinciguerra, possano inquinare l’acqua e quindi mettere in pericolo le condizioni igienico-sanitarie della popolazione?
Io mi sono posto il problema e intendo risolverlo, perché anche a me sembra estremamente ingiusto che, mentre provvediamo con tanta sollecitudine ai nove comuni dell’Irpinia, Ariano, che è uno dei centri principali, debba restarne escluso, e mi metto a disposizione dell’onorevole Vinciguerra, per trovare insieme il modo migliore per poter sodisfare l’urgente necessità di acqua che ha il suo comune, che anche io riconosco. Ripeto che, ove questo possa essere sodisfatto con 100 milioni, io posso assicurare l’onorevole Vinciguerra e l’Assemblea che sarà facile aggiungere questa somma a quella già stanziata per poter dare anche ad Ariano l’acqua che il Governo ha assicurato agli altri comuni dell’Irpinia.
PRESIDENTE, L’onorevole Vinciguerra ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
VINCIGUERRA. Avevo fatto pervenire al Ministro un memoriale con cui cercavo d’illustrare la situazione, e mi attendevo una risposta un po’più sodisfacente.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Non vedo come potesse essere più sodisfacente di quella che ho dato.
VINCIGUERRA. Ho spiegato come l’inclusione del Comune di Ariano nel piano di lavori dell’acquedotto pugliese non importi né spese eccessive, né opere straordinarie e neppure un aggravio per l’acquedotto pugliese. Esporrò degli elementi che io ricavo dalla relazione del Genio civile di Avellino, il quale, in concordanza col Provveditorato alle opere pubbliche che nel 1936 risiedeva a Caserta, aveva contemplato la possibilità di includere Ariano in questo progetto di costruzione di acquedotto consorziale.
Incomincio col rilevare, poiché così risulta da questa relazione di carattere ufficiale, che l’acquedotto dell’Alta Irpinia si estende al Comune di Guardia Lombardi. Ora, da Guardia Lombardi ad Ariano, c’è una distanza di appena 29 chilometri che non possono spaventare nessuno. Tutto l’acquedotto dell’Alta Irpinia, senza Ariano, raggiunge una lunghezza di 70 chilometri. Non so perché 29 chilometri debbano spaventare.
TIPINI, Ministro dei lavori pubblici. Settanta chilometri divisi per 9 Comuni; 29 chilometri per un solo Comune: ecco il punto da risolvere.
VINCIGUERRA. Tutta l’opera è di 70 chilometri; per arrivare ad Ariano bisogna fare un piccolo sforzo ed aggiungere altri 29 chilometri.
Ad ogni modo non è esalto che bisogna perforare il sistema dei monti, come mi pare dicesse l’onorevole Ministro, perché questa condotta di mandata – è questo il termine tecnico dovrebbe percorrere soltanto la vallata del fiume Ufita dove sorgerebbe la necessità di qualche sifone.
Quindi non si tratta né di una distanza eccessiva, né di opere di carattere straordinario per superare difficoltà orografiche.
Per di più è previsto nel progetto che il ripartitore dell’acquedotto sarà collocato a Guardia Lombardi, che sta a quota 1020, sicché l’acqua arriverebbe ad Ariano che sta più in basso a quota 800, soltanto per forza di gravità e non vi sarebbe bisogno di nessuna opera di sollevamento.
Inoltre per il Comune di Ariano basterebbero 15 litri al secondo, in rapporto alla popolazione concentrata del Comune, perché il resto della popolazione vive in campagna. Ora, 15 litri non rappresentano un aggravio per l’acquedotto pugliese che ha una portata di 6.000 litri al secondo, e ora, per una transazione che ha fatto con la Società elettrica meridionale della Campania, capterà le sorgenti di Cassano Irpino per altri 3.500 litri. Io penso che 15 litri non rappresentino un prelievo, una usura tale da diminuire la possibilità di rifornimento per le Puglie. Sono i tecnici che dicono che l’aggregazione di Ariano importerebbe una maggiore spesa, di soli cento milioni. Per quanto riguarda la spesa, il provvedimento legislativo. (lo Stato darà un contributo del 70 per cento) prevede un’opera di 800 milioni per i nove comuni dell’Alta Irpinia. Arriviamo in complesso (perché 800 milioni è la previsione), arriviamo in complesso ad un miliardo con Ariano, che deve costruire solo 29 chilometri con una spesa in più di 200 milioni. Non capisco quindi perché si parli di una spesa di un miliardo solo per Ariano; se per nove comuni, con diverse opere di sollevazione, si prevede una spesa di appena 800 milioni, perché poi, solo per Ariano, la spesa sarebbe di un miliardo? Al Ministro dev’essere evidentemente pervenuta una informazione inesatta.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Sono dati tecnici.
VINCIGUERRA. Io credo che per una spesa di circa 200 milioni non sia il caso di avere esitazioni e di escludere il comune di Ariano dai benefici di un’opera il cui merito andrà per primo al Ministro in carica.
Con ogni sincerità il Ministro diceva; vediamo se è possibile provvedere diversamente all’alimentazione idrica di Ariano.
Ma non si può! Anzitutto l’acquedotto attuale da cui derivano le acque, secondo un provvedimento del cessato regime (non voglio dire che solo per questo fu un provvedimento dittatoriale!), fu dimezzato per destinarlo anche ad alimentare il comune di Montecalvo. Sono stati poi fatti esperimenti dal Genio civile e dal Provveditorato per le opere pubbliche della Campania per vedere se fosse possibile usufruire di altre opere pubbliche e captare altre sorgenti. Questo non è stato possibile.
Esisteva la sorgente di Noce Verde dalla quale, per captare un litro al secondo, occorreva (quella era una spesa veramente inutile!) una spesa di 300 milioni. In modo che, se in conclusione Ariano non approfitta in questo momento di questa opera di alta utilità, il comune è condannato a mantenersi nelle condizioni attuali, che non sono davvero le più felici, con un acquedotto inquinato (è riconosciuto da uria relazione della Direzione di sanità, che ho citato nel mio memoriale), con tutte le conseguenze che ne derivano, col tifo che regna in permanenza fra quella popolazione.
Il problema del Mezzogiorno – di cui tutti parliamo – è soprattutto un problema di acqua e di strade. Quando si parla del Mezzogiorno si fanno tante promesse, ma quando si deve passare ai fatti…
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. L’acquedotto Irpino è un fatto concreto!
VINCIGUERRA. Ma si commette una ingiustizia verso Ariano!
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. Cerchiamo di riparare, l’ho già detto!
VINCIGUERRA. Del resto il Ministro Sereni aveva già disposto presso il Provveditorato delle opere pubbliche della Campania perché la conduttura fosse proporzionata alla popolazione di Ariano. Attendiamo che il Ministro Tupini dia eguale disposizione, perché se la tubatura sorge solo per il fabbisogno,di nove comuni è inutile pensare a un qualsiasi vantaggio per Ariano.
Di modo che, anzitutto bisogna provvedere al piano di questa tubatura e tenere fermo un impegno che è impegno del Governo d’Italia verso una benemerita popolazione che paga milioni e milioni di tasse e che vuole avere almeno un bicchiere di acqua. (Applausi).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Macrelli, ai Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, «per sapere quali provvedimenti saranno adottati o intendano adottare per alleviare i danni arrecati dal recente nubifragio in provincia di Forlì». L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’interno ha facoltà di rispondere.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Naturalmente io risponderò per una parte dell’interrogazione.
Per quanto riguarda la competenza del Ministero dell’interno devo premettere che l’intervento di questa amministrazione deve essere limitato, nei casi del genere, ad eventuali erogazioni speciali sui fondi per l’assistenza e attraverso l’E.C.A. in favore delle famiglie sinistrate che versano in condizioni più gravi e di più urgente bisogno, escluso, perciò, qualsiasi carattere di risarcimento di danni la cui valutazione e i cui provvedimenti esulano dalla competenza del Ministero dell’interno.
All’E.C.A. della provincia di Forlì, su richiesta del Prefetto, per l’assistenza delle famiglie bisognose, come è detto, perché danneggiate dai disastri del 22 settembre, è stata assegnata la somma di 4 milioni. Comunque il Ministero non intende limitare a questa somma i soccorsi in questo determinato settore, ma, naturalmente, occorre che da parte della autorità locali gliene venga fatta segnalazione.
Assicuro comunque che queste segnalazioni verranno vagliate con la massima benevolenza.
PRESIDENTE. L’onorevole. Ministro dei lavori pubblici ha facoltà di rispondere.
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. All’onorevole Macrelli dico che i comuni che furono colpiti dal nubifragio e che formano oggetto della sua interrogazione, mi pare che siano stati cinque o sei: Bertinoro, Civitella di Romagna, Meldola, Predappio e Rocca San Casciano con le campagne circostanti. È inutile che noi adesso elenchiamo ed individuiamo i singoli danni riportati da questi comuni. Io debbo soltanto informare l’onorevole Macrelli che il mio Ministero, non appena fu informato di quanto era avvenuto, cercò di provvedere, nei limiti delle sue possibilità, a tutte le opere di pronto soccorso che costituirono un intervento finanziario di 20 milioni, che furono distribuiti con criterio di comparazione fra i vari comuni, in relazione alla entità dei danni. Furono dati a Meldola 5 milioni e 500.000 lire, a Predappio 5 milioni e 500.000 lire, a Civitella di Romagna 5 milioni e 500.000 lire, a Bertinoro un milione, a Rocca San Casciano 2 milioni e 500.000 lire.
Fu disposto anche un accertamento sommario dei danni riportati dalle opere pubbliche, e questo ammonta ad una cifra di 80 milioni salvo più approfondite valutazioni.
Ella sa, onorevole Macrelli, che per quanto attiene alla costruzione di opere definitive, in quanto non risultano sufficienti i lavori eseguiti di pronto soccorso, dovranno provvedere i comuni valendosi della legge che mette a carico dello Stato il 50 per cento dell’importo delle opere stesse. Il Governo, per quanto attiene al successivo intervento per la riparazione dei danni nei limiti delle sue disponibilità e delle leggi che regolano la materia, agirà con la massima larghezza perché sente il dovere di venire incontro a delle popolazioni che, senza loro colpa, hanno subito danni così gravi, come quelli che formano oggetto della sua interrogazione. Ad ogni modo stia tranquillo, onorevole Macrelli, che noi cercheremo di sodisfare questi bisogni con quello spirito di comprensione del quale, credo che abbiamo dato già prove concrete.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
MACRELLI. Ringrazio l’onorevole Sottosegretario di Stato all’interno e il Ministro dei lavori pubblici per le risposte che mi hanno dato. Non sono completamente sodisfatto, ed è naturale che sia così del resto.
Noto intanto che quella somma che il Ministero dell’interno ha erogato alla provincia di Forlì, colpita gravemente dal nubifragio del 22 settembre, è una somma inadeguata. Penso che dovrà ancora essere aumentata e che dalla Prefettura e dai Comuni interessati arriveranno richieste a questo proposito. Prendo atto anche di quello che ha detto il Ministro dei lavori pubblici. Sapevo già che per alcuni comuni (non per tutti) della provincia di Forlì danneggiati da quell’alluvione, erano stati erogati per riparazioni venti milioni. La distribuzione non è stata molto equa. Bisognava aggiungere qualche cosa di più. Intanto i danni hanno raggiunto e forse superato gli 80 milioni solo per quanto riguarda le opere pubbliche. Non bisogna dimenticare però, che nel quadro generale occorre aggiungere il complesso di danni apportati in quella zona all’agricoltura. L’Ispettorato dell’agricoltura di Forlì – è un altro ufficio, siamo perfettamente d’accordo – ha mandato un rapporto al Ministero competente da cui risulta che i danni complessivamente per l’agricoltura hanno raggiunto la cifra enorme di quasi trecento milioni e l’ispettorato ha chiesto che siano dati i fondi congrui per riparare – almeno in parte – quello che è stato distrutto. Ma per rimanere sul terreno della interrogazione che riguarda il Dicastero dei lavori pubblici, farò notare che le zone colpite il 22 settembre sono quelle che, in precedenza, dalla guerra avevano riportato i danni maggiori e peggiori. Basta che io ricordi Bertinoro, Civitella di Romagna,. Meldola, Predappio, Rocca San Casciano.
Danni enormi comunque e dovunque verificatisi cui si sono aggiunti ora quelli del nubifragio. Il Ministero ha dimenticato un comune, che pure era stato segnalato dal Genio civile e dall’Ispettorato delle opere pubbliche di Bologna: Mercato Saraceno, proprio la zona cui si riallacciano i ricordi della mia lontana giovinezza.
CINGOLANI, Ministro della difesa. Ed anche della più antica democrazia cristiana.
MACRELLI. La sua interruzione è opportuna, onorevole Ministro. Continui quello che ha fatto ieri sera al Colle Capitolino. (Commenti).
Dunque, si è dimenticato completamente. Vorrei che il Ministro notasse anche questa lacuna. Ad ogni modo, farò presente che il Genio civile di Forlì, pur riferendosi alle provvidenze ed alle agevolazioni di cui alle leggi 30 giugno 1940 e 21 marzo 1907, ha chiesto di urgenza un provvedimento straordinario con il quale lo Stato dovrebbe assumersi gli oneri dei lavori per le riparazioni necessarie. Io mi rivolgo al Ministro a questo proposito perché voglia accogliere le richieste. L’altro giorno, voi lo sapete, abbiamo avuto qui una battaglia per la terra di Romagna. Sembrava che si dovesse cancellare dalla storia e dalla geografia: non cancelliamola adesso anche attraverso il nubifragio e attraverso le negate provvidenze del Ministero (Si ride). Io conto tanto sull’intervento del Ministero dell’interno quanto su quello degli altri due più importanti Dicasteri: il Ministero dei lavori pubblici ed il Ministero dell’agricoltura. Sono certo che ascolteranno questa mia invocazione. (Applausi).
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole De Martino, al Ministro dei lavori pubblici, «per conoscere se esistono speciali ragioni che determinano nell’Azienda della strada la volontà o la necessità di ben mantenere le strade nazionali del Nord, del Centro e di parte dell’Italia meridionale, precisamente fino alla città di Salerno, mentre da Salerno in giù le strade nazionali sono quasi completamente abbandonate».
L’onorevole Ministro dei lavori pubblici ha facoltà di rispondere.,
TUPINI, Ministro dei lavori pubblici. La Direzione generale della strada mi assicura che le doglianze dell’onorevole De Martino non sono rispondenti allo stato delle cose – e nella specie, delle strade – perché l’A.N.A.S. afferma di procedere nelle opere di manutenzione e di miglioramento delle strade nazionali con un criterio uniforme e imparziale verso tutte le regioni.
La Direzione generale della strada mi fornisce anche delle cifre, in base alle quali, per quanto attiene ai 5 miliardi annui stanziati in bilancio per la manutenzione delle strade statali, questi vengono distribuiti in modo razionale e proporzionato sia alla lunghezza delle strade come al fabbisogno delle medesime, in ogni parte d’Italia. Inoltre, mi si assicura che, per quanto attiene a riparazioni di strade danneggiate per gli eventi bellici, si sta spendendo in questo momento, per le strade dell’Italia meridionale, una somma pari a un miliardo e 500 milioni. Io ho voluto portare una mia particolare attenzione sulla situazione di queste strade. Per quanto attiene all’erogazione di fondi già stanziati per i bilanci finanziari 1947-1948 e 1948-1949, noi disponiamo per la manutenzione, miglioramenti e fabbisogno delle strade statali, della somma di 6 miliardi. Si è disposto, dicevo, che vengano ripartiti per questi due esercizi nella seguente misura: Campania e Molise 320 milioni; Puglie 280 milioni; Basilicata 230 milioni; Calabria 270 milioni; Sicilia 2 miliardi e 180 milioni, tenuto conto che durante l’occupazione della Sicilia gli alleati trascurarono completamente la manutenzione di quelle strade, per mancanza di bitume e di asfalto, portandole in condizioni che meritano la più grande attenzione da parte degli organi governativi e tecnici.
Ove si consideri, onorevole De Martino, che la lunghezza delle strade stata è di 21.000 chilometri e che quelle rientranti nel comprensorio delle regioni indicate formano un chilometraggio complessivo di 7.800 chilometri, se ella fa la somma delle erogazioni per la manutenzione di quelle strade sui 6 miliardi, totalizzerà un complesso di 3 miliardi e 280 milioni, che rappresentano veramente una distribuzione tale – non so se da sodisfare l’onorevole De Martino per quanto riguarda il passato – ma, io credo, certamente da sodisfarlo per quanto riguarda il presente ed il prossimo futuro.
PRESIDENTE. L’onorevole De Martino ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
DE MARTINO. Per la prima parte, quella che riguarda le assicurazioni date dall’A.N.A.S., non posso dichiararmi sodisfatto.
L’onorevole Ministro ha detto che la distribuzione dei fondi viene fatta proporzionatamente, equamente; sono due vocaboli non concreti. Le provvidenze per le strade del Mezzogiorno dovrebbero essere in rapporto alla sua popolazione ed alle sue possibilità economiche. Anche le strade del Mezzogiorno rientrano in quel complesso problema, che noi consideriamo sotto l’appellativo di «problema del Mezzogiorno». Se l’A.N.A.S. intende distribuire le somme soltanto in rapporto al chilometraggio delle strade, allora va perpetuandosi il torto che si fa al Mezzogiorno, anche rispetto alle strade; mentre bisognerebbe cercare di dare al Mezzogiorno qualcosa di più.
Si potrebbe notare, come l’A.N.A.S. non nota, che, percorrendo le strade del Nord, non si va incontro agli inconvenienti che invece si hanno percorrendo le strade del Sud, inconvenienti dovuti alla cattiva manutenzione.
Richiamo l’attenzione del Ministro sul fatto che fino a Salerno esistono case cantoniere, mentre da Salerno in giù quasi non ne esistono. Mi sembra che l’A.N.A.S. non voglia tener presente questa situazione.
Per la seconda parte, riguardante la distribuzione dei 6 miliardi, mi dichiaro sodisfatto e spero che i fatti abbiano a seguire le promesse.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Bencivenga, al Presidente del Consiglio dei Ministri, «per conoscere i reali motivi che hanno indotto il Governo a procrastinare fino al 30 giugno 1948, e cioè praticamente fino a dopo la convocazione dei comizi elettorali, l’istituzione del «confino di polizia», uno dei più efficaci strumenti della dittatura fascista; provvedimento, codesto, che offende gli imprescrittibili diritti della libertà, riconquistata dal popolo italiano a prezzo di sofferenze e di sangue e lede il diritto dell’Assemblea di definire quella parte della legge sull’elettorato attivo, sottoposta al suo esame, che riguarda la sospensione dal diritto elettorale (articolo 47)».
L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.
SCELBA, Ministro dell’interno. Necessità obiettive hanno imposto al Governo di prorogare la legge per cui protesta l’onorevole interrogante. Necessità obiettive: l’esistenza, o meglio, la persistenza di manifestazioni fasciste ed il dovere, da parte dello Stato, di reprimere siffatte manifestazioni. Unica legge che prevede la repressione di queste manifestazioni è precisamente quella per cui protesta l’onorevole interrogante, perché la legge a difesa delle istituzioni democratiche è tuttora pendente davanti l’Assemblea Costituente, ed, in attesa che l’Assemblea Costituente decida su questa legge, non poteva il Governo onestamente rinunziare all’unico strumento legale che gli era dato per reprimere queste manifestazioni fasciste, anche perché il Governo, per impegni di carattere internazionale, è tenuto a reprimere il risorgere od il manifestarsi di attività fasciste.
Si è trattato di una proroga che, per quanto riguarda la limitazione del diritto elettorale, verrà senz’altro soppressa dalle disposizioni che l’Assemblea Costituente prenderà in ordine alle limitazioni del diritto elettorale. Quindi è ovvio che la parte di questa legge che è stata prorogata, cadrà automaticamente il giorno che l’Assemblea Costituente avrà deciso in materia di limitazioni del diritto elettorale.
«Il Ministro di polizia» – come ha detto l’onorevole Bencivenga, ripetendo analoga espressione, che vorrebbe essere spregiativa, ripetuta da altri settori dell’Assemblea – non ha avuto che questo modesto compito: di proporre al Consiglio dei Ministri, che l’ha unanimemente approvata, la proroga della legge, e non intende servirsene come strumento di persecuzione. Perché è vero, onorevole Bencivenga, che il confino fu uno strumento di persecuzione di cui si servì il fascismo, ma è altrettanto veto che il fascismo si servì anche di tante altre cose che noi troviamo lecite e legittime. La differenza, e non è molto lieve, è questa, onorevole Bencivenga: che il confino di polizia veniva usato da un regime di dittatura e con sistemi di puro arbitrio che sono tipici del regime di dittatura; mentre, oggi, il confino è usato da un Governo democratico, non per consolidare un regime di dittatura, come fu nelle intenzioni del regime fascista, ma – come è detto nella legge – per difendere le libertà democratiche contro gli attentati da parte di chi nega, o ha negato nel passato la democrazia. E l’uso di questo potere è fatto alla luce del sole, è fatto sotto il controllo vigile del Parlamento e del Paese e da un Governo che è responsabile della sua azione davanti all’Assemblea Costituente.
L’onorevole Bencivenga sa benissimo che tutte queste cose non esistevano in regime fascista e che quindi non possiamo mettere sullo stesso piano e qualificare con le stesse parole altisonanti e dare lo stesso atroce giudizio a un provvedimento di questo genere da parte di un Governo democratico, per la tutela delle libertà democratiche.
Tuttavia, il Governo ha dimostrato, come è nel costume di un regime veramente democratico, di usare delle leggi con molta temperanza, tanta temperanza che forse l’onorevole Bencivenga non sa esattamente quale è il numero delle persone colpite da queste disposizioni. Il numero è limitatissimo; ma non faccio questione di numero. Se nelle disposizioni ci fosse un arbitrio e se questo arbitrio potesse colpire solamente una persona, noi dovremmo colpire l’arbitrio.
Ripeto che l’applicazione di questa disposizione è così temperata che sono appena ventuno le persone colpite dal confino; e le persone che vengono deferite alla Commissione per il confino hanno tutti i mezzi di difesa, in primo e in secondo grado.
Il Ministro dell’interno personalmente non interviene mai perché ha rinunciato ed ha delegato al Sottosegretario la presidenza della Commissione centrale. Gli imputati hanno tutte le possibilità di difesa legale: ma sono difesi ben più ampiamente dal controllo parlamentare, della stampa e dell’opinione pubblica.
Non c’è quindi nessuna preoccupazione che il confino possa essere uno strumento di tirannia del Governo, democristiano o non, o per scopi di partito. Questo è assolutamente lontano dalle nostre intenzioni; e gli uomini che siedono a questi banchi di Governo possono dare garanzie sufficienti, che non si serviranno mai del potere per compiere soprusi contro le libertà dei cittadini, dal momento che molti di questi uomini hanno conosciuto quello che è stato il regime fascista ed il sistema poliziesco fascista.
PRESIDENTE. L’onorevole Bencivenga ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
BENCIVENGA. Mi dichiaro sodisfatto solo in parte, solo per l’assicurazione di avvalersi di queste disposizioni con molta moderazione.
Io avevo fatto una interpellanza, che poi ho cambiato in interrogazione, data l’esigenza dei lavori parlamentari, e mi ripromettevo di richiamare l’attenzione dell’Assemblea sulla situazione di politica interna, e sui mezzi più idonei per affrontarla.
A nessuno sfugge che esiste nel Paese un senso di malcontento e, diciamo anche, di nostalgia fascista. Ma dobbiamo anche guardare se questo non è frutto di errori commessi da noi. Quando il Comitato di liberazione nazionale a Roma ebbe l’infelice idea di fare quel decreto col quale i vecchi fascisti – anche le persone che non avevano nulla da rimproverarsi – si cacciavano come avanzi, reietti dalla società, quando si privavano del diritto di voto, quando si epuravano, quando si licenziavano e si mettevano sul lastrico padri di famiglia, è chiaro che sorgesse un senso di ribellione; ma questo è avvenuto in ogni cambiamento di regime. Però nessun regime ha preso le misure che abbiamo prese noi. Perché, signori miei, quando si è instaurata la monarchia dopo l’impero napoleonico, Luigi XVIII, non solo non ha fatto niente di male, ma ha dato pure una pensione a dei regicidi! Ora, non vi è esempio delle esagerazioni che abbiamo fatte noi. (Interruzioni – Commenti).
Comunque, c’è una questione: io, signori, credo che anche i mezzi più severi di repressione possano essere tollerati, ma quello che io combatto sono i provvedimenti di polizia, perché la polizia è uno strumento di dittatura. La polizia serve a tutto, quando la polizia non sia altro che la maschera del Ministro, che fa da dittatore.
Io vi faccio osservare che quando fu adottato il confino dal fascismo, quella era una formula non dico accettabile, ma tollerabile, e fu presentata al Parlamento, al Senato e alla Camera, ed al Senato ebbe 43 voti contrari e al Parlamento otto, perché già c’era «l’Aventino» che aveva abbandonato l’Aula.
Ebbene, dopo pochi mesi che la legge era stata approvata, questa ebbe una applicazione veramente vergognosa, ed io ne posso parlare con cognizione di causa e per fatto personale: io non avevo fatto nulla, fui chiamato di fronte ad una Commissione composta come oggi è composta; mi si domandò se io ero fascista o antifascista. Io dissi: antifascista.
La prima sanzione fu un anno di ammonizione, e fin lì niente di male. Poi, circondato da guardie e carabinieri, ho cominciato a vivere nella mia casetta; ma successivamente fui chiamato per tre giorni in questura; poi, inviato per quaranta giorni a Regina Coeli senza essere interrogato; poi, ebbi cinque anni di confino; finisco il confino e ritorno a casa, ma, non avevo nemmeno disfatto le valigie, che ebbi un’altra ammonizione, e tutto questo sotto una legge che era mitissima e molto meno grave di quel famoso decreto Bonomi del 1944.
Ora, è contro questi pericoli che io parlo; e guardate che io non dico che la polizia sia degna di biasimo e faccia questo per malvolere, ma la polizia non può fare il processo; la polizia fonda le sue decisioni sulle informazioni. Sono gli informatori, i confidenti, che possono dire quello che vogliono, perché non c’è nessun tribunale che li possa condannare per falsa testimonianza; per cui se domani uno dice che Bencivenga, che poi sarei io, cospira contro la democrazia, questo basta per impacchettarmi e portarmi via. (Commenti).
Ma, onorevole Presidente, lei pure ha passato i guai che abbiamo passato tutti noi; e quindi noi dobbiamo togliere dalle mani della polizia la possibilità di colpire a suo piacimento. Mettete cinquanta anni di galera, mettete la fucilazione, ma non applicate questo sistema di polizia, perché sono i giudici quelli che debbono condannare. Io ho passato cinque anni di confino e qui c’è qualcuno che ne ha passati anche di più. Perciò l’esperienza deve servire a qualche cosa. La polizia è uno strumento di tirannia e deve essere, quindi, ridotta solo a vigilare e a controllare, in base a leggi, l’attività materiale; ma chi deve condannare sono i giudici e non la polizia.
Questo è quello che volevo dire, il resto non ha nessuna importanza e si può trascurare. Ma io vi invito a leggere gli articoli 1 e 3 di questa legge, che oggi sono stati richiamati in vigore. Con questi articoli si può colpire chiunque di noi, anche un antifascista: solo che ad uno salti in testa di girare col frustino e gli stivali, può èssere accusato di neo-fascismo ed inviato al confino!
In queste condizioni dobbiamo portare il popolo alle urne? No, onorevole Ministrò: siamo esperti noi. Lei è troppo giovane; ma noi abbiamo fatto tutta una esperienza. Perciò io protesto; ma, naturalmente, non c’è niente da fare, perché oggi siamo su per giù con una dittatura come quella che è andata via.
(Commenti – Proteste al centro).
SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. Vorrei ancora dire due parole all’onorevole Bencivenga, affinché non resti l’impressione che, nell’infliggere il confino di polizia, sia la polizia arbitra e sovrana.
C’è una disposizione di legge, la quale stabilisce i casi tassativi e precisi in cui si può essere mandati al confino: questo è detto nella legge, e non è la polizia che ha stabilito questo. La polizia non può mandare nessuno al confino all’infuori delle persone che vengono trovate nelle condizioni previste dalla legge. Chi decide? Non la polizia, ma una commissione in cui sono presenti anche i rappresentanti della Magistratura, perché fa parte della commissione in magistrato.
Quindi, non vedo assolutamente perché si debba parlare di arbitrio della polizia o del Ministro dell’interno, o peggio di dittatura del Ministro dell’interno, in questo caso.
Sono pienamente d’accordo con l’onorevole Bencivenga che una legge di questo genere nelle mani di un governo dittatoriale può mandare al confino anche autentici democratici. Sono d’accordo quindi e, in linea di principio, sono contro tutte le leggi che possono potenzialmente servire gli arbitri di un governo dittatoriale. Ma questa legge oggi viene applicata in un regime di democrazia da un governo democratico, con l’esistenza di un Parlamento. Il giorno in cui queste condizioni non esistessero più, non avremmo nessuna garanzia di libertà né con questa, né con qualsiasi altra legge.
Ma finché il Parlamento esiste, finché la libertà di stampa sarà una realtà concreta, finché il controllo del Paese sarà vigile sugli atti del Governo, non deve esservi nessun timore o preoccupazione che di questa legge qualcuno si servirà per commettere arbitri o attentati.
D’altronde, l’applicazione concreta di questa legge ha dimostrato come il Governo sia conscio della sua responsabilità e, soprattutto, come il Governo intenda dimostrare il suo spirito democratico.
PRESIDENTE. Seguono due interrogazioni dell’onorevole Lettieri, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per conoscere se non ritenga di disporre – in considerazione del continuo depauperamento della terra delle colline, provocato dalle piogge e dalle annuali e superficiali coltivazioni – che sulle colline, specie a forte pendio, siano sospese le coltivazioni superficiali, sia impedito il depauperamento della terra (muratura, palizzate) e sia favorita in ogni modo la piantagione di alberi a profonde e fitte radici», e allo stesso Ministro, «per conoscere se non creda opportuno favorire ed incoraggiare l’allevamento del baco da seta e l’allevamento delle api, per incrementare la produzione e la ricchezza nazionale».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha facoltà di rispondere.
ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Rispondo per conto del Ministro dell’agricoltura, che è indisposto.
Per quanto riguarda la prima interrogazione, non occorre alcuna nuova disposizione di legge, in quanto l’attuale legislazione permette di intervenire con l’istituto del vincolo idrogeologico di cui alla legge del 30 dicembre 1923, quando i terreni di qualsiasi natura e destinazione – quindi anche quelli di collina, cui si riferisce l’interrogazione – per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con la loro buona conservazione, possano, con danno pubblico, subire denudazione, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque.
Per quanto riguarda poi le piantagioni, vi sono numerose provvidenze legislative che vanno dalla semplice concessione gratuita di semi e piantine alla direzione tecnica ed alla concessione di contributi da parte dello Stato.
Per quanto concerne la seconda interrogazione, osservo che la bachicoltura in Italia rappresenta indubbiamente un notevole cespite di entrata, il quale può essere valutato a circa 10 miliardi come valore dei bozzoli. Essa offre inoltre lavoro a numerose maestranze industriali della trattura della seta (filanda), della tintura, tessitura, ecc.
La produzione dei bozzoli, realizzata quest’anno, è di circa 25 milioni di chilogrammi, ma in passato si sono raggiunti anche 40-50 milioni di chilogrammi.
Il patrimonio gelsicolo attualmente esistente – nonostante distruzioni effettuate in questi ultimi anni – consentirebbe di poter aumentare sensibilmente la produzione, ma i bassi prezzi dei bozzoli, in rapporto a quelli degli altri prodotti agricoli, non invogliano gli agricoltori ad incrementare gli allevamenti dei bachi.
Tali prezzi (lire 200-300 al chilogrammo) inadeguati al costo di produzione dei bozzoli, sono la conseguenza della scarsa richiesta della nostra seta sui mercati esteri, seta che veniva specialmente esportata negli Stati Uniti.
Il Ministero dell’agricoltura è convinto che occorre intervenire tempestivamente per evitare il collasso della bachicoltura, che potrebbe essere provocato dall’attuale situazione del mercato mondiale delle sete. Ciò perché è ben noto, per l’esperienza fatta in passato, che dopo una riduzione, per qualche anno, degli allevamenti, difficile riesce, se non impossibile, ritornare sulle posizioni perdute, anche quando mutino in meglio le condizioni del mercato. Il Ministero perciò si è interessato quest’anno per assicurare l’aumentato stanziamento per il corrente esercizio finanziario (2 milioni) – stanziamento inadeguato agli intendimenti che si prefigge di raggiungere se si pensa all’attuale svalutazione della moneta –, oltre alla diffusione di materiale apistico a prezzo di favore, come già fatto per lo scorso anno e che ha dato notevoli risultati, ha inoltre in animo di curare particolarmente l’assistenza sanitaria agli apiari, affinché in ogni momento si sia in grado di soffocare eventuali focolari di peste americana ed europea od altre malattie, ed ha in animo, altresì, di indire dei corsi di apicoltura, in quelle provincie ove questa si distingua per la sua importanza al fine di avere degli allevamenti razionali conformi ai più moderni accorgimenti che vengono oggi praticati.
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
LETTIERI Sono sodisfatto per ciò che riguarda la bachicoltura e l’apicoltura. Però raccomanderei al Ministro d’istituire a Vallo di Lucania, capoluogo del Cilento, un istituto per la diffusione dell’una e dell’altra coltura.
ANDREOTTI, Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Riferirò al Ministro dell’agricoltura e delle foreste.
LETTIERI. È naturale: è una raccomandazione. Una volta il Cilento era un terreno dove il baco da seta rappresentava un’industria fiorente e redditizia.
Per la prima interrogazione, invece, non sono sodisfatto. Ho letto ieri un magnifico articolo del Ministro Segni sul Domani d’Italia, articolo scritto dopo una visita fatta alla Basilicata, alle Calabrie, alla Puglia. In dette regioni il Ministro ha visto – egli scrive – le terrificanti argille della Basilicata; ha visto i danni incalcolabili prodotti dall’acqua piovana; ha visto la miseria; ha visto anche che intere popolazioni hanno dovuto lasciare i loro paesi, causa la miseria, e trasferirsi altrove. Noi del Cilento abbiamo colline e terreni somiglianti a quelli della Basilicata, dove v’è la stessa miseria, dove vi sono gli stessi bisogni. Il nostro povero contadino, pur di fare un po’ di grano per la propria famiglia, coltiva la terra sulle colline ripidissime, dove terra non ve n’è, o ve n’è per pochi centimetri.
I contadini scorticano quelle colline, e le piogge autunnali portano via la terra, le semenze ed i frutti degli alberi. In molti paesi non v’è più la terra; v’è l’argilla, v’è la pietra. E continuando così, fra poche diecine di anni, vedremo delle zone assolutamente spoglie e depauperate della terra, nude di alberi; su queste colline vi sono alberi tisici, invecchiati, con produzione scarsa e di cattiva qualità.
Ora, occorre arginare l’acqua piovana; occorre convogliarla. E questo lavoro non lo può fare il privato: fallirebbe. Ci vogliono lavori colossali da fare a monte. E occorrerebbe, secondo me, impedire la coltura del grano in queste zone ripide. Molte volte il povero contadino, dopo un anno di lavoro, non raccoglie neppure la quantità di semenza che ha seminato; occorrerebbe assolutamente favorire la coltura arborea. Gli alberi sulle colline con le loro radici trattengono la terra e la terra, quando non è zappata, non viene spostata facilmente dalle piogge. Secondo me, bisognerebbe incrementare assolutamente la coltura arborea, anche per sodisfare alle esigenze della gente: con la vendita dei frutti degli alberi il contadino potrebbe comperare il pane, mentre oggi, dopo un lavoro di mesi e mesi, molte volte non ha neppure il pane per sfamarsi.
Quindi vorrei raccomandare al Ministro – rifacendomi all’articolo, cui ho accennato, scritto con fede, con nobiltà di sentimenti, con cuore, con promessa di aiuti immediati, di ricordarsi che oltre alla Basilicata, alle Calabrie, ecc., v’è anche il Cilento, che è la zona più disagiata della provincia di Salerno. Vorrei raccomandare al Ministro di non fermare la sua attenzione solo sulle zone ricche di Salerno, Battipaglia, Pontecagnano, Nocera, ecc., che non hanno bisogno della visita degli uomini di Governo, ma visitare le zone disagiate, come il mio povero Cilento.
Occorre inoltre iniziare la bonifica dei torrenti principali ed io mi riferisco specialmente all’Alento che prende origine dal Comune di Stio e sbocca a mare nei pressi di Casal Velino dopo un percorso di parecchie decine di chilometri. Tale torrente colmo d’acqua nei mesi invernali con un letto largo in alcune zone molte centinaia di metri è causa di danni incalcolabili sui terreni coltivati che ne formano i limiti nel suo lungo cammino. Si potrebbe ridurne il letto a pochi metri, renderne il percorso tortuoso per attenuare l’impeto delle acque e lateralmente a tale corso ristretto sorgerebbero evidentemente immensi piani di terra fertile che in parte compenserebbero il depauperamento della terra delle colline, ove continuando l’attuale errato sistema di coltura del grano presto, fra poche diecine di anni, la terrà scomparirà del tutto e la miseria più nera piomberà sugli attuali proprietari.
Prego il Ministro d’incoraggiare la coltura arborea. Faccia piantare alberi sulle montagne, sulle colline, sulle vie comunali, provinciali, statali, pedonali, mulattiere, lungo i torrenti, lungo i fiumi. Avremo milioni e milioni di piante più di quelle esistenti. Si cooperi l’onorevole Ministro perché arrivino facilmente ai nostri laboriosi contadini semenze scelte, piante selezionate, tecnici agrari e quant’altro occorre perché la terra dia prodotti abbondanti e di qualità. Incoraggi e promuova la industrializzazione dei prodotti della terra e degli alberi. Faccia utilizzare le acque che oggi corrono inerti al mare. Smorzi la sete inesauribile del fisco a carico dei piccoli e disagiati proprietari. Crei l’agronomo condotto. Consigli l’allevamento delle api, del baco da seta, degli animali domestici. Premi i volenterosi, vada personalmente a visitare le zone più abbandonate dell’Italia meridionale, come già sta praticando.
Vada, lei Ministro, dove v’è bisogno di aiuto immediato, dove v’è la fame, dove v’è bisogno del medico illuminato, sapiente e di cuore. Vada lei in questi posti, onorevole Ministro, e vedrà che la sua visita sarà salutare, sarà efficace, sarà risanatrice.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Arata, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per sapere se non ritenga opportuno che, a differenza della condotta negativa tenuta su questo punto dal Governo negli anni decorsi, siano disposti sin d’ora, e comunque prima della semina, opportuni piani e provvidenze diretti ad ottenere il massimo incremento della prossima campagna granaria, evitandosi così che, nella completa oscurità circa gli orientamenti e i disegni del Governo, essa abbia ancora a svolgersi con criteri e piani di mera convenienza aziendale e personale, sovente contrastanti col superiore interesse e le esigenze della collettività».
Non essendo presente l’onorevole Arata s’intende che vi abbia rinunziato.
Seguono due interrogazioni dell’onorevole Scotti Alessandro:
al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per conoscere quali provvedimenti intenda adottare per la prossima annata agraria 1947-48 in merito agli ammassi obbligatori dei cereali e se ritenga di accedere alle generali richieste dei contadini, abolendo i detti ammassi che si sono dimostrati di grave onere per il bilancio dello Stato e di gravissimo peso per i produttori, non dando, d’altra parte, per risultato che una sensibile contrazione della produzione. L’interrogante fa presente che l’abolizione degli ammassi, sia pure sostituita in via provvisoria con quegli accorgimenti che potranno rivelarsi opportuni, consentirà di provvedere con maggiore sicurezza al sostentamento dei meno abbienti, specie addivenendosi alla somministrazione di una parte del salario o stipendio in natura, a cura ed a carico, naturalmente, dei datori di lavoro. Ricorda che, essendo imminenti i lavori preparatori per la semina, questa, nell’ipotesi della persistenza del regime di ammasso, si attuerebbe – dato lo stato d’animo diffuso nelle campagne – su scala ridottissima»;
al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per conoscere se non ritenga opportuno soprassedere alla costituzione del Consorzio nazionale canapa, se pure con la sola partecipazione degli agricoltori, essendo tale provvedimento in contrasto con la volontà dei canapicoltori, i quali chiedono la libera disponibilità del loro prodotto. L’ammasso obbligatorio della canapa avrebbe quale risultato un’ulteriore riduzione di tale coltura, con grave danno dell’economia nazionale»».
Non essendo presente l’onorevole Scotti s’intende che vi abbia rinunziato.
Segue l’interrogazione dell’onorevole Giacchero, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per sapere se, vista la continua diminuzione delle superfici coltivate a grano e l’insufficienza delle assegnazioni di concimi chimici (circa 13 chilogrammi per ettaro), non ritenga di dovere urgentemente stabilire, prima degli inizi dei lavori di semina, il prezzo del grano per il futuro raccolto del 1948 e impegnarsi ad assegnare ad ogni comune ed a prezzo ragionevolmente proporzionale a quello del grano e tempestivamente un quantitativo sufficiente di concimi chimici».
Non essendo presente l’onorevole Giacchero, si intende che vi abbia rinunziato.
Segue l’interrogazione degli onorevoli Tremelloni, Segala e Ghidini, al Ministro delle finanze, «per conoscere quale fondamento di verità abbia la notizia, apparsa sui giornali, che in Sicilia è stata abolita la nominatività obbligatoria dei titoli azionari. E per sapere, nel caso in cui la notizia sia esatta, quale atteggiamento intende prendere il Governo».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.
MALVESTITI, Sottosegretario di Stato per le finanze. L’Assemblea regionale siciliana ha effettivamente approvato il testo della legge che abolisce la nominatività delle azioni delle nuove società, non delle vecchie.
La legge non è stata ancora pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione. Questa stessa legge è stata impugnata dal Commissario del Governo davanti all’Alta Corte, ai sensi dell’articolo 25 dello Statuto siciliano del 15 maggio 1946, n. 455.
Mi sembra opportuno leggere qualche considerazione dell’atto d’impugnativa:
«Si vorrebbe derogare ad una disposizione emanata nello interesse generale costituendo con le società siciliane di nuova formazione una situazione fiscale di privilegio che potrebbe attirare il risparmio in Sicilia, ma che potrebbe avere sensibili ripercussioni sul mercato nazionale.
«Ma al disopra della norma positiva sopra richiamata, sembra che la legge sia viziata per un principio generale, quello che la potestà legislativa regionale deve trovare un limite insuperabile nella giurisdizione territoriale. Si deve perciò considerare illegittima ogni attività normativa della Regione che venga a creare un duplice ordinamento giuridico nel restante territorio dello Stato».
L’atto d’impugnativa prosegue affermando che, nel caso in esame, i titoli al portatore dovrebbero avere circolazione anche fuori della Sicilia, in contrasto con le no norme vigenti; né a tale conseguenza si potrebbe ovviare con un controllo valutario fra l’Isola ed il continente, che impedisse il trasferimento di titoli al portatore perché tale controllo sarebbe impossibile. Queste le considerazioni dell’atto di impugnativa.
E poiché l’Alta Corte, come l’onorevole Tremelloni sa, non è in funzione perché non ne sono stati nominati ancora i membri dall’Assemblea Costituente, non ha potuto esaminare e discutere l’impugnativa e ne consegue che la legge stessa è rimasta sospesa.
Sono state richieste altre informazioni all’intendenza di finanza.
L’amministrazione finanziaria segue con interesse la questione perché, avuto riguardo ai fini tributari che con la nominatività obbligatoria si possono raggiungere, sia nei riflessi dell’imposta ordinaria che di quelle straordinarie, ritiene opportuno che non sia comunque infirmato il principio della nominatività obbligatoria dei titoli azionari in tutto il territorio nazionale.
PRESIDENTE. L’onorevole Tremelloni ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
TREMELLONI. Ringrazio il Sottosegretario di Stato per le finanze per la risposta che mi ha fornito e mi dichiaro sodisfatto.
La mia interrogazione aveva appunto lo scopo di segnalare una notizia che era apparsa sui giornali e che aveva provocato un certo disappunto; aveva anche lo scopo di sottolineare alcuni segni, che vanno accentuandosi, di autarchia regionale economica. Essi rappresentano – a mio avviso – un regresso, quando lo spirito con cui i colleghi votarono per la Regione nella nostra Assemblea era tale da costituire – almeno a me pare – uno stimolo al progresso economico. La più ampia dimensione spaziale, nella soluzione dei problemi economici, ha una grande importanza; noi cadremmo in un mortale errore se volessimo procedere a ritroso, ed io mi auguro che i nostri amici siciliani sappiano per primi evitare questo allettevole ma pericoloso viottolo.
Il Governo, da parte sua, deve – a mio avviso – difendere una politica economica unitaria, deve cioè evitare che le aree depresse siano private del calore della cordiale collaborazione di tutti i cittadini e debbano sentire ragioni di autarchia nella mancanza di solidarietà da parte delle Regioni più favorite. Nell’economia del mondo – si è replicato spesso – non possono sussistere isole di prosperità nel mare della miseria; nell’economia italiana non dobbiamo consentire che questo ragionamento sia inapplicabile. Noi dobbiamo cercare che questo mare di miseria non permanga nel nostro Paese.
MALVESTITI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Il Governo non può che essere d’accordo con le linee generali di politica economica delineate in questo momento dall’onorevole Tremelloni.
PRESIDENTE. Le seguenti interrogazioni sono rinviate su richiesta dei Ministri interessati:
Miccolis, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per conoscere se risulta rispondente a verità quanto è stato pubblicato dal quotidiano Il Globo del 18 luglio 1947, secondo cui grano turco avariato per uso zootecnico viene venduto all’asta ad un prezzo più che raddoppiato, o quasi triplicato rispetto a quello di lire 1600-1900 corrisposto dagli ammassi agli agricoltori, i quali in genere sono nel tempo stesso allevatori ed acquirenti di mangimi. Se gli risulta che il fatto denunziato dalla stampa alla pubblica opinione si riferisce ad un caso eccezionale di speculazione, che a nessun privato sarebbe consentita, oppure ad un sistema instaurato dagli enti ammassatori, i quali per sottoprodotti, commisti a materiale estraneo di ogni natura fino al 90 per cento, richieggono prezzi di gran lunga superiori ai prodotti genuini. Se l’onorevole Ministro ritiene simile commercio, monopolistico ed esoso, lecito e capace di favorire la produzione di carni, grassi, latticini con conseguente contrazione di prezzi»;
Caso, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere come intenda sistemare giuridicamente la posizione di alcuni insegnanti delle scuole di avviamento al lavoro, i quali, non essendo di ruolo, non godono dei benefici di legge pur prestando a volte per decenni il loro incondizionato servizio allo Stato; e se non ritenga opera di giustizia promuovere un decreto legislativo che parifichi agli altri funzionari statali il trattamento da farsi doverosamente agli insegnanti delle scuole di avviamento al lavoro»;
Mancini, al Ministro dei trasporti, «per conoscere le cause del grave disastro sulla linea ferroviaria Camigliatello-Cosenza, gestita dalla Società Calabro-Lucana, nel quale hanno incontrato la morte cinque padri di famiglia, e si lamentano numerosi feriti. Si chiede se sia consentito, su queste linee a forte pendenza, il movimento di automotrici, logorate dal tempo e dall’uso, e per giunta sottoposte quotidianamente ad un sovraccarico di viaggiatori. I quali non lasciano né meno libero – con evidente e continuo pericolo – lo spazio riservato al conducente, di cui limitano vigilanza e possibilità di movimento e di immediata e provvida manovra»;
Mancini, al Ministro dei trasporti, «per conoscere se non creda doveroso mettere in esercizio sull’elettro-treno Roma-Reggio Calabria lo stesso materiale ferroviario in uso sull’elettro-treno Roma-Milano, aggiungendovi, come in questo, qualche vettura di seconda classe. L’interrogante chiede ancora che venga concessa, soddisfacendo i voti delle popolazioni cosentine e catanzaresi, una vettura diretta sul diretto che parte da Roma alle ore 19.10»;
Monticelli, ai Ministri di grazia e giustizia e del lavoro e previdenza sociale e all’Alto Commissario per l’alimentazione, «per sapere se risponde a verità quanto il giornale Il Mattino dell’Italia Centrale ha pubblicato in merito al mancato versamento della somma di lire 342.300 da parte della cooperativa «La Rinascita», di Grosseto, che, incaricata dalla Sepral di provvedere alla distribuzione ai vari comuni della provincia di 163 quintali di riso sequestrato il 12 febbraio 1946 dalla squadra annonaria, ne versò il ricavato l’8 agosto 1947, cioè dopo oltre un anno e mezzo, quando già era stata presentata denunzia per appropriazione indebita alla Procura della Repubblica di Novara. Per conoscere altresì quali provvedimenti si intendono adottare, anche da parte del Ministro del lavoro, verso la suddetta cooperativa»;
Monticelli, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale e all’Alto Commissario per l’alimentazione, «per sapere se risponda a verità quanto il giornale II Mattino dell’Italia Centrale ha pubblicato in merito alla mancata distribuzione alle cooperative di consumo di 200 quintali di baccalà salinato, assegnato dall’Alto Commissariato per l’alimentazione alla Federazione provinciale delle cooperative di Grosseto, e da questa rivenduto, a prezzo notevolmente maggiorato, ad una ditta di Fucecchio. In caso affermativo, quali provvedimenti intende prendere il Ministro del lavoro verso la Federazione delle cooperative di Grosseto»;
Nobile, al Ministro dei lavori pubblici, «per conoscere quale ingegnere sia stato designato, ed in base a quali criteri, per i lavori relativi ai beni immobiliari di proprietà dello Stato italiano in Varsavia».
È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni inscritte all’ordine del giorno.
Per alcune interrogazioni con carattere d’urgenza.
CIFALDI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIFALDI. Desidererei pregarla, signor Presidente, di chiedere al Ministro dei lavori pubblici quando intenda rispondere ad una mia interrogazione del 14 settembre, con la quale si sollecitano provvedimenti a favore di moltissimi senzatetto di Benevento.
PRESIDENTE. Interesserò il Ministro competente.
PERLINGIERI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERLINGIERI. Analoga preghiera desidero rivolgere per quanto riguarda una mia interrogazione al Ministro dell’industria e al Ministro delle finanze, interrogazione posta all’ordine del giorno di alcune sedute or sono, ma la cui discussione fu rinviata d’accordo col Ministro. Vorrei pregare che venisse fissata nuovamente la data di discussione.
PRESIDENTE. Sta bene.
PERUGI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERUGI. Analoga preghiera vorrei fare io nei riguardi di una interrogazione rivolta al Ministro delle finanze, interrogazione che doveva essere discussa alcuni giorni or sono e che fu rinviata perché il Ministro non aveva elementi disponibili.
PRESIDENTE. Sarà provveduto anche per la sua interrogazione.
MACRELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACRELLI. Giorni fa presentai una interrogazione con carattere di urgenza, diretta ai Ministri del tesoro e delle finanze, sulle pensioni di guerra e i danneggiati civili. Mi si disse che sarebbe stata data urgente risposta.
MALVESTITI, Sottosegretario di Stato per le finanze. È il Ministro del tesoro che deve rispondere.
MACRELLI. Riguarda anche il Ministro delle finanze.
PRESIDENTE. Sarà provveduto anche per questa interrogazione, onorevole Macrelli.
La seduta termina alle 12.40.