ASSEMBLEA COSTITUENTE
CCXVII.
SEDUTA DI SABATO 13 SETTEMBRE 1947
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI
INDICE
Congedo:
Presidente
Disegno di legge: Norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali (Seguito della discussione):
Presidente
Cosattini
Uberti, Relatore
Marazza, Sottosegretario di Stato per l’interno
Buffoni
Bettiol
Mannironi
Schiavetti
Fuschini
Veroni
Scelba, Ministro dell’interno
Covelli
Coppi
Fabbri
Bencivenga
Lussu
Giua
Patricolo
Interrogazioni con richiesta d’urgenza (Annunzio):
Presidente
Scelba, Ministro dell’interno
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 10.
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.
(È approvato).
Congedo
PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Tosi.
(È concesso).
Seguito della discussione del disegno di legge: Norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali. (16).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali.
Ricordo che nell’ultima seduta era stato approvato l’articolo 29. Dobbiamo ora passare all’articolo 30. Avverto che il Governo ha presentato diversi emendamenti concordati con la Commissione.
Si dia lettura dell’articolo 30.
RICCIO, Segretario, legge:
«Non più tardi del 31 dicembre il sindaco, con avviso da affiggersi all’albo comunale e in altri luoghi pubblici, invita chiunque intenda proporre ricorsi contro la ripartizione del comune in sezioni, la circoscrizione delle sezioni, la determinazione dei luoghi di riunione di ciascuna di esse, l’assegnazione degli elettori alle singole sezioni e il trasferimento di essi da una ad altra sezione, a presentarli entro il 15 gennaio alla Commissione elettorale mandamentale, anche per tramite dell’ufficio comunale che ne rilascia ricevuta.
«Durante questo periodo, il testo della deliberazione di cui all’articolo 26, con i documenti relativi e con un esemplare delle liste di sezione, deve rimanere depositato nella segreteria del comune perché ogni cittadino possa prenderne visione.
«Dell’avvenuta pubblicazione dell’avviso è data immediata notizia al prefetto, al quale dev’essere trasmessa, altresì, una copia della deliberazione.
«Il sindaco, non oltre il 25 gennaio, trasmette al presidente della Commissione elettorale mandamentale il testo della deliberazione con i documenti e gli eventuali ricorsi presentati, insieme con due esemplari delle liste delle nuove sezioni e l’elenco delle variazioni apportate alle liste delle sezioni preesistenti.
«Entro il 31 marzo la Commissione mandamentale decide sui reclami, approva le nuove liste di sezione, e le variazioni a quelle delle sezioni preesistenti, tenendo conto delle decisioni adottate ai sensi dell’articolo 22 e autentica le liste, attestando in calce a ciascuna di esse il numero degli elettori che vi sono compresi, dopo aver riportato, sopra i due esemplari delle liste relative alle sezioni preesistenti depositati presso di essa le variazioni già approvate.
«Il Presidente vidima ciascun foglio con la propria firma e il bollo della Commissione.
«I due esemplari delle liste di sezione restano depositati nell’ufficio della Commissione elettorale mandamentale fino a quando non saranno indette le elezioni.
«Le decisioni della Commissione mandamentale sono immediatamente comunicate alla Commissione comunale che apporta all’altro esemplare delle liste le conseguenti variazioni.
«Entro quindici giorni dalla comunicazione, il sindaco provvede, con le modalità di cui all’articolo 17, ultimo comma, a notificare agli interessati le decisioni della Commissione sui reclami proposti.
«La Commissione mandamentale, qualora accerti, d’ufficio o su denunzia degli interessati, l’esistenza di errori materiali di scritturazione od omissioni di nomi di elettori regolarmente iscritti nelle liste generali, può apportare le occorrenti variazioni alle liste di sezione fino al secondo giorno antecedente a quello delle elezioni, dandone immediata notizia al sindaco che provvede ad informarne tempestivamente i presidenti delle singole sezioni».
PRESIDENTE. A questo articolo il Governo ha proposto il seguente emendamento:
«Scinderlo nei due articoli seguenti:
Art. 30.
«Nori più tardi del 31 dicembre il sindaco, con manifesto da affiggersi all’albo comunale e in altri luoghi pubblici, invita chiunque intenda proporre ricorsi contro la ripartizione dei comune in sezioni, la circoscrizione delle sezioni, la determinazione dei luoghi di riunione di ciascuna di esse, l’assegnazione degli elettori alle singole sezioni e il trasferimento di essi da una ad altra sezione, a presentarli entro il 15 gennaio alla Commissione elettorale mandamentale, anche per tramite del Comune che ne rilascia ricevuta.
«Durante questo periodo, la deliberazione di cui all’articolo 26, corredata dei documenti relativi e di un esemplare delle liste di sezione, rimane depositata nell’ufficio comunale perché ogni cittadino possa prenderne visione.
«Dell’avvenuta pubblicazione del manifesto è data immediata notizia al prefetto, al quale dev’essere trasmessa, altresì, una copia della deliberazione.
«Il sindaco, non oltre il 25 gennaio, trasmette al presidente della Commissione elettorale mandamentale la deliberazione di cui all’articolo 26 con i documenti e gli eventuali ricorsi presentati, insieme con due esemplari delle liste delle nuove sezioni e l’elenco delle variazioni apportate alle liste delle sezioni preesistenti.
«Per la ricezione degli atti da parte della Commissione elettorale mandamentale e per gli eventuali inadempimenti del Comune, si osservano le disposizioni di cui al terzo e quarto comma dell’articolo 21».
Art. 30-bis.
«Entro il 31 marzo la Commissione mandamentale decide sui reclami, approva le nuove liste di sezione, e le variazioni a quelle delle sezioni preesistenti, tenendo conto delle decisioni adottate ai sensi dell’articolo 22 e autentica le liste, attestando in calce a ciascuna di esse il numero degli elettori che vi sono compresi, dopo aver riportato sopra i due esemplari delle liste relative alle sezioni preesistenti depositati presso di essa, le variazioni già approvate:
«Il presidente vidima ciascun foglio con la propria firma e il bollo della Commissione.
«I due esemplari delle liste di sezione restano depositati nell’ufficio della Commissione elettorale mandamentale.
«Le decisioni della Commissione mandamentale sono comunicate, entro lo stesso termine di cui sopra, alla Commissione comunale che apporta all’altro esemplare delle liste le conseguenti variazioni.
«La Commissione mandamentale, qualora accerti, d’ufficio o su denunzia degli interessati, l’esistenza di errori materiali di scritturazione od omissioni di nomi di elettori regolarmente iscritti nelle liste generali, può apportare le occorrenti variazioni alle liste di sezione fino al secondo giorno antecedente a quello delle elezioni, dandone immediata notizia al sindaco che provvede ad informarne tempestivamente i presidenti delle singole sezioni».
Pongo in discussione l’articolo 30 nel nuovo testo.
Chiedo alla Commissione se lo accetta.
UBERTI, Relatore. La Commissione lo accetta.
COSATTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COSATTINI. Questo progetto prevede un eccessivo numero di scritturazioni. Si prevede la formazione di tre liste, una delle quali dovrebbe essere depositata presso la Commissione mandamentale. Io vorrei sapere dalla Commissione quale è la funzione di queste tre liste e richiamo l’attenzione dell’Assemblea sul costo di queste scritturazioni e sulla spesa cui si va incontro.
Trovo detto qui: «…Il sindaco, non oltre il 25 gennaio, trasmette al presidente della Commissione elettorale mandamentale la deliberazione di cui all’articolo 26 con i documenti e gli eventuali ricorsi presentati, insieme con due esemplari delle liste delle nuove sezioni e l’elenco delle variazioni apportate alle liste delle sezioni preesistenti».
Poiché il numero massimo degli elettori per ogni sezione è stato portato ad 800, si renderà necessario presentare un elenco per tutte le sezioni. Sarebbe questo un quarto elenco di tutti gli elettori. Ecco perché, per semplificare, vorrei, quindi, che si dicesse che le liste debbono essere accompagnate dall’elenco delle variazioni per le nuove iscrizioni per evitare di dare un nuovo elenco.
PRESIDENTE. Onorevole Cosattini, lei così presenta un emendamento. La prego di depositarne il testo al banco della Presidenza.
L’onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.
UBERTI, Relatore. Alla terza lista depositata presso la Commissione mandamentale non si può rinunciare, perché il deposito delle liste e la loro conservazione da parte della Commissione mandamentale sono garanzie contro possibili manomissioni delle liste nelle mani del Comune. Quindi, trattandosi di una garanzia per tutti, ritengo che anche l’onorevole Cosattini vi aderirà. Invece importante è la sua osservazione riguardante le limitazioni delle variazioni alle nuove iscrizioni e alle cancellazioni, perché dovendosi rifondere tutte quante le sezioni per ridurle da mille elettori a 800, ne risulterebbe che le liste delle variazioni comprenderebbero di fatto tutti gli iscritti, mentre quello che è importante per la Commissione mandamentale è di conoscere solo le nuove iscrizioni oppure le cancellazioni, per portare su questi punti maggiormente la propria attenzione.
Quindi l’emendamento proposto dall’onorevole Cosattini per questa parte ritengo che possa essere utilmente accettato.
PRESIDENTE. L’onorevole Marazza ha facoltà di esprimere il parere del Governo.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Concordo con il Relatore.
PRESIDENTE. L’emendamento Cosattini è del seguente tenore:
Al quarto comma, dopo le parole: «elenco delle variazioni» aggiungere le altre: «per nuove iscrizioni o per radiazioni».
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Pongo in votazione l’art. 30 che, con l’emendamento Cosattini testé approvato, è del seguente tenore:
«Non più tardi del 31 dicembre il sindaco, con manifesto da affiggersi all’albo comunale e in altri luoghi pubblici, invita chiunque intenda proporre ricorsi contro la ripartizione del comune in sezioni, la circoscrizione delle sezioni, la determinazione dei luoghi di riunione di ciascuna di esse, l’assegnazione degli elettori alle singole sezioni e il trasferimento di essi da una ad altra sezione, a presentarli entro il 15 gennaio alla Commissione elettorale mandamentale, anche per tramite del Comune che ne rilascia ricevuta.
«Durante questo periodo, la deliberazione di cui all’articolo 26, corredata dei documenti relativi e di un’esemplare delle liste di sezione, rimane depositata nell’ufficio comunale perché ogni cittadino possa prenderne visione. Dell’avvenuta pubblicazione del manifesto è data immediata notizia al prefetto, al quale dev’essere trasmessa, altresì, una copia della deliberazione.
«Il sindaco, non oltre il 25 gennaio, trasmette al presidente della Commissione elettorale mandamentale la deliberazione di cui all’articolo 26 con i documenti e gli eventuali ricorsi presentati, insieme con due esemplari delle liste delle nuove sezioni e l’elenco delle variazioni per nuove iscrizioni o per radiazioni apportate alle liste delle sezioni preesistenti.
«Per la ricezione degli atti da parte della Commissione elettorale mandamentale, e per gli eventuali inadempimenti del Comune, si osservano le disposizioni di cui al terzo e quarto comma dell’articolo 21».
(È approvato).
Passiamo all’articolo 30-bis del quale è stata data lettura e che è una parte del primitivo articolo 30, che Commissione e Governo hanno convenuto di dividere in due articoli.
COSATTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COSATTINI. Faccio rilevare che se il presidente della Commissione vidima ciascun foglio con la propria firma dovrà sottoporsi ad una fatica improba per firmare migliaia e migliaia di copie! Non sarebbe sufficiente il solo timbro?
UBERTI, Relatore. La firma è l’unico metodo di vera garanzia: il timbro lo possono mettere anche altri, là firma no. È meglio lasciarla.
COSATTINI. Non insisto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 30-bis.
(È approvato).
Passiamo al Titolo IV «Dei ricorsi giudiziari». Si dia lettura dell’articolo 31.
RICCIO, Segretario, legge:
«Contro le decisioni della Commissione elettorale mandamentale o delle sue Sottocommissioni, qualsiasi cittadino può proporre impugnativa davanti alla Corte d’appello con semplice ricorso, sul quale il presidente fissa, con decreto, l’udienza di discussione della causa in via d’urgenza.
«Analoga azione può essere promossa per falsa o erronea rettificazione delle liste elettorali, fatta a norma dell’articolo 23, secondo comma.
«Il ricorso dev’essere notificato, col relativo decreto di fissazione d’udienza, all’elettore o agli elettori interessati ed alla Commissione elettorale, a pena di nullità, entro venti giorni dalla notificazione di cui al penultimo comma dell’articolo 23 se è proposto dallo stesso cittadino che aveva reclamato o aveva presentato direttamente alla Commissione una domanda d’iscrizione o era stato dalla Commissione medesima cancellato dalle liste; entro trenta giorni dall’ultimo giorno di pubblicazione della lista rettificata, negli altri casi».
PRESIDENTE. Il Governo propone di sostituire l’ultimo comma col seguente:
«Il ricorso dev’essere notificato, col relativo decreto di fissazione d’udienza, all’elettore o agli elettori interessati ed alla Commissione elettorale, a pena di nullità, entro venti giorni dalla notificazione di cui al penultimo comma dell’articolo 23 se è proposto dallo stesso cittadino che aveva reclamato o aveva presentato direttamente alla Commissione una domanda d’iscrizione o era stato dalla Commissione medesima cancellato dalle liste; entro trenta giorni dall’ultimo giorno di pubblicazione della lista rettificata, negli altri casi. I termini anzidetti sono raddoppiati per i cittadini emigrati all’estero di cui all’articolo 11».
Questo emendamento è stato accettato dalla Commissione.
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Pongo in votazione l’articolo 31 che, con l’emendamento testé approvato, è del seguente tenore.
«Contro le decisioni della Commissione elettorale mandamentale o delle sue Sottocommissioni, qualsiasi cittadino può proporre impugnativa davanti alla Corte d’appello con semplice ricorso, sul quale il presidente fissa, con decreto, l’udienza di discussione della causa in via d’urgenza.
«Analoga azione può essere promossa per falsa o erronea rettificazione delle liste elettorali, fatta a norma dell’articolo 23, secondo comma.
«Il ricorso dev’essere notificato, col relativo decreto di fissazione d’udienza, all’elettore o agli elettori interessati ed alla Commissione elettorale, a pena di nullità, entro venti giorni dalla notificazione di cui al penultimo comma dell’articolo 23 se è proposto dallo stesso cittadino che aveva reclamato o aveva presentato direttamente alla Commissione una domanda d’iscrizione o era stato dalla Commissione medesima cancellato dalle liste; entro trenta giorni dall’ultimo giorno di pubblicazione della lista rettificata, negli altri casi. I termini anzidetti sono raddoppiati per i cittadini emigrati all’estero di cui all’articolo 11».
(È approvato).
Passiamo all’articolo 32. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Il ricorso coi relativi documenti dev’essere, a pena di decadenza, depositato nella cancelleria della Corte di appello entro dieci giorni dalla notifica. La causa è decisa, senza che occorra ministero di procuratore o di avvocato, sulla relazione fatta in udienza pubblica da un consigliere della Corte, sentite le parti o i loro difensori, se si presentano, ed il pubblico ministero nelle sue conclusioni orali.
«Qualora il ricorso sia riconosciuto temerario o manifestamente infondato, la Corte di appello, con la medesima sentenza di rigetto, condanna il reclamante al pagamento a favore dell’erario dello Stato di una somma da lire 1.000 a lire 5.000».
PRESIDENTE. Il Governo propone di sostituire il secondo comma col seguente:
«Per i cittadini emigrati all’estero, il ricorso è depositato entro il termine di sessanta giorni dalla data della notificazione».
Questo emendamento è accettato dalla Commissione. Lo metto ai voti.
(È approvato).
L’articolo 32 pertanto risulta così modificato
«Il ricorso coi relativi documenti dev’essere, a pena di decadenza, depositato nella cancelleria della Corte di appello entro dieci giorni dalla notifica. La causa è decisa, senza che occorra ministero di procuratore o di avvocato, sulla relazione fatta in udienza pubblica da un consigliere della Corte, sentite le parti o i loro difensori, se si presentano, ed il pubblico ministero nelle sue conclusioni orali.
«Per i cittadini emigrati all’estero, il ricorso è depositato entro il termine di sessanta giorni dalla data della notificazione».
Lo pongo in votazione con l’intesa che rimane impregiudicato il problema del diritto di voto dei cittadini italiani nati all’estero sul quale, come si ricorderà, l’Assemblea si è riservata di decidere.
(È approvato).
Segue l’articolo 33. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Il ricorso può essere proposto anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per territorio nello stesso termine e con le stesse modalità di cui ai precedenti articoli 31 e 32; nel medesimo termine, il procuratore della Repubblica, qualora riscontri nel fatto che ha dato origine al ricorso estremi di reato, promuove l’azione penale».
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 34. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Il pubblico ministero comunica immediatamente le sentenze della Corte di appello al presidente della Commissione elettorale mandamentale nonché al sindaco, il quale ne cura l’esecuzione e la notificazione, senza spesa, agli interessati.
«La sentenza della Corte di appello può essere impugnata dalla parte soccombente col ricorso in Cassazione, anche senza ministero di avvocato. Può essere impugnata anche dal procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello che ha emesso la decisione.
«Tutti i termini del procedimento sono ridotti alla metà.
«Sul semplice ricorso il presidente fissa, in via d’urgenza, l’udienza per la discussione della causa. La decisione è immediatamente pubblicata e comunicata alle autorità di cui al primo comma».
PRESIDENTE. Il Governo propone il seguente emendamento, accettato dalla Commissione:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«Le sentenze della Corte d’appello sono comunicate immediatamente dalla cancelleria, oltreché al presidente della Commissione elettorale mandamentale, al sindaco che ne cura l’esecuzione e la notificazione, senza spesa, agli interessati».
Lo pongo in voti.
(È approvato).
Il Governo ha anche proposto il seguente emendamento, pure accettato dalla Commissione:
Sostituire il terzo e il quarto comma col seguente:
«Tutti i termini del procedimento sono ridotti alla metà, fatta eccezione per i ricorsi dei cittadini emigrati all’estero. Sul semplice ricorso il presidente fissa, in via di urgenza, l’udienza per la discussione della causa. La decisione è immediatamente pubblicata. Per l’esecuzione e notificazione delle sentenze della Corte di cassazione si osservano le disposizioni di cui al primo comma».
Do lettura dell’articolo 34 con gli emendamenti testé approvati:
«Le sentenze della Corte d’appello sono comunicate immediatamente dalla cancelleria, oltreché al presidente della Commissione elettorale mandamentale, al sindaco che ne cura l’esecuzione e la notificazione, senza spesa, agli interessati.
«La sentenza della Corte di appello può essere impugnata dalla parte soccombente col ricorso in Cassazione, anche senza ministero di avvocato. Può essere impugnata anche dal procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello che ha emesso la decisione,
«Tutti i termini del procedimento sono ridotti alla metà, fatta eccezione per i ricorsi dei cittadini emigrati all’estero. Sul semplice ricorso il presidente fissa, in via di urgenza, l’udienza per la discussione della causa. La decisione è immediatamente pubblicata. Per l’esecuzione e notificazione delle sentenze della Corte di cassazione si osservano le disposizioni di cui al primo comma».
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 35. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«I ricorsi giudiziari non hanno effetto sospensivo dei provvedimenti o delle decisioni contro i quali sono proposti».
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Passiamo al Titolo V: «Disposizioni varie». Si dia lettura dell’articolo 36.
RICCIO, Segretario, legge:
«Qualora per effetto di modificazioni intervenute nelle circoscrizioni comunali occorra procedere alla compilazione delle liste elettorali di un nuovo comune, questo è tenuto a provvedervi, non oltre novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto col quale è costituito, mediante stralcio dei propri elettori dalle liste del comune ex capo luogo.
«Le liste, compilate in conformità del comma precedente, sono immediatamente trasmesse alla Commissione elettorale mandamentale che, entro quindici giorni dalla recezione, le munisce del visto di autenticazione, restituendo uno degli esemplari al comune.
«La stessa procedura si applica nel caso in cui una o più frazioni o borgate si distacchino da un comune per essere aggregate ad un altro.
«Il termine previsto nel primo comma è ridotto della metà per le variazioni da apportarsi alle liste dei comuni nei quali si è verificato il distacco.
«Qualora la pubblicazione del decreto recante modificazioni nella circoscrizione di uno o più comuni avvenga prima che sia esaurita la procedura di revisione annuale, la compilazione delle liste e le variazioni di cui ai commi precedenti sono effettuate in tale sede, sempreché lo stato delle operazioni relative lo consenta.
«Nel caso in cui il decreto sia pubblicato dopo la convocazione dei comizi elettorali, i termini previsti dal presente articolo decorrono dal decimo giorno successivo a quello stabilito per le elezioni. Ove la convocazione sia stata indetta per la elezione dei Consigli comunali, i comizi sono sospesi con provvedimento del prefetto e i termini anzidetti decorrono dalla data del provvedimento di sospensione».
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 36-bis. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«A richiesta dei comuni e delle Commissioni elettorali, i pubblici uffici devono fornire i documenti necessari per gli accertamenti relativi alla revisione delle liste».
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Segue l’articolo 37. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Tutti gli atti concernenti l’esercizio del diritto elettorale, relativi al procedimento amministrativo o al giudiziario, sono redatti in carta libera ed esenti dalla tassa di registro, dal deposito in caso di soccombenza per il ricorso in cassazione e dalle spese di cancelleria».
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 38. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«La copia delle liste generali di ciascun comune, autenticata dalla Commissione elettorale mandamentale, è conservata negli archivi della Commissione stessa, sotto la responsabilità del presidente.
«Le liste generali del comune devono essere riunite in uno o più registri debitamente numerati e conservate nell’archivio comunale.
«Le liste devono recare l’indicazione dell’anno e del numero di protocollo dell’incartamento relativo alla iscrizione di ciascun elettore.
«Chiunque può copiare, stampare o mettere in vendita le liste elettorali del comune».
PRESIDENTE. Il Governo ha proposto il seguente emendamento:
«Sostituire il secondo comma col seguente:
«La copia delle liste generali di ciascun comune, autenticata dalla Commissione elettorale mandamentale, è conservata negli archivi della Commissione stessa».
UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UBERTI, Relatore. Faccio osservare che la norma: «sotto la responsabilità del presidente», che figurava nel testo ministeriale, non è stata soppressa ma è stata trasferita nelle Disposizioni penali in cui sono fissate le varie responsabilità e le rispettive sanzioni. Comunque, accetto l’emendamento.
PRESIDENTE. Dopo questo chiarimento del Relatore, pongo in votazione l’emendamento del Governo al secondo comma.
(È approvato).
L’articolo 38, con l’emendamento testé approvato, risulta così formulato:
«Gli atti relativi alla revisione annuale delle liste elettorali sono sempre ostensibili a chiunque.
«La copia delle liste generali di ciascun comune, autenticata dalla Commissione elettorale mandamentale, è conservata negli archivi della Commissione stessa.
«Le liste generali del comune devono essere riunite in uno o più registri debitamente numerati e conservate nell’archivio comunale.
«Le liste devono recare l’indicazione dell’anno e del numero di protocollo dell’incartamento relativo alla iscrizione di ciascun elettore.
«Chiunque può copiare, stampare o mettere in vendita le liste elettorali del comune».
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Possiamo all’articolo 39. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Il sindaco o chi ne esercita le funzioni, i componenti delle Commissioni elettorali ed i rispettivi segretari sono personalmente responsabili della regolarità degli adempimenti loro assegnati dalla presente legge».
PRESIDENTE. Lo pongo ai voti.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 40. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«In caso di ritardo, da parte degli organi comunali, nell’adempimento dei compiti prescritti dalla presente legge, il prefetto delega un suo commissario.
«Le relative spese sono anticipate, salvo rivalsa verso chi di ragione, dal tesoriere comunale.
«Delle infrazioni alla legge, che hanno provocato l’invio del commissario, il prefetto dà notizia al procuratore della Repubblica presso il tribunale nella cui giurisdizione trovasi il comune».
PRESIDENTE. Lo pongo ai voti.
(È approvato).
Segue il Titolo VI: «Disposizioni penali». Si dia lettura dell’articolo 41.
RICCIO, Segretario, legge:
«Chiunque, essendovi tenuto per legge, non compie, nei termini e modi prescritti, le operazioni per la revisione delle liste degli elettori, la compilazione e l’affissione degli elenchi o non fa eseguire le notificazioni relative, è punito con l’ammenda da lire 1.000 a lire 5.000.
«Se l’omissione è dolosa, la pena è della reclusione sino ad un anno e della multa da lire 2.000 a lire 10.000».
PRESIDENTE. Il Governo ha proposto il seguente emendamento, accettato dalla Commissione:
Sostituire il primo comma col seguente:
«Chiunque, essendovi obbligato per legge, non compie, nei termini e modi prescritti, le operazioni per la tenuta e la revisione delle liste degli elettori, la compilazione e l’affissione degli elenchi o non fa eseguire le notificazioni relative o non cura la conservazione delle liste e degli atti relativi, è punito con l’ammenda da lire 1.000 a lire 5.000».
L’articolo 41, con l’emendamento testé approvato, è del seguente tenore:
«Chiunque, essendovi obbligato per legge, non compie, nei termini e modi prescritti, le operazioni per la tenuta e la revisione delle liste degli elettori, la compilazione e l’affissione degli elenchi o non fa eseguire le notificazioni relative o non cura la conservazione delle liste e degli atti relativi, è punito con l’ammenda da lire 1.000 a lire 5.000.
«Se l’omissione è dolosa, la pena è della reclusione sino ad un anno e della multa da lire 2.000 a lire 10.000».
Lo pongo ai voti.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 42. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Chiunque iscrive nelle liste o negli elenchi un elettore che non aveva il diritto di essere iscritto o cancella un elettore che non doveva essere cancellato, ovvero non iscrive un elettore che aveva il diritto all’iscrizione o non cancella un elettore che doveva essere cancellato, ovvero include o sposta arbitrariamente schede dallo schedario di cui all’articolo 5, è punito con l’ammenda da lire 1.000 a lire 5.000.
«Se il fatto è doloso, la pena è della reclusione sino ad un anno e della multa da lire 2.000 a lire 10.000».
BUFFONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BUFFONI. Ritengo che qui si faccia una certa confusione tra colpa e dolo. Vi sono fatti che evidentemente possono essere dovuti a negligenza ed anche fatti che possono essere voluti dolosamente. All’articolo 42 si parla di chi «include o sposta arbitrariamente schede…». Il concetto di spostare arbitrariamente non importa più il concetto di negligenza, ma di dolo.
PRESIDENTE. Faccio osservare che vi è il capoverso successivo in cui è detto: «se il fatto è doloso…».
BUFFONI. Ma quando si sposta arbitrariamente una scheda, non si tratta più di colpa, ma di dolo e mi pare, quindi, che l’avverbio «arbitrariamente» dovrebbe essere eliminato, perché se c’è un errore o negligenza non c’è arbitrio.
i» UBERTI, Relatore. Ma si può fare questo anche in buona fede.
BUFFONI. È un po’ difficile.
PRESIDENTE. Se gli onorevoli colleghi mi permettono di intervenire in questa discussione, vorrei osservare che l’onorevole Buffoni proporrebbe di sopprimere l’avverbio: «arbitrariamente», nel senso che se si ammette l’arbitrio si fa una presunzione di dolo.
UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UBERTI, Relatore. Si potrebbe anche togliere l’avverbio «arbitrariamente». Rilevo però che vi possono essere tre ipotesi: che lo spostamento delle schede sia fatto d’ufficio, che sia fatto per errore, per negligenza e infine per dolo. Con la norma in questione si vuol punire il secondo caso, essendo il terzo, quello in cui concorra il dolo, punito nel comma successivo.
COSATTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COSATTINI. Mi pare che il collega Buffoni sia caduto in equivoco. Può darsi che un impiegato, di sua spontanea iniziativa, compia un atto nella certezza di compiere qualche cosa di necessario, ed allora abbiamo un arbitrio in quanto egli può essere non autorizzato. Questo è un caso colposo.
MANCINI. Allora è un errore, non un arbitrio.
PRESIDENTE. L’onorevole Buffoni insiste nella sua proposta?
BUFFONI. Sì.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta Buffoni di sopprimere l’avverbio «arbitrariamente» del primo comma.
(Dopo prova e controprova, non è approvata).
Pongo in votazione l’articolo 42 nel testo della Commissione.
(È approvato).
Passiamo all’articolo 43. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Chiunque forma una lista o un elenco di elettori in tutto o in parte falsi, ovvero altera o sopprime, in tutto o in parte, una lista o un elenco di elettori, è punito con la reclusione sino a tre anni e con la multa da lire 3.000 a lire 20.000.
«Alla stessa pena soggiace chiunque sottrae od altera schede, registri e documenti relativi alle liste ed agli elenchi degli elettori».
Passiamo all’articolo 44. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Chiunque, con qualsiasi mezzo atto ad ingannare o sorprendere l’altrui buona fede, ottiene indebitamente per sé o per altri che sia effettuata un’iscrizione o non sia effettuata una cancellazione negli elenchi e nelle liste degli elettori o che sia effettuata la cancellazione d’uno o più elettori, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa da lire 1.000 a lire 10.000.
«Tali pene sono aumentate di un sesto se il colpevole sia componente di una Commissione elettorale comunale o mandamentale».
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Il Governo ha proposto un articolo 44-bis, accettato dalla Commissione. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Chiunque proponga, a termini dell’articolo 31, un’impugnativa avverso le decisioni della Commissione elettorale mandamentale o delle Sottocommissioni, o per falsa od erronea rettificazione delle liste elettorali, è punito, ove il ricorso sia riconosciuto temerario o manifestamente infondato, con la multa da lire 1.000 a lire 5.000.
«La condanna è pronunciata dalla Corte di appello con la medesima sentenza che rigetta l’impugnativa».
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(È approvato)
Passiamo all’articolo 45. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Chiunque, contrariamente alle disposizioni della presente legge, rifiuta di pubblicare ovvero di far prendere notizia o copia degli elenchi e delle liste degli elettori e dei relativi documenti, è punito con la reclusione sino a sei mesi e con la multa da lire. 1.000 a lire 5.000».
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Segue l’articolo 46. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Le condanne per i reati previsti dal presente Titolo, ove venga dal giudice applicata la pena della reclusione, importano sempre l’interdizione dai pubblici uffici per un tempo non minore di due e non superiore a cinque anni.
«Il giudice può ordinare, in ogni caso, la pubblicazione della sentenza di condanna.
«Resta sempre salva l’applicazione delle maggiori pene stabilite nel Codice penale o in altre leggi per i reati non previsti dalla presente legge.
«Ai delitti dolosi previsti dal presente Titolo non sono applicabili le disposizioni degli articoli dal 163 al 167 e 175 del Codice penale e dell’articolo 487 del Codice di procedura penale, relative alla sospensione condizionale della pena e alla non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale».
BUFFONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BUFFONI. Io mi permetto di proporre la soppressione dell’ultimo comma dell’articolo 46 che esclude dalla concessione della sospensione condizionale della pena i reati dolosi elettorali. Io comprendo che si vogliano severamente punire i delitti dolosi in materia elettorale, ma ritengo ingiusto che si introduca nella nostra legislazione, con deliberazione dell’Assemblea, per determinati reati, il divieto di concedere la condanna condizionale, perché così si va contro il principio informatore della legge, che accorda il beneficio del perdono ai condannati. Questo principio è che si deve tener conto della qualità non del delitto ma del delinquente; la sospensione condizionale della pena è una concessione che si fa «ad personam» e non si fa per determinati reati.
Insisto perché non si approvi questo comma. Sarà il magistrato che, in considerazione del fatto e della persona, deciderà se applicare o no il beneficio della condanna condizionale. Stabilire che per determinati reati non debba essere applicata la condanna condizionale, mi sembra assolutamente erroneo ed ingiusto.
BETTIOL. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BETTIOL. Si può venire incontro, da un punto di vista astratto, sentimentale, alla proposta dell’onorevole Buffoni, ma io credo che, tenuto conto della natura di questi particolari reati ed anche del momento storico in cui ci troviamo, sia opportuno, ragionevole cercare, diciamo, di impedire al giudice di fare un troppo largo uso di un potere che in sostanza porta spesso ad un rilassamento della giustizia penale. Quindi io ritengo che si debba votare l’articolo, respingendo l’emendamento che tende in sostanza a privare di efficacia concreta tutte queste norme penali, che invece mirano ad evitare che il processo di formazione delle liste sia arbitrariamente violato e sia quindi compromessa a priori la possibilità di una regolare e normale elezione, che è fondamentale in questo momento nel quale bisogna educare ad un clima democratico le coscienze dei cittadini.
PRESIDENTE. Prego l’onorevole Relatore di esprimere il parere della Commissione.
UBERTI, Relatore. La Commissione insiste nel proprio testo.
PRESIDENTE. Prego il Governo di esprimere il suo parere.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo si associa al parere della Commissione.
PRESIDENTE. Pongo in votazione i primi tre commi dell’articolo 46 sui quali non vi sono emendamenti.
(Sono approvati).
Pongo in votazione il quarto comma, del quale l’onorevole Buffoni ha chiesto la soppressione, non accettata né dalla Commissione né dal Governo.
(È approvato).
L’onorevole Mannironi ha fatto pervenire alla Presidenza la seguente proposta di un articolo 46-bis aggiuntivo:
«Per i reati previsti negli articoli precedenti si procede a giudizio direttissimo».
L’onorevole Mannironi ha facoltà di svolgere la sua proposta.
MANNIRONI. Mi pare che la mia proposta non abbia bisogno di essere illustrata a lungo. A me sembra che, da tutta l’impostazione data alla regolamentazione della materia in esame, il giudizio direttissimo sia appropriato e necessario di fronte a violazioni di legge che il legislatore si propone di reprimere rapidamente.
PRESIDENTE. Prego l’onorevole Relatore di esprimere il parere della Commissione.
UBERTI, Relatore. La Commissione, non avendo esaminato il problema, si rimette all’Assemblea.
PRESIDENTE. Prego il Governo di esprimere il suo parere.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Anche il Governo si rimette all’Assemblea.
BETTIOL. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BETTIOL. Mi pare non sia opportuno abusare di questo procedimento direttissimo, il quale viene a creare delle eccezioni alle possibilità di difesa da parte dell’imputato. Io credo quindi che si debba votare contro la proposta dell’onorevole Mannironi.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo aggiuntivo 46-bis proposto dall’onorevole Mannironi, in merito al quale sia il Governo che la Commissione hanno dichiarato di rimettersi all’Assemblea.
(Non è approvato).
Passiamo all’articolo 47. Se ne dia lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Oltre i casi previsti dall’articolo 2, non sono elettori, per cinque anni, coloro i quali hanno ricoperto le seguenti cariche:
- a) segretario o vicesegretario del partito fascista;
b)membro del gran consiglio del fascismo;
- c) componente del direttorio nazionale o del consiglio nazionale del partito fascista;
- d) segretario politico federale del partito fascista;
- e) le stesse cariche nel partito fascista repubblicano;
- f) ministro o sottosegretario di Stato dei governi fascisti in carica nominati dal 3 gennaio 1925;
- g) membro del tribunale speciale per la difesa dello Stato o membro dei tribunali straordinari della pseudo repubblica sociale;
- h) consigliere nazionale;
- i) deputato e senatore che, dopo il 3 gennaio 1925, abbiano votato leggi fondamentali intese a mantenere in vita il regime fascista;
- l) prefetto o questore nominati per titoli fascisti;
- m) ufficiale generale o ufficiale superiore della milizia volontaria sicurezza nazionale.
«La cancellazione dalle liste elettorali di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al presente articolo può aver luogo in ogni tempo e qualunque sia lo stato delle operazioni di revisione delle liste, ma non oltre la data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali».
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARAZZA, Sottosegretario di Stato per l’interno. V’è un nuovo testo di questo articolo elaborato dal Governo in seguito a nuove proposte fatte dalla Commissione e ad un ulteriore conseguente esame della questione.
Questo nuovo testo è stato comunicato alla Commissione.
PRESIDENTE. Ma la Commissione è in grado di pronunciarsi?
UBERTI, Relatore. La Commissione ritiene che possa iniziarsi senz’altro la discussione su questo nuovo testo presentato dal Governo.
PRESIDENTE. Se ne dia allora lettura.
RICCIO, Segretario, legge:
«Oltre i casi previsti dall’articolo 2, non sono elettori, per cinque anni, coloro i quali hanno ricoperto le seguenti cariche:
- a) segretario o vicesegretario del partito fascista;
- b) membro del gran consiglio del fascismo;
- c) componente del direttorio nazionale o del consiglio nazionale del partito fascista;
- d) segretario politico federale del partito fascista;
- e) le medesime cariche di cui alle lettere precedenti, durante la pseudo repubblica sociale;
- f) ministro o sottosegretario di Stato dei governi fascisti, in carica o nominati dal 3 gennaio 1925;
- g) consigliere nazionale;
- h) membro del tribunale speciale per la difesa dello Stato o membro dei tribunali straordinari della pseudo repubblica sociale;
- i) prefetto o questore nominati per titoli fascisti e capo di provincia;
- l) ufficiale generale od ufficiale superiore della milizia volontaria sicurezza nazionale in servizio permanente retribuito, eccettuati gli addetti ai servizi religiosi, sanitari, assistenziali e gli appartenenti alle legioni libiche, alla milizia ferroviaria, postelegrafonica, universitaria, alla G.I.L., alla D.I.C.A.T. e Da. Cos., nonché alla milizia forestale, stradale e portuaria.
«Il termine stabilito nel primo comma decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nei confronti di coloro i quali siano stati già cancellati o non iscritti nelle liste elettorali per avere ricoperto taluna delle cariche sopraelencate, il termine decorre dalla data della «pronuncia» o del «provvedimento» con cui fu disposta la privazione temporanea del diritto elettorale.
«La cancellazione dalle liste elettorali di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al presente articolo può aver luogo in ogni tempo e qualunque sia lo stato delle operazioni di revisione delle liste, ma non oltre la data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali.
«La Commissione elettorale comunale provvede d’ufficio agli accertamenti necessari ed alle conseguenti cancellazioni dalle liste generali e sezionali. Il sindaco notifica agli interessati, ai sensi dell’articolo 17, le decisioni della Commissione. Il segretario comunale elimina dallo schedario elettorale le schede corrispondenti.
«Copia del verbale relativo alle operazioni predette è trasmessa al prefetto, al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per territorio ed al presidente della Commissione elettorale mandamentale.
«La Commissione elettorale mandamentale effettua le cancellazioni, sulla scorta degli anzidetti verbali, nelle liste generali e nelle liste di sezione depositate presso di essa.
«Contro le cancellazioni disposte a norma del presente articolo è ammesso ricorso alla Commissione elettorale mandamentale entro venti giorni dalla notificazione di cui al quarto comma. Per i cittadini emigrati all’estero si osservano le disposizioni degli articoli 11, 18 e 22.
«Nel caso in cui il ricorso sia accolto l’interessato ha diritto alla reiscrizione nelle liste elettorali in qualunque tempo; ma non oltre la data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali».
PRESIDENTE. Come l’Assemblea non ignora, la Commissione ha diritto, in questo caso, di chiedere il rinvio di ventiquattr’ore per pronunciarsi. Se tuttavia la Commissione ritenesse che un termine molto minore – per esempio, la sospensione di un’ora della seduta – fosse sufficiente, forse l’Assemblea non avrebbe niente in contrario.
Crederei anche opportuno di provvedere alla distribuzione agli onorevoli deputati del nuovo testo del Governo, dato che non si tratta soltanto di qualche lieve emendamento, ma di emendamenti di notevole importanza.
UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UBERTI, Relatore. Ricordo che la discussione di questo progetto di legge, del resto a norma di Regolamento, si è svolta fin dall’inizio sopra il testo della Commissione. Quindi il nuovo testo presentato dal Governo deve essere considerato come un emendamento al testo della Commissione. Siccome tutte le questioni sollevate dal nuovo testo ministeriale sono già state discusse dalla Commissione, per cui questa ha in merito la sua opinione, ritengo che si possa subito discutere punto per punto il nuovo testo del Governo, considerandolo come emendamento al testo della Commissione, in quanto questa, tranne un emendamento riguardante i senatori, mantiene per tutto il resto il suo testo.
PRESIDENTE. La Commissione è d’accordo di discutere senz’altro il nuovo testo del Governo, o chiede una breve sospensione di almeno tre quarti d’ora?
UBERTI, Relatore. Ritengo inutile, ripeto, una sospensione, in quanto il nuovo testo non è che un emendamento al testo della Commissione e su di esso la Commissione si è già intrattenuta.
SCHIAVETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIAVETTI. Mi associo alle considerazioni del collega Uberti, e mi permetto di deplorare questo sistema del Governo di intervenire all’ultimo momento, con un emendamento di sorpresa in una questione di tanta delicatezza. Il Governo ha avuto tutto il tempo per farci conoscere le sue intenzioni e i suoi testi. Abbiamo infatti discusso in una riunione della Commissione l’ultimo testo del Governo. Ora c’è un ultimo emendamento che è ancora più ultimo di quello dell’ultimo momento. Credo che non sia serio tutto ciò e credo che noi dobbiamo considerare l’emendamento del Governo come qualsiasi altro emendamento e passare senz’altro alla discussione.
FUSCHINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FUSCHINI. Sono di parere completamente contrario a quello dell’onorevole Schiavetti, per due ragioni: prima di tutto, perché sia salvo un principio di carattere parlamentare, che cioè il Governo ha sempre il diritto di presentare emendamenti a proposte o disegni di legge anche da esso presentati. Questo come affermazione di carattere, direi, parlamentare. In secondo luogo, credo che sia necessario un momento di riflessione da parte della Commissione, per esaminare la portata di questi emendamenti e trovare un punto d’accordo anche sulla valutazione degli emendamenti. Credo che una sospensione di mezz’ora o tre quarti d’ora possa essere sufficiente per superare questa piccola difficoltà sorta all’ultimo momento.
Faccio quindi la proposta formale che la seduta sia sospesa per tre quarti d’ora o un’ora per riprendere poi l’esame del disegno di legge.
PRESIDENTE. La proposta dell’onorevole Fuschini è di sospendere la seduta, riprendendola alle 11.30. In questo frattempo si potrebbe distribuire agli onorevoli deputati il nuovo testo governativo.
VERONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VERONI. Pur non dissentendo da quello che il collega Schiavetti ha detto, e cioè che sarebbe stato opportuno che il Governo avesse presentato prima di oggi questi emendamenti in una materia così delicata, come quella del diritto al voto da concedere o non concedere ad alcune categorie politiche, debbo riconoscere che il collega Fuschini ha, dal punto di vista parlamentare, perfettamente ragione: il Governo ha sempre il diritto di proporre emendamenti a disegni di legge presentati dal Governo stesso o anche di iniziativa parlamentare.
Quindi, io penso che si imponga la necessità di un rinvio, anche per più di mezz’ora o tre quarti d’ora; perché ho ascoltato la lettura degli emendamenti proposti dal Governo e ve ne sono alcuni che si allontanavano molto da quelli che erano stati i risultati dello studio della Commissione. L’Assemblea deve pertanto essere posta in condizione di poter raffrontare i risultati degli studi della Commissione con gli emendamenti presentati dal Governo.
Quindi mi associo al collega Fuschini perché sia data all’Assemblea la possibilità di compiere tale esame.
PRESIDENTE. La proposta dell’onorevole Fuschini è di sospendere la seduta fino alle 11.30.
VERONI. Ma come è possibile esaminare questa questione con l’orologio alla mano?
PRESIDENTE. Allora lei non si associa alla proposta dell’onorevole Fuschini?
VERONI. Io mi sono espresso chiaramente. Non credo che si debba rinviare. Dobbiamo decidere stamane. Rimane da stabilire se debba trattarsi di mezz’ora o di tre quarti d’ora di sospensione.
PRESIDENTE. La questione, dal lato regolamentare e precedurale, è molto semplice. Giustamente l’onorevole Fuschini ha rivendicato il diritto del Governo di presentare emendamenti. Il diritto e l’interesse dell’Assemblea sono tutelati dalla norma regolamentare che dà diritto a dieci deputati di far domanda per il rinvio di ventiquattro ore della discussione del progetto di legge. Abbiamo quindi soluzioni diverse: si può accettare la proposta dell’onorevole Fuschini e rinviare la seduta alle 11.30; se poi vi sono dieci proponenti che lo domandano, si può rinviare di ventiquattro ore.
FUSCHINI. Possiamo sospendere anche fino a mezzogiorno.
SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. Vorrei replicare all’onorevole Schiavetti. Non comprendo perché, se è dato ad un deputato (e ì colleghi ne fanno larghissimo uso) di presentare emendamenti all’ultimo momento, quando già si discutono gli articoli, debba essere deplorato il Governo se, valutato meglio un articolo, abbia ritenuto di proporre un emendamento al testo primitivo, sottoponendolo, quarantott’ore prima, all’approvazione parlamentare. Non posso accettare la deplorazione dell’onorevole Schiavetti, perché con questo verremmo a limitare i poteri e i diritti del Governo.
Per quel che riguarda il merito della questione, il Governo si rimette pienamente all’Assemblea: essa può sospendere per mezz’ora o per un’ora o rinviare, perché ciò è indifferente, desiderando il Governo lasciare alla Assemblea piena libertà.
UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UBERTI, Relatore. Vorrei fare un chiarimento, perché a me sembra che questa discussione sia un po’ fuori luogo. Il Governo aveva presentato un primo testo. La Commissione ne ha elaborato un altro. Ora il Governo, nel suo emendamento, non propone delle cose nuove: esso non fa che riprendere parte di quello che era già stato proposto e che la Commissione ha già esaminato. Per ciò, riconvocandosi, la Commissione non potrebbe che ripetere quanto ha già deliberato.
PRESIDENTE. Per semplificare la discussione, richiamo l’Assemblea sulla proposta dell’onorevole Fuschini di sospendere la seduta per un’ora.
COVELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COVELLI. Propongo di proseguire nella discussione degli articoli e di accantonare al discussione su questo articolo 47 per rimandarla a lunedì.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta che ha la precedenza, cioè quella dell’onorevole Covelli, di rinviare la discussione dell’articolo a lunedì.
(Non è approvata).
Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Fuschini di sospendere la seduta per un’ora.
(È approvata).
(La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 12.5).
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione dell’articolo 47, nel nuovo testo presentato dal Governo:
«Oltre i casi previsti dall’articolo 2, non sono elettori, per cinque anni, coloro i quali hanno ricoperto le seguenti cariche:
- a) segretario o vicesegretario del partito fascista;
- b) membro del gran Consiglio del fascismo;
- c) componente del direttorio nazionale o del Consiglio nazionale del partito fascista;
- d) segretario politico federale del partito fascista;
- e) le medesime cariche di cui alle lettere precedenti, durante la pseudo repubblica sociale;
- f) ministro o sottosegretario di Stato dei governi fascisti in carica o nominati dal 3 gennaio 1925;
- g) consigliere nazionale;
- h) membro del tribunale speciale per la difesa dello Stato o membro dei tribunali straordinari della pseudo repubblica sociale;
- i) prefetto o questore nominati per titoli fascisti e capo di provincia;
- l) ufficiale generale od ufficiale superiore della milizia volontaria sicurezza nazionale in servizio permanente retribuito, eccettuati gli addetti ai servizi religiosi, sanitari, assistenziali e gli appartenenti alle legioni libiche, alla milizia ferroviaria, postelegrafonica, universitaria, alla G.I.L. alla D.I.C.A.T. e Da. Cos., nonché alla milizia forestale, stradale e portuaria.
«Il termine stabilito nel primo comma decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nei confronti di coloro i quali siano stati già cancellati o non iscritti nelle liste elettorali per avere ricoperto taluna delle cariche sopra elencate, il termine decorre dalla data della «pronuncia» o del «provvedimento» con cui fu disposta la privazione temporanea del diritto elettorale.
«La cancellazione dalle liste elettorali di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al presente articolo può aver luogo in ogni tempo e qualunque sia lo stato delle operazioni di revisione delle liste, ma non oltre la data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali.
«La Commissione elettorale comunale provvede d’ufficio agli accertamenti necessari ed alle conseguenti cancellazioni dalle liste generali e sezionali. Il sindaco notifica agli interessati, ai sensi dell’articolo 17, le decisioni della Commissione. Il segretario comunale elimina dallo schedario elettorale le schede corrispondenti.
«Copia del verbale relativo alle operazioni predette è trasmessa al prefetto, al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per territorio ed al presidente della Commissione elettorale mandamentale.
«La Commissione elettorale mandamentale effettua le cancellazioni, sulla scorta degli anzidetti verbali, nelle liste generali e nelle liste di sezione depositate presso di essa.
«Contro le cancellazioni disposte a norma del presente articolo è ammesso ricorso alla Commissione elettorale mandamentale entro venti giorni dalla notificazione di cui al quarto comma. Per i cittadini emigrati all’estero si osservano le disposizioni degli articoli 11, 18 e 22.
«Nel caso in cui il ricorso sia accolto l’interessato ha diritto alla reiscrizione nelle liste elettorali in qualunque tempo, ma non oltre la data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali».
L’onorevole Coppi e altri hanno presentato il seguente emendamento a questo articolo:
«Oltre i casi previsti dall’articolo 2, non sono elettori, per il periodo rispettivamente sottoindicato, coloro i quali hanno ricoperto le seguenti cariche:
- – Per vent’anni:
- a) segretario o vicesegretario del partito fascista;
- b) membro del gran consiglio del fascismo;
- c) le stesse cariche nel partito fascista repubblicano;
- d) ministro o sottosegretario dello pseudo governo fascista repubblicano;
- e) componente del direttorio nazionale e del consiglio nazionale del partito fascista repubblicano.
- – Per dieci anni:
- a) ministro o sottosegretario di Stato dei governi fascisti in carica dal 3 gennaio 1923;
- b) membro del tribunale speciale per la difesa dello Stato;
- c) segretario politico federale del partito fascista repubblicano;
- d) componente del direttorio nazionale o del consiglio nazionale del partito fascista.
III. – Per cinque anni:
- a) segretario politico federale del partito fascista dopo il 3 gennaio 1925;
- b) deputato o senatore che dopo il 3 gennaio 1925 abbia votato leggi fondamentali intese a mantenere in vita il regimo fascista;
- c) prefetto o questore nominato per titoli fascisti;
- d) ufficiale generale della milizia volontaria sicurezza nazionale;
- e) ufficiale generale o superiore che abbia prestato servizio effettivo nelle forze armate della pseudo repubblica sociale; ufficiali di pari grado della guardia nazionale repubblicana, delle brigate nere, dei reparti speciali di polizia politica della pseudo repubblica sociale;
- f) consigliere nazionale.
L’onorevole Coppi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.
COPPI. Svolgo telegraficamente le ragioni che mi hanno indotto a presentare questo emendamento. Nel testo presentato sostanzialmente dalla Commissione e dal Governo si ha un termine di sospensione dal diritto elettorale unico per tutte le categorie di colpiti. Mi pare che un criterio di questo genere urti contro ragioni di giustizia, perché, ad esempio, viene messo sullo stesso piano sia il segretario o vicesegretario del partito fascista, che un più o meno innocuo consigliere nazionale.
Ritengo sia opportuno fare una graduazione di responsabilità e mi pare anche non sia il caso di preoccuparsi eccessivamente se in questa graduazione di responsabilità i termini vengano portati all’insù e non all’ingiù; termini alti: venti anni per certe cariche, dieci anni per altre; il minimo: cinque anni.
Per giustificare questo aggravamento della sanzione non ho motivo di illustrare le ragioni a questa Assemblea.
Le ragioni mi sembrano chiare, anzi sono tanto chiare che proprio non mette conto spendere parole in argomento. Ma, tanto per dare un chiarimento all’Assemblea dei motivi che mi hanno indotto a presentare l’emendamento e per citare una delle piccole cose, delle minime cose che il cessato regime consumava, permettano gli onorevoli colleghi che io dia lettura, in parte, di una deliberazione, per esempio, della Prefettura di Modena del 1941, esattamente del 27 dicembre 1941.
Si tratta di un impiegato del Comune di Modena.
La deliberazione dice così:
«Vista la nota, ecc., con cui il commissario prefettizio di Modena prende notizia di una comunicazione del segretario federale del partito nazionale fascista circa l’espulsione dal partito del vigile urbano, ecc. (il nome non interessa), con la motivazione: «Non ha mantenuto fede al giuramento prestato». Vista lettera di discolpa dell’interessato dalla quale risulta che egli non contesta. Vista la nota, ecc., con cui il segretario federale di Modena comunica che non è in corso nessuna procedura tendente a modificare il provvedimento di espulsione; ritenuto che, per effetto della espulsione dal partito nazionale fascista, l’interessato deve essere messo al bando della vita pubblica nella quale è da comprendersi anche la vita del comune, che, come ente ausiliario, fa parte della unità etica e politica della vita statale e, non avendo l’interessato tenuto fede al giuramento prestato al partito fascista ed essendosi verificato automaticamente lo stato di incompatibilità con le generali direttive della politica del Governo che autorizza la dispensa dal servizio per motivi politici; visto, ecc., decreta: l’interessato per i motivi specificati in epigrafe è dispensato dal servizio di vigile urbano del comune di Modena».
Vorrei anche ricordare agli onorevoli colleghi un altro piccolo fatto che non ebbe conseguenze.
Nel Senato (non ricordo la data, non prevedevo di dovere parlare di questo, e non mi sono munito di documentazione; ad ogni modo mi sorregge la memoria, almeno in parte) venne in discussione se per esercitare la professione di avvocato si dovesse o meno essere iscritti al partito nazionale fascista. E vi furono dei Senatori, anzi, vi fu specialmente un Senatore, che non nomino…
Voci. Il nome, il nome!
COPPI. No, non lo voglio nominare… il quale sostenne tale tesi. Nel Senato, per fortuna, si alzò una voce a contrastarlo – diverse voci, anzi – una più autorevole delle altre, una voce del Trentino, quella del senatore Conci, se ben ricordo. Quindi, io ritengo che la sanzione che è prevista nell’articolo 47, così come è proposta nel testo della Commissione, e sostanzialmente nel testo governativo, sia, per certe determinate categorie, troppo blanda.
Debbo anche spiegare agli onorevoli colleghi che ho fatto una certa discriminazione fra coloro i quali hanno appartenuto semplicemente al partito nazionale fascista e coloro che hanno appartenuto al partito fascista repubblicano. Mi pare che la condizione di questi ultimi sia assai più grave, perché il delitto peggiore, a mio modo di vedere, che il fascismo abbia commesso, è ancora stato quello di aver gettato il Paese in una guerra civile.
Naturalmente, il criterio che io ho seguito nella sospensione per venti anni, dieci anni e cinque anni, è un criterio mio personale, è un criterio che può e deve essere discusso.
Debbo precisare che al paragrafo secondo del mio emendamento, per una dimenticanza di carattere materiale, ho omesso una lettera i), che si riferisce a coloro che sono stati componenti del direttorio nazionale o del consiglio nazionale del partito fascista.
Ritengo di non dovei dare ulteriori spiegazioni. Eventualmente, nel corso della discussione, potrò ancora intervenire.
PRESIDENTE. È stato presentato il seguente emendamento all’articolo 47 dagli onorevoli Schiavetti, Lussu, Cianca, Tega, Chiostergi, Vernocchi, Gina, Fornara:
«Oltre i casi previsti dall’articolo 2, non sono elettori per dieci anni coloro i quali hanno ricoperto le seguenti cariche:
- a) segretario o vicesegretario del partito fascista;
- b) membro del gran consiglio del fascismo;
- c) componente del direttorio nazionale o del consiglio nazionale del partito fascista;
- d) ispettore nazionale o ispettrice nazionale delle organizzazioni femminili del partito fascista;
- e) segretario o vicesegretario federale (o carica equipollente) sin dalla prima organizzazione del partito fascista; fiduciaria o vicefiduciaria delle federazioni dei fasci femminili;
- f) ispettore o ispettrice federale, eccettuati coloro che abbiano esercitato funzioni esclusivamente amministrative;
- g) segretario politico del fascio o segretaria del fascio femminile di comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti (censimento 1936);
- h) qualsiasi carica politica del partito fascista repubblicano;
- i) consigliere nazionale;
- l) deputato che, dopo il 3 gennaio 1925, abbia votato leggi fondamentali intese a mantenere in vigore il regime fascista; senatore che sia stato dichiarato decaduto dall’Alta Corte o che, pur non essendo stato dichiarato decaduto, abbia partecipato all’approvazione delle leggi di cui sopra o dei loro principî informativi;
- m) ministro o sottosegretario di Stato dei governi fascisti in carica o nominati dal 3 gennaio 1925;
- n) membro del tribunale speciale per la difesa dello Stato o membro dei tribunali straordinari della pseudo repubblica sociale;
- o) prefetto o questore nominati per titoli fascisti; capo della provincia o questore nominati dal governo della pseudo repubblica sociale;
- p) «moschettiere del duce», ufficiale della milizia volontaria sicurezza nazionale, in servizio permanente retribuito, eccettuati gli addetti ai servizi religiosi, sanitari assistenziali e gli appartenenti alle legioni libiche, alle milizie ferroviaria, postelegrafonica; universitaria, alla G.I.L., alla D.I.C.A.T. e Da. Cos., nonché alla milizia forestale, stradale e portuaria;
- q) ufficiale che abbia prestato effettivo servizio nelle forze armate della pseudo repubblica sociale, ufficiale della guardia nazionale repubblicana, o componente delle brigate nere, delle legioni autonome e dei reparti speciali di polizia politica della pseudo repubblica sociale.
«Sono eccettuati dalla privazione del diritto elettorale coloro che siano dichiarati non punibili ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 7 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, e coloro che, prima del 10 giugno 1940, abbiano assunto un deciso atteggiamento contro il fascismo».
PRESIDENTE. L’onorevole Schiavetti ha facoltà di svolgere il suo emendamento.
SCHIAVETTI. Questo mio emendamento corre sulla falsariga delle esclusioni dal diritto elettorale previste dalle norme per l’elezione dell’Assemblea Costituente. Un esame alquanto accurato delle disposizioni che, in materia di esclusione dal diritto elettorale, sono state finora proposte, porta alle seguenti constatazioni.
Abbiamo avuto, prima, le esclusioni previste dalla legge con la quale sono stati eletti i deputati alla Costituente, esclusioni abbastanza severe, esclusioni a nostro parere giuste; poi vi sono state le esclusioni previste nel progetto di legge governativo, quello che è sottoposto oggi alla nostra approvazione; poi vi sono state le esclusioni proposte dalla Commissione che ha esaminato questo progetto; poi v’è stata la serie delle esclusioni proposte al penultimo momento dal Governo; poi, finalmente, v’è stata oggi un’altra serie di esclusioni proposte dal Governo durante questa seduta.
Ora, è facile notare che in tutte queste serie di esclusioni si constata un decrescendo di severità, un adattamento ad un clima di tolleranza e di remissione verso il regime fascista, che noi non possiamo in alcun modo tollerare! (Applausi a sinistra).
Per darvi qualche esempio di carattere concreto, vi dirò che la Commissione, nel suo progetto – e già quello della Commissione è un progetto abbastanza severo – non ha considerato fra gli esclusi, gli ispettori nazionali e le ispettrici nazionali del partito fascista; gli ispettori e le ispettrici federali; i segretari politici dei fasci e le segretarie dei fasci femminili nei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti; coloro ai quali sono state conferite cariche da parte del partito fascista repubblicano, salvo quelle che implicavano una più grave responsabilità; non ha considerato i capi di provincia ed i questori nominati dal governo fascista repubblicano: e per fortuna questi li abbiamo inclusi all’ultimo momento; non ha considerato i moschettieri del duce, gli ufficiali della milizia, indicando soltanto gli ufficiali generali e gli ufficiali superiori; e il Governo, nell’emendamento che ci propone all’ultima ora, vorrebbe che non si considerassero i deputati e i senatori i quali hanno votato le leggi fondamentali del regime fascista ed hanno contribuito a tenere in piedi il regime fascista.
Evidentemente, se noi ci addentriamo in una serie minuta e complicata di discriminazioni, lasciamo sfuggire un mucchio di gente. Vi prego di notare che qui non si tratta di condannare nessuno all’ergastolo, non si tratta di fare dei martiri: si tratta di privare dell’elettorato attivo coloro i quali hanno sostenuto il regime fascista. Quindi gli scrupoli di coscienza che alcuni si fanno non sono, a mio modo di vedere, sussistenti.
Non saremo perfetti nella giustizia distributiva, ma saremo giusti in generale.
Noi proponiamo in questo emendamento che le esclusioni dal diritto elettorale siano sancite, per tutte queste categorie, per la durata di dieci anni. Vi è poi il problema singolarmente grave dei deputati e dei senatori, i quali, come or ora ho ricordato, hanno votato le leggi fondamentali del regime fascista.
A questo riguardo, la Commissione è d’accordo che debbano essere colpiti i deputati escludendoli dal diritto elettorale ed è d’accordo di escludere parimenti i senatori che siano stati considerati decaduti dall’Alta Corte di giustizia.
Ma, ora, debbo sottoporre all’Assemblea i risultati di una breve ricerca da me fatta l’altro giorno. Io ho voluto consultare, per l’anno 1928, gli Atti parlamentari del Senato per vedere un po’ come si sono comportati quei cento senatori circa, che sono stati discriminati dall’Alta Corte di giustizia. Naturalmente in quel periodo le votazioni delle leggi avvenivano, come ora, a scrutinio segreto e riesce quindi molto difficile il poter individuare la condotta di questi senatori. C’era però, per fortuna, in quell’epoca, nel Senato, un’opposizione liberale e democratica la quale ha cercato, specie in occasione della votazione delle leggi di carattere fondamentale, di preporre alla votazione delle leggi stesse la discussione di un ordine del giorno, in cui venissero affermati dei principî fondamentali in opposizione a quelli fascisti.
In questo modo evidentemente l’opposizione liberale cercava di inchiodare la responsabilità dei senatori ligi al regime fascista, e noi verremmo meno a questa specie di mandato politico che ci è stato affidato dai vecchi Senatori fedeli alle libertà del Risorgimento, se lasciassimo senza alcun effetto queste indicazioni di responsabilità. (Vivi applausi a sinistra).
Orbene, io ho preso in esame due votazioni: una è del 12 maggio 1928, sulla riforma della rappresentanza politica.
Si trattava di mettere in piedi la famosa Camera dei quattrocento (non era ancora la Camera corporativa), i cui membri erano tutti indicati dal Governo senza nessun’altra alternativa per il corpo elettorale.
Ci fu un ordine del giorno Garofalo, favorevole naturalmente ai criteri informatori della legge fascista; ci fu un ordine del giorno Ruffini che si dichiarò invece contrario alla legge fascista «per non privare il popolo italiano del diritto di scegliere liberamente i propri rappresentanti».
Siamo dunque in tema di leggi fondamentali fasciste.
Orbene, con immensa sorpresa, io, che avevo sott’occhio l’elenco dei Senatori discriminati dall’Alta Corte di giustizia, ho trovato che, salvo errori od omissioni, ci sono dieci Senatori discriminati che hanno votato l’ordine del giorno Garofalo e che hanno votato contro l’ordine del giorno Ruffini che chiedeva il mantenimento della libera scelta da parte del popolo dei propri rappresentanti.
Questi Senatori sono: Conci avv. Enrico, Dallolio Alfredo, generale d’armata; Salvago Raggi, ambasciatore e marchese, ora, credo, defunto; Sechi Giovanni, ammiraglio di squadra; Segrè Sartorio Salvatore, conte; Sirianni Giuseppe, ammiraglio di squadra; Tacconi Antonio, avvocato; Thaon di Revel, grande ammiraglio; Tolomei Ettore, conte; Rota Francesco, conte.
È un piccolo mazzetto di ammiragli e di titolati!
Voi sapete quante volte noi abbiamo detto che il paese ha bisogno, ha sete di giustizia! Il paese ha troppe volte constatato che si colpiscono i piccoli responsabili della dittatura fascista! Ora invece, egregi colleghi, voi vi trovate di fronte ai grandi responsabili della dittatura fascista e voi li colpirete in modo estremamente tenue e darete al Paese un esempio altamente educativo, se, per lo meno, escluderete dal diritto di voto questa gente che, per la sua posizione sociale e per le stesse benemerenze che aveva acquistato in altri settori verso il Paese, avrebbe dovuto sentire il bisogno di difendere la libertà costituzionale del Paese stesso!
C’è stata poi al Senato, il 15 novembre 1928, la discussione di un ordine del giorno Appiani, ordine del giorno fascista, che diceva: «Il Senato, convinto della necessità che il gran consiglio fascista abbia il suo posto tra gli organi costituzionali, passa alla discussione degli articoli». Ordine del giorno prettamente fascista.
Ho trovato altri nove senatori discriminati, quasi tutti quelli di prima, in più Ciraolo Giovanni, i quali hanno votato a favore dell’ordine del giorno Appiani.
Questa è la ragione per cui nel mio emendamento, alla formula generale: «Senatori che sono stati dichiarati decaduti dall’Alta corte di giustizia» io ho aggiunto: «o che, pur non essendo stati dichiarati decaduti, abbiano partecipato all’approvazione delle leggi di cui sopra o dei loro principî informativi»; senza questa aggiunta i senatori che hanno votato le leggi fasciste sfuggirebbero a una sanzione che deve essere, ripeto, un esempio e una indicazione! (Vivi applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Gli onorevoli Cosattini, Mazzoni, Faccio, Stampacchia, Nobili Tito Oro, Tega, Bonfantini, Bianchi Bianca, Barbareschi, Fioritto, Romita, Bocconi, Mariani Enrico, Fornara, Montemartino, Giua, D’Aragona e Carpano Maglioli, hanno presentato il seguente emendamento aggiuntivo:
«e) I giornalisti che, a sostegno del regime fascista o dell’occupante tedesco, abbiano cooperato in modo rilevante ad ingannare la pubblica opinione».
PRESIDENTE. L’onorevole Cosattini ha facoltà di svolgerlo.
COSATTINI. Ritengo che poche considerazioni siano sufficienti a dimostrare che solo ragioni di giustizia ci guidano nel proporre l’esclusione dal diritto di voto, dei giornalisti postisi al servizio dei nemici della Patria. Noi abbiamo un concetto elevato della funzione del giornalismo; abbiamo coscienza della grande influenza che esso può esercitare sull’opinione pubblica, e vorremmo, nel considerarne la funzione, poterla vedere sempre sotto la luce d’una lotta ideale per la giustizia e per la libertà. Purtroppo abbiamo invece dinanzi alla mente il ricordo di vent’anni di dittatura fascista, durante la quale troppo di giornalismo si è degradato a servo della tirannide, per cui non vi è stato problema che non sia stato prospettato sotto una luce falsa. Nel ricordo degli anni tragici che abbiamo trascorso, vediamo soverchio numero di fumivendoli, contro la missione della stampa sulla società, fattisi complici della tirannia, contro il Paese e peggio, durante l’occupazione tedesca, strumento dell’invasore. Non possiamo dimenticare come attraverso alle pubblicazioni di giornali, alle comunicazioni fatte da giornalisti alla radio – abbiamo ancora nell’orecchio il senso di orrore procuratoci dalle loro voci – nelle corrispondenze dall’estero, in cento altre manifestazioni, essi non abbiano mancato di sostenere quanto vi era di più turpe e di più vile. Non può passare senza riprovazione il concorso da loro usato ad annebbiare e ad avvelenare l’opinione pubblica. Se abbiamo assistito, nella nostra vita travagliata, a fatti veramente penosi, a torture inflitte a nostri concittadini, a violenze e a barbarie, che hanno macchiato il nome del nostro Paese, ciò è dovuto alla insana propaganda di costoro che, dimentichi della loro posizione di italiani, non hanno esitato a schierarsi a fianco dei nemici.
Per queste ragioni riteniamo che, accanto a coloro che hanno esercitato funzioni direttive nel partito fascista, concorrendo con le loro forze a sostenerlo e à difenderlo, non si possa dimenticare anche l’opera nefasta di questi profanatori dell’opinione pubblica, e sia giusta sanzione impedire ad essi il diritto più alto che spetta al cittadino: quello di essere elettore e quello di poter essere eletto. Confidiamo, quindi, che l’Assemblea voglia accogliere la nostra proposta. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. L’onorevole Fabbri e altri hanno presentato il seguente emendamento:
«Sopprimere gli ultimi sei commi dell’articolo 47».
L’onorevole Fabbri ha facoltà di svolgerlo.
FABBRI. Il mio emendamento soppressivo concerne esclusivamente una questione di procedura a proposito della eventuale cancellazione di elettori, che si ritiene non abbiano il diritto di voto. Ora, dal momento che per l’esclusione si considereranno dei requisiti obiettivi, quali saranno determinati dalla votazione di questa Assemblea, e dal momento che nella legge vi sono dei termini per la rettifica ordinaria e periodica delle liste elettorali, e per i relativi ricorsi, per le varie procedure, per i rimedi contro il loro esito, ecc., non vedo il motivo per cui, relativamente a questa categoria di cittadini, di cui all’articolo 47, che in definitiva non dovrebbero risultare inclusi nelle liste, si stabilisce una procedura di cancellazione specialissima, al di fuori di qualunque termine, del tutto anormale, che può protrarsi fino alla data di pubblicazione del manifesto che indice i comizi. Trovo inopportuna questa norma che si presta a sorprese pericolose nel periodo della lotta elettorale; perché, evidentemente, alla vigilia della pubblicazione del manifesto, si possono fare le accuse più avventate, le affermazioni più strambe, alcune delle quali implicano un giudizio strettamente soggettivo come quello, del resto, di cui mi offriva l’esempio l’oratore che ha parlato prima di me: privare un tale giornalista del diritto di voto, perché ha scritto un articolo in un certo senso.
Una voce a sinistra. Ha disonorato la stampa!
FABBRI. Il giudizio sulle richieste di privazione del diritto di voto è rimesso ad una deliberazione di una Commissione nominata dal Consiglio comunale. Questa deliberazione del Consiglio comunale, presa in pendenza delle elezioni e quando è già pubblicato il manifesto, mi pare cosa detestabile e preoccupante, tanto più che le liste sono da anni a disposizione di tutti gli interessati, di tutte le organizzazioni, di tutti i partiti che hanno la possibilità di presentare ricorsi come per tutti gli altri casi. Quindi, io sono nettamente contrario a questa procedura di eccezione che può provocare, all’ultimo momento, per un cittadino la perdita del diritto di elettorato attivo, o, se si tratti di un candidato, del diritto di eleggibilità.
In tal caso, in un certo comune, una Commissione comunale potrebbe escludere dalle liste un cittadino già virtualmente candidato ufficiale di un partito, e contro questa esclusione non vi è che una possibilità di ricorso che funzionerà, in definitiva, – se si è fatto un sopruso – cinque anni dopo, cioè alla prossima convocazione dei comizi. Tutto ciò mi pare anormale, pericolosa fonte di sopraffazioni inaudite che, specialmente nel periodo elettorale, possono determinare delle legittime reazioni se specialmente una Commissione comunale dovesse fare degli abusi. Io invito l’Assemblea a sopprimere nell’articolo tutto quanto concerne questa procedura di eccezione, permettendo che per i cittadini privati dal diritto di essere inclusi nelle liste elettorali ai sensi dell’articolo 47, valgano tutte le disposizioni che noi abbiamo considerato nella legge per coloro che non hanno il diritto di essere iscritti nelle liste elettorali: ed in conseguenza valgano gli stessi termini, sussista la possibilità degli stessi ricorsi, degli stessi rimedi; per tutti si applichi il diritto formale comune. Questo è il mio concetto.
PRESIDENTE. L’onorevole Veroni e altri hanno presentato il seguente emendamento:
Alla lettera d) sostituire le parole: del partito fascista, con le seguenti: ed i componenti del direttorio federale del partito fascista;
L’onorevole Veroni ha facoltà di svolgerlo.
VERONI. La legge che in sede di Consulta votammo per la creazione della Costituente prevedeva all’articolo 6 la sospensione dell’esercizio del diritto di voto dei Vice segretari federali. Il progetto che attualmente è al nostro esame ha escluso i Vice segretari federali dalla sospensione del diritto di voto, ed ha quindi reso più aderente agli interessi dei fascisti la disposizione della legge di cui discutiamo.
La stessa legge per la composizione della Costituente escludeva dall’esercizio del diritto di voto gli ispettori e le ispettrici federali. L’attuale progetto di legge non ha conservato questa norma ed ha ammesso all’esercizio del voto gli ispettori e le ispettrici federali. Quando discutemmo allora la legge – e gli atti parlamentari ne fanno fede – si discusse ampiamente se, oltre ai Vice segretari federali e agli ispettori e ispettrici federali (che furono poi privati del diritto di voto), dovessero essere compresi dalla sospensione dell’esercizio del diritto di voto anche i componenti dei direttori federali. Molti autorevoli colleghi affermarono in quella occasione, e produssero esempi convincenti che i componenti dei direttori federali esercitarono frequentemente un’azione politica fascista di maggior rilievo di quella propagandistica degli ispettori e delle ispettrici federali, perché i componenti di direttori federali, avendo partecipato a deliberazioni di natura politica di grande importanza, dovevano tutti assumere la piena responsabilità delle loro azioni. Avvenne in sede di Consulta che per pochi voti questa sospensione dall’esercizio del diritto di voto dei componenti di direttori federali non fu approvata. Ora è questa l’occasione nella quale la Costituente deve riprendere la questione rimasta allora sospesa, perché nessuno di noi può dimenticare – ed un collega autorevole me lo ricorda ora – che era proprio in seno ai direttori federali che si decidevano le azioni talvolta delittuose che venivano poi eseguite dai comandati dal regime fascista. Non vi è, quindi, nessuna ragione per cui i componenti del direttorio federale non debbano essere anch’essi compresi nella sospensione dell’esercizio del diritto di voto. (Approvazioni a sinistra).
PRESIDENTE. L’onorevole Bencivenga ha presentato il seguente emendamento:
«Sopprimere, l’articolo 47».
(Commenti a sinistra e al centro).
L’onorevole Bencivenga ha facoltà di svolgerlo.
BENCIVENGA. Sarò brevissimo. Le ragioni che consigliano la soppressione di questo articolo sono di carattere etico e patriottico. (Commenti a sinistra). Io trovo assolutamente assurdo che si continuino a fomentare le divisioni tra italiani in un momento nel quale è necessario raccogliere tutte le forze della Nazione per superare la crisi dell’ora. (Commenti a sinistra – Rumori).
DE MICHELIS. Tra assassini e vittime c’è differenza!
BENCIVENGA. D’altra parte le critiche mosse a questo articolo del decreto dimostrano quanto sia difficile dare vita a una disposizione precisa al riguardo. Per queste considerazioni, per un alto sentimento di patriottismo, per dovere di coscienza, propongo la soppressione dell’articolo 47 anche a nome del Gruppo parlamentare dell’uomo qualunque. (Rumori a sinistra – Commenti).
PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore ad esprimere il parere della Commissione sul nuovo testo presentato dal Governo e sui varî emendamenti proposti.
UBERTI, Relatore. Lo spirito dell’articolo 47, così come era stato proposto, emendato dalla Commissione, aveva una caratteristica fondamentale: sganciarsi completamente da quelle che erano le pronunce di epurazione e dai giudicati emessi, in quanto completamente diversi l’uno dall’altro, alcuni estremamente severi ed altri di una indulgenza veramente straordinaria, e causa perciò di una situazione anormale di mancanza assoluta di giustizia distributiva, per cui vediamo che sono stati assolti, oppure sono stati amnistiati i responsabili maggiori del regime fascista, mentre sono stati colpiti altri i quali avevano responsabilità meno gravi.
Di fronte a questa situazione, la Commissione ha voluto impostare diversamente l’articolo 47. Il Governo continuava sulla scia delle pronuncie e tendeva a stabilire, per quelle pronuncie nelle quali non era stato stabilito il termine di durata dall’esclusione dal voto, di arrivare a fissare anche per quelle una durata. Invece, la Commissione ha ritenuto più giusto e più opportuno porre una norma, di carattere oggettivo, cioè di allontanarsi da ogni giudicato, per stabilire che basta aver ricoperto alcune determinate cariche di indubbia responsabilità – e perciò un numero ridotto di casi nei quali questa responsabilità non può essere pretestata – per non avere per un limitato periodo di tempo il diritto di voto. S’è voluto evitare ogni indagine di merito, ogni nuovo processo, per limitarsi all’accertamento del fatto di aver ricoperto quelle determinate cariche.
Si è in altre parole voluto evitare che si rinnovasse quanto è avvenuto nella epurazione, cioè che sono andati per aria i minori responsabili ed invece i maggiori ne sono usciti esenti, attraverso influenze, attraverso giudicati, attraverso amnistie, le quali hanno fatto sì che l’epurazione è diventata realmente una cosa profondamente ingiusta. Ed in questa linea ho trovato un alleato proprio nell’onorevole Schiavetti, che in questo momento viene qui a fare la critica alla proposta della Commissione, che ha avuto in lui uno dei principali sostenitori. La tendenza era netta e precisa nel rinunciare alle categorie inferiori, che possono avere minore coscienza politica vera e propria, e colpire invece i veri responsabili, i massimi esponenti, i veri capi.
Ed il pericolo maggiore è questo, caro Schiavetti, che per volere arrivare ad una giustizia assoluta non si arrivi neanche a stabilire quella che è giustizia verso i maggiori responsabili, verso i veramente colpevoli.
In merito alla esclusione di alcuni senatori la Commissione, in un primo tempo, aveva escluso tutti i senatori che avevano votato le leggi fondamentali del regime fascista. Difficoltà estrema era di stabilire quali fossero queste leggi e difficoltà estrema era quella di arrivare ad un procedimento di accertamento, di valutazione in riferimento alle persone. Ed allora, siccome vi era stato il fatto che il nuovo regime aveva creato l’Alta Corte di giustizia, la quale aveva esaminato la situazione dei senatori, si è stabilito, senza entrare nel merito, di prendere, come dato di fatto, quello che è stato deciso dall’Alta Corte, eccettuando dalla norma di esclusione solo quelli che erano stati discriminati.
Ora, che cosa è avvenuto? Schiavetti vuole estendere questa conclusione della Commissione sotto forma di emendamento aggiuntivo. La Commissione durante la sospensione della seduta ha esaminato anche questa nuova proposta dell’onorevole Schiavetti, ma non ha ritenuto di poterla accogliere, perché è difficile fissare quali sono tutte le leggi fondamentali del regime fascista, perché non potendo affidare tale incarico a commissioni comunali bisognerebbe creare un nuovo organo di valutazione, perché infine questo significherebbe trascurare le indagini già fatte da un organo come l’Alta Corte, organo creato appositamente dal nuovo regime.
È vero che il testo della Commissione in questo modo fa un trattamento diverso fra deputati e senatori, ma per quanto si sia ricercato non si è riusciti à trovare, per i pochi casi di deputati i quali hanno fatto l’opposizione nell’Aula, una formula giuridica che sia diversa da questa. Saranno pochi casi per i quali sarà facile l’accertamento. Invece per i senatori i casi sono ben più numerosi e si dovrebbe arrivare a dare alla Commissione elettorale comunale la potestà di indagare se un senatore ha votato le fondamentali leggi fasciste, compito al di là della loro possibilità, oppure creare un nuovo organo mentre ne abbiamo già uno (formato d’accordo con tutti i partiti, dopo la liberazione), che ha già condotto autorevolmente a termine la sua indagine e ai cui giudicati le commissioni comunali possono riferirsi.
È vero quello che ha detto l’onorevole Schiavetti, che qualche giudicato, rarissimo, possa esser discutibile – ogni giudizio umano può essere fallace – ma l’Alta Corte di giustizia ha tenuto conto anche di altri fatti concomitanti al rilievo del voto e ad ogni modo, fra gli inconvenienti enormi di creare un nuovo esame della situazione dei senatori e quello di prendere come dato di fatto le discriminazioni operate dall’Alta Corte di giustizia, è innegabile che è un vantaggio avere – anche se vi sono come in tutti i giudicati umani delle dubbiezze, delle cose poco esatte, dei casi particolari in cui si possa soggettivamente non convenire – tutta una situazione già valutata da un organo altissimo,
Circa la proposta di graduazione del periodo di esclusione avanzata dall’onorevole Coppi, devo rilevare che dal punto di vista della giustizia assoluta certamente la proposta dell’onorevole Coppi sarebbe fondata, ma qui dobbiamo fare provvedimenti che non rivestano un carattere complicato, bensì trovare la formula più semplice. Vuol dire che fra 5 anni, quando si esaurirà la nuova legislatura (e storicamente si riscontra che ogni legislatura modifica sempre la legge elettorale prima di indire le elezioni), se si rileverà che per qualche caso sia necessario prolungare il termine, la nuova Camera potrà sempre farlo.
Per quello che riguarda l’osservazione dell’onorevole Fabbri, che verrebbe cioè istituita una procedura particolare per questi casi, per cui alla vigilia delle elezioni, in un clima arroventato, si potrebbero decidere senza le necessarie garanzie casi di inclusione e esclusione, osservo che c’è una norma già approvata per la quale, a partire dal giorno in cui si pubblica il manifesto che indice le elezioni, le liste vengono bloccate; da quel giorno sono quelle che sono. Ora, è evidente, anche per questi casi, che dal giorno in cui sono indette le elezioni la certezza delle liste viene ad essere stabilita. La Commissione, per vero, aveva soppressi i tre commi relativi a questa particolare procedura. Il Governo la ha riproposta.
Sentiremo il Governo. La Commissione pensa che quando abbiamo la garanzia che una volta indette le elezioni le liste restano bloccate, le incertezze, le preoccupazioni dell’onorevole Fabbri vengono superate. Tuttavia non è contraria che anche per questi casi si applichi la procedura ordinaria.
Vi è l’emendamento dell’onorevole Cosattini riguardante i giornalisti. Dal punto di vista morale, sono d’accordo con lui. Però il testo proposto mi sembra molto lato. Bisognerebbe che fosse studiato in modo preciso, così che rappresenti una norma di carattere giuridico ben delimitata, in quanto dobbiamo metterci in mente che sono le Commissioni comunali e mandamentali che debbono applicare questa norma, a meno che non si crei un apposito organo centrale. Bisognerebbe arrivare ad una precisazione molto più aderente alla realtà, per modo che poi non accadano arbitrî.
C’è poi l’emendamento Veroni; l’onorevole Veroni vorrebbe arrivare a completare le deliberazioni prese dalla Consulta, aumentando le esclusioni fatte allora, dicendo che allora non si è fatto tutto quello che si doveva fare.
Mi permetta, onorevole Veroni; non solo la situazione è diversa, ma anche lo spirito della proposta della Commissione segue proprio un indirizzo opposto. Allora eravamo di fronte ad una posizione particolare: la Costituente non è un normale Parlamento, tende a costituire i fondamenti del nuovo Stato. È evidente che in quella occasione le esclusioni dal diritto di voto potevano essere maggiori che non oggi per un Parlamento ordinario. Indubbiamente anche una fiduciaria di fascio femminile ha aderito al regime fascista; ma la sua responsabilità è diversa, è ben diversa da quella dei capi del partito, del Parlamento, del governo fascista, in una parola dei centri motori del regime fascista.
Un certo grado di responsabilità vi è naturalmente in questa ed altre cariche non contemplate, ma siamo di fronte ad un problema ben grave, quello di dire: coloro i quali hanno assunto le maggiori responsabilità nel passato regime, li escludiamo, non solo da essere eleggibili, ma anche da essere elettori.
Ora, di fronte a una situazione di questo genere, la proposta del collega Veroni è contraria allo spirito che ha diretto la Commissione nell’arrivare, cioè, a sganciarsi da quelli che erano i pronunciati di questo periodo e colpire solamente i maggiori ed i veri responsabili.
Perciò pregherei l’onorevole Veroni di non voler insistere, perché evidentemente noi abbiamo di fatto ridotto l’elencazione in confronto a quelle che erano le proposte del Governo, e l’abbiamo ridotta proprio per dare un significato politico, che cioè queste esclusioni dal voto non sono tanto per poter togliere dalla partecipazione alle elezioni gente in contrasto col nuovo regime, quanto per dare una sanzione ai veri responsabili.
Vengo ora agli emendamenti proposti dal Governo. Tra questi emendamenti ve ne sono alcuni di fronte ai quali la Commissione deve insistere nel suo testo. Altri, invece, che la Commissione accoglie.
Per quanto riguarda la lettera e) la Commissione proponeva: «Le stesse cariche del partito fascista repubblicano». Invece il Governo propone:
«le medesime cariche di cui alle lettere precedenti, durante la pseudo repubblica sociale».
È una modificazione di forma, non sostanziale, per cui, se il Governo insiste, la Commissione ha deliberato di accettare la formula governativa.
Invece, insiste perché sia inserita la formula relativa ai deputati e senatori, in questa precisa espressione:
«deputati che, dopo il 3 gennaio 1925…
RUSSO PEREZ. Perché non c’è il 1924?…
UBERTI, Relatore. …abbiano votato leggi o mozioni intese a mantenere in vita il regime fascista, e senatori, eccetto quelli discriminati dall’Alta Corte di giustizia».
Su questo punto, la Commissione ha deliberato in una precedente seduta all’unanimità meno uno, nella riunione tenuta durante l’interruzione della seduta dell’Assemblea, all’unanimità.
Poi, alla lettera f), il Governo ha proposto di aggiungere: «prefetti o questori nominati per titoli fascisti, o capi di provincia».
La Commissione desidererebbe poter completare il testo in questo senso:
«o capi di provincia, o questori nominati per meriti fascisti dalla repubblica sociale».
Poi, alla lettera m) della Commissione, che diventa l) nel testo proposto ultimamente dal Governo. In essa era detto: «ufficiale generale o ufficiale superiore della milizia volontaria sicurezza nazionale». Al che il Governo ha proposto ora di aggiungere: «in servizio permanente retribuito, eccettuati gli addetti ai servizi religiosi, sanitari, assistenziali e gli appartenenti alle legioni libiche, alla milizia ferroviaria, postelegrafonica, universitaria, alla G.I.L., alla D.I.C.A.T. e Da. Cos., nonché alla milizia forestale, stradale e portuaria». Ora, dopo ampio dibattito, la Commissione ha deciso di accettare alla unanimità quest’aggiunta.
Vi è poi un’altra aggiunta da parte del Governo e cioè: «il termine stabilito nel primo comma decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge». Anche qui la Commissione accede all’emendamento del Governo.
Ma c’è poi un’aggiunta che la Commissione non ritiene di potere accettare. È la seguente: «Nei confronti di coloro i quali siano stati già cancellati o non iscritti nelle liste elettorali per aver ricoperto taluna delle cariche sopra elencate, il termine decorre dalla data della «pronuncia» o del «provvedimento» con cui fu disposta la privazione temporanea del diritto elettorale». Ora, sotto questo riguardo, si è fatto rilevare che, con la formula della Commissione, si verrebbero a danneggiare coloro i quali hanno avuto un’esclusione dal voto per un periodo minore di cinque anni, mentre sarebbero invece avvantaggiati coloro i quali hanno avuto una condanna superiore ai dieci anni. Ebbene, la Commissione invece, proprio richiamandosi a quel concetto di giustizia distributiva che deve informare ogni deliberazione dello Stato, ha ritenuto che sia assai preferibile giungere ad una norma uguale per tutti. È da notarsi infatti che molte volte, queste pronunzie, queste deliberazioni, sono state fatte in momenti o climi differenti, l’una rispetto all’altra e con giudicanti tanto diversi che, ad esempio, nella stessa provincia si sono avute per la stessa imputazione esclusioni per dieci anni ed altre solamente per un anno ed anche meno. Ci troviamo, quindi di fronte al pericolo di sanzionare con questa disposizione situazioni profondamente diverse. È per questo motivo che la Commissione ha deliberato all’unanimità di non accedere al criterio che ha informato questa aggiunta, e sembra che anche il Governo si sia, per questo riguardo, affiancato alla Commissione.
E con ciò ho terminato le mie osservazioni. Concludendo, vorrei pregare i colleghi di volersi convincere che, in realtà, si è pervenuti ad un non lieve sforzo di conciliazione, perché nella Commissione, in principio, vi era disparità profonda di pareri. Sarebbe pertanto veramente opportuno ed auspicabile che la Camera potesse ritrovarsi tutta veramente concorde su una linea che rappresenta indiscutibilmente un principio di equanimità e di giustizia.
È pertanto evidente che, soltanto allontanandosi da quella che può essere una giustizia assoluta, irraggiungibile, e in pari tempo allontanandosi altresì da quella che potrebbe rappresentare una sanatoria generale non meno ingiusta, si può pervenire ad un vero senso di concreta giustizia, rispondente alle possibilità pratiche di attuazione.
Si pensi, ad esempio, quali maggiori, più giusti e più equi risultati avrebbe avuto l’epurazione, se, anziché scendere sino ai minimi gradi, si fosse fermata su una determinata linea: non ci sarebbero oggi al Consiglio di Stato quindicimila reclami che non si sa come evadere, tanto che si pensa ad una generale sanatoria per i gradi minori. È veramente inutile e dannoso discostarsi dal criterio di realizzare norme possibili, applicabili, miranti alle maggiori e non discutibili responsabilità, nella vana ricerca di una giustizia perfetta. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Dopo che l’onorevole Relatore aveva già incominciato a parlare, è stato presentato alla Presidenza un nuovo emendamento firmato dall’onorevole Lussu e dagli onorevoli Giua, Veroni, Bennato, Nobili Tito Oro, Tega, Vernocchi, Fornara, Merighi e Fioritto, del seguente tenore:
«Aggiungere all’elenco dell’articolo 47: ufficiali volontari della guerra di Spagna appartenenti a corpi combattenti fascisti».
Ha ora facoltà di parlare l’onorevole Lussu per svolgere il suo emendamento.
LUSSU. Rinuncio a svolgerlo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Ministro dell’interno, per esprimere il parere del Governo sugli emendamenti proposti.
SCELBA, Ministro dell’interno. Fra il testo dell’articolo 47, formulato dal Governo, compresi gli ultimi emendamenti proposti, e il testo formulato dalla Commissione, non vi è una sostanziale difformità, perché, per quanto riguarda le categorie, l’unica difformità si riferisce ai senatori decaduti, di cui dirò appresso.
Le modifiche apportate dal Governo al precedente testo riguardano questioni di principio e di procedura.
Questioni di principio: una legge dello Stato aveva stabilito che si potesse essere privati del diritto elettorale fino a dieci anni appartenendo a determinate categorie, rimettendo ad apposite Commissioni comunali lo stabilire concretamente la misura della durata della perdita del diritto elettorale. Oggi, con le proposte della Commissione, la quale indiscriminatamente stabilisce una sospensione dal diritto elettorale per cinque anni, e qualora questa proposta venisse accettata, si avrebbero queste conseguenze: che coloro che avevano avuto dalle Commissioni una sospensione maggiore di cinque anni, vedrebbero ridotta questa sospensione ai cinque anni proposti dalla Commissione; mentre altri, che avevano avuto una sospensione inferiore ai cinque anni, vedrebbero aggravata da una nuova legge la loro posizione, nonostante che una Commissione abbia giudicato sulla sospensione del diritto elettorale. È una questione di principio: si dovrebbe stabilire almeno che nel termine di sospensione si tenesse conto delle decisioni già emanate dalle Commissioni stabilite da una legge e alle quali una legge dello Stato aveva demandato in concreto di stabilire il termine di sospensione. Comunque, il Governo, richiamata su questo punto l’attenzione dell’Assemblea, e tenuto conto delle osservazioni fatte dal Relatore, cioè che nell’applicazione concreta di queste disposizioni si sono verificate patenti e larghe ingiustizie, non ha nessuna difficoltà ad accettare il criterio addotto dalla Commissione, fissando per tutte le categorie la sospensione per un termine non superiore ai cinque anni.
C’è poi un’altra conseguenza su cui io intendo richiamare l’attenzione dell’Assemblea Costituente, e cioè che qualcuno di costoro, ai quali si era applicata la sospensione per un termine di un anno per esempio, perché la Commissione non aveva ritenuto di applicare all’attività di questo soggetto una sanzione maggiore, ha potuto partecipare concretamente a delle elezioni, alle elezioni amministrative per esempio. E oggi noi verremmo a privare questi cittadini, che hanno esercitato il diritto elettorale, e lo hanno esercitato in base ad una legge dello Stato, del diritto di voto.
Ora, queste contraddizioni mi paiono di una certa importanza, e io richiamo l’attenzione dell’Assemblea Costituente su questo punto, per vedere se non sia preferibile accettare il testo del Governo, che mi pare risponda più a un criterio di giustizia, di legalità, diremo, che non il testo della Commissione. Comunque, il Governo si rimette alla decisione dell’Assemblea.
Per il resto si tratta di questioni di procedura, che esamineremo concretamente a mano a mano che discuteremo le singole parti dell’articolo. Intendo invece esprimere il pensiero del Governo sugli emendamenti che sono stati proposti dai varî componenti di questa Assemblea.
Io non posso accettare gli emendamenti proposti dai varî oratori perché, in sostanza, tutti questi emendamenti tendono ad allargare da un canto la sfera degli elementi colpiti dalla sospensione del diritto elettorale, e dall’altro ad aumentare la durata della sospensione. In questo si concretizzano i varî emendamenti presentati dagli oratori.
Ora io mi permetterei di fare un modestissimo richiamo all’Assemblea, ed il richiamo è questo: che è facile, naturalmente – e vi sono cento ragioni per coloro che hanno sofferto durante il ventennio le vessazioni fasciste – essere portati alla durezza, ad escludere tutti coloro che hanno attivamente partecipato alla vita del fascismo affermandone la sua supremazia.
Ma, onorevoli colleghi, tutti i partiti hanno creato a questo riguardo delle larghe esenzioni, hanno creato delle vaste amnistie. Quando noi abbiamo stabilito nella legge che la sospensione dal diritto elettorale non poteva essere superiore ad una certa data, ciò non è stato stabilito da un Governo di colore, ma da un Governo di Comitato di liberazione nazionale; è stato il Governo dei sei partiti che ha stabilito le sanzioni contro il fascismo, considerando anche il diritto elettorale, limitando questo diritto. E tutti i partiti, onorevoli colleghi, compresi i rappresentanti del Partito d’azione (al quale mi pare appartenga l’onorevole Schiavetti) hanno aderito a questo concetto dopo ampia e completa discussione in cui tutti questi casi che oggi vengono sottoposti all’Assemblea Costituente furono vagliati ed esaminati.
Ma arriveremmo– direi – a degli assurdi se si dovesse accettare qualcuna delle proposte formulate dall’onorevole Schiavetti. Per esempio: segretari delle sezioni fasciste, segretari sezionali fascisti. Noi, nella legge per l’elezione alla Costituente, abbiamo stabilito un criterio più rigoroso, ma un criterio molto più largo è stato stabilito in sede di eleggibilità ai Consigli comunali, perché s’intese affermare che dalla partecipazione alle elezioni per la Costituente dovessero essere esclusi tutti gli elementi che politicamente avessero concorso all’affermarsi del regime fascista ed alla sua permanenza al potere, ma nelle elezioni amministrative locali un criterio più largo doveva usarsi, specialmente per determinati Comuni. E noi ci siamo trovati d’accordo nel ritenere, per esempio, che i podestà fascisti potessero essere eletti ed elettori, in quanto considerazioni obiettive e di fatto hanno portato a ritenere che molta gente ha fatto il podestà fascista perché era la persona più rappresentativa del luogo, perché era l’unica persona adatta per tale carica. (Interruzioni a sinistra).
Onorevoli colleghi, non essendo stato nessuno di noi podestà fascista, possiamo giudicare obiettivamente la questione. Si era ritenuto di far questo. (Interruzioni a sinistra).
Io richiamo questo argomento per dire che il Governo del Comitato di liberazione nazionale ha escluso queste categorie dalle sanzioni elettorali; e noi oggi vogliamo ritornare su queste questioni? Io dico che l’Assemblea, nella sua sovranità, è padronissima di decidere diversamente, ma non si può non consentire questo richiamo di carattere storico (che si riferisce a storia molto recente, alla vita del Governo del Comitato di liberazione nazionale); io dico che noi arriveremmo oggi a privare del diritto elettorale quei cittadini ai quali abbiamo riconosciuto il diritto di essere eletti consiglieri comunali o sindaci (Commenti a sinistra), il che rappresenterebbe un contrasto assolutamente inammissibile.
Ripeto, ho il dovere di richiamare l’attenzione dell’Assemblea su queste conseguenze, salvo il diritto dell’Assemblea di decidere sovranamente su questi punti; ma mi pare che io abbia almeno il diritto di sottoporre queste considerazioni al senso di responsabilità degli onorevoli colleghi.
Così lo stesso argomento vale anche per i componenti dei direttori fascisti, di cui parla l’emendamento dell’onorevole Veroni.
Onorevoli colleghi, noi parliamo di componenti del direttorio fascista come parliamo di segretari di fascio, ma ci riferiamo indiscriminatamente a tutto il periodo del regime fascista, cioè a dire anche a chi venti anni fa fu componente di segreteria di fascio o componente di federazione fascista e che poi, esaurita questa carica, non ha esplicato mai nessun’altra attività politica. (Commenti).
Onorevoli colleghi, prego di volere ascoltare quello che sto riferendo. Questi argomenti furono discussi e vagliati in seno al Consiglio dei Ministri, nel Governo in cui erano rappresentati tutti i partiti; se non ricordo male, si stabilì, per esempio, che la sanzione riguardasse unicamente i podestà dei grandi comuni e degli ultimi cinque anni. L’onorevole Gullo può ricordarsi della questione, se ha la memoria più felice di me. Si disse: ma possiamo colpire nella stessa maniera il segretario fascista di un qualsiasi Comune anche di mille abitanti? Con l’emendamento Schiavetti si porta a 10 mila, mentre prima si era parlato di 20 mila.
Per le elezioni della Costituente il Governo unanime fu d’accordo nello stabilire dei criteri più gravi che non fossero stabiliti, per esempio, per le elezioni amministrative, dato il valore non soltanto reale ma simbolico che rappresentava l’elezione della Costituente che doveva essere la Costituente dell’antifascismo; per cui non potevano essere elettori uomini che avevano partecipato in qualche maniera alla responsabilità direttiva del fascismo.
SCHIAVETTI. Dopo l’effetto controproducente dell’amnistia abbiamo il dovere di essere più severi.
SCELBA, Ministro dell’interno. Questo potrà essere un argomento, onorevole Schiavetti.
Torno di nuovo alla discussione. La mia non è che l’esposizione di argomenti non nuovi, che già indussero i Governi passati, nei quali erano rappresentati tutti i partiti, a scartare quelle stesse esclusioni che oggi vengono riproposte. L’emendamento – ripeto – non si potrebbe accettare senza una offesa alla giustizia: nel senso che varrebbero posti sullo stesso piano coloro che furono segretari dei fasci durante la guerra e coloro che lo furono al principio del fascismo, anche per pochi mesi. Vi sono casi di persone che sono state segretari politici o componenti di direttorio di un fascio soltanto quindici giorni o un mese. Non possiamo colpire nella stessa maniera il dirigente fascista durante il periodo della guerra ed il dirigente che lo è stato nel periodo anteriore per quindici giorni e dopo non si è più occupato di politica ma si è interessato soltanto dei propri affari.
Questa, onorevoli colleghi, è la situazione che noi creeremmo. Giudicherà l’Assemblea Costituente se debba o no sancirla. Va considerato inoltre che, accogliendosi l’emendamento Schiavetti, verrebbe tolto oggi il diritto elettorale ad elementi che, per un complesso di leggi, abbiamo lasciati, attraverso le amnistie o le discriminazioni, anche a posti di responsabilità direttiva nel campo della burocrazia o in altri campi. Per esempio, vi è il caso di un alto funzionario dello Stato che fu moschettiere del duce ma che si è ritenuto possa meritare di assumere una funzione direttiva in una amministrazione statale. Si tratta di una designazione fatta non da me, ma da persona assolutamente insospettabile appartenente ai banchi dell’estrema sinistra. Questo cittadino che oggi occupa una certa posizione amministrativa nello Stato fu discriminato: non gli si può negare oggi il diritto di voto, mentre poi egli avrà facoltà di regolare, vigilare e controllare la stessa attività e la stessa funzione elettorale. Si dice: questa è un’accusa contro leggi che sono state approvate. Sarà una accusa, ma è la conseguenza dell’applicazione di quelle leggi delle quali siamo tutti corresponsabili.
A me pare che con l’emendamento Schiavetti non sono state sufficientemente valutate tutte le conseguenze di ordine politico ed amministrativo, tutte le incongruenze che si creerebbero nella nostra vita amministrativa e politica. Io ho il dovere di richiamare l’attenzione dell’Assemblea su queste incongruenze, salvo la decisione dell’Assemblea stessa in un senso o nell’altro.
Quanto ai giornalisti, ricordo che è stata scartata in passato una disposizione che colpisse il giornalismo, salvo che esso abbia assunto forme particolari, come quella di collaborazionismo durante la pseudo repubblica di Salò.
L’emendamento Cosattini è troppo generico.
Chi giudicherebbe ed in quali limiti? Noi attribuiremmo al criterio discrezionale ed anche all’arbitrio di una semplice Commissione elettorale, che può essere rappresentativa di un solo partito, come avviene nei piccoli Comuni, il compito di decidere sul diritto più alto del cittadino. Quali incongruenze, quali sperequazioni, quali ingiustizie concrete potranno manifestarsi?
La disposizione di cui all’emendamento, così come formulata, non offre nessuna garanzia. Noi abbiamo il dovere di colpire; ma abbiamo il dovere di non lasciare all’arbitrio di alcuno di decidere sull’esercizio dei diritti del cittadino.
Volete colpire i giornalisti? Stabilite misure concrete, limiti congrui e giusti, e organi giudicanti che diano garanzia di giustizia e di imparzialità. L’Assemblea non può accettare, a mio giudizio, una formulazione così generica come quella proposta.
Il Governo ha esaminato il problema dei volontari di Spagna. Oggi da tutte le parti si chiede che il provvedimento col quale fu tolta la pensione ai mutilati e agli invalidi della guerra civile di Spagna venga revocato. Dico da tutte le parti. Quando si discusse quel provvedimento si riconobbe che volontari di Spagna ve ne sono stati certamente; ma molto maggiore fu il numero dei combattenti inviati da Mussolini in unità organiche dell’esercito. Mussolini li mandò sotto la formula del volontariato, perché non poteva mandare formazioni regolari dell’esercito italiano a combattere in Spagna. Non so quanti siano i veri volontari; non so chi siano. Ma noi non possiamo non prospettarci le difficoltà obiettive che presenta una discriminazione di questo genere: stabilire se un ufficiale sia partito volontario o come membro d’una formazione organica dell’esercito, comandata a combattere in Spagna.
Prendo l’esempio degli ufficiali di marina. I sottomarini che operavano allora nel Mediterraneo, affondavano navi anche di Paesi coi quali l’Italia non era in guerra! Ebbene, a compiere queste operazioni non è improbabile che sia stato comandato un ufficiale di carriera, senza che questi avesse la possibilità di ribellarsi, perché in quel momento chi dava l’ordine era un rappresentante dei poteri costituiti, e non era possibile sottrarvisi, salvo ad uomini che avessero una fede antifascista decisa e lottassero per questa fede. Mi pare molto difficile creare discriminazioni in questo campo e quindi potere includere nella legge l’emendamento proposto dall’onorevole Lussu, quantunque la finalità da lui perseguita corrisponda ad un senso di giustizia e quantunque tutti condanniamo gli elementi che parteciparono volontariamente alla guerra civile in Spagna. Io vedo insomma, le difficoltà pratiche di concretizzare questa discriminante, perché la situazione obiettiva in cui si svolsero i fatti rende difficile distinguere gli autentici volontari da coloro che eseguirono ordini impartiti dal governo legale.
PRIOLO. Gli ufficiali di complemento venivano interpellati.
SCELBA, Ministro dell’interno. Per quanto riguarda i questori sono d’accordo nell’accettare l’emendamento della Commissione, inteso a colpire tutti i questori nominati dalla pseudo repubblica, non quelli che erano nell’Amministrazione ed esercitavano i loro poteri, a colpire coloro che furono nominati questori per meriti fascisti, che vanno considerati alla stessa stregua di coloro che furono nominati per il medesimo motivo capi delle provincie.
Veniamo ai senatori, l’ultima categoria sulla quale si è polarizzata l’attenzione. In questa categoria rientra un numero molto limitato di persone, e pertanto si tratta soltanto di risolvere un quesito giuridico e di giustizia obiettiva. Può darsi che una difesa di un semplice principio giuridico possa portare ad inconvenienti sul terreno etico e politico; ma la violazione di un principio giuridico fondamentale in uno Stato democratico può essere foriero di ben più vasti pericoli. Qual è il principio giuridico che vogliamo difendere con la nostra proposta di non escludere dall’esercizio del diritto di voto i senatori discriminati per effetto della sentenza della Cassazione? Noi difendiamo il principio della non ammissibilità, in diritto, del criterio del bis in idem. Non possiamo ammettere che sullo stesso fatto si torni a giudicare per la seconda volta, perché è principio basilare dell’ordinamento giuridico italiano e di qualsiasi ordinamento giuridico democratico, che su di un fatto, una volta giudicato, qualunque sia la sentenza, anche se sia errata (tante volte le sentenze lo sono) non è più possibile ritornare con un nuovo giudizio,
CIANCA. Cosa c’entra questo sul piano politico?
VERONI. Ma qui si tratta di un giudizio politico!
SCELBA, Ministro dell’interno. Onorevole Veroni, lei è avvocato e giurista ed è stato anche Sottosegretario per la giustizia; e mi pare che per un avvocato la distinzione della politica dal diritto, quando la politica dovesse violare il diritto, che è la risultante di un ordinamento politico, non possa essere un principio accettabile. C’è un giudizio politico che possiamo dare, se lo possiamo dare, perché non credo spetti alle assemblee parlamentari il giudicare di altre autorità nell’esercizio dei loro poteri sovrani. Possiamo criticare, ma non arrogarci anche questi poteri.
Noi non possiamo, per un giudizio politico e per una valutazione politica, scardinare un principio che è basilare per un ordinamento democratico, perché rappresenta la garanzia del diritto, la legalità, il rispetto della legge, rappresenta una garanzia della democrazia, anche se, nel caso in oggetto, come valutazione politica, noi possiamo essere d’accordo nel dire che la sentenza della Cassazione è stata sbagliata.
Ora, che cosa è avvenuto? La Cassazione ha dichiarato, ed ha ritenuto che questi senatori non siano stati dei collaborazionisti e che nei loro confronti non si siano verificate le condizioni giuridiche stabilite dalla legge, cioè a dire che essi non abbiano concorso a instaurare e a consolidare il regime fascista. Questo è il giudizio della Corte di cassazione, che è il supremo organo giurisdizionale dello Stato, contro il quale non è dato a noi di poter decidere diversamente, anche se possiamo farne una valutazione politica. (Interruzioni e commenti a sinistra).
SCHIAVETTI. La Corte di Cassazione non è entrata nel merito.
SCELBA, Ministro dell’interno. Ma, onorevoli colleghi, ciò che conta in una decisione non è la motivazione ma il dispositivo. (Interruzioni a sinistra). Vi sono qui molti avvocati i quali mi potranno dire se dal punto di vista giuridico io dica grosse eresie. Può darsi politicamente, ma giuridicamente non mi pare di dire eresie quando affermo che quello che conta è il dispositivo di una sentenza, non la sua motivazione, che può anche essere difettosa. Ora, la valutazione che io faccio delle sentenze della Corte di cassazione è che questi giudicati escludono, in sé e per sé, nel caso in esame, che nei confronti dei senatori discriminati si siano verificate le condizioni che dovevano portare alla loro espulsione dal Senato.
SCHIAVETTI. La Corte di cassazione ha annullato le sentenze di decadenza senza entrare nel merito, esclusivamente per difetto di motivazione. Nel merito dobbiamo entrare noi.
SCELBA, Ministro dell’interno. Vorrei rispondere che anche se la questione stesse in questi termini, non per questo muterebbe il mio avviso in materia, perché noi, onorevoli colleghi, non possiamo escludere dal voto se non quei senatori che da una sentenza sono stati dichiarati in condizione di non potere più far parte del Senato; e non possiamo applicare la stessa disposizione nei confronti dei senatori contro i quali non esiste più una sentenza di questo genere.
Vi è una diversità di criterio e di giudizio, una diversità di posizione giuridica, fra senatori che espressamente furono dichiarati collaborazionisti del fascismo ed altri senatori che non si trovano in queste condizioni, perché nei loro confronti manca una sentenza che accerti il loro collaborazionismo.
Onorevoli colleghi, si tratta di parva materia, di piccola cosa, perché non sarà il voto di 50 o 60 senatori che potrà spostare un qualsiasi esito elettorale. Né con questo noi verremmo meno al principio di colpire i responsabili del fascismo, perché i responsabili del fascismo sono precisati nominativamente dall’Alta Corte, che li ha dichiarati decaduti per essere stati collaborazionisti del regime. Quindi non pregiudichiamo neppure questo principio, mentre con un intervento diverso noi verremmo a violare un principio giuridico fondamentale.
Il Governo insiste pertanto nel chiedere l’approvazione del testo che ha presentato nella sua ultima edizione, con le modificazioni apportate dalla Commissione, che accetta.
Un’ultima parola all’onorevole Fabbri, per quanto riguarda la particolare procedura, prevista dall’articolo 47, per i ricorsi avverso le cancellazioni dalle liste elettorali per i motivi elencati nello stesso articolo. Non ho difficoltà ad accettare le osservazioni dell’onorevole Fabbri, anche perché il suo emendamento sostanziale riprende il testo della vecchia legge in materia di epurazione. Dal momento che la materia dei ricorsi è regolata nella legge, in via generale, da altre disposizioni di carattere obiettivo, accetto l’osservazione e posso, se l’onorevole Fabbri insiste nel suo emendamento, accettare la soppressione, pur non vedendo nessun pregiudizio nel mantenimento della formulazione presentata dal Governo.
GIUA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUA. Onorevoli colleghi, cercherò di comprimere il senso di pena che ho provato per effetto di alcune interruzioni dell’altra parte dell’Assemblea e della esposizione del Ministro dell’interno in merito a questo articolo 47 riguardante l’esclusione dall’elettorato attivo dei responsabili del regime fascista.
Questa Assemblea si è riportata ancora alla questione dell’epurazione e dell’amnistia. Non sono io che debbo difendere la mancata epurazione, né il decreto di amnistia, che ha finito col liberare molti criminali fascisti. Ma a me pare che la mancata epurazione si possa giustificare col fatto che in Italia non vi sono state le condizioni, i mezzi a disposizione dello stesso Governo, per non far morire di fame gran parte dei responsabili della politica del fascismo. Qualcuno anche per il decreto di amnistia può trovare la giustificazione che le carceri italiane non sarebbero state sufficienti per contenere tutti i responsabili del fascismo.
CONDORELLI. A che titolo parla l’onorevole Giua?
PRESIDENTE. Onorevole Giua, lei ha chiesto la parola per una dichiarazione di voto?
GIUA. Farò una dichiarazione di voto, in riferimento soprattutto all’emendamento relativo agli ufficiali volontari della guerra di Spagna.
Volevo dire che, in merito all’esclusione di questi responsabili del fascismo, le giustificazioni addotte dall’onorevole Ministro dell’interno mi pare provochino veramente un senso di pena, perché l’onorevole Ministro dell’interno, il quale non rappresenta solo un Ministero qualsiasi, ma rappresenta anche il più numeroso Gruppo parlamentare alla Costituente, ha voluto trovare giustificazioni che non si possono assolutamente accettare per tali.
Qui noi siamo di fronte ad una sanzione morale e, particolarmente, all’unica sanzione morale che veramente la Costituente possa prendere nei confronti dei responsabili del fascismo.
PRESIDENTE. Permette, onorevole Giua: si limiti ad illustrare l’emendamento che ha presentato insieme con l’onorevole Lussu e che l’onorevole Lussu non ha svolto. La invito a concludere.
GIUA. Insisto nell’affermare che tutti gli emendamenti presentati, ad eccezione di quello dell’onorevole Bencivenga, devono essere approvati dalla Costituente, unicamente per dare al Paese la sensazione che qui non si fanno vendette, ma che semplicemente i costituenti non hanno voluto fare altro che dare sanzioni morali ai responsabili del fascismo: e quella della esclusione dalle liste elettorali è indubbiamente la massima sanzione morale con cui noi siamo in grado di colpirli. Se poi vi sarà, come ha detto poc’anzi l’onorevole Ministro dell’interno, qualche funzionario che è potuto rientrare nel proprio ufficio in virtù dell’amnistia, ebbene, questi potrà almeno essere colpito da questa grave sanzione morale.
UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UBERTI, Relatore. Ringrazio l’onorevole Ministro di avere accettato il testo della Commissione e vorrei pregare tutta l’Assemblea di volerlo approvare. La Commissione è convinta infatti, onorevoli colleghi, che esso rappresenti uno sforzo notevole di conciliazione e di giustizia.
Per quanto concerne la questione dei senatori, vorrei chiarire che il testo della Commissione ammette che siano eccettuati dalla esclusione del voto solo i senatori discriminati dall’Alta Corte di giustizia.
SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCELBA, Ministro dell’interno. Debbo precisare che sarebbe stato perfettamente inutile il chiarimento da me poc’anzi formulato circa il principio giuridico invocato per la questione, ove non si fosse voluto interpretare che io intendevo alludere ai senatori comunque discriminati, ivi compresi quindi quelli giudicati dalla Corte di Cassazione.
UBERTI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà
UBERTI, Relatore. Debbo a mia volta chiarire che su questo punto c’è diversità di pareri tra Commissione e Governo, in quanto la Commissione ritiene che l’Alta Corte di giustizia abbia pronunziato un giudizio di merito laddove la Cassazione ne ha pronunciato soltanto uno di forma.
PATRICOLO. Chiedo di parlare per una mozione d’ordine.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATRICOLO. Constatati l’importanza dell’argomento e l’esiguo numero dei deputati presenti, e soprattutto il desolante e strano deserto sui banchi della Democrazia cristiana, partito di Governo, chiedo che si proceda alla verifica del numero legale.
PRESIDENTE. La verifica del numero legale, come lei m’insegna, onorevole Patricolo, è subordinata alla circostanza che l’Assemblea stia per procedere ad una votazione. Evidentemente, onorevole Patricolo, nessuno ha dichiarato – e doveva essere il Presidente a dichiararlo – che si stava per procedere ad una votazione.
PATRICOLO. Mi perdoni, signor Presidente: è stata implicita la sua dichiarazione che saremmo passati alla votazione, quando ella ha consentito che l’onorevole Giua parlasse per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Forse mi sono espresso male o forse ha interpretato male lei le mie parole. Io ho inteso dire all’onorevole Giua che egli aveva diritto di parlare in due ipotesi: o per svolgere l’emendamento presentato da lui insieme con l’onorevole Lussu, o per fare una dichiarazione di voto; ma non si era ancora in sede di votazione.
Comunque, l’onorevole Patricolo e gli altri colleghi che fanno la domanda di verifica del numero legale avrebbero diritto al suo accoglimento se si passasse alla votazione. Ma data l’ora molto tarda e dato che la votazione importerebbe non poco tempo, possiamo essere tutti d’accordo nel rinviare il seguito della discussione di questo disegno di legge ad altra seduta. Se non vi sono osservazioni in contrario, così rimarrà stabilito:
(Così rimane stabilito).
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta di risposta urgente:
«Il sottoscritto chiede di interrogare i Ministri dell’interno e dell’agricoltura e foreste, per conoscere l’atteggiamento del Governo ed i provvedimenti che esso intende prendere di fronte al pericolo della perdita di gran parte del raccolto agricolo: pericolo che si profila a seguito degli scioperi in corso in Alta Italia che costituiscono una grave minaccia per la produzione e l’alimentazione del Paese.
«Selvaggi».
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e ì Ministri del lavoro e previdenza sociale e dell’agricoltura e foreste, per conoscere:
1°) se non ritengano opportuno e doveroso esporre innanzi all’Assemblea Costituente ed alla pubblica opinione i precisi termini del dissidio che ha determinato lo sciopero delle maestranze agricole del Nord, con grave minaccia di fare perdere al Paese decine di milioni di quintali di prodotti pronti al raccolto, riso, patate e barbabietole, nonché di compromettere le future semine ed il mantenimento di un ingente patrimonio zootecnico;
2°) se, fatto salvo il diritto di astensione dal lavoro per proclamato sciopero di categorie sindacali, è usato rispetto alla libertà di quanti, a ragione od a torto, condividendo le ansie e preoccupazioni dell’intera Nazione, intendono anteporre l’interesse di questa a quello personale;
3°) se risponde al vero che i motivi i quali hanno determinato l’agitazione esorbitano da un ordinario conflitto di natura sindacale salariale;
4°) quali provvedimenti il Governo ha finora adottato e quali intende adottare per allontanare dal Paese un’altra sciagura;
5°) se ritengono di denunziare alla pubblica opinione le responsabilità del fatto a chiunque esse siano da attribuirsi, elevandosi così al di sopra di ogni competizione di interessi sindacali o politici.
«Miccolis, Rodinò Mario, Rodi».
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro dell’interno, per conoscere se intenda effettivamente garantire, di fronte alle ripetute aggressioni e intimidazioni a danno di agricoltori e di lavoratori agricoli, l’incolumità personale e la completa libertà del lavoro a tutti coloro che non intendono sottomettersi o partecipare ad uno sciopero, come quello dei braccianti dell’Italia del Nord, che appare chiaramente inspirato ad un meditato disegno politico di sabotare la produzione e di scalzare l’autorità dello Stato.
«Bellavista, Perrone Capano».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro degli affari esteri, per sapere se nelle trattative in corso col Governo jugoslavo si sia discusso:
- a) della restituzione dei motopescherecci italiani sequestrati a causa di un preteso sconfinamento nelle acque territoriali jugoslave;
- b) della regolamentazione dell’esercizio della pesca nell’Adriatico, allo scopo di riconoscere ai nostri pescatori i diritti sempre goduti e senza i quali la nostra pesca in Adriatico sarebbe virtualmente resa impossibile.
«Tozzi Condivi».
Chiedo al Governo quando intenda rispondere.
SCELBA, Ministro dell’interno, preciserò martedì o mercoledì quando potrò rispondere alle interrogazioni direttemi. Quanto agli argomenti in esse trattati, il Governo si riserva di fare dichiarazioni innanzi all’Assemblea anche non in sede di risposta ad interrogazioni. Interesserò gli altri Ministri interrogati perché facciano sapere al più presto quando intendano rispondere.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle altre interrogazioni pervenute alla Presidenza.
AMADEI, Segretario, legge:
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non creda di comunicare i risultati dell’inchiesta eseguita a carico degli uffici del Genio civile di Cagliari, relativa alla abusiva assegnazione di alloggi ricostruiti; per conoscere, altresì, se e quali adeguati provvedimenti sono stati adottati a carico dei funzionari responsabili e come sia stata possibile la lunga e larga frode senza che gli organi dirigenti e centrali intervenissero.
«Corsi».
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro delle poste e telecomunicazioni, per conoscere se intenda riprendere in esame ed emendare le disposizioni relative al riposo festivo degli uffici telegrafici dei comuni rurali sprovvisti di comunicazioni telefoniche.
«È opinione degli interroganti che giustizia e umanità impongono il dovere di non lasciar privi di ogni rapido collegamento con il mondo piccoli centri rurali, in cui possono manifestarsi d’improvviso urgenti esigenze di ordine vario, per le quali non si può attendere ventiquattro o quarantotto ore di tempo e che, se è da convinti cristiani rispettare il riposo festivo, è poco cristiano recare danni e forse lacrime a poveri nuclei umani abbandonati in nome del riposo medesimo.
«All’onorevole Ministro domandano pertanto accorgimenti atti a conciliare i desideri di onesti lavoratori con quelli di modeste collettività. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Sullo, Nobile, Ciampitti, Mannironi, Giordani, Fuschini, Mazza, Bettiol, Fioritto, Vernocchi, Fornara».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei lavori pubblici, per conoscere, in rapporto alle distruzioni causate dalla eruzione del Vesuvio del marzo 1944, se intenda:
- a) aumentare il contributo statale, disposto con il decreto-legge 14 gennaio 1947, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 marzo 1947, n. 54, dal 59 per cento al 75 per cento;
- b) disporre che il contributo sia corrisposto non solo per le costruzioni, ma anche per l’importo del suolo su cui sarà costruito;
- c) disporre il risarcimento anche per i danni ai fondi coperti dalla lava e per i mobili distrutti;
- d) riaprire il termine, di cui al decreto surrichiamato, per la presentazione delle domande;
- e) promuovere l’espropriazione di una zona di terreno, su cui far sorgere il nuovo paese su un piano regolatore preparato dal Genio civile. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Riccio Stefano».
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro del tesoro, per conoscere se e quali provvedimenti siano allo studio circa la corresponsione di un assegno continuativo di assistenza ai privi della vista, secondo le comunicazioni del Ministero in data 30 luglio 1947. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Bulloni, Targetti».
«Il sottoscritto chiede di interrogare il Ministro delle poste e telecomunicazioni, sulla necessità della sollecita istituzione in Reggio Calabria del servizio dei conti correnti postali, dato che attualmente tutta la Calabria dipende dall’ufficio esistente presso la Direzione provinciale delle poste di Catania.
«Ora una tale dipendenza, se poteva essere giustificata molti anni or sono, quando lo sviluppo dei conti correnti postali nelle province calabresi era molto limitato, non trova alcuna ragione d’essere, ma anzi riesce molto dannosa alle categorie commerciali ed a quanti se ne servono per le loro rimesse di denaro e per i loro accreditamenti, oggi, che questo servizio statale è largamente diffuso in tutte le provincie calabresi e specie in quella di Reggio.
«Inoltre l’Ufficio dei conti correnti di Catania è sovraccarico di lavoro.
«L’autonomia siciliana aggiunge, poi, una altra ragione di più alla legittimità della proposta di sganciamento del servizio dei conti correnti postali, interessanti le provincie calabresi, da Catania e per l’istituzione di un ufficio conti correnti presso la Direzione provinciale di Reggio, che, disponendo di una sede degna ed avendo dell’ottimo personale, è benissimo in grado di poterlo accogliere.
«Per convincersi della necessità e dell’opportunità di tale istituzione il Ministero competente non avrà che da dare una occhiata alle cifre, che rappresentano lo sviluppo dei conti correnti postali nella regione calabrese. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Priolo».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno inscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 14.
Ordine del giorno per la seduta di lunedì 15 settembre 1947.
Alle ore 16:
Seguito della discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica, italiana.